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Lezione I (Casini) – 20/04/2020

La distanza ha sempre fatto parte dell’insegnamento, a partire dalla cattedra,


elemento fisico di divisione: si parla “ex catedra”, cioè in maniera dogmatica.
La distanza può essere sia positiva, quando diventa terreno di scambio, in cui si
incontrano in maniera virtuosa delle differenze, sia negativa, quando diventa una
divisione insormontabile. Cattedra come materializzazione della distanza del rapporto
didattico, distanza che non va elusa, ad esempio azzerare le differenze
insegnante/alunno, del tutto, per conquistare le simpatie, è fondamentalmente
sbagliato, si perdono dei processi importanti.
La distanza con cui abbiamo a che fare oggi, per la quarantena, è differente: il
professore si trova ad avere a che fare con uno strumento che conosce sicuramente
meno di noi, che già siamo molto abituati ad esempio ai social.
Le situazioni in fondo sono sempre delle opportunità che come tali hanno delle
ambivalenze, possono quindi essere “giocate” bene o male.

Didattica della letteratura: sembra una cosa strana, insegnare ad insegnare.


Didattica della Letteratura è una sorta di “genitivo oggettivo”, cioè la “Letteratura” è
complemento oggetto, però può essere anche un “genitivo soggettivo” (come
“L’amore dei figli”: può significare sia l’amore per i figli, che dei figli per i genitori;
o come “Il sentimento del tempo”, opera di Ungaretti).
In questo caso noi intendiamo come genitivo oggettivo, insegnare la Letteratura. Ma
possiamo esserne sicuri? La lingua fa di questi scherzi, in fondo ha un suo inconscio:
potrebbe voler dire che è la Letteratura che insegna. È una cosa su cui riflettere,
rovescia alcuni punti di vista, l’insegnante potrebbe non essere più l’erogatore del
sapere, ma ha un ruolo diverso, è la Letteratura che insegna per conto suo e
l’insegnante è mediatore.
L’ambiguità tra una Letteratura che è per tutti ed un sapere per pochi c’è fin
dall’origine. Ad un certo punto della storia la Letteratura divenne cosa per pochi, una
sorta di sapere esoterico, con le proprie leggi, si crea sempre una distanza, tra chi sa e
chi non sa, tra chi possiede il sapere letterario e la gente. Ciò già con gli umanisti, che
nel nome avevano un sapere umano, per tutti, quando in realtà diventarono una élite.
Esisteva già quindi questa ambiguità.

Non bisogna dimenticare l’altro aspetto, che fa sì che la Letteratura sia materia
centrale nella scuola, in particolare dai 10 ai 19 anni, si comincia dall’Epica e dalle
fiabe per finire con Manzoni e Montale. Chi studia Letteratura a scuola? Non coloro
che la studieranno per tutta la vita, ma persone che poi vorranno fare tutt’altre cose,
ingegnere, informatico, etc etc. Questo è bellissimo perché significa che alla
Letteratura si riconosce una valenza universale, è un sapere con un valore informativo
insostituibile, un valore antropologico che vale per tutti: attraverso la Letteratura lo
studente incontra sé stesso, si confronta con i propri sentimenti, incontra la società,
problemi universali etc.
È importante la differenza tra chi studia Letteratura all’università, da specialisti,
cogliendone tutti gli aspetti, e la Letteratura per le scuole, dove viene valorizzato
l’aspetto più educativo, formativo, antropologico, universale (appunto anche per
coloro che poi faranno tutt’altro nella vita). Considereremo la Letteratura con questo
secondo aspetto.
Per Letteratura possiamo intendere Letteratura nazionale, ad esempio italiana, o
Letteratura in senso generale. L’insegnante di Lettere delle superiori si trova ad
insegnare Letteratura italiana ma allo stesso tempo si trova a dover far fare allo
studente un’esperienza di Letteratura in generale. Il giovane è in un momento della
vita in cui deve capire chi è, cosa fare nella vita, come approcciarsi al mondo, e
spesso non ne ha gli strumenti e si approccia attraverso la Letteratura a queste cose.

Vediamo come alcuni grandi autori hanno incontrato la Letteratura. Ci interessa


l’impatto che la Letteratura ha avuto nella vita dell’autore, non nelle sue opere. Quale
esempio migliore di Dante, che racconta in versi notissimi nella selva oscura una
situazione di tipo esistenziale, dice che ha smarrito la “diritta via”. Dante parla a tutti
perché non parla da letterato, ma da uomo che si confronta con una situazione di
disastro esistenziale. È la situazione dell’esilio, di perdita di tutti i beni ma soprattutto
di tutti gli affetti, ma la solitudine di Dante comincia da prima, è legata alla morte
della donna amata, alla perdita del senso della vita.
Canto I v 66 (“mentre ch’i rovinava in basso loco/ dinanzi a li occhi mi si fu offerto/
chi per lungo silenzio parea fioco/Quando vidi costui nel gran diserto/”Miserere di
me” gridai a lui,/”qual che tu sii, od ombra od omo certo!””.
Dopo l’incontro con le 3 fiere Dante è disperato, gli appare un’ombra, che noi
sappiamo essere Virgilio ma a cui Dante si rivolge senza sapere chiedendo subito
aiuto, e lo chiede alla Letteratura, ma non è un aiuto dotto, è un aiuto esistenziale.
“Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?” rispuos’io
lui con vergognosa fronte. “O de li altri poeti onore e lume, vagliami ‘l lungo studio e
‘l grande amore che m’ha fatto cercar lo tuo volume. Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio
autore, tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto onore.”
“Vedi la bestia per cu’ io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, ch’ella mi fa tremar
le vene e i polsi”.
Si vede qui che il bisogno di Dante è proprio esistenziale, non letterario.
“A te conviene tenere altro viaggio”, rispuose, poi che lagrimar mi vide…”

L’episodio di Stazio (Purgatorio Canto XXI e seguenti)


Stazio è un poeta minore del I sec dC, ma era comunque un grande scrittore epico, un
autore di tradizione virgiliana, a meno di un secolo di distanza da Virglio, autore di
poemi celebri come Tebaide, Achilleide etc. Dante mentre ascende con Virgilio la
montagna del Purgatorio sente un boato, succede che quando un’anima ha espiato il
periodo del Purgatorio può ascendere al Paradiso. Si tratta proprio di Stazio questa
volta e Dante e Virgilio lo incontrano. Stazio si trova esattamente nella stessa
situazione di Dante, è uno che è stato salvato dall’incontro con Virgilio, come Dante,
quindi Dante gli dà molto spazio.
Stazio si rivolge a Virgilio:

“Ed elli a lui: “Tu prima m’inviasti


verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
e prima appresso Dio m’alluminasti.
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte,
quando dicesi: “Secol si rinova;
torna giustizia e primo tempo umano,
e progenie scende da ciel nova.
Per te poeta fui, per te cristiano:

Gli dice che per primo l’ha mandato al Parnaso, dove abitano le Muse, ma anche
verso Dio (senza andare sul religioso va interpretato in senso esistenziale: gli indicò
la via verso la salvezza). Anche Stazio non solo dalla Letteratura ha imparato la
Letteratura, ma ha imparato sul piano dell’esperienza vitale la salvezza, un senso alla
vita.

Per questo, tornando al nostro discorso, la Letteratura vale per tutti ed è così centrale
nell’insegnamento scolastico.
Dante ha raccontato in maniera allegorica l’incontro vitale e salvifico con la
Letteratura, che è la grande scommessa della scuola, che in qualche modo deve creare
occasioni per incontrare i grandi autori. Nell’incontro di Dante con Virgilio non c’è
un maestro, non ci viene detto chi fosse.

Dobbiamo cercare alcuni casi di Letteratura a scuola, secondo le categorie qui sotto:

1- Incontro con la Letteratura


2- L’esperienza della scuola e della lezione
3- Scrittori che sono stati professori
4- I compagni di classe
5- Tra didattica e autodidattica
6- Dibattiti epocali sulla scuola (momenti in cui la scuola è cambiata, Unità d’Italia,
Fascismo, etc)
Parliamo ora di alcuni strumenti digitali fondamentali ed anche di alcuni criteri per
usarli. Infatti la ricerca in Internet può celare delle trappole in cui è facile cadere.
Anche cercando un testo letterario dobbiamo cercare edizioni che siano attendibili e
certificate. Certificate nel senso che hanno un’etichetta. Una sorta di etichetta sono i
metadati: informazioni legate ad un testo che ne spiegano le caratteristiche, chi l’ha
scritto, da dove viene e tante altre informazioni utili.
Cercando un testo online lo si trova facilmente, il problema è che bisogna valutarne la
qualità. Bisogna vedere da dove sono stati presi certi testi e come sono stati elaborati.
Per trovare i testi migliori bisogna rivolgerci a grandi, certificati, sicuri repertori,
come ad esempio:

Risorse digitali:
- La Biblioteca Italiana
gestita dall’Università di Roma La Sapienza ma a cui collaborano esperti di tutta
Italia, in cui si trovano tutti i testi della Letteratura italiana. Sono testi open access,
certificati, metadatati e sicuri. Inoltre sono in “XML”, cioè “Extended Language”, un
linguaggio informatico adottato a livello internazionale per convenzione, come base
per la digitalizzazione dei testi: ciò fa sì che questo testo sia utilizzabile nella più
vasta gamma di dispositivi.
Si possono fare ricerche per autori, opere, periodi, persino per famiglie.
Non si trova la Biblioteca Italiana facendo ricerche su Google, bisogna andare
proprio sul sito.

- Liber liber
Sono presenti tantissimi testi ma non tutti sono garantiti come lo sono quelli della
Biblioteca Italiana

- Wikisource
Si trova nel progetto Wikipedia, è una biblioteca digitale molto vasta. Anche qui il
problema è quali testi sono inseriti, infatti alcuni sono edizioni che dichiarano quale
sia il testo a stampa di riferimento, però non abbiamo nessuna garanzia su questo
testo.
Ad esempio il testo del “Decameron” fa riferimento ad un’edizione del 1913,
un’edizione assolutamente non aggiornata (la più importante edizione su Boccaccio è
quella di Branca, degli anni ‘80).
“Il Principe” di Machiavelli è da un’edizione del 1814.
“L’Orlando Furioso” da un’edizione del 1913

Importanti per la scuola sono anche gli editori. I grandi editori scolastici fanno un
lavoro molto importante, anche se spesso non si usano tutte le opportunità date, che
delle volte sono anche all’avanguardia della didattica (a volte per mancanza di tempo
in classe).
Nei libri troviamo percorsi cronologici (le linee del tempo), immagini, inoltre
strumenti digitali.

Lezione II (Casini) – 21/04/2020

Altre risorse digitali


Ieri abbiamo parlato della Biblioteca Italiana come il repertorio che dava più garanzie
riguardo i testi italiani. Se questo repertorio è specializzato nel patrimonio italiano,
altre risorse (come Liber liber e Wikisource) sono di carattere globale, si possono
quindi trovare anche testi stranieri.
Importanti biblioteche digitali in altre lingue o globali sono:

- La World Digital Library dell’UNESCO

- Internet Archive, un grandissimo progetto con sede in California con testi digitali,
digitalizzazioni di testi e documenti cartacei, ebook e varie risorse

In questo periodo di emergenza alcune istituzioni culturali hanno anche attivato dei
programmi per mettere a disposizione di tutti, da casa, del patrimonio letterario (ad
esempio in America la “National Emergency Library”, gestita proprio da Internet
Archive).

- Un altro strumenti importante sono i cataloghi OPAC (Online Public Access


Catalogue) delle biblioteche, che sostituiscono quelli cartacei di una volta, che sono
online e permettono di consultare il patrimonio librario delle biblioteche anche da
casa oltre che in loco. Ci sono anche OPAC generali che riuniscono i patrimoni di più
istituzioni, in Italia il repertorio nazionale l’OPAC SBN (cioè del Servizio
Bibliotecario Nazionale), che raccoglie tutte le biblioteche italiane.

- Manus Online: grande repertorio sui manoscritti italiani (ci si accede da Internet
Culturale, di cui parliamo sotto perché è un grande aggregatore di risorse di vario
tipo, è un progetto molto importante e molto vasto)

- Inoltre è in corso la digitalizzazione di molti testi antichi, manoscritti, diplomatica,


documenti, riviste etc
È poi vastissima la categoria delle risorse multimediali: audio, video, immagini:

- In Italia questa fusione di risorse diverse è svolta soprattutto da Internet Culturale,


un grande progetto di cui fanno parte il MIBAC e la direzione delle biblioteche
italiane e l’ICCU

- Il sito Rai è molto importante per le risorse audiovisivi (RaiPlay, RaiScuola,


l’archivio Rai cioè Teche Rai etc), con documentari fatti appositamente da specialisti
per la scuola (e non solo)

- Le “Letture Ad Alta Voce” del programma di Radio 3 “Ad Alta Voce”, dove sono
disponibili letture audio scaricabili di tanti classici italiani e stranieri

Risorse specificatamente per la lingua (quindi per uno studio più scientifico e per i
docenti) sono i vocabolari storici, tra cui:
- quello dell’Accademia della Crusca (fondata alla fine del Cinquecento è la più
antica Accademia proprio con lo scopo di costruire un vocabolario, produsse infatti il
primo vocabolario di una lingua viva, uscito poi nel 1612 divenne modello di tutti i
vocabolari delle lingue nazionali). Sul sito dell’Accademia della Crusca ci sono
tantissimi servizi riguardo la lingua, anche sulla formazione linguistica (etimologia,
dubbi linguistici a cui rispondono direttamente gli esperti etc oltre ovviamente alle 5
edizioni del vocabolario della Crusca)

- Vocabolario di Tommaseo-Bellini, l'altra grande impresa lessicografica della lingua


italiana, su iniziativa di Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini

- Vocabolario dell’Enciclopedia Treccani, che anch’esso ha una sua versione online

- Il Dizionario Biografico degli Italiani, grande impresa iniziata su carta e proseguita


online (che contiene le biografie di tutti i personaggi importanti italiani, non solo
autori e letterati)

- Griselda Online, una rivista online dell’Università di Bologna che offre molto
materiale di alto livello e facile consultazione

Alcuni strumenti per la ricerca bibliografica sono:

- Italinemo: Analisi, Schedatura, indicizzazione delle riviste di Italianistica pubblicate


nel mondo a partire dal 2000. Abstract per ogni articolo. Ricerca incrociata per autori,
soggetti etc (non per tutti gli articoli c’è il testo intero, per alcuni c’è solo l’abstract)
- OBLIO (Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana): fa una periodica
rassegna di ciò che esce nelle riviste nell’editoria critica per l’italianistica

- JSTOR (Journal Storage, dell’Università dell’Ohio) da dove è possibile scaricare


riviste scientifiche digitalizzate (e da cui come Università di Perugia si ha accesso)

- Accademia.edu: qui sono gli stessi ricercatori che pubblicano i loro lavori, una
grande raccolta di contributi scientifici che i ricercatori mettono a disposizione della
comunità scientifica internazionale (anche qui bisogna applicare il giudizio critico,
perché non tutti sono autori di alto livello e non c’è stata review)

- ACNP: Archivio Nazionale della stampa Periodica

- L’Emeroteca digitale: si trovano tantissime riviste storiche o su grandi quotidiani


(soprattutto Il Corriere della Sera e la Stampa mettono a disposizione tutto il loro
patrimonio, che è anche interrogabile con uno strumenti di ricerca). Quest’ultimo è
molto utile anche per la scuola, un insegnante potrebbe avvalersene.

Lezione III (Casini) – 22/04/2020

Abbiamo finora affrontato la figura dell’insegnante non tanto come erogatore quanto
come mediatore della Letteratura, dell’incontro dello studente con la Letteratura e
delle risorse digitali.
Oggi parleremo soprattutto dello status professionale dell’insegnante, inquadrandolo
dal punto di vista giuridico (anche se genericamente) e il rapporto che c’è tra
l’esperienza universitaria e l’avviamento alla professione.
Un buon professore è colui che mantiene viva la fiamma dell’interesse, che si
emoziona ancora trattando la materia del suo insegnamento. Non c’è la
banalizzazione della letteratura, ma un evidenziare i suoi aspetti formativi. Qui
“forma” non è opposto a “contenuto”, tutt’altro, bensì è opposto a “caos”.

Esempi riguardo al tema della letteratura nelle opere letterarie:


Il professore cita un passaggio da “Le confessioni di un italiano”, romanzo di Ippolito
Nievo (utilizzato anche da uno studente nelle proposte che ci aveva detto di fare).
Siamo nella campagna friulana, qui Nievo (siamo a metà Ottocento) parla di giovani
che vivono vicino ad un castello. Le due figlie del proprietario del castello, Clara e
Pisana, sono due giovani che vivono nella trascuratezza da parte degli adulti, anche la
scuola non era efficace e non dava guida e modelli. Ad un certo punto la più grande
di queste due contessine, Clara, trova la piccola biblioteca del castello, specialmente
vengono nominate “La Gerusalemme Liberata” e “L’Orlando Furioso”. La sua
esperienza di lettura è totalizzante, le provoca emozioni, ripercorre le vicende con i
protagonisti e trova i suoi sentimenti rispecchiati in quelli delle opere
(immedesimazioni nel personaggio). Diverso il caso della sorella minore, Pisana, che
negli stessi giorni si fa mostrare nei libri le figure dalla sorella, e raccontare le storie,
e si diverte ad impersonare una volta l’una ed una volta l’altra delle figure femminili
forti che la affascinano (volendo lei essere trattata come una principessa, abituata a
farsi obbedire dagli altri bambini per essere la contessina ed avendo un carattere
vivace e risoluto, mentre invece Clara, più grande, era anche più riflessiva).
Questo è un esempio in cui non c’è un incontro con un docente, ma c’è l’incontro con
la letteratura, come educazione al sentimento e forma dell’immaginazione, anche in
assenza di un mediatore.

Negli stessi anni de “Le confessioni di un italiano”, cioè fine Ottocento, vengono
affrontati gli stessi temi, come in “Tempi difficili” di Dickens, ad esempio. Proprio
all’inizio di questo romanzo in piena rivoluzione industriale il maestro di una scuola
di una piccola città industriale inglese entra in una classe e subito dice che
l’insegnamento sono solo i “fatti”, nient’altro tornerà mai utile agli studenti. Infatti
definisce gli studenti “vasi”, ovvero recipienti passivi pronti a ricevere. L’insegnante
è il classico uomo positivista, espressione del tempo, della modernità.

Anche in “Madame Bovary” di Flaubert, dello stesso periodo, ritroviamo gli stessi
temi, evidentemente erano temi vivi anche a quell’epoca. Anche lì si trova il
confronto tra l’immaginazione ed una cultura positiva legata ai fatti.
L’immaginazione in questo romanzo porta la protagonista Madame Bovary alla
rovina (un po’ come è successo per Don Chisciotte).

Passiamo ora a palare non della formazione del giovane, ma del docente. Ovvero non
di una formazione personale (argomento a cui si collegano gli esempi precedenti), ma
una formazione professionale.

La formazione professionale di un insegnante è un argomento complesso, poiché


spesso al docente si richiedono moltissime competenze diverse, anche giustamente
visto la società sempre in evoluzione e il fatto che la scuola è fondamentale, è il
futuro, però non gli si danno quasi mai gli strumenti e le conoscenze adeguate. A
questo proposito ci consiglia di leggere il saggio di Tammaro (Unistudium), che ne
parla come una di quelle professionalità cosiddette strategiche: cioè che non solo
deriva da competenze, ma può innescare una serie di altri processi di carattere
sistemico, riguardo la scuola e riguardo la società. La qualità di questa professionalità
infatti determina la qualità della scuola e la qualità della società.
Tutti i docenti, specie quelli di precedenti generazioni, quando la formazione alla
didattica era pressoché assente, ricordano il momento del primo ingresso in una
classe. Ovviamente, oltre la normale emozione, il docente non si sentiva adeguato
perché aveva con sé solo le competenze disciplinari, nessuna riguardo la didattica.
Anche Contu parla di questo primo impatto.
Fino a poco tempo fa si viveva questo passaggio, simboleggiato dall’aprire per la
prima volta una porta di una classe, in maniera brusca, non c’era niente di mezzo tra
gli studi universitari e l’insegnamento, nessun’altra formazione.

Costituzione:
Per quanto riguarda la Costituzione, gli articoli dedicati alla scuola sono il 33 ed il 34.
Nel 33 si ricorda l’importanza dell’esame di stato nel passaggio ai vari gradi di scuola
ed anche per l’ammissione all’esercizio professionale, il 34 invece parla dei diritti
dello studente, che deve essere messo nelle condizioni di raggiungere anche i livelli
più alti per merito senza essere pregiudicato dalle sue condizioni economiche, sociali,
senza distinzioni di sorta.

Storia dei percorsi abilitanti alla professione di docente nelle scuole in Italia:
- Si accedeva alla professione soltanto attraverso i concorsi, i cosiddetti concorsi
ordinari, che partirano dagli anni ’80. Erano su base nazionale, biennali, e
abilitavano, si diventava docenti a pieno titolo, in ruolo.
- Verso la fine degli anni ’80 da biennali diventarono concorsi triennali, ma dopo
quello del 1990 non ce ne furono più, perché gli abilitati erano troppi rispetto ai posti
disponibili della scuola.
- Passarono quindi 10 anni prima del successivo concorso, non solo per queste code
esagerate di persone che attendevano di entrare nel mondo della scuola, ma anche per
la riflessione che questi concorsi immettevano persone preparatissime sul piano
disciplinare, ma per nulla su quello didattico.
- Così dal 1999 naquero le SSIS, le scuole di specializzazione su base regionale,
sempre poi con l’obbligo del concorso. È da allora che, a quel punto, venne chiamata
in causa l’università nella formazione dei docenti, anche a livello didattico.
- Dal 2012 vennero introdotti i TFA (tirocinio formativo attivo), a numero chiuso in
base alla richiesta, e con esperienze dirette nella scuola. Dopo due cicli però anche il
TFA venne chiuso.
- Dal 2018 sono state date le indicazioni per i FIT (Formazione, Inserimento e
Tirocinio), per l’accesso ai quali bisogna aver maturato i 24 cfu (in materie
antropologiche, pedagogiche, psicologiche e tecniche della didattica).
Lezione IV (Casini) – 27/04/2020

Il testo nella didattica

Oggi parleremo del testo, perché la Letteratura è una disciplina fondata sul testo
letterario. Ovviamente in questa sede dobbiamo prendere in considerazione il testo
dal punto di vista didattico, non dal punto di vista letterario, cioè della teoria della
letteratura, della storia etc. Parlare del testo dal punto di vista didattico significa
cercare di capire come avvicinare il testo allo studente, riprendendo il concetto che il
docente non è tanto un erogatore di sapere ma un mediatore.
Infatti bisogna capire come colmare le distanze linguistiche e culturali tra lo studente
ed il testo, che spesso è molto lontano dal suo mondo contemporaneo essendo scritto
in momenti storici molto diversi e molto lontani ed in una lingua che nel tempo è
cambiata.
Definiamo intanto cos’è un testo: deriva il suo etimo dalla tessitura, viene da
“textum”, cioè “tessitura”, “trama”, “ordito”. Il discorso sia scritto che parlato è una
sorta di ordito che viene via via tessuto nella stesura di un’opera. Il testo è un tessuto
che elabora la lingua e fa del linguaggio materia per costruire un oggetto, che appunto
è il testo. A partire dai testi più semplici, come proverbi, filastrocche, indovinelli,
barzellette etc il testo si caratterizza come un principio di formalizzazione. Dal
momento che costruisco con le parole un insieme con la sua formalizzazione (anche
minimale come gli esempi fatti poco fa) costruisco un testo. Non comunico più
singole parole ma un insieme di senso compiuto, ben strutturato, che non si può
modificare senza perderne il preciso significato, va quindi trasmetto nell’esatto modo
in cui è stato composto.
Il professore ci mostra poi esempi di tipi di testi, da antichi indovinelli (come l’
“Indovinello Veronese”, forse l’atto di nascita del volgare in Italia, il cui vero senso
fu “scoperto” da una studentessa durante una lezione, perché fino a poco prima si
pensava fosse una sequenza senza senso od oscura), al codice binario e all’ipertesto
in HTML (ipertesto significa la possibilità di passare da un testo all’altro tramite
link).

Poi il professore ci mostra tramite condivisione dello schermo come si ricerca un


testo tra alcuni dei principali portali, usiamo Wikisource, Liber liber e Biblioteca
Italiana.

La relazione di un docente con i testi consta di alcuni principali passaggi. La sfida è


trovare il modo di avvicinare i testi, svolgere la funzione di mediatore:
1. Preparazione della lezione

2. Didattica del testo:


- La spiegazione
- La lettura
- Il commento
- Prendere appunti
- Riassunto o sintesi
- La parafrasi
- L’analisi
- La comprensione

La spiegazione deve essere sobria e misurata, perché l’attenzione di un giovane è


labile. Si punta a potenziarla, ma in realtà la piena attenzione è breve, perciò bisogna
focalizzarsi sui punti salienti e proporre attività stimolanti. Dare le informazioni
essenziali nel minor tempo possibile e nel modo più dinamico possibile, sempre e
comunque con l’obiettivo di avvicinare il testo. Nell’introduzione al testo in
particolare è importante dare, in maniera molto essenziale, quelle informazioni che
appianino questo primo incontro e tolgano le difficoltà. Ad esempio se un testo ha
una lingua più oscura, la prima lettura non potrà essere affidata allo studente, ma
dovrà essere mediata dall’insegnante che scioglierà i termini più oscuri (il professore
ci fa l’esempio di una novella di Boccaccio, precisamente quella di Landolfo Rufolo,
ed un testo di carattere poetico, uno dei “Mottetti” di Montale che fa parte de “Le
Occasioni”, raccolta del 1939).

Lezione V (Casini) – 28/04/2020

L’insegnante di Lettere e le varie tipologie di studenti

Parliamo del ruolo dell’insegnante, in particolare dell’insegnante di Lettere. Rispetto


ad insegnanti di altre materie, all’insegnante di Lettere si richiede di più rispetto a chi
insegna materie non umanistiche, perché non è solo la materia in sé ad interessare
questo insegnamento, ma anche suggestioni che riguardano l’interiorità, la maturità,
le emozioni dell’individuo e messaggi che è importante far arrivare agli studenti
tramite lo studio dei testi letterari ed il lavoro che può venir fatto in classe. È
l’insegnante di Lettere che fin dalla scuola primaria passa molto tempo con lo
studente e passa molto più tempo con la classe rispetto agli altri. Ragionare
dell’insegnante di Lettere è parlare della didattica in generale, mentre invece per
materie più scientifiche ci si occupa specificatamente della propria materia. Questo
non toglie nulla all’insegnamento delle altre materie, anzi nella scuola andrebbe
favorito il legame tra le materie umanistiche e quelle scientifiche, soprattutto (ma non
solo) in quelle scuole in cui le materie scientifiche hanno un grande peso.
Tuttavia non c’è dubbio che l’insegnante di Lettere abbia un peso maggiore, proprio
perché la Letteratura è esperienza del mondo ed esperienza di sé, ha una funzionalità
di tipo antropologico che la rende in qualche modo centrale.
Dobbiamo focalizzare il destinatario, che si differenza per età, livelli ed indirizzi di
studio, oltre che dal punto di vista geografico, linguistico etc.

Riforme e cicli della scuola

Parliamo dei cicli scolastici della scuola italiana, riferendoci anche alle proposte degli
studenti relativi al punto 6 ovvero, sui grandi dibattiti sulla scuola:

- Una ragazza ha parlato del dibattito sulla scuola nel I sec dC, con il “Satyricon” di
Petronio, Seneca, Quintiliano etc, mostrando come già nell’antichità ci fosse la
percezione che la scuola è il riflesso della società: come la decadenza nella scuola si
rifletta poi nella decadenza della società e viceversa. Questo è molto importante per
capire la storia della nostra scuola e della nostra cultura.

- Un'altra persona ha portato l’esperienza di Alfieri, che si è sentito abbandonato a sé


stesso nel collegio di Torino dove avrebbe dovuto invece essere educato

- Parini con il “Giovin signore” da una terribile parodia di questa struttura privatistica
della scuola, il ‘700 (come per Alfieri) era un’epoca in cui un’istruzione valida era
possibile solo per le classi più alte.
Comunque comincia a porsi con l’Illuminismo il problema della scuola.

- Nell’800 invece le masse popolari irrompono nella scuola, nascono le prime scuole
comunali, anche nei piccoli paesi, con il maestro che diventa una figura di riferimento
anche delle realtà locali

- In ogni caso, in Italia si arriva all’Unità con un alfabetismo a livelli incredibili, circa
l’80%, all’Unità d’Italia, era analfabeta.

- Legge Casati (1859)


legge piemontese, promulgata prima ancora dell’Unità e dopo fu estesa a tutto lo
stato italiano, prevedeva l’obbligo d’istruzione gratuita per i primi due anni, comincia
questo lento processo di alfabetizzazione e scolarizzazione in Italia

- Legge Coppino (1877)


aumenta l’obbligo ai 5 anni e persegue un po’ più duramente chi si sottrae all’obbligo
scolastico. Ci sono state varie proposte riguardo questo periodo.

Ad esempio più di una persona ha portato ad esempio il libro “Cuore” di De Amicis,


degli anni ’80 del 1800, mostrando come vi si parlasse del problema della scuola
nell’800.
Così la scena di Pinocchio a scuola nel libro di Collodi.
Sempre di questo ambito temporale sono state proposte testimonianze sulla
condizione della donna, di fatto esclusa dall’istruzione o per cui l’istruzione veniva
vista come qualcosa di non necessario, essendo essa relegata nell’immaginario
sociale e culturale dell’epoca all’ambito domestico (Sibilla Aleramo, Ada Negri,
Matilde Serao etc)

- Riforma Gentile (1923)


all’inizio del ventennio fascista questa riforma incide pesantemente sulla scuola.
Questa riforma cercò di formare una classe dirigente, i licei dovevano fornire un’alta
formazione, fondata sulle materie umanistiche. Anche qui è una scuola altamente
classista, c’è una grande divaricazione tra classi alte e classi basse.

- Processo di democratizzazione della scuola


Dopo la caduta del fascismo, nel dopoguerra, ci fu il grande dibattito sulla necessità
di riformare la scuola, democratizzarla, aggiornare i programmi etc

- Riforma dei cicli scolastici (1962)


ha dato un po’ la forma alla scuola moderna

- Il Sessantotto e il diritto allo studio


Furono contestati e trasformati i programmi, se ne accentua la democratizzazione
- Decreti delegati (1975)
La scuola si apre alla società e al territorio, con la rappresentanza dei genitori e degli
studenti

- Riforme anni Novanta e Duemila (Berlinguer, Moratti, Gelmini, “Buona Scuola”)


si passa dalla scuola fondata sulle conoscenze ad una scuola fondata anche sulle
competenza, cambiano i piani di studio ed anche i cicli scolastici. Con la riforma dei
cicli d’istruzione agli inizi degli anni Duemila, con molti governi che hanno elaborato
con più o meno continuità questa divisione

Scuola dell’infanzia (3-6 anni)


Primo ciclo d’istruzione (8 anni, dai 6 ai 14 anni)
- Scuola primaria (elementari)
- Scuola secondaria di I grado (medie)
Secondo ciclo d’istruzione (5 anni, dai 14 ai19 anni), con un’offerta sempre più
diversificata:
a) Scuola secondaria di II grado (licei, istituti tecnici, istituti professionali)
b) Percorsi triennali e quadriennali di IFP (Istituti di Formazione Professionale, che
non fanno capo allo Stato ma alle Regioni, fermo restando l’obbligo scolastico fino ai
18 anni)

Quando parliamo di didattica, bisogna farlo in modo diverso rispetto ad ogni ciclo di
studio, ognuna di esse è molto diversa e questo va tenuto presente, visto che il
docente di Lettere accompagna quasi tutto l’intero ciclo, anche se le classi di
concorso sono più mirate l’insegnante di Lettere è la figura di riferimento in ogni
livello.

Aiutare i giovani ad esprimersi

Spesso i giovani hanno difficoltà ad esprimersi, hanno un grande mondo interiore che
faticano a tirare fuori. Bisogna quindi aiutarli in questa direzione, uno dei compiti
principali della scuola è fornire agli studenti le parole, gli strumenti per potersi
esprimere, non solo riguardo a loro stessi e alle loro emozioni, ma in generale. Una
strategia che specie in certe fasce d’età (secondaria di I grado e biennio superiore) è
molto efficace, è l’immedesimazione in un ruolo ed un personaggio. La Letteratura
serve anche a questo scopo, presentando vari modelli, certo il più possibile formativi.
Poi certamente sono utili tutti gli esercizi che prevedono la scrittura, per migliorare la
lingua: riassunti, analisi, temi, gli stessi appunti etc. Ma per esercitare una
padronanza maggiore, effettivamente bisogna anche saper giocare con la parola,
alleggerirla un po’, attraverso strumenti come l’ironia da parte del professore,
l’umorismo (un esempio dell’ironia del professore Casini ce lo fa con una clip da
“L’attimo fuggente”, con Robin Williams insegnante che coinvolge molto e fa ridere
la sua classe).
Bisogna inoltre trovare delle strategie per far imparare allo studente la lingua,
cercando il più possibile il valorizzare l’esperienza perché ciò che viene imposto
dall’esterno e per cui non si ha partecipazione non rimane, mentre la relazione viva,
l’esperienza rimane.
Dalla lingua poi si impara anche la scrittura, a tradurre in testo scritto quello che
altrimenti non sapremmo dire e non sapremmo vedere, non soltanto dell’interiore ma
anche del mondo reale, del mondo sociale.

Lezione VI (Casini) – 29/04/2020

Oggi parliamo di letture che professori di Letteratura hanno proposto in classe.


Il professore ci porta l’esempio di una sua insegnante che proponeva letture
partecipate attorno a testi poetici, ad esempio Montale, che come studente gli
sembrava anche complesso, ma affrontare le cose in questo modo gli fu utile perché
nello spazio della lezione avveniva un’esperienza di scambio di opinioni intorno ad
un testo e se usciva con la sensazione di aver fatto qualcosa di proficuo e stimolante,
oltre al fatto che gli studenti imparavano un metodo di analisi del testo poetico.
Praticamente la docente proponeva un testo poetico senza introduzioni troppo lunghe
e complesse, poi una lettura ed infine, la cosa che più è rimasta al professore quando
era studente, una procedura attraverso un metodo, cioè andare per strati, si partiva da
quelli più superficiali del testo (gli aspetti formali, come i versi, la metrica, le rime
etc), per arrivare a quelli via via più profondi: il linguaggio (di che tipo era, alto,
basso, parole difficili, allegorie etc), fino al significato più intrinseco.
Quindi è importante, come docenti, far apprendere anche un metodo agli studenti.

Una delle sfide dei docenti è il tempo: purtroppo la lezione ha un tempo limitato e
bisogna adattare le attività didattiche a quel limite. Il tempo è prezioso e bisogna
svolgere un lavoro di selezione. Infatti solitamente se si escludono “I promessi sposi”
e la “Commedia”, difficilmente si affrontano testi in maniera estesa a scuola (a volte
anche nella sua interezza, ma più raramente). Certo è l’insieme che permette una
piena comprensione di un testo, però molto spesso questo non è possibile ed è il
professore a dover supplire a ciò che manca ai testi selezionati per far comprendere
un’intera opera. Ci sono vari metodi, scegliere parti brevi, affidarsi ovviamente ai
testi antologizzati, o magari partire da vari incipit, non solo per dare un’idea del
modo di un autore, ma anche magari per far scegliere agli stessi studenti, ove ci sia
bisogno appunto di una selezione, quale testo affrontare. (Non sono molto d’accordo
con il far scegliere gli studenti i brani da affrontare in base agli incipit… –
Francesca).

Il proporre dei classici, come “I promessi sposi” e la “Commedia”, può davvero


funzionare molto. Anche in questo caso bisogna fare opera di selezione, anche se li
volessimo affrontare nella loro quasi interezza non ci sarebbe mai tempo per
approfondire ogni aspetto senza perdere molto tempo e probabilmente anche
l’attenzione degli studenti.

Per i libri da leggere in classe e da far leggere ci sarà ovviamente un programma da


seguire, quelli sono i classici, sia italiani sia europei, alcuni di essi sono veramente
inevitabili, necessarie (“Jacopo Ortis” (Foscolo), “La coscienza di Zeno” (Svevo)
etc). Inoltre se i professori li conoscono si possono proporre testi più vicini alla
contemporaneità (ad esempio il prof. Casini ci dice che ad una classe aveva proposto
“Gomorra” e piacque molto).

Sull’argomento dei classici il professore ci fa vedere il video di Cacciari “perché i


classici”. Nel suo intervento Cacciari oppone il classico al moderno, parla di
polemica, di resistere etc. Moderno viene da “modus” e vuol dire “ora”, l’attualità ed
il presente è coinvolgente, totalizzante, l’ha messo molto in evidenza, a volte è anche
schiacciante, dispersivo. Il classico è qualcosa che viene dal passato e Cacciari insiste
sull’idea della “memoria attiva”.
Lezione VII (Gentili) – 04/05/2020

Esempio di che cos’è e come deve essere visto, giudicato, utilizzata un’antologia
della Letteratura italiana
Un’antologia è sempre un atto critico, il frutto di un’elaborazione dell’autore, del
curatore, magari della casa editrice, non è mai qualcosa di neutro, si da più
importanza ad una cosa piuttosto che ad un’altra, ad un autore rispetto ad un altro. È
sempre qualcosa che va interpretato e preso con la dovuta cautela.
Ci sono tantissime antologie della Letteratura, quest’anno abbiamo scelto “Cuori
intelligenti” di Claudio Giunta, titolo che deriva dalla Bibbia, quando nel Libro dei
Re Salomone chiede a Dio di dargli un “cuore intelligente”. È divisa in 3 volumi e 4
tomi (l’ultimo volume consta di 2 tomi). Giunta vuole così sottolineare che in
quest’antologia vuole unire un aspetto cognitivo, razionale, con un aspetto emotivo,
nel senso di voler andare a toccare le emozioni di chi legge.
Quando affrontiamo un antologia della Letteratura italiana dobbiamo fare attenzione
a vari elementi:

- La periodizzazione
tema molto complesso, perché la Letteratura può essere intesa come un continuum
dalla sua nascita fino ad oggi o come un susseguirsi di segmenti. Anche la
periodizzazione è un elemento da tenere in considerazione perché è arbitrario. Ci
sono vari modi di periodizzare:
- Alcune antologie scelgono come punto di riferimento il secolo (il Duecento, il
Trecento, il Quattrocento etc)
- Altre una periodizzazione di carattere storico (la letteratura dell’età comunale,
dell’età delle corti, dell’età napoleonica, del ventennio fascista etc).
- Altre una periodizzazione con grandi categorie storiografiche di tipo anche
culturale (dell’età medievale, del rinascimento, dell’età barocca, la letteratura
neoclassica, quella romantica etc)
- Altre una periodizzazione di tipo ancora più specifico, puntando verso elementi
di tipo puramente letterario (lo Stilnovo, il Futurismo etc)

Giunti in “Cuori intelligenti” periodizza per secoli mettendo in evidenza al loro


interno, per capitoli, temi importanti: la storia, la società e la cultura, il quadro
linguistico, poi per autori.
A capitoli che raccolgono per generi le varie produzioni letterarie (poesia tosco-
emiliana, lo stilnovo etc) a capitoli dedicati a personaggi: Dante, Petrarca e
Boccaccio.
In questo caso ad esempio Giunta nel primo capitolo accomuna Dante a Petrarca e
Boccaccio (le “tre corone fiorentine”), ma questo non accade sempre, alcune
antologie tendono a scindere Dante da Petrarca e Boccaccio, non ne fanno una
sequenza unitaria.

- I generi
Giunta usa come contenitore i generi letterari: dai macrogeneri (poesia e prosa) ai
generi più parziali (la poesia comico-realistica ad esempio). I generi sono degli altri
contenitori in cui si immettono vari tipi di esperienza letteraria.
Circa 30 anni fa è stata scritta anche una storia della Letteratura italiana per generi,
non più per autori. Ogni autore veniva smembrato in base ai vari generi che aveva
affrontato. Un lavoro molto difficile che non ebbe fortuna.

- Il canone
Si ritrova anche in un simpatico capitolo del libro di Contu.
Il canone è quell’insieme di testi che vengono scelti come rappresentativi del proprio
gusto, della propria idea del mondo (da un singolo, da una comunità, dalla società
etc). Infatti il canone non è qualcosa di fisso, il rapporto di prevalenza tra Dante e
Petrarca nei secoli è stato alterno: ci sono secoli dominati più dalla personalità di
Petrarca, come il Cinquecento, ed altri da Dante, come l’Ottocento. Anche i classici
hanno i loro periodi di fortuna e sfortuna, di valorizzazione od oscuramento. Il
canone muta spesso, anche se ci sono grandi autori che nel bene o nel male restano
una costante. Il canone ha una funzione identitaria: noi riconosciamo i nostri valori
(noi inteso come persone della stessa epoca/generazione), di gusto, di bellezza, di
concezione del mondo, in certi autori piuttosto che in altri. Con la consapevolezza
che le prossime generazioni lo faranno con autori diversi così come è successo con
quelle precedenti a noi.
Il canone si modifica nel tempo, ogni generazione ne ha uno proprio e quindi ogni
antologia rispecchia questa cosa.
Inoltre il canone non muta solamente per quanto riguarda gli autori, ma anche rispetto
a cosa privilegiare di quell’autore, alcune opere rispetto ad altre. Nell’Ottocendo “Le
Grazie” di Foscolo erano totalmente fuori dal canone, nel Novecento soprattutto dagli
Ermetici vennero considerate la più grande espressione della sua poetica. Quindi
anche le opere stesse acquistano o perdono fortuna con i vari periodi.
Quindi anche il canone è un concetto fondamentale per capire la costituzione di
un’antologia della Lettaratura italiana (quali autori inserire e di questi quali opere).
Il canone è espressione della maggioranza e ha per lungo tempo lasciato fuori le
minoranze, ad esempio le opere degli scrittori di colore in America, le opere delle
donne, che nel secondo Novecento sono state recuperate grazie ai movimenti di
ribellione rispetto a queste idee culturali e politiche.
Spesso sono i grandi critici che creano il canone: Francesco de Santis, il più grande
storico della letteratura italiana dell’800 ha imposto il proprio canone al tardo ‘800 e
poi a buona parte del Novecento: un canone che prevedeva la partenza da Dante, un
inizio della decadenza con i letterati, Petrarca e Boccaccio, la crisi della letteratura
italiana nel tardo Cinquecento e poi nel Seicento e nel primo Settecento, il Barocco e
l’Arcadia, e poi la ripresa della Letteratura italiana con Parini, Foscolo, Alfieri,
Manzoni etc. È un canone che spesso ha lasciato fuori la letteratura umanistica,
rinascimentale, barocca e così via.

Volume monografico su Leopardi dell’antologia di Giunta

Oltre ai 3 volumi (in realtà 4 perché uno è diviso in due parti) di antologia generale,
c’è anche un volumetto singolo dedicato a Giacomo Leopardi (di circa 150 pagine).
Gli viene quindi garantita una trattazione monografica isolata dal resto del percorso,
mette in straordinaria evidenza questo autore rispetto agli altri. Questo anche
probabilmente per venire incontro alle esigenze dei destinatari, che quindi si
immaginano particolarmente sensibili a questo autore ed ai suoi temi. Questo era
impensabile fino a qualche anno fa per cui Leopardi era meno importante di Foscolo,
mentre oggi è esattamente il contrario.
Fino ad alcuni anni fa si privilegiava il Leopardi idillico, considerando le altre opere
prosaiche, decisamente minori, soprattutto “La Ginestra” (ma tutto il “Ciclo di
Aspasia), così come lo “Zibaldone” ed ebbero scarsa fortuna anche le “Operette
Morali” (Francesco de Santis non le amava, le riteneva troppo auliche dal punto di
vista stilistico e troppo ostili agli ideali del Risorgimento dal punto di vista tematico).
Oggi, ad esempio in questo volumetto monografico, le opere tenute meno in
considerazione anni fa sono invece in primo piano, c’è una gerarchia impensabile
fino a 100 anni fa.
Spezzarono quest’immagine del Leopardi idillico a favore del Leopardi progressivo,
eroico, due opere la cui pubblicazione avvenne nello stesso anno: nel 1947 uscì
“Leonardi progressivo” di Cesare Luporini, filosofo che ne mise in evidenza appunto
il punto di vista filosofico, e “La nuova poetica Leopardiana” di Walter Binni
dedicato tutto ai Canti che dal pensiero dominante portano a “La Ginestra”,
dell’ultimo periodo fiorentino e di quello napoletano fino alla morte, con i tratti
fondamentali della poetica di Leopardi. Fu un ribaltamento della prospettiva critica di
Leopardi, seguita poi dai saggi di Timpanaro. Questa valutazione poi si è imposta e
ha dilagato, forse anche con qualche esagerazione, ci spiega perché all’interno
dell’antologia della Letteratura italiana di Giunta abbiamo un volumetto monografico
e perché questo è costituito da determinati testi piuttosto che da altri.

Tutti i capitoli di questo volume hanno una pagina introduttiva chiamata “Quello che
leggeremo”.
La prima ci conferma subito che l’idea del Leopardi idillico è superata, quella legata
al pessimismo e a certi ideali, le poesie (secondo le sue stesse parole) “delle afflizioni
dell’animo mio”. C’è quindi bisogno di mettere in evidenza la poesia filosofica di
Leopardi. E, soprattutto, Leopardi non ha solo scritto poesia: i “Canti” non
esauriscono la sua opera di scrittore. Giunta poi definisce Leopardi come grande
filologo classico e mette in risalto le “Operette morali” e lo “Zibaldone”, in un chiaro
intento di ribaltare la concezione critica dei tempi passati.
Un’intera parte, quella finale, è dedicata all’operetta “Discorso sopra lo stato presente
dei costumi degl'Italiani”, scritta nel 1824 e pubblicata solamente nel 1906 e restata
fuori dal canone di quasi tutte le antologie della Letteratura italiana e che invece qui
ha un intero capitolo a parte.

Sia nella facilità del linguaggio che nella nettezza dei giudizi, anche il linguaggio di
questa prima introduzione sembra strizzare l’occhio agli studenti, è inoltre
un’importante presa di posizione rispetto alla tradizione delle antologie leopardiane,
che sposta il centro di interesse da certe poesie all’opera saggistica, trattatistica (non
solo lo Zibaldone, ma anche il saggio sul costume degli italiani).

Capitoli che il prof. Gentili ha ritenuto particolarmente interessanti di questo


volumetto monografico sono:

- Capitolo I: La vita e le opere


sembrerà strano ma lo ha colpito questo primo capitolo perché fatto con intelligenza.
Inizia con un paragrafo intitolato “Nascere a Recanati nel 1798”, titolo calcato sul
“Nascere a Trieste nel 1883”, famosa frase di Saba ripresa e adattato a Leopardi. Non
essendoci una parte del volumetto dedicata alle lettere di Leopardi, al Leopardi
epistolografo, quest’aspetto è recuperato nella biografia. Ad esempio riguardo alla
condizione familiare di Leopardi, con il padre bibliofilo e la madre scarsamente
affettiva, ci sono citazioni interessanti: una di una lettera del padre, un'altra di una
lettera di Giacomo e una terza un estratto di un saggio di Sebastiano Timpanaro.
C’è un uso documentario dell’epistolario leopardiano che è molto interessante, da
un’immagine molto viva della sua biografia, accattivante anche per gli studenti.
L’aspetto dello “studio matto e disperatissimo” viene fatto presentare dal padre
Monaldo al cognato Antici (fratello della moglie), che descrive l’affanno nello studio
del figlio, il padre deve infatti quasi sgridarlo, ed orgogliosamente dice che il figlio
conosce ormai a memoria quasi tutti i 12mila volumi della biblioteca che Monaldo
aveva composto con tanta cura. Segue poi la lettera di Leopardi all’amico Pietro
Giordani, egli dice che si è rovinato in quei 7 anni che si è dedicato in maniera così
“disperata” allo studio, che definisce “matto e disperatissimo”. Parla in questa lettera
di come lo studio abbia deformato il suo aspetto fisico, pregiudicando anche le sue
relazioni sociali. È una tecnica di incastro di citazioni molto efficace.
Parte della sfortuna critica di Leopardi era che si riteneva che la malattia non gli
aveva permesso di vivere una vita piena. Il testo qui inserisce una citazione critica,
dai saggi di Sebastiano Timpanaro, uno dei massimi conoscitori dell’opera di
Leopardi che molto parlò della sua malattia. Egli afferma che il torto è stato fatto dai
critici a Leopardi non tanto nel sottolineare l’evidente connessione tra la malattia e
l’opera, ma che questa non rimase un puro tema biografico o di poesia intimistica, ma
divenne un fondamentale strumento conoscitivo. La malattia non divenne occasione
di autocommiserazione, di lamento, ma attraverso la malattia e proprio perché malato
Leopardi guarda con occhio più penetrante la vita dell’uomo, la realtà, la natura.

- il capitolo dedicato ai “Canti”


non solo per i commenti introduttivi etc, ma anche per un giudizio molto forte che ne
emergono da parte del curatore: che i Canti devono essere considerati un
“Canzoniere” o un macrotesto che racconta la storia di una vita (essendo il modello
dei canzonieri novecenteschi, in particolare del “Canzoniere” di Saba e della “Vita di
un uomo” di Ungaretti ed avendo a sua volta come modello il “Canzoniere”
petrarchesco). Quindi Giunta ci racconta i Canti come una storia. Un giudizio molto
perentorio che in parte Gentili non divide ma che ha ritenuto interessante proprio per
la decisione con cui viene espresso.

- Un intero capitoletto dedicato al “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli
italiani”, fatto seguire da un’antologia di giudizi sugli italiani pronunciati da scrittori
del Novecento

Lezione VIII (Gentili) – 05/05/2020

Il volumetto su Leopardi ripercorre, nel capitolo dedicato alla vita, tutti i passaggi
della poesia di Leopardi che vanno di pari passo con la sua vita: il primo passaggio
dall’erudizione al bello, e poi quello dal bello al vero (quest’ultimo passaggio è
pienamente corrispondente alla presa di coscienza e al peggioramento della sua
malattia). Egli stesso dice che da poeta (che quindi si occupava del “bello”) diventa
più filosofo (cioè si rivolge al “vero”, togliendosi le illusioni che muovono i poeti e
gli uomini che tendono alla gloria, alla felicità, alla grandezza etc.).
Poi, di nuovo troviamo nell’antologia un elemento biografico viene raccontato dalla
lettera che nel 1819 indirizzò al padre, in cui denunciava i metodi della sua
formazione, che l’avevano reso dotto ma infelice. Questo avveniva dopo il tentativo
di fuga da parte di Giacomo, da Recanati, tentativo presto scoperto e quindi
vanificato.
Poi c’è la breve geografia del tempo che Leopardi passò lontano da Recanati, che
coincise con il passaggio dal pessimismo storico al pessimismo cosmico (ovvero,
l’uomo non ha perso le illusioni aderendo al vero nel corso della storia, rendendosi
incapace di grandi valori, ma è insito nella natura dell’uomo e nella natura matrigna il
fallimento di tutte le speranze umane).
Il testo continua ad inserire riferimenti a lettere riguardo ad argomenti della vita e
della poetica di Leopardi.
Dopo il capitolo sui Canti (di cui si è parlato nella sezione precedente) c’è quello
sugli Idilli, da questo si evince che Giunta usa un criterio di “periodizzazione” cioè di
divisione per generi in questo volume monografico.
Infine, questo volumetto si conclude in maniera originale (e un po’ “alla moda”) con
il riassunto del film “Il giovane favoloso” di Mario Martone, il film biografico su
Leopardi (interpretato da Elio Germano). Oltre al riassunto c’è un’importante, per
quanto ingenua, domanda: fu effettivamente così Leopardi? Così riporta il giudizio di
tre importanti leopardisti (uno di questi denuncia un intento troppo “didattico”, un
altro apprezza il fatto che molti dialoghi sono presi dai “Canti”, dallo “Zibaldone”
etc, infine il terzo denuncia la scompostezza del film, con un personaggio sgraziato,
che urla in continuazione, poco aderente alla figura del poeta, dunque un giudizio
negativo sul film).
La scelta dei brani da antologizzare in questo volume su Leopardi è piuttosto
canonica, a parte il singolare e interessante inserimento del “Discorso sopra lo stato
presente dei costumi degli italiani”.

Lezione IX (Chessa + Taglietti) – 06/05/2020

Oggi, dopo quello su Leopardi presentato dal professor Gentili su Leopardi, un


classico d’eccezione, ci sarà la presentazione di un secondo caso di studio e un primo
esercizio seminariale: la relatrice è la dott.ssa Anna Taglietti che ci mostrerà la
possibilità di coniugare i risultati della ricerca scientifica con esigenze di
divulgazione, con la possibilità di portare questa ricerca all’interno della scuola,
anche partendo dall’analisi dei manuali scolastici (uno spunto per l’esercizio che
dovremo fare anche noi).

La dott.ssa Taglietti si è occupata della letteratura concentrazionaria nei manuali


scolastici. La letteratura concentrazionaria è considerata categoria critica a parte.
Nessuno degli autori di questa categoria è definibile come “classico” della
Letteratura. Ovviamente è sbagliato voler assurgere questi autori e queste opere a
livello di classici, però è anche opinabile far ricadere ognuno di questi prodotti
letterari come appartenenti alla letteratura memorialistica, ovvero opere
completamente realiste senza nulla di fantasioso o di lirico.
Questi autori hanno spesso anche sofferto per il non giusto riconoscimento alla loro
opera di memoria, offuscata dall’azione dei partigiani etc.
La dott.ssa Taglietti cita Primo Levi ed anche Giuseppe Berto. Primo Levi è stato per
lungo tempo considerato solamente per “Se questo è un uomo”, mentre oggi è
impensabile, anche se ovviamente sono più spesso brani da “Se questo è un uomo” e
da “La Tregua” ad essere antologizzati.
Spesso Giuseppe Berto non viene inserito nelle antologie, uno degli autori che invece
è più prolifico ed anche malleabile visto che i testi che ha prodotto sono tanti ed ha
anche una vicenda biografica interessanti. La Taglietti cita il romanzo “Il cielo è
rosso” di Berto che potrebbe essere utile a questo scopo.

Lezione X (Chessa + Contu) – 11/05/2020

Il prof. Contu ha insegnato Letteratura anche in istituti professionali, luoghi di natura


meno centrati sulla Letteratura e magari a volte anche ostili. È proprio tramite questa
esperienza che ha imparato che la Letteratura può e deve essere importante in ogni
ordine e grado scolastico.

Tre generazioni
Gli insegnanti oggi prossimi alla pensione hanno conosciuto ben 3 generazioni, a cui
daremo dei nomi per comodità:
- Generazione X: la prima generazione ad aver avuto i telefoni cellulari, è un oggetto
che segna una grande discontinuità nella comunicazione, è la prima generazione ad
aver sperimentato ed avviato questo tipo nuovo di comunicazione. Il simbolo è
appunto il telefono cellulare.
- Generazione Y: i giovani nati negli anni ’90, che sono stati alle superiori negli anni
2000 (la mia generazione – Francesca). È una generazione in cui c’è stato il
passaggio dal web 1.0, il web statico, al web sociale. I rapporti sono stati proiettati in
rete. I nostri rapporti hanno cominciato ad essere vissuti in rete. Il simbolo è
Facebook.
- Generazione 0: persone nate negli anni 2000 (“anni zero”) e hanno cominciato le
scuole negli anni 10 del 2000. È una generazione che ha segnato una continuità molto
forte ed ha messo maggiormente in crisi i colleghi che venivano dalle altre
generazioni. Si sono trovati davanti un paradigma adolescenziale totalmente diverso:
una generazione totalmente inscindibile dalla propria proiezione sociale. Il digitale è
diventato talmente importante tanto da diventare parte dell’io dei nostri ragazzi.
Questo a scuola ha creato fin troppi problemi.

La scuola che ha visto un docente di lungo corso è una scuola che ha subito cesure
generazionali molto violente rispetto a quelle del passato (nonostante cesure ci siano
state, ad esempio il ’68), ma poi è avvenuto proprio un cambiamento di paradigma,
che ovviamente ha coinvolto anche come i ragazzi si relazionano come la letteratura.

Noi viviamo un nuovo presente, la IV rivoluzione, e non c’è più la distinzione tra
vivere offline e vivere online, ma bisogna parlare di “onlife” cioè “infosfera”.
Questo elemento entra anche dentro la scuola (ben prima del Coronavirus e degli
ultimi mesi). Il passaggio di queste 3 generazioni e dell’ultima in particolare ha
creato un nuovo paradigma, un nuovo conoscere. Questa è una grande difficoltà
che possiamo riscontrare a scuola quando magari ci troveremo ad affrontare il
problema con colleghi che hanno vissuto questo passaggio alla fine della propria
carriera, questi non hanno gli strumenti forse per valutare bene questo cambiamento,
anche di come i ragazzi si approcciano al conoscere, e saranno istintivamente portati
a dire cose come “questi ragazzi non sanno più studiare, non sanno più interpretare un
testo” etc. Il digitale non è stato un cambiamento solo tecnologico, il digitale è un
nuovo paradigma conoscitivo. La società digitale non è solo fare una storia su
Instagram o postare su Facebook, ma diventa un nuovo modo di conoscere la realtà e
quindi la Letteratura e il modo di fare scuola.
Molti hanno parlato della “fine della Galassia Gutenberg”. La generazione X si
basava su un paradigma conoscitivo che utilizzava un modello di tipo gerarchico
(un modello che poi è tradizionale), partendo da un principio e poi in modo logico e
razionale si sviluppano i vari aspetti e teorie. Col passaggio al digitale si è passati da
questo modello ad un altro, cioè al “modello rizomatico”: il modello del “rizoma”
cioè orizzontale, infine al modello della rete, il modello “a grafo”. Ogni volta che
improntiamo un piano didattico dobbiamo pensare che chi abbiamo di fronte ha una
mente che funziona come una rete, “a grafo”, e non più in modo gerarchico,
strutturato, com’era per altre generazioni.

Bisogna quindi fare i conti con un nuovo apprendere. Il cambiamento più forte, un
vero e proprio iato che ha portato a questo nuovo apprendere, c’è stato attorno al
2003-2005. Il digitale ha creato:
- nuove sintassi mentali
- Il pensiero paratattico ha prevalso sul pensiero ipotattico: l’adolescente di oggi
mette insieme stringhe di conoscenze, postulati a sé, questo in una materia come la
Letteratura crea significativi problemi
- Un altro problema è un’attenzione “parziale e continua”, oggi viviamo in un
mondo in cui gli stimoli, gli input, sono molteplici, costanti e contemporanei.
- Il “drifting postmoderno”: uno sbandamento. La conoscenza oggi procede per
sbandamenti progressivi, come succede su Youtube con i video suggeriti a quello che
stiamo guardando, che portano la nostra attenzione su altri contenuti, o come quando
navigando in rete con un obiettivo preciso, finiamo invece a guardare tutt’altro.
Questo tipo di attenzione crea delle criticità, spesso si sente dire nei consigli di classe
che i ragazzi non ascoltano, è impossibile comunicarci etc (specie da colleghi di
lungo corso). In realtà bisogna soprattutto conoscere queste realtà per poi capire come
muovercisi.

Come devono reagire quindi gli insegnanti a questa realtà che sta accelerando in
maniera vertiginosa?
Inizialmente c’è stato un uso smodato di PowerPoint, pensando che con queste slide
si movimenti in un certo senso la lezione (inoltre chi è arrivato tardi all’uso di
PowerPoint, cioè docenti alla fine della loro carriera, spesso produce slide che non
sono altro che copia e incolla del file da Word). Inoltre anche usare altre tecniche
volte a stupire è spesso inefficace perché spesso non possiamo competere con i nuovi
videogiochi, le nuove realtà tecnologiche che gli studenti padroneggiano molto
meglio di noi.

Questa sfida didattica ed educativa che la storia ci sta ponendo ha a che fare con il
concetto che anche la Letteratura va storicizzata (come già diceva anni fa
Benjamin). E va fatto in due direzioni:
- La Letteratura va storicizzata nel passato
Un insegnante non deve mai smettere di studiare, l’insegnante deve essere pronto:
quando la lezione è ben studiata e ben preparata, 9 volte su 10 si ottiene il successo
didattico. Il sapere 1000 aiuta a trasmettere 10.
- La Letteratura va storicizzata nel presente
Per poter interpretare gli autori, essi vanno fondati anche nel presente, non solo nel
proprio contesto. La classe deve diventare una comunità ermeneutica: un soggetto
capace di usare la Letteratura come interpretazione della propria realtà.
Il canone ne è un esempio: fino a qualche anno fa alcuni autori del canone non
sarebbero mai stati messi in discussione. Oggi questa sacralità del canone è venuta
meno, è uno dei discorsi più controversi del dibattito letterario di oggi. Il fatto che il
canone sia diventato più instabile è anche però uno strumento in mano al docente, che
può verificare quali autori funzionano e quali invece oggi, magari, funzionano meno.
Il docente in un certo senso mette così sotto critica certi autori del canone per capire
come mai oggi arrivano meno, mentre altri, come Dante ad esempio, non hanno mai
perso la propria forza.
Un percorso didattico su Petrarca

Il prof. Contu ha scelto Petrarca per darci un’idea di come impostare un percorso
didattico su un autore a scuola. Un percorso che specialmente pensa di poter situare
anche in un istituto tecnico, per una sfida ancora più difficile, perché in questi istituti,
rispetto ai licei, la Letteratura non ha già di per sé quell’importanza che invece gli
viene riconosciuta in altri indirizzi scolastici, eppure ovunque la Letteratura trova la
sua ragion d’essere e può e deve trasmettere molto.
Petrarca è un autore che si affronta al terzo anno di qualsiasi ordine di scuola,
assieme alle altre due corone, Dante e Boccaccio. Se Dante e Boccaccio funzionano
in maniera più immediata, Contu ha scelto Petrarca proprio perché sembra apparire,
rispetto a questi, un grande scoglio.
Petrarca è proprio un esempio con cui con l’impianto didattico adeguato si possa
affrontare in maniera ottima un classico apparentemente difficile. Ecco i punti per
costruire questa lezione, alcune chiavi d’accesso:

- Pensare l’autore: quando un docente decide di portare un classico in classe deve


chiarire il proprio pensiero sull’autore, cioè scegliere e rendere nitide soprattutto a sé
stessi alcune chiavi d’accesso. Significa fare un grande lavoro a casa su quelli che si
crede siano gli snodi più importanti da voler passare alla classe.
Contu ne ha individuati alcuni che possono racchiudersi nella macrodefinizione “Una
coscienza moderna”: Petrarca è il primo a metterci di fronte ad una coscienza
moderna. Arriviamo spesso a Petrarca dopo aver fatto Dante, che ad esempio non ha
dubbi nel mettere Francesca all’Inferno, nonostante la sua commovente storia che
riesce comunque a passarci in maniera sublime. In Petrarca è centrale invece l’Io (Io
che entra prepotentemente nella poesia occidentale grazie a Petrarca). Ed anche la
Donna, che non è più vista con occhio stilnovista, anzi, ne assume importanza anche
il corpo, un corpo che anche invecchia, che subisce il tempo e ne porta i segni. E
questa “guerra dell’Io” che ci propone Petrarca ben si sposa con l’adolescenza che è
l’età del conflitto per eccellenza (Contu cita ad esempio il sonetto “Pace non trovo e
non ho da far guerra”). Serviranno a questo scopo specialmente il “Secretum” e le
lettere.
Questi sono dei punti forti che didatticamente possono essere spendibili che si
evidenziano a casa.

- Fondazione della lirica moderna: Petrarca a differenza di Dante apre un


continente nuovo, inesplorato, che è quello dell’interiorità. Questo elemento è stato
fondativo per l’occidente, persino la canzone pop, con la condivisione del proprio io
e della propria sofferenza, è frutto di questa “rivoluzione”. Questo in Petrarca si
riflette anche in una nuova lingua.
Come sonetto d’appoggio qui possiamo scegliere “Voi ch’ascoltate in rime sparse il
suono”, e come opera il “Canzoniere”.
Anche in questa fase si è ancora a casa a riflettere su come proporre l’autore in classe,
chiarificandolo prima con noi stessi.

- Un nuovo modello intellettuale: dall’esilio politico, fisico, peregrinante di Dante


arriviamo ad una personalità che invece vive un esilio interiore, un nuovo modo di
vivere la funzione intellettuale, uno specialista della cultura che acquisisce anche uno
status sociale grazie al suo essere intellettuale (e con questo apre le porte ai concetti e
a come veniva visto l’intellettuale dell’Umanesimo).

Qui finisce il lavoro preparatorio che il docente deve fare a casa, un lavoro di sgrosso
in cui il docente deve sottolineare le chiavi d’accesso su cui focalizzarsi. Chiaramente
questo lavoro di selezione è personale e personalizzabile, e nella stessa carriera di
uno stesso docente possono ridefinirsi, nel tempo, ecco perché è importante
continuare sempre a studiare nella propria carriera da docente.
Ad esempio la pagina sveviana dello schiaffo da parte del padre funzionava fino ad
alcuni anni fa, mentre oggi magari la figura paterna ha assunto altri connotati e ha
perso la propria presa, si utilizza magari sempre meno.

Dopo il lavoro preparatorio, dobbiamo capire come portare quest’autore in classe,


come renderlo concreto.

- Personalmente, il prof. Contu è un grande sostenitore del racconto della vita dei
personaggi in classe. Attraverso la biografia si possono conoscere, secondo lui,
molte cose importanti e fondanti anche della sua poetica (ovviamente, dice, questo
può essere opinabile, ci sono alcuni che credono che la vita e la poetica vadano
affrontati totalmente in maniera separata).
In genere le prime due lezioni Contu le passa cercando di raccontare la vita
dell’autore, con il focus sembra volto a mettere in evidenza i tratti della poetica
evidenziati nel lavoro preparatorio a casa. Petrarca ad esempio ci da uno strumento
molto efficace: le epistole.
L’epistola ai posteri è ad esempio una grandissima chiave d’accesso all’autore, in cui
Petrarca presenta sé stesso.
Riguardo la vita (aggiunge la prof.ssa Chessa) è importante raccontare anche ciò che
di solito non si dice, ovvero che Petrarca ha avuto dei figli, ha vissuto una vita piena,
nel mondo etc. perché altrimenti si rischia di restituire l’idea di un Petrarca
totalmente ripiegato su sé stesso, solamente intimista, che invece non sarebbe la
realtà.

Iniziando dalle origini, si prendono in considerazione i luoghi e si cita Arezzo.


Parlando di Arezzo, si possono utilizzare delle immagini della città. Questa
generazione è una generazione che utilizza più codici che comprendono tutto ciò che
il digitale permette: immagini, musica, video etc. Poiché ormai tutte le scuole
forniscono supporti digitali sarebbe un peccato rinunciare a questa possibilità. Oltre
quindi alle immagini potremmo proiettare dei brevi video sulla città o su elementi
della città legati all’autore (Contu ad esempio avrebbe proiettato un video di pochi
minuti sulla casa-museo di Petrarca ad Arezzo, anche se Petrarca ci ha mai abitato
veramente). Ovviamente devono essere video brevi, perché lunghi sarebbero
controproducenti e fuorvianti. Sono strumenti per la lezione e non devono e non
possono in nessun modo sostituirla.
Un’altra città è Avignone, luogo importante per Petrarca. Si può usare Google Maps e
addirittura lo strumento “Street View”, visto che Avignone è rimasta ancora molto
simile ai tempi di Petrarca.

- Ovviamente poi si passerà ai personaggi più importanti: Laura, la donna a cui è


dedicata la “Vita”, che si può presentare con “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi”,
Gherardo il fratello, per il quale si può parlare del Monte Ventoso.

- Contestualizzare Petrarca come uno delle 3 corone, utilizzando la lettera di


Petrarca a Boccaccio in cui egli parla di Dante. Francesco parla di quando ha
incontrato Dante, ad 11 anni a Pisa, e si sfoga con Boccaccio delle dicerie che lo
vedevano invidioso del lavoro di Dante. È una lettera molto importante ed
esemplificativa da portare in classe. Infatti il poeta prende le distanze da Dante, come
abbiamo detto il suo approccio è molto più moderno rispetto al pensiero dantesco.

- Ultimo lavoro riguardo la vita di Petrarca è quello sulla biblioteca petrarchesca:


ricostruire la biblioteca petrarchesca a partire dai manoscritti di Petrarca ma poi
anche da altre opere a partire da un padlet collettivo, cioè una sorta di muro virtuale a
cui i ragazzi possono “attaccare” (allegare) tutte i codici che trovano in rete rispetto
all’attività di Petrarca.

- Si passa poi ad affrontare le opere.


- Questa chiave d’ingresso riguardo la vita si può combinare poi con la prima
opera che verrà affrontata: il “Secretum” nel nostro caso, perché con quest’opera
si riesce a capire il primo aspetto evidenziato come importante di Petrarca, cioè
l’importanza della coscienza. Opera in 3 libri in cui nel primo libro si analizza il
malessere di Francesco, nel secondo libro l’accidia, per poi terzo libro arrivare a
parlare degli ostacoli che tormentano il poeta, la Gloria e Laura. In particolare le
letture sull’accidia e sull’amore per Laura ci restituiscono un Petrarca in conflitto con
sé stesso.
- Si introduce poi l’“opera maior”, cioè “Il Canzoniere”. Bisogna anche qui
sottolineare i concetti chiave da far passare, coadiuvati dalla presentazione di un testo
attraverso i quali si veicolano questi concetti, perché a scuola purtroppo c’è sempre il
limite del tempo:
- La lirica moderna: sicuramente far capire che con Petrarca si apre la strada alla
lirica moderna (testo: “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono”)
- Dalla raccolta all’opera: il Canzoniere è un’opera unitaria, non una semplice
raccolta
- L’io e l’interiorità: il Canzoniere è un viaggio interiore
- Il frammento
- Laura e il corpo: cioè un nuovo modello femminile (testo: “Erano i capei d’oro
a l’aura sparsi”)
- La lingua

- A questo punto, con altri testi si potrebbe pensare ad un lavoro di “cooperative


learning”, cioè lavori di gruppo. Il prof. Contu assegnerebbe un testo ad ogni gruppo
(dopo averli chiaramente introdotti tutti) e ad ogni gruppo il compito di fare l’analisi
del testo (figure retoriche, lingua etc). Attraverso il lavoro di gruppo il professore già
può cominciare a valutare gli studenti, come interagiscono, chi interviene etc. Poi il
voto finale consisterà anche riguardo il prodotto finale e all’esposizione (se
espongono tutti o no, e come) e infine farà un’ulteriore domanda per definire il voto.
Questo espediente serve a “metterli in moto” di fronte al testo. Infatti il docente in un
certo momento deve avere il coraggio di farsi da parte di fronte all’autore. Ci deve
essere un momento in cui i ragazzi vanno messi di fronte al testo, dopo avergli fornito
gli strumenti adatti per affrontarlo.
Infatti chiedere agli studenti cosa pensano di un testo senza avergli fornito i giusti
strumenti, puntare tutto sull’interiorità, sulle emozioni che scaturiscono da un certo
testo, da parte del professore sarebbe un errore madornale. La classe diventa
comunità ermeneutica solo dopo essere stata accompagnata adeguatamente dal
docente.

- Bilancio e verifica: ultima parte del percorso su un autore è proporre una o più
pagine critiche, questo anche di fronte ad una classe “difficile”, è importante che gli
studenti si trovino davanti a qualcosa di diverso e difficile, perché è uno stimolo
(riguardo a Petrarca il prof. Contu propone Santagata e Dotti).

Contu infine sottolinea come sia importante proporre un classico in questo modo
anche in situazioni scolastiche difficili. Nonostante le difficoltà di intraprendere
questa strada, i risultati che ne trarremo saranno sicuramente meravigliosi e ne sarà
valsa la pena (troviamo queste riflessioni anche nel libro).
Lezione XI (Chessa) – 12/05/2020

Riflessioni su Contu

Abbiamo cominciando leggendo insieme prologo ed epilogo del libro di Contu.


La lingua usata da Contu è una lingua piena d’oralità. Nella lezione di ieri ci ha
riportato una riflessione metodologica e una proposta su cui lui ha lavorato e che ha
funzionato, cioè una proposta positiva. Quindi è stata una lezione teorica, ciò che
forse è un po’ mancato è quello che invece si ritrova nel suo libro: l’esperienza.
L’esperienza può portare molte problematiche e non sempre una stessa proposta e
metodologia funziona.
Facciamo attenzione alle finezze che entrano nella lingua e nella proposta piana,
quasi d’oralità, del testo di Contu: ad esempio quando dice “17 anni fa” è un richiamo
al Sonetto 122 di Petrarca, l’epilogo del libro finisce con una citazione di Don Milani,
che ha in mente la lettera ai Corinzi di Paolo. Troviamo un riferimento biblico in quel
“settanta volte sette” (quando dice che farebbe la scelta di insegnare ancora se
tornasse indietro, “settanta volte sette”). Nel prologo c’è un uso anaforico di questo
“come potrei dimenticare” e l’uso di molte espressioni che rimandano ai suoni della
classe in tumulto che si notano nella prima parte.
Nel libro di Contu c’è comunque un rischio: quest’approccio ottimistico corre il
rischio di essere leggermente retorico. Quando ad esempio dopo una lezione sul 5
maggio Contu osserva i ragazzi giocare a calcio, e riflette su quanto siano belli i
ragazzi. Il rischio retorico qui è alto ma viene scongiurato dall’autenticità di Contu, si
evince come egli sia sincero nel suo scrivere.

La parafrasi all’interno del manuale

La professoressa ci ha segnalato degli articoli dalla rivista specialistica “Nuova


Secondaria” sulla funzione, l’uso e la quantità della parafrasi ed una riflessione sulla
lingua d’uso e la lingua antica.
A questa riflessione ne affiancheremo un’altra: quella di Contini in “Tanto gentile e
tanto onesta pare”, saggio rimasto capitale in Contini e tutta la nostra critica. Il
passaggio ponte è Contini che entra nei manuali. Infatti nei nuovi manuali entrano
figure altre, ma non in veste di critici (ad esempio nel manuale della Calitti, materiale
disponibile su Unistudium) ma con un’altra funzione che vedremo (domani).
Lezione XII (Chessa) – 13/05/2020

Oggi riflettiamo riguardo il rapporto tra innovazione e tradizione nella proposta dei
manuali e riguardo la funzione della parafrasi.

Manuale di Floriana Calitti: Gianfranco Contini

La prof.ssa Chessa ha preso in considerazione il manuale “La vita dei testi” di


Floriana Calitti. Bisogna far caso al profilo intellettuale e accademico degli autori dei
manuali: Floriana Calitti è di scuola romana, non è di formazione Continiana o
fiorentina. Questa valutazione in negativo serve a valorizzare in positivo la materia
proposta. C’è un nuovo ingresso in manuale, un ingresso atipico: quello di Contini.
La prof.ssa ci ha caricato su Unistudium solo la parte di Contini (oggetti di una
possibile domanda d’esame: la prof.ssa ci ricorda di visionare tutti i materiali su
Unistudium), ma in realtà l’inserimento è più complesso.
Gianfranco Contini lo incrociamo nel ruolo di filologo all’università, ma insegnò
anche a scuola e pubblicò anche antologie per la scuola. Inoltre attraverso
un’intervista fa qualche riflessione sull’insegnamento nella scuola. Nel manuale della
Calitti entra come autore, in una sezione chiamata “Autori a confronto”. Infatti
Contini è inserito assime a Calvino, Pasolini, Gadda, e poi qualche ingresso che ci
pone qualche problema: Longhi e De Benedetti (e infine, appunto, Contini).
Nell’introduzione di questa sezione ci vengono proposti gli incontri, gli scontri e gli
scambi di quegli anni ’60 che avevano al centro la discussione sulla realtà, questi
autori compongono un quadro molto vivido del ruolo politico della letteratura e della
critica. Questa parte introduttiva è una parte di giustificazione della nuova scelta,
seguono poi i vari confronti tra autori. Questa è una parte sicuramente molto utili, più
agli insegnanti, che se ne serviranno per introdurre questa prospettiva diversa. In
questo senso avrebbe senso portare una lettera, tra i tanti scambi tra Contini ed altri
autori, come ad esempio tra Contini e Gadda o tra Contini e Montale. È una scelta
difficile perché sono lettere difficili, in cui c’è letteratura, politica e giochi linguistici
(specie Montale che spesso gioca con i doppi sensi, c’è il gusto divertito del Montale
prosatore nelle lettere a Contini).
Il capitolo su Gianfranco Contini si apre, come gli altri, con una foto con in basso dei
cerchi con all’interno le parole chiave. Poi il solito primo paragrafo “La vita e le
opere”, biografia corredata da foto significative di vari momenti importanti.
Si nominano quindi le opere più importanti, tra le quali un’importante edizione de
“Le Rime” di Dante che forse andava grassettato, perché è fondamentale proprio per
il dibattito che è al centro di questa sezione, infatti sarà un’edizione molto importante
per Montale, ad esempio.
Forse anche “Come lavorava l’Ariosto” andava grassettato, per far capire il suo ruolo
di filologo.
“I poeti del Duecento”
Dobbiamo anche verificare da chi proviene l’informazione: viene scritto “poesie
minori del Duecento”, si fa riferimento ovviamente all’importante opera “I poeti del
Duecento”. È notevole non tanto perché bisogna far notare l’errore ma perché “I poeti
del Duecento” è un’opera capitale, modello anche per successive antologie.
Si affronta poi il rapporto con Gadda ed il rapporto con Montale. Contini pubblica fin
da giovane su Montale e come per Gadda questo da la misura della partecipazione di
Contini nel dibattito militante (ebbe un ruolo da protagonista).
Quindi abbiamo un Contini che scrive per la scuola, un Contini critico militante e un
Contini accademico.
Poi abbiamo il rapporto di Contini con Pasolini.
Il finale da un’idea generale della poetica di Contini che è anche utile ma senza
l’intervento del professore ha passaggi un po’ complessi che non semplificano la vita
allo studente.
Il primo testo antologizzato è un testo capitale: un esercizio di interpretazione sopra
un sonetto di Dante. Segue un testo su “Il linguaggio di Pascoli”. Entrambi i saggi
sono tagliati. L’indicazione bibliografica riguardo a quello di Dante non è completa e
anzi è errata e invece questo sarebbe stato utile proprio perché il saggio non è inserito
nella sua interezza, infatti viene riportato “tratto da “Contini, un’idea di Dante” 1976,
ma il saggio entra prima in “Varianti altra linguistica” del 1946, che è l’altra
indicazione bibliografica data per il saggio di Pascoli. In fondo la citazione non è
sbagliata perché in effetti il saggio si trova assieme a tutti gli altri su Dante nel 1976,
però si perdono quei rapporti con gli altri autori che invece ci sarebbero stati con
l’indicazione di quella rivista del 1946, dove pubblicò anche Montale. Certo questo
discorso è più rivolto ai docenti
Riguardo il testo su Dante la Calitti inserisce anche il sonetto: rispetta il saggio
continiano e risparmiare il problema di proporlo all’insegnante. C’è una cornice di
note (solitamente è l’insegnante a scegliere se segnalare le note agli studenti o meno,
in base al fatto che conosce la classe e sa se ce n’è bisogno). Seguono l’analisi del
testo e gli esercizi.
Viene anche inserita una scheda di approfondimento con due estratti dal libro
“Ludovica Ripa di Meana interroga Gianfranco Contini”: uno in cui Contini parla dei
suoi primi maestri (sua madre, maestra, e il suo maestro di prima elementare). È una
pagina molto viva e fresca, che diminuisce le distanze dal Contini accademico e
filologo. Un altro invece in cui Contini ricorda la ferrovia dove lavorava suo padre,
luogo che lo affascinava molto. Anche in questa pagina Contini mostra la sua
acutezza e paragona il traffico ferroviario alla filologia: andando a prendere suo padre
in stazione aveva visto che il traffico ferroviario era formato da metodi strutturali che
ha ritrovato nella filologia. Con una battuta (che avvicina sempre l’autore) dice che
c’è una “filologia ferroviaria”.
Querelle sulla parafrasi da “Nuova secondaria”

Questa querelle non è uscita nelle riviste specialistiche bensì sui quotidiani, viene poi
raccolta in questo mensile specialistico. Se guardiamo le date degli articoli sembra
una querelle datata ma invece il problema della parafrasi è sempreverde.
Il tema è il fatto che Santagata ha pubblicato una traduzione in italiano
contemporaneo di 10 “Canzoni” dai “Canti” di Leopardi (avevo scritto un riassunto).
Santagata pubblica questa traduzione per Oscar Mondadori, facciamo attenzione ai
motivi di questa grande pagina dedicata alla querelle con una grande immagine a tutta
pagina di Leopardi, la sede è importantissima.
Il primo grande articolo, che ha più risalto grafico, è quello di Vittore Branca, che
mette in luce il rischio della nuova edizione in programma (quella della
“Commedia”), e dei finanziamenti di un certo tipo che la giustificherebbero.
Questo è importante per capire le ragioni e capire la problematica della parafrasi
rispetto al singolo autore, al singolo testo ed anche alla classe che abbiamo di fronte.
(La prof.ssa Chessa vuole che noi riflettiamo e diamo la nostra opinione
sull’argomento).

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