SIC 2018 Acune precisazioni… AUTORITÀ E OBBEDIENZA SONO UNITE TRA LORO
Due momenti dello
stesso processo che Non sono realtà distinte punta a compiere la ma complementari volontà salvifica del Signore. Il Superiore/a aiuta il religioso/a e questi ultimi devono aiutare il Superiore/a, poiché gli uni e gli altri sono membri di una comunità di discepoli di Gesù, al servizio di una stessa missione
il Superiore/a e il religioso/a partecipano della
realizzazione di ciò che è gradito a Dio.
Il modo di vivere il consiglio evangelico dell'obbedienza ha
subito cambiamenti importanti e lo stesso possiamo dire del modo di esercitare il servizio dell'autorità Adesso essa si centra meno sugli "ordini" o mandati e più sulle persone, sia per chi ordina che per chi obbedisce. A partire dalla metà del secolo scorso, la VC ha vissuto, in un primo momento, un vero e proprio indebolimento dell'obbedienza e una ipertrofia dell'autorità, poi una esagerata affermazione dei diritti e delle esigenze del religioso con il successivo svanire e quindi deteriorarsi dell'autorità
Negli anni precedenti al concilio Vaticano II, l'autorità aveva un
notevole peso nella VC. In quel contesto l'obbedienza si riduceva a un modo quasi «meccanico» di trovare la volontà di Dio, che comprendeva l'adempimento di leggi, norme e ordini, a volte minuziosi e quasi sempre assoluti. Si cercava ciecamente l'osservanza costante e una disciplina che potremmo definire domestica
Il Superiore era identificato in modo automatico con il rappresentante
di Dio; si sosteneva che la volontà del Superiore fosse automaticamente la volontà di Dio.D'altra parte, non pochi Superiori usavano l'autorità come mezzo per formare nel suddito l'abitudine alla negazione del giudizio personale e della propria volontà, credendo così di aiutarlo a vivere con maggior spirito di fede. . Già verso gli anni sessanta, poco a poco si iniziarono a sentire nella società, nella Chiesa e nella VC, espressioni del tipo: “Ognuno deve trovare la propria strada”, “l'autonomia è la grande conquista dell'umanità e si deve arrivare fino all'indipendenza”, “ciò che conta è l'autorità morale e non la semplice autorità canonica”, “mi può comandare solo chi è più competente di me”…
All'origine di queste espressioni vi era una legittima aspirazione: la
personalizzazione; l'individuo è il luogo sociale in cui si verifica lo scambio tra la società e la persona. Ma questa obbligata e opportuna individualizzazione sfociò, in molti casi, in una tendenza socioculturale che dava eccessivo peso alla soggettività e portava a un individualismo malsano
Il religioso è diventato, in pratica, smisuratamente autonomo, ha
pensato a sé e per sé e ha lasciato molto poco spazio all'autorità nel processo di ricerca della volontà di Dio e nella conduzione dei gruppi e nell'animazione della comunità della quale fa parte. I bisogni dell'individuo sono stati posti al di sopra di quelli della comunità e a essi si obbedisce e si risponde . Dall'eccessiva dipendenza si è passati alla completa indipendenza. Si è passati dalla personalizzazione all'individualismo. In questa nuova situazione possiamo dire che il religioso ordina e il Superiore obbedisce e pertanto nessuno fa ciò che è di sua competenza e non esiste né una vera autorità né una autentica obbedienza
A motivo di tutto ciò, la vita comunitaria ha sofferto
molto.L'obbedienza è andata sfumando o ha finito per ristagnare o, in pratica, è scomparsa. Allo stesso modo, all'autorità è rimasto molto poco spazio o campo d'azione.I religiosi hanno cercato di sfuggire a ogni tipo di controllo comunitario e istituzionale
Entriamo così nella crisi di obbedienza e di autorità. Si parte da un diffuso
ed equivoco concetto e prassi di obbedienza e si arriva a una vaga o nulla comprensione ed esercizio dell'autorità Questa visione ha fatto sì che si iniziasse a parlare Abbiamo bisogno di scoprire Siamo veramente esseri della necessità di un che non c'è possibilità di vita umani solo se recupero della vera autorità umana e di VC senza interdipendenti, in modo e di una vera obbedienza istituzione e non può esserci semplice e aperto, con altre istituzione religiosa senza un persone e se interagiamo Ora, è in questo dinamismo responsabile. con Dio. che bisogna collocare la figura di chi ordina e di colui che obbedisce. DIMENSIONE NATURALE. • Perché l'obbedienza sia tale deve essere un atto specificamente umano cioè' un atto compiuto da una persona intelligente e libera.
• E' la capacità di una persona adulta di prendere
responsabilmente il proprio posto all'interno della comunità.
• Prima che essere una scelta per ragioni ascetiche o
teologiche è un fatto umano fondamentale in quanto l'individuo cresce negli scambi e quindi anche nella dipendenza Non c'è una comunità umana senza intreccio di rapporti, senza interdipendenza reciproca, cioè senza obbedienza. • Obbedire è un atteggiamento adulto di una persona matura. • Obbedire non significa rinunciare alla propria libertà e alla propria personalità, ma volere il bene autentico che mi realizza veramente.
• E' sbagliato parlare del' obbedienza come rinuncia alla propria
libertà perché ne anche Dio può chiederci questo in quanto è contro la dignità dell'uomo, creato da Dio stesso capace di volere e di essere libero.
• Obbedire non è non volere ma volere diversamente da come
avrei preferito. • Un errore è confondere indipendenza con libertà nella misura in cui si è autonomi, si è liberi. Quindi l'obbedienza è un limite. OSTACOLI CHE OGGI S’INCONTRANO…
Trasformazione Pater famiglia :
sociale e della famiglia Depositario delle conoscenze del gruppo. Giudice dei comportamenti Concezione morali patriarcale è solo un Tramandava le verità immutabili ricordo del che regolavano la vita del passato. mondo domestico
Il concetto Oggi si dà poco valore agli anziani e
di famiglia alla loro esperienza allargata, I bambini imparano molto presto che il oggi in voga, non loro papà non è infallibile offre più I comportamenti tradizionali che si dei punti di accettavano come norma vengono riferimento. rifiutati in nome di una nuova legge: il progresso. OSTACOLI
La rivendicazione assoluta Tutto è orientato allo
dei “diritti” non sviluppo e al successo, di sé accompagnata e del proprio piccolo mondo. dall’assunzione e il rispetto In simile contesto non di Particolarmente diffuso un rado si riduce anche la vita dei relativi doveri, genera, religiosa ad uno dei tanti atteggiamento di poi, una mentalità che insofferenza verso progetti umani di promuove l’individualismo autorealizzazione, finendo qualunque forma di autorità e premia solo la riuscita e costituita e di noncuranza col misconoscerne del tutto il successo personale circa la obbligatorietà delle la natura profonda che è leggi. Il “diritto” alla La conseguenza è che data dalla sequela di Cristo trasgressione, poi, è diventa sempre più difficile fino alla immolazione di se diventato una norma di vita. comprendere il valore del stessi. Questo, In effetti, pare che per molti analogamente, succede servizio gratuito e l’unico modo per soddisfare anche nel matrimonio: tutto praticamente impossibile l’obbligo di divertirsi è quello è ordinato alla propria entrare nella logica del di uscire dalla norma gratificazione, figli compresi. mistero pasquale che porta E quando questo non si alla vita solo attraverso la verifica si sfascia tutto e si morte. cerca altrove. L’ ecclesiologia di comunione CONTESTO e la rivalutazione dei carismi ECCLESIALE hanno prodotto una autentica rivoluzione, teorica e pratica. L’ introduzione del dialogo come mezzo normale di convivenza, a fronte della generale impreparazione e incapacità di praticarlo, ha finito, poi, col rendere più confusi e, spesso, più difficili i rapporti. Talvolta si è arrivati a capovolgere del tutto le posizioni e i compiti, quasi che il dialogo fosse un nuovo metodo per convincere l’autorità a conformarsi al parere dei sudditi, pena l’accusa di autoritarismo L'OBBEDIENZA DI CRISTO
Il vero fondamento dell'obbedienza non è un'idea di
obbedienza, ma è un atto di obbedienza; non è un principio (l'inferiore deve sottostare all'inferiore) ma un evento ( l'evento di Cristo Gesù ).
Il fondamento dell'obbedienza non si trova nella ragione ma in
Cristo Signore che si è fatto obbediente fino alla morte (Fil. 2,8) Cristo che imparò l'obbedienza delle cose che patì e reso perfetto divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.(Eb. 5, 8-9). Per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. (Rm. 5,19). L'OBBEDIENZA DI CRISTO La grandezza dell'obbedienza di Gesù, oggettivamente L'obbedienza di si misura "dalle cose Gesù al Padre si che patì" e L'obbedienza ricopre soggettivamente tutta la vita di Gesù. esercita soprattutto attraverso dall'amore e dalla Se S. Paolo e l'epistola l'obbedienza alle libertà con cui obbedì. agli ebrei mettono in parole scritte. (cfr. luce il posto tentazioni…"è dell'obbedienza nella scritto…". Gesù dopo morte di Gesù (cfr. Fil l'ultima tentazione 2,8; Eb. 5,8), torna in Galilea e San Giovanni e i Luca aggiunge "con sinottici completano il la potenza dello quadro, mettendo in Spirito Santo" (Lc. luce il posto che 4,12). Lo Spirito l'obbedienza ebbe nella Santo è dato a coloro vita di Gesù, nel suo che si sottomettono a quotidiano. Dio (cfr. Atti 5,32). • Fare la volontà di Dio è più importante di ELEMENTO quello negativo: • Non fare la propria volontà La salvezza infatti viene dal fare la volontà di Dio, non POSITIVO dal non fare la propria volontà.
• Noi chiediamo la cosa positiva : sia fatta la
tua volontà. PADRE • Nella scrittura leggiamo che Dio vuole l'obbedienza non il sacrificio (cfr. 1 Sam. 15, 22, Eb 10,5 - 7). NOSTRO • Sappiamo però che Dio a Cristo ha chiesto anche il sacrificio e che lo vuole anche da noi. Il non fare la propria La spiegazione è che volontà e il fare la volontà l'obbedienza è il fine e il di Dio sono strettamente sacrificio è il mezzo. Il sacrificio della propria interdipendenti ma non Cristo non ci ha salvati volontà è il mezzo per identiche: il fare la perché è morto ma arrivare alla conformità volontà di Dio è molto più perché ha obbedito. Ciò con la volontà di Divina. che non fare la nostra. che Dio cerca nel L'obbedienza comporta la sacrificio è l'obbedienza. consegna di sé a Dio . Lo “specifico” della obbedienza religiosa
Dal momento che ogni cristiano è chiamato a fare di tutta la
sua vita un continuo-amoroso riferimento alla volontà del Padre, è evidente che non si può pensare l’obbedienza dei consacrati come pretesa di essere chiamati a dover realizzare più e meglio degli altri la vocazione cristiana.
Il problema non sta nel fine da raggiungere perfettamente
da parte di tutti, ma nel modo come arrivarci, cioè nella scelta dei mezzi che aiutino a cogliere la volontà di Dio e, poi, a compierla con fedeltà. • Con il voto di obbedienza i consacrati intendono rifarsi allo stile di vita del primo gruppo di discepoli che passo passo seguiva il Signore e non aveva altro programma di vita che quello suo.
• Come il celibato è rinuncia ad un amore legittimo per
amare, servire e imitare Cristo più da vicino, così la obbedienza è la rinuncia a tante scelte che uno potrebbe legittimamente fare secondo personali preferenze, per “conformarsi più pienamente a Cristo” (LG 42d) il quale non ha mai nutrito preferenze personali, ma in tutto e sempre, ha cercato e seguito solo la volontà del Padre (Gv 4,34; 6,38) • Si dice, talvolta, che la obbedienza religiosa, in quanto “sottomissione ad un uomo aldilà della stretta misura del precetto” (LG 42), non trova riscontro diretto nella obbedienza di Gesù il quale obbediva al Padre senza mediazioni umane e che, in ogni caso, l’autorità –familiare, civile, religiosa- cui si sottomise, riguarda un tipo di obbedienza che è comune a tutti i cristiani.
• Questo modo di ragionare non ci sembra esatto. Abbiamo appena
ricordato che l’obbedienza di Gesù è consistita nel fare in tutto, sempre e solo la volontà del Padre, senza mai seguire alcuna preferenza personale. • Con la professione il consacrato entra a far parte viva e integrante di un progetto evangelico che abbraccia tutta l’esistenza, e si pone in uno stato abituale di dipendenza filiale dalla volontà del Padre. • Con il voto, infatti, egli “si mette totalmente nelle mani di Dio sommamente amato, così da essere con nuovo e speciale titolo destinato al suo culto e al suo servizio” (LG 44a). • Ne segue che l’obbedienza religiosa non è un qualcosa di marginale nella vita, un qualcosa che si osserva di tanto in tanto quando il superiore dà qualche disposizione, come succede, ad esempio, nel campo familiare o anche ecclesiale. • E’ tutta la vita che si mette a disposizione di Dio, ed è evidente che questa disponibilità di sé trova la sua attuazione nell’offerta della propria volontà. • Tutto ciò fa in modo che la obbedienza si trasformi, per il consacrato, in una forma esistenziale di vita, e ne occupi il posto centrale. • Tutti membri della famiglia religiosa, fanno voto di obbedienza e tutti sono chiamati a viverla in pienezza. Una obbedienza incondizionata a Dio che si traduce nella piena accettazione del progetto di vita che Egli propone, attraverso la regola di vita e l’inserimento nella comunità che lo incarna e lo traduce in forma concreta di esistenza.
• C’è, dunque, una forma di obbedienza religiosa che precede il
rapporto superiore-suddito e, dopo quella dovuta a Cristo, ne costituisce l’indispensabile fondamento.
• E’ l’obbedienza alla comunità e alle costituzioni, che tutti i religiosi
devono coltivare, perché è solo all’interno di questo contesto che il rapporto superiore-suddito ha il suo senso. Obbedienza ai superiori • “Il consiglio evangelico di obbedienza… obbliga a sottomettere la volontà ai superiori, quali rappresentanti di Dio, quando comandano secondo le proprie costituzioni” (c 601). • Secondo quanto il Codice ci ha appena detto l’ambito entro cui i superiori, “quali rappresentanti di Dio”, devono esercitare la loro autorità è lo specifico progetto di vita come viene delineato dalle proprie costituzioni.
• All’interno di questo programma complesso, il superiore ha il diritto-
dovere di dare disposizioni che ne difendano e promuovano la realizzazione. E questo sia per quanto riguarda le persone, sia per quanto riguarda la organizzazione, sia per quanto riguarda i servizi. Quando il comando fosse contro le costituzioni, allora il religioso, non solo non è tenuto ad obbedire, ma ha il preciso obbligo di disobbedire • Questo spiega anche perché ci sono e ci possono essere modi molto diversi di concepire e di vivere il rapporto autorità-obbedienza nelle varie forme di vita consacrata. • Ci sono forme (si pensi alle monache di clausura) in cui quasi tutta la vita è “regolata” da norme, orari e disposizioni della comunità e del superiore; ci sono altre, invece, (si pensi a chi svolge una professione di insegnante o di infermiere) in cui uno è in buona parte legato alle norme che regolano la professione esercitata e alle disposizioni dell’eventuale proprio datore di lavoro. • Un altro punto delicato dell’obbedienza ai superiori riguarda la ipotesi in cui si supponga che il superiore si sta sbagliando. Questa ipotesi merita una particolare attenzione. • Che anche i superiori possano sbagliare lo diamo per scontato, nessuno, infatti, si sogna di affermare il contrario. Ma se questo è vero allora o si accetta che si debba obbedire anche quando, per ipotesi, si pensa che il superiore sbagli o si deve concludere che uno è tenuto ad obbedire solo quando il superiore non sbaglia. Ma chi è che lo stabilisce? • Ma questo, sostanzialmente, significa affermare che egli è tenuto ad obbedire solo quando il superiore la pensa come lui! A questo punto, però, non si capisce perché egli abbia fatto il voto di obbedienza. E’ normale, infatti, che uno agisca secondo le proprie vedute. Ma il voto religioso comporta precisamene la consapevole e libera rinuncia ad agire secondo le proprie vedute, per affidarsi a mediazioni ulteriori.
• Affermare che, comunque, bisogna obbedire, non
significa mettere a tutto l’etichetta di volontà di Dio, compresi gli sbagli dei superiori, significa solo mostrare di credere nel mistero pasquale e che Dio è abbastanza potente da trasformare tante cose negative in strumenti di redenzione. • Il Concilio ricorda che i religiosi “mossi dallo Spirito Santo, si sottomettono in spirito di fede ai superiori che fanno le veci di Dio” (PC 14). Si tratta, dunque, di lasciarsi muovere dallo Spirito, di lasciarsi illuminare dalla fede, di vedere nei superiori i rappresentanti di Dio.
• Se ci si abbandona all’azione dello Spirito e si nutre una
fede che permette di accettare che i superiori, in quel momento, stanno facendo le veci di Dio, l’obbedienza, per quanto difficile e, forse, incomprensibile, apparirà sempre accettabile, anzi, migliore di qualunque altra nostra scelta. Dio, infatti, non ci chiede che gli offriamo le cose, ma noi stessi. • Riassumendo in estrema sintesi il fin qui detto possiamo concludere che per capire, accettare e vivere in modo coerente e fruttuoso la obbedienza religiosa, è necessario: • a) mantenere sempre vivo il desiderio di conoscere e fare la volontà di Dio sull’esempio di Gesù; e, quindi, rinunciare decisamente alla tendenza tipica dell’uomo di porre la propria realizzazione come valore e criterio supremo, • b) accantonare qualunque pretesa di autosufficienza e di indipendenza, ma ricercare e trovare solo nella volontà di Dio la propria sicurezza e la propria gioia, • c) rinnovare continuamente la fede nelle mediazioni, soprattutto, sapendo vedere nei superiori i “rappresentanti di Dio”. • Detto in altri termini: la obbedienza religiosa sarà capita e vissuta bene solo se rimane vivo il desiderio di conoscere e fare la volontà di Dio ( in caso contrario non ha senso fare voto di obbedienza!); se rimane viva la totale fiducia in Dio e la consapevolezza della propria fragilità (in caso contrario si ritorna ai propri progetti), infine, se rimane viva la fede nella validità delle mediazioni specifiche ( anche quando non se ne dovesse comprendere la ragione!).
• L’obbedienza come un cadavere. Questa espressione sant’Ignazio
l’ha preso da san Francesco. Ma si tratta di un modo di dire oggi improponibile. Tu non sei un cadavere, io non sono un cadavere! Quindi, l’ espressione “tu non sei regista della tua vita” va corretta così: “Non sei regista, ma sei protagonista”, ecco! L’obbedienza deve essere libera e deve essere responsabile, altrimenti avrà altri molti nomi, ma non si può parlare di vera obbedienza, che è la ricerca mai conclusa della volontà di Dio. AUTORITA' / OBBEDIENZA NELLA VITA RELIGIOSA • Nella storia della vita religiosa l'autorità e l'obbedienza acquistano caratteristiche diverse per cui non sembra possibile dare una definizione univoca . • Questo è importante in quanto sottolinea l'importanza di riscoprire e ri- attualizzare il proprio carisma nel caso specifico. Il modo specifico di esercitare l'autorità e di vivere l'obbedienza. (Monasteri / Vita apostolica). • Principali tradizioni spirituali / storicamente hanno caratterizzato le varie forme di Vita religiosa VATICANO II: • Passaggio da Chiesa società a Chiesa comunione. • Impatto sulla Comunità Religiosa. • La Comunità come Fraternità è stata posta al centro di tutto il Rinnovamento. • Visione ricca ma limitata quando diviene esclusiva. • Nella Comunità Religiosa il Superiore è PRIMUS INTER PARES • Ha il compito specifico di curare il bene comune e la coesione di tutti nella stessa vita fraterna Il nuovo diritto canonico • sottolinea l'autorità personale del Superiore • la dipendenza gerarchica e la struttura verticale. • Il troppo parlare di comunità aveva fatto dimenticare che: si sceglie un Istituto → Carisma / non si identifica con una particolare Comunità • La propria "Famiglia" è l'Istituto in un gruppo complesso è necessario un tipo di autorità gerarchizzata: Generale, Provinciale, Locale. • Le diverse autorità sono garanzia di democrazia mentre la loro strutturazione gerarchizzata è garanzia di unità. • Il modo di esercitare la Autorità, sotto l'influsso dell'Ecclesiologia di comunione è cambiato. C'è possibilità di dialogo e di contribuire alle decisioni da prendere (strutture e organi di partecipazione secondo il carisma e le costituzioni). • L'autorità del superiore è legata all'ambito delle costituzioni, di conseguenza il diritto di comandare dei superiori e il dovere di obbedire dei sudditi non si estende a tutti . • C I C… c 601-… Con il voto di obbedienza ci si obbliga a obbedire ai superiori "quando comandano secondo le costituzioni". • Il fine del voto :Dio, senso è l'obbedienza a Dio. • L'oggetto del voto: sottomissione a un superiore e alle costituzioni. • Ostacoli • Agire per compiacenza. • Indipendenza. • Non appartenenza.
• Obbedienza e discernimento: • Implica conoscenza di sé. • Autenticità • Responsabilità e disponibilità. • Saper abbracciare la croce, morire a noi stessi.
L’obbedienza religiosa è autentica quando è un atto di
amore. •Necessità di una rifondazione
• Documento: ISTRUZIONE “FACIEM
TUAM“ Autorità al servizio dell’obbedienza alla volontà di Dio Alcune priorità nel servizio dell’autorità • a) Nella vita consacrata l’autorità è prima di tutto un’autorità spirituale • b) L’autorità è chiamata a garantire alla sua comunità il tempo e la qualità della preghiera • c) L’autorità è chiamata a promuovere la dignità della persona • d) L’autorità è chiamata ad infondere coraggio e speranza nelle difficoltà • e) L’autorità è chiamata a tener vivo il carisma della propria famiglia religiosa • f) L’autorità è chiamata a tener vivo il “sentire cum Ecclesia • g) L’autorità è chiamata ad accompagnare il cammino di formazione permanente Il ruolo dell’autorità per la crescita della fraternità • a) Il servizio dell’ascolto • b) La creazione di un clima favorevole al dialogo, alla condivisione e alla corresponsabilità • c) La sollecitazione dell’apporto di tutti alle cose di tutti • d) Al servizio del singolo e della comunità • e) Il discernimento comunitario Autorità e missione • a) Incoraggia ad assumere le responsabilità e le rispetta quando assunte • b) Invita ad affrontare le diversità in spirito di comunione • c) Mantiene l’equilibrio tra le varie dimensioni della vita consacrata • d) Ha un cuore misericordioso • e) Ha il senso della giustizia • f) Promuove la collaborazione con i laici