Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Qualcuno di voi certamente ricorderà una scena del film “Non ci resta che
piangere” con Roberto Benigni e Massimo Troisi, quando proprio Troisi, stanco di
sentirsi dire da un frate particolarmente infervorato (forse proprio il Savonarola)
questa frase, risponde, quasi a volerlo tranquillizzare, con una battuta strepitosa
“Ora me lo segno” e tutto si chiude con una risata.
La filosofia delle persone che appartengono alla prima categoria è quella del
“meglio non pensarci e goderci la vita…” e questo approccio è il più naturale frutto
dei messaggi che ogni giorno vengono lanciati, ma direi meglio insinuati, dalla
cultura imperante che è fatta di proposte luccicanti, immagini sgargianti e allettanti
inviti al consumo.
I messaggi che i media ci inviano quotidianamente, sono appunto quelli della
bellezza, della perfezione, della giovinezza a tutti i costi e se diventiamo o
sembriamo ridicoli nel volerli rincorrere, poco importa; l’importante è apparire.
4
Ora è diverso, i bambini sono tenuti lontano da tutto questo, con la scusa di
non farli soffrire inutilmente… e magari non ci rendiamo conto che sono proprio i
bambini a dimostrare più forza di noi, proprio perché innocenti e più vicini alla
natura.
Oltretutto, sempre meno spesso, anzi quasi mai, si muore in casa; ma
piuttosto, molto più malinconicamente in ospedale, magari dietro un paravento e
con persone estranee accanto…
Questa lunga riflessione sulla morte che a qualcuno forse avrà dato fastidio,
(spero di no!) per me è sempre un discorso molto affascinante, che difficilmente mi
capita di poter esprimere in pubblico; oggi mi è sembrata quindi la giusta
introduzione al libro che andremo a conoscere il cui titolo è:
Per poter parlare di questo libro, che tanto ha fatto discutere, bisogna in
qualche modo lavorare di immaginazione.
Ed è qui che si capisce la diversità di questo libro, che è rimasto nel tempo,
unico nel suo genere perché, pur parlando di morte, rappresenta una sorta di inno
alla vita; Masters fa parlare i defunti e, come in una fotografia, li coglie proprio
nell’attimo stesso in cui sono stati paradossalmente, più vivi.
Il filo conduttore del libro e anche l’insegnamento che si ricava dalla lettura di
ben 244 poesie è il “rimpianto”, o meglio ancora “il rimpianto di non essere stati
felici e di non aver fatto nulla per esserlo.”
6
Ed è per questa ragione che, la sorte del libro, subirà impennate pazzesche; in
uscita fu un successo clamoroso, tanto da essere paragonato alla Bibbia, in seguito
verrà dimenticato proprio perché specchio di un’America deleterea, infine quando
arriverà in Italia inizia a scalare le classifiche diventando a tutti gli effetti un classico.
L’Antologia esce in America nel 1915, ma da noi, in Italia vede la luce solo nel
1943, perché?
Perché da noi il libro fu censurato a causa delle idee libertarie e senza
pregiudizi, per gli argomenti trattati (qualcuno lo definì scandaloso e osceno)ma
soprattutto perché eravamo in pieno ventennio fascista e la letteratura straniera era
vietata e considerata tabù.
Questo è più o meno l’interessante escursus del libro e delle sue vicende
editoriali… andiamo a conoscere adesso l’autore: EDGAR LEE MASTERS che nasce a
GARNETT nel Kansas il 23 Agosto 1869 da una solida famiglia patriarcale.
In questo contesto un po’ rigido, nasce il piccolo Edgar che viene cresciuto
nella fattoria dei nonni a Petersburg dove frequenta la scuola tedesca. Si trasferisce
poi con la famiglia a Lewistown (Illinois), una graziosa cittadina bagnata da un altro
fiume… lo Spoon appunto.
Fin da ragazzino, per comperare i libri che ama leggere, si adatta a fare tutti
quei tipici lavoretti che sono caratteristici della cultura americana come: recapitare i
giornali a domicilio, trasportare carbone nelle case, tagliare l’erba dei giardini,fino a
diventare aiuto-tipografo.
Julia Miller
Alla fine di questo periodo, entra a far parte dello studio di un famoso
penalista e successivamente, nel 1893, apre il suo primo studio legale avendo subito
un grande successo. Viene introdotto nella buona società cittadina, frequenta gli
ambienti culturali di Chicago che, in quel periodo, è diventata una sorta di capitale
letteraria come prima lo era stata Boston e successivamente lo sarà New York.
Ecco allora due storie, due figure di donna diversissime: la prima, “Sonia la
Russa”è quasi una figura vincente; nella vita si è sempre divertita e malgrado sia
stata una vita un po’ peccaminosa, adesso riposa quasi in allegria, in compagnia di
gazze che le ricordano i tempi passati ma, tutto sommato, quasi felici.
Sonia la russa
Nellie Clark
A.D.BLOOD
Ci stiamo così avvicinando alla data della stesura del suo capolavoro che è
appunto l’Antologia. Siamo nel maggio del 1914, Masters ha 46 anni e malgrado sia
ancora sposato con Helen, vive un periodo burrascoso; ha una relazione extra-
coniugale abbastanza vivace e in contemporanea litiga col socio Darrow.
Durante una lunga passeggiata con la madre, che si è recata a trovarlo, inizia a
parlare e a ricordare in modo anche nostalgico della fattoria dei nonni, di
Lewistown, del fiume Spoon e dell’altro fiume della sua infanzia il Sangamon. I bene
informati dicono che l’idea di scrivere l’Antologia sia proprio partita da lì, da questa
romantica passeggiata con la madre; in realtà Masters ha da molto tempo in mente
questa idea di romanzo in versi, molto probabilmente avrà tratto ispirazione dalla
lettura dei famosi epigrammi greci dell’Antologia Palatina.”
Una polmonite gravissima lo aveva infatti portato quasi alla morte; polmonite
che altro non era se non la conseguenza di un lavoro febbrile a cui l’avvocato/poeta
si era sottoposto in quell’anno. Lavoro di scrittura soprattutto notturno perché di
giorno doveva comunque lavorare a studio, e spesso le prime luci dell’alba lo
sorprendevano ancora sveglio, sopra le “sudate carte” alla sua scrivania.
Lui racconta che, le ore notturne scorrevano senza nessun sforzo; era come se
stesse vivendo un’esperienza “miracolosa”, come quasi sempre accade quando si
assiste alla nascita di un capolavoro.
Una delle tante idee vincenti di questo libro, per me, è stata quella di far
parlare, in maniera autonoma, i vari componenti di una stessa famiglia o nucleo.
Vediamo due esempi tra i tanti che ho incontrato nella lettura dell’Antologia:
ho scelto due figure, madre e figlio, ma nessuno lo sa e capirete il perché.
Elsa Wertman
Hamilton Greene
Nel secondo esempio ci sono addirittura due nuclei familiari: il vecchio padre -
Washington Mac Neely, la figlia - Mary Mac Neely, Daniel Mac Cumber – fidanzato
promesso di Mary, Paul Mac Neely – fratello di Mary, Giorgine Sand Miner – amante
di Daniel.
Sentiremo da questi personaggi che sembrano vivi e reali, tanto sono pieni di
vita, di ricordi e di rancori, la storia anche molto complicata di questa famiglia;
sembra quasi di assistere ad una piece teatrale dal finale tragico.
Iniziamo dalla descrizione del padre…
19
Washington Mc Neely
Ricco,onorato dai miei cari concittadini,
padre di molti figli, nati da una nobile madre,
tutti cresciuti lì
nella grande villa, ai bordi del paese.
Osservate il cedro sul prato!
Ho mandato i ragazzi a studiare a Ann Arbor,
le ragazze a Rockford,
mentre la mia vita andava avanti, e accumulavo
ricchezze e onori –
la sera riposavo sotto il mio cedro.
Passarono gli anni.
Mandai le ragazze in Europa:
ho dato loro una dote quando si sono sposate.
Ho dato ai ragazzi i soldi per avviarsi in affari.
Erano figli forti, promettenti come mele
prima di essere addentate.
Ma John fuggì all’estero in rovina.
Jenny morì di parto –
Io sedevo sotto il mio cedro.
Harry si è ucciso dopo un’orgia,
Susan ha divorziato –
Io sedevo sotto il mio cedro.
Paul è diventato un infermo per il troppo studio,
Mary si è reclusa in casa per amore di un uomo –
Io sedevo sotto il mio cedro.
Tutti partiti, o con le ali spezzate
o divorati dalla vita –
Io sedevo sotto il mio cedro.
La mia compagna, la loro madre, mi fu presa –
Io sedevo sotto il mio cedro,
finchè sono suonati novant’anni.
O Terra che sei madre, e culli
la foglia caduta fino al sonno!
20
Paul Mc Neely
Mary Mc Neely
Passeggero,
amare è trovare la propria anima
attraverso l’anima dell’amato.
Quando l’amato si ritrae dalla tua anima
allora la tua anima è perduta.
Così sta scritto: “Ho un amico,
ma il mio dolore non ha amici”.
Di qui i lunghi anni di solitudine a casa di mio padre,
nel tentativo di ritrovare me stessa,
e trasformare il mio dolore in una superiore coscienza di sé.
Daniel M’Cumber
Abita solo all’Hotel “Chelsea” di New York e riesce a sopravvivere solo grazie a
prestiti di alcuni amici e partecipando a qualche conferenza. Per un lungo periodo
Masters vive così poi, quando la sua precaria situazione diviene di dominio pubblico,
THEODORE DREISER, anche lui scrittore (Una tragedia Americana), ottiene che gli
venga assegnato un premio di 5.000 dollari.
Allo stesso modo anche la seconda moglie Ellen Cogne, dopo vent’anni di
distacco, si riconcilia con lui e lo fa ricoverare nel Convalescenzario di “ Melrose
Park” in Pennsylvania, dove sarà ancora Dreiser ad accollarsi la retta. (Strano caso di
solidarietà tra scrittori/poeti).
Serepta Mason