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TECNICA
DI IDRAULICA ANTICA
A cura di
Antonello Fiore, Giuseppe Gisotti,
Gioacchino Lena e Luciano Masciocco
Supplemento al n. 3/2017
Anno XXV - luglio-settembre 2017
Premessa
Iscritto al Registro Nazionale della Stampa n. 06352 Gioacchino Lena 5
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 229
del 31 maggio 1994
PRESENTAZIONI A INVITO 7
Comitato scientifico
Mario Bentivenga, Aldino Bondesan,
Giancarlo Bortolami, Giovanni Bruno, L’idraulica come scienza ed esperienza di vita
Giuseppe Gisotti, Giancarlo Guado,
Gioacchino Lena, Giacomo Prosser,
Marcello Benedini 9
Giuseppe Spilotro
Bonifiche idrauliche e centuriazione nel Modenese
Consiglio Direttivo nazionale 2016-2019
Danilo Belli, Lorenzo Cadrobbi, Franco D’Anastasio in età romana
(Segretario), Daria Duranti (Vicepresidente), Gianluca Bottazzi, Donato Labate 16
Antonello Fiore (Presidente), Sara Frumento,
Fabio Garbin, Enrico Gennari, Giuseppe Gisotti
(Presidente onorario), Gioacchino Lena Geomorfologia e poleogenesi nella VIII Regio augustea.
(Vicepresidente), Luciano Masciocco, Michele
Orifici, Vincent Ottaviani (Tesoriere), Angelo Sanzò, Considerazioni sui siti urbani d’età antica
Livia Soliani Cremonini Stefano, Mattioli Simone 21
Comitato di redazione
Fatima Alagna, Federico Boccalaro, La distribuzione dell’acqua nella città di Roma:
Giorgio Cardinali, Francesco Cancellieri, tecnologia e castellum aquae
Valeria De Gennaro, Fabio Garbin, Gioacchino Lena,
Maurizio Scardella, Andrea Vitturi Leonardo Lombardi, Elettra Santucci, Bruno Leoni 28
Direttore responsabile
Giuseppe Gisotti PRESENTAZIONI ORALI 33
Procedura per l’accettazione degli articoli
I lavori sottomessi alla rivista dell’Associazione, La cisterna sotterranea e il sistema idraulico della Villa del
dopo che sia stata verificata la loro pertinenza
con i temi di interesse della Rivista, saranno
Naniglio di Gioiosa Jonica (RC)
sottoposti ad un giudizio di uno o più Referees. Rossella Agostino, Eleonora Grillo 35
Redazione
SIGEA: tel./fax 06 5943344 L’acqua, le tecniche di captazione e gli insediamenti
Casella Postale 2449 U.P. Roma 158 umani sul bordo occidentale dell’altopiano murgiano
info@sigeaweb.it
www.sigeaweb.it (Sud Italia)
Ilenia Argentiero, Maria Dolores Fidelibus,
Progetto grafico e impaginazione
Fralerighe Alessandro Parisi, Michele Parisi, Roberta Pellicani,
tel. 0774 554497 Giuseppe Spilotro 41
info@fralerighe.it
www.fralerighe.it
Idraulica etrusca: la gestione dell’acqua a Cerveteri
Pubblicità e nel suo territorio
SIGEA
Vincenzo Bellelli, Walter Dragoni, Salvatore Piro 48
Stampa
Tipolitografia Acropoli, Alatri - FR
I cunicoli-cisterna di Göreme in Cappadocia
La quota di iscrizione alla SIGEA per il 2016 (Turchia Centrale)
è di € 30 e da diritto a ricevere la rivista “Geologia
dell’Ambiente”. Per ulteriori informazioni consulta Andrea Bixio, Roberto Bixio, Andrea De Pascale,
il sito web all’indirizzo http://www.sigeaweb.it Alessandro Maifredi, Mauro Traverso 58
Cunicoli drenanti nel territorio messinese.
Dalle tecniche costruttive alla fruizione naturalistica
Calogero Cannella, Concettina Manitta, Carmelo Nicita,
Michele Orifici, Massimiliana Pinto Vraca,
Giuseppa Pollina, Salvatrice Sapienza, Vito Trecarichi 66
Macchine idrauliche
Edoardo Gautier di Confiengo 189
I
l primo convegno denominato “Tecnica di distribuita, utilizzata e perfezionata rispon-
idraulica antica” ebbe luogo a Roma nel dendo perfettamente ai bisogni dell’umanità.
settembre 2006 su proposta, accettata Si è però allargato il campo di intervento alle
con entusiasmo da Giuseppe Gisotti, Giu- altre utilizzazioni dell’acqua: cunicoli dre-
lio Pazzagli e Gioacchino Lena, di Leonardo nanti e processi di captazione, conservazione
Lombardi. dell’acqua mediante dighe e altri sistemi di
Si trattava di mettere in evidenza come sbarramento, svuotamento dei laghi attra-
l’idraulica, branca della scienza e della tec- verso vari sistemi (si pensi allo svuotamento
nica che studia e mette in atto sistemi per il del Fucino o a quello della Conca di Rieti),
controllo dell’acqua rendendone possibile il bonifiche e sistemi irrigui, regimazione delle
consumo e l’utilizzazione, sia stata e sia, da acque piovane lungo le vie di comunicazione,
sempre, uno degli indicatori dello stadio di utilizzazione dell’energia idrica per processi
civiltà raggiunto dai popoli. industriali (armi, lavorazione dei metalli, la-
Le relazioni presentate furono 17, più la vaggio dei prodotti delle miniere, ecc), siste-
relazione introduttiva di Leonardo Lombardi, mi di riscaldamento delle termae e delle case
e vertevano soprattutto su cunicoli drenanti, come quelli scoperti e studiati a Pompei. Non
emissari artificiali di laghi e dighe in quanto sono mancati tuttavia gli acquedotti visti pe-
la progettazione e la realizzazione di opere rò in rapporto ai paesaggi attraversati e alla
di captazione mediante cunicoli, nonché di geomorfologia dei luoghi, a volte addirittura
emissari artificiali e di dighe comporta livelli modificata.
di conoscenza e capacità costruttive di enor- Le numerose relazioni giunte sono state
me difficoltà se si pensa che esse furono rea- distribuite in una sessione orale e in una ses-
lizzate 2000 o anche 3000 anni or sono. L’altra sione poster, entrambe pubblicate in questo
idea che si voleva sviluppare riguardava la volume rispettivamente in numero di 16 per
modificazione nel tempo della progettazione le prime e 24 per le seconde. Esse sono pre-
fino ad arrivare ai tempi moderni. cedute dalle 4 relazioni ad invito.
A 10 anni dal primo Convegno SIGEA ne ha In totale un grande e interessante lavo-
voluto proporre un secondo sullo stesso tema. ro svolto da tutto il Comitato Organizzatore
Ancora una volta si è tralasciato l’argomento che si ringrazia sentitamente e dal Comita-
“acquedotti” sul quale esiste una amplis- to scientifico il cui apporto culturale è stato
sima bibliografia mentre si è ribadito come sempre determinante
essenziale fosse la modificazione nel tempo
della tecnica con cui l’acqua è stata captata, Gioacchino Lena
ed esperienza di vita
Hydraulics: science and life experience
Parole chiave (key words): Idraulica (Hydraulics), ingegneria delle acque (water engineering), ambiente
(environment), protezione ambientale (environmental protection), risorse idrichev (water resources)
PREMESSA come i complessi impianti idroelettrici con le quindi una tendenza a colpire più o meno
Parlare di storia dell’idraulica per una grandi dighe, oppure le estese opere di boni- direttamente tutta l’idraulica italiana, fatto
persona che ha dedicato la propria vita all’i- fica ed irrigazione, oppure ancora i sistemi che si rivela ingiusto ed errato, poiché, dopo
draulica (intesa nella sua più vasta acce- acquedottistici in grado di alimentare intere un’approfondita disamina, si scopre spesso
zione, cioè come scienza che si occupa dei regioni. Al momento attuale l’attenzione si è che nelle fase progettuale e nella realizzazio-
problemi dell’acqua, soprattutto da un punto spostata su tutto ciò che ha attinenza alla ne degli interventi sono stati ignorati proprio
di vista ingegneristico) non è cosa che pos- protezione dell’ambiente e del territorio, e si i principi fondamentali della scienza e dell’in-
sa risolversi tanto facilmente. Una risposta assiste pertanto al sorgere soprattutto di ope- gegneria delle acque.
approfondita significherebbe ripercorrere un re legate alle fognature ed alla depurazione
lunghissimo cammino con frequenti richiami, dei liquami domestici ed industriali. L’OSSERVAZIONE E L’ESPERIENZA
che, a sua volta, richiederebbe un testo volu- Non mancano tuttavia problemi di ap- INNANZITUTTO
minoso. Più significativo può essere un esame provvigionamento idrico a fini potabili, agri- Fin dai primordi, l’uomo ha dovuto rivol-
della situazione attuale, in relazione anche ai coli e dell’industria, che riguardano spesso gere la propria attenzione all’acqua, intesa
recenti eventi che interessano il nostro Paese. l’idraulica delle acque sotterranee, risorsa non solo come elemento essenziale per la vita,
Negli ultimi decenni abbiamo infatti assisti- ancora disponibile e, almeno in parte non ma anche come entità da controllare e sfrut-
to a notevoli innovazioni degli argomenti che ancora contaminata, mentre la necessità di tare. Si può dire pertanto che i fondamenti di
tradizionalmente costituiscono questa disci- intervenire per la salvaguardia dei litorali ed il quella che sarebbe poi divenuta una scienza
plina, sia che si voglia considerane l’aspetto potenziamento della navigazione richiamano siano insiti nella natura stessa dell’uomo, che
teorico, sia che si voglia fare riferimento a sempre più l’attenzione di tecnici ed ammi- ha cercato ogni espediente ed ogni mezzo per
concrete applicazioni. nistratori. trarre beneficio dall’acqua, rendendosi conto
L’idraulica rimane comunque una scienza Attuale, ed anzi sempre più preoccupan- di fronteggiare un’entità difficilmente doma-
applicativa, alla quale non si chiede di arric- te, si manifesta il problema di controllare gli bile, che anche nei minimi dettagli si pre-
chire le conoscenze umane, come avviene in- eventi di piena nei fiumi e nei torrenti, e di sentava con proprie leggi, alle quali doversi
vece per altre discipline che producono “una proteggere il territorio dalle inondazioni, fatto necessariamente adattare. In questo contesto
scoperta”, introducendo nuovi spazi conosci- che sottolinea la necessità di realizzare ade- l’uomo ha saputo coltivare una propria espe-
tivi. Ad essa si chiede di applicare a specifici guate opere, da progettare ed attuare utiliz- rienza, in base alla quale ha poi realizzato
casi e di adattare conoscenze già acquisite zando le più avanzate conoscenze scientifiche quegli interventi che risultavano essenziali
in altri campi, al fine di migliorare il rapporto ed i più raffinati mezzi della tecnologia. per vivere.
che essa mantiene con la natura e con ciò che
l’uomo è in grado di realizzare per utilizzare,
controllare e proteggere l’acqua, elemento
fondamentale. All’idraulica fanno inoltre ca-
po numerosi capitoli, che si tende a trattare in
maniera separata ed autonoma, ma che alla
fine non possono non essere considerati che
facce particolari di una medesima realtà. È
anche emersa un’opinione secondo la quale,
per il grande sviluppo che tali discipline au-
tonome hanno raggiunto negli ultimi decen- Figura 1 – L'assunto "l'acqua va dall'alto al basso" è sempre presente nella progettazione ed esecuzione degli acquedotti,
ni, non ci sarebbe più necessità di avere una sin dai tempi più remoti
disciplina onnicomprensiva, che si presente-
rebbe sempre più come un sommario, neces- In merito alle conseguenze spesso fatali Tanto per citare alcuni aspetti fonda-
sariamente superficiale, di quanto le singole che si verificano nelle zone colpite, si richia- mentali, richiamiamo l’assunto che l’acqua
materie sono invece in grado di trattare. ma talvolta una responsabilità di coloro che va dall’alto al basso, del quale l’uomo deve
Diversa è invece la situazione delle ap- non hanno saputo valutare la probabilità del essersi implicitamente reso conto in tutti gli
plicazioni pratiche dell’idraulica, per le quali verificarsi di eventi pericolosi. Purtroppo, co- interventi. Con alcune considerazioni che
bisogna innanzitutto tenere in debito conto gli me conseguenza, i mezzi di informazione e possono semplicemente apparire banali, sia-
aspetti che caratterizzano il momento attua- gran parte dell’opinione pubblica esprimono mo in grado di evidenziare come tale assunto
le. È infatti passata l’epoca dei capolavori di una vera e propria condanna nei confronti di contenga molti aspetti che oggi trattiamo con
ingegneria della prima metà del secolo scor- coloro che hanno realizzato interventi ineffi- rigore scientifico e con l’ausilio di espressioni
so, quando nel nostro Paese fiorivano opere caci e spesso controproducenti. Si manifesta e grafici più o meno complessi.
L’IMPOSTAZIONE SCIENTIFICA
Si giunge così ai secoli quindicesimo e
sedicesimo, quando le scienze positive, in
particolare la fisica e la matematica, si van-
no sviluppando, associando alle osservazio-
ni sperimentali interpretazioni analitiche a
mezzo di formule e grafici, che consentono
di trattare la materia in modo scientifico. Tra
questi autori si distingue innanzitutto Leonar-
do da Vinci, vissuto dal 1452 al 1519, il quale,
Figura 11 – La diga di Cornalvo, in Spagna nelle sue eccezionali e multiformi conoscen-
T
ra le opere idrauliche di età romana L’antica Mutina (Modena) venne fonda- Cocco 2006) che congiungeva Rimini e Pia-
sono ben noti gli acquedotti, i canali ta nel 183 a.C. (2.200 anni fa) unitamente cenza e venne fondata la colonia latina di
artificiali, le reti fognarie urbane e le alla sorella Parma: si tratta di due città di Bononia nel 189 a.C.
sistemazioni portuali. La rete infra- fondazione e delle prime “colonie civium Ro- La fertile pianura padana divenne pertan-
strutturale più imponente ed estesa è però manorum” ad essere dedotte a Nord dell’Ap- to in quegli anni uno straordinario e aperto
costituita dai reticoli centuriali che da 2000 e pennino. Altri centri cittadini erano infatti già scenario per la colonizzazione romana, una
più anni operano la gestione idraulica (bonifi- stati fondati ma essi erano di diritto latino complessa operazione di programmazione
ca e irrigazione) e l’organizzazione territoriale (tali risultano Rimini, Piacenza, Cremona, territoriale che non conosciamo nei dettagli
della pianura padano-veneta e delle pianure Bologna), (Scagliarini Corlaita 1976). ma che prevedeva la fondazione di più centri
della penisola italica. Dopo un periodo precoloniale, ben atte- urbani a impianto regolare e, nel territorio,
Un caso esemplare è costituito dal Mo- stato per Mutina dalle fonti e dai dati arche- quella fitta rete di strade e canali che è ben
denese (Misurare la terra1983; Schmiedt G. ologici, e dopo la sconfitta definitiva delle nota col nome di centuriazione. La centu-
1989) ove su ampi settori del territorio è ben popolazioni galliche (i particolare i Galli Boi) riazione è pertanto la regolare divisione del
conservato l’impianto geometrico della cen- venne tracciata nel 187 a.C. dal console M. territorio di un centro romano (colonia, forum
turiazione. (Fig. 1). Emilio Lepido la via Aemilia (Dall’Aglio-Di o municipio che sia) grazie a una rete infra-
strutturale di vie e canali che doveva permet-
tere e favorire la messa a coltura, la bonifica
e l’assegnazione delle terre alle famiglie dei
coloni. Gli assi centuriali si dispongono no-
toriamente come le linee di una scacchiera e
vengono definiti Kardines (in senso Nord-Sud)
e Decumani (in senso Est-Ovest).
Nella pianura emiliano-romagnola la
centuriazione è un tratto del paesaggio an-
cora largamente conservato in persistenza,
nonostante i 22 secoli di vita trascorsi con
le relative trasformazioni idrografiche e am-
bientali, con i mutevoli assetti della proprietà
e della gestione agraria e, nel secolo scorso,
con la meccanizzazione dei lavori agricoli. La
centuriazione è pertanto romana di imposta-
zione ma si è trasformata già nei sette secoli
dell’età romana e tardoantica fino all’arrivo
di Goti e Longobardi e ha poi attraversato le
epoche successive fino a noi.
Gli studiosi di topografia antica in genere
hanno prestato attenzione alla ricostruzione
del reticolo stradale sulla base delle persi-
stenze nel territorio e nel paesaggio attuale.
Recente è invece la volontà di raccogliere
analiticamente le attestazioni archeologi-
che puntuali di cardini e decumani antichi
(Bottazzi-Labate 2008, con bibl. prec.).
Nella pianura modenese questa specifica
attenzione ha permesso di presentare tutti i
riscontri oggettivi rilevati e disponibili fino al
2008 (Bottazzi-Labate 2008) nonché di cal-
Figura 1 – Pianta generale dell’impianto centuriale di Mutina con persistenze colare, con strumentazione moderna e sulla
Figura 4 – Disegno di una cardine della centuriazione con strada glareata e canali di scolo di diversa dimensione
8 e 12 piedi romani, mentre misure ben più canali ad ovest dei cardini sono frequente- in modo analitico. Il drenaggio tende a con-
ampie vengono raggiunte dagli assi principali mente più ampi e più profondi di quelli posti centrare le acque verso l’angolo NE di ogni
(da 20 a 40 piedi). sul lato orientale. In un caso per un decumano singola centuria (Fig. 5) e qui, presso ogni
Le vie centuriali (cardini e decumani) (trasversale alla pendenza) il canale a sud ri- angolo, dovremmo presupporre l’esistenza
risultano in scavo spesso delimitate da mo- sulta leggermente più ampio di quello a nord. dell’attraversamento del decumano (verosi-
deste scoline ma anche da canali e fossati Il motivo è da ricercare nella pendenza del milmente in presenza di un ponticello ligneo).
larghi in media 2 m (con un massimo di 3 m, terreno: i canali a ovest dei cardini e quelli Il fenomeno qui ricostruito sulla base di
pari a 10 piedi) e profondi fino ad un massimo a sud dei decumani favoriscono un migliore una serie di evidenze puntuali di scavo di-
di circa 2 m (7 piedi) (Fig. 4). deflusso delle acque di superficie . viene di eclatante chiarezza nella pianura a
Si è notato che i canali delimitavano late- Si tratta di una soluzione più che com- meridione di Nonantola: qui si ha una “fine-
ralmente i cardini (che seguono la pendenza prensibile in una pianura con pendenze verso stra geomorfologica” nella quale in filigrana
media del terreno) non sempre sono uguali: i Po e verso il mare, ma che ora è documentata si avvertono paleodrenaggi naturali non ge-
ometrizzati dalla centuriazione, che possono
in gran parte essere riferiti ad età preromana.
La vergenza di questi canalacci naturali ad
andamento sinuoso, derivati da drenaggi pla-
niziari delle acque di superficie e alimentati
anche da acque di risorgiva, è marcatamente
verso NE: queste acque vennero poi verosi-
milmente intercettate e condotte a valle dalla
nuova rete di fossi e canali della centuriazione
romana (Fig. 5).
Il reticolo centuriale nell’agro coloniario di
Mutina era in origine composto da 1.700/1.800
centurie che prudenzialmente possono essere ri-
dotte a poco meno di 1.700 centurie in conside-
razione dello spazio occupato dagli alvei fluviali.
La ricostruzione dei tempi e modi della
centuriazione modenese offre dati impressio-
nanti e di grandissimo rilievo:
• 1.700 centurie
• 850 chilometri quadrati
Figura 5 – Riscostruzione dell’impianto centuruale con le strade (rosso) i relavivi canali di scolo (azzurro) in rapporto alla • 2.500 km lineari di vie centuriali
dimensione degli stessi • 5.000 km di canalette e fossati
Figura 8 – Modena, località San Lazzaro, sezione della via Emilia (in rosso di età repubblicana, in azzurro di età augustea, in giallo di età costantiniana) con i grandi fossati laterali
Simone Mattioli
Considerazioni sui siti urbani
d’età antica
Geomorphology and poleogenesis in the 8th Regio
Augustus. Considerations on ancient urban sites in
the Augustus’ 8th region
Parole chiave (key words): conoide (alluvial fan), paleoidrografia (palaeohydrography), tasso di
sedimentazione antropogenico (anthropogenic sedimentation rate), città romana (roman age towns),
Emilia-Romagna (Emilia-Romagna), Modena
1. INTRODUZIONE risposta risulta in realtà articolata secondo gustea) i cicli insediativi finora noti paiono
Tecnica idraulica è prioritariamente ge- uno schema di massima, ampiamente teori- essere due: il più antico, sviluppato nell’età
stione del territorio in senso lato, cioè insieme co, del tipo: i) insediamento sparso su unità del Bronzo e concluso comunque con una ce-
di operazioni ed opere di drenaggio e bonifica geomorfologiche naturali (strutture esitenti); sura sostanzialmente netta (Cardarelli 2010),
su aree variamente estese, prima che detta- ii) nucleogenesi locale; iii) poleogenesi vera e e quello, ancora in corso, relativo all’età del
glio tecnico relativo a singole strutture. Tale propria; iv) (eventuale) bonifica del territorio Ferro (Villanoviano/etrusco) a connotazione
problematica costituisce quindi in buona par- su vasta scala. protourbana e successivamente urbana (Mal-
te il preludio dell’insediamento, in particolare Il processo di bonifica in sè (bonum face- nati 2010; Ortalli 2013).
di quello maggiormente evoluto ed articolato re), parziale o totale, costituisce l’aspetto più Il rapporto tra nucleo insediativo – o cen-
sotto l’aspetto economico e sociale. Il rappor- appariscente del complesso insieme dei pro- tro urbano in senso stretto- e territorio cir-
to con il territorio muta in dipendenza dal gra- cessi di “antropointerferenza” sul territorio costante – se si preferisce, tra insediamento
do di consapevolezza delle dinamiche fisiche che caratterizzano la transizione tra ambien- accentrato e sparso- è naturalmente simbio-
dell’ambiente, dell’entità del popolamento te naturale ed antropizzato (Butzer 2005). In tico in qualsiasi età, anche in età moderna e
(densità demografica) e delle acquisizioni assenza di cesure etnico-culturali e a fronte di contemporanea, periodo nel quale si dilatano
tecnologiche di uno specifico corpo sociale. consapevoli scelte pianificatorie preliminari a dismisura i bacini/territori di influenza eco-
Al quesito cruciale concernente quindi l’insediamento diacronico si svolge quindi tra nomica. Così i “cicli” bonificatori esperiti sui
la priorità cronologica spettante alla po- condizionamenti geoambientali ed ereditarie- territori di pertinenza dei vari nuclei urbani
leogenesi o all’acquisizione (economica, tà sul medio-lungo periodo. In particolare, nel tendono a rispecchiare i cicli di sviluppo/
militare, bonificatoria ecc.) del territorio, la caso dell’Emilia-Romagana (VIII regione au- mantenimento di questi ultimi ma caratte-
Figura 2 – Ubicazione dei principali centri urbani emiliani e padani di età romana oggi noti
rizzandosi per la maggiore complessità dia- aree planiziali, margini pedemontani in fron- creazione dell’antico molo foraneo (Cremonini
cronica imposta dall’interazione diretta con te di catena, collettori fluviali e zone costiere 1995a): eustatismo, alluvionamento solido e
l’alta dinamicità dell’ambiente fluviale delle marine.Infine le locali condizioni naturali che tettonica costituiscono aspetti problematici
pianure alluvionali (avulsioni fluviali ed allu- contribuiscono a determinare scelta e fissa- anche per la società odierna.
vionamento solido). zione delle posizioni topiche per l’ubicazione e L’obiettivo del presente studio è quindi co-
L’esempio della centuriazione romana – lo sviluppo dell’insediamento specificamente stituito dall’analisi del rapporto tra insedia-
circa 20.000 km di strade e canali originaria- urbano risultano essere: mento urbano storico di lunga durata e spa-
mente tracciati per la sola VIII Regio augustea i) altimetria assoluta e relativa principal- zio immediatamente suburbano nella regione
(Bottazzi 2000; Chevallier 1960) – conserva- mente intesa in termini di basso rischio emiliana, cioè dal rapporto esistente tra geo-
tasi nelle zone di conoide pedemontano o pa- idraulico (fluviale o marino) quale perce- morfologia naturale dell’extrasito e geomorfo-
leodosso ma sostituita in bassa pianura dalle pito al momento della scelta ubicatoria logia urbana in ss, qui intesa come insieme
partizioni agrarie di età comunale (Cremonini originale; delle morfologie della superficie topografica
1989), cinque e secentesca (Gabbi, Badini ii) intersezione tra corsi d’acqua – e relative all’interno delle cinte murarie medievali delle
2001) e novecentesche in cassa di colmata terminazioni vallive montane – ed altre singole città anziché in senso lato come oggi
(AA.VV. 1980) attesta tale ciclicità. Anche direttrici di comunicazione terrestre o ma- d’uso (Chengtai 1996).
nella pianura padana quindi l’alluviona- rittima; Si ricorda infine che resta ancora proble-
mento connaturato all’evoluzione del reticolo iii) intrinseca rilevanza economica del terri- matica la definizione di dettaglio del limite
idrografico (Fig. 1) risulta inscindibile dalle torio; settentrionale della VIII Regione augustea,
implicazioni gestionali del territorio e con- iv) forzante militare (necessità di presidio genericamente considerato coincidente con
temporaneamente cela con tutta probabilità territoriale e difendibilità della posizione). il corso del Po antico (Eridano>Padovetere),
parte, forse consistente, dei sistemi insedia- A tutto questo fa infine corollario la ma che nelle aree settentrionali come l’o-
tivi d’età antica (Fig. 2) e pre-protostorica, creazione di opere idrauliche di presidio ed dierno Oltrepò mantovano (Cremonini 2001)
impedendo la conoscenza efficace di poli in- ausiliarie quali i sistemi di arginatura longi- o il Basso Ferrarese (Cremonini 1988) po-
sediativi minori, sicuramente esistenti nelle tudinale dei corsi fluviali (CREMONINI 2016), trebbe anche aver coinciso con elementi
migliaia di chilometri quadrati di pianura difese spondali, moli foranei costieri ,ecc. ad idrografici minori benché di attinenza co-
compresi tra il corso del Po e le terre alte pe- ovvia salvaguardia del valore dei beni esposti munque padana.
deappenniniche: si tratta, per l’età romana, nel territorio, cioè dell’insediamento e relative
dei cosiddetti Municipi ignoti (Corradi Cervi strutture bonificatorie. La specificazione so- 2. MATERIALI E METODO
1938) e dei vari vici e mansiones/mutationes pra accennata circa il grado di consapevolez- Se si escludono i Municipia ignoti della re-
itinerarie lungo gli assi viari interregionali za delle dinamiche geoambientali posseduta gio augustea, in Emilia esistono almeno nove
(Cremonini 2003). Lo sviluppo della rete di dal corpo sociale che ha operato la scelta città principali (capoluoghi di provincia), di
assi di comunicazione risulta condizionato in ubicatoria originale dei centri urbani storici è cui otto – con l’esclusione di Ferrara – (Fig.
primis dalle direttrici di permeazione antro- di notevole importanza e può essere solo oggi 2) già esistenti in età romana: Piacenza, Par-
pica dei territori, assi preferenziali, attrattori valutata a distanza di oltre due millenni in ma , Reggio, Modena, Bologna, Forlì, Rimini,
della funzione specifica, coincidenti con i casi emblematici come quelli di Ravenna o Ravenna, oltre ad Imola, Faenza, Forlimpopoli
principali lineamenti geomorfologici regiona- di Rimini (cfr. ultra), con le ripercussioni ne- e Cesena ed altri centri minori (Fiorenzuola,
li: fondovalle o crinali in ambito montano e, in gative sul tessuto urbano coevo indotte dalla Fidenza, Brescello, ecc.). Per motivi di eco-
Tabella 1 – Valori degli otto parametri fisiografici utilizzati nella valutazione dei siti urbani considerati
Reggio Emilia Modena Cesena Rimini Ravenna
Bologna
Fisiografia Conoide Pianura alluvionale Conoide Conoide Costa, laguna,
Conoide
medio-distale interconoidale pedecolle e costa pianura alluvionale
Quota baricentro (m slm) 57,1 34,2 60,6 42,8 4,9 1,7
Distanza da corso d’acqua principale (km) 1,1 6,2 4,5 0,8 0,5 2,5
Distanza da corso d’acqua secondario (km) 3,5 5 0,5 1 0,5 7
Distanza da catena montuosa (km) 9,5 16,3 1,1 1 2 27
Distanza da asse tettonico (km) 0,1 0,2 1,1 0,1 2,5 0,1
Distanza da costa (km) 158 115 75 20 1,3 8,5
Profondità letto antropogenico romano (m) 3 5,6 1,8 3 2,6 4,9
relativi ai sei centri analizzati: la graficazione senso stretto risulta possibile; ma ciò non solo nel caso di Ravenna, ove i mutamenti
di tali valori è riportata in Fig. 3. In Fig. 4 costituisce la norma purtroppo nemmeno paleoidrografici locali e padani hanno indotto
sono anche riportati i valori di distanza dai in casi come quello di Ravenna nel quale una progradazione costiera consistente con
corsi d’acqua attivi in età romana. Benché la la penetrazione di sedimento naturale nella un mutamento radicale dell’ambiente da mi-
distribuzione spaziale dei siti all’interno del successione urbana deve essersi necessa- crolagunare/retrocostiero a palustre ed infine
perimetro urbano appaia buona, la densità riamente verificata in virtù della complessità fluviale perialveo (Cremonini 1995b).
di questi non risulta certo adeguata ad una evolutiva dell’ambiente naturale locale. Uno La distanza dai corsi d’acqua secondari
trattazione soddisfacentemente statistica degli obiettivi dell’analisi, la valutazione dei (piccoli torrenti) è molto limitata ed in antico
sotto l’aspetto strettamente geoarcheologico. tassi di sedimentazione antropogenetici, non si manifesta identica o addirittura minore
Ad esempio, non si sono riscontrati gli è pertanto risultato verificabile per carenze dell’attuale.
estremi per riconoscere compiutamente in qualitative del materiale edito, in particolare L’influenza di questi corsi è stata molto
tutte le città la presenza di Dark-Earth come per assenza di elementi certi di cronologia di forte in età romana e successive essendo essi
autonomo deposito distinguibile dall’insieme dettaglio. Solo per Modena questo è stato in- utilizzati come elementi attivi nel sistema de-
degli antropogenici complessivi di ogni sito dicativamente possibile: 2,1 mm/a per l’am- fensionale aggere/vallum (Cremonini, Labate
stratigrafico. In alcuni casi non si è potuto bito cronologico medievale e moderno a fronte 2015) o di igienizzazione dell’areale urbano
riconoscere con sicurezza nemmeno la di- di ca. 4,3 mm/a per il romano fino al tardoan- (Cremonini, Bracci 2010).
stinzione tra naturale ed antropogenico dei tico (Cremonini, Labate 2015). Quest’ultimo La distanza dalla catena montuosa evi-
set sedimentari. Tali inconvenienti derivano valore si mostra doppio rispetto a quello già denzia tre ambiti caratteristici ed estrema-
da carenze di pubblicazione o forse di rilievo individuato nell’ambito geografico bolognese mente pregnanti: i) centri distanti ca 10 km
di cantiere (particolarmente nel caso di scavi (Cremonini 2002) mentre si configura simile in pianura medio-alta (ad W di Modena); ii)
molto vecchi). – 4,2 mm/a: 3,75 m /9 secoli – per Ferrara centri in alta pianura, prossimi al margine
L’unico parametro realmente affidabile – (Cremaschi, Nicosia 2010). montano (ad E di Modena); iii) centri costieri
poiché ben riconoscibile e quindi disponibile L’analisi (Fig. 3) dei parametri fisiografi- o di pianura interna (Rimini, Ravenna).
in tutti i casi esaminati – è costituito dalla co-geomorfologici di sito urbano risulta mag- La distanza dalla costa risulta parame-
profondità di giacitura del letto del set an- giormente soddisfacente. I centri si ubicano tro puramente descrittivo a motivare le basse
tropogenico d’età romana sl, eventualmente rispettivamente: Reggio sul conoide medio- quote baricentrali di Rimini e Ravenna ma so-
associato al corrispettivo spessore. Il valore distale del T. Crostoso; Modena in una limitata lo per quest’ultima ha un significato evolutivo
medio di giacitura di tale marker ricavabile piana alluvionale interconoidale; Bologna sul pieno. Similmente, la distanza dall’asse tet-
dalla corrente analisi approssima soddisfa- conoide minore di T. Aposa; Cesena in apice di tonico più prossimo pare non pare evidenziare
centemente (ca 1m in difetto) quello desumi- conoide del F. Savio, già in transizione al pe- alcuna correlazione significativa con l’ubica-
bile da siti già indagati più in dettaglio come decolle; Rimini in margine laterale di conoide zione del sito urbano.
Bruno Leoni
Water distribution in ancient Rome: technology Ingegnere, Roma
E-mail: b.leoni@inwind.it
and castellum aquae
Parole chiave (key words): castellum aquae, Roman water supply, ancient hydraulics technology
INTRODUZIONE l’acqua si potevano utilizzare diversi sistemi, dall’acquedotto, pressoché costante, e quella
Il presente studio ha lo scopo di descrive- quello più semplice consisteva nel solleva- in uscita, variabile in base alla necessità d’uso
re la tecnologia utilizzata nella distribuzione mento manuale di secchi o brocche tramite delle utenze. Il serbatoio ha quindi funzione di
dell’acqua in ambito urbano ai tempi dell’an- l’uso di corde (Fig. 1), a volte questa opera- volano idraulico, integrando la portata dell’ac-
tica Roma attraverso particolari strutture zione era facilitata dalla presenza di carrucole quedotto in caso di una maggiore richiesta2.
idrauliche: i castella aquae. Prima di entrare sostenute da una struttura in legno. Altri si- Come per le cisterne le loro dimensioni sono
nel merito è opportuno definire alcuni concet- stemi, più complessi ed efficaci, prevedevano variabili, ma a differenza di queste, di norma
ti chiave relativi alle cisterne e ai serbatoi, l’uso di ruote idrauliche, le norie (ruote lignee interrate, i serbatoi sono realizzati fuori terra.
strutture fondamentali nella distribuzione munite di secchielli posti lungo la circonferen- Nei serbatoi il sistema di prelievo dell’ac-
idrica e spesso confuse a causa delle loro za), o catene a secchielli (secchielli posti lungo qua avviene attraverso un’apertura nella pa-
caratteristiche simili, ma il cui uso è comple- una catena chiusa che veniva fatta scorrere rete, collocata in prossimità del fondo, poiché
tamente diverso. verticalmente, ruotando attorno a due punti a differenza delle cisterne, il cui prelievo av-
fissi, uno superiore e uno inferiore), struttu- viene dall’alto con sistemi di sollevamento, nei
CISTERNE re movimentate dalla forza lavoro umana o serbatoi viene sfruttato il sistema gravitario,
Si definisce cisterna un manufatto in animale, che garantivano il sollevamento di e aumentando l’altezza dell’acqua contenuta
muratura destinato essenzialmente alla rac- maggiori quantità d’acqua in minor tempo1. al suo interno aumenta il carico idraulico del
colta e all’accumulo di acque piovane. A tale getto in uscita. Generalmente i serbatoi sono
scopo le pareti interne sono completamente realizzati su un unico livello, quelli su due o più
rivestite da materiali impermeabilizzanti, livelli hanno gli ambienti preposti all’accumulo
come intonaco idraulico o cocciopesto, e gli dell’acqua al livello più alto, mentre gli ambienti
spigoli interni, sia parietali che pavimentali, sottostanti sono strutture di sostruzione, e han-
sono sigillati da cordoli di rinforzo. no la sola funzione di alzare la quota di uscita
La capacità di queste strutture deriva dell’acqua per aumentare il carico idraulico3.
dalle specifiche necessità per le quali erano I serbatoi sono sempre progettati a una quo-
realizzate e può variare da pochi metri cubi, ta sufficientemente alta per poter alimentare le
per le cisterne di uso privato, fino a centinaia utenze a cui sono collegati mediante tubazioni,
di metri cubi, per quelle a servizio di intere Figura 1 – Vera di pozzo in cui sono visibili i solchi prodotti
dall’uso delle corde di sollevamento, Pompei, Casa del Poeta considerando che la quota di immissione dell’ac-
comunità. Per convogliare grandi quantitativi Tragico (Foto: L. Lombardi) quedotto deve evidentemente trovarsi ad un li-
d’acqua è fondamentale la presenza di ampie vello superiore per garantirne il riempimento.
superfici di raccolta, costituite da vaste aree SERBATOI Le pareti dei serbatoi, essendo normalmen-
pavimentate, quali cortili o terrazze, o dai tetti I serbatoi da un punto di vista struttura- te realizzati fuori terra, sono costituite da para-
degli edifici, dotati di falde in pendenza per le presentano le stesse caratteristiche delle menti murari di elevato spessore, per contra-
convogliare l’acqua in caditoie e canali col- cisterne, come l’impermeabilizzazione delle stare la pressione interna di un carico idraulico
legati alla cisterna. Per raccogliere maggiori pareti interne e la cordolatura degli spigoli generato da un’altezza dell’acqua che in molti
quantitativi d’acqua, le cisterne erano spesso interni, ma a differenza di queste sono sempre casi supera i sei metri. Spesso le pareti perime-
poste sotto il livello di calpestio degli ambien- alimentati da un’adduzione continua prove- trali sono quindi rinforzate da speroni in mu-
ti. Ad esempio, nelle domus, erano realizzate niente da un acquedotto o da un’altra fonte ratura esterni oppure sostenute da terrapieni.
sotto l’atrio, in collegamento con l’impluvio, perenne. Si definisce quindi serbatoio un ma- L’ingresso dell’acqua è situato in posizio-
una vasca di raccolta posta al centro di un nufatto in muratura, inserito in un sistema ne elevata nel caso in cui il serbatoio sia ali-
ambiente porticato, che accoglieva le acque ad alimentazione continua, la cui funzione mentato direttamente da un canale dell’ac-
piovane attraverso il compluvio, costituito primaria è quella di accumulo. quedotto, in cui l’acqua scorre a pelo libero;
dalle falde inclinate della copertura del por- La quantità d’acqua immagazzinata nei
tico. Il prelievo dell’acqua avveniva general- serbatoi, come avviene ancora oggi, costitui-
mente dall’alto, attraverso “pozzi”, aperture sce il surplus tra l’acqua in entrata proveniente 2 In epoca moderna, ad esempio, un aumento dei
poste sulla volta della cisterna e protette da consumi è riscontrabile nelle ore del mattino e della
un puteale (vera), frequentemente realizzato sera, orari in cui la richiesta è notevolmente maggiore.
in marmo, che divenne nel tempo un elemen- 1 Per un approfondimento sulle macchine idrauli- 3 Lanciani si riferisce a queste strutture con il
to di decorazione degli ambienti. Per sollevare che operatrici si veda Barbaresi 2011. termine “piscina pensile” (Lanciani 1880, p. 60).
Figura 4 – Botte di Termini, serbatoio delle Terme di Diocleziano, autore: Anonimo di Destailleur, seconda metà del XVI secolo. Nel riquadro rosso la camera di manovra (Lombardi, Santucci 2015)
Esempi di questo tipo di castella sono e indirizzati all’impianto di distribuzione, con in cui avveniva la gestione dei flussi idrici
presenti nei grandi complessi termali. Le Ter- lo scopo di rifornire d’acqua tutte le utenze, diretti all’edificio termale. Questa si trova
me di Traiano, quelle di Diocleziano e quelle tra cui vasche, piscine, fontane e giardini. Un esattamente in corrispondenza dell’asse cen-
di Caracalla, erano dotate di grandi serbatoi disegno della seconda metà del Cinquecento trale del complesso, da qui avevano origine
collocati in prossimità del perimetro esterno di autore anonimo mostra il serbatoio delle le grandi gallerie adduttrici sotterranee, dove
delle terme, la cui capacità poteva variare Terme di Diocleziano, la c.d. Botte di Termini erano alloggiate le fistule principali, da cui si
dai 6000 ai 10000 metri cubi. I flussi idrici in (Fig. 4). Sul lato destro del disegno è visibi- diramavano i percorsi secondari, sempre sot-
uscita dai serbatoi venivano gestiti in locali le un piccolo ambiente, dotato di scale, che terranei, che raggiungevano e permettevano
tecnici, anche definiti “camere di manovra”, permetteva l’accesso al grande serbatoio e l’alimentazione di ogni ambiente delle terme.
All’interno del castellum erano presenti
inoltre diversi sistemi di regolazione dei flussi
idrici, tra cui le valvole (chiavi o rubinetti) in-
serite nel circuito idrico e saldate alle tubazioni
di piombo (Fig. 5), che consentivano l’apertura
e chiusura del flusso secondo le necessità delle
utenze. Queste chiavi di regolazione dovevano
essere facilmente raggiungibili, per questo
erano alloggiate in locali posti immediatamen-
te a ridosso dei grandi serbatoi di accumulo
(Fig. 6). L’accesso a questi locali tecnici era
protetto e riservato al solo personale addetto,
in quanto solo tecnici esperti potevano ricoprire
Figura 5 – Valvole in bronzo. A sinistra valvola in bronzo di grande diametro rinvenuta a Ostia Antica nelle Terme dei
Nettuno, ancora saldata alla fistula in piombo (Fassitelli 1972). A destra valvola in bronzo rinvenuta a Pompei (Ciarallo, tali mansioni, sapendo quando e in che misura
De Carolis 1999) regolare i flussi per ottenere la quantità d’ac-
qua desiderata. In questo modo si evitavano Tabella 1 – In tabella sono riportati i dati estratti dal De Aquaeductu Urbis Romae di Frontino,
anche manomissioni al sistema idrico e inde- della fine del I sec. d.C.
bite alterazioni dei flussi, oltre a proteggere Acquedotto Lacus Munera Castella
tubazioni e valvole da eventuali furti. Aqua Appia 92 1 20
Alcuni castella erano sprovvisti di camere Anio Vetus 94 9 35
“di raccolta” in cui era convogliata l’acqua, e Aqua Marcia 113 12 51
assolvevano la loro funzione di regolazione e Aqua Tepula 13 - 14
ripartizione con un impianto costituito esclusi- Aqua Julia 28 3 17
vamente da elementi in piombo. Un esempio è Aqua Virgo 25 2 18
il c.d. Bottino di Termini presso Porta Viminalis,
Aqua Alsietina - - -
una struttura cilindrica in blocchi di travertino
Aqua Claudia e Anio Novus 226 12 92
e pietra gabina caratterizzata da tre aperture:
una per la fistula di entrata, e sul lato opposto Totale 591 39 247
due per le fistule in uscita (Fig. 7). All’interno
del Bottino un sistema di ripartizione metallico gli impianti idrici. Nonostante ciò, la presenza essere in proporzione notevolmente maggiore.
permetteva la suddivisione del flusso, attra- di tracce lasciate dall’asportazione di questi Un’altra fonte interessante ci giunge dai
verso un giunto ad “Y” oppure grazie a una elementi, permette di ricostruire con buona ap- c.d. Cataloghi Regionari10, in cui non vengono
cassetta di distribuzione. La presenza di una prossimazione i sistemi idraulici e di compren- riportati dati relativi ai castella, ma in quanto
porta di accesso lascia ipotizzare che al suo dere la tecnologia con cui essi furono realizzati. forniscono ulteriori dati sulle utenze cittadine
interno fossero predisposte anche valvole di (Tab. 2). Negli elenchi dei Cataloghi Regiona-
regolazione, facilmente raggiungibili dal per- FONTI STORICHE ri vengono presi in considerazione le fontane
sonale addetto. Anche in questo caso quindi la Nei testi latini abbiamo notizie sui castel- (i lacus, che probabilmente comprendevano
struttura ospitava un castellum, con impianto la aquae da Vitruvio, Plinio e Frontino8. Sesto anche i munera) e i balnea (non elencati da
di ripartizione e regolazione dell’acqua7. Giulio Frontino ricoprì la carica di curator aqua- Frontino). Una osservazione può scaturire con-
Ogni utenza finale, tra cui fontane, ninfei, rum nel 97 d.C., nella sua opera De Aquaeduc-
botteghe, fulloniche, case private, edifici pub- tu Urbis Romae fornisce importanti dati sullo
blici ecc., era alimentata da fistule in piombo stato dell’approvvigionamento idrico di Roma, 9 Il valore in litri al secondo è stato calcolato in
sulla quale erano presenti sistema di regola- che consentono di capire come funzionasse la base al fattore di conversione calcolato da Di Fenizio,
zione costituiti da valvole di bronzo, saldate distribuzione dell’acqua nell’urbe alla fine del secondo il quale una quinaria equivale a 41,5 metri
alle tubazioni. Il numero di questi elementi primo secolo d.C.. Egli prese in considerazione cubi al giorno, pari a 0,48 litri al secondo (da ultimo
doveva essere elevatissimo in una città come solo nove degli undici acquedotti che alimen- Pace 1983, pp. 61-65).
Roma, ma gli esempi rinvenuti sono scarsi, a tavano la città, poiché gli ultimi due, il Traiano 10 I cosiddetti Cataloghi Regionari sono due tra-
causa delle continue asportazioni per il riuso e l’Alessandrino, non erano ancora stati costru- scrizioni di un unico documento, redatte nel IV secolo
d.C., in cui si elencano i principali monumenti pre-
dei metalli, al punto da rendere oggi ancora
senti nelle 14 regioni augustee. Il primo catalogo, il
più complessa la ricostruzione dei percorsi de- Curiosum urbis Romae regionum XIIII, è stato scritto
8 Vitruvio, De Architectura, libro VIII, 6, 1; del 15 dopo il 334 d.C.; il secondo, forse posteriore, di cui
a.C. circa. Plinio, Naturalis Historia, XXXVI, 121; del non è noto il titolo e conosciuto come Notitia urbis
7 Cfr. Gautier di Confiengo 2007, pp. 228-231 e 78 d.C.. Frontino, De Aquaeductu Urbis Romae, LXXX, Romae, è databile dopo il 357 d.C.. Le due versioni
Lanciani 1880, p. 307. 2 e LXXVIII, 3; fine I sec. d.C.. sono caratterizzate da alcune differenze.
frontando il numero di lacus e munera, presenti Terme di Diocleziano12, le Terme di Caracalla13, Frontino, De Aquaeductu Urbis Romae.
a Roma verso la fine del I secolo d.C. e indicati con i relativi serbatoi e locali tecnici; numerosi Gautier Di Confiengo E. (2007), Il quartiere di Porta
da Frontino, pari a 630 elementi, con gli oltre impianti termali tra cui quelli di Ostia Anti- Viminalis. Un contributo alla carta archeologica
dell’Esquilino, in BCom CVIII (2007), pp. 228-231.
1200 lacus dei Cataloghi Regionari, presenti a ca; strutture idrauliche tra cui i c.d. Trofei di
Lanciani R. (1880), Topografia di Roma antica. I co-
Roma verso la metà del IV secolo d.C. Se il nu- Mario14, il Bottino di Termini, il castellum dei mentarii di Frontino intorno le acque e gli aque-
mero di utenze è aumentato vertiginosamente Mercati Traianei, la Terrazza Domizianea15, il dotti. Silloge epigrafica aquaria, Roma 1880.
tra il I e il IV secolo, altrettanto deve essere Colosseo16. È da sottolineare inoltre la gran- Lombardi L., Corazza A. (1995), Le Terme di Cara-
accaduto per il numero dei castella. de capacità dei progettisti romani nella rea- calla, Roma 1995.
lizzazione di strutture messe in opera per la Lombardi L., Corazza A. (2007), Gli impianti tecnici
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE gestione di complessi sistemi idraulici, carat- delle Terme di Caracalla, in Studi Romani, anno
In epoca moderna il termine castellum è terizzati da un’elevata funzionalità tecnica, a LV, nn. 3-4, Luglio-Dicembre 2007, pp. 339-354.
Lombardi L., Corazza A. (2002), L’impianto idraulico
stato frequentemente tradotto con serbatoio, tal punto che i moderni sistemi di distribuzione
del Colosseo, in Rea R. (a cura di) Rota Colisei,
ma come descritto poc’anzi nella definizione idrica prevedono la presenza di strutture con 2002, pp. 46-65.
di queste strutture, tale traduzione dal punto analoghe funzioni. I castella aquae del passa- Lombardi L., Coates-Stephens R., Barbieri M. (2005),
di vista idraulico non è corretta e ha contribu- to sono oggi i moderni partitori, organismi per L’acquedotto Antoniniano: l’alimentazione idri-
ito a generare confusione, in quanto associa la gestione e ripartizione delle acque. ca delle Terme di Caracalla, in In Binos Actus
la funzione di accumulo, propria dei serbatoi, Lumina, anno II, a cura di Riera I., Sarzana 2005,
ai castella, la cui funzione primaria è invece RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI pp. 211-216.
quella di ripartizione e regolazione dei flussi11. AA. VV. (1986), Il trionfo dell’Acqua. Acque e Ac- Lombardi L., Santucci E. (2015), Gli impianti tecnici delle
quedotti a Roma, IV sec a. C. - XX sec. (catalogo Terme di Diocleziano, in Friggeri R., Magnani Cianetti
Nonostante le numerose fonti che riporta-
della mostra), Roma 1986. M. (a cura di), Le Terme di Diocleziano. La Certosa di
no un elevato numero di castella presenti a Santa Maria degli Angeli, Milano 2015, pp. 76-103.
Barbaresi L. A. (2011), Progettazione ed evoluzio-
Roma, attualmente le strutture in cui è possi- ne delle macchine nell’antica Roma. Macchine Pace P. (1983), Acquedotti di Roma e il De aquae-
bile riconoscerne la presenza sono poche, e le idrauliche operatrici, Roma 2011. ductu di Frontino, Roma 1983.
tracce ancora esistenti sono spesso di diffici- Bianchi E., Santucci E., Antognoli L. (2015), Il si- Pace P. (1986), Tecniche di conduzione e distribu-
le lettura. Le osservazioni sul funzionamento stema idraulico della Terrazza Domizianea alla zione dell’acqua in epoca romana, in Il trionfo
delle strutture descritte provengono da studi luce delle nuove esplorazioni, in Bull Com, CXVI, dell’Acqua. Acque e Acquedotti a Roma, IV sec
condotti su numerosi monumenti romani, 2015, pp. 141-158. a. C. - XX sec. (catalogo della mostra), Roma
Ciarallo A., De Carolis E. (1999), Homo Faber. 1986, pp. 138-151.
effettuati proprio allo scopo di comprendere
Natura, scienza e tecnica nell’antica Pompei Pisani Sartorio G., Lombardi L., Rossi Zambotti H.
i sistemi idraulici per la distribuzione e lo (catalogo della mostra), Milano 1999. (2011), I ‘Trofei di Mario’, mostra dell’Aqua
smaltimento dell’acqua, tra cui i grandi com- Del Chicca F. (2004), Frontino. De Aquae Ductu Claudia-Anio Novus: il percorso dell’acqua, in
plessi termali imperiali, le Terme di Traiano, le Urbis Romae. Introduzione, testo critico, tradu- Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., vol. LXXXIII 2010-
zione e commento, Roma 2004. 2011, pp. 59-89.
Dessales H. (2013), Le partage de l’eau. Fontaines et Tedeschi Grisanti G. (1986), I terminali degli acque-
distribution hydraulique dans l’habitat urbain de dotti, in Il trionfo dell’Acqua. Acque e Acquedotti
11 Nel testo di Frontino strutture con funzione di ac- l’Italie romaine, Ecole Francaise de Rome 2013. a Roma, IV sec a. C. - XX sec. (catalogo della
cumulo sono indicate con i termini piscina, recepta- Fassitelli E. (1972), Tubi e valvole dell’antica Roma, mostra), Roma 1986, pp.151-155.
culum e conceptaculum. Inoltre, il termine castellum, Milano 1972. Tölle-Kastenbein R. (1993), Archeologia dell’acqua.
diminutivo di castrum, ha in sé il significato di luogo La cultura idraulica nel mondo classico, Milano
chiuso, inaccessibile, protetto, fortificato. Aggettivi che 1993, rist. Milano 2005.
ben si attribuiscono a una struttura idraulica di ser- 12 Cfr. Lombardi, Santucci 2015. Vitruvio, De Architectura.
vizio protetta, con funzione di controllo della fornitura 13 Cfr. Lombardi, Corazza 1995. Wilson A. (2007), The castra of Frontinus, in Res
idrica, accessibile soltanto a personale autorizzato. Per
14 Cfr. Pisani Sartorio, Lombardi, Rossi Zambotti 2011.
Bene Gestae. Ricerche di storia urbana su Roma
una disamina sul termine castra utilizzato da Frontino antica in onore di Eva Margherita Steinby, LTUR
e l’ipotesi che questo possa essere interpretato come 15 Cfr. Bianchi, Santucci, Antognoli 2015. Suppl. IV, a cura di D. Palombi, S. Walker, A.
strutture idriche si veda da ultimo Wilson 2007. 16 Cfr. Lombardi, Corazza 2002. Leone, Roma 2007, pp. 439-444.
L
a villa del Naniglio (II-III sec. d.C.) è cuni dei quali pavimentati a mosaico (Fig. 2). tempo costituiscono il contenimento del retro-
un’articolata e complessa costruzio- Nei primi mesi del 2016 i lavori di messa in stante terreno della collina, creando una serie
ne su terrazzamenti disposti lungo il sicurezza della cisterna seminterrata hanno di terrazzamenti (ne sono stati individuati al-
fianco della collina che si affaccia sul dato avvio ad alcuni saggi esplorativi, non meno quattro) accompagnati da un articolato
lato orientale della vallata del Torbido1, già in ancora completati. impianto di canalizzazione per la raccolta e lo
antico naturale percorso di comunicazione tra Il complesso monumentale è stato esplo- smaltimento delle acque, al centro del quale
il mar Jonio e il Tirreno gravitante nel territorio rato soltanto in minima parte e non è ancora si trova la grande cisterna seminterrata, il co-
della polis di Locri Epizefiri (Fig. 1). possibile determinarne l’esatta estensione3. siddetto Naniglio (forse dal termine dialettale
Evidenze archeologiche di vario tipo sono nanigghiu, che deriva dal greco anelios, cioè
note per un’area di circa 2 ettari. I recenti senza sole) da cui l’intero complesso prende
scavi della Soprintendenza calabrese hanno il nome.
Figura 1 – La Locride in età Romana Figura 2 – Complesso del Naniglio di Gioiosa Jonica (RC). Planimetria del settore ovest (Rilievo dott. M. Brizzi – D. Vivace)
L’area fu esplorata per la prima volta tra portato nuovi dati, in corso di elaborazione, La cisterna sotterranea è stata da sem-
il 1984 e il 1988 dall’Università di Napoli, che hanno evidenziato la necessità di una pre più o meno nota (de Franciscis 1988, p.
sotto la direzione di A. de Franciscis, con una completa revisione di alcune delle ipotesi 15 ss.), ma è stata completamente svuotata
serie di limitati saggi in più punti diversi del avanzate dai primi editori sia sulla tipologia solamente negli anni ’70 (Foti 1973). Il suo
complesso monumentale. La Soprintendenza planimetrica della villa, sia sulle funzioni de- interno, negli anni recenti, è stata sottopo-
Archeologica della Calabria2 ha ripreso le in- gli edifici che la compongono. sto soltanto ad un lavoro di pulizia, poiché
dagini nel 2010-2011, occupandosi del set- La villa, forse al centro di un insediamen- il suo stato di conservazione rende necessari
tore Nord-Occidentale dell’area, dove è stata to più ampio, venne realizzata a partire dal II interventi di messa in sicurezza e conservativi
portata alla luce un’ala della residenza, con secolo d.C., continuando a vivere fino al IV mirati, preliminari a qualsiasi altra attività.
una serie di ambienti posti su più livelli, al- secolo d.C. Materiali di V-VI secolo e oltre, Nonostante sia conosciuta da tempo, la
rinvenuti negli strati più superficiali, prova- cisterna non è mai stata oggetto di uno studio
1 de Franciscis 1988; Castiglione Morelli et alii no che l’area continuò ad essere abitata, con sistematico. In questa sede si presenteranno
1988, pp. 57-128; Grillo 2010, pp. 73-74; Agostino; modalità differenti, anche dopo la fine della in maniera preliminare e sintetica i dati finora
Grillo 2013, pp. 461-472. vita della grande residenza. raccolti relativi alle testimonianze idrauliche
2 I lavori 2010-2011 sono stati condotti sul terre- La villa (Fig. 2) è realizzata mediante un identificabili, ben consapevoli delle ancora
no da E. Grillo, sotto la direzione della dott. R. Ago- articolato sistema di strutture in opera mi- numerose lacune nella conoscenza di questo
stino; quelli del 2016, diretti dal dott. A. Ruga, sono sta, fortemente scenografico, che disegnano straordinario monumento la cui esplorazione,
stati condotti sul terreno da R. Eliodoro e R. Consoli. ambienti di diversa planimetria e nello stesso in particolare quella della parte esterna e di
circa 20 cm, che percorre l’intera parete dal formata da due semipilastri modanati su base
pavimento al soffitto, destinato a contenere a doppio toro, sormontati da un architrave e
una tubazione, asportata già in antico (Fig. 7). una cornice decorata con ovuli e dentelli (Fig.
Nella camera B fuoriusciva una tubatura 9). Si tratta del prospetto architettonico per
Figura 7 – La camera C con l’incasso quadrangolare per dal grande serbatoio A (Fig. 8, n. 1), di cui resta una fontana, alimentata dall’alto attraverso
tubatura evidente l’impronta in corrispondenza dell’at- da una tubazione non più conservata ma di
Nord-Sud, con spallette in laterizio, piano di impermeabile, e fistulae plumbee” portata Il frammento di fistula reca il bollo
scorrimento in tegole e copertura ‘alla cap- alla luce negli scavi degli anni ’80 nell’area QQ·CELE·ET·MAX. Nel bollo si sono letti i nomi
puccina’. Questa canaletta correva al di sot- orientale del complesso, oggi non più visibile Quinto Celere e Quinto Massimo, espressi se-
to del piano pavimentale degli ambienti con perché rinterrata a conclusione dello scavo. condo una formula comune sulle fistule aqua-
mosaico dell’ala occidentale della villa. Non A. de Franciscis (1988, pp. 20-21), che si riae per indicare i membri della stessa famiglia
è possibile conoscerne il punto di origine, né limita alla breve descrizione qui trascritta titolari della concessione che consentiva l’ero-
la sua funzione, se fosse cioè lo scarico di un senza aggiungere altri dati, la identifica con gazione dell’acqua all’interno del fondo di loro
collettore d’acqua oppure di una latrina. un “apprestamento per la produzione di ma- proprietà (Castiglione Morelli 1988, p. 93). La
Allo stato attuale delle indagini non è teriale fittile”, ma alla luce di quanto emerso testimonianza è quanto mai importante perché
possibile stabilire la cronologia assoluta per dalle indagini recenti sorge il dubbio che pos- oltre a documentare la tipologia delle condotte
la realizzazione della cisterna sotterranea del sa invece trattarsi di un elemento funzionale idrauliche riporta i nomi di quelli che potrebbe-
Naniglio, non avendo dati di scavo ad essa all’impianto idrico della villa. ro essere due esponenti della famiglia che tra il
relativi e non potendo verificare i rapporti Nonostante siano ancora molti i pun- II e il III secolo a.C. costruì, ampliò e visse nel
fisici esistenti tra la cisterna e le strutture ti oscuri, il sistema idraulico della Villa del complesso monumentale del Naniglio.
circostanti, in particolare il rapporto con la Naniglio rivela una progettualità accurata ed
‘grande canalizzazione Est-Ovest’. Tuttavia, unitaria, in cui tutti gli elementi si incastrano BIBLIOGRAFIA
la tecnica costruttiva impiegata (nucleo in perfettamente con l’intero articolato sistema Agostino, Grillo 2013 = Agostino R., Grillo E., I
concreto con mazzette di laterizi nei punti costruttivo del complesso monumentale, con- pavimenti musivi del Complesso del Naniglio
più sollecitati), la relazione funzionale con la cepito e realizzato in modo unitario. di Gioiosa jonica (RC), Atti del XVIII Colloquio
grande canalizzazione sopra citata e il suo Nell’accurato progetto molta importanza dell’AISCOM - Associazione Italiana per lo Stu-
coerente rapporto con il sistema di sostruzio- è stata attribuita agli impianti tecnici, fon- dio e la Conservazione del Mosaico - (Cremona,
14-17 marzo 2012), Tivoli 2013, pp. 461-472.
ni che costituiscono l’ossatura edilizia della damentali per la sopravvivenza dell’intera Castiglione Morelli 1988 = Castiglione Morelli V.,
villa inducono a porre la costruzione della ci- struttura, determinando scelte architettoniche I bolli, in De Franciscis A., La villa romana del
sterna in un momento non distante da quello condizionate dalla posizione sul declivio e dal- Naniglio di Gioiosa Ionica, Bibliopolis, Napoli
della realizzazione di tali strutture, intorno la necessità da un lato di contenere il terreno 1988, pp. 89-94.
alla metà del II secolo d.C. sabbioso della collina, dall’altro raccogliere e Castiglione Morelli et alii 1988 = Castiglione Morelli
Impossibile invece stabilire il momento convogliare le acque reflue, bonificando il suolo V. et alii, Nuovi contributi allo studio della villa
della sua dismissione e delle modifiche ap- altrimenti franoso e non disperdendo un bene romana del Naniglio di Gioiosa Ionica, Klearchos
117-120 (1988), pp. 57-128.
portate alla struttura, che continuò probabil- prezioso per la vita della grande residenza e
De Franciscis 1988 = De Franciscis A., La villa ro-
mente a rimanere in vista per tutta l’antichità della sua parte produttiva. Nello stesso tem- mana del Naniglio di Gioiosa Ionica, Bibliopolis,
e oltre, alimentando anche leggende sulla sua po, fondamentale era il sistema di smaltimento Napoli (1988).
funzione: tempio del Sole, Mitreo, luogo di cul- delle acque di scarico e dei liquami, di cui per il Foti 1973 = Foti G., Attività della Soprintendenza
to delle Ninfe etc. (Tessuto 1988, pp. 29-35). momento si riescono a scorgere soltanto pochi alle Antichità della Calabria nel 1973, Klear-
La cisterna del Naniglio si va ad aggiun- elementi tutti da verificare. chos, XV (1973), p. 120.
gere alla documentazione già conosciuta di In un organismo così articolato numerose Gallo 1988 = Gallo A., Tipologia e cronologia delle
dispositivi seminterrati di raccolta e redistri- dovevano essere le tubature, in terracotta e strutture murarie, in De Franciscis A., La villa ro-
mana del Naniglio di Gioiosa Ionica, Bibliopolis,
buzione dell’acqua nelle villae suburbane. in piombo, che consentivano la distribuzione
Napoli 1988, pp. 43-51.
In Calabria se ne conosce almeno un altro capillare dell’acqua nei diversi settori della Grillo 2010 = Grillo E., Locri in età romana e tar-
esempio, quello della Villa Romana di Papa- residenza. do antica, in F. Mazza (a cura di), Siderno e la
glionti, presso Vibo Valentia (Strano 2006). La Di esse ci resta un documento partico- Locride. Storia, cultura, economia, Rubettino,
sua dimensione lascia supporre che servisse larmente significativo, cioè un frammento di Soveria Mannelli 2010, pp. 65-77.
per i bisogni idrici della sola residenza, con fistula in piombo, lungo circa 90 cm e largo Russo 1988 = Russo D., Le strutture murarie, in DE
l’accumulo dell’acqua nelle stagioni piovose circa 20 (Fig. 14), rinvenuto in maniera fortu- Franciscis A., La villa romana del Naniglio di Gio-
e il suo consumo in quelle più asciutte. Non ita nella zona orientale della villa, dove si tro- iosa Ionica, Bibliopolis, Napoli 1988, pp. 37-42.
Strano 2006 = Strano S., Indagini preliminari sulla
è possibile escludere che esistessero altri vano avanzi di strutture, mai compiutamente
villa romana di Papaglionti presso Vibo Valen-
bacini di raccolta, dislocati in altre zone del- esplorate, che in letteratura sono state defi- tia, Polis II, 2 (2006) pp. 287-293
la vasta area; a questo proposito andrebbe nite “Terme” (de Franciscis 1988, p. 20) per la Tessuto 1988 = Tessuto F., Storia degli studi, in De
forse riconsiderata la “vasca con volta a presenza di ambienti absidati, frequenti negli Franciscis A., La villa romana del Naniglio di Gio-
botte, pareti e pavimenti rivestiti di intonaco edifici termali. iosa Ionica, Bibliopolis, Napoli 1988, pp. 27-35.
settlements on the west border of the murgian (1) Dipartimento delle Culture Europee e del
Mediterraneo – Università degli Studi della
plateau (Southern Italy) Basilicata, Matera, Italia
(2) Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale,
Parole chiave (key words): insediamenti umani, risorsa idrica, sorgenti, opere di captazione, qanat del Territorio, Edile e di Chimica – Politecnico di
(human settlements), (water resource), (springs), (water intakes), (qanats) Bari, Bari, Italia
(3) Associazione Gravina Sotterranea, Gravina in
Puglia, Bari, Italia
ABSTRACT ci restituisce oggi opere, in molti casi ancora Lo sviluppo spaziale delle opere di capta-
Lungo la fascia di bordo tra l’altopiano funzionanti ed in altri casi da riabilitare, nel zione, trasporto ed accumulo è stato inizial-
della Murgia ad Est e la fossa Bradanica ad segno di una cultura dell’acqua non superata mente modesto, sino ad arrivare a captazioni
Ovest, confine tra le regioni Puglia e Basilica- e da tramandare. e ad acquedotti sempre più estesi, per l’ap-
ta, l’evoluzione millenaria degli insediamenti Il territorio in esame è contraddistinto da provvigionamento di centri urbani collocatisi
umani e della civilizzazione risulta condizio- due domini idrologici opposti che si fronteg- lungo il succitato bordo. In tal modo, tali in-
nata dalla disponibilità della risorsa idrica e giano: la Murgia, permeabile ed a ruscella- sediamenti venivano riforniti di risorsa idrica
procede di pari passo con l’evoluzione della mento praticamente nullo; il bordo Est della di buona qualità e con disponibilità durevole
cultura dell’acqua. Le tecniche sviluppate fossa Bradanica, con versanti argillosi ad nel tempo e non occasionale, come quelle
evidenziano una peculiare conoscenza del assorbimento nullo e scorrimento pressoché basate sulla raccolta delle acque piovane.
territorio associata ad una attenta cultura integrale, localmente sormontati da terrazzi Le tecniche sviluppate evidenziano una pe-
dell’acqua, non solo in termini tecnologici marini residui di varia estensione, costituiti culiare conoscenza del territorio associata ad
ma anche di gestione della risorsa. Il percorso da terreni a granulometria grossolana, in gra- una attenta cultura dell’acqua, non solo in
evolutivo non è stato strettamente sequenzia- do di formare acquiferi, talvolta interessanti. termini tecnologici ma anche di gestione della
le e sincrono nei diversi punti del territorio; in
ogni caso ci restituisce oggi opere, in molti
casi ancora funzionanti ed in altri casi da ri-
abilitare, nel segno di una cultura dell’acqua
non superata e da tramandare.
INTRODUZIONE
Lungo la fascia di bordo tra l’altopiano
della Murgia ad Est e la fossa Bradanica ad
Ovest, confine tra le regioni Puglia e Basilica-
ta, l’evoluzione millenaria degli insediamenti
umani e della civilizzazione risulta condizio-
nata dalla disponibilità della risorsa idrica e
procede di pari passo con l’evoluzione della
cultura dell’acqua.
Quando questa si è arricchita di apporti
da culture anche molto lontane, si assiste alla
transizione dello sviluppo degli insediamenti
verso localizzazioni meno favorevoli dal pun-
to di vista della disponibilità idrica, ma più
convenienti sotto altri aspetti, quali quelli
difensivi o di vicinanza alle direttrici di co-
municazione e commerciali. In particolare, le
capacità di immagazzinamento e di trasporto
della risorsa idrica portano a cercare la stessa
dove è quantitativamente idonea, perenne e
di buona qualità.
Il percorso evolutivo qui sintetizzato non
è stato strettamente sequenziale e sincrono Figura 1 – Carta geologica dell’area di studio: 1, Complesso carbonatico, 2, Unità terrazzate della Fossa Bradanica; 3,
nei diversi punti del territorio; in ogni caso Coperture fluvio-lacustri
3. I CASI DI STUDIO
Le captazioni delle acque sotterranee
descritte nel presente lavoro avvengono in
prossimità del contatto stratigrafico sul tetto
delle argille, ed assicurano alimentazione ai
sistemi idrici locali, sui quali le comunità bi-
lanciano i propri consumi.
Figura 13 – Andamento planimetrico dei tre acquedotti di Gravina in Puglia (modificato da Bruno et al. 2008)
INTRODUZIONE L’alta densità di tali opere nel territorio etru- tolata significativamente Gli Etruschi maestri
Le aree tufacee dell’Etruria meridiona- sco è quindi da collegarsi alle caratteristiche di idraulica (Bergamini 1991). Oltre alle messe
le, com’è noto, sono molto ricche di opere geologico-fisiche delle rocce presenti, che a punto generali (Cascianelli 1991) e agli studi
idrauliche quali ponti, tunnel e cunicoli per hanno permesso lo sviluppo di tecniche al- comparativi (Angelakis, de Feo, Laureano, Zou-
il drenaggio e il trasporto delle acque. La trove difficili da realizzare. rou 2013), non sono mancati contributi sulle
lunghezza complessiva di tali opere supera In questo contesto favorevole per la ricerca, singole realtà territoriali e pregevoli analisi di
le centinaia di kilometri. Il tufo è la roccia gli studi sulle opere idrauliche etrusche hanno dettaglio: i casi-studio meglio noti sono Veio
ideale per lo scavo di tunnel: da un lato si registrato una vera e propria impennata d’in- (Judson, Kahane 1963; Ward-Perkins 1963;
scava facilmente, dall’altro è molto spesso in teresse, soprattutto dopo la pregevole opera Damiani 2015), Orvieto (Bizzarri 2007) – e in
grado di sopportare pareti verticali molto alte. collettiva pubblicata a Perugia nel 1991, inti- generale tutto il distretto umbro-etrusco – e
l’Etruria padana (AA.VV. 1991).
In questa sede prenderemo in considera-
zione il caso di Cerveteri, su cui il CNR ISMA
opera da quasi mezzo secolo con scavi e rico-
gnizioni (V. B.).
Figura 3 – Cerveteri, Fosso del Manganello: ingresso della sorgente individuata nel 1878 Figura 4 – Cerveteri, località Vigna Parrocchiale: canale di scolo con pozzetto di ispezione
(Foto V. Bellelli) (Foto V. Bellelli)
interventi di realizzazione delle infrastrutture scavati nel tufo, con pareti intonacate e sca- raccolta, all’impiego e/o eventualmente allo
idrauliche nei territori municipali (Schneider le laterali di accesso; 2) pozzi cilindrici con smaltimento dell’acqua in aree deputate ad
2014). Nel caso in questione si trattava pedarole sfalsate, in grado di raggiungere uso abitativo, pubblico o anche artigianale. Il
probabilmente di un acquedotto senza notevoli profondità, fino a 15-20 metri e, in sistema, come si è accennato, doveva essere
sopraelevazioni, realizzato esclusivamente in casi particolari, anche 30-40 metri; 3) canali capillare: G. Nardi ha censito, per la sola area
condotta sotterranea, di cui il cippo segnava il di scolo costruiti in blocchi di tufo, talvolta urbana, 180 cisterne, un centinaio di cunicoli
quarto termine dal luogo dove l’acqua veniva di grandi dimensioni e provvisti di lastre di e circa 90 pozzi (Nardi 2005, p. 186).
captata. Data la modesta distanza dalla chiusura e pozzetti di ispezione e manuten- Per motivi di ordine pratico, queste strut-
sorgente segnalata nell’iscrizione (circa 300 zione, come quello portato alla luce in località ture si concentravano, più che altrove, lungo
metri), se il cippo proveniva effettivamente Vigna Parrocchiale (Fig. 4). Tutte queste strut- i margini della rupe urbana. Si tratta di cu-
dai pressi della città, come sembra probabile, ture, a seconda dei casi, erano funzionali alla nicoli, pozzi e cisterne, oggi in parte non più
se ne potrebbe dedurre, come puntualmente localizzabili e/o accessibili perché ingombri
si è fatto (Papi 2000, p. 28), che l’acqua fosse di detriti. A causa del dissesto idrogeologico
captata direttamente da uno dei due Fossi che che caratterizza tutti i versanti del pianoro,
lambiscono la città, forse proprio da quello del molto si è perduto di queste strutture, come
Manganello. In alternativa, si deve pensare conferma in modo spettacolare il pozzo cilin-
che l’iscrizione menzionante l’intervento drico con pedarole (Fig. 5) posto nell’area del
di Augusto sia di riferire all’acquedotto tiro al piattello, ai limiti dell’abitato moderno,
(etrusco)-romano esplorato dagli speleologi che oggi appare tagliato a metà dal crollo del-
in località Macchia della Signora, che portava la parete tufacea, interessata da attività mo-
l’acqua verso Alsium/Ladispoli (Bambini, derne di cava (Nardi 1986, p. 19, tav. XIV, 2).
Campagnoli, Campagnoli, Cappa 2007). La più spettacolare delle strutture idriche
Per quanto riguarda l’ambito urbano documentate a Cerveteri e risalenti ad epo-
vero e proprio, esso appare caratterizzato ca etrusca, in ogni caso, è quella esplorata
dalla presenza capillare di opere idrauliche dal CNR negli anni ’80 del secolo scorso,
su tutta la superficie del pianoro. Quelle do- in località Valle Zuccara (Nardi 1988) (Fig.
cumentate meglio sono essenzialmente di tre 6). Nei pressi del sito sorgeva, non a caso,
tipi: 1) le cisterne disseminate in tutta l’area l’omonimo santuario fontile scavato dalla
urbana, compresa la zona, poco nota, dell’a- Soprintendenza archeologica nel 1923-1924,
cropoli (coincidente con il centro medievale che recentemente Mario Torelli ha messo in
della cittadina moderna), che spesso si pre- Figura 5 – Cerveteri, margini dell’area urbana: pozzo relazione – per gli aspetti del culto – con il
sentano sotto forma di ambienti sotterranei etrusco con pedarole (Foto V. Bellelli) complesso romano di Anna Perenna portato
Figura 6 – Cerveteri, pianta delle opere idrauliche in località Valle Zuccara (da Nardi 1988)
alla luce presso l’Auditorium (Torelli 2009, pp. prendere come gli abitanti della zona ge propagazione di un campo elettromagnetico
122-125). Il complesso ceretano, la cui esi- stivano il problema dell’acqua. Dalla carta noto e sullo studio delle riflessioni/rifrazioni
stenza è stata rivelata casualmente da una di distribuzione pubblicata in Judson, che l’impulso inviato nel sottosuolo subi-
frana, si è rivelato così composto: un vasto Kahane 1963 risulta che l’area di Cerveteri sce durante la propagazione. Il metodo delle
ambiente rettangolare intonacato, sotterra- avrebbe, rispetto a Veio e ai Colli Albani, una tomografie elettriche di resistività, si basa
neo, posto 25 metri sotto il ciglio della rupe, lunghezza complessiva di opere sotterranee sull’immissione nel terreno di un campo elet-
collegato a un sistema di cunicoli; l’ambiente (densità) trascurabile. Come abbiamo visto, trico a c.c. noto e sulla misura delle variazioni
era alimentato da un lungo cunicolo orien- indagini recenti, cui hanno contribuito oltre della differenza di potenziale nel sottosuolo.
tato in senso NS che presentava, a un certo gli archeologi anche geofisici, speleologi e Queste permettono di ricostruire le variazioni,
punto, una diramazione a ‘Y’. Tale complesso geologi, indicano che tale situazione debba orizzontali e verticali, della resistività, attra-
sistema idrico era sicuramente funzionale essere sostanzialmente rivista. Ciò risulta verso le quali è possibile risalire alla presenza/
alla captazione e alla raccolta di acqua po- tanto più vero se consideriamo la qualità dei assenza dei corpi perturbanti ipotizzati.
tabile e comprendeva accorgimenti pratici e manufatti e la presenza capillare di opere Nel caso di studio dell’area del Manganel-
dispositivi tecnici molto accurati, come salti idrauliche anche nel sottosuolo della città lo, i metodi indicati sono stati impiegati, in
di quota, blocchi di chiusura, piani inclinati e antica, a cominciare proprio dai cunicoli. (V.B.) sovrapposizione, su superfici con diverse di-
rivestimenti a tenuta idraulica (Nardi 1988). mensioni. Le aree investigate con la magneto-
Dall’esempio appena illustrato, emerge LE INDAGINI GEOFISICHE NELL’AREA UR- metria interessano due superfici con dimen-
chiaramente che i cunicoli di Cerveteri, anche BANA sioni rispettivamente di 10 x 30 m e di 30 x 90
se prossimi al ciglio della rupe, potevano ave- La presenza nel sottosuolo ceretano di m; le aree investigate con il metodo georadar
re funzioni di approvvigionamento idrico vero cunicoli e gallerie, nonché la peculiare con- interessano due superfici con dimensioni pari
e proprio, oltre a quella di drenare i terreni centrazione di queste opere idrauliche presso a 34 x 17 m e 95 x 54 m. Infine per acquisire
sovrastanti, uso che in effetti appare più con- le scarpate del pianoro, appare confermata, informazioni sulla variazione verticale della
gruo per situazioni topografiche differenti, in oltre che dalle perlustrazioni dirette, anche dai resistività elettrica, i profili tomografici sono
contesto extraurbano e con presenza di conche primi risultati delle indagini geofisiche con- stati concentrati su una porzione di superfi-
vallive da bonificare. Del resto, il dibattito su dotte a Cerveteri dall’ITABC , in concomitanza cie inferiore rispetto a quanto investigato con
questa materia è ancora molto acceso (Judson, con gli scavi condotti dall’ISMA nel santuario gli altri metodi, in sovrapposizione alla zona
Kahane 1963; Ward-Perkins 1963; Quilici Gigli del Manganello. Le prospezioni condotte fra il caratterizzata dalla presenza di anomalie ri-
1983; Moscati 1985; Ravelli, Howarth 1988; 2014 e quest’anno hanno riguardato l’area conducili alle strutture ipotizzate.
Ravelli, Howarth 1989; Forni 1991, pp. 345- esterna al santuario affacciata sul fosso del Le misure con i singoli metodi sono state
349) e numerosi esempi, relativi sia a Cerve- Manganello, che è stata indagata con tre di- effettuate impiegando i seguenti strumenti:
teri che ad altri contesti territoriali, rimandano versi metodi di prospezione: il magnetometrico gradiometro fluxgate FM256 (Geoscan Res.),
all’esistenza di una pluralità di usi di questi differenziale, il georadar ad alta risoluzione e GPR system SIR3000 equipaggiato con una
manufatti (captazione acqua potabile; drenag- le tomografie elettriche di resistività. Tali me- antenna bistatica da 400 MHz e Syscal Junior
gio terreni umidi; drenaggio urbano; raccolta e todi, come noto (Piro 2009) si basano su prin- Switch 72 con 48 elettrodi per le tomografie di
distribuzione acqua per uso irriguo; gestione di cipi diversi, il magnetometrico è un metodo resistività. Le acquisizioni sono state effettuate
specchi d’acqua ecc.). Tali usi vanno indagati “passivo” e sfrutta le variazioni locali di un lungo profili paralleli, di diversa lunghezza,
caso per caso, prestando attenzione non solo campo di forze potenziale (campo magnetico equispaziati di 0.50 m, con un passo di
alla forma e alle caratteristiche tecnologiche terrestre) dovute alla presenza di corpi pertur- campionamento per le misure elevato (minore
dei manufatti, ma anche alla estensione delle banti posti nel sottosuolo (materiali con diver- di 0.25 m) lungo ogni profilo. Per le tomografie
gallerie e alla posizione topografica delle opere. se caratteristiche magnetiche, resti di struttu- di resistività sono state impiegate due
Appare confermata, in ogni caso, l’im re antropiche, cavità); il georadar appartiene diverse configurazioni elettrodiche, Wenner-
portanza dei cunicoli etruschi per com all’insieme dei metodi “attivi”, si basa sulla Schlumberger e Dipolo-Dipolo (Piro 2009).
Figura 7a – Contour map del gradient della componente Z del CMT. Range -70 (nero), +140 (bianco) nT/m. Le frecce indicano alcune delle anomalie corrispondenti ai muri
Figura 7b – GPR time-slice nell’intervallo in tempi 16-18 ns (nanosecondi), corrispondente alla profondità stimata di 0.90 m. L’anomalia rettilinea che si nota a N-E dell’area investigata,
ha dimensioni 43,50 m in lunghezza e 1.3 m di larghezza (sezione) e può essere interpretata come un cunicolo. Le altre anomalie presenti nella parte centrale e meridionale dell’area
hanno dimensioni medie: 4 x 6 m, 5 x 7 m.
Figura 8 – Esempi di tomografie elettriche di resistività (profili DD1 e DD7) ottenute con dispositivo elettrodico Dipolo – Dipolo; range dei valori 14 (blu) – 570 (rosso) Ohm x m. I nuclei
di anomalie tendenti al rosso scuro sono riconducibili alla presenza del sistema di canalizzazioni sotterraneo
Le misure così ottenute con i diversi metodi, ogni profilo (back ground removal, b.g.r.) sui I risultati finora ottenuti nell’area investigata
sono state elaborate seguendo dei protocolli profili filtrati, vii) calcolo delle time-slices sui confermano l’ipotesi della presenza di strutture
di processing specifici per ogni metodo. Sulle profili dopo il b.g.r (Goodman, Piro 2013). antropiche di varia natura e rappresentano un
misure magnetiche è stata adottata la seguente I profili elaborati sono stati utilizzati valido strumento per progettare ed estendere
sequenza: i) eliminazione dei valori singolari per ricostruire, mediante interpolazione 2D tali indagini all’intero pianoro in studio. (S.P.)
(dovuti a disturbi ambientali superficiali), e 3D, mappe orizzontali a tempi costanti
ii) filtraggio dei dati per eliminare il rumore (profondità costanti) che contengono le LA GALLERIA DI DRENAGGIO NEI PRESSI
ambientale ed eventuali errori strumentali. riflessioni dell’impulso e.m. in corrispondenza DI VIA DEGLI INFERI
I dati elaborati sono stati rappresentati con delle strutture individuate (Fig. 7b). Allargando l’analisi al territorio sub-ur-
una mappa dei valori del gradiente della L’analisi di queste due figure mostra una bano e a quello extraurbano, si presentano di
componente verticale Z del campo magnetico alta correlazione tra le anomalie gradiometriche seguito alcune evidenze ceretane di un certo
terrestre, nel range -70 (nero), +140 (bianco) e le anomalie georadar relativamente alla interesse per il tema trattato, una più pros-
nT/m (Fig. 7a). posizione dei resti di strutture antropiche sima alla città e le altre dislocate a pochi km
Sui profili georadar è stata applicata la (possibili muri). Infine le tomografie elettriche di distanza a nord e a nord-est, nel territorio
seguente sequenza di processing: i) DC drift di resistività, dopo le opportune elaborazioni della metropoli antica, nonché a sud dell’a-
removal sui profili di campagna (rimozione (inversioni tomografiche 2D), presentano bitato etrusco-romano.
di rumore a bassa frequenza dovuto anomalie di resistività nella stessa porzione di Nel primo caso si tratta di una spettaco-
all’accoppiamento antenna-terreno), ii) sottosuolo investigata con il georadar (Fig. 8). lare galleria scavata nel tufo, molto ben con-
conversione 16 bit-16 bit, iii) ricampionamento Alcune delle anomalie di resistività riscontrate servata (Figg. 9-10), posta nel fosso in cui
lungo il profilo, iv) analisi in frequenza dei possono essere ricondotte alla presenza di scorre il torrente Manganello, in direzione per-
profili acquisiti, v) applicazione del filtro passa cunicoli nello spessore di sottosuolo compreso pendicolare al flusso dell’acqua, cioè secondo
banda, vi) sottrazione della traccia media per tra 0.50 e 2.5 m. un asse ONO-ESE. La zona oggi è inghiottita
Figura 9 – Foto satellitare del territorio di Cerveteri con localizzazione del tunnel di Via degli Inferi, di Ponte Vivo e di Ponte Figura 10 – Cerveteri, Fosso del Manganello: tunnel di dre-
Coperto (elaborazione W. Dragoni) naggio presso la Via degli Inferi (Foto V. Bellelli)
IL TERRITORIO: PONTE VIVO, PONTE CO- per utilizzare l’acqua del fiume a scopo irriguo Un’altra opera d’importanza e funzionalità
PERTO E ALTRE INFRASTRUTTURE IDRAU- (Mengarelli 1938, p. 225, tav. XXX, fig. 14). eccezionali è Ponte Coperto (Figg. 15-16).
LICHE Per quanto riguarda invece il territorio Questa opera, come “Ponte Vivo”, rientra
E concludiamo con il territorio extra-urba- posto a nord della città (Fig. 9), l’opera nelle categoria dei cosiddetti “Ponti Sodi”,
no, cominciando dal Fosso della Mola, aperta idraulica più importante è “Ponte Vivo” (Figg. gallerie in cui vengono incanalate le acque di
vallata fluviale posta a sud dell’abitato, in cui 13-14). Questo è costituito da un tunnel lungo un corso d’acqua evitando così la costruzione
scorre il Caeritis Amnis – il fiume ceretano – circa 20 metri, che incanala le acque del di un ponte (cfr. Quilici Gigli 1996). Il tunnel di
ricordato nelle fonti letterarie latine (per es. Fosso del Marmo; al di sopra del tunnel passa Ponte Coperto ha una duplice funzione. Esso
in Verg., Aen. VIII, 597-602). Qui, secondo la la strada che collega Cerveteri con i territori a drena e rende coltivabile, ancora oggi, una
preziosa testimonianza del pioniere dell’ar- Nord Ovest della città, verso Tarquinia e Vulci. valle che prima dello scavo era acquitrinosa.
cheologia ceretana militante – Raniero Men- La città è collegata al ponte da due strade: Inoltre permette che la strada che univa
garelli – gli Etruschi avevano costruito im- una che proviene dalla Porta settentrionale, Caere con Veio superasse il corso d’acqua
ponenti opere idrauliche (“potenti muraglioni l’altra dalla strada proveniente dalla zona regolato dal tunnel stesso. Ponte Coperto,
in opera quadrata con bocche di presa in cui della Necropoli della Banditaccia – Via degli ancora funzionante nel duplice ruolo di opera
in origine erano alloggiate paratie mobili”), Inferi (Nardi 1989, p. 518, nota 8). di bonifica e stradale (su di esso passa
Figura 16 – Ponte Coperto di Cerveteri. Rilievo speditivo (modificato da Bersani, Canalini, Dragoni 2010)
una moderna strada asfaltata percorsa mento e dallo studio preliminare di queste me oggi, questioni strettamente collegate e
normalmente anche da mezzi pesanti), è strutture – realizzato da Giuliana Nardi al- interdipendenti.
frutto di una tecnologia matura e di una cuni anni fa (Nardi 1989) – emerge chiara- Infine, è opportuno ricordare che a un
resilienza stupefacente (Nardi 1989, p. 521; mente che si tratta di interventi coordinati intervento pubblico di regimentazione delle
Bersani, Canalini, Dragoni 2010). (W.D.) di controllo, gestione, e manutenzione del acque nel territorio ceretano, ai confini con
Altri Ponti ‘Sodi’ sono segnalati in tutto territorio, in cui regimentazione delle acque il territorio romano-veiente, si riferisce forse
il territorio extraurbano di Caere: dal censi- e viabilità a scala regionale sono, allora co- anche il famoso cippo iscritto di Tragliatella,
Figura 1 – Area punteggiata corrispondente ai tufi vulcanici della Cappadocia (grafica R. Bixio) Figura 2 – Le valli di erosione attorno a Göreme (Foto A. Bixio)
Nel 2012 gli esperti del CSS hanno iniziato All’interno di questi corpi rocciosi l’uomo ha et al., 2014; Gilli & Yamaç, 2015). Si trat-
un nuovo ciclo di esplorazioni nell’ambito del- scavato, nel corso dei secoli, vani di molti tipi, ta, comunque, di un numero assai limitato
le missioni dell’Università della Tuscia e del sollecitato dalle condizioni climatiche e dagli di pubblicazioni relativo a indagini condotte,
progetto PRIN 2010-2011, diretti dalla prof. eventi storici, sviluppando una architettura considerata la particolare natura degli am-
Maria Andaloro e autorizzati dal Ministero del- “in negativo”, sfruttando le caratteristiche bienti esplorati, da esperti speleologi.
la Cultura della Repubblica di Turchia. morfologiche e litologiche dell’ambiente Da tali ricerche emerge la presenza sul
Nell’occasione l’èquipe genovese ha af- (Bixio et al., 2012, pp. 8-9). territorio cappadoce attorno a Göreme, l’an-
frontato particolari temi di ricerca, in zone tica Korama, di sistemi idrici realizzati nel
specifiche, tra cui il sito di Göreme, cuore 1.2 Gli studi sull’idraulica sottosuolo, di notevole ingegno ed efficacia,
della Cappadocia, con il risultato di aver in- Tra le strutture ipogee, una particolare in sintonia con le tecniche del “costruire in
dividuato elementi innovativi sulle tecniche e attenzione è stata rivolta alle opere idriche negativo” peculiari di questa regione. In par-
sulla organizzazione degli insediamenti rupe- sotterranee che, in Cappadocia, risultano ticolare, sono stati identificati diversi cunicoli
stri di questa antica regione. essere ancora poco indagate, pur ricoprendo di drenaggio, realizzati per smaltire l’acqua
2. CUNICOLI-CISTERNA
Già nel corso di quelle prime indagini era
stato notato che, oltre ai tunnel di drenaggio,
lungo le sponde dei torrenti erano presenti
altri cunicoli indipendenti. Era evidente che
questo ulteriore sistema di condotti, general-
mente allagati (Fig. 5), era stato progettato
per prelevare l’acqua necessaria all’irrigazio-
ne degli stessi appezzamenti coltivi ricavati
con la bonifica delle aree di fondovalle (Ca-
stellani, 2002; Bixio & Castellani, 2002, pp.
188-189; Bixio et al., 2012, pp. 20-21; Bixio,
2012b; Castellani, 2012).
Figura 3 – Schema degli impianti idrici sotterranei per la bonifica delle valli e la captazione dell’acqua (grafica R. Bixio).
Ovviamente, queste strutture sono com- allagate e/o occluse da pietrame o coperture uno sviluppo complessivo di 67 m, di poco
pletate da impianti per il prelievo e la di- terrose. Senza generalizzare, si propongono al- superiore a quello del Traforo, ma si esten-
stribuzione delle riserve accumulate. Ma la cune osservazioni sui cunicoli-cisterna di cui de sotto un’area molto limitata, interamente
loro particolarità risiede soprattutto in un sono disponibili le misure planimetriche com- contenuta nella sezione trasversale dell’alveo
inaspettato, semplice ed ingegnoso sistema plete. In particolare è interessante confrontare di una valle secondaria, in cui il punto di as-
di alimentazione costituito dalle “trincee- due sistemi il cui sviluppo è quasi equivalente. sorbimento più lontano dista appena 15 metri
vespaio” che, come vedremo, rivoluziona la Traforo (Fig. 6). Si tratta di una “cavità di da uno degli ingressi. La struttura è costituita
nostra conoscenza sulle modalità di raccolta attraversamento” in quanto preleva l’acqua da un reticolo di cunicoli, tra loro connessi,
dell’acqua in questa regione, alternative allo da una valle e la restituisce nella valle adia- alimentati da cinque punti di assorbimento
sfruttamento di sorgenti o di falde acquifere. cente, attraversando il crinale con un unico profondi da 2,60 m a 3,50 m. Le sezioni so-
Nel corso di recenti spedizioni sono state cunicolo lungo 60 m. È alimentato da un solo no variabili, oscillano da 70 cm a 180 cm di
individuate e documentate sei strutture rico- punto di assorbimento costituito da una bri- larghezza, e da 113 cm a 240 cm di altezza.
noscibili come “cunicoli-cisterna”, con ele- glia trasversale all’alveo della Kılıçlar Vadisi,
menti identificativi comuni. Nella presente corrispondente a una trincea-vespaio, lunga 2.2 Modalità e sequenza di scavo
comunicazione sono riportati dettagli estratti 5 m, larga circa 50 cm e profonda circa 1,70 Dall’analisi di tutti i sistemi individuati si
dai rilievi topografici di alcuni impianti a cui m. La larghezza del cunicolo (Figg. 5, 6) è desume che la procedura di realizzazione sia
faremo riferimento per illustrare la sequenza compresa tra 40 cm e 60 cm; l’altezza me- stata quella raffigurata nella Fig. 8.
e le modalità di scavo generali. dia è di circa 1,70 m, tranne nel tratto finale, Individuati i punti [P] più adatti per la
presso il foro di prelievo, in cui il cunicolo si cattura delle acque di superficie in funzione di
2.1 Configurazioni approfondisce sino a 3,40 m. quello [W] stabilito per il prelievo e la distribu-
Non tutte le strutture sono documentabili Labirinto (Fig. 7). Al contrario della prece- zione nell’area destinata alle coltivazioni, si
integralmente a causa di parti non percorribili, dente, questa è una “cavità concentrata”. Ha procedeva a scavare nella roccia gli imbocchi
Figura 8 – Schema delle fasi di scavo per realizzare un cunicolo-cisterna (grafica R. Bixio)
2.4 Le trincee-vespaio
Come prima accennato, le trincee-vespaio
(o i pozzi-vespaio) sono costituite da uno scavo
verticale, lungo e stretto (o circolare), condotto
dalla superficie (piano di campagna) sino al
livello previsto per realizzare il cunicolo oriz-
zontale. Le profondità sino ad ora accertate
risultano contenute tra due e quattro metri.
Il vano così ottenuto veniva riempito da
pietrame incoerente a pezzatura diversa
Figura 11 – Schema della sequenza di scavo con due fori pilota (u - v) e un foro di prelievo (z) (grafica R. Bixio) (vespaio) adatto a consentire, per gravità,
2.5 Modalità e fonti di alimentazione per effetto dello scioglimento della neve. Infat- se, solcate da innumerevoli canaloni laterali,
Per quanto riguarda la formazione della ri- ti, gli inverni risultano generalmente precoci, anche perché, almeno dall’epoca bizantina,
serva idrica, le osservazioni condotte di perso- molto freddi e nevosi, mentre d’estate le piog- eventuali flussi d’acqua sarebbero smaltiti dai
na in Cappadocia negli ultimi 25 anni inducono ge non sono certo frequenti. Di conseguenza, cunicoli di drenaggio (Fig. 3). Riteniamo dun-
a pensare che l’acqua venisse accumulata nel perlomeno nel comprensorio di Göreme, non que plausibile che le trincee-vespaio fossero
corso dell’anno in periodi di tempo abbastanza si vedono corsi d’acqua attivi benché vi siano progettate principalmente per assorbire rapi-
brevi, in particolare in primavera, soprattutto numerose antiche valli profondamente inci- damente l’acqua di fusione delle masse nevo-
Figura 15 – Zemi Vadisi. Schizzo del cunicolo-cisterna integrato da una cisterna a camera (grafica R. Bixio)
Concettina Manitta
costruttive alla fruizione Geologo libero professionista
E-mail: cettinaman@libero.it
Figura 6 – Galleria drenante Condotta scavo nella piana alluvionale della Fiumara Zappulla
Infatti alcune tipologie presentano strut- “sorgenti per affioramento della piezometrica”. e alle problematiche riscontrate nelle fasi di
ture aventi funzione di raccolta e trasporto Nel territorio Messinese questa tipologia di realizzazione dell’opera di presa, soprattutto
dell’acqua, per uso irriguo o potabile, e sono sorgenti, denominate “catusi” o “buttischi” connessi alla stabilità degli scavi.
strettamente connesse con la sua ridistribu- è piuttosto diffusa anche se poco conosciuta. Sono molto rare le gallerie drenanti rea-
zione in luoghi più o meno lontani (senza la I cunicoli drenanti sono realizzabili dove lizzate dopo la metà del XX secolo. Oltre que-
preoccupazione dell’evaporazione e permet- la roccia inglobante è composta da rocce poco sto periodo è subentrata infatti l’opzione più
tendo l’agricoltura in aree più aride). consistenti e permeabili, facilmente lavorabili, favorevole della captazione idrica attraverso
Come esempio di queste tipologie di permettendo di seguire a ritroso anche piccoli pozzi trivellati.
galleria drenante possono essere citati, per flussi. Tuttavia esistono rari esempi di gallerie Le tipologie di copertura riscontrate sono
rimanere in Sicilia, i Qanat di Palermo (cu- in rocce lapidee: acquedotti di Castelmola e di state le seguenti:
nicoli sotterranei risalenti alla dominazione Alcara li Fusi realizzati entrambi nei calcari. 1) Copertura orizzontale tramite una lastra
araba che avevano il compito di intercettare e La sezione della galleria si presenta di di pietra poggiante sugli stipiti laterali su
trasportare l’acqua delle sorgenti e condurla, solito nelle dimensioni ritenute all’epoca della cui è scaricata la forza dei pesi superiori
tramite un abile gioco di pendenze, fino alle realizzazione “indispensabili all’uso” ovvero con (materiale di scavo). Da quanto emerge
zone abitate e coltivate). un’altezza e una larghezza direttamente propor- dai racconti delle persone intervistate,
Anche nella provincia di Messina sono pre- zionale alla corporatura degli uomini impegnati spesso il manufatto risultava poco stabi-
senti opere simili, anche se a scala ridotta. In nello scavo. Queste opere di captazione sono le mettendo a rischio l’incolumità fisica
corrispondenza delle piane alluvionali delle fiu- quasi sempre incamiciate. La funzione primaria degli operatori (Fig. 7);
mare venivano scavate, nei primi anni del 1900, della copertura, che può essere in conci di tufo, 2) Copertura a cuspide o timpano triangolare
delle gallerie drenanti che attraversando longi- di pietra, di mattoni di terracotta, è quella di tramite due conci di pietra contrapposti
tudinalmente e a tratti trasversalmente l’alveo, garantire la stabilità di tutto il manufatto. (spesso le superfici di contatto dei conci
andavano ad intercettare la corrente idrica su- Sulla base dei documenti consultati e del- sono modellati con la forma di incasso a
balveo; attraverso gallerie con funzione di tra- le testimonianze raccolte, in particolare nel gradino). La cuspide del timpano, perfetta-
sporto poi, l’acqua intercettata veniva condotta, territorio nebroideo, dove si ha un elevato ad- mente equilibrata, scarica la forza dei pesi
sempre in modo passivo cioè attraverso un gioco densamento di cunicoli drenanti, è presumi- superiori (materiale di scavo) agli stipiti
di pendenze, nelle aree coltivate talvolta distanti bile una progressiva evoluzione cronologica, laterali. Tale tipologia di copertura garan-
qualche chilometro. (Fig. 6) dal1850 al 1950, delle tipologie di copertura tiva maggiore stabilità. Altre coperture
In altre tipologie, le gallerie spesso posso- in funzione dell’affinamento della tecnica co- più recenti, messe in opera in occasione
no essere lunghe appena qualche metro, que- struttiva avvenuta grazie agli espedienti tro- di interventi di ripristino, mostrano come
sto nei casi di captazione e raccolta delle acque vati dagli operatori per ovviare alle difficoltà questo criterio sia stato mantenuto (Fig. 8);
3) Copertura con volta a botte. Questa tecni- l’indizio relativo alla possibile presenza di ac- ad un sistema di canalette, generalmente in
ca costruttiva veniva solitamente utilizzata qua era dato dalle “tracce di umidità” ovvero pietra, che servivano a convogliare le acque
nei casi di copertura a mattoni al fine di dalla presenza di piante arbustive o arboree nei fondi adiacenti.
garantire stabilità al manufatto (Fig. 9). (principalmente canneto e sambuco) solita-
Tale tecnica, più complessa e adottata da mente presenti in settori con terreni costan- 7. OPERE IDRAULICHE CONNESSE AI CU-
maestranze specializzate, consentiva di ot- temente umidi. L’opera, data la complessità NICOLI DRENANTI
tenere opere di particolare interesse archi- di realizzazione e la necessità di manodope- In riferimento agli aspetti prettamente
tettonico oltre che idrogeologico e idraulico. ra, veniva costruita dai proprietari del fondo idraulici si è osservato che nei cunicoli dre-
Di particolare interesse risulta essere la in cui doveva sorgere, in collaborazione con nanti, ad eccezione delle nicchie di captazio-
testimonianza di alcuni anziani che ha per- i proprietari dei fondi adiacenti con i quali ne delle sorgenti “per affioramento della pie-
messo di comprendere come avveniva sia la avveniva la ripartizione della risorsa idrica zometrica (Foto 4), sono spesso distinguibili
scelta del punto di realizzazione e le modali- captata. In prossimità della galleria drenan- due porzioni:
tà esecutive delle gallerie sia la ripartizione te veniva realizzato un pozzetto di raccolta (o • porzione con funzione di captazione e rac-
delle quantità idriche captate. Generalmente vasca, o lavatoio, o abbeveratoio) collegato colta;
• porzione con funzione di trasporto.
Nel tratto di galleria con “funzione di
captazione e raccolta” della risorsa idrica
è possibile osservare delle “vasche di rac-
colta” ottenute scavando la roccia. Sul lato
sommitale delle vasche, in genere, è previsto
un incavo di sovrappieno che favorisce il de-
flusso dell’acqua nella canaletta o nel siste-
ma di intubazione presente nella porzione di
galleria con “funzione di trasporto”. La vasca
ipogea oltre a rappresentare una vera riserva,
costituiva anche un sistema di decantazione
per la purificazione dell’acqua.
Nel tratto di galleria con “funzione di tra-
sporto” il passaggio dell’acqua può avvenire se-
condo due tipologie costruttive caratteristiche:
• passaggio dell’acqua a pelo libero con
predisposizione di una canaletta incas-
sata al centro (o lateralmente) sul pavi-
Foto 4 – Sorgente per “Affioramento della piezometrica” Foto 5 – Cunicolo drenante con canaletta incassata al centro mento (Foto 5). In superficie l’acqua può
Figura 10 – Scheda informativa del sistema di sorgenti di località Fornace nel comune di Mirto
sgorgare subito in un abbeveratoio o con- • le caratteristiche geometriche dell’opera: successione flyschoide caratterizzata da alter-
tinuare per un tratto più o meno lungo in altezza, larghezza, profondità, sviluppo nanze di banchi arenacei e livelli argillitici con
una condotta interrata (Fig. 10); (retto o curvilineo) e tipologia tetto del stratificazione a franapoggio. A monte e a valle
• passaggio dell’acqua attraverso un sistema cunicolo drenante; del borgo sono presenti aree boscate costituite
di intubazione fino all’abbeveratoio (attra- • l’epoca di realizzazione; da noccioleti e castagneti che però da oltre un
verso tubi modulari in terracotta “i catusi” • le caratteristiche idrogeologiche:portata decennio, a causa del crollo dell’economia ru-
o atre tipologie di dimensioni variabili a se- della sorgente (litri/sec), classificazione rale sono state abbandonate e infestate dalla
conda della necessità di portata del flusso). della sorgente (Civita, 1972), tipo di per- macchia mediterranea al punto da determina-
Quando l’opera si prefiggeva di portare meabilità. re l’inaccessibilità in molti settori.
l’acqua in punti abbastanza lontani dal pun- Nel corso dell’emergenza idrogeologica nei
to di captazione, la porzione di galleria con 9. CUNICOLI DRENANTI: LE RISORSE DI- Nebrodi dell’anno 2010, l’Ordine dei Geologi di
funzione di trasporto assumeva dimensioni MENTICATE. LA STORIA DEGLI ABITANTI Sicilia e il Dipartimento Regionale della Prote-
notevoli (anche qualche Km) e dunque pozzi DI CONTRADA SFARANDA NEL COMUNE DI zione Civile, hanno sottoscritto una convenzio-
seriali si aprivano nel piano di campagna, in CASTELL’UMBERTO ne per lo svolgimento delle attività di presidio
corrispondenza del suo percorso, sia per at- Fra i mesi di gennaio e marzo 2010 i Ne- territoriale idrogeologico consistente tra l’altro
tingere l’acqua, sia per consentire le periodi- brodi a seguito di un semestre di intensa pio- nella ricognizione dei dissesti geomorfologici,
che operazioni di manutenzione per eliminare vosità furono interessati da qualche migliaio nel censimento degli effetti provocati e nella
i detriti che spesso ostruivano il cunicolo. di frane, alcune delle quali molto vaste con definizione delle possibili cause d’innesco.
Queste opere di captazione erano in genere coinvolgimento di alcuni centri abitati. Tra i Alcuni dei sottoscritti (Orifici, Manitta,
connesse ad altre opere idrauliche (canali di centri urbani coinvolti, ci fu anche quello della Pinto Vraca, Sapienza), nel periodo dell’e-
irrigazione, vasche o serbatoi, lavatoi, pozzi). contrada Sfaranda nel comune di Castell’Um- mergenza suddetta, hanno svolto attività di
berto abitata da circa 400 persone. Il dissesto presidio territoriale nella c/da Sfaranda. I ri-
8. SCHEDE DI CENSIMENTO vasto circa 4 ettari si manifestò attraverso lievi di superficie e il monitoraggio del lento
Le informazioni relative ai cunicoli drenanti uno scivolamento lento del versante. Circa movimento in atto, eseguito prevalentemente
sono state raccolte con l’ausilio di una scheda 100 persone, a causa delle lesioni sui fabbri- attraverso l’applicazione di un centinaio di
di censimento denominata “Scheda informati- cati, dovettero lasciare le proprie abitazioni. fessurimetri in corrispondenza delle lesioni,
va sorgente” all’uopo predisposta. Le informa- Molti danni si manifestarono anche sulla via- hanno fatto registrare fino alla metà del mese
zioni riportate nella scheda hanno riguardato: bilità e sui servizi determinando importanti di marzo spostamenti nell’ordine del mm/gior-
• l’inquadramento topografico: Regione, disagi a tutta la popolazione della contrada. no. Considerato il perdurare del costante mo-
Comune, Località, Coordinate geografiche, Sfaranda (Fig. 8) è attestata su un declivio vimento anche dopo qualche settimana dalla
Coordinate UTM, Coordinate Gauss Boaga; il cui substrato è costituito da una potente cessazione delle piogge l’attenzione si è spo-
stata sui settori della campagna non acces- successivamente altre 20. La portata com-
sibili per via dell’intensa macchia. Il dialogo plessiva delle acque che si riversavano senza
con alcuni degli abitanti più anziani della con- alcuna forma di regimazione sulla superficie
trada è risultato determinante alla luce delle del terreno è stata calcolata nell’ordine dei
importanti notizie acquisite circa l’esistenza 300 litri/minuto. Il drenaggio delle acque, im-
di antiche sorgenti presenti all’interno delle mediatamente eseguito, ha fatto registrare un
aree immerse nella macchia boschiva, alcune rapido rallentamento del movimento.
delle quali avevano esaurito le portate da pa- Tali opere di captazione, secondo le notizie
recchi decenni. Il decespugliamento di queste acquisite, erano state realizzate tutte intorno
aree, eseguito grazie al supporto di numerosi alla fine del 1800. Le tecniche adottate erano
volontari e dietro le indicazioni degli abitanti molto simili tra di loro le gallerie drenanti pre-
più anziani, ha permesso di scoprire che le sentano una copertura a timpano triangolare (a
acque sorgenti, ovunque, avevano determi- cuspide) realizzata per lo più con conci di pietra.
nato sostanziali ristagni d’acqua che di certo L’esperienza maturata in occasione
condizionavano la situazione di instabilità dell’evento franoso sopra riportato, ha mes-
geomorfologica in atto (Foto 6 e 7).Trovata la so in evidenza numerosi aspetti connessi al Figura 11 – Sentiero delle Sorgenti ideato dall’Ente Parco
prima zona di ristagno ne sono state scoperte tema dei cunicoli o gallerie drenanti primo dei Nebrodi
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(Sicilia N.E.), Consiglio Nazionale delle Ricerche
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Figura 12 – Percorso “cento fontane” ideato dalla Pro Loco di Sinagra
fi Idrogeologiche.
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Gruppo Nazio-
10. VALORIZZAZIONE STORICO-AMBIENTA- qua bene unico da utilizzare e non disperde- nale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche
LE E FRUIZIONE NATURALISTICA re, ha aiutato la conservazione del paesaggio (2007), Piano di Tutela delle Acque della Regio-
Fin dai tempi più antichi “acque affioran- esterno, senza stravolgerne la sua naturale ne Siciliana, Palermo.
ti” e “acque sotterranee” hanno avuto notevo- giacitura, ha consentito l’impianto di varie Lentini F. et alii (2000), Carta geologica della Pro-
le rilevanza sia sul piano sociale che su quello coltivazioni e in alcuni casi ha contribuito a vincia di Messina, Provincia Regionale di Mes-
sina Assessorato Territorio – Servizio Geologico.
produttivo, determinando lo sviluppo di tec- stabilizzare i pendii . Lentini F. et alii (2011), Carta Geologica d’Italia
niche connesse alla loro utilizzazione e allo Oggi le antiche sorgenti sono state di- Foglio 601 Messina-Reggio Calabria, ISPRA –
sfruttamento del relativo potenziale energe- menticate e talvolta sono scomparse. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
tico (“mulini ad acqua”) e contribuendo alla È cambiato il rapporto uomo-ambiente. Il Ambientale – Dipartimento Difesa del Suolo
salvaguardia del territorio. sapiente rapporto con l’acqua dei nostri nonni Servizio Geologico D’Italia (ex APAT), Regione
La realizzazione di ingegnosi sistemi idrau- è stato ormai dimenticato come viene testimo- Siciliana – Assessorato Territorio e Ambiente.
lici finalizzati alla captazione al trasporto e alla niato dalla crisi idrica di alcune zone e dalle Lentini F. et alii (2011), Carta Geologica d’Italia Fo-
gli 587-600 Milazzo-Barcellona Pozzo di Gotto,
distribuzione delle acque ha consentito lo svi- poco oculate scelte di pianificazione territoriale. ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la
luppo dell’economia locale garantendo anche Restano però presenti le tracce di ciò che Ricerca Ambientale – Dipartimento Difesa del
buone condizioni di vita e relazioni sociali. un tempo ha assicurato tanta ricchezza: poz- Suolo Servizio Geologico D’Italia (ex APAT), Regio-
Un esempio di questa ingegnosità è rap- zi, gallerie drenanti, sistemi di distribuzione ne Siciliana – Assessorato Territorio e Ambiente.
presentato dalle gallerie drenanti, cavità idrica, fontanili, lavatoi ecc. Giunta G., et alii (2011), Carta Geologica d’Italia Foglio
ipogee scavate dall’uomo, che al contrario Tutto ciò documenta quanto sia stata sa- 599 Patti, ISPRA – Istituto Superiore per la Protezio-
delle cave, che qualche volta hanno stravolto piente la gestione della risorsa idrica. ne e la Ricerca Ambientale – Dipartimento Difesa
del Suolo Servizio Geologico D’Italia (ex APAT), Re-
il paesaggio esterno con enormi voragini e di- Eredi, quasi inconsapevoli, di questo an- gione Siciliana – Assessorato Territorio e Ambiente.
scariche di scarti di lavorazione, fanno capire tico sapere abbiamo il dovere di salvaguar- Istituto Statale d’Arte di Palermo (2002), AA.VV.,
come la ricerca di una strategia economica dare queste testimonianze, per conservare e Qanat arte e cultura – Antiche tecniche di ap-
del risparmio energetico, considerando l’ac- tramandare la memoria storica. provvigionamento idrico.
Parole chiave (key words): oro (gold), miniera (mine), acqua (water), estrazione (mining),
impero (empire), Roma (Rome)
1. IL SITO DI LAS MÉDULAS PATRIMONIO noto agli abitanti primitivi fin dall’epoca pre- 3. I ROMANI E L’APPROVVIGIONAMENTO DI
UNESCO. romana quando il materiale era lavorato per ORO.
Trattasi di un vasto territorio della Spa- isolare i sedimenti ed estrarre il ricco metallo. L’interesse dei romani per l’estrazione
gna nord occidentale nel quale, nel 1° secolo E lo sapevano bene i romani che sfruttarono dell’oro iniziò nel primo secolo d.C., forse
d.C., le autorità imperiali romane iniziarono questi terreni per ricavare, come sottolinea come conseguenza della volontà di Augusto
a sfruttare i giacimenti d’oro utilizzando una Floro, storico del I secolo nato nel Tarraconen- di inserire l’oro come base del sistema mo-
tecnica basata sulla forza idraulica. Dopo due se, non solo oro, ma anche argento, borace ed netario. Lo sviluppo e la crescita del territorio
secoli di lavoro nei depositi, i romani si ritira- il minio usato a Roma per dipingere le porte furono anche stimolati dalla costruzione, tra il
rono, lasciando un paesaggio devastato. Dal delle case. 69 e il 96, della Via Nova, una rete di comuni-
momento che non vi è stata alcuna successiva Il Bacino di El Bierzo è un’area a circa 20 cazione che raggiungeva un notevole sviluppo
attività industriale, le tracce drammatiche di km da Ponferrada, limitata in tutti i suoi bordi e la cui unica giustificazione era legata alla
questa straordinaria tecnologia antica sono da rocce metamorfiche del Paleozoico ed in presenza dell’oro nella zona. Ricordiamo che
visibili ovunque, come le facciate a picco nel- parte, ad est, da granito. Formano uno spero- il sistema monetario di Augusto si basava
le montagne e le vaste aree una volta sterili, ne roccioso vario e con caratteristiche diverse sull’aureo pari a 7,8 g. di oro (42 aureos = 1
sono ora utilizzate per l’agricoltura. a seconda della litologia e della disposizione libra romana = 327,45 g di oro).
Il sito è entrato a far parte del Patrimonio strutturale. Queste rocce metamorfiche si Las Médulas non è l’unica miniera d’oro
Unesco con la seguente iscrizione a giustifi- comportano come rigidi e resistenti blocchi dei Romani: altre sono note, ma di dimensio-
cazione: “Il Comitato ha deciso di iscrivere anche non erodibili che hanno costituito una ni minori cosicché l’area è considerata come
questo sito sulla base dei criteri (i), (ii), (iii) vasta pianura. un prototipo delle miniere d’oro di quel tem-
Figura 1
e (iv), considerando che l’area delle miniere
d’oro a Las Médulas è un eccellente esem-
pio di tecnologia romana innovativa, in cui
tutti gli elementi del paesaggio antico, sia
industriali sia nativi, sono sopravvissuti a un
livello eccezionale”.
Figura 3
Figura 6
Figura 7
Figura 8
BIBLIOGRAFIA:
7. ESTRAZIONE DELL’ORO E TERMINE DEL- mistiche risultano cifre comprese tra i 3.500 Fruneau Y., Las Médulas, UNESCO Photobank -
LO SFRUTTAMENTO. e i 5.000 kg. http://whc.unesco.org/en/list/803
Quanto oro fu estratto? Plinio, in Spagna Durante il principato di Augusto fu sanci- De Dios A. A., Serantes M. R., Túnel romano de Mon-
con l’ufficio di procuratore provinciale, cita la ta, con una legge, l’obbligatorietà di sposarsi tefurado, GALICIA MÁXICA - http://www.galicia-
cifra di 20.000 libbre d’oro ogni anno relativa in età fertile. La spesa massima quindi per i maxica.eu/galicia/lugo/montefurado-2/
alle miniere dell’intera area della penisola, più sontuosi banchetti, in occasione di ma- Escorza C. M. (2006) El oro en Las Médulas: su ge-
vale a dire 6.540 Kg/anno in un’epoca in cui trimoni, non superava i 1.000 sesterzi. Un po’ ología y arqueología, Senderos GeoArqueológi-
le miniere erano al loro apice o quasi. A Las più tardi, all’inizio del I secolo, tale limite si cos, 2, Sociedad de Amigos del Museo Nacional
de Ciencias Naturales
Médulas, secondo i calcoli che possono essere ritiene esteso a 2.000. In questo ultimo caso,
Ruina Montium, Museo Virtual de la Ciencias Na-
fatti attraverso la determinazione del volu- con l’oro di Las Médulas si sarebbero potuti turales - museovirtual.csic.es/salas/paisajes/
me di roccia rimosso si ottengono stime tra pagare 154 matrimoni l’anno al più alto livello medulas/ruina_med.html
i 5.000 ed i 10.000 kg. Da stime meno otti- del lusso. El control del agua: canales y depósitos, Fundación
Las Medulas - www.fundacionlasmedulas.info
Canales Romanos a Las Médulas - canalesroma-
nos.es/canales.html
Canal de Peña Aguda (Alto de Muga), Ruta del
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la y Leon - http://www.rutadeloro.com/ficha.
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Sánchez-Palencia F-J., Pérez L.c., Orejas A. (1999) El
oro de las médulas, cuadernos de la fundación
las médulas, n° 1, Gráficas Alonso, Ponferrada
El Oro de Hispania, Viator Imperi - www.viatorim-
peri.com/otras-rutas/el-oro-de-hispania
Storia delle monete di roma (2016), RomaSegreta.
Figura 12 it - www.romasegreta.it
Parole chiave (key words): culto dell’acqua (water temples), metallurgia (metallurgy)
N
ei santuari nuragici dedicati al cul- contesti posti tra gli 800-1000 metri di al- e stringevano alleanze volte ad allontanare i
to dell’acqua la metallurgia genera titudine e con forti pendenze,o per gli edifici conflitti. Gli studi più recenti,pur non trascu-
scambi commerciali ed evoluzione religiosi inglobati nei villaggi .In tutta la Sar- rando lo studio più tradizionale dei contesti
tecnologica. degna è stato fondamentale il ruolo svolto dai santuariali, hanno sottolineato l’aspetto eco-
Le fonti letterarie antiche hanno traman- santuari federali nell’unire diversi piccoli sta- nomico della loro gestione attraverso l’analisi
dato numerose notizie che raccontano come ti di tipo cantonale, governati dai propri capi di tutti gli aspetti tecnologici e commerciali
nella Sardegna nuragica le popolazioni pro- aristocratici che nel santuario rafforzavano il legati alla produzione e alla distribuzione di
tosarde curavano presso le sorgenti di acqua potere politico e ideologico di un’intera etnia oggetti artigianali in bronzo legati al sacro,
calda molte malattie delle ossa e praticavano
riti ordalici per sottoporre al giudizio divino
le persone accusate prevalentemente di reati
contro la proprietà. Durante i riti i presunti
colpevoli venivano costretti ad immergersi
nell’acqua che, secondo le antiche credenze,
aveva il potere di rendere ciechi solo i colpevoli
e aumentare la vista agli innocenti. Nonostan-
te gli storici greci e latini ed i geografi della
tarda latinità abbiano attinto le informazioni
da autorevoli fonti letterarie molto antiche
non ci sono certezze per poter ricondurre al
periodo nuragico l’origine e la pratica dei riti
da loro descritti. Nel 1865 la scoperta fortuita
di un’ingente quantità di bronzi figurati all’in-
terno di un grande vaso fatta nelle campagne
del comune di Teti,nel cuore della Barbagia di
Ollolai, in località Abini (Fig. 1-2) che conser-
va un pozzo sacro circondato da un recinto,
scuote il mondo scientifico del tempo che si
mobilita per raggiungere il sito e salvare gli
oggetti riportati in luce, in condizioni difficili
e rocambolesche. La notizia del ritrovamento,
infatti, aveva scatenato tra gli abitanti del
piccolo borgo barbaricino una devastante
caccia al tesoro che portò alla distruzione
di pregevoli e singolari edifici di culto e allo
sconvolgimento degli strati archeologici. Da
allora le ricerche archeologiche si sono molti-
plicate nel territorio di tutta la Sardegna e dai
31 pozzi sacri pubblicati da Giovani Lilliu nel
1953 si conoscono attualmente 60 pozzi sacri
e 50 fonti e numerosi pozzi costruiti all’interno
dei cortili dei nuraghi, costruiti con diverse
soluzioni architettoniche perfettamente stu- Figura 1 – Abini Il canalone incassato tra le montagne dove sorge il santuario nuragico dedicato al culto dell’acqua di
diate per la morfologia dei luoghi anche in epoca nuragica. XII-VIII sec a.C.
Figura 7 – Bitti. Ricostruzione grafica del pozzo sacro di Romanzesu con ll’acqua che scorre nei bacini durante i riti religiosi
Parole chiave (key words): antichi sistemi di drenaggio (ancient drainage systems), urbanizzazione
(urbanization), erosione del suolo (soil erosion)
Figura 2 – I limiti della città greca di Hipponion, segnati dalle sue mura (linea in rosso), e l’abitato attuale. I cerchi in rosso sono i punti di rinvenimento di interesse archeologico
individuati negli anni
Figura 3 – Tratti di impluvio attivi fino alla metà dell’800 e ubicazione delle aree di studio. 1) profilo pedologico area del Cofino; 2) profilo pedologico area di Sant’Aloe; 3) scavi dell’area
delle Terme romane diSant’Aloe; 4) scavi area sacra Scrimbia; 5) scavo di via G. Murat; 6) scavo di via Romei-Cava Cordopatri
Figura 4 – Pianta Topografica della Città di Monteleone, attuale Vibo Valentia realizzata nel 1819 e da cui sono stati individuati i canali attivi dell’epoca
CONSIDERAZIONI SULL’USO DEL SITO tenuto conto, tra l’altro, anche la “stabilità questa stabilità naturale a garantire l’ampia
È ormai noto che la città greca di Hippo- geomorfologica” dell’area. Più in generale, si continuità d’uso nel tempo di questo luogo.
nion, la cui fondazione è databile intorno alla può sostenere che la localizzazione di alcune Mentre per gli scambi commerciali, Hipponion
fine del VII sec. a.C., è un impianto urbano delle maggiori “colonie di primo impianto” si affidava all’importante area portuale, at-
realizzato da popolazioni non direttamente (Metapontum, Sybaris, Kaulonia, Locri Epi- tualmente interrata dagli apporti alluvionali,
provenienti dalla penisola ellenica, ma co- zephiri, Rhegion, Elea) nelle piane alluvionali, posta sulla piana litoranea tra i torrenti Trai-
stituisce una sub colonia di Locri Epizephiri, in prossimità delle foci dei fiumi, se da un la- niti e Sant’Anna (Lena 1989).
città di “primo impianto”, situata sulla costa to era funzionale alle operazioni commerciali,
jonica meridionale della Calabria. dall’altro determinava la nascita di situazioni GEOMORFOLOGIA E ASPETTI EVOLUTIVI
Gli studi finora effettuati hanno giusta- di rischio molto elevato, a causa delle inter- Gli effetti combinati tra i processi tetto-
mente posto l’accento sulla valenza strategi- ferenze con dinamiche alluvionali e litoranee nici, che per l’area d’interesse sono causa di
ca della zona scelta dell’area per la fondazione a cui le città erano soggette. È evidente che un forte sollevamento, e quelli erosivi dovuti
della polis hipponiate da parte dei locresi: “Il molti dei primi insediamenti greci, sono posti all’attività marina lungo le coste, esplicatisi
sito della città greco-romana già occupata al- in aree alluvionali attive, spesso in prossimità in varie fasi nel pleistocene, hanno portato
meno fin dall’età del Bronzo antico, è ubicato delle antiche linee di riva, quindi in aree ca- alla formazione di spianamenti collocati a
su un pianoro collinare a circa 500 m slm, in ratterizzate da elevata pericolosità idraulica varie quote, con quello di interesse posto tra
un’ottima posizione strategica che consente il e/o da erosione costiera. Al contrario, sem- 450 e 570 m.s.l.m.
controllo su tutto il territorio circostante ed un brerebbe che la scelta dell’ubicazione delle Queste aree, per le basse pendenze, sono
facile accesso alla viabilità principale. Grazie colonie cosiddette di “secondo impianto” caratterizzate da una buona stabilità com-
alla sua posizione geografica, la città domina come appunto Hipponion, ma anche Medma, plessiva, che viene meno solo lungo i bordi,
a Nord, l’ampio tratto di costa del Golfo lame- Laos, Heraklea, Terina, Paestum e altre, fosse costituiti o da scarpate di faglia, come avviene
tino, a Sud, tutta la piana di Gioia Tauro (an- stata più attenta rispetto alle problematiche sul bordo Sud-Orientale del terrazzo di Vibo
tica Matauros), via obbligata verso lo Stretto legate ai rischi geomorfologici. È come se i o in corrispondenza delle antiche linee di fa-
di Messina. La presenza del porto, a cui la coloni provenienti dalla Grecia, una volta in- lesia. In queste zone la superficie terrazzata
città è collegata mediante un’articolata rete sediatisi stabilmente in alcune aree, abbiano tende ad essere “aggredita” dall’erosione ri-
viaria interna, è fondamentale sia per l’età sviluppato una maggiore consapevolezza in montante che dai versanti più acclivi arretra
greca che per quella romana; esso costituisce relazione alle pericolosità naturali e, quindi, verso i terrazzi, producendo condizioni di in-
l’unica possibilità di approdo lungo la costa nelle successive scelte insediative, me abbia- stabilità sia gravitativa (frane composite) che
tirrenica a sud di Napoli, quasi tappa obbli- no tenuto conto. Quella del sito di Hipponion legata all’azione erosiva delle acque (incisione
gata per le comunicazioni con la Sicilia …..” in qualche modo lo dimostrerebbe, conside- lineare e areale). Più in dettaglio, il sito in cui
(Iannelli et alii 2013, p. 119). Alcune consi- rato che essa è ubicata su un terrazzo par- si stratificano le molte fasi d’uso antropico dei
derazioni di carattere geomorfologico portano ticolarmente stabile, delimitato da scarpate luoghi, è caratterizzato da una zona pianeg-
ad ipotizzare che i coloni locresi, nella scelta morfologiche naturali almeno su due lati, a giante, interessata da una svasata valleco-
del sito su cui fondare Hipponion abbiano difesa della città. Certamente è stata anche la che costituisce l’anomalia idrografica del
Figura 5 – Parete di scavo a valle dell’area sacra del Cofino. Si notano le coperture colluviali pedogenizzate in più cicli e il paleosuolo di età greca, contenente abbondanti frammenti
ceramici e laterizi.
Fosso Sant’Aloe, chiaramente impostato su ta “troncato” negli strati più elevati da una di via Romei, dov’è stato rinvenuto un profondo
una lineazione tettonica con direzione NE-SW, importante fase erosiva successiva, dovuta ad solco di erosione (gully erosion?), colmato con
attualmente canalizzato e coperto. Il canale un clima più arido oppure ad un uso agricolo materiali databili alla fine del IV sec. a.C.. Suc-
Sant’Aloe subisce poi una brusca variazione di intensivo praticato dalle prime comunità an- cessivamente, nelle antiche depressioni, al di
direzione verso Nord-Ovest (gomito), appena a tropiche, forse in età neolitica e/o protostori- sopra del suolo di età greca, si sedimentano
Sud dell’attuale palazzo della Questura, dove ca. A questo proposito si ricorda che in alcune ingenti spessori di colluvi soggetti a pedoge-
assume la direzione monte-mare che segue il aree della città (Cofino, Via Romei, Scrimbia, nesi policiclica (Fig. 5). Di estremo interesse è
“normale” deflusso delle acque, raggiungendo Necropoli Orientale) sono stati rinvenuti re- il sito di via G. Murat, dove sulla prosecuzio-
il versante settentrionale in prossimità della perti risalenti almeno all’età del Bronzo Finale ne verso monte di un impluvio attivo fino agli
località “Madonnella”. (Iannelli 2004). Nella Fig. 3 sono ubicate le inizi dell’800 e ora colmato, coincidente con
La fascia di terrazzo più a Sud, come già località principali, in cui sono stati effettuati l’attuale via XXV Aprile, sono state rinvenute
descritto, è caratterizzata da una maggiore carotaggi e scavi, utilizzati per la ricostruzio- quattro strutture murarie parallele, con anda-
pendenza (15-20%), fino alle piccole alture ne pedostratigrafica. Nella stessa figura sono mento nord-sud in grossi blocchi di calcare-
del “Cofino” e del Castello, sede attuale del riportati i canali attivi almeno fino agli inizi nite impostati trasversalmente all’andamento
Museo Archeologico. Questa fascia è interes- dell’800, per come ricostruito da una pianta dell’impluvio sepolto (Fig. 7).
sata da terrazzamenti antropici più o meno della città del 1819 (Pianta Topografica della Queste strutture di regimazione delle ac-
estesi, con fenomeni erosivi limitati, localizza- Cittá di Monteleone), riportata nella Fig. 4. que di scorrimento incanalate, databili, al-
ti in prossimità delle scarpate di raccordo dei Nell’area più elevata in quota, ricadono i meno per ora, ad un non meglio precisabile
terrazzamenti. Attualmente le acque meteori- siti di via Romei (saggi di scavo archeologico) momento della fase greca della città, risul-
che di scorrimento nelle aree non urbanizzate, e delle indagini preventive eseguite appena a tano modulate con una interdistanza di circa
sono organizzate in piccoli fossi di deflusso, valle dell’area sacra del “Cofino”, da cui è stato 10 metri, per un tratto evidenziato pari a 40
mentre all’interno dell’abitato sono canaliz- ricostruito il Profilo N. 1 (Fig. 6). In entrambi metri circa. È comunque molto probabile che
zate nel sistema fognario cittadino. I suoli e i casi si riconosce una superficie di erosione il sistema di regimazione idraulico proseguis-
l’articolazione morfologica del terrazzo hanno che a volte interessa direttamente il substrato se verso monte lungo il paleo-impluvio fino
consentito in qualche modo di “registrare”, o metamorfico, in genere molto alterato, in forma all’incisione rinvenuta su Via Romei; e verso
almeno di avere indicazioni, sulle variazioni di sabbione di disfacimento. Molto spesso la valle, lungo la via XXV Aprile per come sembra
climatiche e di uso antropico dei luoghi nel superficie di erosione “taglia” il rubefatto pa- indicare l’andamento del fosso riportato sulla
tempo, perlomeno a partire dall’età neolitica. leosuolo pleistocenico. Appena al di sopra della pianta del 1819. Il profilo pedologico ricostruito
In realtà, alla base della stratigrafia pedolo- superfice erosiva si trovano degli apporti collu- da carotaggi archeologici realizzati appena a
gica, è presente, molto diffuso sia all’interno, viali pedogenizzati nella fase di frequentazione Nord del Fosso Sant’Aloe, attualmente inca-
che all’esterno dell’abitato, un paleosuolo di greca, il paleosuolo in fase è visibile nel profilo nalato e coperto, ha messo in evidenza una
probabile età pleistocenica, precedente cioè, derivante dalla correlazione dei carotaggi rea- situazione stratigrafica caratterizzata da una
all’antropizzazione del sito. Questo suolo risul- lizzati nell’area del Cofino e nel profilo di scavo spessa coltre di riporto (colmata) costituita
Figura 6 – Profili di correlazione pedostratigrafica. Il profilo N. 1 ricade appena a valle dell’area sacra del Cofino; la linea in blu ondulata indica una superficie di erosione che ‘’taglia”
il paleosuolo pleistocenico fino ad interessare, nella parte più elevata il substrato metamorfico. Il profilo N. 2 ricade a Sud del Fosso Sant’Aloe, vi si riconosce, al di sopra del substrato
o del paleosuolo pleistocenico, uno strato di terreno di riporto che diviene più spesso verso SE, in direzione dell’impluvio attualmente canalizzato; al di sopra si rinvengono elementi di
strutture in posto databili alla fase romana (Valentia)
da terreno facies di suolo caotiche, contenenti rettamente sul substrato metamorfico, a volte ben sviluppato e strutturato, contente residui
piccole porzioni di strutture (blocchi calcare- sul paleosuolo pleistocenico, tende ad aumen- di strutture e ceramica di età romana, eviden-
nitici), laterizi, frammenti ceramici databili al tare di spessore verso Nord, in direzione del temente coeve a quelle rinvenute nel vicino
momento, genericamente al periodo greco. Lo Fosso Sant’Aloe dove raggiunge i tre metri circa scavo delle terme di Sant’Aloe. La stratigrafia
spessore di questa coltre, a luoghi giacente di- (Fig. 6). Segue verso l’alto un suolo molto scuro, rilevata, quindi, farebbe supporre un intervento
Figura 7 – Scavo di via G. Murat. Una delle strutture murarie in blocchi di calcarenite di età greca, trasversali al paleo-impluvio, realizzate per la regimazione delle acque
Figura 8 – Terrazzo di Vibo-Hipponion. In celeste i tratti di impluvio attivi fino all’inizio dell’800. Le linee parallele tratteggiate in fucsia indicano i tratti di impluvio totalmente colmati
nel periodo romano
di riorganizzazione dello spazio in età romana Successivamente, nel periodo romano, si as- anfore d’importazione a Vibo Valentia tra III e
che, almeno in questa zona, tende ad acquisire siste ad una riorganizzazione degli spazi, con II sec. a.C., in IMMENSA AEQUORA Workshop,
spazio all’urbanizzazione a scapito del sistema interventi più “invasivi”, che tendono ad oc- Ricerche archeologiche, archeometriche e in-
formatiche per la ricostruzione dell’economia e
di deflusso naturale delle acque. cupare spazi prima naturali, quali fossi e im- dei commerci nel bacino occidentale del Medi-
pluvi (Fig. 8), la cui funzione, evidentemente, terraneo (metà IV sec. a.C. - I sec. d.C.), Atti del
CONCLUSIONI viene sostituita da canalizzazioni incluse nel convegno Roma 24-26 gennaio 2011, a cura di
Le informazioni acquisite, soprattutto sistema urbano, tali da garantire il deflusso Gloria Olcese. Roma 2013, pp 117-137.
dall’analisi dell’assetto pedostratigrafico, delle acque a valle, verso il versante setten- Iannelli 2004 = Iannelli M. T. Nuove acquisizioni
per quanto non esaustive, consentono di for- trionale. Nelle epoche successive a quella a proposito della frequentazione di età proto-
mulare alcune ipotesi di lavoro riguardanti romana si raggiungono, soprattutto nei tratti storica sul sito di Hipponion-Valentia, in «Atti
della XXXVII Riunione scientifica, Preistoria e
il rapporto tra le dinamiche geomorfiche e medio bassi del terrazzo, condizioni di stabi- Protostoria della Calabria», Scalea - Papaside-
idrauliche e gli interventi di urbanizzazione lità, con scarse interferenze antropiche, come ro - Praia a Mare - Tortora 2002, Firenze 2004,
che hanno interessato il terrazzo di Vibo Va- testimonia la presenza di spessi suoli polici- II, pp. 835-837.
lentia nelle diverse fasi d’uso. Si è visto che clici che derivano dalla pedogenesi sui diffusi Lena 1989 = Lena g., Vibo Valentia. Geografia e
un primo indizio di condizionamento sulle depositi colluviali terrazzati. morfologia della fascia costiera e l’impianto
dinamiche geomorfologiche potrebbe esser- del porto antica, in AA.VV., Giornate di studio su
si verificato in etá neolitica e/o protostorica, BIBLIOGRAFIA Hipponion-Vibo Valentia, ASNP, S. III,XIX, 1989,
Aümuller 1994, Aümuller T., Die Stadtmaueru von pp.413-876, pp. 583-608.
quando ha luogo un’intensa fase erosiva, Hipponium, Mitteilungen Des DeutschenArcha- Rotella A.M. c s = Rotella A. M., La cinta muraria, in
presumibilmente connessa ad un uso agrico- elogiscenInstitututsRoemischeAbteilung, Band Iannelli M. T., Guzzo P.g., Gaglianese G., Minniti B.,
lo intensivo, che porta al parziale o completo 101, 1994, pp. 241-278, Abb. 9-11. pp 241-278 Rotella A.m., Vivacqua P., Hipponion tra la secon-
“smantellamento” di un ben sviluppato suolo Cannatà 2013 = Cannatà M., La colonia latina di Vibo da metà del IV e la fine del III sec.a.C.: ricostru-
pleistocenico. Seguono le attività d’uso legate Valentia, Roma, 2013. zione topografica alla luce di nuove scoperte c.s.
agli impianti urbani di età greca (Hipponion) e Cucci L., Tertulliani T. 2006 = Cucci L., Tertulliani Rotella 2014a = Rotella A.M., Dal collezionismo
T., I terrazzi marini nell’area di Capo Vaticano alla storia. Vito Capialbi e i Brettii a Vibo Va-
romana (Vibo Valentia), la cui organizzazione
(Arco Calabro): solo un record di sollevamento lentia, Pisa 2014.
vede nel primo caso un assecondare il siste- regionale o anche di deformazione cosismica?. Rotella 2014 = Rotella A.M., L’abitato romano di S.
ma di deflusso naturale delle acque, comun- Il Quaternario 19(1), 2006, pp 89-101. Aloe a Vibo Valentia, in Hippoion Vibo Valentia
que con interventi di sistemazione idraulica Iannelli et alii 2013 = M. T. Iannelli et alii, L’area Monsleonis. I volti della città, Reggio Calabria
tesi alla protezione dall’erosione del suolo. tirrenica calabrese: ceramica a vernice nera e 2014, pp. 159-169.
Carlo Germani(1, 2)
93
D
a molti anni gli speleologi italiani,
parallelamente allo studio delle ca-
vità naturali di origine carsica o vul-
canica conducono studi approfonditi
in strutture sotterranee di origine antropica:
le cavità artificiali. Si tratta di opere ipogee
di interesse storico, archeologico, geologico
e antropologico, realizzate dall’uomo o ria-
dattate alle proprie necessità, diffuse in ogni
parte del mondo e diversificate per epoca,
tecnica di realizzazione e destinazione d’uso.
La “Carta degli Antichi Acquedotti” è un
progetto che vide l’avvio nel 2003, per volontà
della Commissione Nazionale Cavità Artificia-
li, in occasione dell’Anno Mondiale dell’Acqua,
sulla scia di un altro importante progetto di tu-
tela della Società Speleologica Italiana: “L’ac-
qua che berremo” (individuazione e tutela degli
ambienti carsici sotterranei e superficiali).
La Società Speleologica Italiana è una
associazione di protezione ambientale rico-
nosciuta dal Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare, ed è la strut-
tura nazionale di riferimento per gli speleologi
italiani, membro dell‘International Union of
Speleology e della Federazione Speleologica
Europea; essa gestisce inoltre il Centro Italia-
no di Documentazione Speleologica “Franco
Anelli” di Bologna che ha una consistenza di
36.000 volumi, oltre ad una sezione di stampe
e libri antichi dedicati al mondo sotterraneo
ed una fornita emeroteca.
La Commissione Nazionale Cavità Arti-
ficiali, costituita nel 1981, è un organismo
permanente della Società Speleologica Ita-
liana, interlocutrice degli Enti preposti alla
tutela del patrimonio storico-archeologico,
promuove la conoscenza del patrimonio ipo-
geo artificiale, la sua protezione e tutela. Cura Figura 1 – Sezione (n. 3) della scheda di censimento del progetto “Carta degli antichi acquedotti”
e aggiorna il Catasto Nazionale delle Cavità
Artificiali, istituito nel 1989, articolato su ba- La Carta degli Antichi Acquedotti è un derivanti da specifici studi speleologici sulle
se regionale, che comprende i dati di sintesi censimento tematico, sintesi tipologica del conoscenze relative alla presenza e alla distri-
acquisiti dagli speleologi nel corso dei propri Catasto Nazionale Cavità Artificiali, che ha per buzione sul territorio italiano di opere ipogee
studi (http://catastoartificiali.speleo.it). scopo la raccolta organica delle informazioni destinate alla captazione delle risorse idriche
borati in ambienti professionali diversi. L’e- marco M. (2006), Aspetti archeologici e condi-
Figura 4 – Bollati laterizi nell’acquedotto Facciate di voluzione del progetto sarà quindi la realizza- zioni geologico-morfologiche degli antichi ac-
Nemi (Nemi, Roma) Foto archivio Egeria Centro Ricer- quedotti pugliesi. L’esempio dell’Acquedotto del
che Sotterranee zione di un sistema informativo multimediale,
Triglio nell’area tarantina. Opera Ipogea, anno
sul quale caricare un data base che permetta: 8, n. 1-2, pp. 33-50.
• grazie allo sviluppo prevalentemente sotter- • un sostanziale incremento dei dati grazie Galeazzi C. (2013), The typological tree of artificial
raneo si sono conservati intatti per millenni; a collaborazioni con altri istituti e specia- cavities: a contribution by the Commission of
• si configurano tra le più interessanti te- listi del settore; the Italian Speleological Society. Opera Ipogea,
stimonianze degli sforzi compiuti dall’uo- • la condivisione del progetto in ambito in- n. 1, pp. 9-18.
mo nella gestione del territorio e nello svi- ternazionale; Galeazzi C., Germani C., Casciotti L. (2015), The drai-
luppo delle civiltà urbane; • una fruizione semplice e completa dei dati; nage tunnel of Lake Albano (Rome, Italy) and the
3-years study program Project Albanus: a pro-
• anche in assenza di manutenzione spesso • l’identificazione della fonte informativa a gress report. Proceedings 1st International Con-
sono ancora in funzione; tutela della proprietà intellettuale di chi gress of Speleology in Artificial Cavities “Hypo-
• in alcuni casi potrebbero essere ripristinati fornisce i dati; gea 2015”, Roma, Marzo 11/17, pp. 186-188.
con interventi a basso costo, costituendo • la conservazione delle risorse secondo stan- Germani C. (2011), Idraulica ipogea: acquedotti, emis-
un approvvigionamento suppletivo di ac- dard consolidati (back up periodico dei dati, sari, opere di drenaggio. Manuale Corso Nazionale
qua in caso di siccità o crisi idrologica. protezione da attacchi informatici, ecc.). “Le cavità artificiali dalla riscoperta alla valorizza-
Emerge anche chiaramente il forte contra- Il download del materiale documentale zione“, Urbino, 4–8 Dicembre, pp. 79-92.
Gruppo Speleologico Bolognese, Unione Speleologica
sto tra passato (caratterizzato da uno stile di sarà libero, ma soggetto alla sottoscrizione di Bolognese (2010), Gli antichi acquedotti di Bolo-
vita sostenibile) e presente (contraddistinto un apposito documento che identifichi il richie- gna. Grafiche A&B Bologna, pp. 223-269.
da degradazione dei territori carsici e perdita dente, informi sulle condizioni di utilizzo dei Parise M. (2012a), Underground aqueducts: a first
di risorse naturali; Parise, 2012b). È dunque dati ed inviti al rispetto degli obblighi di legge. preliminary bibliography around the world. Pro-
fondamentale conservare la memoria di strut- ceedings 3rd IWA Specialized Conference on “Wa-
ture idrauliche antiche, sia perché rappre- BIBLIOGRAFIA ter and Wastewater Technologies in Ancient Civi-
sentano interessanti testimonianze dell’uso AA.VV. (2007), La Carta degli Antichi Acquedotti lizations”, Istanbul, 22-24 March 2012, p. 65-72.
Italiani. In: Opera Ipogea n. 1-2007, Società Parise M. (2012b), Management of water resources
sostenibile di territori fragili come quello car- in karst environments, and negative effects of
sico, sia perché sarebbe possibile valorizzarle Speleologica Italiana, Bologna.
Casciotti L., Castellani V. (2002), L’antico acquedot- land use changes in the Murge area (Apulia).
attraverso progetti che ne rispettino la storia. to delle Cannucceta. Indagine storico-struttu- Karst Development, vol. 2 (1), p. 16-20.
rale. Erga Edizioni, Genova. p. 96; pp. 105-126. Parise M., Marangella A., Maranò P., Sammarco M.,
PROSPETTIVE FUTURE Castellani V. (1999), La Civiltà dell’Acqua, Editorial Sannicola G. (2012), Ancient hydraulic systems
Le tecnologie digitali rendono possibile la Service System, Roma, pp. 61-73. for collection, transport and storage of water in
condivisione di informazioni e contenuti ela- Delle Rose M., Giuri F., Guastalla P., Parise M., Sam- karst settings of southern Italy. Proceedings 3rd
IWA Specialized Conference on “Water and Wa-
stewater Technologies in Ancient Civilizations”,
Istanbul, 22-24 March 2012, p. 73-80.
Parise M., Galeazzi C., Bixio R., Dixon M. (2013a),
Classification of Artificial Cavities: a first con-
tribution by the UIS Commission. Proceedings of
the 16th International Congress of Speleology,
Brno (Czech Republic), vol. 2, p. 230–235.
Parise M., Galeazzi C., Germani C., Sammarco M. (2013b),
Hydraulic works: the Map of the Ancient Under-
ground Aqueducts. Opera Ipogea, n. 1, p. 21-28.
Parise M., Del Prete S., Galeazzi C., Germani C., Sam-
Figura 6 – Scanalature per alloggiamento paratie. Sx acquedotto Fontana (Velletri, Roma) Foto C. Galeazzi; dx acquedotto marco M. (2013c), The map of ancient under-
Marcio (Vicovaro, Roma) Foto M. Parise ground aqueducts. Speleologia, vol. 68, p. 48-49.
1.PREMESSA gressivamente danneggiando l’opera, con il dalle argille azzurre del Pliocene. Da un punto
L’antico acquedotto di Pesaro – Novilara rischio di perderla irrimediabilmente se non si di vista geologico-strutturale generale, l’area
è un’opera di ingegneria idraulica di grande avviano nuove ed urgenti strategie di tutela, in oggetto è compresa nel Bacino Marchigiano
pregio e struttura di rilevante importanza per recupero e valorizzazione del bene attraverso esterno, a sua volta parte della grande unità
le origini storico culturali del territorio pesa- un progetto integrato con i numerosi altri beni geologica dell’Avanfossa marchigiana; tetto-
rese, rivestendo una posizione di assoluta ec- archeologici del Comune di Pesaro. nicamente, queste aree sono caratterizzate
cezionalità non solo per la sua antichità (I - II da ampie sinclinali a direzione appenninica,
sec. A.C.), ma soprattutto per la sua struttura 2. I LINEAMENTI GEOGRAFICI, GEOLOGI- interessate da marcati movimenti di subsi-
e l’intatta funzionalità: da quasi duemila an- CO-GEOMORFOLOGICI ED IDROGEOLOGICI denza, separate da anticlinali per lo più molto
ni infatti l’opera, di quasi 10 km, continua a La città di Pesaro si trova nella parte set- strette, orientate anch’esse NW-SE ed inte-
fornire acqua alla città in maniera pressoché tentrionale della costa marchigiana, a pochi ressate da complessa e diffusa fagliazione
ininterrotta, primato che solo poche opere al chilometri dal confine con l’Emilia – Roma- longitudinale. L’avanfossa è costituita da una
mondo, e quasi totalmente di tipo idrico, pos- gna. Per circa il 70% il territorio pesarese è successione terrigena che inizia con i sedi-
sono vantare (Fig. 1). rappresentato da rilievi collinari articolati in menti marnosi e calcareo - siliceo - marnosi
Negli ultimi trenta anni un rinnovato in- un complesso di quattro dorsali principali: due appartenenti alla Formazione del Bisciaro
teresse si è sviluppato attorno all’acquedotto parallele alla costa, Monte San Bartolo e Monte (Miocene inf.) e termina con le arenarie e le
(grazie soprattutto all’azione di Maria Teresa Ardizio, e due pressoché ad essa perpendico- argille marnose con intercalazioni calcaree di
Di Luca, archeologa del Comune Pesaro), con lari. La zona urbana di Pesaro, compresa tra i origine chimica, appartenenti alla Formazio-
la realizzazione di numerosi studi e ricer- due rilievi costieri, si estende prevalentemen- ne a Colombacci (Miocene sup. – Pliocene);
che; nel 2010 gli scriventi hanno condotto, te nella pianura alluvionale del fiume Foglia su di questa si impostano in trasgressione
per conto di Autostrade per l’Italia SPA, uno ed in quella del piccolo bacino del Genica (Fig. i terreni marini sabbiosi, sabbioso limosi e
studio sulle interferenze tra un ramo dell’ac- 2) Risalendo il fiume la piana è contornata da quindi argillosi dell’avanfossa adriatica, che
quedotto e il nuovo tracciato della A14, da cui una morfologia collinare sempre più dolce fino nel Pleistocene inf. segnano il passaggio alle
è emersa chiaramente come la mancanza di ad arrivare all’estremità Ovest/Sud-Ovest del successioni quaternarie continentali (alluvio-
lavori di manutenzione e l’incuria stiano pro- confine comunale dove i rilievi sono costituiti ni, depositi eluviocolluviali e di versante).
Figura 1 – Panoramica delle pendici nord-orientali del Monte Fuga da cui parte il tratto iniziale dell’acquedotto: circondati da vegetazione più alta e con cartello di segnalazione si
notano i pozzetti di aereazione
Fig.5: Alcuni tratti dei cunicoli, si notino le sezioni di “specus” con rivestimento del cavo parziale/totale realizzato con tecnica mista: pietra, laterizio e roccia (Foto G. Antonini)
Figura 6 – Nella parte superiore la “Pianta di tutto l’andamento dell’acquedotto” – L. Baldelli (XVIII sec.); in quella inferiore particolari della “Relazione” – V. Polinori (1741) e del
“Progetto di ristauro” – V. Zannoni (1889) – Musei Oliveriani, Pesaro
8. CONCLUSIONI rizzati (Fig. 8). I Romani ci hanno infatti datoBetti M., Burattini A., Gennari E., Magnoni M., Mercan-
La conoscenza è il punto di partenza per non solo una “sapiente e magistrale” lezione tini F., Pacitti P., Zanarelli L. (2010), L’acquedotto
tutelare e valorizzare opere come l’Acquedotto di Idraulica, ma anche di vita, attraverso l’u- romano di Pesaro: rilevamenti di rami laterali
lungo F. Condotti, Atti del VI Convegno Nazionale
Romano di Novilara che, per l’incuria e l’ab- tilizzo rispettoso e sostenibile delle risorse, Speleologia Cavità Artificiali Urbino.
bandono, rischiamo di perdere irrimediabil- con modelli virtuosi di gestione della società Colantoni P., Mencucci D. (2004), Note sull’evoluzio-
mente, quando invece andrebbero inserite in e dell’ecosistema, che vanno ripresi per svi- ne della fascia litorale interessata dalla città
un progetto coordinato e strategico più am- luppare, oggi, nuove strategie. Partendo ma- di Pesaro. In: P.L. Dall’Aglio, I. Di Cocco, Pesaro
pio, andando a costituire un vero e proprio gari dai principi del “Codice di Hammurabi” romana: archeologia e urbanistica, Edizioni
“museo diffuso” del territorio e della Città. – XIX sec. a.C. sulla manutenzione idraulica Ante Quem.
Prendendo a prestito G. Flobert “Ce ne sont Dall’Aglio P.L., Di Luca M.t., Martini M., Sibilia E.,
ed acquedottistica in Mesopotamia da parte
pas les perles qui font le collier, c’est le file”, Tatali B., Viggiani G., Zelaschi C. (1990), Contributi
dei singoli proprietari dei fondi interessati, per la datazione del c.d. “acquedotto romano di
l’Acquedotto Romano, costituisce una delle o piuttosto rispolverando le “virtù civili” ed Pesaro, Picus. In: Picus - Studi e ricerche sulle
perle di un territorio ricco di storia, cultura, il “bene comune” già tanto cari al Genovesi Marche nell’antichità, IX, pp. 121-139.
architettura e archeologia di eccezionale va- (economista del ‘700) che sosteneva come Dall’aglio P. L., Di Luca M. T., L’acquedotto roma-
lore anche paesaggistico: I Mosaici del Domo, indispensabile l’equilibrio tra l’interesse per no. In: A. Brancati, L’approvvigionamento idrico
la Domus Romana, la Necropoli di Servigi di sé e la solidarietà sociale; valori ancor più a Pesaro dalla sua più antica realizzazione al
Novilara, il Lucus Pisaurensis del 184 a.C., 2000, ASPES, pp. 13-37.
attuali oggi, nel pieno di una crisi neoliberista
Di Luca M. T. (2009), L’acquedotto romano di Pesaro
l’area archeologica di Via Dell’Abbondanza e che sta mostrando i propri limiti. Tra passato e futuro, Archeo Edizioni.
quella di Colombarone, legati con un unico
Polinori V. (1741), Relazione, Musei Oliveriani Pe-
filo assieme all’Acquedotto Romano, sono le 9. BIBLIOGRAFIA saro, 1551, 2, c.
“perle” che rappresentano la memoria storica Baldelli L. (1700), Pianta di tutto l’andamento Zannoni V. (1889), Acquedotto di Pesaro - Progetto
del territorio e della comunità pesarese, i gio- dell’acquedotto con descrizione particolareg- di Ristauro, Archivio Storico Comunale di Pe-
ielli che non possono essere perduti, ma valo- giata, Musei Oliveriani Pesaro, 1171. saro.
dell’antica Roma
The Roman Cisternone of Formia in hydraulic
engineering of ancient Rome
Parole chiave (key words): Cisternone romano (Roman Cisternone), De acquaeductu urbis Romae
(De acquaeductu urbis Romae)
ACQUA TRA SCIENZA E TECNICA NEL MON- umide”(Aristotele, Metafisica, Rusconi Mila- veri e propri fiumi scorrono attraverso la città
DO ANTICO no, 1994, pag. 15). e nelle condotte sotterranee; e praticamente
Nel IV secolo a.C., Aristotele riconobbe Nel panorama scientifico del mondo gre- ogni casa ha cisterne, tubature e abbondanti
in Talete di Mileto l’iniziatore della ricerca co non mancarono figure che diedero alcuni fontane» (Strabone, Geografia. v, 3, 8).
scientifico-filosofica da cui trae origine la contributi legati alla conoscenza dell’acqua.
nostra cultura occidentale; Mileto, nella Io- Si può, ad esempio, ricordare Archimede (III A ROMA
nia, godeva dell’influsso delle grandi civiltà secolo a.C.) che unì lo studio della matema- L’ingegneria idraulica romana nasce al
fluviali dell’Egitto e della Mezzaluna fertile. tica alla fisica ed alla meccanica e scoprì, tra tempo dei Tarquini, tra il VII /VI secolo a. C.
“La maggior parte di coloro che primi filo- l’altro, importanti leggi nei campi della stati- Tra il 312 a.C. e il 52 d.C. nascono nove ac-
sofarono, pensarono che principi di tutte le ca (la legge della leva), nell’idrostatica (legge quedotti romani, altri due nei secoli immedia-
cose fossero solo quelli materiali. ...Talete, di Archimede), nella meccanica pratica (mac- tamente successivi (Fig. 1).
iniziatore di questo tipo di filosofia, dice che chine per alzare l’acqua o macchine belliche) Nel «De architectura» (ca 15 a.C.) di
quel principio è l’acqua (per questo afferma e Erone di Alessandria (I o III sec. d.C.) inven- Marco Vitruvio Pollione e nei libri della «Na-
anche che la Terra galleggia sull’acqua), de- tore della pompa idraulica e dei primi orologi turalis Historia» di Plinio il Vecchio (I sec. d.
sumendo indubbiamente questa sua convin- ad acqua. Furono, però, i Romani , gli inven- C.) si trovano importanti e preziose nozioni
zione dalla constatazione che il nutrimento di tori di una vera e propria ingegneria idraulica tecnico-scientifiche della scienza architetto-
tutte le cose è umido, e che perfino il caldo si a causa dello sviluppo dell’urbanizzazione. Lo nica riferite al tema idrico ma le informazioni
genera dall’umido e vive nell’umido. Ora, ciò annotava, nel I secolo a.C. già Strabone: «i più importanti vengono da Frontino. Curator
da cui tutte le cose si generano è, appunto, il Romani, a differenza dei greci, posero ogni aquarum dell’impero, da Nerva a Traiano, fu
principio di tutto. Egli desunse dunque questa cura su tre cose sopra tutte, l’aprire strade, autore del De aquaeductu urbis Romae in cui
convinzione da questo fatto e dal fatto che i costruire acquedotti, disporre nel sottosuolo esaminò tutto ciò che è relativo all’accumulo
semi di tutte le cose hanno una natura umida le cloache… le acque fluiscono così abbon- e alla distribuzione dell’acqua, a Roma. Nel-
e l’acqua è il principio della natura delle cose danti nella città grazie agli acquedotti che la Roma antica, infatti, l’approvvigionamento
idrico veniva costantemente garantito dalla
presenza, nelle zone abitate, di serbatoi in cui
l’acqua veniva convogliata, mediante vasche
di raccolta e canali di immissione. Si tratta
di grandi cisterne, una delle quali è possibile
visitare, ancora oggi, a Formia.
Con un percorso in pendenza, data la mor- edifici pubblici (terme, fontane, ninfei) e pri-
fologia del territorio, da quota m.217 s.l.m., vati (residenze, botteghe artigianali, impianti
la condotta si portava, dopo un primo tratto commerciali) della/e città di pianura (Figg.
interrato di 1450 m. a ridosso della cinta ur- 10, 11, 12, 13).
e sistemi di attingimento
dell’acqua in epoca antica
Aquam haurire: puteal and water drawing systems
in ancient times
Parole chiave (key words): puteal, vera da pozzo (wellhead), antichi sistemi di attingimento (ancient
water supply systems), girgillus, tolleno
1. I PUTEALIA: INTRODUZIONE E STORIA Scribonianum del Foro Romano – o dei mundi si giunse per la prima volta a una più esaustiva
DEGLI STUDI (MARCATTILI F. 2005). definizione generale (HERMANN W. 1965).
L’approvvigionamento idrico ha da sem- Il vocabolo ricorre in diverse fonti letterarie Il lavoro di ricerca più importante sui putea-
pre rappresentato una delle maggiori sfide (ad es. in Columella, R.R. I 4.10-5.2; IX 5.5- lia resta comunque quello pubblicato dal Golda:
delle società antiche, comportando un con- 6; XI 3.8-9); in una di esse in particolare, una nella sua trattazione vengono infatti presentati
tinuo perfezionamento nelle metodologie e lettera che Cicerone scrisse nel 67 a.C. al suo una scansione cronologica, un’analisi tecnico-
nelle tecniche di captazione e conduzione amico Attico (Cic., Ad Att. I 10, 3), non si fa funzionale, un elenco di quelli con iscrizioni e
delle acque1. Prima della realizzazione degli riferimento all’utilizzo dei putealia, ma soltan- una suddivisione tipologica anche dei manu-
acquedotti, per il fabbisogno quotidiano si to al loro valore ornamentale, chiedendo egli fatti in pietra e fittili (senza ornamenti, con
procedeva prevalentemente all’attingimen- all’amico di procurargli, per l’atrium della sua metope e triglifi, con scanalature, a ghirlande,
to da pozzi o cisterne: oggetto del presente villa a Tusculum, due putealia sigillata, ossia con motivi figurati; GOLDA T. M. 1997).
contributo saranno quindi i putealia che ne due vere da pozzo decorate (CADARIO M. 2005).
proteggevano i fori di presa, e i relativi siste- Fino al XIX secolo l’attenzione verso que- 2. MATERIALI, FORME E ISCRIZIONI DEI
mi di raccolta, con particolare riferimento al sta classe di manufatti fu riservata proprio PUTEALIA
mondo italico e romano. agli esemplari con rilievi, appartenenti per lo Passando a trattare in generale dei mate-
Dopo una panoramica generale sulle ca- più alla corrente neoattica (FUCHS W. 1959, riali con cui erano realizzate le vere da pozzo,
ratteristiche e sulla storia degli studi delle pp. 164 ss.), mentre si tralasciò l’analisi degli si può affermare che gli esemplari più antichi,
vere da pozzo, verranno proposte alcune con- aspetti sia funzionali che tipologici. Soltanto risalenti al V-IV sec. a.C. e attestati in Grecia e
siderazioni sulle tracce presenti su di esse, nel 1932 il Pernice − nell’ambito dello studio Magna Grecia, erano prevalentemente in ter-
grazie alle quali è generalmente possibile, dei più importanti elementi di arredo delle do- racotta (MAZZEO SARACINO L. 2005, p. 208);
come si vedrà, risalire ai metodi di attingi- mus di Pompei – propose una distinzione dei a questi si sono succeduti i puteali in tufo, in
mento; ciò anche con l’ausilio delle numerose puteali in base al materiale e ai semplici motivi travertino e in marmo, la cui cronologia è in li-
raffigurazioni poste su vasi, mosaici, pitture, decorativi (PERNICE E. 1932), ma è con la voce nea di massima legata ai singoli contesti. L’u-
rilievi e monete provenienti dall’area del Me- presente nell’Enciclopedia dell’Arte Antica che so dei putealia risulta comunque ampiamente
diterraneo, ascrivibili a un arco cronologico
che giunge fino alla tarda età imperiale.
Il termine puteal è utilizzato per indicare
un manufatto di dimensioni ridotte impiegato
per segnalare in superficie strutture ipogee
artificiali (pozzi, cisterne), o per delimitare
aree dalla forte valenza sacra, come nel ca-
so dei bidentalia – ne è un esempio il puteal
dere in considerazione la scena dipinta su un pozzo a bilanciere (tolleno o shaduf): si tratta 4. ELEMENTI ACCESSORI
cratere a colonnette a figure rosse del Pittore di una delle più antiche macchine estrattive, Alcune informazioni sui componenti
di Napoli conservato nel Museo Archeologico che ha origine in Egitto e in area mesopotami- complementari pertinenti ai sistemi di at-
Nazionale di Madrid (450-430 a.C.; MÉLIDA J. ca (TREVOR HODGE A. 2002, pp. 53). tingimento, possono essere ricavate anche
R. 1930-1935, p. 8, Tav XVI n. 3 a,b), in cui un Le testimonianze iconografiche mostrano dai ritrovamenti provenienti dagli scavi del
giovane in prossimità di un pozzo sormontato l’esistenza di diversi tipi di tolleno, tutti terreno di riempimento dei pozzi stessi o delle
da una struttura con carrucola, ha appena comunque privi di contatto diretto con il loro immediate vicinanze.
attinto l’acqua con una situla (Fig. 4). margine del pozzo, impiegati soprattutto Lo straordinario stato di conservazione
Della piena età imperiale (II sec. d.C.) è per sopperire al fabbisogno idrico delle delle strutture in legno a Ercolano ha per-
invece un sarcofago proveniente da Cava de’ campagne e delle ville rustiche. Quello più messo, ad esempio, di recuperare due ver-
Tirreni con scene di vita rurale, in cui è ben semplice è composto da un palo di legno ricelli carbonizzati con le rispettive corde
riconoscibile un parapetto di un pozzo con il infisso nel terreno, a cui si applica un ancora conservate, uno nel cortile della Casa
margine in muratura, su cui è fissata una bilanciere mobile con corda e secchio da un a Graticcio (III, 13-15) con una corda lunga
struttura con copertura che ha come fulcro lato e un contrappeso dall’altro, che agevola 9 metri, l’altro in corrispondenza del pozzo
una ruota di legno, che veniva azionata con le considerevolmente l’estrazione dell’acqua. di un thermopolium (cd. Grande Taberna, IV,
Marco Di Micoli
delle pendici vesuviane Hydroarch S.r.l. www.hydroarchsrl.com
E-mail: secretary@hydroarchsrl.com
Parole chiave (key words): vasche (sand trap), dissabbiaggio (flood routing), laminazione (reservoirs)
I
l nostro paese è caratterizzato, come è no- nazione, infiltrazione, dissabbiaggio, briglie,
to, da un elevato rischio idrogeologico. Lo tutte utilizzate all’epoca come protezione e
dimostrano le 5.400 alluvioni e le 11.000 difesa per i contadini dalle piene dei torrenti,
frane registrate negli ultimi 80 anni, non- dalle alluvioni e per evitare problemi d’impa-
ché i 30.000 miliardi di lire spesi negli ultimi ludamento, che affliggevano la città di Napoli
venti anni per ripararne i danni, e le cento e le falde del Vesuvio; erano i più grandi pro-
vittime che si contano nei soli ultimi anni. Tra getti di prevenzione del rischio idrogeologico
le cause del generale dissesto idrogeologico per quei territori.
è da annoverare altresì l’abbandono delle In ambito tecnico, le varie fasi di realiz-
campagne e di un certo tipo di coltivazione. zazione delle opere borboniche sono identifi-
In passato si privilegiavano le coltivazioni cabili dall’analisi tipologica delle murature.
cosiddette “a girapoggio” lungo le curve di Quelle di sponda degli alvei e delle briglie
livello. sono eseguite con scapoli irregolari in pietra
Così come raccomandava il Barone Cosi- lavica, disposti ad opera incerta a conci sboz-
mo Ridolfi, idrogeologo “ante litteram”, al suo zati e legati con malta di calce.
fattore Agostino Testaferrata con un mirabile Lo spessore di esse varia dai 60 cm. de-
trattato sulla bonifica dei versanti e delle col- gli argini fino ai 180 cm. delle spalle delle
line argillose toscane. briglie, realizzate a sacco. Secondo l’epoca di
Con l’avvento della meccanizzazione agri- realizzazione, si va dalla muratura a secco
cola si è sempre di più diffusa la coltivazione senza lavorazione alla muratura sagomata e
cosiddetta “a rittochino”, cioè lungo le linee spesso bocciardata, di accuratissima quali-
di massima pendenza, in quanto i trattori, tà di esecuzione. Le soglie dei salti hanno gli
lavorando lungo le curve di livello, tendono a Figura 1
ribaltarsi, mentre, se operano sulla massima
pendenza, arano bene. Così facendo, si rea-
lizzano però dei solchi che facilitano eviden-
temente le colate di fango.
Le aree maggiormente soggette a feno-
meni di “flash floods”, con le caratteristiche
proprie dei cicloni tropicali, sono quelle delle
regioni Liguria e Campania, per le quali mas-
simo risulta il fetch computato a partire dalle
aree nei dintorni dello stretto di Gibilterra. I
luttuosi eventi di Sarno del 1998 e di Cer-
vinara del ’99 testimoniano gli accadimenti
più gravi.
Il paesaggio agrario attuale, già in epoca
romana, per l’abbondanza delle acque, era
costituito da aree boscose e terreni coltiva-
ti, resi fertili dalle continue tracimazioni: in
seguito alla caduta dell’impero romano, la
Campania divenne terra di conquista da parte
dei Barbari e dei Bizantini; infine, i Longobardi
ne completarono la rovina.
Alle pendici dell’area vulcanica Somma-
Vesuvio, si celano le più maestose opere
idrauliche d’epoca Borbonica: vasche di lami- Figura 2
Figura 3
spigoli arrotondati. Generalmente i manufatti 4. argini contenitori in terra o in muratura o Utilizzati per la gran parte dell’anno come
venivano classificati in: misti, a difesa delle campagne solcate da strade. Salvo trasformarsi in impetuosi tor-
1. grandi briglie di ritenuta montana, che tronchi vallivi, che per la grande discesa renti in occasione delle precipitazioni di mag-
dovevano compiere il duplice ufficio di dei materiali si presentavano pensili o poco giore intensità. Che facevano sovente vittime
trattenere il materiale e consolidare le incassati rispetto alle campagne latistanti; tra gli utilizzatori di tali sentieri. E inondavano
sponde, mentre provvedevasi al rimbo- 5. catene e briglie di fondo per evitare le le zone più a valle di ingenti quantità di tra-
scamento delle pendici; corrosioni del letto degli alvei; sporto solido, rendendole impraticabili. Tra il
2. vasche di colmata per chiarificare le ac- 6. briglie di salto per diminuire la soverchia VII e l’VIII secolo, queste terre, senza più cu-
que nel rapido e brusco passaggio dalle pendenza; correzione dell’andamento dei ra, si erano trasformate in pantani e laghetti,
tratte montane, a ripidissimo pendio, a tratti ad angoli bruschi o fortemente cur- alimentati dalle acque che scendevano dai
quelle vallive; vilinei. monti del nolano, ora ricoperti da diversi bo-
3. vasche di assorbimento per quei torrenti Tradizionalmente tali aree alle pendici schi tra Acerra, Marigliano.
che, senza giungere a mare o in altri alvei, dell’area vulcanica Somma-Vesuvio erano Alla metà dell’800, sotto il regno dei Bor-
si spagliavano nelle campagne; caratterizzate dai cosiddetti “alvei-strada”. bone, vennero realizzate grandi vasche nelle
Figura 4
Figura 6
Figura 7
Figura 8
zio idrografico. Furono analizzati i campioni, veicolato dai corsi d’acqua e nel regimentare Ripristinando così le sagge usanze della
ne risultò che contenevano significative per- gli afflussi di acqua meteorica all’inghiottitoio. idraulica antica borbonica. I famosi eventi
centuali di materiale organico e di materiale In occasione degli eventi meteorici disa- del maggio, nonché quelli successivi del 99,
cripto-cristallino amorfo e basse percentuali strosi e luttuosi per i comuni contermini non hanno trovato tutte queste vasche vuote e le
di minerali argillosi (principalmente illite e si sono invece registrati lutti a Forino, grazie colate detritiche formatesi le hanno comple-
secondariamente smectite). alla efficacia delle misure e degli interventi tamente riempite. Ne è risultato che i danni
Alcuni campioni manifestarono una ca- preventivi adottati. Le opere comprese nel alla popolazione sono stati piuttosto conte-
pacità di assorbimento d’acqua superiore al progetto generale furono essenzialmente ri- nuti e, soprattutto, è stato possibile evitare
18%. Si è dedotto che la devetrificazione delle condotte alle tipologie di briglie, sistemazio- eventi luttuosi.
ceneri vulcaniche in silicato cripto-cristallino ni antierosione degli “alvei-strada”, vasche In definiva si può affermare che è di fon-
(SiO2.nH2O) accoppiata ad una granulome- di laminazione, infiltrazione, dissabbiaggio, damentale importanza che gli Enti Territoriali
tria fine e medio-fine aumentò a dismisura la canali di drenaggio realizzati con gabbiona- interessati si dotino tempestivamente di stru-
superficie di assorbimento d’acqua. Le cause te, collettori fognari, interventi di ingegneria menti di pianificazione generale degli interven-
dei movimenti di massa del Sarno sembraro- naturalistica. ti necessari a prevenire il dissesto idrogeologi-
no quindi essere correlabili ad una condizio- Le successive figure mostrano le vasche co, prendendo come esempio le efficienti opere
ne prolungata di imbibimento pluviometrico di contenimento delle colate di fango sul fosso Borboniche, di sapiente idraulica antica.
nelle zone dove si trovano suoli con il più alto San Pietro (Forino AV), dopo gli avvenimenti
indice di devetrificazione, ad elevata capaci- del maggio 1998, che hanno provocato even- RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
tà di assorbimento d’acqua e valori di carico ti luttuosi nei vicini Comuni di Bracigliano, Bogliotti, C., Hydrodata-IC, Diestsesteenweg 19,
tensile (tensile strength) critici. Sarno, Quindici, Siano; durante gli eventi che 3010 Leuven, BE (agosto, 1998), Evento fra-
Tali materiali, in condizioni di imbibi- si sono verificati dopo la sua realizzazione la noso del 10/5/1998 nell’area di Sarno: analisi
mineralogica semi-quantitativa.
zione prolungata producono un effetto di colata è stata integralmente trattenuta dalla Masullo, C. (2 marzo 1999), La pianificazione de-
sollevamento per rigonfiamento e di lubrifi- vasca, senza alcun danno a persone e cose gli interventi di sistemazioni idrogeologica ed
cazione degli strati superficiali piroclastici e nell’abitato idraulica nelle aree a rischio naturale: il caso
di conseguenza il loro scivolamento. L’ipotesi Le opere di prevenzione così realizzate del comune di Forino (AV), compreso nel bacino
scientifica apparrebbe meritevole di ulteriore hanno assicurato una notevole laminazione del fiume Sarno, Convegno: “La pianificazione
approfondimento. delle piene, una grossa infiltrazione, quindi urbanistica nelle aree a rischio. Oltre la legge
Al fine di ovviare a tali gravi inconvenienti evitando lo scorrimento sul territorio e sulle 267/1998: istituzioni a confronto”, Aula delle
Lauree, Università di Salerno.
e pericoli incombenti l’Amministrazione Co- strade ma infiltrazione verso falda profonda Masullo C., La pianificazione idraulica nelle aree
munale di Forino si è dotata di un Progetto di e soprattutto gran parte del materiale è stato a rischio: il caso del Comune di Forino (AV), nel
Pianificazione Generale di sistemazione idro- trattenuto. Sono state previste delle rampe di bacino del Sarno.
geologica ed idraulico-scolante del territorio discesa nelle vasche appositamente realizza- IDRA 2000 – XXVII Convegno di Idraulica e Co-
comunale (C. Masullo, 1999) ripristinando te che consentono la eliminazione di questi struzioni Idrauliche, Masullo C. e altri, Criteri di
l’antico uso delle bonifiche Borboniche, con sedimenti. Sono state stabilite convenzioni dimensionamento idraulico di opere di ingegne-
vasche di dissabbiaggio e di laminazione con i cavatori della zona che si sono resi ria naturalistica per interventi di sistemazione
idrogeologica.
delle piene. disponibili alla asportazione gratuita delle Ridolfi, C. (1934), “Memorie sulla bonifica colli-
La filosofia fondamentale del Progetto Ge- preziose sabbie vesuviane lavate, utilizzate nare”, pubblicazione promossa dalla Reale Ac-
nerale in questione consiste essenzialmente convenientemente per il confezionamento di cademia dei Georgofili. Roma ramo editoriale
nel ridurre drasticamente il trasporto solido malte e calcestruzzi. degli agricoltori.
Parole chiave (key words): Geoarcheologia (Geoarchaeology), Ostia (Ostia), bonifica (drainage), anfore
(amphorae), faglie (faults), polle (pools)
G
razie alle recenti ricerche geoarche- Rosagarden, tra via di Castelfusano ad Ovest umidi, di natura argillosa e torbosa, caratte-
ologiche nel suburbio di Ostia sono ed il Canale Colatore delle Acque Medie ad rizzati da una notevole risalita dell’acqua di
emersi nuovi interessanti elementi Est, è stata scoperta una sistemazione di bo- falda. La bonifica venne messa in atto con
riguardo alla conoscenza dell’idroge- nifica ad anfore, allineate sullo stesso asse ed una modalità d’intervento utilizzata anche in
ologia del territorio ed ai sistemi di bonifica orientate in senso ca. Est-Ovest, verso il mo- altre parti del mondo romano, in particolare
e drenaggio di terreni particolarmente umi- derno Canale (cd. Longarina 2) (Fig. 1, 1) (1). nell’Italia Settentrionale e, in qualche caso,
di. L’area presa in considerazione è quella Questo contesto fa riferimento ad un pre- Centrale e nella Gallia meridionale (per es.
presso la sponda sud-occidentale dell’antico cedente rinvenimento di anfore, messe in luce si veda su questo argomento: Antico Galli-
Stagno ostiense, estesa laguna retrodunare, poco più a Sud nel 1975, disposte in modo del na 1996, pp. 67-112; Antico Gallina 1998,
collegata da un canale (artificiale?) al mare tutto simile ed intercalate a estese colmate di pp.73-79; Balista 1998, pp.23-35; Lunardi
e a NO costituita dalle antiche Saline (Pan- terra mista a materiali fittili vari (cd. Longa- 1998; Antico Gallina 2011a e 2011b) (2).
nuzi, 2013); zona attualmente identificabile rina 1) (Fig. 1, 2). Questi lavori comportarono in una vasta
con lo svincolo stradale della via del Mare-via Le indagini archeologiche hanno perciò area prossima alla sponda occidentale della
di Castelfusano e con il primo tratto di via verificato la realizzazione, con tutta pro- laguna il rialzamento ed il livellamento del
di Castelfusano (località Longarina) (Fig. 1). babilità nei primissimi anni dell’impero, di piano di calpestio con potenti strati di terra,
In quest’area, nel 2005 nel corso di inda- un’ampia zona di bonifica, finalizzata alla si- mista a resti di materiale vario da costruzione
gini di scavo preventive effettuate dall’allora stemazione della riva paludosa dello Stagno (frammenti lapidei, laterizi, frammenti pavi-
Soprintendenza ostiense nell’area del vivaio ostiense mediante il risanamento dei terreni mentali, intonaci, etc.), vetri, ossa animali
Figura 1 – Il territorio orientale di Ostia: 1) Longarina 2; 2) Longarina 1; 3) anfore rinvenute presso il vivaio “Rosellini”; 4) area funeraria rinvenuta in una delle aiuole al centro dello
svincolo stradale di Ostia Antica sulla via Ostiense-via del Mare (da Pannuzi (ed.) 2007, tav.I, dis.G.Luglio con rielaborazione di C. Rosa e S.Pannuzi)
Figura 2 – Planimetria generale ed immagini fotografiche dei rinvenimenti di anfore nei siti di Longarina 1 e Longarina 2 (da Pannuzi et al., 2006, fig. 28, dis. F. Cenciotti, con foto
anche da Rivello 2002)
e ad una certa quantità di frammenti fittili canti del puntale o tagliate nel senso della e interessanti riflessioni sulla circolazione
(in particolare laterizi, anforacei, ceramica lunghezza. delle anfore utilizzate e sulle loro modalità di
acroma, sigillata italica), inquadrabili solo I contenitori fittili, rinvenuti per la mag- riuso, venendo in particolare a puntualizzare
orientativamente tra la fine del I a.C. ed il gior parte vuoti, erano disposti sul fondo della cronologicamente l’intero intervento antico di
secolo successivo. fossa tagliata nella torba e allineati per lo bonifica delle sponde dello Stagno ostiense
Nel 2005 nel tratto più a Nord sono state più su due fasce contrapposte, collo contro (5). La recente revisione di questi materiali
messe in luce due grandi fosse (Depositi “A” collo, mentre all’estremità orientale del De- è venuta così a fornire un contributo storico-
e “B”), in cui erano sistemate 47 anfore (Fig. posito “A” sono stati rinvenuti raggruppati e archeologico importante per la comprensione
2). I due depositi erano allineati sullo stesso parzialmente sovrapposti l’uno all’altro. dell’utilizzo e delle trasformazioni del territo-
asse ed orientati in senso ca. Nord-Est/Sud- Questi depositi di anfore sono da met- rio ostiense all’inizio dell’età imperiale, evi-
Ovest verso il moderno Canale, che risulta tere in relazione con i ritrovamenti del tutto denziando con maggiore precisione quello che
così corrispondere alla sponda occidentale di analoghi realizzati nel 1975 circa un centi- deve riconoscersi come un grande intervento
età romana del grande Stagno, a revisione di naio di metri più a Sud (Longarina 1) (Fig. 2), pubblico di risanamento del suolo messo
precedenti ipotesi archeologico-topografiche, anch’essi intercalati a estese colmate di terra in atto dall’imperatore Augusto, a scopo di
secondo le quali la sponda dello Stagno ri- mista a materiali fittili vari (4), il cui studio bonifica di aree paludose e malsane e, con
sultava molto più vicina all’attuale percorso è stato ripreso più di recente, proponendo tutta probabilità, anche ai fini dell’estensio-
della moderna via di Castelfusano (per es. l’esistenza in quell’area anche di una più ne dell’area agricola nell’immediato suburbio
Heinzelmann 1998, fig.1; Rivello 2002, fig.1; tarda fase di bonifica (III oppure IV-V secolo), della città (6).
Alessandri 2009, 16-18, fig. 2.2) (3). Durante successiva agli interventi originari, collocati In relazione a questi ritrovamenti può por-
lo scavo, lungo lo stesso allineamento dei de- tra la seconda metà del I a.C. e la metà del I si la scoperta, durante un’indagine di scavo
positi d’anfore, è stata accertata la presenza secolo d.C. (Rivello 2002). preventiva effettuata nel 2011 dall’allora So-
anche di altre due fosse, purtroppo sconvolte A seguito della prima analisi tipologica printendenza archeologica, di un altro conte-
da interventi moderni, ma con tutta proba- delle anfore di Longarina 2, fornita a con- sto archeologico con anfore adagiate in una
bilità relative al medesimo intervento antico clusione dell’intervento archeologico (Pan- fossa, localizzato a circa 200m più ad Ovest
di bonifica. nuzi et al. 2006, 211-212), il recentissimo di quelli precedentemente analizzati, lungo la
Le anfore rinvenute nelle due lunghe fos- approfondito studio tipologico del materiale moderna via del Mare, tra il vivaio “Rosellini”
se, poi colmate con sabbia, furono deposte anforico, effettuato anche in rapporto col ed il parcheggio della Stazione di Ostia Anti-
quasi tutte integre: solo alcune erano man- contiguo sito di Longarina 1, ha posto nuove ca della Ferrovia Roma-Lido (7) (Fig. 1, 3). In
Figura 3 – Le anfore rinvenute nel vivaio “Rosellini” (Area 8), con indicazione dell’altimetria del terreno in metri s.l.m. (elaborazione grafica G. Luglio)
Figura 4 – L’area dell’allineamento di anfore presso il vivaio “Rosellini” (dis. di scavo di G.Luglio)
questo caso l’intervento antico sembrerebbe sotto di 1 metro s.l.m. (8) (Figg. 3-4). È proba- e 2, mentre per l’ambito cronologico il conte-
essere stato più limitato, probabilmente con- bile che la falda acquifera locale si trovasse sto può ben attribuirsi alla medesima epoca
nesso alla presenza nel suburbio di strutture allora molto vicino al piano campagna, tanto augustea, collegando probabilmente anche
abitative antiche, forse rivolte ad uso agrico- da rendere necessaria una opera di bonifica questa sistemazione allo stesso ambito di
lo, ma localizzate evidentemente in una zona soprattutto in caso di forti precipitazioni. La interventi di bonifica del territorio.
umida, nell’area di transizione tra le dune e tipologia delle anfore rinvenute trova confron- Evidentemente in quest’epoca fu data par-
l’area di esondazione del Tevere a quote al di to con quelle presenti nei siti di Longarina 1 ticole attenzione alla sistemazione del territo-
Figura 5 – Le aree di scavo archeologico nn.5, 6 e 7, con la direzione dei piccoli canali di bonifica (dis. di scavo in a, b e c di G.Luglio).
Figura 6 – L’area funeraria rinvenuta nell’aiuola dello svincolo stradale di Ostia Antica (Area 7), con il sarcofago ligneo calcarizzato (dis. in alto a destra G. Luglio e dis. in basso a sinistra C. Rosa)
Figura 7 – a - La direzione della linea di faglia passante per i due scavi 7 e 10; b - I valori della conducibilità elettrica in pozzi espressi in μS/cm; c - ubicazione della via portuense
antica; d - dettaglio dell’area di scavo della Portuense antica; e, f - fotografie della Portuense antica tratte da Di Giuseppe, Serlorenzi (2008); g - prolungamento nei depositi alluvionali
della faglia presente nel foglio geologico al 50.000 - 373 Cerveteri
Figura 8 – Isobate della superficie di base del corpo alluvionale olocenico tiberino (modificata da Milli et al. 2013); b – Sezione a, circa NW--SE (modificata da Milli et al. 2013)
Altre forme di concrezioni calcaree, dovute al tra l’altro abbastanza profondo, un valore di ostiense e quindi potrebbe averne contribuito
medesimo fenomeno, sono state rinvenute in 19.470 μS/cm, non spiegabile con una sem- alla formazione.
un’altra area (n. 10) scavata più a sud (12), plice intrusione salina da parte di acque ma- A nord di questa linea di faglia, oltre il
rendendo possibile identificare la direzione rine, ma interpretabile anche esso come con- Tevere, in uno scavo archeologico preventi-
della faglia sepolta, alimentatrice di queste seguenza di risalita di fluidi profondi ricchi in vo per la progettazione della Nuova Fiera di
risalite di fluidi ricchi in carbonato di calcio, CaCO3, visto che il pozzo si trova esattamente Roma, è stato rinvenuto il tracciato stradale
NW-SE (Fig. 7, a). lungo la linea NW-SE già tracciata passante della via Portuense, di età imperiale, costruito
In uno studio eseguito alcuni anni fa da per le due aree di scavo archeologico (nn. 7 in viadotto rialzato sulla pianura alluvionale
Capelli et al. (2007) sulla intrusione salina e 10) realizzate dalla Soprintendenza arche- circostante (Fig. 7, c, d, e, f). In un settore di
nel delta del Tevere, analizzando la resistività ologia (Fig. 7, b). Va detto altresi che tale li- circa 120 metri della strada romana sono sta-
di un alto numero di pozzi nella porzione meri- nea di faglia si trova ad essere esattamente ti rinvenuti piccoli ponti in un numero notevo-
dionale del delta, è emerso per uno di questi, parallela alla costa meridionale dello Stagno le, a distanza ravvicinata, la cui spiegazione
ABSTRACT vo, con la prima colonizzazione Pre-islamica va per la produzione di datteri e, soprattutto,
In the Touat-Gourara area (algerian Sa- (Wilson A., 2006. – De Angeli S. & Finocchi S., di ortaggi (pomodori, melenzane, peperoni,
hara), there is a general trend for filtration 2008), lo sviluppo di un’economia agricola in zucche etc.) e cereali che arrivano anche nei
galleries (foggaras) to have a decreasing flow, condizioni di vita estreme, ancora oggi atti- mercati europei.
or even to dry up. A possible drop of the water
table of the Albian aquiferous could play a
role. There is no doubt that close-set modern
water drills have an influence. But the lack of
maintainance of the galleries, due to social
evolution, is probably the most important
reason for it. Various scientific investigation
methods will therefore be tested, enabling a
balance of these galleries: natural context
and working. Results shall be systematically
compared to informations given by users. Pi-
lot-operation will then be prepared in order to
test maintainance methods based on: either
maximum use of traditional technology and
local resources, or, at the contrary, mecni-
sation and motorisation of the cleaning out.
Such a process, in order to achieve whole ef-
ficiency, will have to be integrated in a global
policy for a sustainable management of the
resources of the area.
1.INTRODUZIONE
Le foggara sono gallerie cunicolari di
drenaggio e trasporto di acque di falda frea-
tica, funzionanti a gravità con recupero finale
dell’acqua alla superficie del suolo, dove si
formano delle sorgenti artificiali. La continu-
ità stagionale del flusso idrico e dell’erogazio-
ne dell’acqua attraverso una capillare rete di
canali di superficie e bacini di stoccaggio per
gli usi irrigui, oltre che potabili, ha consentito
la creazione delle oasi e di un’economia agri-
cola nelle aree desertiche del Sahara (Fig.1).
Le foggara sono maggiormente diffuse
nelle aree aride e iperaride del Sahara sud
algerino, ai bordi del tavolato del Tademaït
e comprendono le regioni (wilaya) del Touat-
Gourara e del Tidikelt, dove la piovosità non
supera i 50 mm/anno.
Lo scavo di cunicoli drenanti sotto la sab-
bia del deserto ha consentito fin dal medioe- Figura 1 – Il circuito e uso dell’acqua di una foggara nelle oasi del Sahara algerino
Figura 2 – Schema geometrico di una foggara e nomenclatura delle sue strutture principali in italiano, francese e berbero
Si tratta di una tecnica rudimentale, na- non superano normalmente 20m di profondità sione nel Sahara algerino (Wilaya d’Adrar)
turalistica e sostenibile, di scavi al grezzo (5÷20m) e la lunghezza di 10 Km (3÷10km). per prendere conoscenza dei problemi locali,
di cunicoli privi di opere d’arte, realizzati in In Sicilia, nella piana di Palermo gli ingruttati, incontrando i responsabili locali della gestio-
terreni recenti di facies continentale, spesso identici sistemi d’acqua sotterranei adattati ne dell’acqua dell’ANRH (Agencie Nationale
granulari e friabili, talora fini e poco conso- alle condizioni idrogeologiche e topografiche des Resources Hydrauliques) e delle “Asso-
lidati, che hanno bisogno di continue cure e del terrazzo calcarenitico affiorante, non su- ciazioni delle foggara” con i mastri d’acqua
manutenzioni per l’evoluzione erosiva e i dis- perano la profondità di 20m e la lunghezza (kel-el-mà) che rappresentano ancora oggi i
sesti cui sono sottoposti. di 2km (Todaro P., 2000). La loro origine e depositari delle tecniche di scavo e di gestio-
Questa pratica di scavo consente ancora datazione sembrano legate al periodo tardo ne tradizionali dell’acqua.
oggi di sfruttare esigue falde idriche attraver- islamico in Sicilia (XI secolo) grazie a rari Gli interventi previsti dal progetto si col-
so una moltitudine di captazioni sotterranee frammenti di ceramica interrati in una gal- locano tutti nell’area geografica del Sahara
cunicolari, autonome e frammentate, che leria della Piana dei Colli (Tusa S. e Biancone centrale, regioni del Gourara-Touat, dove si
superano 4000 Km di lunghezza, scavate a V., 1997). trova la maggior parte dei sistemi d’acqua
mano dagli harratin, lontani discendenti degli sotterranei tradizionali “foggara” che riguar-
schiavi neri mauritani, specialisti delle fog- 2. PREMESSE davano le seguenti tematiche applicative:
gara. Spesso sono acquiferi prevalentemente L’articolo illustra i primi risultati della 1. Bilancio idrico integrato e monitoraggio
fossili alimentati dalle precipitazioni prodot- ricerca denominata ”Progetto Foggara”, uno delle risorse idriche;
tisi sull’Atlas nord algerino in periodo preisto- studio condotto in Algeria a seguito di un pro- 2. Trattamento e riutilizzo delle acque reflue;
rico e durante l’ultima glaciazione Wurmiana tocollo di cooperazione bilaterale firmato nel 3. “Progetto Foggaras” di recupero e moder-
(12ka fa) e debolmente ricaricati da piogge 2004 tra il Ministero dell’Ambiente italiano nizzazione dei sistemi idrici tradizionali;
stagionali caratterizzate da volumi d’acqua e quello omonimo dell’Algeria nel quadro più 4. Studio di fattibilità e attivazione di un
notevolmente inferiori ai prelievi. ampio del “Progetto Sahara, lotta integrata geoparco a Tinerkouk (Gourara). Ciò che
A differenza degli altopiani iraniani, alla desertificazione”. è illustrato nell’articolo sono solamente i
dove i qanat raggiungono profondità incre- In precedenza nel 2002 su invito del go- primi risultati emersi da tre missioni di
dibilmente elevate fino a 100-200m e oltre verno algerino (Ministere de l’Amenagement lavoro condotte a più riprese nelle regioni
per attingere le falde freatiche (Papoli-Yazdi du Territoire et del’Environnement–MATE), Gourara-Touat (Wilaya di Adrar) dove so-
M.H., 1992; Goblot H., (1979), in Algeria come lo scrivente responsabile della associazione no stati eseguiti i rilievi in campo fin dal
in tutto il Maghreb nordafricano, le foggara SUBTERRANEA ONLUS, si era recato in mis- giugno del 2004.
7. CAUSE DI RIDUZIONE DELLE PORTATE E 2) L’incalzante riduzione della manodopera 7.1. Effetti d’insabbiamento sotterraneo
DI ESTINZIONE DELLE FOGGARA giovanile (urbanizzazione e fuga verso l’Eu- L’insabbiamento delle foggara è una delle
Il deperimento idraulico delle foggara, ropa dei giovani oasiani) ha reso sempre più più frequenti cause di riduzione della porta-
che registrano una riduzione costante delle difficile la manutenzione ordinaria, straordi- ta di una foggara al suo sbocco. Gli effetti
loro portate, in certi casi, fino all’estinzione, naria e dei lavori di ripristino dei cunicoli. Il d’insabbiamento si producono attraverso le
è un fenomeno vasto e grave per l’economia conseguente stato di abbandono delle fogga- canne dei pozzi di servizio, a causa della
agricola locale e per il futuro delle popolazioni ra ha favorito ancor più le condizioni di dis- lenta infiltrazione (o talora rapida, rovina)
oasiane, in costante aumento e diffuso in tut- sesto e di degrado, riferibili a svariate cause di sabbie dall’esterno (“sables cheminées”).
ta le regioni sahariane. Le cause sono varie, e tipologie di effetti critici che sono stati in- La sabbia dunale viene giù dalla bocca del
a parte quelle più generali climatiche dovute dividuati e studiati nell’ambito del “Progetto pozzo a causa dei venti dominanti saharia-
al lento inaridimento del clima, cui non si può Foggara”, il cui fine è stato quello di potere ni e si accumula alla base (Figg. 9-10A). I
porre facilmente rimedio, due sono i fattori intervenire, in relazione alle risultanze degli venti delle regioni del Touat-Gourara e Tidi-
contingenti e locali che si possono conside- accertamenti e dei rilievi condotti in loco, con kelt, piuttosto frequenti a febbraio e a luglio,
rare principali responsabili: proposte di trasformazione e modernizzazione soffiano prevalentemente da Nord-Nord-Est
1) lo scavo di pozzi trivellati nelle zone d’in- delle tecniche e dei metodi di manutenzione e a Sud-Sud-Ovest, mentre la direzione preva-
fluenza e d’interferenza idrogeologica; nell’organizzazione dei cantieri. lente dei tracciati delle foggara è Est-Ovest,
2) la mancanza di manutenzione e pulizia
delle gallerie.
1) Negli ultimi decenni la falda Continen-
tale Intercalare è stata sempre più sfruttata
attraverso pozzi trivellati realizzati in nume-
ro sempre crescente e per profondità sempre
maggiori, per far fronte alla forte domanda
di acqua necessaria per le nuove coltivazio-
ni industriali di ortaggi e cereali in enormi
estensioni di serre (“plasticulture”), irrigati
con impianti a dispersione (“rampes-pivot”),
ubicati in pieno deserto e non lontano dalle
oasi. La diffusione delle perforazioni è dipesa
anche dall’intensa urbanizzazione e crescita
demografica concentrata in pochi centri ur-
bani del Touat-Gourara, che ha comportato
un incremento dei fabbisogni di acqua po-
tabile e di uso igienico-sanitario. Il conse-
guente sovrasfruttamento degli acquiferi ha
contribuito all’abbassamento non sostenibi-
le e irreversibile dei livelli piezometrici delle
falde più superficiali che sono proprio quelle
da cui attingono le foggara, che soffrono
adesso forti riduzioni di portata e rischiano
l’estinzione. Figura 9 – Sezione e pianta (della bocca di sfiato) della foggara dell’oasi di Ouzdiene (Gourara)
Figura 10 A – Insabbiamento dall’esterno dai pozzi di ser- Figura 10 B – Ostruzione per franamento della bocca Figura 10 C – Ostruzione per franamento del tetto di base
vizio scoperchiati del pozzo di servizio
Figura 10 D – Ostruzioni per erosioni e crolli dalle pareti e Figura 10 E – Rallentamenti e ostruzioni per erosioni di fondo Figura 10 F – Gli effetti di ostruzione delle radici del ta-
tetto della galleria marindo
Davide Fronzi
dell’anconetano: valenza Dottore in Ingegneria
Livia Nanni
di un tempo e stato attuale Archeologa, libera professionista
Flavio Soriano
The ancient sources of the plio-pleistocene Archeologo, libero professionista
PREMESSA all’alimentazione delle antiche fonti, non si tettonica sia a fenomeni glacio-eustatici. È di
La maggior parte dei centri abitati dell’a- dispone ancora di elementi concreti che ne interesse notare nella carta e nella sezione geo-
rea pedemontana e collinare marchigiana possano comprovare l’effettiva validità. Sulla logica di Fig. 1, che non tutti i cicli sono presenti
possiede antiche fonti, utilizzate fino al recen- base quindi della nostra analisi, si ritiene che nell’area indagata e che i maggiori centri abi-
te passato a scopo idropotabile, alimentate da ulteriori studi, coadiuvati da approfonditi rilie- tati, ubicati sulla sommità dei rilievi collinari,
sorgenti emergenti dagli acquiferi dei corpi vi di campagna e della rete ipogea, siano tut- sorgono sui corpi arenacei caratterizzati da
arenacei e arenaceo-pelitici del Plio-Pleisto- tora necessari per contribuire ad una migliore sabbie ocracee con livelli conglomeratico-are-
cene. Ai nostri giorni le acque di tali sorgenti e più completa comprensione dei reali rapporti nacei e argilloso-siltoso-sabbiosi del Quater-
sono sottoposte a inquinamento dovuto es- idraulici tra cunicoli artificiali del sistema ipo- nario medio-superiore. Nello specifico, l’unità
senzialmente agli scarichi degli insediamenti geo, sorgenti naturali e antiche fonti. arenaceo-sabbiosa debolmente cementata su
urbani e all’attività produttiva industriale, ar- cui sorgono ad esempio i centri storici di Osimo
tigianale e agricola. Con l’inquinamento, che INQUADRAMENTO GEOLOGICO o di Offagna, è costituita da una percentuale
ha reso inutilizzabili le acque delle fonti, si è Sotto l’aspetto geologico nella zona delle di sabbia maggiore del 90%, fattore che ha
giunti nel tempo al loro abbandono e, accan- antiche fonti affiorano i termini della succes- portato gli abitanti della zona a sfruttare tale
to ad esempi di fonti antiche verso le quali i sione plio-pleistocenica dell’area collinare litotipo per un’ampia serie di usi, come verrà di
comuni fin dal passato hanno mostrato sen- adriatica, tipica dell’avanfossa marchigiana seguito descritto.
sibilità, intervenendo con opere di restauro e esterna. La successione è rappresentata dalle Per quanto riguarda la geometria dei corpi
sistemazione, ne esistono altri di fonti lasciate argille e argille marnose grigio-azzurre e plum- arenacei intercalati alle argille, essi possono
in uno stato di evidente trascuratezza. bee del Pliocene inferiore e medio p.p. (Fig. 1) avere una notevole continuità laterale e spes-
La nostra analisi si è focalizzata sulle fon- su cui giace, in trasgressione la sequenza del sori variabili da pochi metri fino a 60 metri circa
ti dei comuni collinari di Osimo, Castelfidar- Plio- Pleistocene, costituita da argille marno- (Fig. 2). Tendono a ridurre il loro spessore e a
do e Camerano in provincia di Ancona che in se plumbee, argille siltose e siltoso-sabbiose chiudersi a lente all’interno delle argille plio-
molti casi, per la presenza di articolate opere azzurrine e ocracee con intercalati corpi are- pleistoceniche in senso N-S e NE-SO o a sfran-
di presa con più vasche e pregevoli strutture nacei, arenaceo-pelitici e pelitico-arenacei. Il giarsi in più corpi in direzione NO-SE. Affiorano
in muratura risalenti fino al periodo romano, Pleistocene si chiude con i depositi arenacei e in superficie per aree molto estese, sebbene
testimoniano quanto siano state di vitale im- arenaceo-conglomeratici su cui sorgono molti spessissimo obliterati dall’urbanizzazione.
portanza per quei paesi. Tale indagine quindi centri abitati della fascia costiera marchigia- Nell’area indagata la giacitura sub-oriz-
vuole essere un contributo alla salvaguardia na (Fig.1). Nell’area in studio non affiora mai zontale della successione del Plio-Pleistocene
di tali opere e uno stimolo alla creazione di ve- la successione stratigrafica completa e la sua non si discosta dal generale andamento a
ri e propri siti locali di interesse storico-arti- ricostruzione è resa difficile per la scarsità di monoclinale immergente verso il Mare Adria-
stico e nello stesso tempo tecnico-scientifico affioramenti, per la natura eteropica dei corpi tico, stessa direzione in cui i corpi arenacei
che contribuiscano a maggiore conoscenza e sedimentari ed infine a causa della comples- si chiudono a lente all’interno delle argille.
valorizzazione delle antiche fonti marchigiane sità tettonica (Nanni & Vivalda, 2009). Sebbene per la scarsità di affioramenti sia
e del territorio in cui si trovano. In particolare, nella sequenza sedimentaria rara l’osservazione della giacitura degli stra-
Da un punto di vista più pertinente alle del bacino pleistocenico marchigiano dell’an- ti e l’andamento della fratturazione, è stato
tematiche dell’idraulica antica, dall’analisi conetano, trasgressiva sul Pliocene medio p.p., ipotizzato che la tettonica plio-pleistocenica
della documentazione storica è emersa la tesi si sono riconosciuti, su basi lito-stratigrafiche, abbia agito nell’intera zona con faglie a di-
di possibili collegamenti idraulici tra fonti e almeno cinque cicli deposizionali trasgressivo- rezione appenninica NO-SE, probabilmente a
cunicoli realizzati per la distribuzione delle ac- regressivi (Colalongo et al., 1979): cicli bati- loro volta sbloccate da faglie a direzione anti-
que e scavati nei complessi ipogei artificiali metrici in continuità di sedimentazione, dati da appenninica (Pialli et al., 1998; Finetti et al.,
presenti nelle arenarie su cui sorgono i centri depositi di mare più profondo (argilla e argille 2001). La sottostante sequenza del Pliocene
storici dei paesi dell’anconetano. Lo studio siltose della fase trasgressiva) alternati a depo- post-orogenico è invece strutturata a pieghe,
ha voluto pertanto indagare particolarmente siti di mare più basso (corpi arenaceo-pelitici, faglie e sovrascorrimenti e, da Mattioli (2015),
in questa direzione. Tuttavia, sebbene siano arenacei e arenaceo-conglomeratici di depositi risulta che la tettonica compressiva possa
state reperite testimonianze varie riferibili costieri, fase regressiva), riconducibili sia alla aver interessato anche il Pleistocene basale.
Figura 1 – Carta geologica dell’area in studio: particolare della Carta del Bacino Idrografico del Fiume Musone, 1:50.000 di Nanni et al.,(1996) e sezione geologica. Legenda: 6: Depositi
di frana; 7: Depositi alluvionali; 11: Arenarie e sabbie ocracee con livelli argilloso-siltoso-sabbiosi (Pleist.m.sup.); 12: Argille con arenarie in strati lenticolari (12). Corpi arenacei di
panchina organogena con pecten, ostree, gasteropodi e ghiaia (12d) intercalati alle argille (Pleistocene m.); 13: Argille marnoso-siltose ocracee (13) con corpi arenaceo-pelitici (13 b)
intercalati (Pleistocene m.); 14: Argille siltose e siltoso-sabbiose azzurrine e ocracee (14) con unità arenaceo-pelitiche (14a) (Pliocene sup. somm.); 16a-15: Argille e argille marnose
(Pliocene inf. m.). AB, CD e EF tracce sezioni geologiche. Fonti: F1:Fonte Acquaviva, F2: Fonte del Tesoro, F3: Fonte Montecesa, F4: Fonte Magna, F5: Fonte del Pelo, F6: Fonte del Guazzatore,
F7: Fonte del Gattuccio, F8: Fonte Follonica, F9: Fonte San Gennaro, F10: Fonte Vescovara, F11: Fonte della Concia, F12: Fonte di Gualdo, F13: Fontanina
GLI ACQUIFERI DEI CORPI ARENACEI DEL dei paesi dell’area in studio, e le sottostan- arenaceo-pelitici della zona, hanno costituito
PLIO-PLEISTOCENE ti argille (Figg. 1 e 2). In altri casi, sorgenti la maggiore risorsa idrica utilizzabile per sco-
Dall’analisi dell’assetto idrogeologico emergono dai corpi arenacei intercalati alle pi sia idropotabili sia produttivi (abbevera-
dell’area, risulta che i corpi arenacei e arena- argille appartenenti ai cicli più antichi. Non mento bestiame e produzione agricola) prima
ceo-pelitici del Plio-Pleistocene costituiscono mancano anche casi di sorgenti emergenti che si sviluppasse il sistema di sfruttamento
degli acquiferi sostenuti dai corpi argilloso- da corpi di frana che interessano sovente i delle acque degli acquiferi di subalveo. Per
marnosi e argilloso-siltosi che fungono da ac- versanti, spesso costituiti da elementi più o inciso, nell’area, oltre alle sorgenti alimen-
quiclude. L’assetto strutturale generale della meno grossolani derivanti a loro volta dalle tate dagli acquiferi plio-pleistocenici, sono
zona con andamento a monoclinale debolmen- unità arenaceo-pelitiche, o di sorgenti emer- infatti presenti acquiferi nei depositi eluvio-
te inclinata, condiziona sia la circolazione idri- genti dai depositi eluvio-colluviali in diretto colluviali e alluvionali di fondo valle e nelle
ca nei corpi arenacei sia l’estensione delle aree contatto idraulico con gli acquiferi arenacei pianure alluvionali, tra cui le maggiori sono
di alimentazione, così come l’emergenza delle (Fig. 1). Ricaricate esclusivamente dalle pre- quelle dei fiumi Aspio e Musone.
sorgenti, che generalmente sono ubicate nei cipitazioni meteoriche, le sorgenti hanno un In definitiva, gli acquiferi della sequenza
versanti a franapoggio immergenti in direzione regime perenne, con portate variabili tra loro, plio-pleistocenica, per l’abbondanza di acqua
adriatica e in quelli vallivi a traversopoggio. passando da un minimo in autunno di circa e per la possibilità di poterne usufruire, han-
Nella maggior parte dei casi le sorgen- 2 l/min, a massimi di circa 30 l/min alla fine no rappresentato senza dubbio uno stimolo
ti, captate fin dall’antichità, emergono al della stagione primaverile. alla scelta di questi luoghi da parte delle
passaggio tra le estese unità arenacee di Dal passato più antico fino poco più di prime popolazioni, hanno guidato la nascita
copertura che occupano le sommità delle un secolo fa, le acque emergenti dalle sor- dei primi insediamenti ed esercitato per se-
colline, sulle quali sorgono i centri storici genti alimentate degli acquiferi arenacei e coli un ruolo fondamentale per la vita degli
Figura 2 – Uno dei maggiori affioramenti dei depositi di chiusura della sequenza quaternaria, su cui sorge il paese di Offagna (foto) e relativa sezione geologica schematica ad andamento
NO-SE (vedi Fig. 1). La freccia indica la presenza dell’emergenza sorgentizia posta alla base della rocca medievale captata da un’antica fonte oggi ristrutturata
abitanti della zona. Per il peculiare assetto sec.a.C. che, costruite in opus quadratum, si erroneamente “tufo”. Tali ambienti sotter-
idrogeologico dell’area, unitamente allo svi- estendevano per circa 2 km attorno all’antico ranei sono dati da corridoi lungo i quali si
luppo e alla crescita dei centri abitati sorti centro di Auximum; oggi ne rimane un tratto aprono nicchie laterali o ampie sale, spesso
sui corpi arenacei ad elevata conducibilità di almeno 250 m in eccellente stato di con- collegati all’esterno, per ricevere luce e aria,
idraulica, le acque emergenti dagli acquiferi servazione (Baldoni, 2001). mediante numerosi pozzi verticali accessibili
plio-pleistocenici sono però altamente vulne- Come documentato dagli studi archeolo- e percorribili. Gli utilizzi che i vasti ambienti
rabili e facilmente soggette ad inquinamento gici, i primi insediamenti in tali zone risalgono ipogei hanno avuto attraverso i secoli sono
generalmente dovuto, ai nostri giorni come ai Piceni e, come riferiscono gli storici, fin dai stati diversi: come cave sotterranee, cantine
in molti casi anche nel passato, a perdite primi abitatori venne sviluppato all’interno per la conservazione del vino o degli alimen-
della rete fognaria, all’attività produttiva delle gradine un grande sistema di ambienti ti e probabile rete di drenaggio delle acque
industriale, artigianale e agricola. Si ripor- ipogei, scavando e lavorando quella roccia sotterranee, ma anche luogo di culto o ca-
tano infine dati, derivati da analisi condotte arenacea che per la scarsa cementazione ve- tacombe, rifugio e difesa contro aggressioni
durante la presente indagine, sulla tempera- niva e in alcuni casi viene tuttora chiamata da parte di nemici. Proprio a quest’ultimo
tura media annua delle acque che è di circa
12°C, con uno scarto da circa 5 a 3°C con
i valori massimi e minimi stagionali, sulla
conducibilità elettrica che ha valori medi di
circa 1200 μS/cm e sulla facies chimica che
risulta bicarbonato-calcica con arricchimenti
in solfati e magnesio. La qualità delle acque
delle antiche fonti, con valori dei parametri
chimico-fisici più alti degli standard consen-
titi, le rende, come ripetutamente detto, non
più utilizzabili a scopi idropotabili.
L’AMBIENTE IPOGEO
Le colline su cui sorgono i centri storici
di paesi quali Camerano, Osimo e Castelfi-
dardo, notoriamente chiamate “gradine”,
hanno la comune caratteristica morfologica
di avere l’apice spianato artificialmente, ca-
ratteristica oggi difficilmente riconoscibile
per l’urbanizzazione. La sommità dei rilievi
collinari inoltre, come si può osservare in Fig.
1, dal punto di vista litostratigrafico è data
dai corpi arenacei e arenaceo-conglomeratici
di chiusura delle sequenza quaternaria anco-
netana per i paesi di Osimo e Castelfidardo,
e dal corpo arenaceo, arenaceo-organogeno
e arenaceo-pelitico con intercalati livelli ar-
gillosi grigiastri più antico, per il paese di
Camerano. Tali litotipi sono stati fin dal più
lontano passato ampiamente utilizzati come
materiali da costruzione e ne sono un esem-
pio oltre ad importanti edifici storici, le impo- Figura 3 – Camerano: ampia sala della grotta Mancinforte (WEB RIF.1) a 20 m di profondità e “Sezione longitudinale
nenti mura di Osimo risalenti all’inizio del II rappresentante lo sviluppo ipogeo compreso tra Piazza Roma e Via Maratti” da Recanatini (1997)
Figura 4 – Osimo: foto di un corridoio con nicchie laterali del sistema ipogeo (WEB RIF.2), schizzo riguardante le “Principali grotte sotto il centro storico di Osimo” di Recanatini (1996)
e sezione geologica (vedi Fig.1) con schema idrogeologico di alimentazione della storica Fonte Magna
Figura 5 – Osimo: Fonte Montecesa chiamata anche fonte del Borgo, a sinistra, e Fonte del Guazzatore, a destra. La fonte Montecesa è data da una struttura in laterizi a quattro arcate
a tutto sesto con tre vasche voltate a botte. Il prospetto con timpano triangolare è delimitato da elementi lapidei modanati; per evidenziare lo stacco tra il piedritto e gli elementi
estradosso sono stati utilizzati dei mattoni aggettanti sfalsati a ricalcare l’idea di un capitello. Una lapide ricorda un restauro del 1791 ad opera della Chiesa e del Comune. La fonte del
Guazzatore è a cinque arcate in laterizi, con altrettante vasche a pianta quadrangolare di differente dimensione. La parte antistante la fonte, presumibilmente interamente pavimentata
con laterizi, è attualmente obliterata dalla vegetazione. Sotto, i due disegni di Mattioli Benvenuti (1866), corredati di una dettagliata descrizione dello stato di manutenzione delle fonti,
a dimostrazione dell’impegno del Comune a mantenerle in buona efficienza
Figura 6 – Osimo: Fonte del Tesoro, a sinistra, piccola fonte senza nome, al centro, e fonte dell’Acquaviva, a destra. La fonte
del Tesoro è costituita da 5 vasche e due sorgive. Realizzata con laterizi allettati di piatto e maltati, è stata evidentemente
rimaneggiata nel corso dei secoli. L’acqua filtra dalle murature, mentre i condotti alloggiati nella struttura risultano
intasati. Le acque stagnanti contenute nelle vasche risultano fortemente invase da vegetazione. A pochi metri di distanza
tra i rovi esiste un’altra fonte, realizzata sempre in laterizi, con un accesso ad arco a tutto sesto e volta a botte, con fondo
absidato e due ali ricavate lateralmente, una ad arco ribassato e l’altra con arco a tutto sesto. La fonte dell’Acquaviva
infine, su cui è stata apposta una lapide commemorativa del restauro, è stata realizzata in laterizi ed è caratterizzata da
linee curve che ne determinano il profilo delle vasche e di tutta la struttura. Nel disegno di Mattioli Benvenuti si osserva
la presenza di una seconda fonte dell’Acquaviva completamente rimaneggiata nel tempo
Fonte Magna tra loro associati da funzioni diverse. Non si dell’esedra. Altre tracce di elementi, che po-
Presso il pendio settentrionale della colli- conserva nella sua interezza, in quanto la tevano fungere sia da decoro, che da elementi
na di Osimo, a pochi metri dalle mura romane, parte a nord dell’emiciclo risulta fortemente funzionali, si osservano sull’intera struttura
è sita Fonte Magna (F4 in Fig. 1). Il suo nome, compromessa da opere di distruzione dolosa in calcestruzzo.
secondo alcune ipotesi che rimandano a nar- perpetrate nel corso dei secoli (Gentili, 1990). Nella porzione che rimane più a nord si
razioni della tradizione osimana, potrebbe de- Nonostante le avverse vicende e l’opera di- notano 22 incavi, disposti su due file orizzon-
rivare da un episodio legato a Pompeo Magno, struttiva del tempo, i resti permettono di poter tali parallele, ad altezze diverse, realizzati in
il quale, trovandosi ad Osimo per precettare asserire che Fonte Magna è da ascrivere al un momento nel quale il calcestruzzo doveva
nuove milizie, vi fece abbeverare i suoi cavalli; tipo di strutture denominate ninfei ad esedra risultare ancora fresco, in quanto le loro pa-
altri ritengono invece che il suo nome derivi e anticamente doveva sicuramente essere reti hanno una superficie piana, ben levigata.
dal fatto che nel corso dei secoli tale fonte munita di una copertura. Nella carta del Blaeu Come gli incavi testé descritti, ve ne sono altri
abbia svolto un ruolo di primaria importanza del 1600 ha una forma circolare. La fonte vera tre pressoché quadrati nella parte superiore
nelle vicende osimane (Gobbi, 1999). Della è propria (Fig. 7) è costituita da un emiciclo in centrale dell’esedra e un altro rettangolare.
fonte ne parla anche Procopio di Cesarea, ci- calcestruzzo (opus caementicium), realizzato Un ultimo foro, passante, è al margine setten-
tando l’evento nel quale il generale bizantino con calce, ghiaia centimetrica e schegge di trionale basso, con pareti irregolari, scabre,
Belisario tentò di espugnare Osimo, occupa- selce, con inclusi altri materiali aggregati. eseguito forse in una fase successiva rispet-
ta dai Goti dal 520, e durante l’assedio tentò Tale manufatto si conserva in altezza per circa to agli altri. A est del margine meridionale
di manomettere Fonte Magna per mettere la 5,75 m e per circa un quarto di circonferenza dell’esedra in calcestruzzo si riscontra una
cittadinanza alle strette, senza però riuscire a (diametro di circa 6 m). Sulla sua sommità parete in blocchi squadrati (opus quadratum)
distruggere il manufatto. Per quanto concer- sono riscontrabili sei incavi posti a differenti aventi dimensione 0,80x0,40x0,55 m, che si
ne la sua datazione si può ipotizzare un perio- distanze tra loro forse funzionali per l’am- lega all’esedra e si conserva per un tratto di
do compreso tra la fine del I sec. a.C. e l’inizio morzamento di travature atte a sostenere la circa due metri e per un’altezza pari a quella
del I sec. d.C. (Neuerberg, 1965). Oggetto di copertura. Si può apprezzare, nella parte alta della struttura in calcestruzzo. Due vasche re-
numerose attenzioni nel corso dei secoli, la di tutto l’emiciclo, una porzione residuale di alizzate con differenti tecniche, sicuramente
fonte è stata più volte riadattata e modificata, intonaco, spesso circa 7 cm; è altresì riscon- più tardi rispetto all’emiciclo stesso, attual-
dimenticata e ripristinata. L’intero impianto trabile la traccia rettilinea, lungo la parete in mente svolgono la funzione di contenzione
(Fig. 7), la cui descrizione seguente deriva calcestruzzo, dell’impronta lasciata da una delle acque. La prima, quella della porzione
da Gobbi (1999) e da sopralluoghi in sito, è fistola (verosimilmente in piombo), che dove- più meridionale, è realizzata tramite un al-
da considerarsi un insieme di più elementi va condurre l’acqua verso la sezione centrale zato in laterizi, costituito con tecnica a cro-
Figura 7 – Osimo: Fonte Magna. Nelle foto sono contraddistinti i diversi componenti del complesso della fonte
La fonte di Camerano
Nel versante nord occidentale del colle
di Camerano è presente una antica fonte,
chiamata La Fontanina o Fontevecchia (F13
in Fig. 1) che riceve le acque da un potente
corpo arenaceo medio-pleistocenico (Fig. 1),
costituito da arenarie, arenarie organogene e,
nella parte basale da arenarie con interca-
lati livelli argillosi grigiastri. All’interno del
potente corpo, come si è brevemente parlato
nelle pagine precedenti, è scavato l’imponen-
te complesso ipogeo, oggetto di leggende po-
polari e fulcro della vita paesana nei decenni
e nei secoli andati. La fonte è composta da
varie strutture, come è descritto e osservabile
in Fig. 8.
Notizie, non documentate in questa sede
da bibliografia, riferiscono di un serbatoio o
bottino di raccolta delle acque all’interno del-
la struttura e non visibile. La Fontanina quindi
dovrebbe essere alimentata da un cunicolo di
raccolta delle acque del complesso arenaceo
presumibilmente collegato a quello ipogeo,
così come viene schematizzato nella sezione
di Fig. 8. Anche in questo caso quindi, come
per l’antica fonte romana di Osimo, la portata
dell’emergenza naturale sarebbe stata incre-
mentata artificialmente da opere idrauliche
riconducibili ai condotti appartenenti alla
fitta rete di cunicoli sotterranei.
Le fonti di Castelfidardo
Dell’area di Castelfidardo sono sicura-
mente da ricordate due fonti: la Fonte della
Concia (F11 in Fig. 1) e quella del Gualdo (F12
in Fig. 1). La prima venne sicuramente costru-
ita in corrispondenza di un’emergenza natu-
rale di acqua dal corpo arenaceo-pelitico del
Pleistocene medio (Fig. 1) mentre la seconda,
una decina di metri più a valle della prima, è
ubicata su depositi eluvio-colluviali posti alla
base dello stesso corpo; le due fonti quindi so-
Figura 9 – Castelfidardo: Fonte della Concia, sopra, e Fonte del Gualdo, sotto. La prima ha una struttura realizzata in alzato no alimentate dallo stesso acquifero (Fig. 1).
con laterizi maltati e allettati di piatto in cui sono state ricavate due nicchie con cannella. Le cannelle adducono acqua in
un’unica vasca, avente il cordolo in materiale lapideo. A poca distanza si può osservare una vasca quadrangolare incassata La Fonte della Concia fu realizzata nel XVII
nel terreno che, con ogni probabilità, era usata per le operazioni della concia del pellame, come lasciano dedurre i cordoli, secolo e utilizzata fino al XX secolo; è costitu-
sempre in materiale lapideo, opportunamente conformati per tale attività. L’intera area è pavimentata in laterizi. La Fonte
del Gualdo è stata realizzata con laterizi maltati ed allettati di piatto in cui la sommità delle murature è in laterizi maltati ita da due strutture, sicuramente con diverse
allettati di taglio in modo da formare un cordolo uniforme. La muratura di fondo ha un profilo singolare, con la porzione funzioni così come si può osservare in Fig. 9;
centrale, in corrispondenza con la vasca di mezzo, soprelevata, con un timpano semicircolare, dai quali margini discendono
due lesene, che vanno a prolungarsi orizzontalmente a formare le pareti della vasca. Le altre due vasche, adiacenti, sono è stata oggetto di risistemazione negli anni
alimentate da doccioni che attingono da quella centrale, facenti funzione di sfioratori di quest’ultima. Osservando la fonte 2005-2006. La fonte del Gualdo (Fig. 9), an-
frontalmente si può notare come la vasca di destra abbia i cordoli posti ad una minor altezza rispetto a quella posta a
sinistra, verosimilmente per compensare la pendenza del piano campagna. L’area antistante le vasche è parzialmente tichissima, fu realizzata nel 1492 e dopo anni
pavimentata con laterizi allettati di piatto e anni di abbandono fu restaurata nel 2003.
Mario Parise
Rupestrian hydraulic works Dipartimento Scienze della Terra e Geoambientali,
Università “Aldo Moro”, Bari
in Turkey E-mail: mario.parise@uniba.it
Ali Yamaç
Parole chiave (key words): opere idrauliche sotterranee (underground hydraulic works), pozzi (well),
OBRUK Cave Research Group, Istanbul
cisterne (cistern), acquedotti (aqueduct), Cappadocia (Cappadocia), Turchia (Turkey)
1. INTRODUZIONE La prima, breve testimonianza a noi nota chissime altre testimonianze, molto succinte,
La Turchia, ed in particolare la Cappa- risale a Erodoto che, nel V secolo a.C. scrive tutte risalenti tra fine Ottocento e inizio Nove-
docia, rappresentano indubbiamente uno dei di una deviazione del fiume Kızılırmak (si veda cento. L’archeologo scozzese Ramsay riferisce
siti al mondo maggiormente famosi per lo svi- § 3.16), forse corrispondente al tunnel docu- che: “At one village (Ndr.: senza peraltro farne
luppo di cavità scavate dall’uomo, con veri e mentato soltanto nel 1984 da Gilli. il nome, ma probabilmente corrispondente al
propri insediamenti che caratterizzano vaste Assai dopo lo storico greco, e prima del ge- villaggio di Çekme, presso Derinkuyu, ancora
aree del territorio. In questo contesto, nono- ografo e speleologo francese, ci risultano po- oggi in funzione - Fig. 2) the water was got
stante l’abbondante bibliografia esistente sui
siti della Cappadocia, non molti lavori sono
stati dedicati agli aspetti di idraulica rupe-
stre. Con il presente contributo ci proponiamo
l’obiettivo di colmare, almeno parzialmente,
questa lacuna, fornendo una prima, seppur
sintetica, descrizione delle tipologie di opere
idrauliche individuate.
Dove non specificato diversamente, le
località citate si riferiscono alla Cappado-
cia (Fig. 1), la regione della Turchia cen-
trale costituita da estesi depositi vulcanici,
caratterizzata dalla presenza di un numero
impressionante di insediamenti rupestri e
sotterranei di epoca bizantina, tra cui interi
villaggi e rifugi, ed oltre 600 chiese scavate
nella roccia.
Figura 5 – Midas Şehri. Vasche combinate a cisterne coperte, con scalinate ricavate nella roccia (Foto R. Bixio & A. Yamaç)
Pozzi idrici in senso lato, o meglio “pozzi nelle pareti, a rampa unica o a zigzag (rampe 3.7. Cisterne pensili. Vasche e cisterne posso-
complementari per opere idriche” si possono contrapposte). Su un lato di ciascuna vasca no trovarsi anche nei livelli più alti delle falesie,
considerare anche quelli realizzati in fase di si inoltra un’ampia camera sotterranea, in cui come nel caso dell’insediamento di Sarıhıdır,
scavo dei condotti orizzontali (allineamento, prosegue la rampa discendente. L’insieme fa nei pressi di Avanos (Gilli et al., 2014). Nel caso
ventilazione, evacuazione, manutenzione), pensare ad un sistema per la raccolta di ac- di Bitlis (Lago di Van, Turchia sud-orientale),
nonché i pozzi dissipatori e i pozzi-vespaio que piovane o di fusione nivale, in aggiunta a la cisterna (Fig. 6) è collocata a metà di un
(si veda oltre, § da 3.8 a 3.14). diverse piccole sorgenti alla base del terraz- cunicolo discendente scavato nella collina su
zamento soprastante (Chaput, 1941; Haspels, cui sorge il castello, collegato in tal modo alla
Opere idriche per accumulare acqua 1971), collegate alle vasche con brevi canali e parte bassa della città (Bixio R. et al., 2011).
3.4. Vasche. Contenitori idrici a pelo libero, fori passanti (Haspels, 1971); i bacini scoperti
in genere ad ampia superficie quadrangolare sono poi combinati ai vani coperti (cisterne 3.8. Qastel. Struttura peculiare di Gaziantep
(ma anche di piccole dimensioni e circolari), sotterranee), verosimilmente atti alla conser- (Turchia centro-meridionale) costituita da un
scavati nella roccia a cielo aperto o in un vano vazione di una riserva idrica estiva, protetta ambiente pubblico sotterraneo, alimentato da
ipogeo, come nel caso del rifugio sotterraneo dalla evaporazione, a cui attingere per mezzo gallerie localmente note come livas/qanaq (si
di Aydıntepe, presso Bayburt (Turchia nord- delle scalinate in regime di minima portata. veda § 3.11), con piccoli bagni, latrine e la-
orientale), dove la vasca (circa 4 m x 2 m) è
scavata sotto il piano di calpestio di una ca-
mera interna e la superficie dell’acqua rimane
a livello del pavimento (Bixio R. & De Pascale,
2015). Gli invasi sono alimentati da sorgenti,
da fusione nivale e da acque meteoriche diret-
te o canalizzate, allo scopo di costituire riser-
ve idriche da distribuire quando necessario.
3.13. Opere idriche ibride. Nel caso dell’im- Figura 10 – Troia. Cavità naturale connessa a un cunicolo artificiale scavato a fronti contrapposti (elaborazione grafica
pianto idrico sotterraneo presente nell’area R. Bixio, da Treister 2002, Korfmann 2003)
archeologica di Troia (Hisarlık-Tevfikiye, nella
Turchia egea), documentato negli anni No- du, governatore della città-stato vassalla di fronti contrapposti, risalirebbe al VI secolo
vanta del Novecento e successivi da Mikhail Wilusa ([W]Ilios, cioè Troia) (Treister, 1999, a.C. (Castellani, 2000).
Treister nell’ambito degli scavi archeologici 2001, 2002). Il termine KASKAL.KUR ricorre
diretti da Manfred Korfmann dell’Università in diversi contesti ittiti e sembra indicare una Opere idriche per trasportare acqua
di Tübingen, ci si trova in presenza di un’o- sacra/divina apertura nella terra. La tradu- (smaltimento)
pera che, per le sue modalità di realizzazione, zione più comune è “corso d’acqua sotterra- 3.14. Cunicoli di drenaggio, progettati per
rientra nella categoria delle “cavità artificiali neo” (Mora et al., 2017). smaltire le acque in eccesso. Hanno lo sco-
miste”, cioè scavate per raggiungere, esten- È probabile che il cunicolo integralmen- po di regimare le acque torrentizie e ottenere
dere o modificare grotte naturali (Bixio R. & te artificiale sia invece di epoca successiva. appezzamenti ad uso agricolo sul fondo delle
Galeazzi, 2009a). La parte iniziale è costituita Comunque, vi sono evidenze che la risorgenza profonde e strette incisioni vallive che ca-
da una risorgenza in roccia calcarea, mentre, carsica abbia continuato a rifornire d’acqua ratterizzano tutto il comprensorio di Göreme
dal pozzo 2, un evidente intervento antropico la Città Bassa nel secondo millennio a.C. e (Castellani, 2002; Bixio R. et al., 2012).
ha prodotto un cunicolo quasi rettilineo nella che sia rimasto in uso anche in epoca greca (a Si tratta di condotti, lunghi sino ad ol-
parte più interna (Fig. 10). Già dalla planime- cui probabilmente risale lo scavo del cunico- tre 300 m, scavati nei fianchi rocciosi sotto
tria è evidente che lo scavo del cunicolo artifi- lo-cisterna), romana e bizantina (Korfmann, il livello dell’alveo, paralleli all’asta idrauli-
ciale è stato condotto da due squadre operanti 2003, comun. pers.). D’altra parte, ricordiamo ca e intervallati da pozzetti o brevi cunicoli
in direzioni contrapposte, partendo dai pozzi che l’esautore ipogeo del lago di Copaide (40 trasversali in cui possono confluire le acque
alle due estremità. Lo testimonia il punto di km a nord di Tebe, in Beozia), caratterizzato meteoriche (dissipatori). Queste vengono
incontro, tipicamente individuato dal cambio da una serie di pozzi contigui (non terminati) smaltite a valle, preservando ampi tratti
di direzione e dalla relativa appendice cieca si ritiene databile al XII secolo a.C., mentre della superficie del torrente dalla erosione o
dovuti a un errore di allineamento. La morfolo- l’acquedotto sotterraneo di Samo, scavato a dall’accumulo di sedimenti, consentendo la
gia del condotto e le vasche di pescaggio alla
base dei pozzi 3 e 4, che risultano all’interno
della cinta muraria della Città Bassa, fanno
pensare che questa parte dell’invaso sia da
equiparare ad un cunicolo-cisterna (si veda
§ 3.14), alimentato da precipitazioni mete-
oriche e, probabilmente, dalle stesse acque
provenienti dal sistema carsico, realizzato per
rifornire direttamente l’insediamento sopra-
stante in caso di assedio.
Gli archeologi ritengono che le opere di
captazione della risorgenza (perlomeno nella
prima parte della grotta naturale) risalgano
al III millennio a.C. (datazione delle croste
calcitiche), e siano da identificare con il ter-
mine KASKAL.KUR, citato in un trattato del
1280 a.C. tra il re ittita Muwatalli II e Alaksan- Figura 9 – Uçhisar (Cappadocia). Acquedotto con tubature fittili collocate in un cunicolo scavato nella roccia (Foto E. Gilli)
Figura 12 – Sarıhıdır (Cappadocia). Antico by-pass sotterraneo scavato dall’uomo per deviare un tratto del fiume Kızılırmak (Foto A. Bixio)
F
ra il 2010 e il 2011, in occasione della marmi policromi, intonaci dipinti e pavimenti a cielo aperto, accoppiate a distanze diverse
costruzione di un parcheggio multipia- musivi (Andreussi 1976-1978; Tomei, Livera- fra loro. Le canalette si vanno a collegare al-
no interrato nell’area dei giardini di ni 2005, nn. 148, 168, 169, 177, 178, 182, la canalizzazione in cocciopesto C1, ad esse
piazza Cavour (Municipio I)1 la SABAP 187). Ad una fase più tarda sono da connette- perpendicolare, presso il limite settentrionale
Roma ha disposto l’esecuzione di indagini re alcune sepolture, tra cui si ricordano i noti dell’area indagata. La prima canaletta della
archeologiche preliminari in considerazione sarcofagi dei Crepereii di età antonina (Tomei, sequenza (C2) presenta, presso il punto di
degli importanti rinvenimenti documentati Liverani 2005, nn. 177-178; Crepereia 1983). raccordo con la canalizzazione ortogonale,
nell’area, in particolare durante i lavori per Altri ritrovamenti si sono avuti nel corso delle una vasca fittile rettangolare (V1) con i bor-
l’edificazione del Palazzo di Giustizia, pre- indagini geognostiche effettuate nel 1996 per di rivestiti in cocciopesto ed in fase con le
ceduti da alcuni limitati sondaggi prima la progettazione della Metro C nei giardini di canalette. Si tratta di un contenitore in opus
dell’impianto del cantiere nel 2006-2007. Piazza Cavour e nell’area all’angolo con via doliare (87 x 40 x 33 cm, in Fig. 3c) posto
La campagna di scavo, condotta su tut- Cicerone (Tomei, Liverani 2005, n. 109). perpendicolarmente alla canalizzazione C1 e
ta l’area prevista dal progetto, ha restituito Tutta l’area indagata, pari ad oltre 10.000 realizzato appositamente. Un’analoga vasca
evidenze archeologiche concentrate ad una m2, è risultata interessata da occidente ad (V2) è presente anche più ad E, a metà circa
quota media relativa di m -8 dal p.d.c. (circa oriente, da una fitta sequenza di strutture del tratto di struttura messa in luce. L’altra
m 9,40 s.l.m.) e ha consentito di migliorare murarie dall’andamento tendenzialmente canaletta (C3), individuata a m 11 a E della
in modo significativo la conoscenza di que- parallelo associate a canalette e a vasche in prima, presenta caratteristiche analoghe, ma
sto settore dell’Ager Vaticanus, contribuendo cocciopesto (Fig. 1). Lo studio del materiale non è stato possibile verificare la presenza di
a precisare l’esatta collocazione topografica recuperato nelle stratigrafie2 ha permesso vasche, poiché l’eventuale congiunzione rica-
e l’attribuzione degli Horti Domitiae, posti di articolare una sequenza di cinque periodi deva oltre il limite dello scavo. Procedendo
concordemente dalle fonti antiche nella Re- dalla fine del I sec. d.C. al XVI-XVII secolo. ancora verso E è stata individuata un’altra
gio XIV, lungo la riva destra del Tevere (Tomei In questa sede faremo riferimento principal- coppia di canalette in tutto simili alle pre-
2004; Tomei, Liverani 2005, p. 107 Introdu- mente ai primi due periodi mentre per una cedenti (C4, C5) ma prive delle vasche fittili
zione, con bibliografia). La zona in questione, trattazione completa delle fasi rimandiamo a al raccordo con C1. Lungo il tracciato sono
oggi nel Rione Prati, fu interessata da inse- Brando, Colantonio 2017 c.d.s. presenti almeno tre vaschette quadrangolari
diamenti residenziali, inseriti nel contesto tangenti ad esse, profonde almeno un metro
degli horti che caratterizzavano la fascia ol- PRIMO PERIODO (SECONDA METÀ/FINE I-II (V3, V4 e V5). Ancora più a oriente sono stati
tre Tevere, almeno fin dall’età repubblicana, SEC. D.C.) individuati due muri paralleli in opus reticu-
come confermato dai numerosi ritrovamenti Nella seconda metà/fine del I sec. d.C. o, latum (M1, M2, Fig. 6a) che distano fra di
archeologici che nel tempo sono affiorati dal- al più tardi, nei primissimi anni del secolo loro 3,60 m e sono fondati su una risega in
le zone dell’Ospedale di Santo Spirito, presso successivo, l’area ha già l’aspetto struttura- opera cementizia. Hanno entrambi, lungo le
Castel Sant’Angelo e in prossimità di ponte to di un ampio spazio aperto, caratterizzato loro facce esterne, una canaletta in cocciope-
Cavour (Tomei, Liverani 2005). In occasione da zone a verde e attraversato da strutture sto dalla sezione quadrangolare analoga alle
dei lavori per la costruzione della platea di murarie e canalizzazioni di diversa funzione altre messe in luce: C6 e C7 che presentano
fondazione del Palazzo di Giustizia, iniziati il (Fig. 1). La maggior parte delle strutture ha nel punto di raccordo con la canalizzazione
9 aprile 1889 e conclusi il 30 ottobre dell’an- un orientamento coerente NO-SE, mentre, C1 la vasca fittile rettangolare V6 (Figg. 3a,
no successivo (Calderini 1890, pp.47-48), è superata la metà dell’area indagata, e pro- 3b e 8a). Entrambe le canalette hanno nel lo-
venuta alla luce una concentrazione di edifici cedendo verso NE, gli orientamenti ruotano ro estremo tratto meridionale una bocchetta
nella zona prospiciente piazza Cavour e un di 20° a oriente. A partire da occidente sono di scolo che permetteva all’acqua di fluire in
complesso di strutture in opus reticulatum, state individuate quattro canalette in coccio- un’area aperta (Fig. 2c). Queste strutture ven-
in connessione con le quali sono segnalati pesto con orientamento SE-NO che scorrono gono a delimitare un’ambulatio conformata
Figura 2 – Le aperture comunicanti nei muri in opus reticulatum (a, b) e la bocchetta di scolo nelle canalette in cocciopesto (c)
Figura 3 – Le vasche fittili di decantazione ancora riempite del limo alluvionale (a), svuotate (b) ed in corso di recupero (c)
Figura 4 – I tubuli fittili con il mastice bianco (a, b), una delle vaschette rettangolari in cocciopesto associate alle canalette (c)
Figura 5 – Alcune ollae perforatae del primo periodo (a, b) e i vasi reimpiegati del secondo periodo (c)
Figura 6 – Le abulationes in corso di scavo. Si notino (a) i tagli per la messa in opera delle ollae perforatae
Figura 7 – Il muro rivestito ad intonaco del secondo periodo (a) e l’enchytrismos infantile della necropoli del terzo periodo (b)
tane e specchi d’acqua artificiali che molto La presenza di grandi frammenti in coccio- nel sistema di regimentazione (Figg. 2a e 2b).
probabilmente si inserivano nella geometria pesto al centro del limite settentrionale del La struttura idrica era fornita anche di vasche
del parco. L’analisi degli apprestamenti idrau- parcheggio e il ritrovamento nel 1896 di una fittili (V1, V2 e V6) fabbricate appositamente
lici della prima fase mostra un sistema di ca- condotta idraulica durante la costruzione del e per le quali, a oggi, non sono stati indivi-
nalizzazione e convogliamento delle acque su Teatro Adriano (Tomei, Liverani 2005, p.78, n. duati confronti editi. Queste erano funzionali
grande scala; il reticolo idrico venuto alla luce, 96), farebbero ipotizzare il convogliamento alla raccolta di fanghi e altro materiale solido
completamente a cielo aperto e realizzato per delle acque in eccesso in una o più vasche in modo tale da non avere elementi che po-
mezzo di canalette in cocciopesto, ha funzio- o cisterne probabilmente connesse ad una tessero intasare e bloccare il deflusso delle
ne sia di impianto irrigante sia di sistema di grande condotta interrata che portava l’ac- acque (Figg. 3a, 3b, 3c e 8a). In diversi punti
smaltimento delle acque reflue. In quest’am- qua in direzione NO. Il punto di distribuzione del giardino erano inoltre sistemate vasche in
bito, inoltre, sarebbe di estremo interesse ap- dell’acqua, che doveva essere collocato a SE, cocciopesto sia isolate (V7, V8, V9 e V10) sia
profondire l’aspetto giuridico ed amministra- forse oltre l’attuale Palazzo di Giustizia, per- in connessione con le canalette (V3, V4 e V5
tivo della gestione dell’acqua in questa zona, metteva un flusso d’acqua probabilmente ge- in Fig. 4c) destinate probabilmente a riser-
soprattutto in relazione alle altre proprietà stito per mezzo di chiuse e vasche di raccolta: va d’acqua per piante inserite in vasi o non
qui esistenti e al limite naturale e giuridico le canalette infatti presentano una pendenza raggiungibili dalle canalette: non è chiaro se
costituito dal Tevere: in questo senso possono dello 0,005%, troppo esigua per realizzare un l’acqua venisse distribuita per mezzo di ag-
costituire un punto di partenza i meccanismi sistema di scorrimento efficace. Nel settore gottamento manuale o con l’utilizzo di sistemi
delle distributiones aquariae che si intravve- scavato sono probabilmente identificate aree meccanici quali pompe a stantuffo o pompe a
dono, per l’età augustea, nel noto frammen- destinate a prati, ovvero le zone comprese bindolo, come recentemente ipotizzato altrove
to di pianta marmorea CIL VI,1261 (Liberati tra le canalette C2 – C6 e C7 – C1, mentre in ambito urbano (scavi per la Metro C, zona
Silverio 1986, Rodríguez-Almeida 2002, pp. le canalette lungo i muri M1 e M2 dovevano San Giovanni, Rea 2016. Ringraziamo la dott.
23-36; Biundo 2008, Rea 2016, pp.440-441). portare l’acqua necessaria alle piante, forse ssa Rossella Rea per averci permesso di con-
Il complesso, integrato dai dati recuperati rampicanti, che decoravano l’ambulatio de- sultare la documentazione originale di scavo
dai rinvenimenti nelle vicinanze, è caratte- limitata dai muri stessi. Lungo le canalette e le ipotesi ricostruttive).
rizzato da una serie di canalette parallele sono presenti delle bocchette, ricavate sulle La seconda fase, in seguito a un’allu-
(C2 – C12, Fig. 1) con orientamento e scor- spallette, utilizzate per l’irrigazione dei prati e vione, vede una riorganizzazione dei giardini
rimento delle acque SE-NO che si innestano che probabilmente venivano aperte e chiuse, con il conseguente mutamento del sistema di
su una canaletta leggermente più grande per mezzo di setti in legno (Fig. 2c). I mu- approvvigionamento e regimentazione delle
(C1, Fig.1), con orientamento e scorrimento ri M1 e M2 erano dotati di fori passanti tra acque: le canalette vengono ripristinate, così
delle acque SO-NE, che aveva la funzione di l’ambulatio e le due canalette adiacenti atti a come i muri di delimitazione delle ambula-
raccogliere le acque in eccesso delle prime. drenare l’acqua in eccesso reintroducendola tiones (M3, M4=M7) che vengono intonacati
Figura 8 – Ricostruzione del meccanismo di deflusso delle acque nel sistema muri/canalette/ vasche di decantazione (a). Ricostruzione dei muri ad intonaco del secondo periodo con
vista verso il Mausoleo di Adriano (b)
e forniti di pilastri di sostegno (P1, P2 e P3 in no/piene_roma/Piene_Tevere_Roma.pdf). quae. Le mappe marmoree di Roma tra la Re-
Figg. 7a e 8b) riferibili ad una copertura dei Biundo R. (2008), Aqua publica: propriété et ge- pubblica e Settimio Severo, CÉFR, 305, Rome.
viali. Di particolare interesse è l’unica con- stion de l’eau dans l’économie des cités de Tomei M.A. (2001), in LTUR, I, Roma, pp. 37-39, s.v.
l’Empire, in Berendonner C., Cébeillac-Gervasoni Agrippinae Horti.
duttura in tubuli fittili rinvenuta nel settore
M., Lamoine L., Le Quotidien municipal dans l’Oc- Tomei M.A. (2004), in LTUR, II, Roma, pp. 201-203,
scavato (C14 in Figg. 4a e 4b) che è forse da cident romaine, Paris. s.v. Domitiae Horti.
ricondurre a una fontana di cui però non è ri- Bonifay M. (2004), Etudes sur la céramique romaine Tomei M. A., Liverani P. (a cura di) (2005), Carta
masta traccia. In questo periodo viene realiz- tardive d’Afrique, BAR, International Series Archeologica di Roma. Primo quadrante (LTUR,
zato il muro contro terra M5, forse pertinente 1301, Oxford. Suppl. I. 1), Roma.
a uno specchio d’acqua artificiale di cui però Brando M., Colantonio S. (2017 c.d.s.), Piazza Ca- Travaglini C.M., Lelo K. (2013), Roma nel Settecento.
non è possibile ricostruire il perimetro. vour. Un settore degli Horti Domitiae rinvenuto Immagini e realtà di una capitale attraverso la
durante la costruzione del parcheggio interrato pianta di G.B. Nolli (Atlante di Roma 5), Roma.
Nonostante che in età post antica il quadro
(Municipio I), in BCom. Zach B. (2008), Resti vegetali dall’età di Augusto
si faccia più incerto e lacunoso, lo scavo ha calderini G. (1890), Il Palazzo della Giustizia in all’età antonina. In: F. FILIPPI (a cura di), Horti
confermato il carattere ruralizzato che i Prata Roma, Roma. et Sordes. Uno scavo alle falde del Gianicolo,
Neronis/Prati di Castello hanno sostanzialmente Crepereia (1983), Crepereia Tryphaena. Le scoperte Roma, pp.420-429.
mantenuto fino al piano regolatore degli anni ’70 archeologiche nell’area del Palazzo di Giusti-
del XIX secolo che ne ha radicalmente cambiato zia, Catalogo della Mostra per “Roma Capitale WEBGRAFIA
aspetto e vocazione. Durante lo scavo sono stati 1870-1911”, Venezia. The Nolli Map Website, © 2005-2016 University of
infatti documentati stratigraficamente insedia- Filippi F.(2008), Il giardino delle ollae. In: F. Filippi Oregon, http://nolli.uoregon.edu/
(a cura di), Horti et Sordes. Uno scavo alle falde
menti ed attività agricole già fra il finire del XV del Gianicolo, Roma, pp.65-81.
e la prima metà del XVI secolo (Quarto Periodo) NOTE
Giardini M., Sadori L. (2015), Il recupero dei vasi 1 PUP 536/1989-91 (committenti Cavour Park srl
confermati anche dall’analisi della cartogra- da fiori di Via Sistina e i dati provenienti dagli - Co.Park - VF Parking srl, direttore dei lavori Arch.
fia storica, rappresentata egregiamente dalla studi archeobotanici. In: P. Fortini, S. Trevisan Maurizio Frangipane). I sondaggi sono stati condotti
pianta del Nolli del 1748 (Travaglini, Lelo 2013. (a cura di), Il Pincio, giardino di Roma. Atti del dal Massimo Brando, affiancato da Valentina Pica,
È inoltre risultato decisivo l’apporto delle risorse workshop, 10-11 Dicembre 2014. Villa Medici, Valerio Carozza, Donatella Granato e Lorena Scar-
on line, realizzate dall’Oregon University (http:// Palazzo Massimo . In: Bollettino di archeologia pato, sotto la direzione scientifica SABAP Roma.
on line, VI, 2-3-4, pp. 201-210. (http://www.
nolli.uoregon.edu/) che ne confermano non solo bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.
Le sepolture del terzo periodo sono state scavate e
la vocazione rurale e agricola, ma permettono di documentate da Loredana Carboni (tombe 1-11) e
it/documenti/22/12)%20Sadori,%20Giardi-
visualizzare come i poderi e le vigne con la loro Giordana Amicucci (tomba 12) collaboratrici del Ser-
ni%2028%20dic.pdf).
viabilità siano ancora fondamentalmente orien- vizio di Antropologia della Soprintendenza, diretto da
Hayes J. W. (1972), Late Roman Pottery, London.
Paola Catalano. È in corso l’allestimento, grazie alla
tati come le strutture e le canalizzazioni da noi Klynne A., Liljenstolpe P. (2001), I giardini. In: G.
Messineo (a cura di) Ad Gallinas Albas. Villa di disponibilità dei committenti, di un’area espositiva
individuate, probabilmente perché, nonostante all’interno della reception del parcheggio.
le ripetute alluvioni, le altimetrie dell’area e le so- Livia, Roma, pp. 201-207.
Liberati Silverio A. (1986), Iconografia delle acque
luzioni di governo delle acque ad esse connesse 2 Si tratta di oltre 19.000 frammenti ceramici stu-
antiche. In: Pisani Sartorio G., Liberati Silverio A.,
rimangono sostanzialmente invariate per secoli. Il Trionfo dell’acqua. Acque e Acquedotti a Roma diati preliminarmente, in attesa di trovare un’edizio-
(IV sec.a.C.-XX sec.), Roma, pp. 173-175. ne completa, da Massimo Brando e Valentina Pica.
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Andreussi M. (1976-1978), Antiche strutture scoper- na. In: F. Filippi (a cura di), Horti et Sordes. Uno tazione, si dimostra consapevole della natura del
te durante i lavori di costruzione del Palazzo di scavo alle falde del Gianicolo, Roma, pp.197-232. sedime dell’area e dell’“ambiente” archeologico
Giustizia di Roma, in BCom, LXXXVI, pp. 47-53. Rea R. (2016), Archeologia nel suburbio di Roma. che era andato ad intercettare: “Quivi non gallerie
Bersani P., Bencivenga M. (2001), Le piene del Tevere La stazione S. Giovanni della Linea C della sotterranee fatte per i cavi di pozzolana, perché il
a Roma dal V sec. a.C. all’anno 2000, Presidenza Metropolitana. In: A. F. Ferrandes, G. Pardini (a terreno non è vulcanico, ma di riporto fluviatile, quivi
del Consiglio dei Ministri Dipartimento per i Ser- cura di), Le regole del gioco. Tracce, archeologi non fittissimi ruderi di antiche costruzioni, perché
vizi Tecnici Nazionali, Servizio Idrografico Mare- racconti. Studi in onore di Clementina Panella, gli archeologi ci dicono che, ai tempi gloriosi della
ografico Nazionale, Autorità di bacino del fiume Roma, pp.425-442. dominatrice del mondo, esistevano su questa super-
Tevere, Roma, (http://www.abtevere.it/ente/baci- Rodríguez-Almeida E. (2002), Formae Urbis Anti- ficie gli orti di Domizia” (Calderini 1890, p. 30).
Enrico Destefanis
Statiellae (Acqui Terme- Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli
Studi di Torino
Luciano Masciocco
dell’antichità
The Roman aqueduct and pool of Aquae Statiellae
(Acqui Terme-AL), as proofs of advanced hydraulic
techniques of the ancient times
Parole chiave (key words): acquedotto romano (Roman aqueduct), acque termali (thermal waters),
piscina romana (Roman pool)
1. INTRODUZIONE Il basamento della zona, affiorante nel settore sistema di faglie transtensivo Bagni-Visone
La città di Acqui Terme, nota sin dall’e- a sud di Acqui Terme, è costituito dalle rocce (Piana et al., 2006). Queste discontinuità
poca Romana per le sue fonti calde, si trova metamorfiche dell’Unità Tettonometamorfica creano quindi settori ad elevata permeabilità
nel settore sud-orientale del Piemonte, nella Valosio, di età pre-Carbonifero sup., costitu- che favoriscono la risalita dei fluidi termali in
parte terminale della valle del fiume Bormi- ito da un complesso gneissico e da un com- superficie (Fig. 1).
da. Già in antichità rivestiva un’importanza plesso carbonatico-metapelitico e dall’Unità
fondamentale, trovandosi lungo la via Aemi- tettonometamorfica Voltri (metagabbri, me- 3. CARATTERISTICHE DELLE ACQUE SOT-
lia Scauri, via di passaggio tra il Piemonte e tabasiti, calcescisti, serpentinoscisti), su cui TERRANEE E SUPERFICIALI DELL’AREA
la Liguria, fatta realizzare nel 109 a.C. dal poggiano in discordanza le rocce sedimenta- Le elevate temperature delle sorgenti
console Marco Emilio Scauro per collegare le rie del BTP (marne, carbonati e arenarie oligo- termali dell’Acquese sono dovute soltanto al
città padane di Derthona (Tortona) e Libar- mioceniche) e i depositi alluvionali quaternari gradiente geotermico normale (30°C/km), da-
na (Serravalle Scrivia) con il fondamentale (AA.VV., 2014). to che in quest’area non sono presenti sistemi
scalo portuale di Vada Sabatia (Vado Ligu- Le principali discontinuità tettoniche so- vulcanici. Come indicato da analisi isotopi-
re, in provincia di Savona). Le risorse idriche no rappresentate da faglie normali e trascor- che effettuate in studi pregressi (Marini et al.,
della zona, oltre alle sorgenti termali, erano renti con direzione NW-SE, appartenenti al 2000), queste acque hanno origine meteorica
rappresentate da corsi d’acqua, ancora oggi
sfruttati per l’approvvigionamento idrico, co-
me il torrente Erro, affluente del Bormida, che
un tempo alimentava l’acquedotto romano, i
cui archi si ergono ancora oggi appena fuori
dall’abitato di Acqui Terme, lungo la sponda
destra del fiume Bormida .
Le sorgenti calde hanno composizione pre-
valentemente cloruro-sodica-solfato-calcica e
raggiungono la temperatura massima con la
fonte “La Bollente” (70 °C); le altre emergenze
termali sono rappresentate da sorgenti e pozzi
esplorativi, che hanno temperature comprese
tra 18 e 40°C. Esse sono state sfruttate sin
dall’antichità, per gli stabilimenti termali, di
cui una delle testimonianze ancora visibili al
giorno d’oggi è la piscina romana rinvenuta
all’inizio del ‘900.
4. LA PISCINA ROMANA
Una delle strutture meglio conservate
a testimonianza degli antichi stabilimenti
termali, ritrovata nel centro cittadino, è la
piscina romana. Scoperta nel luglio 1913,
Figura 2 – La fonte “Bollente” nell’omonima piazza di Acqui Terme riapparve durante gli scavi delle fondamenta
per un portico comunale (Fig. 4), come una
grande vasca a tre gradini, di grandi dimen-
sioni, fatta per il bagno in comune, realizzata
in marmo bianco, assieme alle vasche più
piccole, per l’applicazione dei fanghi e gli
incavi delle condutture.
Già descritta da Plinio il Vecchio nella
sua Naturalis Historia (I sec. d.C), come una
“città fondata dalle acque”, Acqui Terme pre-
sentava un’organizzazione urbanistica che
si sviluppava attorno alla sorgente termale
“Bollente” (Fig. 5).
L’impianto urbano regolare, organizzato
in modo da comprendere la sorgente quasi al
centro della città, richiese impegnativi lavori
di rettifica delle scarpate, di bonifica delle
acque di deflusso e di progettazione degli
impianti di sfruttamento delle acque termali.
Precedentemente alla costruzione del com-
plesso termale, in questo settore della città
scorreva un corso d’acqua, probabile ante-
nato del Rio Medrio, che scorre ancora oggi
Figura 3 – Diagramma di Piper delle acque della fonte Bollente (in rosso), del Rio Medrio (in blu) e del Torrente Erro (in verde) dal settore nord della città verso il Bormida,
5. L’ACQUEDOTTO ROMANO
La costruzione dell’acquedotto romano
può essere fatta risalire alla prima età im-
periale, forse addirittura all’epoca augustea
Figura 4 – il ritrovamento della piscina romana durante gli scavi del 1913 (da Zanda & Bacchetta, 2005) (inizi I secolo d.C.). Si conservano attualmente
due ampi tratti della struttura originaria (Fig.
in cui defluivano le acque della fonte Bollente. Le strutture delle fondazioni della pisci- 7), composti rispettivamente di sette e otto
È possibile che prima della costruzione della na sono continue e il volume interno scavato piloni in muratura, a base quadrangolare, ra-
piscina, questo canale formasse, in un pun- nel terreno di natura alluvionale. Per quanto stremantisi progressivamente verso l’alto con
to basso della città, una depressione e una riguarda il rivestimento, originariamente, una serie di riseghe regolari, per un’altezza di
pozza naturale. La costruzione dell’impianto l’interno della vasca doveva essere intera- circa 15 metri. I piloni reggono arcate a sesto
termale deve essere iniziata con la realizzata mente ricoperto (sia sul fondo che sui gra- ribassato (ne rimangono quattro) di m 3,35
la rettifica del corso d’acqua, che scorreva in doni perimetrali) da un materiale marmoreo di raggio, alla cui sommità è situato il con-
questo settore e in cui defluivano le acque (Fig. 6), realizzato con lastre rettangolari, di dotto destinato allo scorrimento dell’acqua.
della Bollente con la creazione di canali che dimensioni assai variabili, a seconda della È il meglio conservato fra tutti i monumenti
approvvigionavano e scaricavano le vasche, loro specifica destinazione. La maggior parte di questo tipo ancora esistenti nel territorio
le cui tracce sono documentate dallo scavo di questo materiale non si trovava più in situ dell’attuale Piemonte e uno degli esempi di
archeologico. al momento della messa in luce dell’impianto, acquedotto di epoca romana più significativi
dell’intera Italia settentrionale. I ritrovamenti
dei resti dell’antico condotto in vari punti (di
cui purtroppo ora di alcuni di essi non si ha più
conoscenza) durante i lavori eseguiti per la
costruzione della strada di Melazzo, comune a
sud di Acqui Terme, hanno portato all’assolu-
ta certezza dell’approvvigionamento dell’ac-
quedotto romano dalle acque dell’Erro, le cui
acque sono ancora oggi utilizzate dall’acque-
dotto della città di Acqui Terme.
Il percorso dell’acquedotto si sviluppava
per una lunghezza complessiva di circa 12 km
(i numeri fra parentesi indicano le stazioni
individuate dai ritrovamenti, riportate in Fig.
8), a partire dal bacino di raccolta delle acque
situato in località Lagoscuro (8), comune di
Cartosio, a sud ovest di Acqui Terme, attraver-
so la valle dell’Erro (lungo la destra orografica
dell’omonimo torrente), la regione Marchiolli
(1,2) (dove probabilmente attingeva da altre
sorgenti della zona di Roccasorda e dove si
è esplorato, in località La Maddalena (3), un
lungo tratto di conduttura) fino alla sponda
sinistra del Bormida, con un salto di quota
complessivo di circa 50 metri.
È stata ipotizzata l’esistenza di una presa
d’acqua dalla sorgente di Roccasorda (9), non
già esclusiva, ma come ulteriore apporto d’ac-
Figura 5 – Carta topografica del centro di Acqui Terme, con l’attuale ubicazione della fonte Bollente e della piscina romana qua alla portata dell’acquedotto che proveni-
e dell’attuale corso del Rio Medrio. va dalla Valle Erro (Filippi, 1992). Tale sorgen-
Figura 6 – Ricostruzione dell’impianto della piscina (da Zanda & Bacchetta, 2005)
te, poi, sembra essere scomparsa a seguito di re un’ipotesi di tracciato dell’acquedotto dal e puntare verso il piccolo abitato di Gaini (10)
un terremoto avvenuto nei pressi di Voghera punto di presa fino all’entrata in città: doveva al limite del territorio comunale di Cartosio.
(AL) nel 1828 (Ratti I., 1844), preceduto da captare le acque del torrente Erro in località In località Lagoscuro, si forma infatti, in una
un chiarore straordinario in atmosfera e dalla Lagoscuro, per poi procedere lungo la sponda strettoia naturale, un piccolo lago di forma-
caduta di una “meteora ignea”. Ulteriori studi destra del torrente, fiancheggiare Regione zione naturale (Fig. 9) che raccoglie le acque
condotti nel 2006 hanno permesso di delinea- Colombara (7), passare a valle di Rivere (11) provenienti dal versante della montagna, nel
Figura 7 – I resti attuali degli archi romani in regione Marchiolli ad Acqui Terme
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Figura 8 – Carta del percorso dell’acquedotto romano, ipotizzato sulla base dei reperti archeologici, lungo il torrente Erro.
Rimini, 12-14/09/2007
I numeri indicano le stazioni di rilevamento di cui si parla nel testo: 1, 2 Reg. Marchiolli; 3 Loc.La Maddalena; 4 Loc. Filippi F. (1992), Acqui Terme (Alessandria), località
Giardini; 5, 6 Loc. Caliogna; 7 Reg. Colombara; 8 Cartosio-Lagoscuro; 9 C. Roccasorda; 10 Gaini; 11 Rivere; 12 C. Sulla Valle Erro: nuovi dati sul tracciato dell’acque-
Rocca 13: C. Armarolo dotto romano di Aquae Statiellae. Estratto da:
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Statiellae. Ministero dei Beni e della Attività
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logia. Quaderni della Soprintendenza Archeolo-
gica del Piemonte, n 30, pp 243-246
Zanda E., Bacchetta A. (2005), La piscina romana.
Sistema museale di Acqui Terme Aquae Statiel-
Figura 9 – Il torrente Erro a Cartosio in regione Lagoscuro, dove si ipotizza il punto di presa dell’acquedotto romano lae - Percorsi di archeologia. De Ferrari, Genova.
Figura 2 – Foto dall’alto della grande vasca rettangolare di Prato Felici Figura 3 – Planimetria della vasca di Prato Felici
delle pareti. Il massetto è rivestito da una è probabilmente da immaginare anche sul 6 Sulla Segni del tardo ellenismo si vedano: Cifa-
pavimentazione molto tenace in cementizio a quarto. Sullo stesso lato occidentale il bal- relli F.M., 1995, Un ninfeo repubblicano a Segni con la
base calcarea, nella quale, si noti bene, l’uso latoio è delimitato verso monte da un muro, firma di Q. Mutius architetto, in Tra Lazio e Campania,
di coccio triturato nella miscela è totalmente conservato per un massimo di una trentina Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’Antichità,
assente5. Il pavimento presenta nel punto di di centimetri: notevole, presso l’angolo nord- Università di Salerno, 16, pp. 159-188; Cifarelli F.M.,
2003, Il tempio di Giunone Moneta sull’acropoli di
raccordo fra fondo e pareti un cordolo dello ovest di questo, è una piccola porzione di in-
Segni. Storia, topografia e decorazione architettonica,
spessore di 20 cm (Fig. 6). tonaco azzurro ancora conservata. Studi su Segni antica, 1, Roma; Cifarelli F.M., 2006,
La vasca doveva essere percorsa al A metà circa del muro meridionale della Un nuovo monumento della Segni ellenistica: il com-
sommo dei muri perimetrali da una sorta di vasca, sul lato interno, è presente infine un plesso di S. Lucia, in La Forma della città e del territo-
gradino o ballatoio (Fig. 7), largo intorno ai pilastro quadrangolare di 50 x 45 cm che si rio - 3, ATTA 15, Roma, pp. 63-77; Cifarelli F.M., 2008,
40 cm: questo è ben conservato lungo i lati lega con il muro (Fig. 8). La presenza di questo Un complesso termale con mosaici a Segni e l’opera
meridionale, occidentale e settentrionale, ma pilastro è piuttosto singolare, perché lungo vittata nel “Lazio del calcare”, in Orizzonti, IX, pp. 27-
nessuno degli altri muri conservati sono state 46; Cifarelli F.M., 2013, Tecniche costruttive del tardo
individuate tracce di strutture analoghe, per ellenismo a Segni: verso una sintesi, in Cifarelli F.M.(a
5 Si ricordi che, al livello cronologico di messa cura di), Tecniche costruttive del tardo ellenismo nel
quanto al momento visibile nemmeno lungo
in opera del pavimento della vasca di Prato Felici, i Lazio e in Campania, Atti del Convegno, Segni 3 di-
l’omologo e speculare lato settentrionale. cembre 2011, pp. 43-54.
pavimenti cementizi a base fittile erano già diffusis-
La datazione della struttura trova, su ba-
simi fra Roma, il Lazio e la Campania da più di un 7 Le considerazioni qui impostate sui diversi proble-
secolo. Le due cose dunque appartengono con chia-
se stratigrafica, un terminus post quem agli mi sollevati da quest’importante ritrovamento verranno
rezza a filoni di elaborazione assai distanti fra loro. anni 160-140 a.C.: siamo dunque nel pieno più ampiamente sviluppate nel volume di edizione com-
E anche in questo, la denominazione di “signini” per di quella fase di estrema vitalità politica, plessiva degli scavi del Segni Project: Cifarelli F.M., CO-
i secondi mostra la non lecita contaminazione fra economica e culturale che la ricerca ha negli laiacomo F., Kay S., Smith C. (a cura di), Segni Project:
cose assai diversefra loro. ultimi anni evidenziato per la città del tardo Gli scavi 2012-2014, in preparazione.
rendere necessaria – ad eccezione del muro grandi bacini di raccolta, decantazione e di- modello architettonico/funzionale estrema-
occidentale, addossato alla roccia – la pre- stribuzione. È stato già da tempo evidenziato il mente specializzato12. Modello consistente in
senza di un terrapieno di contenimento tutto ruolo svolto dalla vasca circolare (Fig. 1, B; Fig. grandi bacini scoperti13, incassati nel suolo e
attorno alla struttura. La vasca doveva quindi 9) retrostante il tempio di Giunone Moneta10, riforniti mediante raccolta delle acque piova-
aprirsi in una vasta terrazza, creata presumi- probabilmente solo di poco più recente della ne da superfici di compluvio, nelle due forme
bilmente da strutture di contenimento, oggi nostra e della quale diremo più sotto, nei ri- rettangolari e circolari, estremamente diffusi
scomparse, poste fra questa e la linea delle guardi di una complessa rete di canalizzazioni nella Signia tardo repubblicana. Procedimen-
mura. La presenza di tracce di altre strutture atte a rifornire tutto il fianco occidentale della to complessivo qui elaborato e/o messo a pun-
poste immediatamente a monte della vasca, città. Può così sembrare lecita l’ipotesi che la to nelle sue principali caratteristiche tecniche
quali la base di un grande pilone conservato vasca di Prato Felici possa averne svolto uno in un cantiere che possiamo lecitamente pen-
presso il suo angolo nord-ovest, lasciano poi analogo sul fianco opposto, virtualmente irrag- sare non troppo lontano, per impegno edilizio
immaginare altre componenti architettoniche giungibile dal bacino dell’acropoli. e posizione cronologica, da quello del bacino
ad essa legate. Ne segue l’ipotesi che essa In sintesi, il grande bacino di Prato Felici, di Orto de’ Cunto, o Prato Felici, stesso.
facesse parte di un più articolato complesso non solo quale manufatto in sé ma anche nel
a terrazze, con probabilità di carattere pubbli- suo possibile significato di singolo elemento di
co, posto quasi a metà dei due altri grandi poli un più ampio programma urbanistico pensato 12 L’analisi di tale modello architettonico dovrà
certamente tenere conto della presenza di antece-
monumentali dell’area alta della città antica, per dare soluzione al problema dell’approv-
denti, testimoniati dal grande bacino in opera po-
il tempio di Giunone Moneta ad ovest e l’igno- vigionamento idrico in una situazione assai ligonale di Norba, sul quale QUILICI GIGLI S., 1997,
to complesso ellenistico detto di Santa Lucia difficile per orografia e idrografia11, potrebbe Un monumentale apprestamento idrico nella pianifi-
ad est. A questo suo contesto topografico e riportarci al vero senso dell’elaborazione di cazione medio-repubblicana di Norba, in Etrusca et
architettonico è inoltre legato il problema da- un preciso procedimento costruttivo, tecnolo- Italica. Studi in ricordo di Massimo Pallottino, Pisa
to dal sistema di captazione e adduzione delle gicamente aggiornato alle nuove possibilità – Roma, pp. 523-536. Fra quelli rettangolari non
acque necessarie all’approvvigionamento del date dall’opera cementizia,applicato a un rientra poi in questa carrellata, per differenze nella
grande bacino, del quale non è ancora stata tecnica costruttiva e nel sistema di approvvigiona-
trovata traccia, ma che doveva essere in qual- mento, la grade vasca di Colle Noce, databile non
10 CANCELLIERI M., 1992, L’acropoli: nuovi elementi oltre la metà del II secolo a.C. e destinata a racco-
che modo organizzato sulla raccolta di acque
di topografia urbana, in DE ROSSI G.M. (a cura di), gliere le acque di una prossima sorgente. La strut-
piovane tramite compluvio dalle superfici e/o Segni I, Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’An- tura comunque mostra di nuovo, e anche qui forse
dagli edifici circostanti. tichità, Università di Salerno, 11, I, Napoli, pp. 67- per un’età più antica rispetto agli esempi citati in
Un secondo, importante spunto di lavoro è 88; Cifarelli F.M., 2003, Il tempio di Giunone Moneta questo lavoro, la fortuna del tipo del grande baci-
dato dalla possibile pertinenza della struttura sull’acropoli di Segni. Storia, topografia e decorazione no rettangolare in complessi architettonici pubblici
a un più ampio piano di distribuzione idrica architettonica, Studi su Segni antica, 1, Roma. di notevole impegno, e dovrà essere inserito nella
della città. La sua posizione, la quota assai 11 Non si può non ricordare qui la definizione vi- lettura della codificazione e del divenire del modello
elevata rispetto al resto dell’area urbana e la truviana dei luoghi nei quali le signina opera si sa- stesso e dello specifico procedimento costruttivo ad
sua notevole capacità8 rendono infatti possi- rebbero rese necessarie: Sin autem loca dura erunt esso applicato. Su questo Cifarelli F.M., 2014, The
aut nimium venae penitus fuerint, tunc signinis bath-sanctuary complex of Colle Noce in the territory
bile9 che essa possa aver avuto un ruolo in un
operibus…excipiendae sunt copiae. Sulle più anti- of Signia, in ATTA, 24, pp. 215-224.
complessivo disegno di organizzazione della
che e limitate cisterne dette a “tholos” sulle quali 13 In tale situazione ci si potrebbe chiedere se
distribuzione pubblica delle acque, basato su
sembra basato l’approvvigionamento, probabilmen- Vitruvio, che nella sua lunga descrizione fornisce
te sia pubblico che privato, della città almeno da età dettagliate istruzioni sulla costruzione di pareti e
medio repubblicana, si veda ora Cifarelli F.M., Sulle fondo senza mai nominare le coperture, non avesse
8 Calcolabile in più di 1.000 m3 d’acqua. tracce della Signia medio repubblicana: problemi in mente proprio questo tipo di vasca aperta, e se la
9 Questo benché nessun elemento, quali canali di storici e archeologici, in Architettura greca in Occi- prima codificazione del procedimento non sia dovuta
deflusso o altro, sia venuto ancora a soccorrere l’analisi. dente nel terzo secolo a.C., Atti Napoli 2015, c.s. proprio a siffatti tipi architettonici.
Caterina Caviglia
The Roman aqueducts in the Piedmont and Aosta Dipartimento di Scienze della Terra, Università
degli Studi di Torino
Valley territories E-mail: caterina.caviglia@unito.it
Luciano Masciocco
Dipartimento di Scienze della Terra, Università
Parole chiave (key words): acquedotti romani, (Roman aqueducts) risorse idriche superficiali e
degli Studi di Torino
sotterranee in Piemonte (superficial water and groundwater resources in Piedmont)
E-mail: luciano.masciocco@unito.it
1. INTRODUZIONE turbolenze delle acque, il rimescolamento e i Pianura Padana. Le risorse idriche risultano
L’espansione dello Stato Romano nelle conseguenti fenomeni di erosione delle con- abbondanti e diversificate; quelle superficiali
regioni dell’Italia Settentrionale, chiamata dutture. Lungo il percorso erano presenti pi- si manifestano attraverso un reticolo idrogra-
all’epoca Gallia Cisalpina, avvenne tra il II scine limariae per la decantazione delle scorie fico molto sviluppato che interessa l’intero
e il I secolo a.C. e comportò la realizzazione in sospensione, e prima dell’immissione nelle territorio; il principale sistema di drenaggio
o il consolidamento di molte delle città che condutture cittadine venivano raccolte in ser- è riferibile al F. Po, che divide il territorio in
ancora oggi ritroviamo. Con il trascorrere dei batoi detti castella aquarum da cui si dipar- una porzione settentrionale e una meridio-
secoli, i rapporti strategici che i centri aveva- tivano le condutture, in piombo (fistulae), e nale. Nel settore settentrionale i principali
no assunto sono certamente cambiati, veden- in terracotta (tubuli). Una gran parte degli affluenti sono il fiume Dora Riparia che drena
do contrarsi alcuni un tempo fondamentali e acquedotti aveva un percorso che partiva da la Valle di Susa e il fiume Dora Baltea, che
svilupparsene altri che avevano ad esempio porzioni esterne di zone collinari di un’area costituisce il principale sistema di drenaggio
funzioni marginali, come tappe lungo una verso la pianura (Fig. 1). della Valle d’Aosta. Nel settore meridionale
via di comunicazione. Le vie più importanti In età repubblicana la Cura Aquarum o cu- i principali affluenti sono il F. Tanaro e il F.
all’epoca, la via Aemilia Scauri e la via Ju- ra degli acquedotti e delle acque, era affidata Bormida a cui affluiscono numerosi torrenti
lia Augusta sono quelle tra cui si sviluppa- ai censori, che ne curavano costruzione e col- che convogliano le acque dei settori collinari;
no i principali centri urbani del nord Italia, laudo. L’acqua era di uso pubblico; eventuali tra questi si citano il T. Erro e il T. Scrivia.
e conseguentemente le strutture funzionali eccedenze venivano vendute ai privati. In età Per quanto riguarda le acque sotterranee,
alla società urbana, come gli acquedotti. Gli imperiale si diffondono le concessioni a privati tralasciando le falde che oggi rappresentano
acquedotti romani antichi sono documentati ma una parte dell’acqua è riservata all’im- attraverso l’emungimento da pozzi uno dei
e studiati sia come opere monumentali, sia peratore; l’acqua comincia ad arrivare nelle principali approvvigionamenti idrici, sono
come strutture per la distribuzione di acqua abitazioni di alcuni privati e nasce il curator altresì importanti le sorgenti molto numerose
pubblica, la cui importanza divenne priorita- aquarum, di rango consolare, che risponde nelle zone montuose e presenti diffusamente
ria in età imperiale. Molti sono i reperti, più o direttamente all’Imperatore o al Prefetto. anche nelle zone collinari; per esempio, nel
meno conservati, in Piemonte e Valle d’Aosta; solo territorio della Provincia di Torino ne sono
l’intento di questo lavoro è quello di mostrare 3. IL CONTESTO GEOGRAFICO E LE RISOR- state censite circa 1450. Tra quelle presenti
come la ricchezza di risorse idriche del Pie- SE IDRICHE sull’intero territorio, alcune hanno acque ter-
monte e della Valle d’Aosta fosse già sfruttata Il Piemonte e la Valle d’Aosta (Figura 2) mali e dotate di particolari condizioni chimi-
ai tempi dei romani. Verranno dunque presen- possiedono nel loro complesso un territorio co-fisiche (es. Acqui Terme (AL), Valdieri (CN)
tati i principali luoghi di ritrovamento, le ca- caratterizzato da contesti morfologici molto e Pre Saint Didier (AO)). Sono inoltre di rilievo
ratteristiche degli acquedotti e la tipologia di differenti che vanno dai rilievi dell’arco alpino e rappresentano una peculiarità del territo-
risorsa idrica sfruttata: le captazioni erano occidentale e del settore appenninico setten- rio, i cosiddetti fontanili, che consistono in
alimentate generalemente dai corsi d’acqua, trionale fino ai settori collinari, a cui appar- particolari manifestazioni sorgentizie tipiche
tranne in alcuni casi dove venivano utilizzate tengono il Bacino Terziario Ligure Piemontese della Pianura Padana. Essi si ritrovano lun-
sorgenti o fontanili. e i rilievi morenici come quelli di Ivrea (TO). go una fascia definita “linea delle risorgive”
La piana alluvionale contornata dai rilie- che si presenta pressoché continua lungo un
2. STRUTTURA DEGLI ACQUEDOTTI ROMANI vi, costituisce la porzione occidentale della settore che segna il passaggio tra Alta e Bas-
Gli acquedotti romani utilizzavano la gra-
vità come energia per spostare l’acqua e per
questa ragione i corpi idrici di approvvigiona-
mento dovevano necessariamente trovarsi in
posizione topografica rilevata rispetto ai punti
di distribuzione. Le acque prelevate erano di-
rettamente convogliate all’interno di condotti
detti specus, di solito a sezione rettangolare,
scavati nella roccia o realizzati in muratura.
Tali condotti di dimensioni variabili a se-
conda della portata richiesta, percorrevano
il tragitto mantenendo un gradiente molto
basso, intorno a 0,3‰ permettendo così un
flusso costante durante l’anno che limitava le Figura 1 – Schema di acquedotto romano (Roma Imperiale, 2016)
Figura 2 – Carta del territorio piemontese e valdostano. Sono riportati il reticolo idrogra- Figura 3 – Distribuzione dei principali acquedotti romani in Piemonte e Valle d’Aosta e
fico con i principali corsi d’acqua e le località in cui sono stati rinvenuti i reperti degli della rete viaria tra Piemonte e Liguria. Dati sull’antica rete viaria da Preacco M.C., (2007)
acquedotti romani
5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Le opere acquedottistiche testimoniano la
grande conoscenza ingegneristica che i Ro-
mani avevano anche nel campo dell’idrauli-
Figura 8 – Presunto tracciato dell’acquedotto romano di Chieri (dati da Gruppo Archeologico Torinese, 2016) ca. In questa regione, così come in tanti altri
luoghi interessati dal fenomeno dell’espan-
di Superga, grazie all’acqua che sgorga da 4.6 Acquedotto romano di Ivrea sione dell’Impero, è proprio stata l’acqua,
alcune sorgenti, ancora oggi esistenti nella Eporedia, l’attuale Ivrea, fa fondata nel unitamente alle vie di comunicazione una dei
zona. È probabile che il bacino di captazione 100 a. C per stabilire un caposaldo strategico migliori alleati di questo popolo. Nelle regioni
si trovasse a fianco del grande campo oggi all’imbocco della Valle d’Aosta, per aprire e prese in esame, l’abbondanza e la diversità
compreso tra Valle Miglioretti e il rio Gola, conservare, sicura dai Salassi (popolazione delle risorse idriche, ha dato luogo a dimo-
sulla riva destra del piccolo corso d’acqua, a di origine celtica del canavese e della valle strazioni di impiego molto importanti. Oltre
valle del raccordo tra le diverse sorgenti, e in della Dora Baltea), la via delle Gallie, e per alle opere acquedottistiche, i Romani hanno
una zona quasi pianeggiante. poter mantenere le miniere salasse conqui- dimostrato di riconoscere e utilizzare le sor-
L’acquedotto, molto probabilmente, con- state con la vittoria di Appio Claudio Pulcro. genti termali, costruendo impianti che sono
sisteva in un semplice condotto poggiato al Dal punto di vista geologico, la morfologia dei giunti fino ai giorni nostri.
pendio che collegava la collina di Pino Torinese Colli di Ivrea è caratterizzata da un elevato Un altro utilizzo delle acque è stato quel-
(Pinarianum) con Chieri (Carreum Potentia) per tasso di affioramento del substrato roccio- lo di via di comunicazione, costruendo porti
un tratto di 5 km e quote comprese tra i 363 ed so, che costituisce raggruppamenti di rilie- fluviali per il trasporto di merci, tra i quali si
i 312 m s.l.m. L’acqua veniva convogliata dal- vi caratterizzati da un profilo arrotondato. I citano quello di Alba Pompeia sul fiume Ta-
le sorgenti collinari della Commenda (località rilievi sono separati da depressioni in parte naro e quello nei dintorni di Cavagnolo (TO),
Tetti Miglioretti), scendeva correndo parallela occupate tuttora da bacini lacustri e in parte alla confluenza tra la Dora Riparia e il Fiume
all’attuale strada regionale SR 10 ed entrava a corrispondenti a bacini lacustri colmati: i ba- Po. Benché questi territori siano stati nei se-
Chieri (Fig. 8). L’acquedotto era costituito da un cini ospitano localmente torbiere galleggianti coli pesantemente rimaneggiati, si auspica
semplice canale, realizzato in un conglomerato note come “terre ballerine”. Le depressioni la- che emergano altre informazioni sia da fonti
di pietrame e ciottoli spaccati legati da malta custri si sviluppano in coincidenza delle lito- occasionali, quali gli scavi per realizzazione
biancastra dura e compatta, la cui profondità, logie a tessitura scistosa o milonitica e lungo di nuove opere, sia mediante mirate indagini
valutata da Ghivarello, doveva essere di circa fasce tettonizzate, caratterizzate da un eleva- geofisiche e geoelettriche, oggi più diffuse e
34 cm; non si hanno dati certi sulla pendenza, ta fatturazione. L’esempio più significativo è versatili.
valutata tra i 2 ‰ teorici e i 10 ‰ ipotizzabili dato dall’allineamento delle depressioni della
sulla base del dislivello tra il punto di partenza Torbiera di Tomalino e del Lago Pistono, dove BIBLIOGRAFIA
e quello di arrivo. Un risultato forse ragionevole, si sviluppa il Maresco di Bienca, in coinciden- Bacchetta A. (2006). L’acquedotto romano. Sistema
ma comunque ipotetico, è costituito dai poco più za della Linea del Canavese Interna (Forno et museale di Acqui terme. Aquae Statiellae - Per-
di 1500 mc/giorno che si ottengono calcolando, al., 2007). Si dice che il Maresco di Bienca corsi di Archeologia, 39 pp. De Ferrari, Genova.
Brecciaroli Taborelli L. (2006). Eporedia tra tarda
con la formula utilizzata per il computo della fosse utilizzato come bacino di raccolta per Repubblica e primo Impero: un aggiornamento.
portata dei canali di scolo non in pressione, uno l’acquedotto romano, incanalandone le acque In: Forme e tempi della dell’urbanizzazione nella
speco profondo 34 cm (come proposto da Ghiva- per portarle fino all’attuale Porta Aosta, al fine Cisalpina (II sec a.C.-I sec. d.C.). Atti delle Gior-
rello) e una pendenza ottimale di 2 ‰. di soddisfare le necessità di approvvigiona- nate di Studio, Torino 4-6 maggio 2006. A cura
Figura 9 – Acquedotto di Eporedia. Tracciato dell’acquedotto, conservato e ipotetico (dati da Brecciaroli Taborelli, 2006)
di Luisa Brecciaroli Taborelli. 351 pp. Edizioni Döring M. (2005) Roman Irrigation Aqueduct in archeogat.it/zindex/Mostra%20Collina/colli-
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Parole chiave (key words): Versailles, geologia di Versailles (geology of Versailles), castello di Versailles
(Palace of Versailles), approvvigionamento idrico del castello di Versailles (water supply of the Palace of
Versailles), Macchina di Marly (the Machine of Marly), Luigi XIV (Louis XIV), Rennequin Salem
INTRODUZIONE siedere con tutta la sua corte. Così Luigi XIV, sabbiosi a base argillosa e marnoso-calcarei
Le prime notizie certe sul luogo che ospita intorno al 1661, cominciò ad investire denaro (Fig. 1 e Fig. 2, rispettivamente carta geolo-
la reggia di Versailles, Patrimonio dell’Uma- nella costruzione di una delle più lussuose gica dell’area e di dettaglio della zona su cui
nità dal 1979, risale al 1038 ed è presente residenze reali del mondo, il castello o reggia sorge il castello di Versailles). Ciò spiega la
in un documento dell’Abbazia Saint-Père di di Versailles, che si caratterizzò non solo per presenza di stagni nel luogo, alcuni dei qua-
Chartres cui uno dei sottoscrittori fu Hugo gli ampi spazi costruttivi e scenografici e per li anticamente situati proprio in quello che
de Versaillis. Acquistata nel 1561 da Martial lo splendido parco ma anche per gli spetta- oggi possiamo considerare la parte laterale
de Lomenia, segretario delle finanze di Car- colari effetti scenici dei giochi d’acqua delle del castello. Il bacino è circondato da colli-
lo IX, divenne proprietà di Albert de Gondi, numerose fontane e bacini che abbellivano il nette boscose a circa 180 metri di altitudine
maresciallo di Francia, nel 1575. Nel 1589 parco reale con lo scopo di stupire i visitatori. e geograficamente confina a sud con la pia-
il castello ospita il re di Navarra, Enrico IV, Proprio la creazione di fontane e bacini na di Satory, ad est con la foresta di Meudon
padre del futuro Luigi XIII, il quale, in qualità d’acqua fu il motivo basilare che portò alla e la piana di Vélizy, a nord con la foresta di
di erede al trono, diventa il nuovo re di Francia ricerca di risorse idriche nelle aree circostan- Fausses-Reposes. L’area si prolunga ad ovest
alla sua morte avvenuta nel 1614. ti, visto che quanto disponibile nella zona si con la piana di Versailles.
Il castello di Versailles ha quindi cono- dimostrava del tutto insufficiente a coprire le Il rilievo è stato appiattito nel corso delle
sciuto molti padroni e molta storia ma in- necessità del castello. opere di edificazione del castello e le depres-
dubbiamente l’arrivo di Luigi XIV di Borbone sioni coperte e riempite di sedimenti.
(1638-1715), il re Sole, divenuto re nel 1654, INQUADRAMENTO GEOLOGICO Per quanto riguarda l’inquadramento
cambiò la sua sorte. L’inquadramento geologico del luogo che prettamente geologico del foglio Versailles,
Il re, infatti, vissuto negli anni del XVII- oltre al castello ospita anche la città di Ver- all’inizio dell’era terziaria, il Bacino pari-
XVIII secolo, decise che era giunto il momento sailles, mostra che l’area in cui si trova la gino subì il contraccolpo del corrugamento
di abbandonare Parigi per vivere in luogo non reggia è un ampio bacino, posto a 100-150 alpino che provocò una leggera fagliazione
troppo lontano dalla città ma in cui poter ri- metri di altitudine, caratterizzato da suoli e piegamenti in direzione NNW-SSE. I terreni
LA RICERCA E L’APPROVVIGIONAMENTO DI
ACQUA
Causa la scarsità di portata dei fiumi Ma-
rivel e Gally, che quindi rendeva impossibile
garantire un adeguato approvvigionamen-
to idrico in grado di sostenere la quantità
d’acqua richiesta dai bacini e dalle fontane,
e di soddisfare le richieste di Luigi XIV, suo
successore, per il quale le fontane doveva-
no essere sempre funzionanti, architetti ed
ingegneri proposero di volta in volta distinte
soluzioni per risolvere l’inconveniente.
Figura 2 – Dettaglio del Foglio geologico Versailles, XXII-14, scala 1:50.000, BRGM. All’inizio si cercò di razionalizzare l’uso
delle fontane del parco e solo i bacini più vi-
rappresentati sul foglio Versailles sono mol- quali si depositarono calcari con componenti cini al castello furono usati quotidianamente,
to variegati, sia sul piano della successione silicei e argillosi e in ultimo limi e alluvioni dalle otto del mattino alle otto di sera (Bagor-
stratigrafica che delle variazioni di facies. che ricoprirono le parti più superficiali dell’a- do, 2009). Le fontane, invece erano a pieno
Gli spessori anteriori alle Sabbie di Fontai- rea in questione. regime solo in occasioni speciali, come feste,
nebleau sono molto variabili, in relazione con L’area sottostante e circostante la cit- visite di personalità, ma per non più tre ore
le condizioni tettoniche. Nel foglio è possibile tà di Versailles è caratterizzata da: sabbie per volta.
riconoscere una zona centrale, l’anticlinorium di Beauchamp (e6a), calcari di Saint-Ouen La ricerca delle acque irrigue portò all’av-
di Beynes a sud e quello della Senna a nord, (e6b), sabbie di Monceau (e6c) del Bartonia- vio, quasi in contemporanea di grandi opere:
separati dalla sinclinale del Ru du Gally. no inferiore, marne gessose, calcari, marne la prima consisteva nella realizzazione di una
Foto 1 – Settore del castello. Foto: Giulio Caratelli Foto 2 – La Torre del lago dell’Hameau di Maria Antonietta. Foto: Giulio Caratelli
Alla fine del Campaniano, appartenente contenenti Helix, calcari con Batillaria rusti- rete idrica di collegamento tra gli stagni li-
al Cretacico, il mare abbandonò l’area la- ca del Bartoniano superiore (Ludiano; e7) su mitrofi all’area di Versailles finalizzata alla
sciando una coltre di sedimenti che l’erosione cui affiorano terreni dello Stampiano inferio- raccolta delle acque piovane; la seconda era
ha successivamente modellato. Nel Cenozoi- re, ovvero calcari e argille verdi (g1), quindi incentrata sulla deviazione di un corso d’ac-
co, fasi alternate di ingressione e regressione argille e marne contenenti Ostrea cyathula e qua che garantisse la portata necessaria;
marina cambiarono il paesaggio, lasciando molluschi (g2a), sabbie e grès di Fontaineble- la terza mirava al sollevamento artificiale
strati di sedimenti di spessore variabile co- au (g2b) dello Stampiano. dell’acqua della Senna, fiume situato a pochi
me sabbie, argille, calcari, marne, gesso. Dal punto di vista idrogeologico, Ver- chilometri dalla reggia, per raggiungere il più
Al termine dello Stampiano il mare si ritirò sailles è alimentata dal fiume Marivel che a vicino acquedotto collegato con Versailles.
definitivamente lasciando zone lacustri nelle Sèvres si immette nella bassa Senna, dal Ru Pensate singolarmente, alla fine queste tre
LA MACCHINA DI MARLY
Foto 3 – Bacino d’acqua. La “Macchina di Marly” è considerata la
più grande macchina idraulica per il solleva-
opere portarono alla creazione di un sistema dei Cigni allo stagno. La grotta crollò nel 1684 mento delle acque mai costruita fino al 1684,
idrico integrato con elementi interdipendenti e quindi si resero necessari ulteriori lavori di fu realizzata da Rennequin Sualem, un vallo-
(Bagordo, 2009; Pincas, 2001). progettazione e sistemazione di altri serbatoi. ne originario del principato di Liegi, sotto la
Sotto Luigi XIII, una pompa situata a nord Poiché lo stagno di Clagny non era più supervisione dell’ingegnere capo del progetto
del padiglione di caccia prelevava l’acqua sufficiente a fornire acqua nelle quantità ri- e ideatore Arnold de Ville. Il cantiere iniziò nel
dallo stagno di Clagny, prossimo al castello e chieste dalle fontane del castello di Versail- 1681 e terminò nel 1684.
situato a nord-est, fornendo l’acqua necessa- les, si cercò acqua verso le colline di Satory La macchina prende il nome da Marly, un
ria alle fontane del parco reale (Pincas, 2001). che dominano l’area a sud. Nel 1668 comin- piccolo centro situato a poca distanza da Ver-
A partire dal 1663, Luigi XIV fece siste- ciarono i lavori lungo il corso del fiume Bièvre sailles e noto per il suo castello, ma in realtà
mare i giardini e con l’occasione, Louis Le che venne sbarrato per formare lo stagno di odiernamente situata nel comune di Bougival,
Vau costruì un edificio che nascondeva una Val, il quale tramite 4 mulini a vento e un dipartimento di Yvelines, a 7 km da Versailles.
pompa idraulica messa a punto dall’ingegner mulino ad acqua approvvigionò l’acqua a due Scopo della macchina era di solleva-
Denis Jolly, azionata da un maneggio di due serbatoi, Satory e Desert, situati sulle colline. re l’acqua della Senna a Bougival fino alla
cavalli, molto più potente della precedente. Questi lavori però non furono in grado di forni- sommità della collina di Louveciennes, posta
Migliorata negli anni 1670, la nuova pompa re i quantitativi necessari come auspicato dal a 162 metri d’altezza rispetto al livello del
fu abbandonata nel 1680. re e quindi negli anni successivi si cercò di ar- fiume, da cui un acquedotto sotterraneo di 6
Nel frattempo venne predisposta una rivare ad una soluzione più efficace, soluzione km conduceva l’acqua da Marly alla reggia
nuova riserva d’acqua che andò ad alimen- che vide in gioco anche i pareri e i progetti per gravità, sfruttando i 37 metri di dislivello
tare le fontane del Grand Canal e che sarà di rinomati astronomi e matematici francesi. con i bacini del castello.
riempita solo nel 1736. Nel 1683 l’ingegnere Thomas Gobert fece Poiché la pressione di canalizzazione era
Nel 1666 si aggiunse un secondo serba- costruire a Buc un acquedotto a due piani lun- molto elevata, l’operazione veniva effettuata
toio al di sopra della grotta di Téthys e l’an- go 580 metri al di sopra della valle del fiume in due tempi. 14 ruote di 12 metri di diametro
no seguente anche altre 3 riserve d’acqua, Bièvre per collegare gli stagni di Saclay, Or- ciascuna azionavano 64 pompe che spinge-
messe in moto da 5 mulini a vento ideati da signy, Bois-Robert, Trou-Salé e Pré-Clos alle vano l’acqua fino ad un primo serbatoio. Da lì,
Le Vau, mentre un sesto mulino azionava un riserve d’acque del Parco dei Cervi, nella zona una serie di pompe innalzava il prezoso fluido
percorso di ritorno dell’acqua dalla fontana sud-est del castello (Pincas, 2001). fino ad un secondo serbatoio da cui un nuovo
Di fronte alle incessanti richieste di sistema di pompe idrauliche spingeva l’ac-
maggiore portata d’acqua, venne proposto di qua fino all’acquedotto di Louve e alle Deux
canalizzare l’acqua del fiume Eure, affluente Portes di Marly, per poi effettuare il percorso
della Senna. Nel 1684 si collegò quindi l’ul- in discesa fino a Versailles.
timo stagno superiore, La Tour, a Pont Gouin, La costruzione e il meccanismo di funziona-
primo punto del fiume più in alto di Versail- mento della macchina comportò spese ingenti,
les, permettendo una adduzione per gravità. e la disponibilità di 1.800 persone tra operai,
Sebastien Le Prestre marchese di Vauban, carpentieri, fabbri, idraulici e altre maestran-
ingegnere, architetto militare e urbanista, ze, oltre ad una ingente quantità di legname,
fu incaricato di realizzare questo progetto piombo, acciaio, ferro per la costruzione e ma-
che portò alla costruzione di un canale lungo nutenzione della macchina. Tale sistemazione
83 chilometri con due acquedotti a Larris e permise di produrre circa 5.000 m3 di acqua
Maintenon. Ben 30.000 soldati appartenenti al giorno, pari a 34 m3 per ora. Il rumore pro-
a 16 reggimenti posti sotto il comando del dotto dallo sfregamento delle parti metalliche
maresciallo d’Uxelles furono impiegati nelle era molto elevato; ciò nonostante la macchina
opere di idrauliche. Il progetto prevedeva la funzionò ininterrottamente per 133 anni.
costruzione a Maintenon di un acquedotto a Nel 1807 la struttura venne rimpiazzata
3 piani, alto 73 metri e lungo 5 chilometri. da un sistema a vapore ma nel 1817 Luigi
Foto 4 – Gran Canal e parco. Foto: Maria Luisa Felici Purtroppo, 3 anni dopo i lavori furono inter- XVIII ordinò la demolizione della macchina
Foto 5 – La Torre del lago dell’Hameau di Maria Antonietta. Foto: Maria Luisa Felici
a causa della sua incapacità di assicurare ne fino al 1963. Attualmente sono installate Per quanto riguarda la reggia di Versail-
una adeguata portata, che nel frattempo era turbine elettriche che sollevano l’acqua e la les, alcuni serbatoi precedentemente costruiti
scesa a soli 200 m3 al giorno. Altri professio- conducono in sotterraneo verso gli impianti sono ancora oggi utilizzati per alimentare le
nisti si cimentarono a trovare una soluzione di Louveciennes, da cui è distribuita a circa fontane e i bacini delle Grands Eaux, soprat-
ottimale, l’ultima delle quali rimase in funzio- 300.000 abitanti (Pincas, 2001). tutto nel corso dei “giochi d’acqua” estivi.
Parole chiave (key words): cavità artificiali (artificial cavities), acquedotti sotterranei (underground
aqueducts), acquedotti romani (Roman acqueducts), Traiano, Aqua Traiana, Aqua Paula
GENERALITÀ – STORIA sovrintendente agli acquedotti di Roma e au architetti Giovanni Fontana e Carlo Maderno, le
L’acquedotto Traiano, realizzato per volere tore del famoso De aquaeductu urbis Romae, sorgenti del Traiano furono ripristinate e con-
dell’imperatore Traiano nel 109 d.C., racco- era morto pochi anni prima della realizzazio- nesse al nuovo collettore circumlacuale.
glieva le acque di numerose sorgenti intorno ne dell’opera e i suoi successori non furono, Come discusso nel seguito, non tutte le sor-
al lago di Bracciano (lacus Sabatinus), sui evidentemente, così diligenti da descrivere i genti furono riallacciate in quanto, nel corso
monti Sabatini. Lungo complessivamente nuovi acquedotti. dei secoli, molte erano state destinate ad altri
57 km, raggiungeva la città di Roma con un Dopo la caduta dell’Impero romano, il con- usi e non furono concesse dai rispettivi proprie-
percorso in gran parte sotterraneo lungo le dotto fu interrotto e riparato più volte, fino a es- tari. In particolare quelle provenienti dalla zo-
vie Clodia e Trionfale, poi su arcate lungo la sere del tutto abbandonato intorno al IX secolo. na nota come Santa Fiora non furono collegate
via Aurelia entrando infine in città sul colle Nel XVII secolo papa Paolo V fece completa- all’acquedotto Paolo perché gli Orsini, prima,
Gianicolo, sulla riva destra del fiume Tevere. mente ricostruire l’acquedotto che prese il no- e gli Odescalchi, poi, proprietari dell’area, ne
Le notizie storiche relative a questo acque- me di Acqua Paola. Nel corso dei lavori, termi- negarono l’utilizzo in quanto necessarie per
dotto sono scarsissime. Sesto Giulio Frontino, nati nel 1612 ed eseguiti principalmente dagli muovere i mulini di Vigna Grande (Fea, 1832)
e, a partire dal 1698, per alimentare Braccia-
no attraverso l’acquedotto Orsini – Odescalchi
che raggiungeva la cittadina con un percorso
in parte sotterraneo e in parte su arcate.
Le acque risultarono quindi insufficienti
costringendo qualche decennio dopo a cattu-
rare e mescolare a quelle sorgentizie le acque
del lago di Bracciano. A tal fine, con Chiro-
grafo del 3 giugno 1673 e Istromento del 6
agosto 1675 venne formalizzato un accordo
tra il duca Flavio Orsini, proprietario del lago
e delle sue sponde, e Papa Clemente X con il
quale vennero stabilite le regole di gestione
ed adottati gli accorgimenti necessari per
regolare il regime dell’acqua lacustre ed as-
sicurarne la costanza. Furono anche costruiti
un muro di argine presso l’emissario Arrone,
un nuovo condotto e un edificio di presa, tutto
a spese del Duca (Fig. 1). Infine, si stabilirono
luoghi per gli abitanti di Bracciano, Trevigna-
no e Anguillara ove lasciar macerare canape e
lini al fine di evitare infiltrazioni nel condotto.
L’immissione dell’acqua lacustre nel
condotto principale dell’aqua Paula aumentò
notevolmente la portata ma a discapito della
qualità, da cui il detto popolare “valere quan-
to l’acqua Paola”.
Nel XIX secolo, per potenziare ulteriormen-
te l’aqua Paula vennero utilizzati i due laghi
limitrofi a quello di Bracciano: nel 1825 venne
captata con un cunicolo l’acqua dal lago di
Martignano e nel 1830 fu realizzato un pro-
lungamento dello stesso cunicolo fino al lago
di Stracciacappa, poi completamente prosciu-
gato. Sempre nel 1830 fu realizzato anche un
Figura 1 – Schema della captazione dal lago di Bracciano (elaborazione grafica E. Felluca; mappa originale ASR – Collezione nuovo emissario del lago di Martignano, ad un
Disegni e Piante, coll. I, cart. 4, foglio 155) livello inferiore, per compensare il progressivo
Figura 2 – Percorso del Nuovo Acquedotto Alsietino, che collegava i laghi di Martignano e Stracciacappa a quello di Bracciano (grafica E. Felluca; rilievi L. Fauci, E. Felluca, T. Dobosz)
Figura 5 – Percorso del Ramo di Santa Fiora. I punti 1, 2 e 3 indicano le strutture di attraversamento dei fossi. La 1 è integra, la 2 e la 3 sono dirute (grafica C. Germani; rilievi V.
Colombo, C. Germani)
il nome di Ex Caivs Cvriativs Cosanvs (CIL XV, 97 ghezza e 50 cm di altezza costruite in laterizio settecentesco, dice: “… i Capi di quelle, che
b), figline Cepionianae. con la volta a cappuccina. Proseguendo lungo venivano dal Fosso che si diceva di Fiora, sono
I due condotti convergono, quindi, nel con- il fosso, l’acquedotto si mostra in superficie smarrite” (Cassio, 1756, XXI, 6). Pochi anni
dotto principale fino ad intersecare il ramo della presso il Passo del Pisciarello. dopo Nibby (Nibby, op. cit.), e Thomas Ashby
Botte delle Cinque Vene. La pavimentazione di A poca distanza dalla frazione Pisciarel- (Ashby, 1935), noto archeologo e fotografo, ne
quest’ultimo è caratterizzata dalla presenza li, altri due piccoli condotti confluiscono nel cercano inutilmente il tracciato.
di bipedali ventiquattro dei quali recano l’im- condotto principale apportando acqua da una Il condotto è stato rintracciato e rilevato
pressione di bolli semilunati, alcuni illeggibili, camera di unione di varie sorgenti addossata nel 2012 (Fig. 5) e si snoda attraverso i boschi
altri invece ben conservati che recano il nome di al banco roccioso a vista per un ampio tratto. attorno ai 300 m s.l.m. tra il Fosso di Santa
Anteros Severianus, fornendo un inconfutabile A poca distanza troviamo la Botte della Pisci- Fiora e Vigna Orsini.
elemento datante all’epoca traianea della mes- na, una camera rettangolare con volta a botte La sorgente principale era il Ninfeo di Santa
sa in opera di questo tratto dell’aqua Paula, a in parte ricostruita in epoca moderna e misura Fiora, struttura piuttosto complessa ad oggi non
riprova che Paolo V utilizzò condotti di epoca ro- 6,4 m di lunghezza, 4,15 m di larghezza e 2,5 accessibile e poco studiata sebbene di grande
mana anche nel tratto di Fosso di Grotte Renara. m di altezza. Sempre nei pressi troviamo la fascino e interesse storico-artistico (Quilici,
I bolli sono di due varianti: un tipo è uni- Botte di Grotte Renara ad essa collegata e, nel 2009). Dell’area sorgentizia facevano parte
lineare con lettere a rilievo DOL ANTEROT SE- fosso, un muro di argine in pietra addossato anche il Ninfeo “Carestia”, circa 500 metri a
VER CAES (CIL XV, 811 f), l’altro è trilineare ai resti di una costruzione in opera cementizia NE del precedente, completamente in rovina, e
DOLIARE ANTEROTIS SEVERI (CIL XV, 811d), e laterizi che secondo Antonio Nibby, storico, la sorgente “Matrice”, non ancora individuata.
entrambi presenti anche nel Foro di Traiano archeologo e studioso di topografia antica, Partendo dall’area di Santa Fiora gran
(Bianchi, 2004). costituiva un dispositivo per imbrigliare parte del percorso si sviluppa in sotterraneo
La presa di captazione lungo Botte del- l’acqua e convogliarla nel condotto durante i ed è riconoscibile dai pozzi, molti dei quali
le Cinque Vene si diversifica dalle due già periodi di siccità delle sorgenti (Nibby, 1837). collassati, da sprofondamenti di varia origine
descritte per il fatto che nel tratto finale, su Quindi, il condotto procede in sotterraneo sul- o dalla trincea residuo del condotto crollato.
entrambi lati, vi sono numerose bocchette la sponda opposta per emergere con un ponte Tra un’apertura e l’altra del condotto, sia essa
fatte di coppi rovesciati e piccoli condotti in a due arcate detto ponte del Paradiso delle casuale o legata ad un pozzo di areazione, il
laterizio con copertura a cappuccina o con Civette e di lì inizia il suo arco intorno al lago. cunicolo si presenta di solito intatto e realiz-
mattoni posti di piatto che drenano l’acqua zato con uno standard costruttivo elevato ed
direttamente dal banco roccioso. Il ramo di Santa Fiora uniforme (Fig. 6). L’interno dello speco è alto
Carico dell’acqua delle quattro sorgenti, Sul ramo proveniente dalle sorgenti 150-160 cm, largo in media 85 cm, rivestito
il condotto principale prosegue lungo il fosso dell’area di Santa Fiora le notizie sono scarse di intonaco impermeabile (coccio pesto) sul
per poi attraversarlo con il Ponte del Pettinic- soprattutto a causa dell’abbandono totale fondo e per un’altezza di circa un metro. Le
chio o del Ciurlo (Vecchiarelli, 1989) presso il avvenuto a partire dal IX secolo. pareti laterali e la volta sono realizzate in
quale interseca un altro condotto proveniente Nel 1695, Carlo Fontana (1638-1714), opera cementizia con inerti in tufo per uno
dalla Botte del Micciaro: una grande camera allievo del Bernini, effettua per conto della spessore complessivo di una sessantina di
rettangolare sotterranea addossata al banco Santa Sede un sopralluogo lungo il ramo di cm e sono rivestite di opus reticulatum da
roccioso con volta a botte che misura 13,8 m Santa Fiora nel quadro della ricostruzione entrambi i lati.
di lunghezza, 3,7 m di larghezza e 4,2 m di dell’acquedotto Traiano-Paolo. Dalla sua Dalle osservazioni effettuate, l’intera strut-
altezza. La muratura coincide con quella della relazione si evince che metà del percorso è tura è stata realizzata mediante trincea poco
Botte dell’Acqua Precilia. Lungo tre pareti si ormai diruto (O’Neill, 2014). Sessant’anni profonda e pare poggiare su una base in cal-
aprono trentotto bocchette di 23 cm di lar- dopo, Alberto Cassio, archeologo e studioso cestruzzo poco più larga del condotto stesso.
Figura 6 – interno del condotto del ramo di Santa Fiora (Foto C. Germani)
a Mediolanum
Water management in Mediolanum
Parole chiave (key words): Mediolanum, gestione dell’acqua (water management), idrografia
(hydrography), soluzioni geotecniche (geotechnics)
“C
hi visita la nostra città non anni ’30 fu tombinata anche la “fossa interna”, sto primitivo reticolo nulla è più percepibile per
manchi di recarsi sullo spal- il fossato medievale di Milano che scorreva in la sovrapposizione edilizia e le opere idrauliche
to di Porta Ticinese, e meglio corrispondenza delle attuali piazza S. Marco, recenti, che hanno portato a un totale stravol-
quando, al tramonto del sole, via Senato, via Sforza e via Molino delle Armi gimento della fisionomia originaria della città.
il raggio obliquo illumina la sommità degli (Portaluppi, Semenza 1927; Bascapè 1950, p. Ciò nonostante, le inequivocabili evidenze af-
edifici, che di qui meglio che da ogni altra 7; Malara 1996; Malara 2012, p. 156; Scrima fiorate in occasione dei grandi cantieri urbani
via si possono dominare. Al curioso parrà di 2015; Pagano 2016). suggeriscono come la stretta connessione tra
vedere una città diversa, tutta di commercio; La grande operazione di risanamento can- acqua e paesaggio, ancora presente al tempo
e gli verrà sott’occhio il complesso del nostro cellò le tracce dei più antichi elementi idrici di Bonvesin de La Riva, risalisse a epoche assai
sistema idrografico, le cui arterie ivi conver- urbani, risparmiando solo i tre navigli mila- più remote.
gono come al cuore”.1 nesi, il Grande, il Pavese e la Martesana, che Come registrato per molte altre realtà
ancora oggi scorrono ai margini della città, peninsulari e transalpine, infatti, anche a
Dalle parole di Litta Modignani traspare diametralmente opposti tra loro. Per quanto Mediolanum le prime consistenti opere di
come a metà dell’Ottocento la città di Milano antica, la loro origine non precede l’età medie- bonifica e irreggimentazione idrica presero
fosse ben diversa dallo stato attuale, e come il vale: il Naviglio Grande fu realizzato nel 1177 forma di pari passo con la pianificazione ur-
“paesaggio d’acqua”, ormai del tutto svanito, per irrigare le campagne, collegare il Ticino a bana, in un momento non lontano dall’otte-
fosse un elemento caratterizzante della sua Milano e alimentare il nuovo fossato difensivo nimento dello statuto di municipium del 49
fisionomia. Fino ai primi decenni del secolo della città, scavato una ventina d’anni prima in a.C. (Fedeli 2015, p. 25). Nella fase finale di
scorso, infatti, la città godeva di uno stretto previsione dell’assedio del Barbarossa (Malara romanizzazione – ma indubbiamente già con
legame con l’acqua, grazie a una fitta rete 1996); circa due secoli dopo fu progettato il lo sviluppo del centro golasecchiano e insu-
di canali e a un efficiente apparato idrico Naviglio Pavese, inizialmente non navigabile; bre, come dimostrerebbe il sito di via Moneta
alimentato dalle risorgive. L’intero sistema, al XV secolo risale infine “la Martesana”, allac- (Ceresa Mori 2015, p. 37) – si predisposero
preziosa risorsa irrigua per le campagne e ciamento commerciale con la valle dell’Adda, sistematici interventi di correzione dell’as-
principale snodo delle vie fluviali tra Verba- collegata nel 1497 alla fossa difensiva me- setto idrogeologico, che costituirono il primo
no, Lario e Po (Malara 2012, p. 132), iniziò diante il Tombone di S. Marco. passo verso la gestione pianificata delle ac-
a sparire dalla seconda metà del XIX secolo, Il dato archeologico sembra tuttavia sug- que raggiunta con la piena età augustea2: con
durante il laborioso processo di rinnovamento gerire come il centro antico si incardinasse su opere di drenaggio e risanamento dei suoli
che ha irreversibilmente trasformato la città. un articolato sistema di corsi d’acqua, fontanili nelle aree destinate alla costruzione di nuovi
Il primo passo verso la totale dismissione e rogge già agli albori dell’età romana. Di que- edifici, oltre a una programmata regimazio-
delle acque interne si ebbe nel 1857 con la ne dei corsi d’acqua già esistenti per creare
copertura del Laghetto di S. Stefano in Brolo, un’efficace rete al servizio della città.
ormai venuto meno alle funzioni di bacino por- L’abbondanza e la diversificazione delle so-
tuale destinato ad accogliere i marmi diretti al- luzioni geotecniche adottate nel corso delle più
la Veneranda Fabbrica del Duomo. Per gli stessi antiche fasi di urbanizzazione denotano un’e-
motivi nel 1884 il Piano Beruto programmò la stesa presenza di aree imbibite o semi umide,
tombinatura dei principali canali cittadini, tra che richiesero provvedimenti più o meno inci-
cui il Naviglio di S. Girolamo (parte del fossato sivi in funzione dell’ampliamento del tessuto
medievale, tra 1892 e 1895), il Ticinello (1895) urbano3. Tra gli espedienti impiegati, spiccano
e la Vettabbia (1898, Fig. 1). Nel 1929 il piano l’incisione di canali di drenaggio ai margini
regolatore di Piero Portaluppi e Marco Semenza delle aree abitate, la realizzazione di trincee
mise definitivamente in discussione l’intero si- di fondazione a strati per isolare le costruzioni
stema, nonostante l’opposizione di personalità
autorevoli nel panorama urbanistico milanese,
2 Una breve sintesi della situazione idrografica
come Luca Beltrami. Per motivi d’igiene e via- milanese in età preromana compare nel recentissi-
bilità, ma soprattutto per conferire alla città mo contributo di G. Fantoni edito nell’ultimo numero
un’immagine modernistica, entro la fine degli dell’Archivio Storico Lombardo (Fantoni 2016).
3 Per una trattazione analitica delle soluzioni geo-
tecniche utilizzate a Mediolanum per bonificare i ter-
1 Litta Modignani L., Bassi C., Re A. (1844), Mila- Figura 1 – Via Calatafimi, la copertura della Vettabbia nel reni si confrontino i numerosi contributi di M. Antico
no e il suo territorio, Pirola, Milano. 1899 (da Prusicki 2012, p. 156) Gallina (Antico Gallina 2002, Antico Gallina 2008).
Figura 2 – Via Santa Margherita, canalizzazioni (da Caporusso 2014, p. 27; Fedeli, Pagani 2015, p. 178)
dall’umidità del sottosuolo e l’impiego di strut- augustea: le fosse rispondevano principal- una trincea a profilo quadrangolare circoscri-
ture ad anfore per costipare i terreni. mente all’esigenza di drenare e mantenere il veva un nucleo residenziale datato ai primi
Due contesti rinvenuti a pochi metri da suolo in condizioni ottimali, ma rivestivano decenni del I secolo a.C. (Ceresa Mori, De
piazza del Duomo, in via Santa Radegonda probabilmente anche una funzione di ripar- Donno, Galli 1992/93). La trincea, con forte
e via Santa Margherita (Ceresa Mori, Howes, tizione delle proprietà confinanti. Nel caso di pendenza verso sud e favorevole all’inclina-
White 1992/93; Jorio 1985), hanno dimostrato via Santa Margherita, una delle canalizzazio- zione del piano padano, demarcava con preci-
come antichi isolati abitativi datati agli ini- ni affiancava l’asse stradale che divenne il sione lo spazio abitativo, fungendo da canale
zi del I secolo a.C. fossero già demarcati da cardo maximus della città (Fig. 2). drenante in una zona evidentemente soggetta
canali del tutto rispettati dalla successiva Particolarmente indicativo sotto questo a episodi di ristagno (Fig. 3). La natura semi
maglia urbanistica di età tardorepubblicana- aspetto è il sito di via Cesare Correnti, dove umida dell’area di via Correnti sarebbe confer-
Figura 5 – Piazza Resistenza Partigiana, l’argine in blocchi di reimpiego (da Ceresa Mori, White 1994)
2012, pp. 28-29), anche per la possibile vici- In piazza Fontana sul finire del I secolo a.C. filari di pali lignei distribuiti lungo il fondo e
nanza del porto fluviale (Ceresa Mori 2003). si tentò di disciplinare un preesistente corso la sponda orientale (Ceresa Mori, Consonni,
Più frequentemente le opere di arginatura d’acqua, probabilmente attivo dall’età prero- Pagani 2005). Sebbene non se ne abbia la to-
e di sistemazione degli alvei prevedevano la mana5, attraverso la messa in opera di tre fitti
costruzione di semplici palificazioni o capra-
te in materiale deperibile, come nel caso del sede di analisi, la scelta di grossi tronchi per la re-
fossato tardorepubblicano di piazza Fontana 5 Le analisi botaniche e la datazione C14 effet- alizzazione della struttura lignea potrebbe aver pro-
o dei corsi d’acqua individuati in via Gabba tuate sui campioni lignei di una struttura idraulica vocato un “ulteriore invecchiamento” del campione,
e via Santa Croce - via Calatafimi. La persi- riferibile alle fasi più antiche di sfruttamento dell’a- già piuttosto datato al momento dell’utilizzo: anche
rea hanno restituito un intervallo di calibrazione in questo caso, tuttavia, non si potrebbe escludere
stente fluttuazione della falda milanese ha
piuttosto ampio ma inquadrabile tra il IV e il II se- l’attribuzione della struttura a una fase precedente
provocato in alcuni contesti un rapido deterio- colo a.C. La struttura si configurava come un con- alla regimazione tardorepubblicana dell’elemento
ramento dei materiali lignei, ma in altri casi dotto con le pareti e il fondo completamente rivestiti idrico (si ringrazia la dott.ssa Anna Maria Fedeli,
ha consentito una lunga permanenza delle di assi lignee, affiancato da coppie di pali disposti Funzionario responsabile per la Città metropolitana
strutture in ambiente anaerobico, favorendo- ordinatamente tra loro, diretto a scaricare in direzio- di Milano, per le informazioni relative ai risultati del-
ne un’eccezionale conservazione. ne del letto del corso d’acqua. Come sottolineato in le analisi).
Figura 7 – Via S. Croce - via Calatafimi, panoramica del corso d’acqua e della palificazione (da Ceresa Mori, Mills, Ragazzi, Valle 2007, p. 117)
6 Lo scavo di via F.lli Gabba è attualmente ine- disposizione delle anfore aveva lo scopo di in- tre 90 metri di un alveo antico, probabilmente
dito: le informazioni riportate in questa sede sono crementare la resistenza meccanica del terre- connesso alla Vettabbia, ha conservato l’inte-
tratte dalla Relazione Tecnica redatta dal dott. no (Frassine 2013, p. 95); la sistemazione nei ra sequenza sedimentaria di impaludamento
Rastelli e depositata presso gli uffici della Soprin-
pressi della sponda doveva invece garantire e di interro (Ceresa Mori, Mills, Ragazzi, Valle
tendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la
città metropolitana di Milano - Sezione Archeolo-
un accesso più agevole al corso d’acqua, fa- 2007; Ceresa Mori, Bianchi 2015). Sebbene
gia. Anche in questo caso si ringrazia la dott.ssa vorendo il drenaggio delle superfici attraverso se ne sia portata in luce solo la sponda occi-
Anna Maria Fedeli, Funzionario responsabile per la l’abbassamento del livello idrico. dentale, il corso d’acqua era contraddistinto
Città metropolitana di Milano, per la gentile con- In un eccezionale contesto situato tra le da un articolato apparato di travi e pali lignei,
cessione. vie Santa Croce e Calatafimi un tratto di ol- atto a restringere l’alveo entro una sezione
Water power
Parole chiave (key words): energia idraulica (water power), mulino (mill), turbina (turbina), mola
(millstone), frantumazione (sow machine), sega (trip hammer)
L’
energia idraulica è stata prodotta meglio l’energia potenziale (Fig. 1.3). L’utenza alcune ipotesi per valutare le prestazioni
ed utilizzata in epoca romana sin meccanica più comune è stata la macinazio- energetiche. È necessario considerare che gli
dai primi anni dell’impero, dappri- ne del grano, operazione che richiede un or- organi di legno che lavorano nell’acqua, subi-
ma solo per la macinazione del grano gano operativo rotante sul piano orizzontale, scono deformazioni e rapido deterioramento,
(Vitruvio Arch. X, 5), successivamente anche la mola, per tale ragione è sovente adottata non resistono a elevati sforzi e sono soggetti
per altre applicazioni industriali, come con- una ruota idraulica pur essa orizzontale e so- a rapida usura, ciò avviene nonostante la pos-
fermano i numerosi ritrovamenti archeologici no collegate tra loro tramite l’albero motore. sibilità di una accurata scelta e stagionatura
di impianti ritrovati in tutto l’Impero e nella
Roma stessa. I resti di alcuni impianti idrau-
lici ritrovati hanno permesso di conoscerne
le modalità di funzionamento nonostante il
deperimento del materiale organico, l’aspor-
tazione dei metalli e la dispersione dei com-
ponenti lapidei degli impianti. Una vasta bi-
bliografia riguarda quarantaquattro impianti
più o meno integri identificati, nuovi recenti
ritrovamenti aumentano questo numero (Wi-
kander 2000 pp. 374-400).
Il principio di funzionamento di una
macchina idraulica consiste nel trasformare
l’energia di una corrente d’acqua in energia Figura 1 – Macchine idrauliche: 1.1 ruota orizzontale; 1.2 ruota verticale alimentata dalla corrente; 1.3 ruota verticale
meccanica tramite di un organo rotante; ciò alimentata dall’alto
avviene tramite un’apposita ruota che, se-
condo la portata ed il salto disponibile, può Quando invece si utilizza una ruota idrau- delle essenze. Tali limiti non hanno impedito
essere posta in un piano orizzontale o vertica- lica verticale la trasmissione del moto è più la vasta diffusione delle macchine idrauliche
le. Nel primo caso, adatto a salti significativi complessa in quanto è necessario convertire essendo affrontati con pronte manutenzioni e
(Fig. 1.1), la ruota operatrice, il cui asse è il piano di rotazione da orizzontale in verticale. la sostituzione delle parti divenute fuori uso.
montato su due cerniere, è dotata di palette Ciò si ottiene tramite una coppia di ruote den- Vi sono altri problemi costruttivi che non si
piane o concave orientate perpendicolarmen- tate poste su piani perpendicolari, è il sistema sa se e come erano affrontati dagli antichi
te al getto d’acqua. É la più antica macchina ruota - pignone, la prima rigidamente colle- riguardo ai quali possiamo solamente fare
per produrre energia meccanica; inventata in gata sull’asse della ruota motrice, mentre il delle ipotesi come la necessità di equilibra-
epoca ellenistica fu utilizzata essenzialmente secondo è in asse con la mola e ruota su sup- tura statica e dinamica delle parti rotanti, la
nell’animazione degli automi, come noto dalle porti indipendenti. All’onere di un elemento lubrificazione degli assi rotanti delle ruote e
opere di Filone di Bisanzio (Drachmann 1963, in più, corrisponde però il vantaggio di poter degli ingranaggi. La similitudine con le ruote
Lewis 2002). È l’antenata della turbina Pel- svincolare la velocità di rotazione della mola dei carri ha probabilmente fornito la soluzio-
ton, raffinato risultato di moderne elaborazio- da quella della ruota idraulica per ottimiz- ne, erano forse i cuscinetti di appoggio e i
ni ingegneristiche, utilizzata per trasformare zare le condizioni operative della macchina, denti degli ingranaggi realizzati di legno duro
l’energia dei grandi salti idraulici in energia variando semplicemente il diametro degli impregnato a caldo di olio ?
elettrica. Altra soluzione, quando il salto è più ingranaggi. Le installazioni ritrovate delle tre tipologie
modesto, o inesistente in quanto si dispone di Tutte e tre le tipologie di macchine furono di ruota idraulica descritte, sono state realiz-
un flusso di acqua corrente, è di installare la usate diffusamente nell’economia produttiva zate applicando più o meno precisamente la
ruota motrice in posizione verticale. romana, non soltanto in impianti per macina- scienza idraulica secondo le condizioni della
Disponendo di acqua corrente, la ruota è re il grano. Il materiale con cui erano realizzati corrente disponibile e dell’utenza richiesta.
installata a filo della corrente con le palette i diversi organi era sostanzialmente legno, ra- La ruota orizzontale, detta anche greca o nor-
di semplice forma piana, totalmente immer- gione per la quale rimangono poche tracce per vegese, permette la costruzione di una mac-
se, in modo da catturare l’energia cinetica documentarne le caratteristiche costruttive, china più semplice per il collegamento diretto
(Fig. 1.2). Se la corrente passa al di sopra del- pur tuttavia la descrizione di Vitruvio (Arch. della mola sull’asse della ruota motrice, ma
la ruota, è opportuno che le palette abbiano X, 5.2) e i resti murari di numerosi impianti ha una efficienza energetica limitata e vin-
forma concava in modo da contenere l’acqua permettono di ricostruire le diverse tipologie coli dimensionali; la tecnologia romana con
nell’arco della rotazione utilizzandone così al e calcolarne le dimensioni effettuando anche organi in legno non permetteva di utilizzare
Figura 4 – Mulini di Barbegal: A vista d’insieme. B particolare del posizionamento dei ruotismi (A.Gaggero)
a Taranto
A study on the aqueduct of Masseria San Pietro
sul Mar Piccolo in Taranto
Parole chiave (key words): acquedotto romano (roman aqueduct), Taranto (Taranto),
speleologia (speleology), studio (study), acqua(water)
Lo schema geologico dell’area può essere lare è interrotta dall’apertura di lame molto che poggia sull’acqua marina di intrusione
così esemplificato (Fig. 2): su rocce calcareo- svasate ed incise in prevalenza nelle Argille continentale.
dolomitiche di età mesozoica (Cretaceo sup.), del Bradano, come “Fosso di San Pietro”, e Riassumendo, quindi, l’insieme delle
che costituiscono il substrato dell’area, pog- “Fosso di Sant’Andrea”, sfocianti nel secondo caratteristiche idrogeologiche consentono di
giano in trasgressione, con lieve discordan- seno del Mar Piccolo. identificare almeno due tipi di circolazione
za angolare, lembi discontinui e di diverso I caratteri idrogeologici dell’area in esame idrica: una superficiale nei terreni quaternari
spessore di depositi marini di età cenozoica e rispecchiano quelli di tutta la provincia taran- e una profonda in quelli mesozoici.
quaternaria (Pliocene sup.- Pleistocene). tina, dove viene a mancare una vera e propria Gli accumuli idrici nella falda super-
Nello specifico, nell’area di indagine, la idrografia superficiale a causa dell’elevato ficiale sono sempre modesti a causa delle
successione stratigrafica è rappresentata dal grado di infiltrazione delle formazioni litolo- scarse precipitazioni e dal debole spessore
basso verso l’alto, dalle seguenti unità: giche in affioramento. Pertanto le incisioni dei sedimenti permeabili (Calcareniti di M.
• Calcare di Altamura (Senoniano); che si sono sviluppate hanno principalmente Castiglione).
• Argille del Bradano (Calabriano); carattere torrentizio in coincidenza con eventi La falda profonda rappresenta invece la
• Calcareniti di M. Castiglione (Post-Cala- meteorici rilevanti (Mastronuzzi G. 2001). falda più ricca della regione e quindi di no-
briano); Nello specifico, le rocce affioranti nell’a- tevole importanza economica (Maggiore M. &
• Sabbie, limi e ghiaie attuali e recenti rea in esame sono in prevalenza permeabili Pagliarulo P. 2004).
Dal punto di vista geomorfologico l’area per porosità o per fessurazione. Il primo ti-
presenta una morfologia piuttosto dolce, in- po di permeabilità è tipico delle calcareniti DESCRIZIONE
fluenzata dalla litologia e dall’assetto strut- e sabbie dell’unità Calcarenite di M. Casti- La galleria (Fig. 3) si presenta all’interno
turale delle formazioni affioranti. In partico- glione. Tali depositi hanno importanza ai fini della struttura della Masseria San Pietro sul
lare, in corrispondenza dell’affioramento delle idrogeologici in quanto poggiano sulle Argille Mar Piccolo (o Marrese o di Mutata) a circa
rocce carbonatiche di età mesozoica la mor- del Bradano, rocce a bassa permeabilità o 30 m l.m.m.
fologia si accentua conferendo al paesaggio praticamente impermeabili, e determinano le A metà della navata sinistra dell’antica
il caratteristico aspetto di un rilievo carsico, condizioni per l’accumulo di acqua di infiltra- chiesa, una stretta scalinata conduce ad un
brullo, segnato da estese micro e macroforme zione che da origine ad una falda superficiale ambiente ipogeo, parzialmente scavato nella
tettono-carsiche e fluvio-carsiche. poco estesa. roccia, di forma sub rettangolare campani-
Laddove affiorano i depositi calcarenitici I Calcari delle Murge mesozoici hanno forme, con il lato est leggermente ricurvo, il
ed argillosi plio-pleistocenici la morfologia è invece un’elevata permeabilità dovuta a fes- cui possibile uso originario è stato quello di
caratterizzata da un vasto ripiano debolmen- surazione e a carsismo e sono sede invece cripta. Questa grande stanza intercetta lo
te inclinato verso mare. La morfologia tabu- di una falda profonda, detta falda di base, scavo, ma ne ha lasciato la parte più bassa
Figura 4 – Vista del cunicolo scavato nella roccia in uno dei tratti più stretti Figura 5 – Vista dal basso di una delle pozzelle
Figura 6 – Presenza di acqua in un tratto dell’acquedotto Figura 7 – Frana che chiude il passaggio della galleria
permeabilizzato ma semplicemente rinforzato secondo seno del Mar Piccolo di Taranto, sia le ipotesi è anche confermata dalla sezione
con massi incastrati. in quanto asservita da un grosso percorso via- longitudinale, dalla quale si nota che il tratto
In tale falda sarebbe stato scavata la rio afferente alla via Appia, ma che evitava il terminale esplorato è a quasi due metri dal
condotta, che, nel tratto esplorato, non su- passaggio in città, sia in quanto conferma piano campagna, su di un versante in disce-
pera la profondità di 8 metri dalla superficie. un modello che dalla villa imperiale passa al sa, possibile condizione di un rapido affiora-
vicus tardo antico (De Vitis S. 2010). mento in superficie.
NOTE STORICHE Utile potrebbe essere la rimozione del
Le indagini sono state supportate da CONCLUSIONI materiale presente sul fondo e che occlude
un’analisi storica, ma la bibliografia è scarsa. Il lavoro si è mostrato molto interessante gli estremi dell’acquedotto per verificarne
Nei pressi della Masseria l’antica viabili- sotto vari punti di vista ed ha portato al ri- dall’interno la prosecuzione.
tà indica una serie di tracciati importanti: un lievo, planoaltimetrico e fotografico, del con-
percorso stradale corre a Nord della masseria, dotto ed al suo posizionamento sulle mappe. BIBLIOGRAFIA
lungo la isoipsa dei 25/30 m slm, dirigendosi Lo studio però non si ritiene ancora com- Mastronuzzi G. (2001), Indagine conoscitiva geo-
verso oriente. In età romana l’organizzazio- pleto. Probabilmente la zona ipogea esplorata logico ambientale del sistema del Mar Piccolo
ne del territorio probabilmente cambia, per è solo una parte dell’intera opera. (Taranto): caratteri evoluzione, dinamica, valore
e pericolosità di un potenziale geosito. In: Atelier
giungere nella media e tarda età imperiale al Dai sopralluoghi effettuati non appaiono Taranto, Comune di Taranto. Progetto Posidonia,
modello canonico di villa romana, con parte però in superficie, nei dintorni della struttu- Unione Europea, Commissione Europea – DG
residenziale e parte produttiva, al centro di ra, segni evidenti dell’ acquedotto. Sono state XVI, Art. 10 FESR, Azioni Innovatrici, Program-
un’ampia proprietà latifondistica. Tutto il ter- effettuate delle ricognizioni lungo un ipoteti- ma Terra, Progetto n.55 Posidonia, Comune di
razzo prospiciente Mar Piccolo era occupato co percorso dell’acquedotto, il terreno risulta Taranto, VII Settore Governo del Territorio, CD
da una villa romana databile fra il I e il IV lavorato per la coltivazione e si incontrano rom, http://www.comune.taranto.it.
secolo d.C. Ancora oggi se ne trovano i resti numerosi cumuli di pietre, come tipico di que- M artinis B. & Robba E. (1971), Note illustrative della
Carta Geologica d’Italia alla scala 1: 100.000 -
delle murature. ste zone, che non si distinguono da possibili Foglio 202, Taranto. Serv. Geol. d’It., pp. 56, 10
Il ruolo di residenza patrizia viene sugge- pozzelle occluse. Saranno necessarie ulteriori fig., Cava dei Tirreni.
rito dalla bella posizione panoramica, men- indagini e ricognizioni nelle campagne adia- Maggiore M. & Pagliarulo P., Circolazione idrica ed
tre quello produttivo dalla sua dislocazione centi la masseria per individuare eventuali equilibri idrogeologici negli acquiferi della Pu-
in un’area a fortissima vocazione agricola. punti di accesso sconosciuti. glia. Atti del Convegno “Uso e tutela dei corpi
Tali ville pare siano scomparse nel IV secolo Sul terreno a valle del condotto invece è idrici sotterranei pugliesi”, Bari 21/062002. In:
d.C., quando l’insediamento si trasferì ad est presente una piccola scarpata che limita la Geologi e Territorio, Supplemento al n. 1/2004.
De Vitis S. (2010), Ameno lido che s’incurva e gira,
della moderna masseria per dare vita a pic- prosecuzione della galleria lungo le direzioni Ed.Scorpione.
coli villaggi. Ebbe quindi una vita piuttosto individuate, il che avvalora la possibilità che http://www.geositipuglia.eu/
lunga. Appare dunque importante l’area del l’acquedotto servisse le ville sottostanti. Ta- http://www.sit.puglia.it/
Carla Galeazzi
dell’emissario del lago Albano Egeria Centro Ricerche Sotterranee (Roma)
Hypogea - Ricerca e Valorizzazione Cavità Artificiali
(Roma, Italia)
Albanus Project: speleological investigations of the
artificial drainage system (outlet) of the Albano Lake
(Rome, Italy)
Parole chiave (key words): Cavità artificiali (artificial cavities), emissari artificiali sotterranei (artificial
underground outlets), Colli Albani (Alban Hills), lago Albano (Alban Lake)
INTRODUZIONE Tito Livio (circa 60 a.C. - 17 d.C.) (V, 15) il chiudendo le paratie ottocentesche di regola-
La gestione dei laghi e delle zone umide tunnel fu scavato all’inizio del IV secolo a.C. zione poste all’incile. I depositi di terra presenti
può essere ottenuta utilizzando superfici artifi- dai romani durante la guerra contro Veio, cit- alla base dei due pozzi utilizzati nella coltel-
ciali o canali sotterranei (emissari) (Castellani, tà etrusca situata pochi chilometri a nord di latio, ostacolavano (ed ostacolano ancora) il
Dragoni, 1991, 1997; Dragoni, Cambi, 2015). Roma. La leggenda vuole che l’opera sia stata deflusso dell’acqua facendo si che il cunicolo
Al momento è noto che, in Italia, ci sono non realizzata come conseguenza di un respon- rimanesse in gran parte allagato anche con la
meno di ventuno antichi tunnel realizzati per so dell’oracolo di Delfi: “Veio non sarà con- paratia di regolazione completamente chiusa.
questo scopo (Galeazzi et al., 2012), che risal- quistata (dai Romani) finché il lago Albano Due occlusioni concrezionali rendevano inoltre
gono ai tempi dei romani o prima; è probabile uscirà dalle sue rive”. Dell’evento parlano la porzione centrale del condotto percorribile
che ve ne siano ancora molti da scoprire. anche Dionigi d’Alicarnasso (I, 66) ed altri solo con tecniche subacquee.
Tra i tunnel antichi più lunghi esistenti autori classici, riportando sostanzialmente Qualche decennio dopo, malgrado il li-
nell’area mediterranea ci sono due gallerie la versione di Livio, alcuni facendo intendere vello del lago Albano si fosse abbassato ben
scavate per regolarizzare le variazioni di livello la possibilità che l’emissario sia più antico sotto la soglia dell’Incile, una ulteriore frana
dei laghi di Albano e Nemi, situati pochi chi- e che in epoca romana sia stato riutilizzato nel pozzo più vicino allo sbocco, in località Le
lometri a sud di Roma, nell’area vulcanica dei un tunnel crollato o dismesso in precedenza. Mole di Castel Gandolfo, occludeva quasi del
Colli Albani. Il tunnel Albano è lungo circa 1450 Molti secoli dopo, nel ‘700, Piranesi dedica tutto il passaggio sotterraneo provocando il
metri, mentre il tunnel di Nemi è lungo circa all’emissario uno studio architettonico ricco di completo allagamento del canale e all’incile
1600 m. I due emissari furono scavati tra il VI dettagli tecnici e bellissime tavole, contribuendo il rigurgito delle acque di stillicidio interne.
e il IV secolo a.C. per regolare il livello dei due alla notorietà dell’opera. Della struttura di rego- (Caloi et al., 2012). Nel 2009 la percorribilità
specchi d’acqua che, privi di sbocchi naturali, lazione trattano anche vari autori moderni (p.es. del condotto era limitata a pochi metri.
erano soggetti a forti variazioni di livello. Con- Fea, 1820; Raggi, 1879) ma le descrizioni si limi-
trariamente a quanto avvenuto per i bacini mi- tano in genere alla sola struttura monumentale 2. IL PROGETTO ALBANUS
nori della stessa zona (Germani, Parise, 2009; dell’Incile, ignorando il condotto sotterraneo o Dal 2013, la Federazione Hypogea Ricer-
Germani et al., 2012), i laghi di Albano e Nemi descrivendolo in modo errato (Raggi parla di 62 ca e Valorizzazione Cavità Artificiali1 conduce
non furono completamente prosciugati, sia in pozzi, assolutamente inesistenti). Nella secon- uno studio sistematico dell’emissario Albano
ragione della profondità (170 m Albano e 33 m da metà del secolo scorso, grazie ad una serie (Progetto Albanus), utilizzando tecniche all’a-
Nemi) sia per mantenere un’ampia conserva di esplorazioni condotte da speleologi, il tunnel vanguardia, con l’obiettivo di esplorare e do-
d’acqua con possibilità di sfruttamento del rivo sotterraneo viene parzialmente esplorato (Dolci, cumentare l’antico condotto, ottenere la sua
ottenuto per l’irrigazione. L’epoca di realizza- 1958; Chimenti e Consolini, 1958) ma bisogna topografia precisa ed esaminare le tecniche di
zione, le difficoltà affrontate e risolte con mezzi attendere il 1978 per avere un rilievo completo scavo e le modalità di realizzazione.
limitati, la funzionalità rimasta intatta sino a (Cardinale, Castellani e Vignati, 1978), frutto Lo studio è condotto in collaborazione con
tempi recenti, collocano queste opere tra le più di numerose e impegnative ricognizioni. In “Ci- la Soprintendenza per i Beni Archeologici del
importanti del nostro passato. La struttura ha viltà dell’acqua” (Castellani, 1999) viene for- Lazio, il Parco Regionale dei “Castelli Roma-
una straordinaria importanza archeologica, nita una descrizione completa del condotto e, ni” e il comune di Castel Gandolfo, nell’ambito
geologica e speleologica; ciò nonostante è parallelamente, vengono illustrate le tecniche di del quale ricade l’opera idraulica. Il progetto
ancora poco nota. Allo stesso tempo, va anno- progettazione e di scavo (vedi anche Castellani è dedicato alla memoria del professor Vitto-
verata fra le grandi opere che testimoniano gli e Dragoni, 1990; Bersani e Castellani, 2005). In rio Castellani, eminente studioso e speleolo-
sforzi dall’uomo per gestire l’acqua e sviluppa- “Oltre l’avventura”, (Ferri Ricchi, 2001) si legge go, membro del Centro Ricerche Sotterranee
re l’agricoltura e le civiltà urbane. un appassionante resoconto delle esplorazioni Egeria. Il Progetto Albanus, oltre a quanto
speleologiche degli anni ’60.
1. L’EMISSARIO DEL LAGO ALBANO Il condotto ha funzionato presumibilmente
La tradizione storica pone l’Emissario in modo ininterrotto dall’antichità fino ai nostri 1 Hypogea Ricerca e valorizzazione cavità arti-
del Lago Albano tra le più antiche imprese giorni. Negli anni ’70 del secolo scorso l’acqua ficiali è la Federazione Speleologica del Lazio che
romane sotterranee documentate, secondo fluiva ancora dal lago nell’emissario renden- comprende i gruppi A.S.S.O., EGERIA Centro Ricerche
solo alla Cloaca Massima. Secondo lo storico done impossibile la percorrenza interna se non Sotterranee e Roma Sotterranea.
Figura 1 – Sezione del condotto tra l’uscita in loc. Le Mole e il primo pozzo (grafica C. Germani, rilievo Hypogea)
3.2 I pozzi
I pozzi presentano dimensioni insolite, da
noi mai precedentemente riscontrate in altre
opere idrauliche antiche (Cappa, 2008): un
metro di larghezza per quasi tre metri di lun-
ghezza. L’analisi delle tracce di scavo sembra
confermare che le dimensioni del pozzo fosse- Figura 2 – Le “cornici” presenti lungo il condotto (Foto V. Puggini)
ro le stesse anche in origine.
Lo sviluppo inusuale lungo l’asse del bio di direzione, ovvero costantemente sul lato nice si sarebbe così conservata solo sul lato
condotto era probabilmente funzionale alle esterno della curva. Osservando la forma del esterno. Di questo ipotetico macchinario non
tecniche di scavo adottate, ai metodi di alli- condotto e le lunghe tracce di scavo visibili esiste purtroppo nessuna descrizione nelle
neamento del cunicolo o alla necessità di av- sulle pareti, come anche nell’emissario di fonti antiche.
vicendamento veloce delle squadre di scavo. Nemi (Castellani, Dragoni, op. cit.), si può
Sul primo pozzo è visibile un secondo cu- ipotizzare l’utilizzo di un macchinario ligneo 3.4 Lo scavo
nicolo scavato in epoca imprecisabile2 poco che supportava e indirizzava con maggior Anche lo scavo a fronti contrapposti è
sopra il tunnel (Fig. 1). Lo scavo, che immagi- precisione lo scalpellamento manuale: una oggetto di riflessione alla luce delle risultan-
niamo piuttosto recente, ha contribuito all’in-
stabilità della struttura e al parziale collasso
del pozzo originario, con conseguente ostru-
zione del condotto. Non sono noti, allo stato
dello studio, pozzi di allineamento sul lato a
monte e dalle esplorazioni sin qui effettuate
non vi è traccia di altri pozzi, spesso citati in
letteratura, a partire dal Piranesi che li dava
tuttavia per ipotetici.
3.3 Le cornici
Altra caratteristica è la presenza di “cor-
nici”, ovvero di variazioni della sezione del
cunicolo dell’ordine di pochi centimetri a
delinearne il contorno e visibili lungo tutto il
condotto (Fig. 2). Già segnalate da Castellani
(Castellani, Dragoni, 1991; Castellani,1999),
si ipotizzava che fossero servite a valutare
Figura 4 – Planimetria e sezioni del condotto tra l’uscita in loc. Le Mole e il primo pozzo (progressiva 70 m) (grafica © C. Germani, rilievo Hypogea)
ze esplorative. Allo stato delle conoscenze, malie”: a) in prossimità del secondo pozzo b) il fronte di scavo da valle non attraversa il
il tratto tra Le Mole e il primo pozzo risulta dove, nell’ipotesi di uno scavo partito dalla pozzo, ma si interrompe dopo averlo raggiun-
chiaramente realizzato a fronti contrapposti base del primo pozzo sarebbe lecito attendersi to. Superato il pozzo in direzione lago, lo scavo
(Fig. 4). Il resto del condotto, dal primo fino variazioni di direzione o, sulle pareti, eviden- riprende con larghezza 100-120 cm.; c) circa
al secondo pozzo ed oltre, appare sempre sca- ze di aggiustamenti nello scavo, il condotto a metà strada tra i due pozzi, a 260 metri
vato in direzione lago e, pur avendo esplorato appare invece particolarmente regolare sia dal primo, si nota una decisa variazione della
più di 2/3 del percorso, non abbiamo trovato nella direzione che nella sezione (Fig. 5). In sezione di scavo che passa da trapezoidale a
traccia del punto di incontro con le squadre questo tratto la larghezza del cunicolo è di rettangolare. Si nota anche un modesto gra-
provenienti dall’incile. 100-120 cm, leggermente superiore a quella dino sulla volta.
Il rilievo e l’osservazione delle tracce di in corrispondenza del pozzo (90 cm), che viene Quanto esposto evidenzia anzitutto l’e-
scavo hanno però evidenziato alcune “ano- perfettamente “centrato” dal fronte di scavo; strema precisione della tecnica di scavo
Figura 5 – Planimetria e sezioni del condotto tra la progressiva 260 m e il secondo pozzo (progressiva 380 m) (grafica © C. Germani, rilievo Hypogea)
Figura 6 - Schema della possibile successione delle operazioni di scavo. I triangoli in basso indicano le due imponenti colate calcitiche che ostruiscono il condotto (grafica © C. Germani)
adottata, che ha consentito di raccordare il da questo lato vanno dal lago verso l’interno 4. GLI AMBIENTI MONUMENTALI
condotto al secondo pozzo con un errore di del monte) si sono concentrate soprattutto L’emissario, oltre ad essere formato dalla
poche decine di cm. Inoltre, come era lecito sulle delicate procedure di abbassamento lunga galleria sotterranea rettilinea, presen-
attendersi, un fronte di scavo è sicuramen- della soglia e della conseguente messa in tava due ambienti monumentali, realizzati in
te partito dal secondo pozzo. Difficile invece opera dell’emissario. opera quadrata, siti rispettivamente all’incile
dare una spiegazione al cambio della sezione ed allo sbocco (Galeazzi et al., 2015). Il primo
di scavo riscontrato a 260 metri dal primo 3.5 Le scanalature verticali è ancora magnificamente visibile mentre del
pozzo. A partire da quel punto, inoltre, la gal- Lungo l’asse sotterraneo si notano alcune secondo non rimane più traccia.
leria appare più larga, con meno ondulazioni grandi scanalature verticali sulle pareti (N-N Nell’ambito del Progetto Albanus sono
del tratto precedente. Non essendoci notizie nel rilievo) apparentemente guide per inserire state effettuate misurazioni accurate e di
storiche dettagliate possiamo solo formulare delle assi o tavole trasversali al cunicolo e dettaglio anche nella porzione monumenta-
alcune ipotesi: presenti a partire da circa 200 m dall’ingres- le dell’Incile (Figg. 7 e 8). Questo è suddi-
1) a 260 metri i progettisti hanno ritenuto di so e cadenzate di un centinaio di metri. Le viso in due spazi: il primo è un piccolo vano
aver raggiunto una sufficiente precisione scanalature sono sempre seguite, in direzione rettangolare che costituisce la “camera dei
nella direzione da tenere nello scavo ed lago, da una serie di ondeggiamenti del con- filtri” composta da due pareti filtranti atte
hanno adottato un metodo diverso, più dotto in tutto simili a quelli riscontrati vicino a bloccare eventuali ostacoli galleggianti
efficiente o più rapido; all’ingresso e presumibilmente usati per mi- trasportati dalle acque nell’emissario. Il se-
2) è possibile che lo scavo tra il primo e il gliorare l’allineamento dello scavo. condo è un vasto ambiente quadrangolare
secondo pozzo sia stato condotto a fronti È possibile che tali incavi siano stati scoperto, la “camera di manovra”. Questa è
contrapposti realizzando prima una sorta utilizzati per riportare la corretta direzione di caratterizzata ancora oggi da una moderna
di cunicolo-guida che è stato in un se- scavo quando la luce proveniente dall’acces- paratia metallica per la regolazione del flusso
condo momento ripercorso dalle squadre so non era ancora disponibile (fronti di scavo e, sulla parete di fondo, da un monumenta-
di scavo e portato alle dimensioni attuali. non ancora congiunti) o era troppo lontana le arco a tutto sesto disposto a “protezione”
Lo schema complessivo potrebbe dunque per essere efficacemente utilizzata dagli dell’ingresso del cunicolo. L’imponenza della
essere, in definitiva, quello di Fig. 6 nel quale scavatori. Un’asse lignea trasversale poteva struttura, alta oltre 8 metri e larga 6, ricorda
gran parte dello scavo ed il lavoro di alline- ospitare dei traguardi ottici o una lampada un arco trionfale e la parete opposta, origina-
amento è stato condotto a partire dalle Mole da utilizzare al posto della luce proveniente riamente più bassa, in antico permetteva di
mentre le squadre all’incile (i versi di scavo dall’esterno. scorgere la grande arcata dall’esterno.
Nel XVI o XVII secolo furono intrapresi dei BIBLIOGRAFIA Chimenti M., Consolini F. (1958) Relazione tecnica
nuovi interventi edilizi visibili nei disegni del Bersani P., Castellani V. (2005) Considerations on sull’esplorazione dell’emissario del lago di Al-
Piranesi, tra i quali la sopraelevazione della water flow regulation in ancient times in the Al- bano, in Not. Circ. Spel. Rom. Anno VIII, n. 1,
ban Hills. Considerazioni sulla regolazione delle p. 20.
muratura del recinto. In periodo successivo
acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani, Castellani V., Caloi V., Dobosz T., Galeazzi C., Galeaz-
un analogo intervento di consolidamento fu T&A Gennaio/Marzo 2005. zi S., Germani G. (2003) L’emissario del Lago di
eseguito nel vicino muro perimetrale. Caloi V., Cappa G., Castellani V. (1994) Antichi emis- Nemi indagine topografico-strutturale, in Opera
Simile importanza doveva avere il grande sari nei Colli Albani, Atti XVII Congresso Naz. Ipogea 2/3-2003, Società Speleologica Italiana.
ambiente oltre lo sbocco, in località Le Mole, di Speleologia, Castelnuovo Garfagnana, 1994, Dolci M. (1958) Esplorazioni dell’emissario del la-
oggi scomparso. Era ubicato sotto l’alta torre pp. 299-307. go di Albano in comune di Castel Gandolfo, in
medievale della Mola, edificata sul suo estra- Caloi V., Galeazzi C., Germani C. (2012) Gli emis- Not. Circ. Spel. Rom. Anno VIII, n. 1, pp. 17-19.
dosso e ben documentato nelle illustrazioni sari maggiori dei Colli Albani, in Opera Ipogea Dragoni W., Cambi C. (2015) Hydraulic Structures
1-2012, pp. 29-40. in Ancient Rome. 42nd IAH Congress: Hydroge-
dell’emissario Albano eseguite dal Piranesi
Cappa G. (2008) I pozzi collegati ai condotti sotter- ology back to future, Rome, Italy 13th - 18th
nel 1762 e pubblicate nel 1764. Il singolare ranei degli acquedotti antichi, in Atti VI Conv. September 2015. MT1 Field Trip Guide, Sept.
vano, caratterizzato da una forma trapezoidale Naz. Speleologia in Cavità Artificiali, Napoli 16th, pp. 15.
allungata, era coperto da una volta a botte a 30/5-2/6/2008, Opera Ipogea 1-2 2008, pp. Fea C. (1820) Lettera a S. Ecc. Rma Monsig. Frosini,
tutto sesto che nel progredire si alza e si allarga 47-52. Maggiordono di S.S., e Prefetto de’ Sacri Palazzi,
in una sorta di “galleria a cannocchiale”. Cardinale M., Castellani V., Vignati A. (1978) L’e- relativa a Castel Gandolfo, e suoi contorni (19
I rilievi del Piranesi, volutamente esagera- missario del Lago di Albano, 2000 anni dopo, Luglio 1818) in Varietà di notizie economiche,
ti nelle dimensioni allo scopo di accentuare la Quaderni Museo Speleologico “V. Rivera”, IV, fisiche, antiquarie sopra Castel Gandolfo, Al-
pp. 17-30. bano, Ariccia, Nemi, loro laghi ed emissarii, Ed.
monumentalità, mostrano l’interno utilizzato
Castellani V. (1999) Civiltà dell’acqua, Editorial F. Bourlié, pp. 1-12.
come concia di pelli e occupato da numerose Service System, Roma. Ferri Ricchi L. (2001) Oltre l’avventura, Ed. Ireco.
vasche di bagno e macerazione. Sono evidenti Castellani, V., Dragoni, W. (1990) Contribution to the Galeazzi, C., Germani, C., Parise, M. (2012) Gli an-
nella zona d’uscita della galleria cinque ca- history of underground structures: ancient Ro- tichi emissari artificiali dei bacini endoreici.
naletti idrici uguali, incassati al livello del man tunnels in central Italy, Proceedings of In- Opera Ipogea 1-2012, pp. 3-10.
pavimento, e le loro connesse canalizzazioni, tern. Simp. on Unique Underground Structures, Galeazzi C., Germani C., Casciotti L. (2015) The drain-
disposte secondo uno schematico andamen- Denver (Colorado-USA; June 12-5,1990). age tunnel of Lake Albano (Rome, Italy) and the
to a delta.”La farai defluire… dividendola in Castellani V., Dragoni W. (1991) Opere arcaiche per 3-years study program “Project Albanus”: a pro-
il controllo del territorio: gli emissari sotterranei gress report. Hypogea 2015 - Proc. of Interna-
ruscelli…” (Livio, V, 16). Si trattava forse di
artificiali dei laghi albani, in Gli Etruschi mae- tional Congress of Speleology in Artificial Cav-
un castellum aquae? stri di idraulica, Ed. Electa, Perugia. ities - Rome, March 11/17 2015, pp. 178-191.
Castellani, V., Dragoni, W. (1991) Italian tunnels in an- Germani, C., Parise, M. (2009) Interventi antropi-
CONCLUSIONI tiquity. Tunnels and Tunnelling, vol. 23 pp. 55-58. ci nel bacino idrografico del Fiume Tevere: gli
L’emissario Albano rappresenta una del- Castellani ,V., Dragoni, W. (1997) Ancient tunnels: antichi emissari sotterranei. Atti Convegno “Il
le opere idrauliche più note dell’antichità e, from Roman outlets back to early Greek civili- Bacino del Tevere”, Accademia Nazionale dei
contemporaneamente, la meno conosciuta e zation. XII Int.Congress of Speleology, La Chaux- Lincei, Roma.
studiata al presente. Le esplorazioni condotte de-Fonds (Switzerland), vol. 3, p. 269. Germani C., Galeazzi C., Caloi V., Dobosz T. (2012) Gli
Castellani V., Dragoni W. (2003) Gli Emissari dei emissari minori dell’edificio vulcanico Albano:
da Hypogea nell’ambito del Progetto Albanus
Laghi Albani. Aggiornamenti e prospettive, in laghetto di Monte Compatri, Pantano Secco,
hanno consentito di rivisitare e incrementare Lazio e Sabina vol. II a cura di Giuseppina Ghini, Pavona, Giulianello, in Opera Ipogea 1-2012,
le conoscenze acquisite nel corso delle esplora- Lavori e Studi della Soprintendenza per i Beni pp. 29-40.
zioni condotte nella seconda metà del ‘900, af- Archeologici del Lazio, De Luca Editori d’Arte, Raggi O. (1879) I Colli Albani e Tuscolani, Ristampa
finandole e definendole in modo più puntuale. pp. 215-220. Anastatica Arnaldo Forni Editore, 2005.
dell’Acquedotto Vergine
The piscina limaria of Aqua Virgo
Parole chiave (key words): piscina limaria (hydraulic structures), acquedotto Vergine (Aqua Virgo),
idraulica antica (roman aqueducts)
Figura 1 – Pianta acquedotto Vergine: dalle sorgenti di Salone alla fontana di Trevi (L.Quilici)
lo Statuto del Popolo Romano del 1363 che che da sole forniscono in media 643 l. d’ac- crearci una idea di quello che doveva essere
riportava le norme da seguire per la manu- qua al secondo, ma il sistema di captazione la struttura al tempo di Agrippa (tale con-
tenzione dell’acquedotto. raggiunge in totale 690 l. sec. clusione non si riferisce al Nuovo Acquedotto
In età moderna i maggiori restauri saran- I 47 litri al secondo in più sono dati da Vergine, costruito con un impianto di solleva-
no effettuati dai papi: in particolare Nicolò V rivoli che scaturiscono in maniera capillare mento e condotta a pressione nel 1937. La di-
esegue i lavori intorno alla metà de XV secolo, all’interno di cunicoli che furono apposita- stinzione tra vecchio e nuovo impianto è stata
Sisto IV nel 1484, Giulio III, Pio IV nel 1559, i mente scavati per ricevere le acque. I cunicoli perfettamente resa nella pianta disegnata da
cui lavori furono terminati da Pio V nel 1570, furono scavati con un asse trasversale alla Lorenzo Quilici per l’ ACEA nel 1958; Fig. 3).
Gregorio XIII, Clemente XII (sotto il quale fu- loro direttrice di falda, in questo modo poteva- Dallo studio del bacino di raccolta si è
rono iniziati i lavori per la riedificazione della no raccogliere l’acqua dei rivoli e convogliarla passati al condotto dell’acquedotto, compo-
Fontana di Trevi, su progetto di Nicola Salvi) nel ramo principale, come i piccoli affluenti sto da una struttura quasi tutta sotterranea,
i cui lavori furono ultimati da Benedetto XIV. fanno con un fiume. con un’ampiezza compresa tra 1,4 e 1,7 m.
Altri lavori furono eseguiti sotto i pontificati Gli ingegneri romani, oltre a captare le L’area interessata dal passaggio dell’ac-
di Pio VI, Leone XII e Gregorio XVI. acque dalla sorgente, fecero confluire nel con- quedotto ha subito una elevata urbanizza-
Tra il 1932 e il 1935 fu realizzato il nuovo dotto principale acqua dalle aree sorgentifere zione, che ha causato la perdita di alcune
acquedotto Vergine, su commissione dell’am- limitrofe al bacino. Questo non avvenne solo parti dello speco; in più c’è da considerare la
ministrazione governatoriale Boncompagni. nel bacino delle sorgenti, infatti, l’acquisizio- composizione del terreno in cui passa il con-
Fondamentale per questa ricerca è stato ne di acqua attraverso i cunicoli secondari fu dotto, che ha prodotto una differenza di stato
incrociare diverse fonti come le opere di Fron- attuata lungo tutto il percorso, realizzarono in di conservazione.
tino, Plinio il Vecchio, Vitruvio, gli studi moderni pratica un gigantesco cunicolo di drenaggio Dal punto di vista geologico, si può sud-
di Ashby, Fea, Lanciani, Nicolazzo, Quilici, solo nel condotto dell’acquedotto. dividere l’area in due parti, prendendo come
per citarne alcuni, e le evidenze archeologiche. In tal modo fu costituito un sistema di riferimento l’asse della via Nomentana: a
raccolta e convogliamento delle acque pota- monte della via Nomentana fino alle sorgenti
ANALISI STRUTTURALE DEL PERCORSO bili presenti lungo il percorso. il terreno è composto da tufi, il così detto tufo
Data la lunghezza del percorso dell’ac- Complessivamente quindi il sistema del- rosso dell’Aniene (tufo lionato) e da pozzolane,
quedotto Vergine, si è scelto di distinguere il la captazione delle acque supera i 2.200 l al che appartengono alla costituzione geologica
percorso del condotto in “tratto extraurbano” secondo. dei Colli Albani. Nel fondo valle la situazione
(dalle sorgenti di Solone al Muro Torto), dal Dalla testimonianza di Frontino, sappia- è differente, infatti l’area è composta da se-
tratto “urbano”. mo che anticamente il bacino di raccolta era dimenti alluvionali recenti.
Il tratto extraurbano è quello che ha for- molto vasto, costituiva un piccolo lago e l’im- A valle della via Nomentana troviamo, in-
nito più dati dal punto di vista tecnico-archi- pianto era completato da una diga. vece, un terreno più antico, composto da tufi
tettonico, permettendo di giungere a nuove La struttura descritta era una paratia che che si sono formati a seguito delle eruzioni
conclusioni, rispetto alle fonti consultate. cingeva l’area sorgentifera principale, una di- vulcaniche dei Sabatini e da sedimenti qua-
Del bacino originario non è rimasto molto, ga di contenimento in calcestruzzo fornita di ternari o pliocenici.
per via delle modifiche ambientali avvenute speroni esterni e rivestita di opera reticolata, il Inoltre, in corrispondenza della Nomentana
nel tempo. cui scopo era di impedire il deflusso delle linfe e nella zona settentrionale delle colline di Pie-
Dall’epoca di Agrippa ad oggi nel bacino d’acqua verso l’Aniene, di evitare l’erosione tralata sono stati evidenziati terreni formatesi
imbrifero di Salone confluiscono le acque che della terra e favorire il riflusso della fal- da depositi più antichi, alluvionali e lacustri,
vengono filtrate attraverso i banchi di pozzo- da a monte per poterla livellare alla quota di persino sabbie di spiagge e dune marine.
lana e generano a poco a poco ricche sorgive presa dell’acquedotto vero e proprio. Il primo tratto del percorso dell’acquedotto
sotterranee, che fuoriuscendo dal terreno vul- Di tale struttura oggi non resta traccia. fino all’attraversamento del fosso di Pietralata,
canico danno vita a ricche polle, che Quilici Gli studiosi, trovandosi nell’impossibilità ha subito frane e profonde deformazioni della
descrive come “un sistema di sorgenti costi- di analizzare l’impianto delle sorgenti della sezione dello speco originale nei punti dove
tuito da una potente tracimazione capillare Vergine, per distinguere le parti antiche dai questo era sprovvisto di copertura propria.
della acque del sottosuolo”(Quilici, 1968). rifacimenti moderni hanno concluso che l’im- Il tratto più compromesso a causa del
Da quattro di queste polle nasce il nucleo pianto attuale riproduca quasi fedelmente la terreno è quello compreso tra via degli Ar-
principale delle sorgenti dell’acqua Vergine, situazione antica o comunque permette di menti e la Rustica, che copre lunghi tratti, in
Maurizio Lazzari
manutenzione e stato CNR-IBAM
E-mail: m.lazzari@ibam.cnr.it
di conservazione
Horizontal-wheeled watermills in Basilicata
(Southern Italy): mill location, technology, building
strategies, management and maintenance actions
Parole chiave (key words): water power, hydraulic system, damage, fluvial dynamics, river settings
ABSTRACT logie erano caratterizzate dalla presenza di una cata e nell’Italia centro-meridionale (Buonora
Lo studio sistematico e diacronico di condotta forzata (o torre) che convogliava l’ac- 2010, Genise 2013) è stata definita “primitiva”
documenti e cartografie inedite d’archivio è qua sulla ruota (Grano et al., 2016). Questo tipo nella letteratura internazionale sul tema a par-
necessario per catalogare gli antichi opifici di condotto, chiamato “arubah” perché ricono- tire da Bloch (1935), il cui studio ha condiziona-
idraulici, attivi fino al secolo scorso sul territo- sciuto per la prima volta in Marocco (Avitsur, to anche molti studiosi delle tecnologie fino agli
rio, come mulini per la macinatura dei cereali, 1969), rappresenta un aspetto peculiare dei anni ’80 del secolo scorso. Le più recenti ricer-
gualchiere per follare i panni di lana, segherie mulini lucani, secondo molti autori di origine che archeologiche hanno mostrato che esistono
e frantoi ad acqua. Tutte queste strutture si araba (Barcelò 2004, Buonora 2010). La ruota almeno tre tipi di mulini a ruota orizzontale, più
differenziano per la tecnologia dei meccanismi orizzontale ampiamente adoperata in Basili- giovani di 3 secoli dei mulini verticali (Wikander
in due categorie: mulini a ruota orizzontale e
mulini a ruota verticale. In Basilicata erano
presenti entrambe le tecnologie, accomunate
dallo stesso sistema di conduzione dell’acqua,
una condotta forzata detta torre, o arubah. I
documenti d’archivio hanno permesso di ana-
lizzare le caratteristiche costruttive di oltre 800
strutture idrauliche e le principali attività di
manutenzione necessarie per il funzionamento
costante degli opifici idraulici, di cui ad oggi
resta come testimonianza materiale la diffusa
presenza di ruderi, accertata anche da rilievi
diretti sul campo. Lo studio ha permesso di in-
dividuare le caratteristiche del territorio e dei
corsi d’acqua maggiormente favorevoli per il
posizionamento di un mulino ed ha messo in
evidenza le principali cause del danneggia-
mento delle strutture, dovuto oltre che all’ab-
bandono, anche all’ubicazione dei mulini sul
territorio in relazione alle dinamiche fluviali.
INTRODUZIONE
Un recente censimento, inserito in un pro-
getto di ricerca sui paesaggi culturali (Grano
2014) e basato su cartografia storica, ricerca
d’archivio su documenti inediti e bibliografica
oltre alle verifiche sul campo, ha permesso di
verificare la presenza di oltre 800 mulini ad
acqua attivi in Basilicata (Fig. 1) tra la fine del
1700 e la fine del 1800 (Grano, Lazzari, 2016).
Tra questi sono stati censiti sia mulini per
macinare il grano, quasi esclusivamente a ruota
orizzontale (eccetto 4 casi noti), che gualchiere
per follare i panni di lana (Grano et al., 2016), in
cui era invece presente una ruota idraulica ver- Figura 1 – Carta dei mulini idraulici in Basilicata derivata dalla georeferenzazione delle informazioni contenute nella Carta
ticale alimentata dall’alto. Entrambe le tecno- Idrografica d’Italia e da rilievi di campo
Figura 3 – Esempi di differenti componenti tecnologiche del mulino: a) vasca di raccolta a Nemoli e dettaglio del settore a valle con levata di scarico (a1); b) ruota orizzontale presso
il mulino Iannarelli a San Severino Lucano con dettaglio (b1); c) Torre di carica e canale su archi di un mulino sulla Fiumara di Atella; d) canale con doppia alimentazione di due torri
separate in mulini a Maratea; e) uscita del canale di scarico di un mulino lungo il Torrente Bradano a San Fele
considerati, prima dei dati derivanti dal pre- dotta a partire da dati d’archivio (in particolare tazione degli opifici idraulici tramite opere
sente studio, solo 6 agriturismi che conteneva- abbondanti nei documenti del Tribunale Civile di intercettazione e trasporto dell’acqua dai
no la parola “mulino” nel nome. Le valutazioni di Basilicata, dell’Intendenza di Basilicata e fiumi.
critiche delle fonti d’archivio e la validazione nelle relazioni della Carta Idrografica del Regno Di seguito vengono elencati i principali
dei dati attraverso confronti e ricerche su di Italia) e verificata su campo, nel corso di elementi associati ai mulini ed alcuni esem-
campo hanno portato alla selezione dei ma- sopralluoghi. Lo studio si è poi concentrato sui pi specifici ritrovati nella consultazione dei
teriali più affidabili per la costruzione della documenti archivistici che descrivono i princi- documenti d’archivio o durante i sopralluo-
mappa dei mulini, identificando nella Carta pali danni rilevati sui mulini quando gli stessi ghi su campo, che illustrano la casistica delle
Idrografica del Regno di Italia una fonte di erano in funzione e le azioni di manutenzione tipologie tecnologiche e delle problematiche
grande importanza storica e documentale, im- più comuni necessarie per garantire il continuo idrauliche e conservative, connesse alla
prescindibile per la ricerca, che oltre a coprire funzionamento dei mulini. L’analisi dello stato costruzione e gestione dei mulini ad acqua
l’intero territorio nazionale fornisce numerose di conservazione attuale dei mulini (e dei ruderi (Fig. 3). Le misure riportate nei documenti
informazioni sulle caratteristiche idrografiche rinvenuti), basato su analisi macroscopiche e d’archivio sono tutte in passi napoletani, con
dei corsi d’acqua e sulla tecnologia dei mulini documentato con rilievi fotografici, ha permes- un palmo che corrisponde a circa 0,26 cm e
(Grano, Lazzari, 2016). Note le posizioni dei so di evidenziare gli eventuali danni avvenuti un passo a 1,86 m.
mulini, georeferenziate e controllate su campo nel passato e quelli legati all’abbandono, or- Diga o levata, nota anche come presa o
in oltre 50 comuni della regione, è stato pos- mai almeno cinquantennale. capolevata, diga impalizzata o paradore, det-
sibile analizzare le morfologie fluviali, classi- ta muraglione quando rafforzata con malta,
ficando ogni corso d’acqua in base all’ordine DANNI RISCONTRATI SULLE DIFFERENTI era una forma di sbarramento trasversale al
gerarchico, al tipo di alveo (bedrock, braided o COMPONENTI TECNOLOGICHE DEL MULINO corso dell’acqua (0,50-0,60 cm) in pietra a
a meandri) e alla portata (Grano et al. 2016). Le fonti archivistiche hanno permesso di secco, muratura, o palizzata di sterpami di
L’analisi della caratteristiche costruttive dei definire l’insieme delle opere idrauliche as- legno, travi, tavole, fascine e pietre (rara-
mulini e del sistema idraulico è stata poi con- sociate ai mulini, che garantivano l’alimen- mente, forse mai in Basilicata, è costituita
Figura 4 – La pianta raffigura la posizione di 2 ramiere e 3 mulini ad acqua ed il particolare della parata di un mulino a Tramutola (Pz), costruita con palizzata di sterpami di legno,
travi, tavole, fascine e pietre (“Pianta topografica/ rilevata per la quistione / fra i signori Falvella e Marotta contro i Maigliani, tutti di Tramutola…”. ASPZ, Tribunale Civile di Basilicata,
Perizie e Atti Istruttori, b. 20, f.8)
in calcestruzzo, più costoso), (Fig. 4). Queste (ASPZ, Tribunale Civile della Basilicata, Peri- del vallone Cicullo e favoriva la deposizione di
opere di intercettazione trasversali al corso zie e Atti Istruttori, b.46, f.4). materiali, rendendo più alto il letto del vallo-
dell’acqua, assicuravano una efficiente de- Per arginare le inondazioni era comune ne rispetto a quello della fiumara, causando
rivazione dell’acqua e creavano una zona piantare i pioppi lungo il greto dei fiumi, per- l’alluvionamento dei terreni a quota più bassa
di relativa calma a monte di esse. In alcuni ché costituivano degli argini artificiali, ma (ASPZ, Tribunale Civile della Basilicata, Peri-
contesti geografici (per esempio in Inghil- essi non erano sufficienti se il letto del fiume zie e Atti Istruttori, b.33, f.6). Nel caso della
terra), dove i dislivelli naturali sono piccoli, non era abbastanza profondo. Infatti a Ripa- parata in muro a secco ed impalizzata del
servivano per aumentare l’altezza di caduta candida, a monte del muraglione in malta, mulino di Corrado a Potenza, lunga 13 palmi
dell’acqua (Bishop, Muñoz-Salinas, 2013). La lungo 59 palmi (ca. 15 m) e alto 7,75 palmi (ca. 3,40 m) e alta 8,27 palmi (ca. 2.15 m),
levata, destinata ad alzare il livello dell’acqua (ca. 2 m), costruito per deviare le acque nel costata 60 ducati, la posizione alla confluen-
per costringerla ad immettersi nel canale di canale del mulino delle monache terenziane, za con un altro vallone, portò alla distruzione
derivazione (la sua altezza era circa di un pal- furono alluvionati i terreni in corrispondenza della parata, poiché il vallone trasportava
mo sul pelo dell’acqua per non sommergere i del letto profondo 2 palmi (50 cm ca.), no- molto materiale disciolto (ASPZ, Tribunale
terreni circostanti) doveva essere resistente nostante la piantata di pioppi, mentre non Civile della Basilicata, Perizie e Atti Istruttori,
all’urto con l’acqua nelle piene. furono alluvionati i terreni in corrispondenza b.33 f.1). Erano da evitare anche parate che
Le alluvioni potevano causare sia la rottu- del letto più profondo (5 palmi corrispondenti sbarrassero completamente il corso d’acqua,
ra che l’interrimento della diga, come nel caso a ca.1,3 m), (ASPZ, Tribunale Civile della Ba- poiché ciò avrebbe determinato il rischio di
di Anzi (Pz), quando nel 1849 l’alluvione del silicata, Perizie e Atti Istruttori, b.2, f.32). La allagamento dei terreni circostanti (l’acqua
fiume Camastra contribuì all’allargamento costruzione di una diga alla confluenza tra avrebbe dovuto necessariamente cambiare
dell’alveo e all’interrimento della capolevata due corsi d’acqua era da evitarsi, anche se il suo corso e inondare i fondi limitrofi). A
del vecchio acquedotto che alimentava il mu- garantiva l’apporto di maggiore quantità di Lagonegro (Pz) la capolevata del mulino di
lino di Michele Arcangelo Pomarici. L’alluvio- acqua. Nel caso del muraglione alla confluen- Mazzei alzò il letto del fiume Serra di 10 palmi
ne rialzò il letto del fiume, che via via diminuì za tra la fiumara di Ripacandida e il vallone (2,6 m), col rischio di creare danni agli opifici
la sua pendenza, tanto da rendere necessario Cicullo, si era creata una “isolotta di 2 palmi soprastanti (gualchiera e “ruota a fuso”) per
costruire un secondo acquedotto di 191 passi di altezza” (50 cm ca.) o barra di confluenza, effetto delle acque morte (ASPZ, Intendenza di
(ca.355 m) per alimentare il mulino nel 1859 che rallentava il flusso violento delle acque Basilicata, b.1007, f.63, sf.4). Una diga im-
Figura 5 – Canale di derivazione su archi e torre del mulino Sabatella a Brienza (Pz) rinforzata da contrafforti, di fattura distinguibile dalla torre, probabilmente aggiunta in un secondo
momento
Tabella 1 – Principali danni e attività di manutenzione sugli elementi tecnologici dei mulini ad acqua
Opere idrauliche Descrizione Danni Manutenzione e soluzioni
Sbarramento trasversale al corso dell’ac- • Rottura • Piantare pioppi o piante igrofile lungo gli
qua (0,50-0,60 cm) in pietra a secco, mura- • Interrimento a causa del rallentamento argini ed i greti dei fiumi per proteggere
Dighe tura, o palizzata di sterpami di legno, travi, del flusso idrico i terreni nei pressi delle dighe;
tavole, fascine e pietre. • Alluvionamento dei terreni circostanti per • Dragaggio delle dighe nei luoghi con alti
sbarramento totale del corso d’acqua tassi di sedimentazione
Scavato artificialmente nel terreno, o co- • Ristagno del corso d’acqua nel canale • Spurgo dei canali
struito in muratura su archi, di lunghezza • Interrimento del canale in casi estremi, • Manutenzione della pendenza
Canale variabile (da pochi metri a qualche chilo- per piogge intense e alto tasso di sedi-
metro) e pendenza ottimale. Trasportava menti nell’acqua.
l’acqua dalla diga al mulino.
Condotta forzata tipica dei mulini della • Instabilità delle torri molto alte che non • Rinforzo delle torri con contrafforti alla
Basilicata alta da 2 a 14 m, serviva ad si fondavano su roccia; base
Torre aumentare il getto di caduta dell’acqua • Torri in legno soggette a deterioramento • Manutenzione periodica delle torri di
sulla ruota orizzontale, aumentandone la rapido legno
potenza.
In legno o in metallo, composta da tante • Deterioramento del legno per effetto mec- • Manutenzione delle palette di legno o
leve a paletta, a cucchiaio o a paletta ricur- canico e alterazione chimica della ruota nei casi più gravi
va, fissate nell’asse del mulino, a distanza
Ruota uguale, così da ricevere la spinta per met-
tersi in moto mediante la potenza uniforme
dell’acqua.
Rimette l’acqua nel fiume, dopo aver azio- • In corsi d’acqua con elevato apporto di • Pulizia periodica del canale
nato il mulino. Costruito quanto più possi- sedimento, danni alla ruota e alla calca- • Manutenzione della pendenza
Canale di scarico bile in linea retta e perpendicolare al locale ra, per sedimentazione nel canale
della ruota orizzontale e con una pendenza
ottimale.
Capece Antonio(1)
Parole chiave (key words): energia dell’acqua (water energy), mulini ad acqua (watermills), Tramutola
(Tramutola), Basilicata (Basilicata)
RIASSUNTO si trova nel centro del paese, il Mulino San text of the Tramutola area (Potenza) with the
Lo sfruttamento dell’acqua come forza Carlo, collocato nell’omonima località nella constructive and historical information of the
motrice per azionare le macine dei mulini, zona periferica di Tramutola e, infine, il Mulino old watermills still located in this zone. As in
ha rappresentato, nella storia dell’uomo, una Caolo, costruito lungo il torrente omonimo. La many areas of Italy, the Benedictine monks
importante innovazione tecnologica. Il pre- ricostruzione dei dispositivi di funzionamento had a considerable importance because they
sente lavoro di ricerca si propone di mettere in dei primi due ha permesso di indicarli come were the first to use machinery moved by the
relazione il particolare contesto idrogeologico “mulini a ritrecine”, costituiti da una ruota water energy. The presence of different esta-
del territorio di Tramutola (Potenza) con le orizzontale, collegata ad un albero che con- blishments, used for milling of the cereals,
informazioni costruttive e storiche dei vecchi sentiva la rotazione della macina mobile. Da determined a significant advancement of so-
mulini ad acqua ancora presenti nell’area. sottolineare è l’uso virtuoso e sostenibile che cial and economic conditions in the Tramutola
In questo territorio, come in molte altre zone si faceva delle risorse idriche a Tramutola. territory. The historical data have documented
d’Italia, i monaci benedettini furono tra i primi Infatti, l’acqua prima ancora di azionare le the presence of at least five mills that used
ad impiegare macchinari mossi dall’energia macine dei mulini, veniva impiegata per usi as energy source the running water of the Rio
dell’acqua. La presenza di diversi opifici, adi- domestici e per abbeverare gli animali; dopo Cavolo and some of its springs. Of these, only
biti alla macinazione dei cereali, comportò un aver attraversato il mulino, veniva utilizzata three buildings are still present: the Mulino
rilevante progresso delle condizioni sociali per irrigare i campi. Capo d’acqua, located in the urban area, the
ed economiche nel territorio di Tramutola. In Mulino San Carlo, present in San Carlo quarter
quest’area è storicamente documentata la ABSTRACT and, finally, the Mulino Caolo, located on the
presenza di almeno cinque opifici, un tempo In the human history, the water exploita- homonymous stream. The reconstruction of
adibiti a mulini, che utilizzavano come fonte tion, as a driving force in order to activate the respective devices allowed to be referred
di energia l’acqua corrente del Rio Cavolo e di the millstones, represented an important the first two to as “molini a ritrecine” me-
alcune sorgenti. Di questi edifici solo tre sono technological innovation. This paper aims to chanisms, constituted by a horizontal wheel,
ancora presenti: il Mulino Capo l’acqua, che relate the particularly hydrogeological con- connected to a shaft that permitted the rota-
Figura 1 – Schema geologico dell’Appennino meridionale (Piedilato & Prosser, 2005, modificata)
tion of the movable grinding. A very important risultano le sue origini; alcune fonti le fanno relative ai meccanismi di funzionamento dei
aspect is the integrated and sustainable use risalire all’epoca romana, quando l’abitato, mulini e, contestualmente, alla loro gestione
of the water resources in Tramutola area. In pagus della vicina Grumentum (circoscrizione nel tempo.
fact, the water was used for domestic purpo- territoriale rurale, cioè al di fuori dei confini
ses before it could drive the millstones, after della città), fu distrutto dai saraceni sul fini- GEOLOGIA DELL’AREA
going through the mill, it was used to agricul- re del X secolo e venne ripopolato nel secolo L’Appennino meridionale, che ospita
tural fields irrigation. successivo dai monaci benedettini di Cava l’area studiata, rappresenta un segmento
dei Tirreni che costruirono l’abbazia di San dell’orogene alpino ad andamento NO-SE,
INTRODUZIONE Pietro su un precedente cenobio basiliano. strutturalmente costituito da un sistema a
I vecchi mulini ad acqua, oggi esempio I mulini erano alimentati dalle sorgenti che pieghe e sovrascorrimenti, avente una ge-
di archeologia industriale, sono presenti nu- danno vita a corsi d’acqua situati lungo il nerale vergenza verso nord-est (Pescatore
merosi in Basilicata, in particolare nell’alta versante destro dell’alta valle del Fiume Agri, et alii, 1999; Menardi Noguera & Rea, 2000;
val d’Agri. Per questo lavoro si è scelto di nel settore assiale dell’Appennino meridiona- Boccaletti et alii, 2005; Patacca & Scandone,
studiare in dettaglio il contesto idrogeolo- le. Riguardo il numero preciso dei mulini e la 2007, 2013). L’architettura attuale dell’edi-
gico, costruttivo e storico dei vecchi mulini loro data di costruzione c’è molta incertezza. ficio appenninico è stata determinata dalla
ad acqua presenti nel territorio comunale di Da documenti storici, risalenti al XVI secolo, sovrapposizione, a scala regionale, di diffe-
Tramutola. Il paese, di circa 3000 abitanti, è è stata documentata la presenza di quattro renti domini paleogeografici organizzati, nella
in provincia di Potenza (Basilicata), posto a mulini ad acqua a cui se ne aggiunse un altro geografia pre-orogenica, in un’alternanza di
quota 650 m s.l.m. lungo il bordo meridionale nel secolo successivo. Con questo studio si è piattaforme carbonatiche e di bacini pelagici
della val d’Agri, valle resa fertile dall’abbon- approfondita la conoscenza del territorio e dei (Patacca & Scandone, 2007, 2013) (Fig. 1).
danza delle acque. Molto probabilmente il fattori che hanno condizionato l’ubicazione L’alta valle del Fiume Agri è una depressione
nome di Tramutola deriva da “terra motola”, dei tre mulini di cui è rimasta testimonianza. tettonica intermontana, di età pleistocenica,
cioè terra ricca d’acqua. Incerte e controverse Inoltre, si sono approfondite le conoscenze allungata in direzione NW- SE. Il riempimen-
Figura 5 – Ricostruzione del Mulino Capo l’acqua e dell’ambiente circostante (Masini, 2009, modificata)
degli affioramenti carbonatici della Piattafor- fluviale, di basso rango gerarchico, è anch’es- in contatto tettonico col limite meridionale
ma Appenninica i rilievi sono pronunciati e sa condizionata da linee di minor resistenza, dell’idrostruttura dei Monti della Maddalena,
i versanti acclivi. Lì dove affiorano le Unità come messo in luce da alcuni tratti rettilinei costituiscono un impermeabile relativo per
Lagonegresi, la morfologia risulta ancora in valli a V. Il centro abitato di Tramutola sor- l’acquifero carbonatico, dando origine a di-
accidentata, ma i rilievi raggiungono quote ge su una conoide alluvionale, impostata sul verse scaturigini alcune delle quali registrano
inferiori. Le Unità Liguridi, affioranti lungo il pedemonte delle Unità Lagonegresi. portate importanti. Quelle che interessano il
Rio Cavolo, costituite da terreni meno compe- presente studio, ubicate nei pressi dell’abita-
tenti come, arenarie, siltiti e argilliti; danno IDROGEOLOGIA to di Tramutola, sono la sorgente Capo Caolo,
origine ad una morfologia più blanda e ad un La complessità dell’assetto geologico- posta a quota 720 m s.l.m. con una portata di
paesaggio meno accidentato. La rete idrogra- strutturale dell’area comporta una struttura 927 l/s; e la sorgente Capo l’acqua, a quota
fica si presenta ben sviluppata ed è favorita idrogeologica altrettanto complessa, deter- 650 m s.l.m. e con una portata di 49 l/s (Gri-
principalmente dal peculiare assetto geolo- minando una circolazione idrica sotterranea maldi & Summa, 2005)
gico e dal clima. L’idrografia dell’area mostra di non agevole e immediata comprensione.
caratteristiche diverse a seconda della lito- L’area studiata rappresenta la porzione me- CENNI STORICI DEI MULINI AD ACQUA
logia: i rilievi carbonatici sono caratterizzati ridionale dell’importante idrostruttura carbo- L’energia idraulica è una delle più antiche
da uno scarso drenaggio superficiale legato natica dei Monti della Maddalena che, nella forme di energia sfruttata dall’uomo (Guado,
principalmente a fenomeni riconducibili al sua totalità, è stata oggetto di vari studi di 2011). L’invenzione del nuovo modo di maci-
carsismo. I rilievi impostati nei terreni liguridi natura idrogeologica (Nicotera & De Riso, nare fu una delle innovazioni tecnologiche più
e lagonegresi, mediamente meno permeabili, 1969; Celico et alii, 1979, 1991; Cotecchia rilevanti di tutta l’antichità. Venne introdotto
presentano una buona gerarchizzazione dei et alii, 1982; AA.VV., 2003; Grimaldi & Sum- in occidente in sostituzione della macina a
corsi d’acqua che aumenta sensibilmente in ma, 2005). Da questi studi si desume che tronco di cono che è documentata negli scavi
corrispondenza dei terreni fliscioidi. Oltre che tale idrostruttura è caratterizzata da una archeologici di Ostia e di Pompei. Nel primo
dalla litologia, l’idrografia superficiale dell’a- permeabilità variabile, da elevata ad alta, secolo dopo Cristo Vitruvio parla di una ruota
rea di Tramutola è condizionata dalla presen- in relazione allo stato di fratturazione ed al da mulino verticale, anche se, la prima notizia
za di strutture tettoniche antiche (mioceni- differente sviluppo di fenomeni carsici delle della presenza di un mulino ad acqua costru-
che) e recenti (plio-pleistoceniche) che hanno rocce carbonatiche e costituisce, pertanto, ito tra il 120 ed il 63 a.C., presso il palazzo di
controllato l’orientazione dei corsi d’acqua. Il un acquifero di elevata potenzialità. Inoltre, Mitridate, ci viene comunicata da Strabone.
Rio Cavolo è il corso d’acqua più importante la circolazione idrica sotterranea è alquanto La tipologia dei mulini risentiva delle carat-
di Tramutola, situato a circa 2 km ad ovest articolata e frazionata, essendo condizionata teristiche del corso d’acqua lungo il quale si
del centro abitato. Attraversa tutta la valle del da diversi fattori, quali l’andamento plano-al- costruivano. I primi mulini, detti di tipo “gre-
Cavolo con andamento circa meridiano, ed è timetrico irregolare del substrato lagonegrese co” o “scandinavo”, erano a ruota orizzontale,
uno dei maggiori affluenti in destra idrografi- sepolto e le numerose strutture tettoniche che semplici, poco costosi, che potevano funzio-
ca del Fiume Agri. Il tracciato del Rio Cavolo, hanno dissecato l’idrostruttura carbonatica, nare con piccoli quantitativi d’acqua, tant’è
in alcuni tratti, è fortemente condizionato individuando diversi sistemi idrogeologici più che si diffusero nell’area del Mediterraneo e
dalla presenza di strutture tettoniche. La rete o meno isolati fra loro. Le Unità Lagonegresi, anche in Scandinavia. La descrizione ed il
Figura 7 – (a) Condotta ad archi che alimentava il Mulino ad acqua di San Carlo, (b) torre a base poligonale che convogliava le acque dalla condotta al mulino
Figura 8 – Mulino San Carlo: canale soprelevato che convoglia le acque alla torre di raccolta in una ricostruzione attuale (a) e in una foto storica (b) (Masini, 2009); (c) edificio del
mulino, le cui pareti sono state ricostruite
molta incertezza. Documenti storici risalenti dalla Sorgente Capo l’Acqua, da un’altitudi- un soppalco ligneo, era sormontata da una
al XVI secolo attestano la presenza di quattro ne di circa 850 m, in località Casamasone a tramoggia che conteneva il grano. Al di sotto
mulini, tutti di proprietà dell’Abate. Dalla Pla- sud dell’abitato (Fig. 3), scende lungo Fosso di esso vi era un condotto con una specie di
tea redatta nel 1521 dal regio Commissario Lupo, per circa 1,4 km e, con un salto di quota ugello attraverso cui passava il grano che,
Scipione de Samuele di Sala, si conoscono di 180 m, circa giunge nei pressi del mulino entrando in un foro al centro del rotore, occu-
i toponimi dei luoghi con i quali si identifi- attraverso un canale di carico (Fig. 4b). Lo pava lo spazio tra le due macine. Appena fuori
cavano questi quattro mulini: delle Pantane, schema di figura 5 mostra una ricostruzione dall’abitato di Tramutola, in località San Car-
della Torre o sotto l’acqua, della corte e sotto dell’impianto del mulino. Parte dell’acqua, lo, si trova il mulino omonimo. Caratterizzato
l’Abbazia. A questi se ne aggiunse un altro proveniente dal canale di carico era desti- dallo stesso meccanismo a ruota orizzontale
nel secolo successivo (Masini, 2009 e cum nata ad alimentare il mulino. Esisteva una descritto in precedenza, si distingue, invece,
biblio). Dei quattro mulini citati, quello sotto vasca di raccolta delle acque che garantiva per la presenza di un acquedotto sopraelevato
l’acqua o della Torre è conosciuto oggi come una piezometrica ed una portata sufficiente ad archi che alimentava la macchina idrauli-
Mulino Capo l’acqua (Fig. 4). Probabilmente per muovere le pale del ritrecine (Fig. 6a e ca (Fig. 7a). Non disponendo di una vasca di
è lo stesso mulino, di cui si ha testimonianza 6b) o ruota motrice (Penta, 2011). La ruota raccolta, la differenza di piezometrica veniva
in un documento risalente al 1136, che era era posta in orizzontale e, tramite un asse e conseguita tramite una caduta d’acqua di
alimentato dalle acque del Busentinum, at- due branchie di ferro, consentiva la rotazio- circa 9 metri all’interno di una torre a base
tuale Fosso Lupo che attraversa l’abitato. La ne della macina mobile (rotore). Da monte a poligonale (Masini, 2009) (Fig. 7b). L’acqua
particolarità di questo mulino è l’intrinseco valle del corpo della fabbrica l’acqua seguiva scorreva all’interno di un canale delimitato
legame topografico e funzionale con il tes- il seguente percorso: vasca di raccolta - cu- da paretine verticali (Fig. 8a e 8b). Il fondo
suto urbano e sociale di Tramutola. Infatti, nicolo ad imbuto - vano dove era alloggiato il del canale è piatto e presenta una larghezza
il manufatto sorge nella piazza oggi denomi- ritrecine - canale di scarico (Fig. 5). Nel vano di 140-143 cm, comprensiva dello spessore
nata “Largo Fontana”, nel centro storico del suddetto vi erano, tra gli altri, la saracinesca delle paretine. La torre, alla sommità, pre-
paese. Il mulino non era solo un opificio, ma azionata da un meccanismo situato al di so- senta una sezione poligonale con diametro
anche un luogo di incontri e scambi sociali. pra del pavimento, una trave di legno solidale interno di 128 cm, scendendo verso la base
Dell’antico luogo urbano rimangono gli ele- al ritrecine che, tramite un cuneo di acciaio, si perde la forma poligonale esterna a causa
menti cardine quali: il fabbricato del mulino, consentiva di sollevare il ritrecine stesso e, dell’inserimento di un ringrosso murario. La
oggi in disuso, il canale di uscita dell’acqua con esso, l’asse di trasmissione e il rotore. datazione, presunta sulla base di documenti
e la fontana (Fig. 4a). L’acqua, proveniente La coppia delle macine, posta al di sopra di storici e sull’analisi delle tecniche costrut-
Figura 9 – (a) Esterno del Mulino Caolo, in stato di abbandono, (b) interno del mulino di proprietà della famiglia Troccoli (Petrone, 2012)
ABSTRACT Questa relazione, già presentata come (Coates-Stephens 1998, 175-178; Chacón
Nel 226 d.C. l’imperatore Alessandro Se- poster al convegno nazionale “Tecnica di 2014, 21-23. 35-39).
vero inaugurò, secondo le fonti, l’Aqua Ale- idraulica antica” della SIGEA il 18 novembre Nel 1680 Raffaello Fabretti propose di ri-
xandriana, l’ultimo acquedotto della Roma 2016 a Roma, vuole presentare alcune pro- conoscere la Aqua Alexandriana con i ruderi
antica, insieme alle nuove terme nel Campus poste riguardo la progettazione e costruzione di un acquedotto fra Via Casilina e Via Prene-
Martius. Dopo gli studi settecenteschi di del cosiddetto Acquedotto Alessandrino. Su stina. Si tratta della prima pubblicazione ed
Raffaele Fabretti, gli imponenti ruderi di un vari aspetti non discussi in esteso in questo identificazione dell’Acquedotto Alessandrino
acquedotto fra la Via Casilina e la Via Prene- luogo vorrei rimandare il lettore alla pubbli- in assoluto (Fabretti 1680; Evans 2002). Lo
stina, all’est della città, vengono identificati cazione negli atti del “Frontinus Symposium” studioso proseguiva la sua ricerca ad esclu-
con l’Acqua Alessandrina. Oltre alla dubbiosa di Treviri (Koehler, Chacón 2017). Per lo stes- sione, partendo con l’elenco degli acquedotti
identità ed alla incerta destinazione – l’intero so monumento, nelle pubblicazioni vengono di Roma scritto da Frontino, ed aggiungendo
tratto urbano è sconosciuto – tante altre do- usati anche i nomi Aqua Alexandriana e Aqua correttamente l’Aqua Traiana. Rimasero gli
mande si pongono ancora oggi al ricercatore. Alexandrina in Latino, o Acqua Alessandrina imponenti ruderi fra la Casilina e la Prene-
Poche centinaia di metri dopo la captazione come versione italianizzata, a causa delle va- stina all’est della città, che però non offrono
delle acque sorgive, lo specus emerge dal sot- rianti che si trovano nelle fonti scritte antiche. nessuna prova per una identificazione. Per
tosuolo e prosegue per la valle di Pantano Bor- Secondo il cronista della Historia Au- esempio manca qualsiasi materiale epigra-
ghese, prima appoggiato su un muro e poi sugli gusta, nel 226 d.C. l’imperatore Alessandro fico; l’intero acquedotto risulta finora privo
archi. L’inclinazione laterale del acquedotto, le Severo inaugurò l’Aqua Alexandriana, l’ultimo l’impiego di bolli laterizi. Due bolli citati dal
multiple perdite di acqua, che hanno formato acquedotto della Roma antica, insieme alle Fabretti non centrano con l’acquedotto (Fa-
vere colonne di calcare, e l’aggiunta di un se- sue nuove terme nel Campus Martius (HA Alex. bretti 1680, 14; Ashby 1935, 310-311).
condo specus sovrapposto – già noto all’Ashby Sev. 25, 3). I cataloghi regionali dei secoli IV/V Dalla dubbiosa identità passiamo ora
– evidenziano gravi problemi tecnico-edilizi sul d.C. elencono ripetutamente la Alexandrina. all’incerta destinazione dell’acquedotto, pre-
terreno paludoso. Non solo a Pantano Borghese, Dall’ VIII al X secolo d.C. si incontra invece servato solo nei quartieri orientali di Roma.
ma anche lungo tutto il tratto della Acqua Ales- un nome diverso: Forma Iovi, Iobia, o Iopia. L’intero tratto urbano è sconosciuto dopo la
sandrina si osservano successivi interventi di Probabilmente si tratta sempre dello stesso presenza di ruderi, gli ultimi arcati, nel Viale
manutenzione, la cui data è ancora da stabilirsi acquedotto, che aveva cambiato nome duran- dell’Acquedotto Alessandrino in zona Acqua
tra il III secolo d.C. e il periodo medievale. te i secoli bui del declino della Roma antica Bollicante. Solo Fabretti mise in gioco dei ru-
Figura 1 – Sul terreno della Tenuta della Mistica, a pochi passi del G.R.A., si trova un altro ponte che conserva in parte lo specus
deri non specificati nel Giardino dei Certosini, finisce qui, prendiamo nota della scoperta
che gli permettevano di cambiare il percorso recente della Forma Iobia nel Circo Massimo
dell’acquedotto, dopo lunghi chilometri sem- (Buonfiglio 2014, 333-334). La proposta è: La
pre in linea retta, bruscamente a destra (Fa- cosiddetta Aqua Alexandriana e la Aqua An-
bretti 1680, 4; Van Deman 1934, 356; Ashby toniniana sono lo stesso acquedotto (Coates-
1935, 315). Questa deviazione porterebbe Stephens 2003, 81-113; Lombardi et al. 2005,
l’Alessandrino in direzione di Porta Maggiore, 211-216; Hostetter et al. 2015, 53-90)?
a raggiungere gli altri grandi acquedotti e Torniamo ai fatti. I ruderi monumentali fra
per lo più, a favorire un proseguimento ver- Via Casilina e Prenestina possono darci infor-
so le Terme di Alessandro Severo sul Campo mazioni valide sul percorso e sui livelli (Fabretti
Marzio come indicato nella Historia Augusta. 1680; Van Deman 1934, 341-360; Ashby 1935,
Un’alternativa a quel percorso completa- 308-320; Caruso 1986, 120-125; de la Peña
mente ipotetico sarebbe la continuazione in Olivas 2014, 65-74; Koehler, Chacón 2017). Le
linea piuttosto retta. Infatti, grazie al taglio sorgenti emergono a 65 m s.l.m. al margine
creato dalla Via degli Angeli è visibile un’ul- orientale di una depressione circolare a Pan-
tima volta lo specus, dopo gli archi in Viale tano Borghese, che si trova a poca distanza
dell’Acquedotto Alessandrina. Proseguendo si dalla antica Gabii. L’Aqua Felix o Acqua Felice
incontra il percorso abbastanza conosciuto del 1585-1590 usava le stesse acque sorgive,
dell’Aqua Antoniniana, ed attraverso l’Arco di e ancora oggi vengono in parte utilizzate dall’A- Figura 4 – L’opus signinum dello specus in Via dei Pioppi è
Druso si arriva alle Terme di Caracalla. E non CEA. L’acquedotto attraversa la valle paludo- coperto da spessi strati di depositi calcarei
Piero Ciccioli
Discovering the Roman hydraulic engineering of Ricercatore - PhD Geologia - Istituto di Metodologie
Chimiche IMC CNR (Roma)
the II century BC. The PRATA di Corchiano’s prata Cristina Di Salvo
(Vt) along the Fustignano ditch Ricercatrice -PhD Geologia - Istituto di Geologia
Ambientale e Geoingegneria IGAG CNR (Roma)
Parole chiave (key words): prata (prata), parete (wall), fosso (ditch), Corchiano (Corchiano), cava Andrea Bangrazi
(cava), valle (valley), canale (canal) Organizzazione Crowdfunding, project designer,
esperto per la valorizzazione beni storici e culturali.
I
l progetto “PRATA FACIUNDA”® (Mar- terreni lavorabili e ancora al riporto e livella- posto trasversalmente al corso d’acqua alla
chio Registrato), intende valorizzare una mento dei terreni prospicienti i fossi, alla co- fine della vallata (Fig. 2). Del monumento si
splendida vallata, caratterizzata dal- struzione dei canali di distribuzione dell’ac- conserva la metà meridionale, mentre della
la presenza di un particolare ambiente qua attenta ad osservare le giuste pendenze, porzione settentrionale rimangono esclusiva-
faunistico e vegetale, arricchito da testimo- alla preliminare rotazione quadriennale delle mente due blocchi inglobati nell’interro ad-
nianze archeologiche uniche nel suo genere: colture, e infine alla rigorosa organizzazione dossato alla parete settentrionale della val-
I prata. Il progetto prevede un programma delle quantità di acqua da distribuire giornal- lata. La porzione visibile è quella al centro del
di crowdfunding a livello internazionale per mente e delle relative tempistiche. paramento meridionale, dove nella muratura
trovare fondi e realizzare un parco archeo- Alla cura per tali opere fa riferimento conservata sino a 2,5 m di altezza si contano
logico e ambientale. Video https://youtu.be/ l’iscrizione latina incisa nel II secolo a.C. da almeno cinque filari ancora in situ, poggianti
I5PmQeSKpkI. Caius Egnatius lungo la parete meridionale direttamente sul banco tufaceo .
L’area in esame occupa la porzione orien- all’inizio del fosso di Fustignano, nei pressi La sponda settentrionale presenta
tale del fosso di Fustignano, più nello spe- della via Fallarese (CIL XI, 7505): un’ampia rientranza nella parete verticale,
cifico un tratto lungo 650 m posto ad ovest che potrebbe rappresentare la porzione su-
del punto in cui il fosso incrocia la moderna C(aius). EGNATIUS. SER(vii?) F(ilii). PRATA periore del taglio compiuto per appoggiare la
strada per Civita Castellana (SP 29). FACIUNDA. COIRAVIT struttura muraria, forse ancora parzialmente
I prata come documentato dalle fonti let- conservata sotto l’interro prodotto dal crollo
terarie antiche erano appezzamenti di terreno Caio Egnatio, figlio di Servio, curò la rea- di materiale dal piano soprastante. I blocchi
dedicati esclusivamente a prati e pascoli di lizzazione dei prata. visibili nella spalla meridionale sono tutti di
alta qualità che necessitando di un’adeguata Unica epigrafe nel mondo romano che at- forma parallelepipeda ben rifinita, raggiun-
irrigazione richiedevano l’approntamento di testa con una dichiarazione l’autore dei prata gendo in lunghezza sino a 125 e 156 cm, men-
un complesso sistema di raccolta e distribu- (Fig. 1) tre l’altezza solitamente varia tra i 57 e i 60
zione delle acque e di sistemazione dei terreni. La tecnica in opera quadrata e il modu- cm e la larghezza è costantemente di 40 o 60
Si fa riferimento innanzitutto alla costru- lo dei blocchi con cui sono costruite le dighe cm. Alcuni blocchi frammentari sono visibili
zione di dighe, cunicoli e canali per convo- (sbarramenti) rendono plausibile che questi nel greto dell’ansa (Fig. 3).
gliare e raccogliere le acque dentro i fossi, risalgano al periodo tardo-repubblicano. Dall’invaso creato artificialmente a monte
all’innalzamento di muri di terrazzamento e La struttura più imponente è rappresen- della diga l’acqua veniva deviata a valle in
al taglio di pareti tufacee per razionalizzare i tata dallo sbarramento in opera quadrata stretti canali aperti ricavati sulla parete set-
Figura 1A – Parete tufacea dove è incisa l’epigrafe (poco visibile) Figura 1B – Parete tufacea con epigrafe messa in rilievo con effetto grafico
Figura 2
tentrionale della vallata, per poi essere usata estremamente corrosa non è chiaro se conti- nostri è dimostrato, oltre che dal terrazza-
per irrigare i terreni prospicienti. Un canale nuasse anche oltre lo sbarramento o se invece mento con i blocchi presi dal crollo della diga,
di questo tipo (Fig. 4, canale A) è presente scaricasse l’acqua immediatamente prima. soprattutto dai resti del più esile e basso muro
proprio sulla parete settentrionale subito a La diga costituisce chiaramente uno degli di terrazzamento costruito in blocchetti di tufo
ovest del punto in cui doveva terminare la elementi necessari per quel sistema di “ba- messi in posa con cemento sito pochi metri a
diga. Si conserva per un tratto lungo 4,1 m, sin irrigation” funzionale ai prata, in quanto monte della grandiosa opera romana.
è largo massimo 30 cm ed è alto tra 35 e 40 permetteva di creare un profondo invaso da A monte della diga distanti 20 mt, si evi-
cm, con una sezione a gola, rastremata verso cui poi trarre l’acqua per irrigare i terreni cir- denziano gli sbocchi di due cunicoli 1 e 2,
l’esterno. La base del canale si trova ad una costanti opportunamente terrazzati e regola- (Figg. 5, 6 e 7) vale a dire due canali rupestri
quota pressoché simile alla cima del più alto rizzati. Che questo sistema abbia funzionato entrambi a sezione ellittica, larghi massimo
filare della diga, poiché la parete tufacea è così bene da essere perpetuato sino ai giorni 55 e 52 cm, sono quasi del tutto interrati
Figura 9 Figura 10
Figura 11 Figura 12
Un’interessante testimonianza indiret- che si è occupata del fosso non si trova che chie ed altri incassi più piccoli lungo le pareti
tamente riconducibile al sistema di bonifica un unico fugace accenno a questo spazio. della metà occidentale. Stranamente nella
e irrigazione delle acque dei prata è rappre- L’uso come cava è sicuramente da mettere letteratura che si è occupata del fosso non si
sentato dall’ampia piazzola (piazzola X, Figg. in relazione con la costruzione della diga (B). trova che un unico fugace accenno a questo
14 a e b) ricavata artificialmente nella parete Sono infatti molto simili ai blocchi impiegati spazio articolato. Altri blocchi quasi cavati si
settentrionale della vallata, proprio di fronte negli sbarramenti i due blocchi già sbozzati trovano presso la parete di fondo della camera
alla diga (B). Si tratta di uno spazio a pianta sue tre lati presenti nell’angolo nord-occiden- rupestre (Fig. 15) sono larghi 40, 46, 48 e 54
rettangolare di 7 x 10,5 m, che presenta nu- tale, larghi 51-57 cm, profondi 68-70 cm e cm, vale a dire le misure ricorrenti nei lati brevi
merosi segni di cava, una camera rupestre lunghi 106 cm.). La piazzola è caratterizzata dei blocchi impiegati nelle strutture in opera
sulla parete occidentale, nicchie ed altri in- da uno spazio a pianta rettangolare di 7 x 10,5 quadrata del fosso di Fustignano. Se quindi
cassi più piccoli lungo le pareti della metà m, che presenta numerosi segni di cava, una la cava va datata al II secolo a.C., la camera
occidentale. Stranamente nella letteratura camera rupestre sulla parete occidentale nic- rupestre permette di compiere un’altra consi-
BIBLIOGRAFIA
Ambrosini, L., Maurizi, S., & Michetti, L. (1996), Cor-
chiano ed il suo territorio nell’antichità, Viterbo,
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dell’Arte Antica, pp. 214-216.
Figura 17 – L’angolo sud-occidentale della piazzola X, vista da sud Bortolin, R. (2008) Archeologia del miele, SAP,
Mantova.
Di Stefano Manzella I. (1981), Falerii Novi, I, Supple-
derazione di ordine temporale. Infatti i bloc- tutt’intorno da un cordone a rilievo a forma di menta Italica, pp.101-172.
chi quasi finiti presenti sulla parete di fondo edicola sormontata da un timpano. La nicchia Foddai E. (2014), Cunicoli e impianti idraulici di
permettono di asserire che la camera rupestre centrale presenta sul fondo un incasso pro- epoca preromana a Blera, L’Etruria meridionale
è precedente l’uso come cava. L’interno della fondo pochi cm, fornito in fronte di un piccolo rupestre, Atti del convegno internazionale L’E-
camera, a pianta sub-quadrata larga 2,6 m, foro passante. Una terza nicchia campanifor- truria rupestre dalla Protostoria al Medioevo.
profonda 2,45 m e posta ad un livello più alto me con risega intorno si apre pochi metri ad Insediamenti,necropoli, monumenti, confronti.
della piazzola, è priva di qualsiasi decorazio- est dell’angolo nord-occidentale, larga 35 cm, Barbarano Romano - Blera, 8-10 ottobre 2010,
Palombi &Partner, Roma, pp. 64-77.
ne o altro elemento rupestre, così che non è profonda 29 cm e alta 37 cm (l’incasso per
Frederiksen M.W., Ward Perkins J.B. (1957), The An-
possibile stabilire se in origine svolgesse una l’olla è profondo 14 cm). Immediatamente ad cient Road Systems of the Central and Northern
funzione sepolcrale o di altro tipo. Si nota so- est si trova un lungo incasso rettangolare (98 Ager Faliscus, 2, Notes on Southern Etruria,
lo una serie di fori pressappoco circolari con cm), alto 25 cm e profondo 40 cm, sormonta- Papers of the British School, Rome, pp. 67-208.
bordo irregolare disposti in fila lungo gli stipiti to a destra da un basso incasso rettangolare Gamurrini, G.F., Cozza A., Pasqui A., Mengarelli R.
dell’ingresso, verosimilmente funzionali ad al- di 26 x 31 cm, probabilmente destinata ad (1972), Carta archeologica d’Italia 1881-1897,
loggiare i cardini di un cancello. un’iscrizione. Sotto questo gruppo è ricavato Materiali per l’Etruria e la Sabina, Olschki, Fi-
Questo può essere attribuito ad un uso un piccolo loculo lungo ca. 80 cm. L’unica evi- renze.
Judson S., Kahane A. (1963), Underground Drainage
dell’ambiente come riparo per gli animali o denza che possa aiutare nella datazione è la ways in South East Etruria and Northern Latium,
per gli attrezzi, databile ad epoca post-clas- nicchia ad edicola (Fig. 16), la quale costitui- Papers of the British School, Rome, p.75-99.
sica e probabilmente agli ultimi decenni del sce una tipologia architettonica molto diffusa Quilici Gigli S. (1989), Paesaggi storici dell’Agro
secolo scorso, alla stregua del basso muretto nel mondo romano a partire da modelli elleni- Falisco. I prata di Corchiano, 17, Opuscula Ro-
composto da spezzoni tufacei che delimita il stici di II sec. a.C. sino a tutta l’età imperiale. mana, pp.123-135.
bordo meridionale della piazzola. Non va inoltre esclusa l’ipotesi che invece che Quilici Gigli S. (1989) L’acquedotto di Ponte del
Oltre ai blocchi quasi cavati vanno ricon- una edicola funeraria in senso stretto potesse Ponte nell’antico paesaggio agrario della zona
di Corchiano, Xenia, pp. 55-64.
dotti a questo uso i numerosi tagli rettilinei ad rappresentare una edicola votiva contenente
Quilici Gigli S. (1993), Segni e testimonianze
angolo retto sulle pareti, sul pavimento e an- l’immagine di una divinità, attorno alla qua- dell’antico paesaggio agrario nel territorio fa-
che sull’angolo nord-orientale della piazzola. le sono poi stati deposti i resti o le ceneri di lisco.
Insieme alle numerose tracce di cava e alcuni defunti devoti. Considerando che tale Quilici Gigli S. (1996), Sui cosiddetti ponti sodi e
alla camera rupestre va annoverato un terzo tipologia si diffonde non prima del II sec. a.C., ponti terra, Strade romane, ponti e viadotti, At-
elemento ben documentato nella piazzola, va- è probabile - ma non ulteriormente verifica- lante tematico di topografia antica, L’Erma di
le a dire le evidenze di carattere sacro-funera- bile - che la destinazione funeraria dell’area Bretschneider, Roma, pp. 7-28.
rio. Alla sinistra dell’ingresso alla camera si sia successiva all’uso come cava. In tal senso Quilici Gigli S. (1997), L’irreggimentazione delle ac-
que nella trasformazione del paesaggio agrario
trova una prima nicchia trapezoidale appena conduce anche la presenza sul fondo, in mez- dell’Italia centro-tirrenica, Atlante tematico
curva in sommità (larga 45 cm, alta 50 cm e zo a tanti angoli retti molto precisi, di una di topografia antica, Supplementi, L’Erma di
profonda 43 cm) parzialmente danneggiata rampetta per l’accesso alla bassa terrazza Bretschneider, Roma, pp. 193-212.
dall’azione di una radice, fornita all’interno antistante la nicchia ad edicola e le sepolture Judson S., Kahane A. (1963) Underground Drainage-
di un incasso circolare per l’olla funeraria alla sua destra (Fig. 17). Dai pochi elementi ways in South East Etruria and Northern Latium,
profonda 32 cm, e sormontata da un basso a disposizione si può ipotizzare che nell’area Papers of the British School, Rome, pp.75-99.
e stretto incasso poco più largo della nicchia in esame ad un primo piccolo recesso anti- Rizzo F. (2013), L’iscrizione di Caius Egnatius (CIL
XI, 7505) e i prata di Corchiano. Nuovi elementi
forse destinato ad ospitare l’epigrafe. Una stante la camera rupestre sia seguito, alla
sulla ripartizione agraria dell’Ager Faliscus, Ri-
seconda nicchia è ricavata presso l’angolo metà del II sec. a.C., il grande sbancamento vista di Topografia Antica, pp. 179-204.
sud-orientale della piazzola, composta da per cavare i blocchi necessari a innalzare uno La Farina R. (2015), I prata di Corchiano lungo il
una nicchia quadrangolare sul fondo (alta 66 o più sbarramenti lungo l’antistante fosso, e fosso di Fustignano Corchiano (VT), Analisi delle
cm, larga 52 cm, profonda 37 cm) circondata in un secondo tempo non meglio precisabile emergenze archeologiche.
Parole chiave (key words): Himera, acquedotto (aqueduct), colliviaria, sifoni (siphon)
INTRODUZIONE La linea Cornelio presenta l’utilizzo di si- allungano verso l’interno, fino ai piccoli centri
Termini Imerese (Θερμαὶ ῾Ιμεραῖαι - foni “invertiti” per il superamento dei valloni di Trabia e Bagheria. La parte del territorio
Thermae Himerenses) è situata sulla costa Tre Pietre e Barratina. orientata verso Messina presenta caratteri-
Nord della Sicilia, a circa 40 km. ad Est da Queste soluzioni di ingegneria idraulica stiche differenti. Geo-morfologicamente l’a-
Palermo. sono di notevole interesse, in quanto, at- rea ad Est del centro offre rilievi montuosi e
Il primo nucleo insediativo del territorio traverso l’applicazione della teoria dei vasi collinari a ridosso della costa, le cui pendici
fu quello di Imera (Ιμέρα), avamposto greco comunicanti, consentivano di superare osta- degradano più o meno bruscamente verso il
nella Sicilia fenicia, fondato verso la metà del coli causati dalla geomorfologia del territorio, mare. Il litorale quindi è in alcuni punti roccio-
VII sec. a.C. da coloni di Zancle e Siracusa, ove non era possibile la costruzione di ponti a so o forma una fascia costiera molto stretta.
sulla costa settentrionale tra Cefalù e Paler- causa di dislivelli troppo profondi tra cima e In quest’area, parallela alla linea di costa, si
mo. Nel 409 a.C. la città venne quasi comple- fondo valle. Individuare le ragioni progettuali stende la piana di Buonfornello. Successiva-
tamente distrutta da Cartagine e rifondata che hanno condotto alla costruzione di que- mente svetta il principale rilievo montuoso, il
due anni più tardi nella stessa area, ad opera sti sistemi (in particolare il sifone Tre Pietre) citato m. S. Calogero, a Sud-Est, da cui sgor-
di elementi cartaginesi e volontari libici, a cui e le modalità di innesco di un sifone, unico gano le emergenze torrentizie (sorgenti Bru-
poi si aggiunsero dei cittadini scampati alla allo stato attuale, come quello Barratina, cato e Fontana Fredda) che alimentano, come
distruzione (Diodoro, XIII, 79,8; XIV, 47,6; Mu- sono aspetti fondamentali su cui incentrare già detto, la linea Cornelio. La zona compresa
sti 2006: 552, 556-557; La Torre 2011: 115). l’analisi. tra il fiume S. Leonardo ed il m. S. Calogero
Già prospera prima della conquista roma- è caratterizzata prevalentemente da rilievi
na, avvenuta nel 252 a.C., la città di Termini INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO collinari e da alcune profonde depressioni –
divenne uno dei principali centri dell’isola I confini di Termini Imerese sono segnati da come i valloni Tre Pietre e Barratina – formate
grazie alla deduzione in colonia decisa da Au- Capo Zafferano ad Ovest e dal promontorio di dai corsi d’acqua (oggi torrenti, ma la cui por-
gusto per le potenzialità agricole e commer- Cefalù ad Est. La città è inoltre delimitata dal tata in antico doveva essere superiore), che
ciali del territorio (La Torre 2011: 234-235). fiume S. Leonardo, dal Fiume Torto ed a Sud- hanno influito nella realizzazione del tracciato
La costruzione dell’acquedotto Cornelio Est dal m. S. Calogero (1326 mt.). Ad Ovest di dell’acquedotto (Contino 1997; Contino 2002:
(fine I sec. d.C. – II d.C.) rientrava in un am- Termini, verso Palermo, si estende una stretta 27-47; Contino, Di Maio, Lo Cicero, Scozzola
bizioso progetto edilizio, patrocinato dall’e- piana, caratterizzata da basse colline che si 2002: 106-107) (Fig. 1).
mergente élite locale di lingua latina, che
prevedeva anche la costruzione di un com-
plesso termale e di un anfiteatro (Cicerone,
Verr., 2, 34, 85; 2, 35, 86-87; 2, 36, 89; 2, 46,
113; Coarelli-Torelli 1984: 408-409; De Rosa
2010: 79-93; Belvedere 2012: 211-215).
L’estensione dell’acquedotto romano di
Termini, diviso in due linee, è relativamen-
te breve: la sezione più lunga misura 7 km,
parte dalla sorgente Brucato/Fontana fredda,
sul m. S. Calogero, e prende il nome di Cor-
nelio, come vedremo, da un’iscrizione oggi
persa che indicava il probabile costruttore
dell’opera; la seconda, denominata Figurella
dall’omonima contrada dove sorge un impo-
nente ponte, invece, è di 3,5 km., e trae origine
dalla sorgente Favara, poco a Sud dell’abitato
(Belvedere 1986: 79). Figura 1 – Area di Termini da Google Earth (adattamento di S. Paderni)
scorie metalliche nell’area, si è supposta la quindi al di sopra della piezometrica relativa); tro, contrariamente ad altri sifoni, sale al di
presenza di fistule plumbee3. Dopo questo una pendenza del piano inclinato di discesa sopra dell’orizzontale o piezometrica relativa
tratto la conduttura del sifone curvava lie- (circa 17,7 %) inferiore a quello di risalita (il serbatoio intermedio è posizionato in un
vemente verso Nord-Ovest, per raggiungere (circa 20,6 %) ed una pressione di 4-5 atm, punto superiore rispetto alla quota di parten-
un serbatoio a pianta quadrata (Fig.7), per (calcolando circa 50 mt. di differenza di al- za). Questi fattori determinano vari problemi
poi dirigersi verso il punto di uscita 700 mt. tezza tra la torre ed il ventre) (Belvedere 1986: riguardanti le modalità di raggiungimento del
più avanti, senza serbatoio di scarico, presso 61; Belvedere 2000: 106) (Fig. 6). serbatoio intermedio, in quanto, come abbia-
Piazza Gancia, al centro di Termini (Fig. 5). La pressione di 4 o 5 atm. all’interno della mo visto, l’acqua non può arrivare ad una
Il funzionamento del sifone Barratina è conduttura è un valore alto ma non eccessivo quota più alta rispetto a quella di partenza.
ancora oggi di difficile comprensione. La for- e sopportabilissimo dalle condutture plumbee Condividiamo l’ipotesi di Belvedere, se-
ma della torre, aperta in cima con un foro di o di altro materiale. Alcuni esempi dimostra- guito da Temporelli, secondo cui l’espediente
caduta al centro, in cui è posto allo stesso no la piena consapevolezza da parte degli idraulico per oltrepassare il vallone possa
livello il condotto di adduzione, non è tipico ingegneri romani degli effetti della pressione rientrare nei veri e propri sifoni, nell’acce-
di un semplice serbatoio di carico, ma, come atmosferica di un liquido in condotta; vanno zione moderna della definizione (Belvedere
sottolineato da Belvedere, più di un sistema a tal proposito menzionati alcuni sifoni le cui 1986: 144-145; Temporelli 2010: 448). Per il
di compressione dell’acqua (Belvedere 1986: condutture erano in grado di sostenere pres- corretto funzionamento del sifone Barratina,
61-64). Analogamente il serbatoio, definibile sioni molto elevate come il sifone di Madradag analizzando i dati archeologici in nostro pos-
intermedio, non è semplicemente un luogo (20 atm.) o quello di Beaunant (13 atm.). sesso, l’acqua correva in una prima sezione,
terminale di raccolta dell’acqua, ma un punto Un sifone, la cui realizzazione si basa sul- dalla torre al serbatoio, per mezzo della teoria
mediano di smistamento che infatti consente la teoria dei vasi comunicanti, prevede ne- dei vasi comunicanti, mentre in una secon-
un cambiamento di direzione della conduttu- cessariamente che il serbatoio di carico sia da parte, dal serbatoio all’uscita, attraverso
ra verso la città. Infine il sistema idraulico do- posizionato ad una quota superiore rispetto una depressione come un vero e proprio sifone
veva superare vari ostacoli, tra cui una quota a quello di uscita dell’acqua. Questa compo- moderno, in cui la pressione è negativa (la
di partenza (77-78 mt. s.l.m., punto più alto nente è necessaria per mettere in pressione pressione è inferiore a quella atmosferica).
della torre) più bassa rispetto a quella del ser- l’acqua, farne aumentare la velocità e con- Come sottolineato da Belvedere, il serbatoio
batoio intermedio (85 mt. s.l.m.; posizionato sentirne la risalita ed il raggiungimento del intermedio consentiva un cambiamento di
serbatoio di scarico ove presente. Se un punto direzione (come nel caso delle torri di Yzeron
di arrivo è ad una quota uguale o superiore al e di Aspendos) e fungeva da valvola, per la
3 A Termini, tra porta Girgenti e piano S. Andrea,
fu trovato nel 1799 un lungo tratto di tubatura du- punto di immissione, l’acqua raggiungerà il fuoriuscita di eventuali eccessi d’aria (Bel-
rante dei lavori di restauro dell’acquedotto moderno livello limite e si fermerà in quanto non pos- vedere 1986: 144-145; Belvedere 2000: 105-
della Favara allora in uso. Belvedere ipotizza che il siede sufficiente spinta per potere oltrepas- 106). Questi elementi rendono l’espediente
reperto, di cui oggi non rimane traccia, sia da attri- sare la risalita. idraulico termitano un unicum. Temporelli de-
buire alla seconda sezione del sifone. Il diametro del Se da un lato la conduttura del sifone finisce quindi giustamente il sifone Barratina
tubo era di 38,7 cm per uno spessore di 2-3 cm.; ele- Barratina, come un sifone invertito sempli- “mixed siphon”, perché il posizionamento del
menti delle stesse dimensioni è possibile che fossero ce, segue le leggi fisiche e corre sempre al serbatoio intermedio determina una doppia
adoperati anche in altre parti del sifone; Belvedere di sotto della piezometrica assoluta, dall’al- condotta pressurizzata nella prima parte e
1986: 62, 70).
Figura 8 a-b – Disegno esemplificativo del funzionamento del serbatoio intermedio del Sifone Barratina (S. Paderni)
Parole chiave (key words): acqua (water), carsismo (karst), opere idrauliche (hydraulic works), Puglia
(Apulia), pozzi (well)
1. INTRODUZIONE matici e/o geologici, sul carso la dipendenza to carbonatico è ricoperto in discordanza, in
In territori carsici, tipicamente caratteriz- degli insediamenti umani dall’acqua è per- prossimità della costa Adriatica, da calca-
zati da scarsa presenza di acqua in superficie, tanto sempre stata molto forte (Aley, 2000; reniti del Terziario e del Pleistocene Inferiore,
la conservazione e raccolta di risorse idriche Castellani, 2000, 2001; Bakalowicz, 2005; mentre alluvioni del Quaternario e depositi re-
ha sempre costituito un rilevante problema, Parise and Gunn, 2007; Mays, 2012; Parise & siduali (terra rossa) colmano i fondivalle e le
affrontato in epoche passate con una serie di Sammarco, 2015; Parise et al., 2015). aree depresse. Le Murge sono state interessate
tecniche e soluzioni, al fine di garantirsi una In generale, ad esclusione delle sorgenti, da movimenti paleo-tettonici e neo-tettonici
disponibilità, seppur minima, di acqua anche il ritrovare acqua in superficie, o nei primis- (Doglioni et al., 1994; Pieri et al., 1997) che
nel corso delle stagioni secche (Parise & Sam- simi metri di profondità, in territori carsici hanno favorito lo sviluppo dei processi carsi-
marco, 2015). Il carso pugliese, che si sviluppa deriva da una delle seguenti condizioni: ci e la genesi di forme del paesaggio carsico
su gran parte del territorio regionale, coprendo materiali a bassa permeabilità che colmano epigeo come inghiottitoi, doline, valli secche, e
le tre sub-aree carsiche del Gargano, Murge depressioni topografiche; depositi colluviali a polje (Sauro, 1991; Parise, 2006, 2011). Come
e Salento, mostra numerosi esempi di opere riempimento di sinkholes, con occlusione del- nel resto del territorio delle Murge, le rocce car-
idrauliche realizzate a tale scopo. Il presente le vie di infiltrazione; emergenza diretta della bonatiche affioranti nella zona di Conversano
contributo illustra, in particolare, le strutture falda. Laddove una delle suddette condizioni sono in genere coperte da sottili depositi re-
ubicate in zone topograficamente depresse, si verifichi, è possibile realizzare opere idrau- siduali, e espresse morfologicamente da una
all’interno di doline di varia origine, in cui ta- liche, le quali consentano di conservare ed successione continua di bacini endoreici, valli
lora insistono laghi temporanei: si tratta dei utilizzare le risorse così raccolte nei periodi carsiche e doline. In particolare, la deposizio-
cosiddetti “pozzi” e “pozzelle”, vale a dire ci- di maggiore bisogno. ne di materiali eluviali al fondo delle doline
sterne, di profondità variabile, che si rinvengo- ha causato la più o meno totale occlusione
no in vari settori della Puglia, con la finalità di 3. POZZI E POZZELLE dei passaggi e condotti carsici, favorendo la
raccogliere l’acqua piovana, e di poterla utiliz- In questa sezione si descrivono alcune formazione di piccoli laghi carsici temporanei
zare a scopi irrigui durante la stagione secca. opere di idraulica del territorio pugliese, al in varie aree intorno alla città (Fanizzi, 1984;
fine di evidenziare la rilevanza di tali strutture Frisenda & Bimbo, 1987; Palmisano & Fanizzi,
2. OPERE IDRAULICHE IN AMBIENTE CAR- in zone carsiche, perlopiù caratterizzate da
SICO valori medio-bassi di piovosità. Senza pren-
Gli ambienti carsici sono originati dal- dere in considerazione le strutture lineari tipo
la lenta dissoluzione delle rocce solubili ad acquedotti, pur presenti in vari settori della
opera dell’acqua, che in pratica costituisce regione (Delle Rose et al., 2006; Bixio et al.,
il “motore” del processo carsico, e determina 2007; Parise et al., 2009), e altre opere tipo le
la formazione dei peculiari paesaggi, sia in neviere (Bauer & Giacovelli, 1983; Costantini,
superficie che nel sottosuolo (White, 1988, 1988), si esamineranno in dettaglio i pozzi (o
2002; Ford & Williams, 2007; Brinkmann & pozzelle, o cisterne), che ancora caratteriz-
Parise, 2012). Allo stesso tempo, però, l’ac- zano numerose cittadine della Puglia centro-
qua tipicamente è assente in superficie, in meridionale.
quanto rapidamente si infiltra attraverso le
discontinuità degli ammassi rocciosi (pre- 3.1. Conversano
valentemente carbonatici), per avviare il suo Conversano è ubicata nelle Murge di Sud-
lento ma costante lavorìo di dissoluzione. Tale Est (o Murge Basse), una trentina di km a sud-
mancanza ha da sempre stimolato le popola- est di Bari, e il suo territorio (estensione 127
zioni che vivevano su territori carsici a svilup- km2, quote comprese tra i 35 e i 250 m s.l.m.)
pare tecniche per la raccolta e conservazione è caratterizzato dall’affioramento di rocce car-
delle risorse idriche, soprattutto in quei luoghi bonatiche in assetto sub-orizzontale della For-
caratterizzati da valori di piovosità bassi e mazione di Altamura (Cretaceo), appartenenti
da climi aridi o semi-aridi (Laureano, 1993, al dominio paleogeografico della Piattaforma Figura 1 – Sezioni schematiche di pozzelle: A) da un mano-
scritto inedito di Cosimo De Giorgi, riportato da Costantini
2001; Al-Taiee, 2012; Eslamian et al., 2012). Carbonatica Apula (Campobasso & Olivieri, (1988); B) pozzo in uno dei laghi di Conversano (da L’Abbate,
Ancor più che in altri territori, e contesti cli- 1967; Ciaranfi et al., 1988). Questo substra- 1989); C) da Costantini (1988)
Figura 2 – Probabili bacini idrografici dei dieci laghi nel territorio di Conversano (da Lopez et al., 2009)
1992; Parise, 2002, 2009). Si tratta di specchi siltose (terre rosse) a sabbie siltose, con locali zona di ricarica per il sottostante acquifero nei
d’acqua naturali la cui estensione varia da cir- intercalazioni di materiali di origine vulcanica calcari Mesozoici (Lopez et al., 2009).
ca 1,000 a 11,000 m2, limitati da blande scar- (Colamonico, 1917). L’alternanza di depositi Un ulteriore aspetto morfologico del ter-
pate nella circostante roccia calcarea. Fino a con diverso grado di permeabilità, in appoggio ritorio è costituito dalla presenza di una rete
non molti decenni orsono, i laghi costituivano su un substrato carbonatico, intensamente di corsi d’acqua superficiali, non attiva, il cui
una importante riserva di risorse idriche per la fratturato e carsificato, rende tali materiali la andamento può essere riconosciuto dai torrenti
popolazione locale, in un’area caratterizzata
da mancanza di acqua in superficie nel corso
delle stagioni estive.
Oggi i laghi di Conversano hanno evi-
dentemente perso questo importante ruolo di
riserva idrica, ma mantengono quello di ha-
bitat naturali di grande valore naturalistico,
tanto da essere stati riconosciuti come Siti di
Interesse Comunitario (SIC, codice IT9120006)
nel 1995, e, di conseguenza, dichiarati ‘‘Area
Naturale Protetta regionale’’ (Legge Regione
Puglia 19/97). Essi fanno inoltre parte della
rete di aree protette “Natura 2000”, proget-
tata dalla Comunità Europea, e del progetto
Bioitaly, rete di aree italiane di elevato valore
scientifico ed ambientale (Terzi et al., 2000).
Allo stesso tempo, anche i depositi di riempi-
mento dei laghi rivestono importanza: essi so-
no principalmente depositi residuali, da argille Figura 3 – Cisterna (pila) all’interno del Canale di Pirro, settore occidentale, poco dopo un intenso evento piovoso
N
el corso degli ultimi anni, principal- IL SITO DELLA COLLINA DI PRIMA PORTA chimica delle acque dilavanti o di quelle di
mente grazie ad interventi di arche- Il sito si trova al XIII chilometro della via infiltrazione, che hanno attivato processi di
ologia preventiva, si è avuta la pos- Flaminia, presso il bivio tra via Giustiniana e decomposizione dei minerali.
sibilità di indagare alcuni contesti di via della villa di Livia, poche decine di metri Sulla sommità della collina si staglia una
età romana nel suburbio di Roma in cui, oltre a sudovest della Villa di Livia, a ridosso del torre, nota come Torre di Prima Porta o Torre
ai resti delle strutture in alzato, si è potuto fiume Tevere, in proprietà privata (all’inter- d’Orlando (P. Cacchiatelli e G. Cleter, 1875; G.
ispezionare, indagare e quindi studiare arti- no del caseificio della Brunelli s.r.l.; Fig. 1). Tomassetti, 1913; Th. Ashby, 1914).
colati sistemi idrici ipogei (si ringrazia la ASSO Fu oggetto di indagini già alla fine del se- Già molto prima della costruzione della
onlus per la collaborazione, che ha permesso colo passato (E.M. Loretti, 1983; C. Calci e torre la collina aveva suscitato interesse da
non solo l’ispezione in sicurezza, ma grazie G. Messineo, 1984; G. Messineo, 1987a; id., parte dell’uomo e i materiali rinvenuti dagli
alla esperienza maturata durante gli anni di 1987b): presenta i resti di strutture di età scavi archeologici dimostrano una frequen-
lavoro sul campo, un confronto scientifico al- romana risalenti all’età repubblicana e im- tazione del sito a partire dal VII secolo a.C.
tamente stimolante): si tratta delle presenze periale, e un articolato sistema di gallerie che (ricordiamo un deposito di materiali ceramici
archeologiche sulla collina di Prima Porta, a collegano tra loro cisterne ipogee e pozzi. Dal di produzione veiente, una situla in bronzo, un
nord di Roma, e di ciò che resta di una villa punto di vista geologico nella zona affiorano frammento di loutrophoros di tipo apulo). La
rustica ubicata nell’interland sudorientale, esclusivamente terreni di origine piroclastica, maggior parte dei materiali riferibili al perio-
su via di Tor Vergata (nel primo caso il sito prodotti dall’attività esplosiva del centro vul- do arcaico provengono da depositi ipogei, vere
è stato scavato sotto la direzione scientifica canico dei monti Sabatini; si tratta cioè di tufi e proprie favisse.
della dott.ssa Marina Piranomonte; per la vil- litoidi e incoerenti, talvolta costituiti da lapilli La struttura principale era realizzata sul-
la di Tor Vergata la direzione scientifica è sta- e ceneri, alternati da sottili orizzonti di scorie la sommità della collina: si tratta di una serie
ta del dott. Roberto Cereghino, ovviamente in e frammenti lavici, tufiti e sottili lenti alluvio- di ambienti incentrati su uno centrale, princi-
entrambi i casi della Soprintendenza Speciale nali; questi suoli, alcune volte, si presentano pale; la tecnica costruttiva messa in luce è in
per il Colosseo e il Museo Nazionale Romano e in parte alterati; i fenomeni di alterazione blocchi di tufo, ma l’alzato è conservato solo
l’Area Archeologica di Roma, che ringrazio per hanno comportato una parziale argillificazio- per pochi filari; restano conservati inoltre al-
l’opportunità fornitami). ne dei depositi vulcanici, a causa dell’azione cuni brani di pavimentazione, in cocciopesto,
Figura 1 – La collina di Prima Porta nel contesto del sobborgo attuale (foto aerea da Google Maps)
Figura 2 – Pianta area archeologica centrale della collina di Prima Porta (rilievo e disegno D.I.Pellandra)
POZZI
La collina di Prima Porta ha consentito
di individuare molti pozzi, antichi e moderni,
alcuni collegati con le cisterne, altri che arri-
vano sino alla falda acquifera.
LA VILLA RUSTICA DI VIA DI TOR pozzi di forma rettangolare e circolare, tra cui Tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C.
VERGATA 426A (FIG. 11) uno di falda, alcuni cunicoli con orientamento lo scavo archeologico ha messo in evidenza un
Il sito si trova nel settore sud est del subur- nord sud e un reticolo di canalette a dispersio- primo nucleo insediativo, forse la prima villa
bium romano, in un’area oramai densamente ne con copertura in blocchi irregolari di lahar, rustica, di cui rimane una poderosa struttura
edificata, in cui sono state individuate numero- parallele tra loro, sulle pendici sudorientali in opera quadrata di blocchi rettangolari di
si insediamenti rustici risalenti all’età romana del pianoro. cappellaccio che delimitano una serie di am-
(per un confronto generale sulle ville romane
nell’agro romano M. De Franceschini 205 e
ovviamente l’Archivio Soprintendenza archeo-
logica di Roma; lo scavo e la documentazione
della villa è stata eseguita dalla dott.ssa Maria
Helena Marchetti e dal sottoscritto). Dal punto
di vista idrogeologico l’area appare contraddi-
stinta dalla presenza di una grande quantità
d’acqua, la cui abbondanza da sempre caratte-
rizza la zona fin dalle epoche più antiche.
Un corso d’acqua principale (forse in epo-
ca preistorica) scorreva nella parte centrale
del terreno con orientamento est ovest all’in-
terno di un alveo le cui sponde tufacee sono
state individuate nel settore nord dello scavo.
In seguito al sistematico riempimento dell’in-
vaso fluviale, si formò un’altura leggermente
sopraelevata ai cui margini scorrevano due
fossi secondari nati in seguito all’abbandono
del torrente principale.
Sugli strati di scorrimento fluviale fu re-
alizzato un fitto sistema di irreggimentazione
dei flussi d’acqua, costituito da una serie di Figura 12 – Pianta fasi archeologiche principali (rilievo L.Della Torre, disegno D.I.Pellandra)
Carmine Minopoli
The Regi Lagni: from rural reclamation work to a ENEA – Dipartimento Sostenibilità dei sistemi pro-
duttivi e territoriali (SSPT)
sewage network E-mail: raffaele.pica@enea.it
Parole chiave (key words): Regi Lagni, Depurazione (Wastewater treatment), Bonifica (Remediation)
INTRODUZIONE cinque “mega depuratori” ed un complesso A partire dal I secolo dopo Cristo l’impera-
I Regi Lagni erano un’opera di bonifica network fognario, che avrebbe dovuto sanare tore Domiziano apre una nuova arteria viaria
borbonica essenzialmente costituita da un re- “una volta per sempre” la situazione e per- distaccando dalla Via Appia un importante
ticolo di canali scavati nella terra per drenare mettere ai napoletani di tornare al mare nel asse in grado di collegare le colonie marine
le acque di un territorio spesso paludoso. Il loro golfo. insediatesi tra Sinuessa e Puteoli. Fino ad al-
bacino di influenza si estendeva su un’area di L’ENEA ha effettuato studi su quest’area lora la via Appia piegava verso l’interno, dopo
circa centomila ettari, attraversando il cuore sin dal 2001, analizzando il territorio e va- aver superato il Garigliano tra le Colonie di
produttivo delle province di Napoli e Caserta. lutando lo stato funzionale degli impianti di Minturno e Sinuessa, puntando in direzione
L’opera di canalizzazione delle acque di scolo depurazione e lo stato di contaminazione delle di Sessa Aurunca e Capua. La Regina Via-
dei terreni, così come realizzata dal Viceregno acque. L’indagine ha messo in luce una serie rum in questa zona si teneva a ridosso dei
spagnolo agli inizi del 1600, è stata profon- di problematiche che delineano uno stato cri- primi rilievi appenninici del casertano e poi
damente trasformata a partire dalla metà del tico del sistema. La crisi delle discariche di del beneventano, costeggiando le alture pro-
secolo scorso. Per più di 400 anni la bonifica rifiuti si riflette in maniera drammatica an- spicienti al mare. Infatti, nella vasta zona del
aveva messo fine al problema secolare delle che su questo sistema idrico; i materiali solidi bacino inferiore del Volturno una palude mefi-
inondazioni del fiume Clanio nella “Campania che si estraggono dall’acqua (sabbie, fanghi tica rendeva la zona malsana e difficilmente
Felix” e mitigato la malaria nell’entroterra. La ecc.) nel processo di depurazione devono es- abitabile. La colonizzazione romana si limita
fertile pianura a nord del capoluogo campano sere trattati con approcci diversi da quanto così alle zone limitrofe al litorale, i nuclei
traeva beneficio da quest’opera di ingegne- fatto fin ora, affrontando la sostenibilità del abitati interni rimangono isolati per tutto il
ria idraulica con attività agricole e zootecni- ciclo di trattamento. medioevo. Infatti, a partire dalle più antiche
che uniche per pregio ed abbondanza. Oggi testimonianze letterarie, Neapolis è citata con
quest’ampia zona della Piana Campana a sud CENNI STORICI SULLA BONIFICA DELLA il corso del torrente Clanio, che lambendo il
del fiume Volturno è in gran parte antropizzata PIANA CAMPANA A NORD DI NAPOLI sito nella sua parte nord separa la fascia ma-
e densamente popolata. In epoca antica l’area a nord di Napoli, rittima dall’Ager Campanus.
Per chi arriva da Roma con la linea fer- nota come Litorale Domizio, conobbe periodi Dopo l’anno mille la città di Napoli, sotto
roviaria ad alta velocità il paesaggio rurale di grande sviluppo; tracce di diversi insedia- il regno Svevo e Angioino e successivamente
dei Regi Lagni appare all’altezza di Capua menti sono databili già in epoche preistoriche. durante la dominazione spagnola, aveva avu-
allorquando si attraversa il Volturno, una Gli insediamenti interessavano i rilievi costieri to un grande sviluppo; basti pensare che la
doppia fila di pini marittimi costeggia gli dal Monte Massico ai Campi Flegrei (Fig. 1). popolazione tra il 1500 ed il 1650 era più che
argini dell’asta idrica maggiore del canale
di bonifica, accompagnando il viaggiatore a
sud fino alle porte di Napoli. Quello che ap-
pare è uno dei più gravi disastri ambientali
del contesto europeo. Il lascito dei Borboni si
è trasformato in un veicolo di liquami e rifiuti
con pesanti riflessi anche sull’inquinamento
del mare e delle zone lacustri del Litorale Do-
mizio. Gli argini dei canali e la battigia alla
foce mostrano i segni di ingenti sversamenti e
contaminazioni, tanto che le acque dei canali
appaiono spesso come fogne o discariche a
cielo aperto, più che corsi d’acqua meteorica
drenata dai campi coltivati.
Nel 1973 l’infezione colerica giustificò
pesantissimi interventi sul territorio, per il
riassetto igienico sanitario dell’area, l’opera
borbonica fece da impianto di base per un
progetto di raccolta e trattamento di reflui fo-
gnari che non ha avuto eguali nella storia d’I-
talia. Il paesaggio fluvio-lacustre ed i canali
in terra furono sacrificati, vennero realizzati Figura 1 – Carta della Campania Felice del XVIII secolo con indicazione dei principali corsi d’acqua a nord della città di Napoli
Figura 5 – Sezioni idriche dei principali tratti del canale dei Regi Lagni
Figura 6 – Dati sull’inquinamento marino nell’area allo sbocco dei Regi Lagni tra gli anni 2013 ed il 2015
Figura 7 – Depuratori realizzati dalla Cassa per il Mezzogiorno nell’area dei Regi Lagni
BIBLIOGRAFIA
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reti di trattamento delle acque reflue in contesti
critici. Da Atti del Convegno Ecomondo (pp. 356-
Figura 8 – Canale principale dei Regi Lagni nell’area della Terra dei Fuochi 362); Maggioli Editore.
Leonardo Schifi
Via Valle dei Fontanili. Cisterne Collaboratore Archeologo Soprintendenze Statali
ed Enti Locali
monumentali
E-mail: leonardo.schifi@yahoo.it
D
urante i mesi di novembre 2000 e gen- L’area, nella moderna viabilità, è compre-
naio 2001 sono stati eseguiti per conto sa a Nord da via del Podere Fiume, a Sud da
del Comune di Roma, sotto la direzio- via Fratelli Grimm mentre ad Est confina con
ne scientifica del Funzionario di zona, via Valle dei Fontanili (Fig. 1).
dr.ssa Rita Santolini Giordani (Santolini Gior- L’indagine archeologica ha evidenziato i
dani, 2006), della Soprintendenza Archeologi- resti di un insediamento rustico, le cui strut-
ca di Roma, sondaggi di prospezione archeo- ture principali sono relative a cisterne monu-
logica nell’area destinata alla realizzazione del mentali, inquadrabili cronologicamente tra la
Piano di Zona 167, denominato Quartaccio 2, fine della media età repubblicana e la prima Figura 1 – Localizzazione su stralcio catastale dell’a-
in località Torre Vecchia (XIV Municipio, ex XIX). età imperiale (Fig. 2). rea delle ricerche
Figura 3 – Foto aerea della cisterna A. Il riempimento interno era costituito da uno strato di terra poco compatta mista a scaglie di tufo grigio, limo, argilla, sabbia, frammenti fittili e
pezzi d’intonaco bianco
La struttura di maggiori dimensioni messa 2), di diverse dimensioni, da un rozzo muro no, lungo l’asse principale, con andamento a
in luce, posta sul limite Ovest dell’area indaga- trasversale in opera incerta (dimensioni circa schiena d’asino nella parte centrale; la pre-
ta, era costituita da una cisterna a cielo aperto 7.50 x 1.35 m; altezza dal piano circa 0.90 senza, lungo la parete Ovest, di una serie di
(Fig. 2, A), scavata nel banco di tufo (dimen- m), con ricorsi in opera quadrata piuttosto fori nel banco di tufo, aveva probabilmente lo
sioni circa 39.30 x 7.60 x 1.80-0.60 m), con irregolari, con orientamento circa Est Ovest, scopo di sorreggere una sorta di passerella
pianta rettangolare allungata e orientamento realizzato in scheggioni di tufo grigio e legati mobile che doveva perimetrare internamente
circa Nord Nord Ovest-Sud Sud Est, secondo con malta pozzolanica terrosa (Fig. 4). la struttura.
l’andamento del pendio collinare (Fig. 3). Il maggiore dei due vani (Fig. 2, A, Am- Una serie di canali di scolo poco pro-
La cisterna era divisa internamente in due biente 1), di forma rettangolare, presentava fondi, ricavati nel banco sul fondo di questo
ambienti (Fig. 2, A, Ambiente 1 e Ambiente pareti laterali con profilo a scarpa e un pia- ambiente, aveva la funzione di convogliare
L
o studio costituisce un aggiornamento
del contributo presentato al Convegno
“La rete idrica nel territorio ostiense.
Ritrovamenti e ricerche in corso”, orga-
nizzato nel 2004 dall’École française de Rome
e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici
di Ostia1.
Si prende in esame un tratto di acque-
dotto della prima età imperiale, scoperto nel
1998 al Km. 15° della via Ostiense, inserito
organicamente nel più ampio sistema idrico
che dal territorio di Malafede raggiungeva la
colonia di Ostia2 (Fig. 1).
L’origine dell’acqua convogliata nel si-
stema di adduzione per Ostia antica è stata
riferita alla Valle di Malafede, territorio ca-
ratterizzato da formazioni sedimentarie e
vulcaniche3. In particolare, più recentemen-
te, è stata ipotizzata nel punto di captazione
la realizzazione di una “traversa”, perpen-
dicolare al Fosso di Malafede, importante
asse di drenaggio con portata media di oltre
450 l/s, per l’innalzamento dell’acqua e il
suo conseguente trasferimento nel canale
dell’acquedotto4.
Figura 1 – Stralcio IGM foglio 149, II N.E. con l’indicazione del luogo del ritrovamento
1 Gli atti dell’Incontro di Studio sono stati pub-
blicati nella raccolta di articoli “Le acque e gli ac-
quedotti nel territorio Ostiense e Portuense. Ritrova-
Del sistema idrico che ha origine dalla III sec. d.C.5 Il condotto rimesso in luce sulla
menti e ricerche recenti” in MEFRA 118-2, 2006, pp. Valle di Malafede, oltre al dispositivo in esa- via del Mare, parallelo ad un tratto di strada
463-526. me, sono parte integrante gli acquedotti rin- basolata, con andamento est-ovest, invece, è
2 Tella 2006, acquedotto 2b. venuti, tra il 1993 e il 1997, in località Casale confrontabile per caratteri tecnici e tipologici
Infermeria e un tratto di acquedotto scoperto con quello del Casale di Malafede6.
3 Ricciardi Scrinari 1996, p. 267.
nell’estate del 2005, al Km. 15,800 della via
4 Lombardi 2006, pp. 470-471. Pur non essendo
del Mare.
stata rinvenuta alcuna attestazione nel territorio,
vari esempi di traverse scoperte a Roma e in diver-
Nel primo caso si tratta di un complesso 5 Bedello Tata et alii 2006, 2.
se aree nelle province (nota 13 nello stesso lavoro), costituito da due strutture distinte, provviste 6 Pellegrino et alii 2006, 2c; per i dati tecnici del
confemano che i tecnici romani avevano conoscenze di spechi, che scendevano a valle, a quote canale 2b in relazione agli altri tratti di acquedotto
e competenze adeguate per la realizzazione di queste diverse, in direzione della via Ostiense, da- scoperti tra la valle di Malafede e la via del Mare si
importanti opere idrauliche. tabili tra i primi decenni del II e l’inizio del veda la tabella a p. 465 in MEFRA 118-2, 2006.
Q=V·S
Venafro (Isernia)
Hydraulic technique in the area
of Venafro
Parole chiave (key words): Venafro, aque juliae, Ponte a Montaquila, ponte Latrone (bridge Latrone),
fiume Volturno (river Volturno), saeptum, ruota idraulica (waterwheel), Terme di Agrippa
« È più facile studiare il moto di corpi celesti All’inizio del III secolo a.C., alla fine delle Continua a svilupparsi nel corso del I se-
infinitamente lontani che quello del ruscello guerre sannitiche, Venafro si presenta come il colo a.C. e raggiunge il momento di massimo
che scorre ai nostri piedi. » centro principale di questo settore della valle splendore con la deduzione della colonia augu-
(Galileo Galilei, Discorso intorno a due del Volturno ed entra nel sistema amministra- stea, probabilmente nel 14 a.C. Si ha allora una
Scienze nuove) tivo romano, come praefectura, intorno alla ristrutturazione urbanistica secondo un siste-
metà del secolo. ma di assi stradali ortogonali e la costruzione
dei più importanti edifici pubblici e privati.
Un cambiamento profondo si ha a partire
dalla metà del IV secolo, a causa del terre-
moto che sconvolge il Sannio e la Campania;
la popolazione di Venafro si sposta sull’altura
orientale dell’area urbana e dà vita al borgo
medievale, abbandonando il settore occiden-
tale del centro.
INTRODUZIONE
L’alta valle del Volturno, delimitata dal
massiccio del Matese a sud-est e dalle Mai-
narde ad est, costituisce il settore più occi-
dentale del Sannio pentro e in esso la piana
di Venafro rappresenta la via d’accesso prefe-
renziale al Sannio dalla Campania e dal Lazio.
Il centro si connota quindi, fin dai tempi
più antichi, come punto di primaria importanza
strategica e commerciale. Non si può stabili-
re con esattezza il momento in cui ha avuto
origine l’insediamento sulle pendici del monte
S. Croce, anche se la presenza, ai piedi della
montagna, di un santuario frequentato almeno
a partire dal IV secolo a.C., deve aver influi-
to notevolmente sullo sviluppo del centro. Di
questo luogo di culto è visibile solo parte di un
terrazzamento in opera poligonale, individuato
a monte della città moderna, in una posizione
fortemente dominante sulla piana. Figura 3 – Molise
arrivo nella parte alta della città in corrispon- Colonia venafrana nel costruire la grandiosa
denza di un castellum aquae (serbatoio), non conduttura d’acqua era stata di giovarsene
individuato con precisione, misura in linea per l’irrigazione nelle stagioni di siccità delle
retta appena 17 km (l’acquedotto è alto m terre situate in posti più elevati.
1,80, largo m 0,75). È certo pertanto che l’acquedotto preesi Figura 5 – Il ponte a Montaquila
La struttura è quasi completamente sot- steva al momento che Cesare Augusto emanò
terranea, esce allo scoperto solo per attra- l’editto, il più antico e quindi pregevolissimo metodologie geofisiche d’avanguardia, volte
versare corsi d’acqua o valloni per mezzo di fra quelli di cui fa menzione Frontino, che è all’identificazione in profondità dell’acque-
ponti. È in parte costruito in opera cementizia giunto fino ai tempi nostri quasi incolume ed dotto, laddove non esistevano indizi super-
e in parte scavato nella roccia, con pavimento integro quale in origine era stato dettato. Con ficiali. In particolare, si è ricorsi a profili
in laterizi, volta a tutto sesto e pareti rivestite questo insigne documento l’imperiale autori- georadar (GPR), tomografie geoelettriche di
con malta idraulica. Lungo il percorso sono tà ordina e dispone circa la conduttura e la resistività (ERT) e indagini geomagnetiche.
collocati dei cippi riportanti la prescrizione di distribuzione delle acque nel territorio della Il primo tratto presenta uno specus (Fig.
lasciare liberi due percorsi di servizio ai lati Colonia venafrana. 6, Fig. 7) in buona parte scavato nella roccia,
della conduttura. L’acquedotto non terminava spesso pavimentato con mattoni grandi (bi-
a Venafro, ma si prolungava oltre cinque chi- IL PONTE A MONTAQUILA pedali). Si sono rinvenuti pozzi circolari per le
lometri ad una frazione chiamata Ceppagna, Notevole è il ponte in pietra che reggeva il ispezioni (spiramina) dal diametro ci m.1,10.
ove esistono ancora vestigia di mura pelasgi- condotto nei pressi di Montaquila. Il Frediani Il condotto è pressoché regolare dalla
che, formate da massi parallelepipedi a strati nella sua planimetria riporta con il n. 32 i sorgente fino a Venafro e presenta una lar-
orizzontali. Siffatto prolungamento, forse, sta tratti di cunicolo ritrovati nei pressi dell’a- ghezza costante di 60/65 cm, un’altezza di
a segnalare che la principale intenzione della bitato di Roccaravindola bassa. Sulla scorta cm160/165.
Il primo tratto è pressoché pianeggiante, collettivo delle persone più anziane di Pozzilli osservare la progressiva deformazione della
con lievissima pendenza nella parte che at- località S. Lucia-Pozzilli (Fig.9). livelletta dell’acquedotto mano a mano che
traversa la piana di Rocchetta. Ogni punto dell’acquedotto riscoperto, ci si avvicinava da entrambi i lati all’inter-
Il secondo tratto, invece, ha una pendenza sia nei tratti scavati in galleria nelle rocce sezione con la faglia e la sua dislocazione
notevolissima e mediamente del 25%, come in carbonatiche del substrato mesozoico dei assoluta di circa 3.5 m a cavallo e ad opera
località Stingone (Capo d’acqua)-Pozzilli (Fig. 8). monti di Venafro, che in quelli aperti in trin- della faglia stessa.
In corrispondenza del Cimitero di Pozzilli, cea nei depositi argillosi delle serie terziarie Tale entità di deformazione cosismica non
esattamente nel luogo che viene chiamato e di quelli di attraversamento di terreni allu- è certo attribuibile ad un solo evento di faglia-
ancora oggi “la Grotta di conte Pannone”, vi vionali recenti, è stato oggetto di livellazioni zione, ma almeno a tre di grande energia. Uno
sono tracce consistenti dell’antico cunico- topografiche assolute, che hanno permesso di di questi, l’ultimo in ordine di tempo, è stato
lo romano che continua ad alimentare una ottenere la ricostruzione altimetrica del con- quello del 1349, come dimostrato da studi pa-
storia che sopravvive solo nell’immaginario dotto. Il risultato eccezionale è stato quello di leosismologici effettuati sulla stessa faglia
Figura 13 – Ponte lotrone schema Figura14 – Ponte lotrone piloni eta romana
più alto; infatti la campata che collegava i riconduce alla presenza in corrispondenza in particolare si ricorda la presenza in corri-
due preesistenti piloni era sufficiente a fardell’incile dell’acquedotto di uno o più sbar- spondenza delle sorgenti del Volturno di resti di
superare l’intero corso del fiume, anche se si
ramenti destinati alla creazione di un bacino antiche strutture da attribuire verosimilmente
volesse ipotizzare una diversa posizione del di ritenuta da cui si dipartiva la conduttura al caput aquae dell’acquedotto romano, tra cui
letto. E presumibile che almeno altri 4 piloni
che raggiungendo la città di Venafro ne assi- “un grosso muro in opera a sacco parte di an-
fossero situati nel luogo ove ora il fiume scorre
curava l’approvvigionamento idrico. damento rettilineo,parte nel tratto più soprae-
con il massimo di portata. La presenza di fori Il riscontro archeologico della presenza levato a monte, in curva” immerso nelle acque.
allineati di diametro di circa 40 centimetri di saepta in diretta connessione con il caput Secondo A. Maiuri tale struttura sarebbe
sulla faccia rivolta verso l’acqua fa ritenere
aquae dell’acquedotto venafrano lo si ebbe da interpretare come “una vera e propria diga
che il ponte avesse in origine le campate connel corso dei lavori per l’esecuzione da parte di sbarramento” allo scopo di derivare l’acqua
travate in legno conficcate in essi. dell’Ente Autonomo del Volturno nel 1925 di necessaria all’approvvigionamento idrico cit-
un bacino artificiale di raccolta delle sorgenti tadino. Infatti immediatamente prospicienti
SAEPTUM per un impianto idroelettrico;. l’opera di sbarramento e in asse con essa, a
Ne deriva che il vocabolo saeptum, a cui In questa occasione infatti si rinvennero SE rispetto le sorgenti, furono rinvenuti anche
fa riferimento l’editto augusteo di Venafro, resti attribuibili al percorso dell’acquedotto e i resti di una probabile piscina limaria secondo
l’interpretazione di Maiuri e un primo tratto di
cunicolo, il rivus dell’acquedotto.
RUOTA IDRAULICA
Nel 1908 in agro di Pozzilli, nell’alveo
del fiumicello Tuliverno (oggi Triverno) furono
ritrovate le macine in pietra lavica di un mo-
lino. A poca distanza il calco naturale di una
TEATRO
Il teatro viene costruito in età augustea
sulle pendici del monte S. Croce, sulla stessa
linea del terrazzamento dell’antico santua-
rio repubblicano, in modo da costituire un
coronamento monumentale e scenografico
dell’abitato. Comprende inizialmente l’ima e
la media cavea, separate da un passaggio
semicircolare; la summa cavea viene costru-
ita successivamente utilizzando un robusto
sistema di sostruzioni che avevano anche lo
scopo di contenere il terreno alle spalle. Nel II
secolo d.C. viene costruito ad ovest del teatro
un grande ninfeo e successivamente gli im-
pianti idraulici finalizzati all’allestimento dei
Figura16 – Veduta aerea teatro venafro giochi d’acqua nell’orchestra. Il terremoto del
346 d.C. porta all’abbandono del teatro e allo
smantellamento di parte della decorazione
architettonica e scultorea che viene raccolta
all’interno di un ambiente del ninfeo stesso,
probabilmente in vista di un successivo re-
stauro che non avvenne mai.
seo di Napoli un modello di legno (incatramato, Fin dal 1842 furono rinvenute tracce di
secondo il precetto vitruviano) della ruota. oggetti ornamentali e che ebbero diretta atti-
La ruota idraulica (a Venafro viene nenza con le antiche Terme. Si è inoltre potu-
chiamata in dialetto “retrecene”) aveva un to accertare che statue a mezzo busto erano
diametro di circa due metri e, come calcolò state poste vicino a ciascuna sorgente come
l’ing. Jacono, sviluppava una potenza di circa insegna delle speciali virtù caratterizzanti
3 cavalli vapore. Da studi fatti recentemente le singole fonti. Infatti ogni busto additava
si ricava che poteva macinare circa 180 chi- con l’indice della mano destra, l’arto, la cui
logrammi di grano all’ora, mentre una ma- malattia quell’acqua guariva. Che siffatte
cina azionata da un asino o da due schiavi Terme fossero in prevalenza frequentate da Figura18 – Antica cisterna cimitero Vallecupa Venafro
BIBLIOGRAFIA
Caiazza D. (1994), Il Territorio tra Matese e Volturno.
Ponte Latrone, “Atti del 1° convegno di studi
sulla storia delle foranie della Diocesi di Isernia-
Venafro”, Capriati a Volturno.
Cimorelli G. (1922), Edifici monumentali della re-
gione, Archivio Storico del Sannio Alifano, Anno
VII, nn. 19-20-21, pp. 15-30.
Figura19 – Interno Cisterna cimitero Vallecupa venafro Fusco A. (2013), La gestione dell’acqua nelle ci-
vitates dell’Italia romana. La documentazione
FOSSA COMUNE IN UNA ANTICA CISTERNA di circa 1300 mq. Il muro è lungo 19 metri, epigrafica. Tesi di dottorato 2011-2013, Unive-
il vecchio cimitero ubicato nel territorio di è spesso 0,90 metri ed è alto mediamente 2 rità di Palermo.
Galli P. & Naso J.A. (2009), Unmasking the 1349
Vallecupa (frazione di Venafro), sulle pendici metri. Contiene, nella parte retrostante, un earthquake source (southern Italy): paleoseis-
settentrionali di Colle Salberta, propaggine ambiente ipogeo a pianta rettangolare, ampio mological and archaeoseismological indica-
nord orientale di Monte Cèsima, in locali- complessivamente 16,35x3,85 metri, coperto tions from the Aquae Iuliae fault. J. Struct.Geol.,
tà Tufo, a quota 290 metri, a confine con il con una volta a botte a tutto sesto con altezza 31, 128–149.
Comune di Sesto Campano, era in origine massima, presa in chiave di volta, pari a circa Galli P. & Scaroina L. (2010), Il fascino discreto
una villa rustica di età romana. Oggi ciò che 4,85 metri. dell’archeosismologia, ArcheoMolise, n.3.
rimane della villa è una grossa cisterna ipo- L’ambiente è diviso in tre parti da due setti Jacono L. (1938), La ruota idraulica di Venafro,
L’Ingegnere, n. 12.
gea, formata da tre grosse camere contigue murari trasversali: quello più a nord ovest è di Maiuri A. (1926), Resti dell’acquedotto di Venafro e
coperte a volta. 3,80x5,40 metri, quello centrale di 3,85x5,45 cippi terminali, Atti della R. Accademia Nazio-
Col passare degli anni e a seguito di even- metri, il terzo 5,50x3,85 metri. Tutti e tre gli nale dei Lincei. Notizie degli Scavi di antichità.
ti catastrofici la villa rustica venne distrutta ambienti presentano, in corrispondenza della Estratto dal vol. II, Serie VI, fascicoli 10°, 11° e
e anche la cisterna perse la sua funzione chiave di volta, delle piccole botole di forma 12°, pp. 434-437.
originaria, che era quella di raccolta dell’ac- quadrata, chiuse da appositi blocchi calcarei Mattei A., Storia d’Isernia. Vol. 1, pag. 38, Napoli
qua piovana. Probabilmente fu proprio un poggiati superiormente. 1978
Parolini C. (2012), Sbarramenti fluviali e rifornimento
terremoto di forte intensità a generare una Le pareti che delimitano l’intero ambiente idrico nel Lazio in epoca romana:il caso del fiume
profonda lesione trasversale, estesa fino alla e la volta di copertura sono realizzate in opera Aniene, Tesi di dottorato a.a. 2011-2012, Uni-
base della struttura e che ha fatto venir meno cementizia e in alcuni punti sono riconoscibili versita’ di Roma La Sapienza.
l’impermeabilità della cisterna. ancora le impronte delle palanche della cas- Thomas K. E Trevor I. ( 1997), Storia della Tecnolo-
La lesione provocò anche una spaccatura saforma. I due setti murari trasversali, spessi gia, Vol.1, pagg. 290-300 Editore Boringhieri,
laterale che in seguito dovette essere allarga- 60 centimetri, sono realizzati invece in opera Torino.
ta dai contadini e dai pastori per crearvi un incerta. La parete sud ovest di terrazzamento Valente F. (2008), L’acquedotto di Venafro e l’Editto
di Augusto, Antichità Romane.
comodo varco, così da utilizzare la cisterna contiene un foro circolare, foderato da due Valente F. (2014), La ruota idraulica di Venafro, anzi
come deposito o anche come ricovero per gli coppi in laterizio affrontati, che attraversa di Pozzilli, anzi di Triverno, Antichità Romane.
animali. tutto lo spessore del muro e che consentiva, Zambardi M. (2006), Mura Sannitiche e romane a
A seguito di pestilenze varie, in particola- grazie ad altri fori, l’areazione della cisterna. Venafro, Studi Cassinati, anno IV.
re quella del 1656, l’apertura creata fu richiu- Sulla facciata esterna della stessa pare- Zambardi M. (2013), Antica cisterna di età romana
sa con un muro e l’ambiente fu trasformato in te, al di sopra del foro di aerazione, si conser- riutilizzata come “fossa comune”a Vallecupa
una grande “fossa comune”, a cui si poteva va un lacerto di paramento in opera incerta, (Venafro), Studi Cassinati.
accedere solo dalle botole poste in chiave di lungo 3,60 e alto 0,50 metri, formato da sca-
volta. Da qui, sollevando dei pesanti blocchi poli calcarei di dimensioni medie pari a 13x20 SITOGRAFIA
in pietra di chiusura i cadaveri venivano let- cm. Nella parte alta dei muri trasversali la http://archeologicamolise.beniculturali.it/index.
teralmente gettati nelle camere ipogee. malta di giunzione presenta delle doppie e php?it/219/opere/59/venafro-teatro
Nel periodo compreso tra la fine della Re- triple striature a stecca che sembrano ac- http://www.francovalente.it/2008/09/23/s-ma-
ria-a-ponte-latrone-sul-volturno/
pubblica e il tardo Impero, la grossa cisterna, centuare la tessitura dell’opera incerta, ma la http://www.francovalente.it/2012/02/05/%E2%-
visibile dall’esterno solo in parte, ha un lungo cui funzione va ricercata nell’assicurare una 80%9Cla-grotta-di-conte-pannone%E2%80%-
muro di terrazzamento in opera cementizia che migliore aderenza di un eventuale intonaco 9D-a-pozzilli-e-la-leggenda-del-cunicolo-del-
delimita a nord ovest un’area pianeggiante che vi veniva sovrapposto. castello-di-venafro/
Parole chiave (key words): acquedotto romano (roman aqueduct), sifone (siphon), Topografia
antica (ancient Topography), Alatri, Lucius Betilienus Varus
STORIA DEGLI STUDI lo scopo di ricostruire il percorso del sifone; movimento relativo delle due placche princi-
La presenza di un acquedotto ad Alatri è durante la seconda visita, nei mesi di ottobre pali, Europea ed Africana, sia da quello delle
nota sin dal XVIII secolo quando, nella odierna e novembre del 1882, il Bassel fece una serie microplacche interposte.
Piazza S. Maria Maggiore venne alla luce un’i- di ricognizioni lungo il probabile tracciato del Tra queste ultime, quella dalla quale si
scrizione (CIL, X 5807), databile alla fine del II sifone e realizzò scavi a Monte Daielli e alle sono sviluppati i rilievi simbruino – ernici,
– inizi I secolo a.C. (Fig. 1), con l’elenco di una falde del monte dei Cappuccini, alla ricerca prima di essere deformata, ospitava un am-
serie di opere di pubblica utilità, tra cui anche di resti della conduttura in pressione. Queste biente marino caratterizzato da medio-bassi
un acquedotto, realizzate dal censore Lucio ricerche portarono al rinvenimento di alcuni fondali, alta ossigenazione e, quindi, una ele-
Betilieno Varo. I primi studi sull’acquedotto frammenti di tubi di piombo fuso a Monte vata percentuale di organismi viventi.
di Betilieno Varo risalgono alla seconda metà Daielli ed alla inaspettata scoperta del cd. Queste caratteristiche presuppongono
dell’Ottocento e presero l’avvio dalle ricerche “Tempietto” in località La Stazza. una iperproduzione di depositi bioclastici che
effettuate per la realizzazione di un “Acquedot- hanno dato luogo a spessori di centinaia di
to Consortile” tra i comuni di Alatri, Ferentino e metri di rocce assimilabili alle Dolomiti.
Guarcino, sovvenzionato da Papa Pio IX. Accanto ad esse, in adiacenti aree de-
Nel 1864 Padre Angelo Secchi (1818- presse, e sopra di esse anche in discordanza
1878; astronomo, matematico, Direttore di fase, si sono deposti sedimenti, a granu-
dell’Osservatorio Astronomico del Collegio lometria da fine a grossolana, da argille sab-
Romano) fu incaricato, insieme al geologo biose a conglomerati, provenienti da zone sia
prof. Ponzi ed agli ingegneri Brauzzi e Oli- vicine che lontane, che hanno dato luogo a
vieri, di individuare le sorgenti per l’Acque- rocce sia di tipo arenaceo o alluvionale che
dotto Consortile e di studiarne il percorso. In ancora di tipo carbonatico.
quell’occasione il Secchi individuò vari resti L’evoluzione tettonica successiva di que-
relativi all’acquedotto di Betilieno Varo e ne sta porzione dell’area appenninica ha deter-
studiò il funzionamento, sottolineando il fatto minato una deformazione di tipo compressi-
che per portare l’acqua sulla collina di Alatri vo con la produzione di una catena a falde
i tecnici dell’epoca avevano dovuto superare di ricoprimento sovrascorse verso Est l’una
un dislivello di circa m. 100 servendosi di un sull’altra; tale organizzazione tettonica carat-
sifone rovescio, applicando cioè il principio terizza sia la parte profonda, nascosta, della
Figura 1 – Iscrizione di Lucio Betilieno Varo (CIL X, 5807),
dei vasi comunicanti; inoltre, sulla base di conservata ad Alatri presso il Museo Comunale (foto R. Torre) catena che quella superficiale, affiorante.
alcuni rinvenimenti, si convinse che nel sifone Anche il gruppo dei rilievi simbruino – er-
dovevano essere stati adoperati dei tubi di Nel 1888 alcuni lavori stradali fuori Porta nici è stato caratterizzato dagli eventi defor-
terracotta, precisando però che nel cd. “ven- S. Pietro ad Alatri portarono al rinvenimento mativi suddetti. Infatti, in più affioramenti è
ter” probabilmente il condotto era in materia- di una cisterna in laterizio; una descrizione stato possibile osservare depositi carbonati-
le più resistente. della struttura è fornita dal Di Tucci mentre ci di età cretacea che si trovano sovrapposti
Successivamente il Fiorelli - “Direttore il Winnefeld, per conto dell’Istituto Archeolo- per sovrascorrimento ai depositi terrigeni o
Generale dei Musei e degli Scavi” del Mini- gico Germanico, eseguì il rilievo e lo studio alluvionali miocenici, presenti lungo la Val
stero dell’Istruzione Pubblica - incaricò l’ing. della cisterna, considerata l’arrivo del sifone Roveto, cioè la depressione tettonica che si
Pacifico Di Tucci di eseguire ulteriori indagini, e identificata con il lacus ad portam dell’iscri- trova subito ad Est dell’allineamento simbru-
edite tra il 1879 ed il 1882, che integrarono zione di Betilieno Varo. ino - ernico.
tutte le osservazioni effettuate dal Secchi. Alle preliminari deformazioni, che comun-
In quegli anni il Di Tucci seguì anche le ASPETTI GEOLOGICI E IDROLOGICI DEI que si sono succedute in sequenza, da Ovest
ricerche effettuate dall’ing. Bassel che, per MONTI ERNICI verso Est, l’area dell’Appennino centrale, e
conto dell’Istituto Archeologico Germanico, si La storia geologica del settore appenni- quindi anche il settore simbruino – ernico,
recò una prima volta ad Alatri nel 1880, con nico è stata, ed è tuttora condizionata sia dal ha subìto, e subisce, una distensione che ha
LE SORGENTI
Allo stato attuale delle ricerche si può ipo-
tizzare che per l’acquedotto di Betilieno Varo
siano state captate le acque che scaturiscono
in località Filette, nel territorio comunale di
Guarcino (m 720 slm) (Fig. 3). Tutto il versan-
te sul quale si trova la sorgente Filette, ma a
quote inferiori, è caratterizzato da molteplici
risorgive che, forse, saranno state incanalate
nell’opera di presa, non ancora individuata. La
portata della sorgente Filette è in media all’an-
no di circa 20 l/s; l’acqua viene attualmente
imbottigliata ed è caratterizzata da valori di
Nitrati e di Sodio molto bassi; medio basso è
anche il valore del residuo fisso e della tempe-
ratura alla sorgente (7,5°C). Sia le caratteristi-
che geologiche degli strati rocciosi che l’ampio
bacino idrografico garantiscono una significa- Figura 5 – A) Coste Veggiano (Vico nel Lazio): ben visibile il muro in opera incerta dello speco che, per mantenere la pendenza
costante, si imposta su uno sperone di roccia affiorante appositamente regolarizzato (foto A. Valchera 2015). B) Bivio di
tiva ricarica della falda acquifera presente a Collepardo, località Porpuro (Alatri): resti del muro continuo, rinforzato da contrafforti, che sosteneva il condotto in pressio-
varie profondità, che viene evidenziata dalle ne del “sifone 1” nel settore del venter tra il ponte-canale sul fiume Cosa e quello sul torrente Porpuro (foto R. Torre 2010)
Figura 6 – Il percorso del “sifone 1” dalla vasca di carico situata a M. Daielli (n. 7), fino al venter con i ponti-canale sul fiume Cosa e sul fosso del Porpuro (n. 8), per giungere al sistema
idraulico del Convento dei Cappuccini (n. 10) (elaborazione grafica A. Leopardi)
rie di arcate, di cui si conservano in parte i - che consentivano l’attraversamento del Co- IL SISTEMA IDRAULICO DEI CAPPUCCINI
pilastri, mantenendo una quota costante, in sa e del Porpuro - dovevano giungere ad una Secondo gli studiosi di fine Ottocento il
direzione del torrente Porpuro. Nelle vicinanze quota di almeno m 375; pertanto la pressione tratto in risalita del “Sifone 1” si dirigeva ver-
della sponda sinistra del torrente Porpuro, il nel venter doveva raggiungere le 10 atmosfe- so Alatri, lambendo le pendici occidentali di
condotto era sostenuto da un muro continuo re. Con una pressione così elevata certamente Monte Secco, per raggiungere la cisterna fuori
rinforzato da contrafforti (Fig. 5). Del ponte- vennero adoperati tubi di piombo (le fistulas Porta S. Pietro (Fig. 3.13), considerata come il
canale sul torrente Porpuro non rimane nulla. soledas dell’iscrizione) ed i rinvenimenti ef- serbatoio di arrivo del sifone.
Lungo la linea del sifone tra il Cosa ed il Por- fettuati dal Bassel nel 1882 sembrerebbero In effetti, le scoperte effettuate in anni
puro, il terreno presenta quote variabili tra m confermare questa ipotesi (Fig. 6). recenti all’interno del Convento dei Padri
370 e 375 slm e, poiché nel punto dove il muro
continuo e i pilastri sono conservati per una
altezza di m 4 la quota del terreno è di m 370
slm, possiamo affermare che la quota dove
scorreva il condotto del venter, e che veniva
mantenuta costante per tutta la lunghezza
del ventre stesso, era di almeno m 375 slm.
La lunghezza totale del venter (Fig. 3.8)
doveva essere di circa m 350, compresi i
ponti che scavalcavano i due corsi d’acqua e
le probabili strutture fuori terra alle falde di
Monte Daielli e di Monte Secco, almeno fino a
raggiungere la quota di m 375 slm.
Strutture relative ai due ponti-canale del
“Sifone 1” erano visibili, nella seconda metà
dell’Ottocento, sul Fiume Cosa e al Fosso del
Porpuro, nei pressi dell’attuale bivio di Colle-
pardo; di questi resti abbiamo le descrizioni di
Padre A. Secchi, dell’ing. P. Di Tucci e dell’ing.
R. Bassel. Il dislivello superato per mezzo di
questo sifone era di circa m 100 (l’iscrizione
di Betilieno Varo parla di 340 piedi, pari a m
101 circa), considerando che la vasca di ca-
rico a Monte Daielli si doveva trovare ad una Figura 7 – Schema planimetrico del Convento dei Cappuccini; in rosso le strutture attribuibili al sistema idraulico (rilievo
quota di m 481 circa e che i due ponti-canale Giorgio Troja)
La SIGEA si occupa dello studio e della dif- • svolge attività di formazione, organizza è distribuita in abbonamento postale ai soci e
fusione della geologia ambientale, materia corsi e convegni di aggiornamento professio- a Enti pubblici e privati;
che può essere definita come: “applicazione nale o di divulgazione su tematiche ambien- • interviene sui mezzi di comunicazione di
delle informazioni geologiche alla soluzione tali, quali previsione, prevenzione e riduzio- massa, attraverso propri comunicati stampa,
dei problemi ambientali”. ne dei rischi geologici, gestione dei rifiuti, sui problemi attuali che coinvolgono l’am-
bonifica siti contaminati, studi d’impatto biente geologico;
È un’associazione culturale senza fini di ambientale, tutela delle risorse geologiche • collabora con gli Ordini professionali, con
lucro, riconosciuta dal Ministero dell’Am- e del patrimonio geologico, geologia urbana, il mondo universitario e con altre Associazioni
biente e della Tutela del Territorio e del pianificazione territoriale, pianificazione del per lo sviluppo delle citate attività, in particola-
Mare come “associazione di protezione paesaggio ecc.; inoltre rende disponibili per re nella educazione, informazione e formazione
ambientale a carattere nazionale” con i soci pubblicazioni degli Atti dei convegni ambientale: con CATAP (Coordinamento delle
decreto 24 maggio 2007 (G.U. n. 127 del SIGEA; associazioni tecnico-scientifiche per l’ambien-
4/6/2007). Agisce per la promozione del ruo- • informa attraverso il periodico trimestra- te e il paesaggio) cui SIGEA aderisce, Associa-
lo delle Scienze della Terra nella protezione le “Geologia dell’Ambiente”, che approfondi- zione Idrotecnica Italiana, Federazione Italiana
della salute e nella sicurezza dell’uomo, nella sce e diffonde argomenti di carattere tecni- Dottori in Agraria e Forestali, Italia Nostra, Le-
salvaguardia della qualità dell’ambiente na- co-scientifico su tematiche geoambientali di gambiente, WWF, ProGEO (International Asso-
turale ed antropizzato e nell’utilizzazione più rilevanza nazionale e internazionale; la rivista ciation for Geological Heritage), Alta Scuola ecc.
responsabile del territorio e delle sue risorse.
È aperta non solo ai geologi, bensì a tutte le
persone e gli Enti (persone giuridiche) che Decreto Ministeriale con il quale permane l’individuazione
hanno interesse alla migliore conoscenza e
tutela dell’ambiente.
della SIGEA quale associazione di protezione ambientale già
riconosciuta ai sensi dell’art.13 legge 8 luglio 1986 n. 349, e
COSA FA SIGEA
• favorisce il progresso, la valorizzazione
s.m.i., ed inclusa nell’apposito elenco
e la diffusione della Geologia Ambientale,
mediante gli “eventi” sotto riportati, dif-
fondendoli attraverso la rivista trimestrale
“Geologia dell’Ambiente”, il sito web e la
newsletter;
• promuove il coordinamento e la collabo-
razione interdisciplinare nelle attività cono-
scitive ed applicative rivolte alla conoscenza
e tutela ambientale. Per questo scopo ha
costituito le Aree Tematiche “Patrimonio Ge-
ologico”, “Dissesto Idrogeologico”, “Geoar-
cheologia”, “Educazione Ambientale”, “Ca-
ratterizzazione e bonifica di siti inquinati”;
• opera sull’intero territorio nazionale nei
settori dell’educazione e divulgazione, della
formazione professionale, della ricerca ap-
plicata, della protezione civile e in altri settori
correlati con le suddette finalità, attivandosi
anche mediante le sue Sezioni regionali;
• organizza corsi, convegni, escursioni di
studio, interventi sui mezzi di comunicazione
di massa;
• svolge attività di divulgazione scienti-
fica fra cui la conservazione del Patrimonio
Geologico: ad esempio, in collaborazione con
ProGEO (European association for conserva-
tion of geological heritage), ha organizzato
il 2° Symposium internazionale sui geositi
tenutosi a Roma nel maggio 1996 e il 7°
Symposium sullo stesso argomento a Bari nel
settembre 2012; inoltre è attiva per svolgere
studi, censimenti e valorizzazione dei geositi;
Nerokiaro
www.earthwork.it