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Giacomo Puccini
labohème
Stato Italiano
SOCI SOSTENITORI
SOCI BENEMERITI
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
Giorgio Orsoni
presidente
Giorgio Brunetti
vicepresidente
Marco Cappelletto
Fabio Cerchiai
Cristiano Chiarot
Achille Rosario Grasso
Mario Rigo
Luigino Rossi
Paolo Trevisi
Francesca Zaccariotto
consiglieri
sovrintendente
Cristiano Chiarot
direttore artistico
Fortunato Ortombina
direttore principale
Diego Matheuz
SOCIETÀ DI REVISIONE
PricewaterhouseCoopers S.p.A.
ALBO DEI FONDATORI
SOCI ORDINARI
la bohème
Teatro La Fenice
venerdì 11 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
sabato 12 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
domenica 13 maggio 2012 ore 15.30 fuori abbonamento
mercoledì 16 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
venerdì 18 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
sabato 19 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
mercoledì 23 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
giovedì 24 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
sabato 26 maggio 2012 ore 18.00 fuori abbonamento
domenica 27 maggio 2012 ore 15.30 turno B
martedì 29 maggio 2012 ore 19.00 fuori abbonamento
Puccini in una fotografia con dedica a Illica, datata 31 maggio 1896.
Sommario
5 La locandina
7 «Mai non curvasti il logoro dorso ai ricchi ed ai potenti»
di Michele Girardi
11 Riccardo Pecci
Piccole donne crescono.
Note, soli e amore dai Canti di Puccini alla Bohème
29 Michele Girardi
La bohème di Rodolfo
49 La bohème: libretto e guida all’opera
a cura di Michele Girardi
113 La bohème: in breve
a cura di Maria Giovanna Miggiani
115 Argomento – Argument – Synopsis – Handlung
123 Emanuele Bonomi
Bibliografia
131 Dall’archivio storico del Teatro La Fenice
Due Bohème a Venezia
a cura di Franco Rossi
147 Biografie
Locandina per la prima rappresentazione della Bohème al Teatro La Fenice di Venezia. Archivio storico del Tea-
tro La Fenice.
La bohème
scene liriche in quattro quadri
libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
dal romanzo Scènes de la vie de bohème di Henri Murger
musica di Giacomo Puccini
prima rappresentazione assoluta: Torino, Teatro Regio, 1 febbraio 1896
personaggi e interpreti
Rodolfo Gianluca Terranova (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Khachatur Badalyan (12, 16, 19, 24, 26)
Marcello Simone Piazzola (11, 13, 16, 18, 23)
Seung-Gi Jung (12, 19, 24, 26, 27, 29)
Schaunard Armando Gabba (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Alessio Arduini (12, 16, 19, 24, 26)
Colline Gianluca Buratto (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Goran Juric (12, 16, 19, 24, 26)
Benoît William Corrò
Alcindoro Andrea Snarski
Mimì Kristin Lewis (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Sandra Lopez (12, 16, 19, 24, 26)
Musetta Francesca Sassu (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Francesca Dotto (12, 16, 19, 24, 26)
Parpignol Ciro Passilongo (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Carlo Mattiazzo (12, 16, 19, 24, 26)
Un venditore ambulante Cosimo D’Adamo (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Bo Schunnesson (12, 16, 19, 24, 26)
Un sergente dei doganieri Salvatore Giacalone (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Enzo Borghetti (12, 16, 19, 24, 26)
Un doganiere Nicola Nalesso (11, 13, 18, 23, 27, 29)
Emanuele Pedrini (12, 16, 19, 24, 26)
maestro concertatore e direttore
Daniele Callegari
regia Francesco Micheli
scene Edoardo Sanchi
costumi Silvia Aymonino
light designer Fabio Barettin
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Piccoli Cantori Veneziani
maestro del Coro Diana D’Alessio
con sopratitoli
allestimento Fondazione Teatro La Fenice
6 LA LOCANDINA
«La Fenice prima dell’Opera» torna a porgere ai lettori saggi, rubriche ed edizioni dei
libretti, a dispetto di un momento non troppo felice per le intraprese culturali italiane.
E torna con un’indagine su uno dei titoli più amati dal pubblico di tutto il mondo. Co-
me attesta la bibliografia curata da Emanuele Bonomi, non è facile presentare nuove
prospettive sulla Bohème di Puccini, scandagliata in quasi tutti i suoi aspetti, specifica-
mente musicali e, in un’ottica più ampia, come prodotto fra i più rappresentativi del-
l’opera fin de siècle.
In questo volume tentiamo comunque di proporre un approccio diverso, a partire
dal saggio di apertura, in cui Riccardo Pecci sviluppa il tema dell’autoimprestito puc-
ciniano. Nel 1912 Fausto Torrefranca, il maggior detrattore del compositore lucchese,
scrisse nel suo libello Giacomo Puccini e l’opera internazionale che Puccini riciclava nel
suo teatro pagine delle sue musiche – vocali, cameristiche e sinfoniche – perché era pi-
gro e in difetto d’ispirazione, e che buona parte della ricetta dei suoi successi stava nel-
la «rifrittura di lavori precedenti». Pecci assume questa sentenza per rovesciarla e, ana-
lizzando il modo in cui il compositore sfrutta spunti dai suoi lavori, rileva
l’eccezionalità del suo metodo. Se, nel passato prossimo e remoto, gli autori riciclava-
no pezzi senza preoccuparsi troppo di dissimularne i tratti, semplicemente per sfrutta-
re le occasioni che si presentavano, Puccini trova una collocazione drammatica perti-
nente ai suoi spunti e, come dimostrano tra l’altro le relazioni tra Sole e amore (1888)
e il duetto-quartetto del quadro terzo della Bohème, non si limita a citare, ma innesta
la rimembranza nel nuovo contesto, e la rende funzionale a esprimere nuovi contenu-
ti. Pecci si chiede in conclusione «citazioni intenzionali, coincidenze, o percorsi sotter-
ranei della memoria?», e risponde «non importa. Sono i misteri e gli enigmi dell’arte
della ‘rifrittura’ pucciniana. Alta (altissima!) cucina, come dicevamo, che continua a de-
liziare i nostri palati».
Nel saggio seguente affronto questioni relative all’interpretazione della Bohème,
adottando il punto di vista specifico di Rodolfo, vale a dire quello del tenore protago-
nista. In particolare metto a fuoco un’incisione magistrale diretta da Herbert von Ka-
rajan nel 1972, con la coppia Freni-Pavarotti nei ruoli dei protagonisti. Se Mimì è il
simbolo di una primavera della vita destinata a passare, e perciò muore, Rodolfo è lo
specchio più trasparente delle emozioni suscitate dalla fine della sua «breve gioventù»:
i suoi slanci lirici, e l’interazione giocosa con i compagni artisti, potenziano la reazione
8 MICHELE GIRARDI
1 Giacomo Puccini e l’opera internazionale, Torino, Bocca, 1912: cfr. MICHELE GIRARDI, Giacomo Puccini.
463.
12 RICCARDO PECCI
Presbytère de Saint-Germain-l’Auxerrois. A droite le café Momus. Acquerello di Henri Lévis (1849) conservato
nella Biblioteca Nazionale di Francia.
PICCOLE DONNE CRESCONO. NOTE, SOLE E AMORI DAI CANTI DI PUCCINI ALLA BOHÈME 13
presa.3 Le prime vittime di ‘rifrittura’ saranno tre pagine scritte da Puccini tra il 1882 e
il 1883, durante gli anni della formazione milanese: Salve Regina SC 39, Storiella d’amo-
re SC 40 e Ad una morta! SC 41. Tutte su versi dalle Melodie per canto del librettista di
Aida, Antonio Ghislanzoni, che erano allora fresche di stampa, ed avevano goduto – nel
giro di un solo anno – d’una «seconda edizione accresciuta e corretta».4 Non saranno
pochi, i compositori che negli anni a venire decideranno di infilarci le mani.
Puccini riserverà i prelievi dal Salve Regina (un Largo religioso) e dalla romanza
Ad una morta! ai primi passi del suo teatro: Le Villi ed Edgar. Toccherà invece a Sto-
riella d’amore venire ‘ricucinata’ per la nostra Bohème. E dunque, è questa pagina che
guarderemo più da vicino.
Sotto il nuovo titolo pucciniano si celano i versi di Noi leggevamo insieme, pub-
blicati da Ghislanzoni già nella prima edizione delle sue Melodie. In tutto, sei strofette
di chiara matrice librettistica, come peraltro le Melodie in genere (secondo le parole
programmatiche dell’introduzione, «umili versi» pensati «per fecondare delle sublimi
melodie», secondo «la strada antica»):5
Noi leggevamo insieme
un giorno per diletto
una gentile istoria
piena di mesti amor;
e senza alcun sospetto
ella sedeami a lato,
sul libro avventurato
intenta il guardo e il cor.
L’onda de’ suoi capelli
il volto a me lambìa,
eco alla voce mia
facean i suoi sospir.
Gli occhi dal libro alzando
nel suo celeste viso,
io vidi in un sorriso
riflesso il mio desir.
3 Chi scrive ne ha curato recentemente un’edizione critica, in collaborazione con il Centro studi Giacomo Puc-
cini e la Fondazione Giacomo Puccini, alla quale faremo riferimento nelle pagine che seguono (GIACOMO PUCCINI,
«Canti»: musica per voce e pianoforte, a cura di Riccardo Pecci, Stuttgart, Carus Verlag, 2010). L’edizione pre-
senta significative novità e varianti (cfr. Introduzione, pp. 9-13) rispetto a quella curata alla fine degli anni Ottan-
ta da MICHAEL KAYE (The Unknown Puccini: A historical perspective on the songs, including little-known music
from «Edgar» and «La rondine», with complete music for voice and piano, New York-Oxford, Oxford Univer-
sity Press, 1987). Il volume di Kaye resta ad oggi la fonte più ricca di informazioni sulla musica pucciniana per
voce e pianoforte, da integrare ora con le schede di DIETER SCHICKLING, Giacomo Puccini. Catalogue of the Works,
Kassel, Bärenreiter, 2003 (cui fa riferimento la sigla SC).
4 ANTONIO GHISLANZONI, Melodie per canto, Milano, Perussa e Quadrio, 1881; Emilio Quadrio, 18822. Puc-
cini mise in musica anche una quarta poesia dalla stessa raccolta (Melanconia SC 38); di questa composizione ci
sono tuttavia note solo alcune battute.
5 GHISLANZONI, Melodie cit. (1881), p. 11.
14 RICCARDO PECCI
6 «Noi leggiavamo un giorno per diletto / di Lancialotto come amor lo strinse; / soli eravamo e sanza alcun
sospetto. // Per più fïate li occhi ci sospinse / quella lettura, e scolorocci il viso; / ma solo un punto fu quel che ci
vinse. // Quando leggemmo il disïato riso / esser basciato da cotanto amante, / questi, che mai da me non fia divi-
so, // la bocca mi basciò tutto tremante. / Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: / quel giorno più non vi leggemmo
avante».
7 Storiella d’amore rimarrà d’altra parte l’unica del gruppo ad essere stata pubblicata durante la vita di Puc-
cini (nel 1883, su «La musica popolare», periodico del rivale di Ricordi, Sonzogno). Ponchielli moriva ucciso dal-
la polmonite all’inizio del 1886; la sua romanza fu inclusa nelle Composizioni inedite per canto con accompa-
gnamento di pianoforte op. 47, Torino, Giudici & Strada, s.a. [1889] (cfr. LICIA SIRCH, Catalogo tematico delle
musiche di Amilcare Ponchielli, Cremona, Fondazione Claudio Monteverdi, 1989, pp. 346, 350).
PICCOLE DONNE CRESCONO. NOTE, SOLE E AMORI DAI CANTI DI PUCCINI ALLA BOHÈME 15
Adolfo Hohenstein (1854-1928), bozzetto scenico (I) per la prima rappresentazione assoluta della Bohème.
Adolfo Hohenstein (1854-1928), bozzetti scenici (II e III) per la prima rappresentazione assoluta della Bohème.
18 RICCARDO PECCI
Il materiale musicale di questa introduzione – subito ripresa dalla voce – satura gran
parte di Storiella d’amore, fino a chiuderla circolarmente su se stessa ripresentandosi
come postludio (b. 57). Solo un inserto tradisce improvvisamente l’intensità delle emo-
zioni dei due protagonisti (Lento, b. 44: «eco alla voce mia / facean i suoi sospir»; «e
ad ignorati cieli / l’alme spiegaro il vol»).8
Il disegno strofico del pezzo, e il ritorno pervasivo dell’es. 4, hanno l’effetto di con-
gelare la progressione del plot narrato. La romanza di Ponchielli era scandita – musi-
calmente non meno che nei versi – da una serie di punti di ‘non ritorno’, fino al «lun-
go, ardente bacio» in cui crollano le difese dei due amanti: in Puccini, viceversa, il senso
di direzionalità – di teleologia – è molto stemperato.
L’informazione chiave, ci sembra, è proprio la prescrizione di suonare con semplicità
(vedi es. 4). Qui non ci sono più Francesca da Polenta e Paolo di Malatesta da Verucchio
– travestimenti romagnoli di Isotta e di Tristano, travolti dalla loro passione illecita. Non
c’è più il conflitto del pudore e della carne, della morale e delle insidie dell’amor cortese.
È una musica senza ombre. Una piccola, delicata vicenda amorosa, che traccia un dia-
gramma emotivo senza picchi né precipizi: la ‘storiella’ (appunto!) d’un corteggiamento
siglato dal bacio, sottratta a gravami letterari e risvolti extraconiugali. Potremmo anzi im-
8 Questo Lento finirà a sua volta nel terzetto Tigrana-Edgar-Frank dell’atto terzo di Edgar, in un contesto di
sentimenti simulati che getta una luce interessante, in retrospettiva, su Storiella d’amore (cfr. cifra 40 dell’edizio-
ne corrente per canto e pianoforte).
PICCOLE DONNE CRESCONO. NOTE, SOLE E AMORI DAI CANTI DI PUCCINI ALLA BOHÈME 19
Tavola con i personaggi della Bohème, disegnata da Caramba (Luigi Sapelli; 1865-1936) in occasione della pri-
ma assoluta e pubblicata in «La Luna», XVI/6, 1896.
maginarci una ricamatrice che cuce fiori artificiali, e un poeta squattrinato che vive in una
soffitta gelida. E – al posto d’un libro – una chiave ‘galeotta’ caduta sul pavimento.
A suggerircelo con insistenza, è soprattutto un passo della melodia vocale di Sto-
riella d’amore (bb. 13-16, 37-40):
ESEMPIO 5: Storiella d’amore, bb. 13-16
20 RICCARDO PECCI
Una melodia che calza come un guanto sulla ‘piccola donna’ pucciniana – così, alme-
no, deve aver pensato lo stesso Puccini, visto che la ‘ricucinerà’ una decina d’anni più
tardi come Allegretto moderato di «Sì. Mi chiamano Mimì», dal quadro primo della
Bohème.9 Rivelatore è il ritorno dell’indicazione con semplicità (che compare già al-
l’inizio dell’aria): così, senza affettazione, la fragile grisette canta una variante dell’es. 5
sulle parole «Sola, mi fo / il pranzo da me stessa. / Non vado sempre a messa» (es. 6:
si noti oltretutto l’identità tonale dei due esempi, entrambi in Re maggiore):
ESEMPIO 6: «Sì. Mi chiamano Mimì» (La bohème, I, 37)10
Oltre alle note, l’Allegretto di Mimì eredita da Storiella d’amore anche la levità della
texture pianistica. Ad esempio, l’idea di una voce strumentale (qui un flauto) che in-
trecci uno staccato tenue di ottavi attorno alle note in legato del canto è in qualche mo-
do anticipata dalla dialettica di mano sinistra del pianoforte e melodia vocale che esi-
bivano alcuni passi di Storiella:
9Se n’era accorto già KAYE, The Unknown Puccini cit., pp. 47-48.
10Gli esempi sono tratti dalla partitura d’orchestra dell’opera, individuati mediante l’atto, la cifra di richia-
mo e in apice il numero di battute che la precedono (a sinistra) o la seguono (a destra); cfr. GIACOMO PUCCINI, La
bohème, Milano, Ricordi, © 1920, P.R. 110 (rist. 1977).
PICCOLE DONNE CRESCONO. NOTE, SOLE E AMORI DAI CANTI DI PUCCINI ALLA BOHÈME 21
Ma la texture leggera di Storiella d’amore semina qualche traccia pure nelle pagine vi-
cine della Bohème. Ad esempio, c’è posto nell’aria di Mimì anche per la caratteristica
combinazione di raddoppio al basso del canto (nel registro medio) e sincopi nell’ac-
compagnamento (si confrontino gli ess. 5 e 8):
ESEMPIO 8: «Sì. Mi chiamano Mimì» (La bohème, I, 3811)
Tutti stilemi che non andranno perduti, fino a quando nel teatro pucciniano ci sarà
spazio per accenti da ‘piccola donna’. Sentiremo ad esempio un’eco di Storiella d’amo-
re riaffiorare nell’Allegro moderato in cui Tosca rammenta al distratto Cavaradossi le
gioie domestiche del «nido» d’amore («Non la sospiri la nostra casetta»: Tosca, I, 283):
un nido suburbano nel quale i libri devono essere caduti spesso «al suol»…
no, Alfredo Catalani (A sera). I tempi di Storiella d’amore sono lontani: il maestrino
lucchese è ormai entrato nella prestigiosa scuderia di Giulio Ricordi, ed ha da poco con-
segnato all’editore la partitura di Edgar.
Il testo di Sole e amore è anonimo (forse di pugno dello stesso compositore):
Il sole allegramente
batte ai tuoi vetri,
amor pian pian
batte al tuo cuore
e l’uno e l’altro chiama.
Il sole dice: «O dormente
mostrati che sei bella!»
dice l’amor: «Sorella,
col tuo primo pensier
pensa a chi t’ama!»
Al Paganini. G. Puccini.
Quella ch’è certa, è l’intenzione di arieggiare la celeberrima Mattinata di Giosuè Car-
ducci, raccolta proprio nel 1887 nelle Rime nuove. Una ‘mattinata’ – chiariva l’edizio-
ne annotata del 1910 delle Rime – è un «canto che usavasi per mattutina espressione
d’amore e che della poesia popolare serba la forma di rispetto». Ad illuminare la di-
pendenza di Sole e amore dal modello delle Rime nuove è sufficiente riportare qualche
verso dalle tre ottave del componimento popolareggiante di Carducci:11
Batte a la tua finestra, e dice, il sole:
lèvati, bella, ch’è tempo d’amare. […]
Batte a la tua finestra, e dice, il vento: […]
– Il tempo torna: amiamo, amiamo, amiamo –
e il sospir de le tombe rinfiorate
– Il tempo passa: amate, amate, amate. –
Batte al tuo cor, ch’è un bel giardino in fiore,
il mio pensiero, e dice: Si può entrare? […]
Il tema esplorato da entrambi è chiaro: il sole e la primavera12 come invito pressante
ad amare, ad accogliere nel proprio cuore il pensiero dell’amante. E l’Allegretto mosso
che Puccini ne cava denuncia fin dall’agogica un approccio all’amore non molto dissi-
mile da quello tentato in Storiella: fluidità, leggerezza, freschezza, nessuna ingombran-
te retorica melodrammatica.
In modo apparentemente singolare, la musica di questo Allegretto mosso finirà per
legarsi, nella testa di Puccini, al febbraio nebbioso ed innevato del quadro terzo della
11 GIOSUÈ CARDUCCI, Rime nuove, Bologna, Zanichelli, 1887, XLII, pp. 74-75; ID., Rime nuove, con note di A.
Albertazzi e R. Serra, Bologna, Zanichelli, 1910, LII, pp. 145-47. Sole e amore è a sua volta il titolo d’un sonetto
carducciano, sempre dalle Rime nuove (IX, p. 18 dell’edizione 1887; XXI, pp. 61-62 dell’edizione 1910).
12 «Io ti meno valletti aprile e maggio», diceva il sole carducciano.
PICCOLE DONNE CRESCONO. NOTE, SOLE E AMORI DAI CANTI DI PUCCINI ALLA BOHÈME 23
Bohème, la Barriera d’Enfer. La pagina del «Paganini» verrà destinata ad una delle ‘ri-
fritture’ più clamorose del lucchese: e nel 1906, dedicando l’autografo di Sole e amore
a Francesco Paolo Tosti, Puccini scriverà parole eloquenti («questo germe primo di Bo-
hème»).
Anche Catalani, peraltro, in quegli anni aveva riciclato A sera, il suo contributo al
periodico genovese: dapprima ripensandolo come Andante mesto per il celebre Quar-
tetto Campanari (Frammento di una suite, 1889), poi come apertura dell’atto terzo del-
la Wally, «dramma lirico in quattro atti» (Milano, Teatro alla Scala, 1892). Eppure
proprio questo termine di confronto ci aiuta a misurare tutta l’eccezionalità del caso
pucciniano. Lungo questa migrazione in due tappe verso il palcoscenico, infatti, A se-
ra non aveva conosciuto nessuna vera rifunzionalizzazione: la musica di Catalani ‘tra-
sloca’ in blocco, ritoccata solo nella dinamica e nella strumentazione, senza dialogare
o interagire con il nuovo contesto.
Per converso, il riuso di Sole e amore nella Bohème è tutt’altro che un innesto mec-
canico: Puccini trasformerà la sua composizione per voce e pianoforte addirittura in
un pezzo d’assieme – un quartetto vocale – quello di Mimì, Rodolfo, Marcello e Mu-
setta che porta a conclusione il quadro terzo («Addio dolce svegliare alla mattina»).
Nel quadro precedente, il compositore s’era già concesso una prova di virtuosismo
‘culinario’: la stessa musica dell’ammaliante Tempo di valzer lento di Musetta
(«Quando men vo soletta per la via»), che evolveva in un memorabile pezzo concer-
tato, era alla base anche di un Piccolo valzer pianistico (SC 66), pubblicato su «Armi
e arte» nel settembre 1894.
Libretto alla mano, l’intuizione di Puccini sulla collocazione di Sole e amore alla fi-
ne del quadro terzo della Bohème non sembra poi così peregrina. Nei primi versi di Mi-
mì e Rodolfo si può leggere un’allusione – condita con una punta d’innocua ironia – al
rispetto carducciano: il risveglio ricordato come momento di «rabbuffi», sospetti e ge-
losie, subito però placati da baci, sorrisi e carezze d’amore, come vuole lo stereotipo
della ‘mattinata’. Ma soprattutto, c’è poi un riferimento obliquo al tema del ‘sole/amo-
re che batte insistentemente alla finestra in primavera’: i due amanti decidono di rin-
viare l’addio «alla stagion fiorita» proprio perché «soli l’inverno è cosa da morire»,
mentre «al primo fiorire di primavera / ci è compagno il sole». Già, confortati dalla pre-
senza assidua del sole/amore, «niuno è solo l’aprile».
A far da contraltare farsesco a questo quadretto sentimentale, com’è noto, ad un cer-
to punto esplode la schermaglia di Marcello e Musetta, annunciata da un «fracasso» di
stoviglie in frantumi («Che facevi, che dicevi»).
Ma come si ‘ricucina’ una paginetta per voce sola e tastiera in un doppio duetto
nel quale l’effusione lirica deve combinarsi con gli sviluppi di una lite sempre più con-
citata?
Uno dei possibili modelli formali di Puccini, ci sembra, è l’innovativo pezzo concer-
tato attorno al quale gravitava l’atto terzo di Manon Lescaut: indubbiamente una del-
le esecuzioni/reinvenzioni più personali di questa antica convenzione melodrammatica.
Qui Puccini era riuscito ad eludere brillantemente il modello idealtipico del ‘concerta-
24 RICCARDO PECCI
Musetta e Marcello, Mimì e Rodolfo nel quadro terzo della Bohème. Tavola di Dante Paolocci (1849-1926), pub-
blicata nell’«Illustrazione Italiana», 23 febbraio 1896.
to a tutta ribalta’ – l’idea cioè di un tableau vivant «sottratto al dominio del tempo».13
In questo Largo sostenuto, il canto è nell’orchestra e nelle voci di soprano e tenore di
Manon e Des Grieux, mentre lo scorrere del tempo e dell’azione sono scanditi dall’ap-
pello del sergente e dalla sfilata delle «cortigiane» verso l’imbarco, tra le reazioni dei
popolani e dei borghesi.
Analogamente, nel quartetto Puccini distribuisce tra Mimì e Rodolfo la melodia vo-
cale di Sole e amore, con gli aggiustamenti del caso (a titolo d’esempio, si confrontino
gli ess. 9 e 10, e anche la guida all’opera a cura di Michele Girardi, nota 4e):
ESEMPIO 9: Giacomo Puccini, Sole e amore SC 63, bb. 14-17
13 CARL DAHLHAUS, Le strutture temporali nel teatro d’opera, in La drammaturgia musicale, a cura di Lo-
ESEMPIO 10: «Addio dolce svegliare alla mattina» (La bohème, III, 831)
mentre le voci di Marcello e Musetta s’inseriscono – come la folla del concertato di Ma-
non Lescaut – nelle battute ‘interstiziali’ del canto, parafrasando l’accompagnamento
pianistico (es. 11); e poi proseguono il loro frenetico battibecco in semicrome sotto le
note tenute di Mimì e Rodolfo, correndo su è giù sulle armonie del pianoforte di Sole
e amore, fino al prosaico gridato delle ultime ingiurie («Pittore da bottega!», «Vipera!»,
«Rospo!», «Strega!»). Non prima, peraltro, di essersi fuggevolmente uniti (con tono
ironico) all’altra coppia nelle battute finali della melodia.
26 RICCARDO PECCI
Adolfo Hohenstein (1854-1928), figurini (Marcello e Mimì) per la prima rappresentazione assoluta della Bohème.
ESEMPIO 11: Sole e amore, bb. 30-31 e «Addio dolce svegliare alla mattina» (La bohème,
III, 318)
Sole e amore (le battute finali si riallacciano alle prime), facendone una specie di loop
nel quale la musica scritta per il «Paganini» si ripete complessivamente tre volte – e mai
identica, nei dettagli, nella strumentazione e nel tono espressivo. Si inizia sommessa-
mente con la melodia di Sole e amore al canto dolcissimo di Mimì e Rodolfo, mentre
la parte pianistica viene affidata al pizzicato degli archi e dell’arpa. Il secondo ‘lancio’
della melodia è nel forte di violini, viole e violoncelli, ritardando molto (532): coincide
con l’apparizione in scena di Musetta, seguita a breve da Marcello, e contiene per in-
tero l’alterco del pittore e della combattiva lorette. Al reingresso nel cabaret dell’infu-
riato Marcello, Mimì e Rodolfo restano nuovamente soli e ha inizio la terza ed ultima
esposizione, ancora una volta in pianissimo, avviata dal timbro dolce di un violino so-
lo (343), che ci conduce al sipario. In tutto questo, c’è perfino spazio per l’intarsio del
‘marchio’ di Bohème – l’attacco dal Capriccio sinfonico – ingegnosamente infiltrato tra
le parti strumentali di Sole e amore.14
Come nel caso di Storiella d’amore, tuttavia, ci pare che qualche scheggia di Sole e
amore sia caduta al di fuori dell’autoimprestito in senso stretto (ovvero il quartetto).
Sono le battute più espressive della paginetta, sulle quali, nel quadro terzo, Mimì e Ro-
dolfo intonano con anima e poco allargando le parole chiave «Soli d’inverno… è cosa
da morire!» (31). Contrassegno del passaggio è una lunga, reiterata appoggiatura del-
la fondamentale dell’accordo di settima di dominante:
ESEMPIO 12: Sole e amore, bb. 22-27
Curiosamente, Mimì cantava una musica molto simile nell’Andante sostenuto molto
della sua aria del quadro primo («ma quando vien lo sgelo», 38); e anche qui con
espressione intensa e rallentando molto. Non a caso, si tratta di una potente anticipa-
zione dei temi da ‘mattinata’ del quartetto: la ‘piccola donna’ ci racconta languida
l’emozione del sole che ‘batte ai suoi vetri’ in primavera («il primo sole è mio, il primo
bacio dell’aprile è mio!»):
ESEMPIO 13: «Sì. Mi chiamano Mimì» (La bohème, I, 388)
Le copertine dell'incisione della Bohème registrata a Berlino nel 1972 (cfr. nota 1): in alto il disco, in basso il CD.
LA BOHÈME DI RODOLFO 31
scinante dalla mancanza della scena che c’invita a entrare in un vero e proprio teatro
immaginario.1
1 L’esame è condotto sull’edizione registrata all’interno della Jesus-Christus-Kirche a Berlino nell’ottobre del
1972, uscita in vinile l’anno seguente (Decca SET 565-6), poi pubblicata in CD (421 049-2, © 1990). Quando fu
diffusa l’edizione in CD la vecchia copertina fu sostituita con l’immagine di una coppia in campo nero, lei che fa
la timida e abbassa lo sguardo dando il braccio a un ragazzone imponente, la sciarpa al collo: Freni e Pavarotti,
appunto, la cui popolarità era nel frattempo molto cresciuta e garantiva un impatto maggiore sul pubblico. Il cast
completo: Mirella Freni (Mimì), Elizabeth Harwood (Musetta), Luciano Pavarotti (Rodolfo), Rolando Panerai
(Marcello), Gianni Maffeo (Schaunard), Nicolai Ghiaurov (Colline), Gernot Pietsch (Parpignol), Michel Sénéchal
(Benoît e Alcindoro), Hans-Dietrich Pohl (un doganiere), Hans-Dieter Appelt (sergente dei doganieri) – Herbert
von Karajan (concertatore e direttore d’orchestra), Berliner Philharmoniker; Walter Hagen-Groll (maestro del co-
ro), Schöneberger Sängerknaben, Chor der Deutschen Oper Berlin – Ray Minshull, James Mallinson (produttori);
Gordon Perry, James Lock, Colin Moorfoot (ingegneri del suono). Nel testo farò riferimento alle tracce del disco,
indicando fra parentesi quadre il numero del CD, la traccia e il tempo, in minuti e secondi (es.: [I.1-2’28”]) senza
ripetere i dati già forniti (es.: [I.1] = CD 1, traccia 1; in seguito: [28”] = CD 1, traccia 1, 00’28”). La guida all’ope-
ra, pubblicata in questo volume, va letta in parallelo a questa breve esegesi dell’interpretazione di Pavarotti: da lì
il lettore trarrà i supporti analitici e anche alcuni esempi musicali, cui farò riferimento mediante la sigla (GO) e il
numero fra parentesi quadre. Faccio riferimento alla guida anche per l’individuazione dei luoghi degli esempi nel-
la partitura (cfr. nota 3). Questo saggio è la versione aggiornata italiana di Luciano Pavarotti: Rodolfo! The Te-
nor’s «La bohème», in Pavarotti. «La bohème», texts by Michele Girardi (with personal recollections by Claudio
Abbado, Renata Scotto, Franco Zeffirelli), Milano, FMR-ART’E’, 2008, pp. 93-172.
32 MICHELE GIRARDI
La prima rappresentazione parigina (col titolo La vie de Bohème) del capolavoro pucciniano all’Opéra-Comique,
1898. Tavola disegnata da Giuseppe D’Amato per «L’Illustration française».
LA BOHÈME DI RODOLFO 33
L’ingresso di Mimì in soffitta (La bohème, quadro primo). Foto di scena posata dell’allestimento all’Opéra-Comi-
que del 1898; regia di Albert Carré.
Rodolfo, che aderisce all’alto tasso metaforico dei versi del libretto toccando il primo
Si acuto all’auspicio che «L’idea vampi in fiamma» [2’41”]. È il primo dei ‘madrigali-
smi’ che ingemmano la vocalità tenorile: la fiamma lucente di Pavarotti, scagliata con
una facilità che lascia subito indovinare l’esito del grande assolo, è puro piacere sono-
ro, e al tempo stesso espressione pittorica di uno slancio d’artista.
In questo esordio il protagonista deve anche dimostrare eccellenti doti di attore, as-
sieme ai suoi compagni, prima contemplando l’effimero fuocherello che «scricchiola,
increspasi, muòr» (dunque «Abbasso l’Autòr!»), poi unendosi alla gioia del pasto in-
sperato offerto alla piccola comune dal talento di Schaunard, e infine partecipando al-
la beffa architettata da Marcello ai danni di Benoît, il padrone di casa a cui piacciono
le donne formose. Anche se non si vede la scena, basta la voce per immaginare quel che
accade, tanta è la scioltezza con cui la presenza di Luciano emerge nel contesto. La bo-
hème porta in teatro episodi di vita quotidiana, tutti cuciti insieme in un quadro di poe-
tico realismo, prendendo le distanze dalle vampate moderniste di Verdi (Otello e Fal-
staff), così come dai corruschi scorci scapigliati (ancora figli dell’opera seria), tutti in
costume, mentre qui siamo nel «melodramma in giacchetta».2 Al tempo stesso dista
mille miglia dal teatro verista coevo, che del genere serio è in fondo un’esasperazione,
nonostante sia sovente ambientato fra il popolo più per offrire squarci folclorici ai tu-
risti dell’opera che per reale intento innovativo. Nella Bohème ciò che conta è che l’in-
2 La definizione è di RODOLFO CELLETTI (Pavarotti e le opere, in Pavarotti. 25 anni per la musica, a cura di
Rodolfo Celletti e Giorgio Corzolani, Modena, Ruggeri, 1986, pp. 169-223: 184). Vale la pena di rileggere il com-
mento del grande esperto di voci per intero: «Il Rodolfo di Pavarotti è acqua sorgiva. La cordialità, la semplicità,
l’espansione, la comunicativa, la battuta frizzante sono quelle dell’uomo che si sovrappone al tenore e canta sì – e
come! – ma con la naturalezza di chi parla. E questo è un modo splendido di eseguire il melodramma in giacchetta.
Intendo dire un’opera di ambiente borghese non priva di risvolti naturalisti».
34 MICHELE GIRARDI
terprete disponga della capacità di integrarsi nel fitto tessuto di voci e orchestra, un in-
treccio che si dipana in mille rivoli, e di cantare con la naturalezza di chi conversa, an-
che quando il pedale della malinconia, e di altri sentimenti che stimolano il lirismo,
emerge ben al di sopra della celia collettiva (come il «Dica quant’anni ha», una delle
frasi di Marcello che chiamano in causa ancora il passar del tempo [4-1’37”]). In que-
sto ambito Pavarotti è insuperabile, e indossando gli abiti del poeta scorda a casa i pro-
pri. Non c’è una sola frase che non faccia trapelare un’ironia fine, senza indulgenze al-
la retorica, se non quando lo richiede il testo. Si ascolti come pronuncia, nel momento
in cui s’innesta la finzione e tutti dileggiano a turno l’affittuario, «L’uomo ha buon gu-
sto!» [2’27”], e poco dopo, quando la burla svolta improvvisamente verso una picco-
la parodia del dramma, come scolpisce la reprimenda ‘moralistica’ («E ammorba e ap-
pesta / la nostra onesta / magion» [3’55”]).
Alla fine i riflettori smettono di inquadrare il gruppo, ed è la svolta romantica: tut-
ti escono a festeggiare ma il poeta resta, «per terminar l’articolo di fondo del Castoro».
Possono sembrare semplici dettagli, invece la vita dell’opera è fatta di particolari come
quelli che emergono in questo scorcio fulmineo, dove ogni nota è carica di significati:
ESEMPIO 1 (I, 123) [5]
Il violino solo (senza sordina, dunque più vibrante nel dialogo col protagonista) into-
na, con tocco struggente, la frase dei cieli bigi, mentre la voce stacca un breve recitati-
vo che parafrasa la melodia, e sale di quinta un istante prima che lo strumento scenda
di quarta; si produce in tal modo un contrasto sensibile fra l’espressione strumentale,
venata di malinconia, e un barlume di quel senso di attesa indefinita che Pavarotti fa
percepire con una sorta di pathos, come se volesse preannunciare un evento speciale
che in qualche modo ha costruito dentro di sé. Allo scopo di esprimere un’analoga ten-
sione amorosa di un personaggio, Leonard Bernstein ha scritto un’intera song per To-
ny, protagonista di West Side Story (n. 3, «Something’s Coming»), mentre a Puccini ba-
stano cinque battute, delle quali l’interprete deve cogliere lo spirito, pena la perdita
dell’effetto.
Poco dopo il motivo della Bohème sparge un velo d’ironia sugli amici che inciam-
pano scendendo le scale, ma subito i flauti richiamano all’ordine il poeta, sussurrando
un motivetto che acquista dinamismo dai trilli soffiati e saltella intorno al protagoni-
sta, pienamente distratto [52”]. E puntualmente l’evento così atteso si materializza in
una voce che s’affaccia da fuori scena, accompagnata dai clarinetti su un tappeto degli
LA BOHÈME DI RODOLFO 35
I tavoli del Caffè Momus (La bohème, quadro secondo). Foto di scena posata dell’allestimento all’Opéra-Comi-
que del 1898; regia di Albert Carré.
archi. «Una donna!» [6-4”]: Pavarotti attacca trepidante, e nel prosieguo esprime, con
mezze voci e pianissimi affascinanti, una varietà di atteggiamenti concentrata in pochi
minuti, passando dalla sorpresa alla preoccupazione – «Che viso da malata!» [1’04”]
è l’ennesima frase breve, ma d’importanza capitale, che il tenore valorizza enfatizzan-
do appena un poco l’acciaccatura, pennellata per mettere in rilievo la condizione di Mi-
mì –, all’ammirazione («Che bella bambina» [7-30”]), fino alla falsa indifferenza quan-
do lei riaccende il lume e fa per congedarsi.
Le mani si cercano al buio, e Rodolfo afferra quella di Mimì. Inizia la scena di se-
duzione.
Il poeta
«Che gelida manina» [8] è un brano da sempre prediletto dai tenori, per ragioni che
vanno ricercate nel particolare carattere che ha assunto nel tempo: quello di prototipo
dell’aria sentimentale, recepita come l’aria d’amore per antonomasia da ogni tipo di
pubblico. Questa universalità le deriva dalla sua apparente semplicità: il tono in cui Ro-
dolfo si rivolge a Mimì è discorsivo, e in questo tessuto s’innestano estesi frammenti li-
rici, basati sull’uso di semplici metafore del parlare quotidiano, accessibili a tutti.
Il rango vocale più adatto a interpretare questo brano è quello del tenore lirico, re-
gistro che sta a metà fra il tenore di grazia e quello drammatico, carattere riportato da
Puccini al massimo splendore proprio grazie a Rodolfo, mentre sui palcoscenici dei tea-
36 MICHELE GIRARDI
tri il nuovo tipo del tenore ‘verista’ (alla Turiddu, per intenderci, con centri ampiamente
sviluppati a scapito del registro acuto) stava conquistando la supremazia. Il tenore liri-
co si presta meglio di altre voci a soddisfare le particolari esigenze espresse dalla raffi-
nata linea di canto pucciniana: grazia mista a sensualità ed elegante morbidezza.
Nonostante l’esemplarità della scrittura vocale, quest’aria contiene non poche diffi-
coltà. La più frequente è il fraseggio in zona di passaggio fra il registro medio e quello
acuto; alcuni esempi: «Cercar che giova?» [14”], «e qui la luna l’abbiamo vicina»
[43”], «e per castelli in aria» [2’12”], «e i bei sogni miei»:
ESEMPIO 2 (233) [8-3’02”]
Il secondo scoglio sono le frequenti espansioni liriche, che portano il tenore a fra-
seggiare in zona decisamente acuta:
ESEMPIO 3 (931) [8-1’05”]
Si verifica inoltre che al fraseggio in zona acuta ne segua uno in zona di passaggio (cfr.
«Talor dal mio forziere» [GO 8], [2’30”] – e si noti l’ampia legatura, ch’è un’indicazio-
ne imprescindibile per dar senso e sapore ai versi).
Gli acuti sono numerosissimi (due Si 3, ben nove La 3). Dulcis in fundo Puccini pre-
vede l’emissione del famoso Do di petto (si noti, ancora una volta, la legatura che av-
volge la frase e la forcella che ne sormonta la parte ascendente):
ESEMPIO 4 (332) [8-3’32”]
Si deve rilevare, tuttavia, che viene prevista una variante che autorizza il cantante a fer-
marsi sulla nota più bassa (La 3), e scendere al Re3, invece che salire ai limiti della tes-
situra. Questo fa ritenere che Puccini pensasse al famoso Do4 come a una nota un po’
fuori registro per il tenore (e anche in altre opere ne rende l’emissione facoltativa). For-
se non aveva tutti i torti, ma in questo caso il Do ha una rilevante importanza nel con-
testo narrativo, perché imprime uno slancio significativo alla parola «speranza», in ar-
monia con l’uso tradizionale, nel melodramma, dell’acuto in funzione espressiva –
anche se è sempre preferibile un buon La a un cattivo Do. Specie se il cantante, come
LA BOHÈME DI RODOLFO 37
Mimì chiede di Rodolfo alla Barrière d’Enfer (La bohème, quadro terzo). Foto di scena posata dell’allestimento
all’Opéra-Comique del 1898; regia di Albert Carré.
3 Di solito si abbassa tutto di mezzo tono dalla frase dei violini che attacca a I, 2918: lo slittamento è netta-
mente percepibile, e provoca un notevole fastidio all’orecchio, perché squilibra tutto il piano tonale d’insieme, ca-
librato con precisione estrema da Puccini.
38 MICHELE GIRARDI
tuoso iniziale viene quindi lievemente rallentato, alla ricerca di tutte le sfumature colo-
ristiche di cui la voce di Luciano era capace – e la gamma sembra davvero inesauribi-
le! È piacevole inoltre notare, nell’estrema nitidezza della pronuncia, le belle c e g che
rendono così affabile la parlata emiliana, e la varietà d’emissione che permette al can-
tante di porre in risalto ogni parola.
Il fraseggio è sempre contraddistinto da un’impeccabile eleganza, ma non è aulico
(come quello di Lauri Volpi, anch’egli eccelso interprete del brano, fino in tarda età),
perché aderisce perfettamente a una concezione moderna dell’elemento lirico. Sul «chi
son» (es. 3), Pavarotti lega il Si al La in un unico fiato – una scelta interpretativa che,
se non rispetta la forcella, conferisce un tono di appassionata e giovanile esuberanza al
personaggio –, riportandosi però subito dopo («e come vivo» [1’14”]) a una mezza vo-
ce strabiliante su cui poggia l’accento trepidante esibito nella parola «vuole» in pianis-
simo (ancora un dettaglio cesellato [1’23”]), nel contesto di una dinamica ulteriormen-
te smorzata. Nell’insieme si ascolta un esempio fulgido dello stile ‘discorsivo’ del canto
pucciniano, esattamente calibrato anche nel breve recitativo seguente («Chi son?!!»
[1’29”]), in cui il tenore stende una patina d’esuberante orgoglio per la sua professio-
ne. Da manuale l’attacco dell’Andante lento «In povertà mia lieta» [1’54”] in stile ario-
so, con una mezza voce perfettamente calibrata, senza l’ombra di atteggiamenti enfati-
ci. Il fraseggio acuto legatissimo di «Talor dal mio forziere» [GO 8] regala alla sua
interlocutrice uno scrigno timbrico lucente, e procura l’impressione di un violinista in
possesso di una cavata morbidissima. Con uguale morbidezza, e impareggiabile sicu-
rezza, Pavarotti sale al Do acuto, emesso a voce piena.
In conclusione, l’invito sussurrato a Mimì con infinita dolcezza, perché racconti
qualcosa di se stessa, non potrebbe essere più suadente, ma dopo un’esecuzione così
unica la quasi totalità dei soprani sarebbe in imbarazzo. Fortuna che qui viene chia-
mata in causa Mirella Freni, l’ugola d’oro modenese dioscura di Luciano, e tutto va per
il meglio.4 Nel finale, mentre risuonano da fuori scena i commenti sarcastici degli ami-
ci che si avviano verso Momus, soprano e tenore c’immergono nell’incanto musicale e
poetico che chiude il quadro primo. Prima di amalgamarsi nell’unisono dei sensi a par-
tire dal Si di «Fremon già nell’anima» e salire insieme verso il Do nelle battute finali
(la nota non è prevista in partitura nemmeno come variante, ma Pavarotti si prende una
licenza e fa bene, vista la sicurezza e la qualità con cui la emette), Rodolfo rivolge un
complimento ch’è un piccolo gioiello retorico alla sua compagna: «O soave fanciulla,
o dolce viso / di mite circonfuso alba lunar / in te ravviso / il sogno ch’io vorrei sempre
sognar!» [10]. Versi già belli da leggere, ma che la voce argentina di un tale protagoni-
sta trasforma in pura felicità dell’orecchio.
4 Nati a Modena nello stesso anno (1935), Freni e Pavarotti, prima di avviare una comune carriera nell’am-
bito del canto lirico, erano stati allattati dalla stessa balia, perché «le nostre madri» – scrive la Freni (Io Luciano
Pavarotti, a cura di William Wright, Milano, Arnoldo Mondadori, 1981, p. 209) – «lavoravano entrambe alla
Manifattura Tabacchi. Qualcosa nel tabacco inacidisce il latte, per cui fu necessario trovarci una nutrice. Luciano
e io abbiamo avuto la stessa balia e credo sia evidente chi si bevette tutto il latte».
LA BOHÈME DI RODOLFO 39
I versi sono intrisi di un tasso di retorica che mira all’autocaricatura, ma Pavarotti vuo-
le metterne in rilievo anche la venatura malinconica (come farà poco dopo in un breve
a parte, ammonendo nuovamente Mimì: «Sappi per tuo governo / che non darei per-
5 Lo spunto (II, 8) serve alla funzionalità del racconto per motivare meglio i fatti del quadro terzo, dato che
nell’opera, a differenza del romanzo, non compare il viscontino che fa l’occhio di triglia a Mimì (se ne accenna so-
lamente nel colloquio fra Marcello e Rodolfo nel quadro terzo, nel racconto di Marcello nel quadro quarto – quan-
do, dopo la separazione a primavera promessa in conclusione del duetto-quartetto, racconta di aver scorto Mimì
«in carrozza, vestita come una regina» – e nel racconto di Musetta al suo ingresso in soffitta).
6 Lo farà di nuovo, in modo particolarmente significativo, nel finale ultimo: «Torna al nido la rondine e cin-
quando anche l’andatura meccanica della scansione poetica, a tempo di valzer, la im-
pone. Nel fitto dialogo al tavolino di caffé emergono le doti di un cantante che aveva
piena familiarità con il genere di mezzo-carattere di primo Ottocento (si pensi a uno dei
ruoli prediletti, Nemorino nell’Elisir d’amore), e si ascolti la leggerezza quasi fatua del
racconto, raccourci del passato prossimo, «Marcello un dì l’amò. / La fraschetta l’ab-
bandonò / per poi darsi a miglior vita» [15-2’43”] – poche parole, ma dette con quel-
la disinvoltura che serve a mettere in luce, in ogni momento, il carattere transitorio del-
l’esperienza amorosa.
Poi Musetta conquista il proscenio, e con lei Marcello, ma al di sopra della coppia
che sta per ricostituirsi, e di quella che si è appena formata, sta il concetto espresso dal
baritono mentre si appresta a cedere alla sua ex amante: «Gioventù mia, / tu non sei
morta / né di te è morto il sovvenir!» [4’09”]. E il commento del gruppo «La comme-
dia è stupenda!» che, pur riferendosi in concreto alle bizze di Musetta, allude a una co-
médie humaine di più ampio respiro, agìta da tanti nel momento in cui la giovinezza
sorride.
Fiocchi di neve
Il quadro terzo della Bohème porta in scena l’elemento tragico, insieme ai fiocchi di ne-
ve che cadono sulla Barrière d’Enfer, una porta doganale che, con il cancello sullo sfon-
do, ripara i parigini al di qua delle sue inferriate, ed è una sorta di metafora visiva che
vincola il destino degli uomini alla città e in particolare la sorte dei protagonisti al
Quartier latino, gabbia di eccentrici talentosi e squattrinati.7 Tutta la prima parte è con-
centrata sulla figura di Mimì, a colloquio con Marcello: il loro scambio ingenera una
7 Dalla didascalia del libretto, apprendiamo che Mimì arriva alla Barrière (oggi place Denfert-Rochereau) pro-
venendo dalla rue d’Enfer (avenue Denfert-Rochereau), che congiungeva la dogana di allora al Quartier latino (un
percorso di tre chilometri circa). Un segno, come per la Roma papalina in Tosca, di un rapporto vivo e funziona-
le fra la Parigi metropolitana e l’agire dei protagonisti.
LA BOHÈME DI RODOLFO 41
tensione spasmodica, perché verte sulla crisi della relazione tra la ragazza e Rodolfo, e
sulla gelosia di lui, ma la tosse che devasta la protagonista, puro gesto scenico che gua-
dagna appena un cenno dal pittore, e la tisi che ci sta dietro, è la vera comunicazione
rivolta al pubblico. Ed è un messaggio di morte.
Il compito del tenore, alla sua uscita in scena, è particolarmente impegnativo, non
solo perché le melodie di Mimì, di alta qualità tragica, hanno lacerato l’animo del-
l’ascoltatore, ma perché, in una logica di commistione fra le componenti della narra-
zione che pervade tutta La bohème, Puccini alleggerisce improvvisamente la musica e
riporta il dramma entro i confini di una lite tra amanti, quantomeno all’apparenza. Ec-
co dunque che rispunta il tema iniziale dell’opera seguito dalla melodia dei cieli bigi,
come fosse ancora il tempo dell’attesa. Ma subito si accende una spia: «Già un’altra
volta credetti morto il mio cor / ma di quegli occhi azzurri allo splendor / esso è risor-
to» [II.4-16”]. Tre versi, altrettante frasi legate, in cui Pavarotti, con voce morbidissima
e suadente, specie sul Sol del metaforico «esso» (l’amore), mette in rilievo non il tedio,
ch’è fasullo, ma il prolungarsi all’infinito dell’esperienza passionale, quasi oltre la mor-
te che ormai è prossima.
Regge poco, infatti, alle contestazioni di Marcello (che lo vuole ricondurre alla leg-
gerezza della vita sentimentale, come aveva fatto poco prima vantando la lievità del
suo rapporto con Musetta) e, dopo il cenno al «moscardino di viscontino» e all’irre-
quietezza sentimentale della compagna («Mimì è una civetta», [GO 13 A] [5] – e Pa-
varotti fa bene intendere che questa motivazione non è la vera causa della sua preoc-
cupazione), passa alle vere ragioni del suo atteggiamento. L’orchestra tace e la voce
nega nel silenzio quanto ha appena affermato, per poi riprendere la stessa melodia, ma
con tutt’altra connotazione: la tragedia si affaccia con forza centuplicata, mentre Mi-
mì ascolta non vista e ogni tanto esala la propria paura, che la tosse le smorza in go-
la. Pavarotti si getta sulla lunga frase legata che sale di forza al La3 di «Invan» senza
prendere fiato («Ebbene no, non lo son. Invan nascondo / la mia vera tortura» [GO 13
B] [33”]), e percorre poi la gamma con accento drammatico impeccabile, risalendo al
Si nel momento in cui Rodolfo deve trasmettere la sua enorme potenzialità amorosa
frustrata:
ESEMPIO 7 (III, 208) [5-53”] G
Attacca poi il Lento triste di «Mimì è tanto malata » [6] con timbro che trasmette com-
mozione e presentimento di sventura. Questa sezione è prova ardua per l’interprete,
perché inizia con un lamento vero e proprio, su un ostinato funebre in Fa minore che
si spezza sul La di «condannata», e séguita passando al relativo maggiore (La ) di «Una
terribil tosse / l’esil petto le scuote» (Sostenuto molto [26”]), un breve scorcio che ha le
caratteristiche di una canzone dell’epoca liberty. La voce sale esitando su figure punta-
42 MICHELE GIRARDI
Musetta entra in soffitta, seguita da Mimì (La bohème, quadro quarto). Foto di scena posata dell’allestimento al-
l’Opéra-Comique del 1898; regia di Albert Carré.
momento di rottura, e non d’unione come nel finale primo. Tuttavia la musica cerca di
costruire un eterno presente amoroso proprio mentre la vicenda parla al passato: l’uni-
ca spia, quasi a intermittenza, è il ritorno del temino della Bohème, il resto è musica
nuova, che del presente è testimone indispensabile.
Naturalmente entrambe le parti, in questo frangente, sono estesamente liriche, ma
se è assai difficile trovare di meglio della Freni, è certo impossibile citare un tenore in
grado di superare Pavarotti in tutte le frasi che chiedono abbandono a mezza voce, co-
me «Addio, sognante vita» [44”], oppure che faccia percepire nel La di «carezze» il
fremito della passione, come Luciano [1’20”], per fondersi alla sua compagna nel Si
che illumina la frase «Mentre a primavera c’è compagno il sol» [1’49”]. Lo scambio vi-
vace di espressioni sarcastiche – destinato a sfogare nell’insulto – tra Marcello e Mu-
setta, coppia di rango inferiore all’altra che illanguidisce in scena, dà inizio al ‘quartet-
to’, e mette ancor più in enfasi il livello di stilizzazione che caratterizza l’amore tra
Mimì e Rodolfo.8 Pavarotti raggiunge il culmine dell’estasi quando pronuncia, dolcis-
simo, «Chiacchieran le fontane», col controcanto della sua compagna:
ESEMPIO 8 (433) [8-3’11”]
Puccini scrive due semifrasi legate che s’inanellano verso il La acuto, e l’interprete as-
seconda (ed esalta, grazie alla resa perfetta della frase) la scelta del compositore, anche
se manda all’aria la coerenza del testo proposto dai librettisti.9 Una scelta poetica che
prelude al congedo («Ci lasceremo alla stagion dei fior!» [4’29”]), dove il protagonista,
rispondendo all’amata, sale nuovamente al La acuto, stavolta in pianissimo e ridu-
cendo la dinamica fin quasi all’impalpabile.
bile, è tipica del genere ‘buffo’ (si pensi all’Entführung aus dem Serail o alla Zauberflöte di Mozart). La combi-
nazione con l’elemento sentimentale che trascolora in questo brano, attesta ulteriormente l’abilità di Puccini e dei
suoi librettisti nel mescolare le ‘tinte’. A questo proposito si leggano le strofe di Musetta e Marcello, poste a fron-
te dei versi di Mimì e Rodolfo, che suonano come due filastrocche-scilinguagnoli (qui a p. 95). La cadenza mo-
notona dei loro ottonari rimati (abab-abab-aabb), che funge da sfondo, esalta l’abbandono sentimentale della cop-
pia Rodolfo-Mimì.
9 Giacosa e Illica scrivono due settenari e un endecasillabo: «Chiacchieran le fontane. / La brezza della sera /
balsami stende sulle doglie umane», ma qui l’ispirazione musicale unisce il fruscio delle fontane a quello del ven-
ticello di primavera, creando una nuova figura poetica.
44 MICHELE GIRARDI
verso la ricezione del messaggio più autentico dell’opera (l’ultimo sarà il finale). Se la
catastrofe è postulata dalle esigenze del genere tragico che, nonostante la commistione
col sentimentale e col buffo, prevale fin dal momento in cui cadono i fiocchi di neve nel
quadro precedente, nello scambio fra Marcello e Rodolfo, pittore e poeta, sta racchiu-
sa la vera essenza dell’opera. Il rimpianto di una felicità perduta e la nostalgia per il
tempo ch’è passato e non torna più, per la giovinezza intesa come stagione dell’amore.
È importante rilevare la disposizione degli echi musicali in questo esordio, metten-
dola in rapporto con la situazione a cui si riferiscono: se la scena fra baritono e tenore
ci riporta all’inizio dell’opera, le successive reminiscenze dei temi delle rispettive aman-
ti accorciano la distanza verso la conclusione del quadro primo, percorso che diviene
chiaro quando si ode il motivo del flauto coi suoi trilli, che nel quadro primo invitava
Rodolfo al lavoro sul suo articolo di fondo, e che appartiene solo a lui e al suo incon-
tro con Mimì. Dopo questo tema dovrebbe entrare la protagonista, invece gli archi in-
tonano una variante di «Talor dal mio forziere» [GO 8] [9-1’19”], la melodia che, do-
po aver alzato la temperatura sentimentale nell’aria del poeta, veniva ripresa nell’a due
appassionato in chiusura del quadro iniziale («Fremon già nell’anima»). Puccini non
vuole che il protagonista comunichi il rimpianto per aver perso proprio quella perso-
na, ma che esprima nostalgia per quella sorta di incanto prodotto dall’innamoramento
sensuale, poiché quella sensazione è viva in lui più che mai, a dispetto di qualsivoglia
circostanza. Al tempo stesso Rodolfo intuisce che è impossibile ritrovare quella felicità
a cui agogna, perché il tempo è passato, e la vita sta divorando i destini individuali. In
testa all’Andantino mosso in Do cantato a due da Rodolfo e Marcello («O Mimì, tu
più non torni» / «Io non so come sia», [10]) non appare dunque il simbolo musicale di
Mimì, ma il ricordo della passione che lei ha suscitato, ed è questo frammento che, per
un attimo, fa balenare l’ideale femminile. Questo duetto è anche, col successivo assolo
di Mimì, il più importante scorcio di musica nuova in un quadro ch’è tutto incrostato
di ricordi sonori, nuova proprio perché la memoria è destinata a durare oltre i limiti fi-
sici. Pavarotti ha compreso fino in fondo tutto quello che sta dietro alla sua parte, e at-
tacca «O Mimì, tu più non torni» con una messa di voce che non potrebbe essere più
soave, tutta in pianissimo, cresce un poco sul La di «collo di neve», fino a sussurrare la
metafora rivelatrice: «Ah! Mimì, mia breve gioventù!» su una melodia che torna nel-
l’ultima frase, quando le due voci, mosse parallelamente per terze, trovano l’unisono:
ESEMPIO 9 (IV, 46) [10-2’5”]
LA BOHÈME DI RODOLFO 45
La morte di Mimì (La bohème, quadro quarto). Foto di scena posata dell’allestimento all’Opéra-Comique del
1898; regia di Albert Carré.
Mentre Marcello si sfoga in un’immagine banale («il mio cuor vile la [Musetta] chia-
ma e aspetta il vil mio cuor!…»), Rodolfo ribadisce il dato ideale: l’amore ‘vero’ è mor-
to quando è finita la liaison con Mimì. Ma l’afflato che Pavarotti mette in questa si-
gnificativa chiusura (che accosta la breve gioventù alla morte dell’amore, grazie
all’identità melodica), soffermandosi sul Mi con un filo di voce fino a smorzarlo, è ta-
le da farci percepire l’intensità del sentimento e, insieme, la soluzione di continuità.
Se l’articolazione di questo episodio è una sorta di raccourci dell’incontro amoro-
so, l’intero quadro quarto si sviluppa seguendo la falsariga del primo. Tra l’episodio
sentimentale e la definitiva svolta tragica, Puccini e i suoi librettisti hanno perciò inse-
rito simmetricamente un altro intermezzo ‘buffo’: nella prima scena in soffitta Mar-
cello e Rodolfo sfoggiavano fantasticherie ‘filosofiche’ mentre l’arte si sottometteva in-
vano alla necessità di riscaldare l’ambiente, ora, dopo le riflessioni sulla natura del
sentimento amoroso, vengono raggiunti dai medesimi amici, Colline e Schaunard,
usciti con la funzione di procacciare il cibo. In questo ciclo cambia la qualità della se-
conda parte, là sentimentale, qui tragica.10 Non è facile muoversi con disinvoltura,
passando dal tempo del ricordo a un eterno presente di miseria, specie sapendo che si
dovrà chiudere in tragedia; e non lo è soprattutto per Rodolfo. Se Mimì, pur essendo
l’unico personaggio a cui davvero capita qualcosa nella Bohème (cerca l’amore, lo tro-
va, si ammala, cambia amante per necessità e poi torna a morire in soffitta chiudendo
il proprio cerchio vitale), subisce la sorte a cui è destinata, Rodolfo carica su di sé gio-
10 Si può tentare un sommario bilancio della compresenza di tinte nella Bohème. Nel quadro primo abbiamo
la successione: 1a. sentimentale-buffa 1b. buffa 2. sentimentale; nel secondo prevale l’elemento brillante; presso-
ché tragico (con pennellate leggere) il quadro terzo; 1a. sentimentale 1b. buffa 2. tragica, la sequenza del quarto.
46 MICHELE GIRARDI
ie e dolori, e assume tutta la tensione della fase finale della malattia di lei, fino alla di-
sperazione per il lutto.
La scena a quattro è brevissima (meno di cinque minuti di musica), ma intensissima
(pare che duri molto più a lungo), e brillantissima (si vorrebbe che non finisse mai). Per
non pensare alle necessità materiali si regredisce volentieri, e fra i temi dei singoli bo-
hémiens (prima quello di Schaunard [GO 4] [3’02”] e poi quello di Colline [GO 3]
[3’51”]) c’è spazio per una frasettina di Rodolfo, una specie di filastrocca che Pavarot-
ti declama con la grazia infinita di un eterno bambino, sfoggiando una sorta di risata
stilizzata nel motivetto11
ESEMPIO 10 (63) [10-3’32”] J
che innesta lo scherzo collettivo, fatto di brio, movimento, recita: scheggie melodiche,
frammentini di poche battute, ritmi di danza e quant’altro. Tutto il gruppo di interpre-
ti si muove leggero nella trama musicale, e si butta nell’azione coreografica, che preve-
de persino un episodio di cappa e spada.
Il girotondo indiavolato potrebbe durare all’infinito, e invece si schianta di colpo
sull’accordo di Mi minore, che accompagna l’annuncio ferale di Musetta: Mimì si tra-
scina salendo le scale, in preda alla malattia [12]. «Ov’è» replica Rodolfo [5”] – due
sillabe che la voce di Pavarotti trasforma in un grumo di disperazione, mentre gli archi
urlano un’ampia cadenza accentata che sfocia nel Leitmotiv di lei ([GO 17 A] [21”]).
Pochi secondi sono bastati per spalancare un abisso, che raggiunge subito un vertice
emotivo a conclusione del primo scambio fra gli ex amanti. «Mi vuoi qui con te?» «Ah,
mia Mimì, sempre! sempre!» risponde lui [55”]: la partecipazione dei due interpreti è
così forte da trascinare l’ascoltatore nello stesso vortice, che da qui in poi procede im-
placabile verso la sciagura. «Ah, come si sta bene qui» [2’15”], canta Freni sulla testa
del suo tema, Pavarotti la zittisce con dolce disperazione, evocando la «Benedetta boc-
ca» [2’36”], sulla quale si respirano tuttora i brividi della passione (ancora una variante
di «Fremon già nell’anima»). Ma le sue mani sempre fredde si potranno riscaldare so-
lo «Qui nelle mie» [3’36”], come esclama Rodolfo, con un accento trepidante, prima
di raccomandarle il riposo. La successiva preghiera disperata di lei «Tu non mi lasci?»
«No! No!» [5’21”] sviluppa un nuovo nodo emotivo, tale da trascinare al singhiozzo,
perché persino un monosillabico gesto di rassicurazione viene illuminato dall’intelli-
genza dell’interprete.
A mano a mano il gruppetto di amici si appoggia sul grande fiotto dei ricordi e, men-
tre scorre la reminiscenza dell’aria di Mimì, si avvia a sparire gradatamente dal tessu-
11 Come la risata di «è scherzo, od è follia» del Ballo in maschera, altro grande cavallo di battaglia di Lucia-
to musicale che inquadra i due protagonisti sempre più da vicino, finché, dopo l’ultimo
gesto significativo, e importantissimo per il dramma (la «Vecchia zimarra» di Colline
[13]), sparisce anche dal palco. Filosofo e musicista escono accompagnati da un inter-
ludio commovente [14], che inscena un ulteriore riepilogo dell’a due nel finale primo,
su cui Karajan si getta con passione, dirigendo con eleganza piena di partecipazione,
prima di lasciare il proscenio libero per l’epilogo, che attacca dal grande assolo di Mi-
mì «Sono andati? Fingevo di dormire» [1’05”].
Ora la protagonista è inquadrata a tutto tondo, e Pavarotti funge da spalla. Ma che
spalla! Non si contano le occasioni in cui egli riesce a incidere in modo significativo sul
flusso musicale, poiché ogni battuta di quel che canta è illuminata da un’infinita sensi-
bilità verso il dettaglio, e armonizzata con coerenza a tutto il percorso drammatico del
protagonista. Si ascolti la reazione immediata alla dichiarazione d’amore che gli rivol-
ge la compagna nel culmine dell’assolo («Sei il mio amore, e tutta la mia vita» [2’02”]):
modellata sullo stesso slanciato frammento melodico, la frase acutissima (sale a La e
Si ) «Ah Mimì, mia bella Mimì», che egli lega da manuale, diversificando di un’inezia
il secondo crescendo verso l’acuto:
ESEMPIO 11 (422) [14-2’29”]
E, immediatamente dopo, si presti attenzione al modo affascinante con cui porge una
figura di paragone, detta con infinita dolcezza, «Bella come un’aurora» [2’47”], in re-
altà «un tramonto», come ribatte lei, con un tocco di rassegnazione (e un pizzico di hu-
mour nero). Torna «Mi chiamano Mimì», che suona mesto [3’47”] e Pavarotti mette
tutta l’innocenza di cui è capace nel persuadere se stesso e il pubblico che c’è qualche
speranza («Torna al nido la rondine e cinguetta» [3’48”]).
Ma quando Mimì intona «Che gelida manina» [5’19”], appropriandosi della musi-
ca dell’amante, il momento della fine è davvero arrivato. Nella scena di chiusura [15],
i bohémiens tornano in scena con doni, un po’ di denaro, la promessa di un medico,
ma tutto sarà vano. A Rodolfo-Luciano sono riservati gli ultimi momenti, nei quali il
cantante sa imprimere un affanno tale da forzare l’ascoltatore a condividere l’angoscia
del protagonista: «Zitta per carità» [9”], prima del dono del manicotto e dell’ultima
preoccupazione di lei («Tu, spensierato! / Grazie. Ma costerà» [1’50”]), un tormento
materiale. Così come va nella stessa direzione, in armonia con i fondamenti dell’intera
opera, il frammentino degli archi che fanno eco all’estremo desiderio della ragazza –
dormire, forse sognare, in realtà morire –, intonando la melodia di «Mi piaccion quel-
le cose» [4’04”]. Oggetti che, nel pieno della tensione emotiva, ci ricordano una vicen-
da simbolica disperatamente priva di prospettive, materialista, dove il congedo ultimo
è la cadenza con cui Colline dava l’addio alla sua «Vecchia zimarra».
Ma prima della cadenza viene lo strazio dell’invocazione, e i due Sol laceranti in cui
si condensa tutto il dolore di Rodolfo. La voce di Pavarotti, sin qui così lucente, s’in-
48 MICHELE GIRARDI
crina a esprimere il lutto, chiudendo l’opera nel segno della commozione più profonda.
A mia volta, non posso finire se non sottoscrivendo una dichiarazione di Rodolfo Cel-
letti che, dopo aver ricordato diversi interpreti del ruolo per questa o quell’altra parti-
colarità, afferma: «Ho udito questo ed altro, ma una cosa mi sentirei di dichiarare, sot-
to giuramento, anche in tribunale. Non ho mai ascoltato una voce che appartenga a
Rodolfo più di quella di Luciano Pavarotti».12
In scena
Spero che il lettore giunto sin qui abbia compreso come questa esegesi della Bohème
deliberatamente sbilanciata dalla parte del tenore sia motivata dall’eccellenza della pre-
stazione di Pavarotti, che ho cercato di dimostrare anche se in modo sommario. Se l’in-
cisione sulla quale mi sono intrattenuto raggiunge un livello così alto che assai di rado
trova riscontro, è perché intorno al protagonista ruota un cast altrettanto straordina-
rio, perché l’orchestra e il coro suonano e cantano con un’eleganza e una partecipazio-
ne infinita al dramma, perché il direttore d’orchestra sa trovare soluzioni nuove e ori-
ginali, rispetto a una tradizione esecutiva che riesce a rinnovare sin dalle radici. A
beneficio di una svolta effettiva del giudizio critico su Puccini, che dopo questo ascolto
ha guadagnato nuovi appassionati.
Ma non c’è innovazione che tenga, se gli interpreti non sono in grado di portare il
loro contributo, e la modernità di questa nuova concezione vive del talento della cop-
pia canora principale, e del perfetto amalgama dell’intero cast. Dopo essermi innamo-
rato della Bohème grazie a questa interpretazione in particolare, ebbi l’occasione di as-
sistere a una recita dell’allestimento classico di Zeffirelli (nato proprio con Karajan nel
lontano 1963) alla Scala. Era il 1979, dirigeva Carlos Kleiber, Ileana Cotrubas imper-
sonava Mimì, Rodolfo era Pavarotti, oramai affermatissimo in tutto il mondo e già
molto criticato. Uno tra gli appunti riguardava la mole, che secondo molti commenta-
tori lo avrebbe reso poco credibile in scena. Avendo ascoltato la sua voce, e soprattut-
to dopo averlo sentito muoversi (mi si passi la sinestesia) negli scherzi di gruppo lo im-
maginavo assai più magro, e ancora adesso lo vedo così. Ma le immagini diffuse allora
smentivano le mie convinzioni. Si alzò il sipario, la recita ebbe inizio: sì, notai che non
era proprio magrissimo, ma non appena aprì bocca l’effetto fu tale che i miei occhi ve-
devano ciò che la voce faceva loro vedere. Un ragazzo giovane, alto, agilissimo, gran-
de attore, scanzonato: Rodolfo insomma.
Si pubblica nelle pagine seguenti il libretto della Bohème uscito in occasione della pri-
ma assoluta (Torino, 1 febbraio 1896).1 Il capolavoro di Puccini, a differenza di altri ti-
toli precedenti e successivi che vantano almeno tre differenti versioni ciascuno (da Ed-
gar a Madama Butterfly fino alla Rondine), non conobbe interventi testuali di vasta
portata (più che altro fu lavorata di fino la conclusione del quadro del Quartiere lati-
no) ed ebbe una sola aggiunta di rilievo, lo scorcio del quadro secondo in cui Mimì mo-
stra ai bohémiens seduti al tavolo da Momus la cuffietta appena ricevuta in dono da
Rodolfo. Il breve, ma importante passo, tratto dalla seconda edizione del libretto, è sta-
to integrato tra parentesi quadre.2
Seguendo la prassi della serie «La Fenice prima dell’opera», abbiamo segnalato le
discrepanze significative nei versi e nelle didascalie tra il libretto e la partitura d’orche-
stra con numeri romani posti in apice (i versi e parole non musicati da Puccini sono sta-
ti riportati in grassetto e colore grigio), mentre per le note relative alla guida all’opera
si è seguita la numerazione araba.3 Queste varianti sono ben 311, un numero davvero
cospicuo che attesta in modo eloquente il lavoro del compositore e dei suoi collabora-
tori per rifinire nel dettaglio la drammaturgia dell’opera. Il maggior numero d’inter-
venti (97 e 92, rispettivamente) è stato riservato ai quadri estremi, e in particolare alla
scena seconda del quadro quarto (32), lo scorcio di gruppo in cui i quattro bohémiens
1 LA BOHÈME / Scene da La vie de bohème di Henry Murger / 4 Quadri / di / GIUSEPPE GIACOSA e LUIGI ILLICA
/ musica di / GIACOMO PUCCINI / TEATRO REGIO – TORINO / Carnevale-Quaresima 1895-96 / Impresa Piontelli &
C., Milano (ecc.), G. Ricordi & C., s.d. [1896].
2 LA BOHÈME / Scene da La vie de bohème di Henry Murger / 4 Quadri / di / GIUSEPPE GIACOSA e LUIGI ILLICA
/ musica di / GIACOMO PUCCINI, Milano (ecc.), G. Ricordi & C., © 1896, new ed. © 1898. La musica di questo
scorcio compare per la prima volta nella riduzione per canto e pianoforte approntata per la prima francese della
Bohème all’Opéra-Comique (cfr. LA BOHÈME / Quatre actes / de / MM. G. GIACOSA et L. ILLICA / traduction françai-
se de / M. PAUL FERRIER / musique de / M. GIACOMO PUCCINI / [fregio], Paris, G. Ricordi & Cie, © 1898, pp. 115-
120), anche se il brano fu aggiunto probabilmente dopo le recite del marzo 1896 a Napoli.
3 Abbiamo tralasciato i casi in cui il compositore, come nei concertati del quadro secondo, utilizza liberamente
i versi (e dove anticipa o pospone parole senza intaccare l’assetto metrico del verso), e tacitamente risolto, invece,
i problemi di interpunzione e di accenti (sempre uniformati alla grafia corrente). Il raffronto con il libretto, e l’ana-
lisi dell’opera, sono stati condotti sulla partitura d’orchestra: GIACOMO PUCCINI, La bohème, Milano, Ricordi, ©
1920, P.R. 110 (rist. 1977), da cui sono tratti gli esempi, individuati mediante l’atto, la cifra di richiamo e in api-
ce il numero di battute che la precedono (a sinistra) o la seguono (a destra); nella guida le tonalità minori sono
contraddistinte dall’iniziale minuscola (maiuscola per le maggiori); una freccia significa che si modula.
52 MICHELE GIRARDI
recitano e danzano alla faccia della miseria, prima di ricevere il colpo finale con l’in-
gresso nella soffitta di Musetta, e poi di Mimì. Si tratta di questioni di regia, principal-
mente: la partitura pubblicata nel 1920 accoglie il progressivo radicarsi di una tradi-
zione esecutiva, e ambisce a fissarla e tramandarla. Basta dare un’occhiata ai livrets de
mise en scène redatti dal direttore dell’Opéra-Comique Albert Carré, che fu il regista
della Bohème alla prima francese nel 1898, per accorgersi che l’attenzione rivolta al
movimento dei personaggi e all’esternazione dei loro sentimenti (riflessa dalle nuove di-
dascalie della partitura) deve molto alla strategia adottata dal régisseur francese.4 Se il
lettore avrà la pazienza di confrontare il testo poetico originale con le varianti avrà la
conferma del ruolo importante, per non dire decisivo, che l’allestimento scenico riveste
nel determinare l’esito complessivo di un capolavoro del teatro musicale negli anni di
passaggio tra Otto e Novecento.
QUADRO PRIMO p. 55
QUADRO SECONDO p. 73
QUADRO TERZO p. 87
QUADRO QUARTO p. 96
APPENDICI: L’orchestra p. 109
Le voci p. 111
4 Si vedano i documenti relativi agli allestimenti della Bohème conservati presso la Bibliothèque de l’Associa-
tion de la régie théâtrale di Parigi, e in particolare le Annotations de mise en scène manuscrites sur pages interca-
lées dans un libretto imprimé, Paris, Calmann-Lévy, s.d. (mise en scène autografa di Albert Carré), segnatura Mes
3 (1), e la Mise en scène d’après Mr. Albert Carré, livret de mise en scène a stampa (riproduzione del manoscrit-
to), s.d., segnatura V, 2 (I).
LA BOHÈME
(Scene da La vie de bohème, di Henry Murger)
Personaggi
RODOLFO, poeta Tenore
MARCELLO, pittore Baritono
SCHAUNARD, musicista Baritono
COLLINE, filosofo Basso
BENOÎT, padrone di casa Basso
ALCINDORO, consigliere di stato Basso
MIMÌ Soprano
MUSETTA Soprano
PARPIGNOL, venditore ambulante Tenore
SERGENTE dei doganieri Basso
Studenti, sartine, borghesi, bottegai e bottegaie, venditori
ambulanti, soldati, camerieri da caffè, ragazzi, ragazze, ecc.
Epoca: 1830 circa, a Parigi.
Prima rappresentazione
Torino, Teatro Regio, 1 febbraio 1896
«… pioggia o polvere, freddo o solleone, nulla arresta questi arditi avven-
turieri…
La loro esistenza è un’opera di genio di ogni giorno, un problema quo-
tidiano, che essi pervengono sempre a risolvere con l’aiuto di audaci mate-
matiche…
Quando il bisogno ve li costringe, astinenti come anacoreti; ma se nelle
loro mani cade un po’ di fortuna, eccoli cavalcare in groppa alle più fanta-
siose matterìe, amando le più belle donne e le più giovani, bevendo i vini
migliori ed i più vecchi e non trovando mai abbastanza aperte le finestre
onde gettar quattrini; poi – l’ultimo scudo morto e sepolto – eccoli ancora
desinare alla tavola rotonda del caso, ove la loro posata è sempre pronta;
contrabbandieri di tutte le industrie che derivano dall’arte, a caccia da mat-
tina a sera di quell’animale feroce che si chiama: lo scudo.
La bohème ha un parlare suo speciale, un gergo… Il suo vocabolario è
l’inferno della retorica e il paradiso del neologismo…
Vita gaia e terribile!…»
(H. MURGER, prefazione alla Vie de bohème) (*)
(*) Gli autori del presente libretto, meglio che seguire passo passo il libro
di Murger – (anche per ragioni di opportunità teatrali e soprattutto musi-
cali) – hanno voluto ispirarsi alla sua essenza racchiusa in questa mirabile
prefazione.
Se stettero fedeli ai caratteri dei personaggi, se furono a volte quasi me-
ticolosi nel riprodurre certi particolari ambienti, se nello svolgimento sce-
nico si attennero al fare del Murger suddividendo il libretto in «quadri ben
distinti», negli episodi drammatici e comici essi vollero procedere con quel-
l’ampia libertà che – a torto o a ragione – stimarono necessaria nella inter-
pretazione scenica del libro più libero, forse, della moderna letteratura.
Chi può non confondere nel delicato profilo di una sola donna quelli di
Mimì e di Francine? Chi, quando legge delle «manine» di Mimì più «bian-
che di quelle della dea dell’ozio», non pensa al manicotto di Francine?
Gli autori stimarono di dover rilevare una tale identità di caratteri. Par-
ve ad essi che quelle due gaie, delicate ed infelici creature rappresentassero
nella commedia della Bohème un solo personaggio cui si potrebbe benissi-
mo, in luogo dei nomi di Mimì e Francine, dare quello di: Ideale.
G. G. - L. I.
QUADRO PRIMO Ampia finestra dalla quale si scorge una distesa di
tetti coperti di neve. A sinistra, un camino. Una ta-
IN SOFFITTA1 vola, un letto, un armadio, quattro sedie, un cavalletto
da pittore con una tela sbozzata ed uno sgabello:I libri
«… Mimì era una graziosa ragazza che doveva par- sparsi, molti fasci di carte, due candelieri. Uscio nel
ticolarmente simpatizzare e combinare con gli idea- mezzo, altro a sinistra.
li plastici e poetici di Rodolfo. Ventidue anni; picco-
la, delicata… Il suo volto pareva un abbozzo di
figura aristocratica; i suoi lineamenti erano d’una fi- [SCENA PRIMA]
nezza mirabile… (RODOLFO guarda meditabondo fuori della finestra.
Il sangue della gioventù scorreva caldo e vivace nel- MARCELLO lavora al suo quadro: «Il passaggio del
le sue vene e coloriva di tinte rosse la sua pelle tra- Mar Rosso», con le mani intirizzite dal freddo e che
sparente dal candore vellutato della camelia… egli riscalda alitandovi su di quando in quando, mu-
Questa beltà malaticcia sedusse Rodolfo… Ma quel- tando, pel gran gelo, spesso posizione)
lo che più lo rese innamorato pazzo di madamigella
Mimì furono le sue manine che essa sapeva, anche MARCELLO
II
tra le faccende domestiche, serbare più bianche di Questo Mar Rosso – mi ammollisce e assidera1a
quelle della dea dell’ozio». come se addosso – mi piovesse in stille.
1 Tutto il quadro iniziale della Bohème è un esempio compiuto dell’intento di evadere dalle costrizioni dell’ope-
ra divisa in arie, duetti e concertati rimanendo all’interno della propria tradizione, per creare un organismo uni-
tario e coerente. Puccini si era proposto di trattare un’azione legata al quotidiano, e al tempo stesso conquistare
un livello narrativo più alto mediante il concatenarsi delle situazioni, comunicando per metafora l’idea di un
mondo in cui il tempo fugge, e di cui la giovinezza è protagonista. Per fissare un ritratto individuale e collettivo
del gruppo di artisti squattrinati coordinò in scioltezza diversi parametri: estese melodie liriche, agili cellule mo-
tiviche, tonalità in funzione semantica, colori lucenti e vari in orchestra. Il telaio dell’azione poggia comunque su
temi che animano i diversi episodi in cui i protagonisti rivelano il proprio carattere. Guardando alla tecnica nar-
rativa, l’avvio della Bohème ci consente altresì di verificare come Puccini, messi da parte i wagnerismi di Manon
Lescaut, andasse prendendo le dovute distanze dall’autore tedesco, configurando un suo mondo peculiare. Evi-
tò, ad esempio, di dare una connotazione univoca alle melodie, per ricavare ulteriore funzionalità drammatica
tramite rimandi polivalenti, ricorrendo frequentemente a strutture intervallari, o a schemi metrici, che apparen-
tano motivi a prima vista irrelati. Le prime cinque scene, dedicate alla vita in gruppo dei quattro amici, sono con-
cepite come un unico organismo formale e drammatico ripartito in quattro sezioni (1. sc. I e II; 2. sc. III; 3. sc. IV;
4. sc. V), determinate da una logica musicale aderente alle ragioni del dramma.
I
«un armadietto, una piccola libreria, quattro sedie, un cavalletto da pittore, un letto:».
II
Aggiunta: «(seduto, continua a dipingere)».
1a In questo inizio (Allegro vivace – , Do ) ogni personaggio è caratterizzato da un tema specifico, salvo Mar-
cello. Il motivo iniziale (es. 1), che prende avvio al grave da fagotti, celli e contrabbassi e si propaga rapidamen-
te guadagnando nel giro di dieci battute il cielo della quinta ottava, frammentato in tutte le sezioni, si lega inve-
ce alla vita di bohème, come dimostra una visione d’insieme dell’opera:
ESEMPIO 1 (I, bb. 1-7)
56 GIACOMO PUCCINI
(Si allontana dal cavalletto per guardare il suo qua- RODOLFO (avvicinandosi a Marcello)
dro) ho un freddo cane.Ed io, Marcel, non ti nascondo
Per vendicarmi, affogo un Faraone! che non credo al sudore della fronte.
(Torna al lavoro. A Rodolfo) MARCELLO
Che fai? che non credo al sudore della fronte.Ho diacciate
III
RODOLFO le dita quasi ancora le tenessi immollate
Che fai?Nei cieli bigi giù in quella gran ghiacciaia che è il cuore di
guardo fumar dai mille [Musetta…
comignoli Parigi (Lascia sfuggire un lungo sospirone, e tralascia di di-
(Additando il camino senza fuoco) pingere, deponendo tavolozza e pennelli)
e penso a quel poltrone RODOLFO
di un vecchio caminetto ingannatore L’amore è un caminetto che sciupa troppo…
che vive in ozio come un gran signore.IV MARCELLO
MARCELLO L’amore è un caminetto che sciupa troppo…… e in
Le sue rendite oneste [fretta!
da un pezzo non riceve. RODOLFO
RODOLFO dove l’uomo è fascina
Quelle sciocche foreste MARCELLO
che fan sotto la neve? dove l’uomo è fascinae la donna è l’alare…
MARCELLO
RODOLFO
Rodolfo, io voglio dirti un mio pensier profondo: l’uno brucia in un soffio…
ho un freddo cane.
segue nota 1a
La sua concisione lo rende particolarmente adatto alle più diverse circostanze, poiché ne facilita variazioni e svi-
luppo mantenendone la riconoscibilità, e rendendolo inoltre un efficace veicolo di significati: dalla cellula cro-
matica iniziale (es. 1: x) nasce il suo rovescio diatonico (y), quasi che una parte dell’orchestra ponesse una do-
manda pepata e l’altra le rispondesse, come faranno i due amici a colloquio. La melodia di «Nei cieli bigi» (es.
2) che Rodolfo intona poco dopo con slancio ( , Si ) caratterizza assai bene sia la vitalità appassionata ed esu-
berante che la tenerezza del personaggio, anche quando verrà ripresa dai flauti (I, 51) nel momento in cui il suo
ampolloso dramma viene sacrificato per ravvivare il fuoco nel caminetto.
ESEMPIO 2 (182)
È anche l’unica melodia con carattere tematico di questa prima parte che viene intonata dalla voce e non dal-
l’orchestra: nella mobile dialettica fra i «cieli bigi» evocati dal canto del poeta e il motivo della bohème (es. 1) è
già attuato, in termini musicali, un cangiante scambio fra ideale e reale, e la loro alternanza è regolata da una ri-
gorosa logica formale al servizio della narrazione. Un altro tema, fortemente caratterizzato dal colore dei corni,
accompagna l’ingresso del filosofo, Colline:
ESEMPIO 3 (6)
III
Aggiunta: «(volgendosi un poco)».
IV
«signor!».
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 57
MARCELLO MARCELLO
l’uno brucia in un soffio…… e l’altro sta a guardare. A te l’atto primo.Qua.
RODOLFO RODOLFO
Ma intanto qui si gela… A te l’atto primo.Qua.Straccia.
MARCELLO MARCELLO
Ma intanto qui si gela…e si muore d’inedia!… Accendi.
RODOLFO (Rodolfo batte un acciarino, accende una candela e
Fuoco ci vuole… va al camino con Marcello: insieme danno fuoco a
MARCELLO (afferrando una sedia e facendo atto di quella parte dello scartafaccio buttato sul focolare,
spezzarla) poi entrambi prendono delle sedie e seggono, riscal-
Fuoco ci vuole…Aspetta… sacrifichiam la sedia! dandosi voluttuosamente)
RODOLFO (impedisce con energia l’atto di Marcello. Ad RODOLFO e MARCELLO
un tratto esce in un grido di gioia ad V un’idea che gli è Accendi.Che lieto baglior!
balenata) (Si apre con fracasso la porta in fondo ed entra Col-
Eureka! line gelato, intirizzito, battendo i piedi, gettando con
(Corre alla tavola eVI ne leva un voluminoso scarta- ira sulla tavola un pacco di libri legato con un faz-
faccio) zoletto)
MARCELLO
Eureka!Trovasti? [SCENA SECONDA]
RODOLFO
RODOLFO, MARCELLO e COLLINE
Eureka!Trovasti?Sì. Aguzza
l’ingegno. L’idea vampi in fiamma. COLLINE
X
Aggiunta: «(Il fuoco è spento)».
XI
«sul tavolo:».
XII
«(Sorpresi) / RODOLFO».
XIII
Aggiunta: «(con entusiasmo)».
1b I corni tornano in primo piano quando sorge la melodia che identifica il musicista Schaunard (Allegro vivace
– , Re, es. 4); le analogie col tema di Colline – due frasi in ulteriormente legate da una figura (cfr. es. 3: z e es.
4: z1) che ricorrerà in molti altri momenti – confermano la sensazione che i protagonisti siano avvolti in un’au-
ra comune. Prima di appiccicarsi al musicista del gruppo come un’etichetta, il tema si ode mentre i due garzoni
scaricano le provviste da lui procurate: uno dei molti modi in cui si afferma la priorità dell’aspetto materiale nel-
la Bohème.
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 59
segue nota 1b
ESEMPIO 4 (101)
L’impressione di un continuum e le stesse qualità valgono per la seconda sezione di questa prima parte del qua-
dro, dedicata al racconto di Schaunard, la cui melodia in orchestra sorregge la colorita narrazione, secondo la
tradizionale tecnica del parlante. Il tema del musicista si alterna a un’idea secondaria con grande regolarità: su
questo oliato meccanismo poggia l’ensemble. In questo scorcio non si tratta di esprimere sentimenti particolari,
ma soltanto di coordinare le azioni del famelico gruppetto, che incurante di Schaunard si affaccenda intorno al
camino e alla tavola. Il gioco viene interrotto da una cantilena di triadi parallele in Fa, che sa d’organetto, su cui
il musicista decanta con trasporto i pregi del Quartiere latino:
ESEMPIO 5 A (16)
ESEMPIO 5 B (1621)
È un’importante prolessi: quando tornerà all’inizio del quadro successivo in veste di gioiosa fanfara (es. 5 A: QL),
nella stessa tonalità e fra i rumori della gente in festa, l’effetto di caratterizzazione sarà aumentato dal riascolto,
quasi che la musica abbia anticipato un viaggio nel tempo. Inoltre la sua estesa articolazione fornirà un elemen-
to in più a Puccini per sostenere la lunga elaborazione dell’ensemble e i suoi echi nei quadri successivi con preci-
so riferimento alle parole (cfr. es. 5 B: QL, richiamato nell’aria «D’onde lieta uscì», cfr. es. 14 A).
XIV
«mostrando a Marcello».
XV
«sul tavolo».
XVI
MARCELLO (ponendo la legna nel camino).
XVII
«Tanto freddo ha sofferto!».
60 GIACOMO PUCCINI
SCHAUNARD SCHAUNARD
Un inglese… un signor… lord o milord L’esca dov’è?Là.Prendi.E mi presento.
che sia, cercavaXVIII un musicista… M’accetta – gli domando…
MARCELLO (gettando via il pacco di libri di Colline dal- COLLINE (mettendo a posto le vivande)
la tavolaXIX) M’accetta – gli domando…Arrosto freddo!XXI
che sia, cercavaXVIII un musicista…Via! SCHAUNARD
Prepariamo la tavola! A quando le lezioni?…
SCHAUNARD (accende le candele e le mette sulla tavola)
MARCELLO
Prepariamo la tavola!Io? volo! A quando le lezioni?…Or le candele!
RODOLFO SCHAUNARD
XXII
XVIII
«volea».
XIX
«i libri di Colline dal tavolo».
XX
«Qua.».
XXI
«(Mettono a posto le vivande, mentre Rodolfo accende l’altra candela) / COLLINE / Arrosto freddo! / MARCEL-
LO / Pasticcio dolce!».
XXII
Aggiunta: «(imitando l’accento inglese nelle parole in corsivo)».
XXIII
Aggiunta: «(mette le due candele sul tavolo) / Or le candele! / COLLINE / Pasticcio dolce!».
XXIV
«(levando di tasca un giornale e spiegandolo)».
XXV
Aggiunta: «Un poco di prezzemolo!».
XXVI
Aggiunta: «(Dispongono il giornale come una tovaglia: Rodolfo e Marcello avvicinano le quattro sedie al ta-
volo, mentre Colline è sempre affaccendato coi piatti di vivande)».
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 61
XXVII
Aggiunta: «ed impedisce agli amici di mangiarlo; poi leva le vivande dal tavolo e le mette nel piccolo armadio».
XXVIII
«il dì della Vigilia».
XXIX
«Quando».
XXX
Aggiunta: «MARCELLO, RODOLFO e COLLINE (circondano ridendo Schaunard) / La vigilia di Natal!».
XXXI
Aggiunta: «(Solenne)».
XXXII
«al tavolo».
XXXIII
«battendo due colpi alla porta; internamente. Tutti restano stupefatti».
1c Il successivo episodio di Benoît (Andantino mosso – , Sol ) presenta i quattro finalmente riuniti nel risolvere
uno scottante corollario al problema della povertà, il pagamento dell’affitto arretrato. Anche qui si alternano due
temi, la melodia in guisa di filastrocca con cui gli amici invitano al brindisi il loro padrone di casa,
ESEMPIO 6 (18)
a sua volta descritto da un motivetto in minore, poco più di una cellula caratterizzata da una figura puntata (189).
La frase in do con cui Marcello inizia a raggirare l’indesiderato ospite («Dica: quant’anni ha», 192), pur se det-
ta con marcata intenzione ironica, ha un fondo di malinconica verità, e l’amaro sapore di una nostalgica medi-
tazione sugli anni che passano, più forte degli appetiti sessuali del grottesco Benoît, il quale pensa che le donne
magre siano solo «sopracapi».
XXXIV
«gridando verso la porta».
XXXV
Aggiunta: «interno».
XXXVI
«amici».
62 GIACOMO PUCCINI
BENOÎT (entra sorridente: vede Marcello e mostrandogli I QUATTRO (toccando con Benoît)
una carta dice) Grazie.Alla sua salute!
Una parola.Sola!Affitto! (Tutti bevonoXLI)
MARCELLO(con esagerata premuraXXXVII) BENOÎT (riprendendo con Marcello)
Una parola.Sola!Affitto!Olà! Grazie.Alla sua salute!A lei ne vengo
Date una sedia. perché il trimestre scorso
RODOLFO mi promise…
Date una sedia.Presto. MARCELLO
BENOÎT (schermendosi) mi promise…Promisi ed or mantengo.
Non occorre. Vorrei… (Mostrando a Benoît gli scudi che sono sulla tavo-
SCHAUNARD (insistendo con dolce violenza, lo fa se- laXV)
dere) Guardi.
Non occorre. Vorrei…Segga. RODOLFO (con stupore, piano a Marcello)
MARCELLO Guardi.Che fai?…
Non occorre. Vorrei…Segga.Vuol bere? SCHAUNARD (come sopra)
(Gli versa del vinoXXXVIII) Guardi.Che fai?…Sei pazzo?
BENOÎT MARCELLO (a Benoît, senza badare ai due)
Grazie. Guardi.Che fai?…Sei pazzo?Ha visto? Or via,
RODOLFO e COLLINE resti un momento in nostra compagnia.
Grazie.Tocchiamo. XLII
Dica: quant’anni ha,
(Tutti bevono. Benoît, Rodolfo, Marcello e Schau- caro signor Benoît?
nard seduti, Colline in piedi. Benoît depone il bic- BENOÎT
chiere e si rivolgeXXXIX a Marcello mostrandogli la Gli anni?… Per carità!
carta) RODOLFO
BENOÎT Su e giù la nostra età.
Grazie Tocchiamo.Questo BENOÎT (protestando)
è l’ultimo trimestre. Di più, molto di più.
XL
MARCELLO (con ingenuità )
(Mentre fanno chiacchierare Benoît, gli riempiono il
è l’ultimo trimestre.Ne ho piacere. bicchiere appena egli l’ha vuotato)
BENOÎT
COLLINE
E quindi… Ha detto su e giù.
SCHAUNARD (interrompendolo) MARCELLO (abbassando la voce e con tono di furbe-
E quindi…Ancora un sorso. ria)
(Riempie i bicchieri) L’altra sera al Mabil…
BENOÎT
BENOÎT (inquieto)
Grazie. L’altra sera al Mabil…Eh?!
XXXVII
«sorridendo e mostrando una carta a Marcello) / Affitto! / MARCELLO / (ricevendolo con grande cordialità».
XXXVIII
«Offre a Benoît un bicchiere».
XXXIX
«volge nuovamente».
XL
«ingenuamente».
XLI
«alzandosi, toccando tutti il bicchiere di Benoît / Alla sua salute! / «(Si siedono e bevono. Colline va a pren-
dere lo sgabello presso il cavalletto e si siede anche lui».
XLII
Aggiunta: «(Con marcata intenzione)».
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 63
MARCELLO o un mappamondo,
L’altra sera al Mabil…Eh?!L’hanno colto o un viso tondo
in peccato d’amore. da luna piena,
BENOÎT
XLIII
ma magra, proprio magra, no e poi no!
Io? Le donne magre sono grattacapi
MARCELLO e spesso… sopracapi…
Io?Neghi. e son piene di doglie –
BENOÎT
per esempio… mia moglie…
Io?Neghi.Un caso. (Marcello dà un pugno sulla tavola e si alza: gli altri
MARCELLO (lusingandolo) lo imitano: Benoît li guarda sbalordito)
Io?Neghi.Un caso.Bella donna! MARCELLO (terribile)
XLIII
Aggiunta: «(inquieto)».
XLIV
Aggiunta: «RODOLFO / Briccone!».
XLV
Aggiunta: «e».
XLVI
«uno».
XLVII
«ha nel cor!».
XLVIII
«magion!».
64 GIACOMO PUCCINI
XLIX
TUTTI (circondano Benoît sospingendolo verso la porta) / Silenzio! / BENOÎT (sempre più sbalordito) / Miei si-
gnori… / MARCELLO, SCHAUNARD e COLLINE / (spingendo Benoît fuori dalla porta) / Via signore! Via di qua! / TUT-
TI (sulla porta guardando verso il pianerottolo sulla scala) / … e buona sera a vostra signori… / (Ritornando nel
mezzo della scena, ridendo) / Ah! ah! ah! ah!».
1d Fino a questo momento ogni sezione ha espresso propri temi, ma dalla quarta e conclusiva (Allegretto – ,
Sol) Puccini adotta la tecnica della reminiscenza. Il tema del Quartiere latino (es. 5 A: QL) ricorda la mèta dei
quattro rimettendo in moto l’azione; subito dopo la melodia dei «cieli bigi» (es. 2) attira l’attenzione su Rodol-
fo, e anticipa l’imprevisto carattere sentimentale della sua sosta in casa, mentre la conclusione simmetrica del-
l’intera prima parte avviene con il risuonare festoso del dinamico temino della bohème (es. 1) quando i tre scen-
dono le scale. Il coordinamento fra gli episodi viene dunque completamente garantito da parametri formali: un
tema principale determina un tessuto connettivo fittissimo fra tre episodi bitematici, il quarto contiene il riepilo-
go. Ma all’ascolto l’artificio non si sovrappone all’immediatezza della ricezione, bensì esalta la naturalezza nar-
rativa che anima questo sfaccettato esordio.
L
«Al Quartiere Latin ci attende Momus».
LI
«Dividiamo».
LII
«sul tavolo). / RODOLFO e SCHAUNARD / Dividiam!».
LIII
Aggiunta: «(Sveste il camiciotto da lavoro e indossa l’abito)».
LIV
«COLLINE, SCHAUNARD e MARCELLO (comicamente)».
LV
«di fondo del».
LVI
«RODOLFO (prende dal tavolo un lume e va ad aprire l’uscio: Marcello, Schaunard e Colline escono e scendo-
no le scale) / Cinque minuti! / MARCELLO (nell’uscire)».
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 65
LVII
«sul pianerottolo, presso l’uscio aperto,».
LVIII
(Le voci di Marcello, Schaunard e Colline si fanno sempre più lontane).
LIX
Aggiunta: «(rapidamente)».
2
Anche l’incontro amoroso di Mimì e Rodolfo, materia della seconda parte del quadro, non esce dal clima pre-
cedente: vi prevale una logica musicale articolata per sezioni, ognuna di queste corrispondente a uno stato d’ani-
mo. Esse sono peraltro recepibili secondo l’articolazione della cosiddetta «solita forma» del numero d’insieme,
impalcatura tradizionale di derivazione ottocentesca, determinando un’affascinante quanto proficua ambivalen-
za strutturale: 1. scena («Non sono in vena») 2. tempo d’attacco («Sventata») 3. Adagio («Che gelida manina –
Sì mi chiamano Mimì») 4. tempo di mezzo («Ehi! Rodolfo») 5. cabaletta («O soave fanciulla»). Puccini, da uo-
mo di teatro, tenne conto delle esigenze del pubblico e delle sue abitudini d’ascolto, ma immise in questi brani
destinati all’espansione lirica un impulso di evoluzione narrativa da canto di conversazione. La traccia tradizio-
nale funge da necessario pretesto per un’inventiva tematica che si sviluppa copiosamente: s’impiegano qui ben
sette fra motivi e melodie, con relative varianti, ponendo le premesse per i quadri successivi.
LX
«angolo del tavolo, vi colloca».
LXI
«RODOLFO (scrive, s’interrompe, pensa, ritorna a scrivere, s’inquieta, distrugge lo scritto e getta via la penna.
Sfiduciato) / Non sono in vena. / Chi è là? / MIMÌ (bussa timidamente alla porta. Di fuori) / Scusi. / RODOLFO (al-
zandosi)».
2a Un motivetto del flauto che tornerà all’inizio del quadro conclusivo (Allegretto – , Si) accompagna il vano
tentativo di scrivere dell’inquieto poeta, che sembra presagire una novità incombente. Subito dopo, quando Mi-
mì bussa alla porta (Lento – , Re ) udiamo l’unica melodia dell’opera che riveste anche un ruolo effettivo di
Leimotiv, prima ancora che la protagonista entri in scena, chiave e lume spento nella mano: monta lentamente,
rompendo il clima del quotidiano affaccendarsi di Rodolfo con penna e calamaio (es. 7: A). Essa dipinge l’ani-
mo romantico della ragazza ma viene seguita, senza soluzione di continuità, da un motivo del clarinetto (es. 7:
B), il cui timbro lacera il colore affettuoso degli archi, come il germe di un morbo che si fa strada nel fisico. È
l’attimo in cui lei vacilla, preda di un malore:
66 GIACOMO PUCCINI
MIMÌ (sull’uscio, con un lume spento in mano ed una (Sviene, e Rodolfo è appena a tempo di sorreggerla
chiave) ed adagiarla su di una sedia, mentre dalle mani di
il lume.Ecco.Vorrebbe…? Mimì cadono e candeliere e chiave)
RODOLFO RODOLFO (imbarazzato)
il lume.Ecco.Vorrebbe…?S’accomodi un momento. Ed ora come faccio?… come faccio?…
MIMÌ (Va a prendere dell’acqua e ne spruzza il viso di
Non occorre. Mimì)
Ed ora come faccio?… come faccio?…Così!
RODOLFO (insistendo)
(Guardandola con grande interesse)
Non occorre.La prego, entri. Che viso da malata!
MIMÌ (entra: è presa da soffocazione)
Non occorre.La prego, entri.Ah!LXII (Mimì rinviene)
RODOLFO (premuroso) Che viso da malata!Si sente meglio?
Non occorre.La prego, entri.Ah!Si sente male? MIMÌ (con un filo di voce)
MIMÌ Che viso da malata!Si sente meglio?Sì.
No… nulla. RODOLFO
RODOLFO Ma qui c’è tanto freddo. Segga vicino al fuoco.
No… nulla.Impallidisce! (Fa alzare Mimì e la conduce a sedere presso al cami-
noLXIV)
(presa da tosseLXIII)
MIMÌ
Aspetti… un po’ di vino…
No… nulla.Impallidisce!È il respir… Quelle scale…
(Corre alla tavola e vi prende bottiglia e bicchiere)
segue nota 2a
ESEMPIO 7 (2512)
Questa dolente appendice melodica (che poggia su una pungente settima di terza specie) scomparirà poco dopo,
nel momento in cui il tema diviene l’incipit dell’aria «Sì mi chiamano Mimì» (es. 9), per riapparire in seguito,
quando la salute della grisette peggiora. Dopo questo allarme la seduzione ha corso, gli archi tolgono la sordina
e l’orchestra si anima quando lei ‘smarrisce’ la chiave (271, Un poco più mosso – , Si ), ma la musica ha lan-
ciato un preciso avvertimento.
LXII
«ma subito è presa da soffocazione)».
LXIII
«tossisce».
LXIV
«fa cenno di no».
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 67
MIMÌ MIMÌ
Aspetti… un po’ di vino…Grazie… Oh Dio! Torni ad accenderlo.
RODOLFO (le dà il bicchiere e le versa da bere) RODOLFO (accorre colla sua candela per riaccendere
Aspetti… un po’ di vino…Grazie…A lei. quella di Mimì, ma avvicinandosi alla porta anche il
MIMÌ
suo lume si spegne e la camera rimane buia)
Aspetti… un po’ di vino…Grazie…A lei.Poco, poco. Oh Dio! Torni ad accenderlo.Ecco…LXVIII Anche il
[mio s’è spento!
RODOLFO
Buio pesto!
Così?
MIMÌ
MIMÌ Buio pesto!Ah! disgraziata!
Così?Grazie. E la chiave?
(Beve) (Avanzandosi a tentoni, incontra la tavola e vi depone il
RODOLFO (ammirandola) suo candeliere)
Così?Grazie.(Che bella bambina!) RODOLFO
MIMÌ (levandosi, cerca il suo candeliere) E la chiave?Ove sarà?…
Così?Grazie.(Che bella bambina!)Ora permetta (Si trova presso la porta e la chiude)
che accenda il lume. È tutto passato. MIMÌ
RODOLFO Cerchi.
che accenda il lume. È tutto passato.Tanta fretta? (Cerca la chiave sul pavimento strisciando i piedi:
Rodolfo fa lo stesso e trovata la tavola vi depone egli pu-
MIMÌ
re il candeliere, poi torna a cercare la chiave tastando
Sì. colle mani il pavimento)
(Rodolfo accende il lume di Mimì e glielo consegnaLXV [RODOLFO]
senza far parola) Cerchi.Cerco. Ah!
Sì.Grazie. Buona sera. (La trova e la intasca)
(S’avvia per uscire) MIMÌ
RODOLFO (l’accompagna fino sull’uscio,
LXVI
poi ritorna Cerchi.Cerco. Ah!L’ha trovata?…
subito al lavoro) RODOLFO
Sì.Grazie. Buona sera.Buona sera. No…
MIMÌ (esce, poi riappare sull’uscio) MIMÌ
Sì.Grazie. Buona sera.Buona sera.Oh!LXVII sventata! No…Mi parve…
La chiave della stanza! RODOLFO
RODOLFO No…Mi parve…… in verità!
La chiave della stanza!Eh?… MIMÌ (confusa)
MIMÌ Importuna è la vicina…
La chiave della stanza!Eh?…Dove l’ho lasciata? RODOLFO
RODOLFO
Cosa dice, ma le par!
(Guidato dalla voce di Mimì, Rodolfo finge di cercare
Non stia sull’uscio; il lume, vede, vacilla al vento.
mentre si avvicina ad essa: Mimì si china a terra e cerca
(Il lume di Mimì si spegne) a tastoni; Rodolfo colla sua mano incontra quella di
Mimì, e l’afferra)LXIX
LXV
«scorge a terra il candeliere, lo raccoglie, accende e lo consegna a Mimì».
LXVI
«sino all’uscio».
LXVII
«interno) / Oh! / (Rientrando in scena, e fermandosi sul limitare della porta, che rimane aperta)».
LXVIII
«Oh Dio!…».
LXIX
«MIMÌ (avanzandosi a tentoni, incontra il tavolo e vi depone il suo candeliere) / Ah! E la chiave ove sarà? /
RODOLFO (si trova presso la porta e la chiude) / Buio pesto! / MIMÌ / Disgraziata! / RODOLFO / Ove sarà? / MIMÌ (ri-
68 GIACOMO PUCCINI
pete con grazia, avvicinandosi ancora più cautamente) / Importuna è la vicina… / RODOLFO (si volge dalla parte
ove ode la voce di Mimì) / Ma le pare? / MIMÌ / Importuna è la vicina… / (Cerca la chiave sul pavimento strisciando
i piedi) / RODOLFO / Cosa dice, ma le pare? / MIMÌ / Cerchi! / RODOLFO (urta nel tavolo, vi depone il suo candelie-
re e si mette a cercare la chiave brancicando le mani sul pavimento) Cerco! / MIMÌ / Ove sarà? / RODOLFO (trova
la chiave e lascia sfuggire una esclamazione, poi subito pentito mette la chiave in tasca) / Ah! / MIMÌ / L’ha trova-
ta? / RODOLFO / NO! / MIMÌ / Mi parve… / RODOLFO / In verità. / MIMÌ (cerca a tastoni) / Cerca? / RODOLFO (finge
di cercare, ma guidato dalla voce e dai passi di Mimì, tenta di avvicinarsi ad essa) / Cerco! (Mimì, china a terra,
cerca sempre a tastoni: in questo momento Rodolfo si è avvicinato ed, abbassandosi esso pure, la sua mano in-
contra quella di Mimì)».
LXX
Aggiunta: «, con voce piena di emozione,».
2b «Che gelida manina» (Andantino affettuoso-Andante sostenuto-Andante lento – - - , Re Fa La ) è
concepita diversamente dal compositore rispetto ai librettisti: mentre il testo propone due sezioni, una di versi liri-
ci di vari metri e un’altra formata da sette terzine di settenari (con rime virtuosistiche tra i primi versi delle terzine,
due a due, seguiti da distici), Puccini lo divide in quattro parti, permeandole di un’inarrestabile vena lirica che si svi-
luppa a partire dal declamato iniziale, quando la voce sale subito d’impulso al La 3 («Cercar, che giova?), come la
luna sale nel cielo rischiarando la scena. Nella manciata di battute in stile recitativo («Chi son?!») ricompare, va-
riata con brio in orchestra, la prima melodia del poeta («Nei cieli bigi»), che si coglie meglio nella sezione seguen-
te, alle parole «In povertà mia lieta scialo da gran signore», altisonante similitudine riferita all’aver appena buttato
le sue fatiche letterarie nel fuoco. Questo rimando a un evento precedente può essere letto anche in chiave simboli-
ca, saldando nuovamente la logica formale ciclica, con la ripresa del tema, al procedere del racconto. La parte con-
clusiva è la più lirica (es. 8), con tutti gl’ingredienti tradizionali, compreso il Do acuto del tenore, facoltativo ma
preferibile perché corrisponde alla parola «speranza», quasi come un ‘madrigalismo’. L’appassionata melodia che
la traina (es. 8) dà inizio alla retorica dichiarazione d’amore di Rodolfo, e quando riapparirà all’inizio dell’a due
con Mimì (I, 41) il contatto emotivo verrà stabilito con un’immediatezza maggiore.
ESEMPIO 8 (327)
Ma la si confronti col motivo che regge la scena quando gli amici ricevono il padrone di casa (es. 6): anche in
questo caso la parentela è innegabile, e contribuisce a intrecciare nel segno della vita quotidiana lavoro, amici-
zia, necessità e… amore.
LXXI
Aggiunta: «([Mimì] vorrebbe ritirare la mano)».
LXXII
Aggiunta: «: Rodolfo lascia la mano di Mimì, la quale indietreggiando trova una sedia sulla quale si lascia
quasi cadere, affranta dall’emozione».
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 69
LXXV
V’entrar con voi pur ora MIMÌ
ed i miei sogni usati Vi piace dirlo?Sì.
tosto son dileguati.LXXIII Mi chiamano Mimì,2c
Ma il furto non m’accora, ma il mio nome è Lucia.
poiché vi ha preso stanza La storia mia
unaLXXIV dolce speranza! è breve. A tela o a seta
Or che mi conoscete, ricamo in casa e fuori,
parlate voi. Chi siete? in bianco ed a colori.
Vi piace dirlo? Lavoro d’ago,
LXXIII
«e i bei sogni miei / tosto si dileguar!».
LXXIV
«la».
LXXV
Aggiunta: «Deh! parlate! Chi siete? Vi piaccia dir. / MIMÌ (è un po’ titubante, poi si decide a parlare; sempre
seduta)».
2c Più sfaccettata la struttura dell’aria di Mimì (Andante lento-Andante calmo-Allegretto moderato-Andante so-
stenuto molto-I tempo – - , Re), la cui frase iniziale era stata anticipata dai clarinetti (cfr. es. 7), nel momento
in cui la ragazza aveva bussato alla porta:
ESEMPIO 9 (35)
Anche questa importante melodia nasce quindi in orchestra e viene poi ripresa dal soprano, per poi divenire l’ele-
mento di sutura fra le diverse sezioni dell’assolo, in guisa di una forma di rondò. Puccini la fa intonare sempre
sulla nona di dominante (qui di Fa), prima di adagiarla sulla dominante della tonalità d’impianto. Un tocco d’ec-
centricità che conferisce il necessario rilievo al Leitmotiv della protagonista, isolandolo dal contesto dei buoni
sentimenti professati sommessamente nelle varie sezioni, in cui Mimì racconta di sé e delle proprie inclinazioni,
facendo riferimento a degli oggetti: «a tela e a seta» ricama «in casa e fuori», per svagarsi fa «gigli e rose», e so-
prattutto le «piaccion quelle cose che han sì dolce malia», una sezione a cui risponde l’analoga «Germoglia in un
vaso una rosa» (ed entrambe ancorano saldamente la ragazza alla vita di tutti i giorni, fatta di persone e ogget-
ti, un tema, questo, capitale dell’opera di Puccini). La melodia che ricorda la sua inclinazione a trasfigurare nel-
la fantasia la realtà, elevandola al rango di ideale, verrà ribadita alla fine dell’assolo e tornerà molte volte nel cor-
so dell’opera, in particolare pochi istanti dopo la sua morte, quasi come un laico segno della fine, un sereno
ritorno al mondo delle cose inanimate:
ESEMPIO 10 (36)
«Sola mi fo» è un fugace stacco gaio, mentre nel momento culminante, «Ma quando vien lo sgelo», la voce pren-
de, per contrasto, uno slancio lirico indimenticabile. Tutte le sezioni dell’aria che identificano un particolare lato
del carattere di Mimì verranno riprese, come vedremo, nei quadri terzo e quarto con la semplice funzione di do-
lorosa reminiscenza della vita quotidiana, mentre al Leitmotiv spetterà l’ingrato compito di mostrarci il suo pro-
gressivo cambiamento, dovuto all’implacabile incedere della malattia (cfr. es. 17 A).
70 GIACOMO PUCCINI
LXXVI
Aggiunta: «(commosso)».
LXXVII
Aggiunta: «(Con semplicità)».
LXXVIII
«là in una bianca cameretta: / guardo sui tetti e in».
LXXIX
«il primo bacio dell’aprile è mio! / Germoglia in un vaso una rosa… / Foglia a foglia la spio! / Così».
LXXX
«Ma i fior ch’io faccio,».
2d La combriccola ha un bel deridere da fuori scena, accompagnata dal tema della bohème (Allegretto come prima
– , Sol), la «poesia» di cui si circonda il loro amico: nel breve a due conclusivo (il corrispettivo di una cabalet-
ta),2e condotto sulla melodia più appassionata dell’aria di Rodolfo (Largo sostenuto – , La, es. 8), l’amore roman-
tico è assoluto protagonista, e assorbe ogni sentimento piccino nell’anelito all’ideale, sia dell’uno che dell’altra. È dun-
que evidente, guardando a questo quadro primo nel suo complesso, come la tradizionale organizzazione per numeri
non sia che un veicolo di comprensione adottato da Puccini per accentuare l’universalità del messaggio, e come ben
più raffinata struttura formale governi, in realtà, l’intero quadro. Il senso di dilatazione psicologica del tempo, tipi-
co dell’innamoramento, è prodotto grazie a quest’abile stilizzazione, e perciò acquista tratti così veritieri.
LXXXI
«avviandosi».
LXXXII
«rivolgendosi a Mimì».
LA BOHÈME – QUADRO PRIMO – IN SOFFITTA 71
LXXXIII
«saremo».
LXXXIV
«(Perdendosi) / (Molto lontano, quasi gridato)».
LXXXV
«avvicina ancor più».
LXXXVI
Aggiunta: (assai commossa) / Ah! tu sol comandi, amor!… / (Quasi abbandonandosi)».
LXXXVII
«già nell’anima / le dolcezze estreme. / (Cingendo con le braccia Mimì) / Fremon nell’anima dolcezze estre-
me, / nel bacio freme amor!».
LXXXVIII
«(dolcissimo) / Sei mia! / MIMÌ / V’aspettan gli amici…».
LXXXIX
Aggiunta: «(titubante)».
XC
Aggiunta: «(con gentilezza)».
XCI
«(sorpreso) / (Che?… Mimì? / (Insinuante».
XCII
Aggiunta: «(con grande abbandono)».
XCIII
Aggiunta: «(aiuta amorosamente Mimì a mettersi lo scialle)».
XCIV
Aggiunta: «(con molta grazia a Mimì)».
72 GIACOMO PUCCINI
XCV
Aggiunta: «sottobraccio alla porta d’uscita».
XCVI
«Che m’ami di’…».
XCVII
«Io t’amo!».
QUADRO SECONDO
AL QUARTIERE LATINO, LA VIGILIA DI NATALE3
«… Gustavo Colline, il grande filosofo; Marcello, il grande pittore; Rodolfo, il grande poe-
ta; e Schaunard, il grande musicista – come essi si chiamavano a vicenda – frequentavano
regolarmente il Caffè Momus dove erano soprannominati: I quattro Moschettieri, perché
indivisibili.
Essi giungevano infatti e giuocavano e se ne andavano sempre insieme e spesso senza pa-
gare il conto e sempre con un “accordo” degno dell’orchestra del Conservatorio».
«Madamigella Musetta era una bella ragazza di venti anni…
Molta civetteria, un pochino di ambizione e nessuna ortografia…
Delizia delle cene del Quartiere latino…
Una perpetua alternativa di brougham bleu e di omnibus, di via Breda e di Quartiere lati-
no.
– O che volete? – Di tanto in tanto ho bisogno di respirare l’aria di questa vita. La mia fol-
le esistenza è come una canzone: ciascuno de’ miei amori è una strofa, – ma Marcello ne è
il ritornello».
Un crocicchio di vie che al largo prende forma di piazzale; botteghe, venditori di ogni ge-
nere; da un lato, il Caffè Momus.
(Nella folla si aggirano RODOLFO e MIMÌ. COLLINE presso alla botte di una rappezzatrice;
SCHAUNARD ad una bottega di ferravecchi sta comperando una pipa e un corno, MARCELLO
è spinto qua e là dal capriccio della gente. Gran folla e diversa: borghesi, soldati, fantesche,
ragazzi, bambine, studenti, sartine, gendarmi, ecc. È sera. Le botteghe sono adorne di lam-
pioncini e fanali accesi; un grande fanale illumina l’ingresso del Caffè Momus. Il Caffè è af-
follatissimo così che alcuni borghesi sono costretti a sedere ad una tavola fuori all’aperto)
3 Il quadro secondo è l’immediata prosecuzione del precedente. Puccini aveva già affrontato e risolto con inne-
gabile maestria i problemi formali del grande concertato d’azione nella conclusione dell’atto terzo di Manon Le-
scaut, ma qui le difficoltà erano indubbiamente maggiori, data l’ampiezza e la quantità delle azioni. Poté conta-
re sul modello scenico della prima parte dell’atto quarto di Carmen, non solo per il trattamento di coro misto e
di ragazzi, con i solisti in parlante su temi in orchestra, ma anche per la massiccia presenza nei versi di oggetti
quotidiani. Rispetto a Bizet, Puccini riuscì a coordinare una maggior quantità di eventi, affidati a piccoli gruppi
corali e ai solisti, e lo fece assicurando al contempo le opportune sincronie e una fulminea rapidità, con un ta-
glio quasi cinematografico. L’intero quadro, analizzato sulla falsariga del precedente, rivela una struttura artico-
lata in sezioni, dominate dalla fanfara che simboleggia il Quartiere latino (es. 5 A: QL) – presentata sovente in
forme variate – e da un’affabile melodia utilizzata per mettere in rilievo i dialoghi dei protagonisti. Inoltre il te-
ma della bohème s’inserisce nello squarcio dedicato alla cuffietta, proprio nel momento in cui il romantico pe-
gno d’amore provoca l’amareggiata reazione di Marcello («Secondo il palato è miele o fiele»). L’effetto è quello
di un grande finale centrale, articolato sui seguenti snodi (i riferimenti alla «solita forma», come nel caso prece-
dente, intendono essere solo un’indicazione di comodo): 1. scena («Aranci, datteri!») 2. tempo d’attacco («Oh!
Essa! Musetta») 3. pezzo concertato («Quando men vo») 4. tempo di mezzo («Marcello – Sirena») 5. stretta
(marcia militare).
74 GIACOMO PUCCINI
SCHAUNARD (soffia nel corno e ne cava note stra- VENDITORI (sul limitare delle loro botte- LA FOLLA Al Caffè
XCVIII
ne ) ghe) BORGHESI
Re! Re! Re!… Falso questo Re!… Quanta folla! – Andiam, qua, camerier!
(Tratta col ferravecchi) – Aranci, datteri! DONNE
Pipa e corno quant’è?XCIX Quanta folla!Che chiasso!
– Presto!
C
COLLINE (alla botte della rappezzatrice che gli – Aranci, datteri!– Caldi i marroni! 3a STUDENTI e SARTINE
sta cucendo la falda di uno zimarrone usato Stringiti a me, corriamo.
che egli ha appena comperato) UNA MAMMA (chiamando le sue – Presto!– Corri!
– Spillette, ninnoli, croci. figliole)
È un poco usato…
Lisa! Emma!…
ma è serio e a buon mercato… – Presto!– Corri!– Vien qua!
– Spillette, ninnoli, croci.– Torroni BORGHESI
(Paga e distribuisce con giusto equilibrio i li- Lisa! Emma!…Date il passo.
bri dei quali è carico nelle molte tasche del- UNA MAMMA
CI – A me!
e caramelle!
lo zimarrone) Emma, quando ti chiamo!
MARCELLO (tutto solo in mezzo alla folla, con SARTINE – A me!– Birra!
un involto sotto il braccio, occhieggiando le e caramelle!– Fiori alle belle! Ancora un altro giro…
donnine che la calca gli getta quasi fra le STUDENTI
– Oh! la crostata! – A me!– Birra!– Un bicchier!
braccia) Pigliam via Mazzarino.
Io pur mi sento in vena di gridare: DONNE
chi vuol, donnine allegre, un po’ d’amore?CII – Oh! la crostata!– Panna montata! Qui mi manca il respiro!… – Vaniglia!…
Facciamo insieme a vendere e comprar! BORGHESI
Io do ad un soldo il vergine mio cuor!CIII – Fringuelli, passeri! Vedi? Il Caffè è vicino – Vaniglia!…– Ratafià!
SARTINE (ammirando una bache-
(Rodolfo e Mimì, a braccio, attraversano la ca)
folla avviati al negozio della modista) – Fringuelli, passeri!– Datteri! Oh! Stupendi gioielli! – Dunque? Presto!…
RODOLFO STUDENTI (abbracciandole)
Andiam. – Fringuelli, passeri!– Datteri!– Trote! Son gli occhi assai più belli! – Dunque? Presto!…– Da ber!
XCVIII
«dopo aver soffiato nel corno che ha contrattato a lungo con un venditore di ferravecchi». Questa prima co-
lonna del libretto viene estrapolata dal concertato e posta dopo l’intreccio più fitto delle voci della folla in parti-
tura («studenti, sartine, monelli, borghesi e popolo»), folla che nel prosieguo interviene riprendendo altri inter-
venti tratti dalle tre colonne dove si sviluppa la parte corale.
XCIX
Aggiunta: «(Paga)».
C
«presso la».
3a L’azione è preceduta, a sipario chiuso, dalle stesse triadi parallele udite quando Schaunard aveva decantato i
pregi del Quartiere latino (Allegro focoso – - , Fa-La -Mi), affidate alla fanfara delle tre trombe (es. 5 A: QL):
anche questo accorgimento ribadisce la continuità rispetto al quadro precedente. Il coro attacca, diviso in vari
gruppi, mentre la tela si alza mostrando il brulicare della folla, un colpo d’occhio che normalmente riscuote un
applauso a scena aperta. Gli amici che fanno compere alle bancarelle trovano un loro spazio musicale che li iso-
la quasi avessero un riflettore puntato addosso, e così pure Rodolfo e Mimì che avanzano fra la gente parlando
d’amore (sempre in La ), coi bambini che si sparpagliano in qua e in là rincorsi dalle mamme e le grida dei ven-
ditori che si sovrappongono. In questo complesso concertato non c’è un solo episodio che perda di rilievo, da
Schaunard che compra una pipa e il corno stonato, a Colline che riempie di libri la zimarra appena acquistata
dopo averla fatta rammendare, Marcello che scherza con le donne, Rodolfo che regala una cuffietta rosa a Mi-
mì domandandole «Sei felice?» mentre il tema d’amore (es. 8) puntualmente ricompare.
CI
«MONELLI / Voglio una lancia! / BORGHESI / Io soffoco partiamo. / DUE MAMME».
CII
Aggiunta: «(Avvicinandosi a una ragazza)».
CIII
Aggiunta: «(La ragazza si allontana ridendo)».
LA BOHÈME – QUADRO SECONDO – AL QUARTIERE LATINO 75
(La folla si espande per le vie adiacenti. Le botteghe sono piene di compratori che vanno e vengono. Nel Caffé
pure e sempre movimento di persone che entrano, escono e si avviano chi per una strada, chi per un’altra.
Passato il primo momento di confusione, il crocicchio diventa luogo di passaggio, animatissimo sempre)
SCHAUNARD (viene a gironzolare avanti al Caffè
Momus aspettandovi gli amici; intanto armato
della enorme pipa e del corno da caccia guarda
curiosamente la folla)
Fra spintoni e pestate ansandoCVI affretta
la folla e si diletta
nel provar voglie matte – insoddisfatte…
Se la spassa così con poche spese
il buon ceto borghese.
COLLINE (se ne viene al ritrovo avvolto nello zimar-
rone troppo lungo per lui, e che gli fa intorno delle pie-
ghe da toga romana, agitando trionfalmente un vec-
chio libro)
(Rodolfo e Mimì escono dalla bottega) Copia rara, anzi unica:
CVII
RODOLFO (a Mimì) la grammatica runica!
Vieni, gli amici aspettano. SCHAUNARD (che giunge in quella alle spalle di Col-
MIMÌ line, compassionandolo)
Vieni, gli amici aspettano.È da un pezzo Che uomo onesto!
CIX
che mi struggevo d’una MARCELLO (arriva al Caffè Momus e vi trova
CVIII
CIV
«Andiam per».
CV
«MIMÌ / A te mi stringo… / RODOLFO e MIMÌ / Andiam! / (Entrano in una bottega da modista)».
CVI
«accorrendo».
CVII
«uscendo dalla modista insieme a».
CVIII
«arrivando al Caffè Momus grida a».
CIX
«(accennando ad una cuffietta che porta graziosamente) / Mi sta ben questa».
3b Ecco che l’oggetto più importante s’impone sul proscenio ( , Mi-La ): una frasetta di Mimì – sette note in tut-
to – sollecita all’amante il dono di una cuffietta tanto agognata, mentre i due si muovono felici, aprendosi un var-
co musicale fra la folla:
ESEMPIO 11 (II, 412)
La musica stabilisce poco dopo un chiaro rapporto fra la cuffietta e chi la indossa, quando Rodolfo apprezza la
giusta armonia tra il color bruno dei capelli e quello rosa dell’oggetto.
76 GIACOMO PUCCINI
CX
«ammirando la bacheca di una bottega».
CXI
«bel! / (Rodolfo e Mimì, in dolce colloquio, si avviano verso il fondo della scena e si perdono nella folla) / (Ad
una bottega del fondo un venditore monta su di una seggiola, con grandi gesti offre in vendita delle maglierie, dei
berretti da notte, ecc. Un gruppo di ragazzi accorre intorno alla bottega e scoppia in allegre risate) / MONELLI (ri-
dendo) / Ah! Ah! Ah! Ah! / SARTINE e STUDENTI (accorrendo nel fondo presso i monelli, ridendo) / Ah! Ah! Ah!…
/ BORGHESI / Facciam coda alla gente! / Ragazze, state attente! / Che chiasso! Quanta folla! / Pigliam via Mazza-
rino! / Io soffoco, partiamo! / Vedi il Caffè è vicin! / Andiamo là da Momus! / (Entrano nel caffè) / VENDITORI /
Aranci, datteri, ninnoli, fior! / (Molta gente entra da ogni parte e si aggira per il piazzale, poi si raduna nel fon-
do) / (S’avanzano di nuovo Rodolfo e Mimì: questa osserva un gruppo di studenti)».
CXII
«(Marcello, Schaunard e Colline cercano se vi fosse un tavolo libero fuori del caffè all’aria aperta, ma ve n’è
uno solo ed è occupato da onesti borghesi. I tre amici li fulminano con occhiate sprezzanti, poi entrano nel caffè)
/ (Colline, Schaunard e Marcello escono dal caffè portando fuori una tavola; li segue un cameriere colle seggiole;
i borghesi al tavolo vicino,».
CXIII
RODOLFO (con dolce rimprovero).
CXIV
«Ah!… sì,».
CXV
«Rodolfo e Mimì s’avviano al Caffè Momus».
CXVI
«Vogliamo una cena prelibata. Lesto! / SCHAUNARD / Per molti / MARCELLO, SCHAUNARD e COLLINE (al came-
riere che corre frettoloso entro al caffè, mentre un altro ne esce con tutto l’occorrente per preparar la tavola) / Le-
sto! / RODOLFO (si unisce agli amici e presenta loro».
3c La prima, breve pausa lirica permette a Rodolfo di presentare con passione Mimì agli amici (Allegretto mo-
LA BOHÈME – QUADRO SECONDO – AL QUARTIERE LATINO 77
(Presenta)
Questa è Mimì
che a me s’appaia
gaia – fioraia.
Il suo venir completa
la bella compagnia,
CXVII
perch’io sono il poeta,
essa la poesia.
(Nel fondo, da via Vecchia Commedia, attraver- Dal mio cervel sbocciano i canti,
so il crocicchio, passa un venditore di frutta sec- dalle sue dita sbocciano i fior;
ca, urlando a piena gola) dall’anime esultanti
Vere ed autentiche – prugne di Tours! sboccia l’amor.
MARCELLO (ironico)
Dio, che concetti rari!
CXVIII
COLLINE
Dio, che concetti rari!Digna est intrari.
CXIX
SCHAUNARD
Ingrediat si necessit.
UNA VOCE (da lontano, avvicinandosi) MARCELLO
CXX
segue nota 3c
derato-Andante mosso – , mi-Mi), intonando una variante del suo tema («Dal mio cervel sbocciano i canti»),
un peana enfatico che consente a Colline e Schaunard di sfoggiare il loro latino da caffè.
CXVII
«Perché son io il poeta».
CXVIII
Aggiunta: «(solenne, accennando a Mimì)».
CXIX
Aggiunta: «(con autorità comica)».
CXX
«COLLINE».
3d Il breve inserto di Parpignol (12, Allegretto giocoso – , Fa) vuol essere un richiamo all’infanzia innocente, a
un tempo di capricci come fa Mimì, che reclama la crema facendo eco al bimbo che vuole «la tromba, il caval-
lin». «O bella età d’inganni ed utopie» la definisce Marcello alla ripresa del dialogo: è la frase della realtà, con-
tro l’euforia dell’amore, ma tradisce al tempo stesso la nostalgia di quel sentimento che di lì a poco avrà occa-
sione di dimostrare.
CXXI
«(vedendo il cameriere gli grida con enfasi)».
CXXII
Aggiunta: «il popolare venditore di giocattoli; una turba di ragazzi lo segue saltellando allegramente e cir-
conda il carretto ammirandone i giocattoli».
CXXIII
Aggiunta: «/ (Esaminando la carta ed ordinando ad alta voce al cameriere)».
78 GIACOMO PUCCINI
(I fanciulli non vogliono andarsene; uno di essi scoppia Dolci.E gran sfarzo. C’è una dama!
in pianto: la mamma lo prende per un orecchio ed esso si
mette a gridare che vuole i giocattoli di Parpignol. Le
mamme, intenerite, comprano. Parpignol prende giù per
via Vecchia Commedia, seguito dai ragazzi che fanno un
gran baccano con tamburi, tamburelli e trombette)
PARPIGNOL (da lontano)
CXXVII
Ecco i giocattoli di Parpignol!
CXXIV
«Il tambur, tamburel! / (Bambine e ragazzi, attorniato il carretto di Parpignol, gesticolano con gran vivaci-
tà; un gruppo di mamme accorre in cerca dei ragazzi e, trovandoli intorno a Parpignol, si mettono a sgridarli; l’una
prende il figliolo per una mano, un’altra vuole condur via la propria bambina, chi minaccia, chi sgrida, ma inu-
tilmente, ché bambine e ragazzi non vogliono andarsene».
CXXV
Aggiunta: «(strillanti e minaccianti)».
CXXVI
Aggiunta: «(con somma importanza al cameriere, che prende nota di quanto ordinato)».
CXXVII
«(Una mamma prende per un orecchio un ragazzo, il quale si mette a piagnucolare) / RAGAZZO (piagnuco-
lando) / Vo’ la tromba, il cavallin!… / (Le mamme, intenerite, si decidono a comperare da Parpignol, i ragazzi sal-
tano di gioia, impossessandosi dei giocattoli. Parpignol prende giù per via Vecchia Commedia. I ragazzi e le bam-
bine allegramente lo seguono, marciando e fingendo di suonare gli strumenti infantili acquistati loro) / BAMBINE e
RAGAZZI / Viva Parpignol, Parpignol! / (Interno) / Il tambur! Tamburel! / (Più lontano) / Dei soldati il drappel!».
CXXVIII
«come continuando il discorso».
CXXIX
Aggiunta: «(mostrando una cuffietta che toglie da un involto)».
LA BOHÈME – QUADRO SECONDO – AL QUARTIERE LATINO 79
SCHAUNARD (interrompendo)
tanto che sembra ver ciò ch’egli esprime!
MARCELLO (guardando Mimì)
O bella età d’inganni e d’utopie!
Si crede, spera, e tutto bello appare!
RODOLFO
La più divina delle poësie
è quella, amico, che c’insegna amare!
MIMÌ
Amare è dolce ancora più del miele…
MARCELLO (stizzito)
E secondo il palato è miele, o fiele!…
MIMÌ (sorpresa, a Rodolfo)
O Dio! … l’ho offeso!
RODOLFO
O Dio! … l’ho offeso!È in lutto, mia Mimì…
SCHAUNARD e COLLINE (per cambiare discorso)
Allegri, e un toast!…
MARCELLO (al cameriere)
Qua del liquor!
MIMÌ, RODOLFO e MARCELLO (mentre s’alzano
tutti)
E via i pensier!
Alti i bicchier!
TUTTI
Beviam!… beviam…]CXXX
LE MAMME BOTTEGAIE (nel ritirarsi a un tratto si sof- (All’angolo di via Mazzarino appare una bel- MARCELLO (fattosi cupo a un tratto alla vista di
fermano dalla parte delle loro botteghe a riguardare lissima signora dal fare civettuolo ed allegro, Musetta, al cameriere che si avvia)
una bella signora: meravigliate nel riconoscere in lei dal sorriso provocante. Le vien dietro un si- E gran sfarzo. C’è una dama!E a me
Musetta, sussurrano fra loro additandosela)3e gnore pomposo, pieno di pretensione negli una fiala di
CXXXI
tossico!
– Tò, è Musetta! abiti, nei modi, nella personaCXXXII) (Si lascia cadere sulla sedia)
– Tò, è Musetta!– Lei! ALCINDORO DE MITONNEAUX (raggiunge trafela- SCHAUNARD, COLLINE e RODOLFO (alla esclama-
– Tò, è Musetta!– Lei!– Tornata! to Musetta) zione di Marcello si volgono e esclamano
CXXXIII
)
– Proprio lei! CXXXI
– Proprio lei!– Sì. Come un facchino… una fiala di tossico!Oh! Musetta!
– Proprio lei!– Sì.– Sì. correr di qua… di là… (Gli amici guardano con gli occhi pieni di compas-
– Proprio lei!– Sì.– Sì.– È Musetta!
CXXXIV
di su… di giù sione Marcello, che si è fatto pallido. Il cameriere co-
CXXX
L’episodio, assente nel libretto del 1896, è stato integrato dal libretto con © 1898, con la sola aggiunta del
quinario tronco «qua del liquor».
CXXXI
«(interrompendo, perché ha veduto da lontano Musetta, gridando) / E ch’io beva del».
CXXXII
Aggiunta: «Musetta con passi rapidi, guardando qua e là come in cerca di qualcuno, mentre Alcindoro la
segue, sbuffando e stizzito».
CXXXIII
«(con sorpresa vedendo Musetta)».
CXXXIV
«(vedendo Musetta) / To’! Lei! Sì ! To’! Lei! / Musetta».
3e L’episodio di Musetta e del suo riavvicinamento a Marcello (16, Allegro moderato – - , La ), a differenza del-
l’incontro tra Rodolfo e Mimì, non comporta una vera e propria divisione del quadro in due metà ma s’inseri-
sce fluidamente nel contesto della scena concertata. Puccini piegò con estrema abilità un materiale melodico piut-
tosto omogeneo a varie funzioni. Dal tema mosso, che si ode nel momento in cui la ragazza fa il suo ingresso (es.
12 A), ricavò la capricciosa melodia che ne caratterizza la frivolezza (es. 12 B), destinata a ricomparire più vol-
80 GIACOMO PUCCINI
– Siamo in auge! pel Quartier latino… mincia a servire; Schaunard e Colline guardano sem-
– Siamo in auge!– Che toeletta! No, non ci sta…CXXXV pre di sott’occhi dalla parte di Musetta e parlano di
(Entrano nelle loro botteghe) Io non ne posso più! lei; Marcello finge la massima indifferenza. Rodolfo
STUDENTI e SARTINE (attraversando la scena) Ragazza benedetta, solo non ha occhi e pensieri che per Mimì)
– Guarda guarda chi si vede! tal foga m’affoga! MARCELLO
Mi sloga e sgarretta Essa!
– Con quel vecchio che sgambetta!CXXXVI tal furia scorretta. SCHAUNARD (alla vista del vecchio signore decora-
– Proprio lei! (La bella signora, senza curarsi di lui, s’avvia verso to)
– Proprio lei!– Proprio! il Caffè Momus e prende posto alla tavola lasciata li- Essa!Quel brutto coso
– Proprio lei!– Proprio!– È Musetta! bera) che ai fianchi le si affanna…
CXXXVII
segue nota 3e
te in stretta relazione con le parole con cui Musetta la intona («Voglio fare il mio piacere»), mentre dedicò una
variante per tratteggiare l’ansimante Alcindoro, quasi fosse un’appendice di lei (717):
ESEMPIO 12 A (16)
ESEMPIO 12 B (218)
Sui due temi, l’uno dei quali trapassa nell’altro senza soluzione di continuità, Puccini basò le sezioni dialogiche,
mentre fermò l’azione ponendo al centro il sensuale valzer lento tripartito ( , Mi) «Quando men vo soletta», usa-
to come musica di scena: Musetta intona una vera canzone per sedurre il suo uomo. Nel frattempo, fra le pieghe
della scena, Rodolfo e Mimì hanno già iniziato a discutere (lui a lei: «Sappi per tuo governo / che non darei per-
dono in sempiterno»).
CXXXV
Aggiunta: «MUSETTA (chiamandolo come un cagnolino) / Vien, Lulù! / ALCINDORO».
CXXXVI
«balbetta!».
CXXXVII
«mi par che sudi».
CXXXVIII
«vede la tavolata degli amici innanzi al Caffè Momus ed indica ad Alcindoro di sedersi al tavolo lasciato
libero poco prima dai borghesi».
LA BOHÈME – QUADRO SECONDO – AL QUARTIERE LATINO 81
CXXXIX
Aggiunta: (Un cameriere si avvicina e prepara la tavola) / MUSETTA / Non farmi il Barbablù! / (Siede an-
ch’essa al tavolo rivolta verso il caffè)».
CXL
«(con curiosità)».
CXLI
Aggiunta: «del tavolo vicino».
CXLII
«Il suo nome è».
CXLIII
«È come la».
CXLIV
Aggiunta: «(Con amarezza)».
CXLV
«annusando un piatto, al cameriere che accorre ad essa».
CXLVI
«frenandola».
CXLVII
«vedendo che Marcello non si volta».
82 GIACOMO PUCCINI
CXLVIII
«vo’ far quel che mi pare».
CXLIX
«io t’amo tanto, e».
CL
Aggiunta: «(Schaunard e Colline si alzano e si portano da un lato, osservando la scena con curiosità, mentre
Rodolfo e Mimì rimangon soli, seduti, parlandosi con tenerezza. Marcello, sempre più nervoso ha lasciato il suo
posto, vorrebbe andarsene, ma non sa resistere alla voce di Musetta)».
CLI
«tutta ricerca in me».
CLII
«dagli occhi traspira / e dai palesi vezzi».
CLIII
«piaccionmi».
CLIV
«tutta m’aggira, / felice».
CLV
«(commosso sommamente, avanzandosi) / (Gioventù mia, / tu non sei». La strofa di Marcello viene spostata
poche battute dopo, quando Musetta avvia un’altra sezione concertata («Sciogli, slaccia»).
3f Davvero impossibile resistere più a lungo a tanta grazia, e dopo l’ironico concertato, Marcello riprende la me-
lodia della ragazza, doppiato dall’orchestra al massimo volume, con la sonorità che poi passa di colpo al più che
LA BOHÈME – QUADRO SECONDO – AL QUARTIERE LATINO 83
CLVI
ALCINDORO RODOLFO né di te morto è il sovvenir!
(Quel canto scurrile Spento amor non risorge. È fiacco amore Se tu battessi alla mia porta
mi muove alla bile!)CLVII quel che le offese vendicar non sa. t’andrebbe il mio core ad aprir!)
segue nota 3f
pianissimo: un coordinamento magistrale fra i tempi drammatici sullo spazio scenico diviso, che porta la secon-
da coppia a ricongiungersi in un abbraccio, ma sempre con un distacco ironico da parte dell’autore, che trova
voce nel disincantato commento di Schaunard («Siamo all’ultima scena!»).
CLVI
Aggiunta: «(si avvicina a Musetta, cercando di farla tacere)».
CLVII
Aggiunta: «(Sulle spine) / Quella gente che dirà? / (Tenta inutilmente di persuadere Musetta a riprendere il
suo posto alla tavola, dove la cena è già pronta)».
CLVIII
«(simulando un forte dolore a un piede va di nuovo a sedersi)».
CLIX
«Dove? / (Si china per slacciare la scarpa a Musetta) / MUSETTA (mostrando il piede con civetteria)».
CLX
«Imprudente».
CLXI
«pone».
CLXII
«nasconde prontamente nel panciotto la scarpa di Musetta, poi».
84 GIACOMO PUCCINI
MUSETTA ALCINDORO
Presto!Aspetta!Strillo! Presto!Aspetta!Strillo!Vo.
(Per timore di maggior scandalo Alcindoro corre fretto-
losamente verso la bottega del calzolaioCLXIII)
(Appena partito Alcindoro, Musetta si alza e si getta nel- (Lontanissima si ode la ritirata militare, che poco a po-
le braccia di Marcello, che non sa più resistere
CLXIV
) co va avvicinandosi: la gente accorre da ogni parte, guar-
MUSETTA dando e correndo di qua, di là, onde vedere da quale
Oh Marcello! parte giunge)
MARCELLO BORGHESI
CLXV
Oh Marcello!Sirena! La ritirata. - Vien la ritirata.
SCHAUNARD Oh, largo – largo – abbasso!
Siamo all’ultima scena! MONELLI
(Un cameriere porta il conto) Come sarà arrivata
TUTTI (meno Marcello)
CLXVI
la seguiremo al passo.
Il conto! BORGHESI
SCHAUNARD In quel rullio tu senti
Il conto?Così presto?3g la patria maestà!
COLLINE MONELLI
Chi l’ha richiesto? S’avvicinano – attenti
SCHAUNARD in fila. Eccoli qua.
Vediamo! (Mamme e fanciulle alle finestre ed ai balconi guardan-
(Si fa dare il conto, che fa il giro degliCLXVII amici) do la ritirata che arriva)
CLXVIII
COLLINE e RODOLFO FANCIULLE
Vediamo!Caro! Mamà
CLXIX
voglio vedere,
CLXIII
«via».
CLXIV
«Musetta e Marcello si abbracciano con grande entusiasmo».
CLXV
«(La ritirata è lontanissima e andrà sempre avvicinandosi a poco a poco) / MONELLI (accorrendo da destra) /
La ritirata! / SARTINE e STUDENTI (sortono precipitosamente dal Caffè Momus) / La ritirata! / BORGHESI (accorren-
do da sinistra. La ritirata essendo ancora lontana, la gente accorre da un lato all’altro della scena, guardando da
quale via s’avanzano i militari) / La ritirata! / MONELLI (cercando orientarsi) / S’avvicinan per di qua!? / SARTINE /
No, di là! / MONELLI (indecisi, indicando il lato opposto) / S’avvicinan per di là! / SARTINE / Vien di qua! / (Si apro-
no varie finestre, appaiono a queste e sui balconi mamme coi loro ragazzi ed ansiosamente guardano da dove ar-
riva la ritirata) / MONELLI / No! vien di là!? / BORGHESI e VENDITORI (irrompono dal fondo facendosi strada tra la
folla) / Largo! Largo!».
CLXVI
«SCHAUNARD e COLLINE (con sorpresa) RODOLFO (con sorpresa, alzandosi insieme a Mimì)».
3g Su questo soffuso clima sonoro s’innesta il suono della banda proveniente dalle quinte di destra (27, Allegro
alla marcia – , Si ): il concreto richiamo degli ottoni che attraversano il palcoscenico, una «ritirata francese»,
scuote presenti e spettatori dallo statico incanto dell’idillio di un attimo. Come di consueto, nella coda Puccini
applica il principio della reminiscenza, e al tema principale affidato alla banda sovrappone i temi che ricordano
le varie azioni precedenti: quello di Schaunard quando il musicista si rovescia invano le tasche per trovare i quat-
trini per pagare il conto, quello dell’entrata di Musetta, la principale trasformazione del tema del Quartiere lati-
no, infine la fragorosa ripresa della fanfara delle tre trombe, sigla sonora dell’intero quadro. A proposito di que-
st’ultima, è difficile pensare che Stravinskij non l’avesse in mente quando scrisse la musica della prima parte di
Petruska.
CLXVII
«Dopo guardato il conto lo passa agli».
CLXVIII
Aggiunta: «(osservando il conto)».
CLXIX
«Mamma».
LA BOHÈME – QUADRO SECONDO – AL QUARTIERE LATINO 85
CLXX
Aggiunta: «(tastandosi le tasche vuote)».
CLXXI
«Il mio conto date a me / (Al cameriere che le mostra il conto) / Bene! Presto sommate / quello con questo.
/ (Il cameriere unisce i due conti e ne fa la somma) / Paga il signor che stava qui con me! / MARCELLO (accennan-
do dalla parte dove è andato Alcindoro, comicamente), SCHAUNARD, COLLINE (fra loro comicamente) / Paga il si-
gnor!».
CLXXII
«(La ritirata Militare entra da sinistra, la precede un gigantesco tamburo maggiore, che maneggia con de-
strezza e solennità la sua canna di comando, indicando la via da percorrere) / LA FOLLA / Ecco il tambur maggio-
re! Più fier / d’un antico guerrier! Pare un general! / I zappator, i zappatori olà! / La ritirata è qua! / Eccolo là! Il
bel tambur maggior! / la canna d’or / tutto splendor! / Che guarda passa e va! / Tutto splendor! / Di Francia è il
più bell’uom!».
CLXXIII
Aggiunta: «RODOLFO, MARCELLO, SCHAUNARD e COLLINE / E dove s’è seduto / ritrovi il suo saluto!».
CLXXIV
«Che il».
86 GIACOMO PUCCINI
borghesi, donne che prendono il passo di marcia. sciati da Musetta e cerimoniosamente li presenta ad
Tutta questa folla si allontana dal fondo seguendo la Alcindoro, il quale vedendo la somma, non trovan-
ritirata militare. Intanto Alcindoro con un paio di do più alcuno, cade su di una sedia, stupefatto, alli-
scarpe bene incartocciate ritorna verso il Caffè bito).
Momus, cerca inutilmente Musetta e si avvicina alla
tavola; il cameriere, che è lì presso, prende i conti la- FINE DEL SECONDO QUADRO
QUADRO TERZO di qua, a sinistra, un cabaret ed il piccolo largo del-
la barriera; a destra, il boulevard d’Enfer, a sinistra,
LA BARRIERA D’ENFER4 quello di Saint-Jacques. A destra, pure, la imbocca-
tura della viaCLXXVI d’Enfer, che mette in pieno Quar-
«La voce di Mimì aveva una sonorità che penetrava tiere latino. Il cabaret ha per insegna il quadro di
nel cuore di Rodolfo come i rintocchi di un’ago- Marcello «Il passaggio del Mar Rosso», ma sotto in-
nia… vece, a larghi caratteri, vi è dipinto «Al porto di
Egli però aveva per lei un amore geloso, fantastico, Marsiglia». Ai lati della porta sono pure dipinti a
bizzarro, isterico… fresco un turco e uno zuavo con una enorme corona
Venti volte furono sul punto di dividersi. d’alloro intorno al fez. Alla parete del cabaret, che
Convien confessare che la loro esistenza era un vero guarda verso la barriera, una finestra a pianterreno
inferno. donde esce un chiarore rossiccio.CLXXVII I platani che
Nondimeno, in mezzo alle tempeste delle loro liti, di costeggiano il largo della barriera, grigi, alti e in lun-
comune accordo si soffermavano a riprender lena ghi filari, dal largo si ripartono diagonalmente verso
nella fresca oasi di una notte d’amore… ma all’alba i due boulevards. Fra platano e platano sedili di
del domani una improvvisa battaglia faceva fuggire marmo. È il febbraio,CLXXVIII la neve è dappertutto.
spaventato l’amore.
Così – se fu vita – vissero giorni lieti alternati a mol-
ti pessimi nella continua attesa del divorzio…».
«Musetta, per originaria malattia di famiglia e per [SCENA PRIMA]
materiale istinto, possedeva il genio dell’eleganza… (All’alzarsi della tela c’è nel cielo e sulle case il bian-
«Questa curiosa creatura dovette, appena nata, do- cheggiare incertoCLXXIX della primissima alba. Seduti
mandare uno specchio… davanti ad un braciere stanno sonnecchiando i DO-
«Intelligente ed arguta, ribelle soprattutto a quanto GANIERI. Dal cabaret, ad intervalli, grida, cozzi di
sapesse di tirannia, non aveva che una regola: il ca- bicchieri, risate. Un DOGANIERE esce dal cabaret con
priccio… vino. La cancellata della barriera è chiusa. Dietro la
«Certo il solo uomo da lei veramente amato era cancellata chiusa, battendo i piedi dal freddo e sof-
Marcello – forse perché egli solo sapeva farla soffri- fiandosi su le mani intirizzite, stanno alcuni SPAZZI-
re, – ma il lusso era per lei una condizione di salute». NI
CLXXX
)
Al di là della barriera, il boulevard esterno e, nel- SPAZZINI
CLXXX
l’estremo fondo, la stradaCLXXV d’Orléans che si per- Ohè, là, le guardie!… Aprite!… Siamo noi!4a
de lontana fra le alte case e la nebbia del febbraio; al Quelli di Gentilly!… Siam gli spazzini!…
4 Se nei primi due quadri della Bohème l’allegria regnava sovrana, tutto nei secondi due parla di nostalgia, do-
lore e morte. Risulta analoga l’articolazione musicale per sezioni tematiche, e la disposizione recitativo-ariosa del
canto.
CLXXV
«route».
CLXXVI
«rue».
CLXXVII
«luce».
CLXXVIII
Aggiunta: «al finire;».
CLXXIX
«la scena è immersa nella incertezza della luce».
CLXXX
«SPAZZATURAI».
4a Mimì, alla disperata ricerca di Rodolfo, comparirà dopo che la musica ha descritto l’alba in un paesaggio in-
vernale ai confini doganali di Parigi, presso la Barriera d’Enfer (Andantino mosso – , re-Re): un capolavoro di
‘tinta’ sonora, dove l’orchestra viene impiegata per simulare la caduta dei fiocchi di neve. L’effetto è ottenuto me-
diante una frase discendente per gradi congiunti di flauti e arpa in staccato, che eseguono bicordi di quinte vuo-
te parallele sopra a un analogo pedale vibratissimo dei violoncelli, cui si aggiungono poi gli altri archi. Lo stes-
so schema è poi mantenuto con cangianti disposizioni timbriche. All’interno del cabaret la voce di Musetta, che
intona la melodia del valzer lento (317), rallegra gli ultimi nottambuli: i bicchieri tintinnano mentre già passano
88 GIACOMO PUCCINI
(I doganieri rimangono immobili; gli spazziniCLXXX (Dal corpo di guardia esce il sergente dei doganieri,
picchiano colle loro scope e badili sulla cancellata il quale ordina d’aprire la barriera)
urlandoCLXXXI) LATTIVENDOLE (passano per la barriera a dorso di asinelli
Fiocca la neve!… Qui s’agghiaccia! e si allontanano per diverse strade dicendo ai doganie-
riCLXXXV)
(I doganieri si scuotono) Buon giorno!
UN DOGANIERE (sbadigliandoCLXXXII e stirandosi le CONTADINE (con ceste a braccioCLXXXVI)
braccia, brontola) Buon giorno!– Burro e cacio!
Fiocca la neve!… Qui s’agghiaccia!Vengo! Buon giorno!– Burro e cacio!– Polli ed ova!
(Va ad aprire, gli spazziniCLXXX entrano e si allonta- (Pagano e i doganieri le lasciano passare. Giunte
nano per la viaCLXXVI d’Enfer. Il doganiere richiude la al CLXXXVII crocicchio)
cancellata. Dal cabaret voci allegre e tintinnii di bic- – Voi da che parte andate?
chieri che accompagnano il lieto cantareCLXXXIII) – Voi da che parte andate?– A San Michele!
VOCI INTERNE – Ci troverem più tardi?
Chi trovò forte piacer – nel suo bicchier, – Ci troverem più tardi?– A mezzodì!
di due labbra sul bel fior – trovò l’amor. (Si allontanano per diverse strade. I doganieri ritira-
Trallerallè no le panche e il braciere)
Eva e Noè!
MUSETTA (nell’interno)
Ai vegliardi il bicchier!
[SCENA SECONDA]
La giovin bocca è fatta per l’amor! (MIMÌ, dalla via CLXXVI d’Enfer, entra guardando at-
tentamente intorno cercando di riconoscere i luoghi,
(Suoni di campanelli dallo stradale d’Orléans; sono car- ma giunta al primo platano la coglie un violento ac-
ri tirati da muli. Schioccare di fruste e grida di carret- cesso di tosse: riavutasi e veduto il sergente, gli si av-
tieri: hanno fra le ruote lanterne accese ricoperte di te- vicina)
la. Passano e si allontanano pel boulevard d’Enfer)
CLXXXIV
VOCI (dal boulevard esterno; dal fondo) MIMÌ (al sergente)
Hopp-là! Hopp-là! Sa dirmi, scusi, qual è l’osteria…4b
DOGANIERI (Non ricordandone il nome)
Hopp-là! Hopp-là!Son già le lattivendole! dove un pittor lavora?
segue nota 4a
i lavoratori dell’alba. Nelle nebbie parigine le lattivendole e le paesane portano un pizzico di Toscana, mostran-
do «burro e cacio» e «polli ed ova» ai doganieri.
CLXXXI
Aggiunta: «; battendo i piedi».
CLXXXII
«alzandosi assonnato».
CLXXXIII
«accompagnano il canto, battendo nei bicchieri».
CLXXXIV
«Chi nel ber trovò il piacer, nel suo bicchier, / ah! d’una bocca nell’ardor trovò l’amor! / MUSETTA (dal ca-
baret) / Ah! Se nel bicchiere sta il piacer, / in giovin bocca sta l’amor! / VOCI INTERNE (dal cabaret) / Trallerallè,
Eva e Noè! / (Risata clamorosa) / (Tintinnio di campanelli di cavalli di carrettieri) / LATTIVENDOLE (interno)».
CLXXXV
«CARRETTIERI (interno; schioccare di frusta) / Hopplà / (Pel boulevard esterno passano dei carri colle gran-
di lanterne di tela accese fra le ruote. La nebbia dirada e comincia a far giorno) / LATTIVENDOLE (ai doganieri, che
controllano e lasciano passare; si allontanano per vie diverse».
CLXXXVI
«entrano in iscena con ceste a braccio; cessa di nevicare».
CLXXXVII
«s’avviano; dal».
4b L’esatta citazione del tema di Mimì, che accompagna l’entrata della ragazza (6, Lento molto – , Fa), ci ri-
porta al momento del suo ingresso nella soffitta e al suo temporaneo malore, là dove la musica aveva suggerito
per la prima volta la sua fragilità fisica. Puccini tronca bruscamente il prosieguo (cfr. es. 7: B) conservandolo per
il quadro successivo, quando la malattia si sarà definitivamente impadronita dell’eroina, ma intanto meno di cin-
que minuti di musica hanno definitivamente congedato ogni eco spensierata della felicità perduta. Pochi gesti
LA BOHÈME – QUADRO TERZO – LA BARRIERA D’ENFER 89
segue nota 4b
chiave confermeranno questa disposizione. Risuona il tema della bohème e Marcello invita la ragazza a entrare
all’interno. La sua risposta è una domanda «C’è Rodolfo?»: solo quattro note sussurrate con dolcezza, una tria-
de di Si subito rotta dalla prima disperata espansione lirica («Marcello aiuto»), poi il passaggio al minore, qua-
si come un nodo che le serrasse la gola. La tragedia inizia qui.
CLXXXVIII
«Tossisce; una fantesca esce».
CLXXXIX
«sorpreso».
CXC
Aggiunta: «no, no! / (Scoppia in pianto)».
CXCI
«disperata».
CXCII
«Rodolfo m’ama e mi fugge, il mio Rodolfo si strugge per gelosia».
CXCIII
«ti prendi».
90 GIACOMO PUCCINI
CXCIV
«d’invariabile».
CXCV
«lasciarci».
CXCVI
«volte, ma».
CXCVII
«guardare per la finestra dentro il cabaret) / Guardate… (Mimì tossisce con insistenza) / (Compassionan-
dola».
CXCVIII
«Or rincasate… / Mimì… per carità, / non fate scene qua!» / (Spinge dolcemente Mimì verso l’angolo del
cabaret di dove però quasi subito sporge curiosa la testa. Marcello corre incontro a Rodolfo)».
4c Il risveglio di Rodolfo è annunciato dalla melodia dei «cieli bigi» (14, Allegretto – , Fa, cfr. es. 2) che si com-
bina poco dopo in contrappunto col tema d’amore (1215, La, cfr. es. 8), una combinazione che sfocia nel tema
della bohème (Allegretto), fino all’attacco del tenore che ostenta una disinvoltura («Già un’altra volta credetti
morto il mio cuor») che in realtà non possiede (Allegro moderato – - , Mi): questo insieme di rimandi concen-
trato in pochissime battute comincia a prefigurare il clima del ricordo, della separazione, ma ecco che poco do-
po l’amore torna in modo minore (la): l’«Invan, invan nascondo», frase lacerante (es. 13 B), sconfessa la spi-
gliatezza con cui poco prima Rodolfo, sulla stessa melodia (es. 13 A), aveva cercato di motivare a Marcello la
sua fuga di casa:
ESEMPIO 13 A (III, 19)
LA BOHÈME – QUADRO TERZO – LA BARRIERA D’ENFER 91
RODOLFO MARCELLO
Già un’altra volta credetti che morto Collerico, lunatico, imbevuto
fosse il mio cuor, di pregiudizi, noioso, cocciuto!
ma di quegli occhi azzurri allo splendor MIMÌ (che ode, fra sé, inquieta)
esso è risorto. Or lo fa incollerir! Me poveretta!
Ora il tedio l’assale.CXCIX RODOLFO (con amarezza ironica)
MARCELLO E Mimì è una civetta
E gli vuoi rinnovare il funerale? che frascheggia con tutti.CCI Un moscardino
(MIMÌ cautamente si avvicina per udire) di viscontino
RODOLFO
CC
le fa l’occhio di triglia.CCII Ella sgonnella
Per sempre! e scopre la caviglia
MARCELLO con un far promettente e lusinghiero.
Per sempre!Cambia metro. MARCELLO
Dei pazzi è l’amor tetro Lo devo dir? Non mi sembri sincero.
che lacrime distilla. RODOLFO
Se non ride e sfavilla Ebben no, non lo sono. Invan nascondo
l’amore è fiacco e roco. la mia vera tortura.
Tu sei geloso. Amo Mimì sovra ogni cosa al mondo,CCIII
RODOLFO ma ho paura, ho paura!
Tu sei geloso.Un poco.
RODOLFO MARCELLO (agitato, temendo che Mimì possa MIMÌ (sorpresa, si avvicina ancora più, sempre
Mimì è tanto malata! udireCCIV) nascosta dietro gli alberi)
Ogni dì più declina.
La povera piccina
è condannata! Rodolfo!
Che vuol dire?
segue nota 4c
ESEMPIO 13 B (120)
In quell’intervallo cambiato (da seconda minore, x, a quarta, y), appena un dettaglio, sta l’infinito potere della
musica di condizionare il clima emotivo, narrando il sentimento al di là della parola. La sezione successiva in-
crementa il senso di desolazione nel passaggio dal modo minore di «Mimì è tanto malata» a «Una terribil tos-
se» (Lento triste – , fa La ), che diventa bruciante quando le voci di Mimì e Marcello si uniscono a quella di
Rodolfo, il quale intona l’ultima tragica metafora («Mimì di serra è fiore»). Solo a questo punto i singhiozzi e la
tosse rivelano la presenza di lei: Marcello rientra nel cabaret, richiamato dalle risate di Musetta, contrappeso
umoristico di breve durata, mentre Mimì tenta di prendere congedo da Rodolfo.
CXCIX
Aggiunta: «(MIMÌ non potendo udire le parole, colto il momento opportuno, inosservata, riesce a ripararsi
dietro a un platano, presso al quale parlano i due amici)».
CC
Aggiunta: «(con dolore)».
CCI
Aggiunta: «(Con grande ironia)».
CCII
Aggiunta: «(Con ironia crescente)».
CCIII
Aggiunta: «(Mimì è commossa) / io l’amo, / (Mimì, sorpresa, si avvicina ancora di più, sempre nascosta die-
tro gli alberi)».
CCIV
Aggiunta: «, tenta di allontanare Rodolfo».
92 GIACOMO PUCCINI
CCV
Aggiunta: «(Piangendo)».
CCVI
«Che far dunque? / Oh, qual pietà! Poveretta! / (Agitato, accorgendosi che Mimì ode) / Povera Mimì!».
CCVII
«M’hai sentito? / MARCELLO / Ella dunque ascoltava? / RODOLFO».
CCVIII
Aggiunta: «RODOLFO / Ah! Mimì!».
CCIX
«impetuosamente».
4d «D’onde lieta uscì» (26, Lento molto-Andantino – - -, Re si ) è il primo saggio completo di musica del-
la memoria nella Bohème: la linea vocale si snoda sul tema di Mimì nella prima sezione, nella seconda («Ascol-
ta, ascolta», 27, Andantino mosso – , Re ) la melodia è contrappuntata da echi del Quartiere latino (es. 14 A:
QL1, cfr. es. 5 B) e della prima aria, nelle due sezioni che evocavano gli aspetti più semplici della sua personalità
– «Sola mi fo il pranzo da me stessa» (I, 427) e «Mi piaccion quelle cose» (es. 14 B, cfr. es. 10), uno spunto che
risentiremo ancora in un momento chiave del finale:
LA BOHÈME – QUADRO TERZO – LA BARRIERA D’ENFER 93
segue nota 4d
ESEMPIO 14 A (27)
ESEMPIO 14 B (28)
(vedi es. 10)
Vl I (solo)
Fl I
´Mi piaccion quelle coseª
Mimì
I tre temi richiamati in queste poche battute ci mostrano come Mimì viva già nel ricordo, e solo nell’ultima se-
zione la voce s’innalza in uno slancio lirico appassionato («Se vuoi»), ma è un’impennata che si spegne in un sus-
surro presago della fine: la cuffietta, quotidiano pegno d’amore, è quasi come il ritratto che nella Traviata Vio-
letta porge ad Alfredo prima di morire. Guardiamo con maggiore attenzione a questo oggetto che ricompare ora,
dopo aver scoperto una delle tante esche emotive che la musica è nascostamente in grado di offrire alla nostra
sensibilità. Puccini passa enarmonicamente dalla tonalità di Re , in cui venivano ricordati i precedenti oggetti, a
La: la rottura è lieve, ma suggerisce il senso di un’esitazione, come di chi rammenti improvvisamente qualcosa.
Mimì menziona la cuffietta con la frase che aveva usato nel quadro precedente (es. 15, X: cfr. es. 11); questo mo-
tivo futile che ripiega su se stesso, perfetta traduzione in musica della lingua di tutti i giorni, prepara e amplifica
lo slancio melodico che proietta verso l’acuto la voce del soprano. Un gesto di puro lirismo che segna la mo-
mentanea rottura del quotidiano:
ESEMPIO 15 (285)
Da questo momento l’oggetto, e insieme a lui l’emozione che genera il suo ricordo, è fissato per sempre nella no-
stra memoria, proprio perchè non lo vediamo, ma udiamo quale passione possa scatenare grazie a quella fraset-
tina associata in un unico afflato a un’estesa, emozionante melodia.
4e Sulla stessa linea è il sentimento malinconico del finale, che Rodolfo e Mimì attaccano come un duetto («Ad-
94 GIACOMO PUCCINI
MIMÌ RODOLFO
Addio, dolce svegliare alla mattina! Sospetti!…Baci!
(Sorridendo) MIMÌ
Addio, rabbuffi! E gelosie!
RODOLFO RODOLFO
Addio, rabbuffi!Con subite paci! E gelosie!Che un tuo sorriso acqueta!
MIMÌ
Sospetti!…
MIMÌ (Dal cabaret fracasso di piatti e bicchieri rotti. Si odono le
CCX
E pungenti amarezze! voci concitate di Musetta e Marcello)
RODOLFO MARCELLO
Che io da vero poeta Che facevi, che dicevi
rimavo con: carezze! presso il foco a quel signore?
MIMÌ MUSETTA
Soli d’inverno è cosa da morire! Che vuoi dire?
CCXI
RODOLFO (Musetta esce stizzita; Marcello la segue fermandosi sulla porta )
CCXII
Mentre al primo fiorire MARCELLO
di primavera ci è compagno il sole. Che vuoi dire?Al mio venire
MIMÌ hai mutato di colore.
Niuno è solo l’aprile. MUSETTA
CCXIII
dio dolce svegliare alla mattina») su una melodia d’intenso lirismo (30, Andante con moto – , Sol ). Utile co-
noscere la sua origine, la mattinata Sole e amore (1888: in proposito si veda il saggio iniziale di Riccardo Pecci),
ancora un esempio di come Puccini, al di là delle circostanze in cui un’idea melodica nasceva, sapesse sempre al
tempo opportuno trovarle il posto giusto:
ESEMPIO 16 (302)
Il ritorno in scena di Musetta e Marcello trasforma l’insieme in un quartetto, con l’efficace contrapposizione fra
i loro coloriti scambi di battute e l’estasi amorosa degli altri due. Musetta e Marcello parlano molto concreta-
mente, ma le loro parole rischiano di sfuggire, tanto forte è il richiamo che proviene dai due amanti immersi nel-
l’idillio. Le quattro voci si uniscono nella stessa melodia solo quando Mimì e Rodolfo decidono di aspettare la
primavera prima di lasciarsi. L’addio tra Musetta e Marcello è invece prosastico e declamato («Pittore da botte-
ga!» «Vipera!» «Rospo!» «Strega!»). In coda al brano fa capolino in orchestra il tema della bohème, che ha il
compito di ribadire l’identità fra amore, giovinezza ed eccentrica povertà, e di trasmetterla all’episodio successi-
vo: queste quattro note sono come il tocco di un delicato orologio che segna un tempo che i due non potranno
fermare. Come s’ingigantiscono per opera di dettagli come questo malinconia e nostalgia.
CCX
«sogni d’amor! / MIMÌ / Addio, dolce svegliare alla mattina! / RODOLFO / Addio, sognante vita / MIMÌ (sorri-
dendo) / Addio, rabbuffi e gelosie!… / RODOLFO / che un tuo sorriso acqueta!… / MIMÌ / Addio sospetti,… / RO-
DOLFO / … baci… / MIMÌ / pungenti amarezze!».
CCXI
«esce correndo».
CCXII
«Soli! / RODOLFO e MIMÌ / Mentre a».
CCXIII
Aggiunta: «(con attitudine di provocazione)».
CCXIV
«parla coi gigli e le rose».
LA BOHÈME – QUADRO TERZO – LA BARRIERA D’ENFER 95
CCXV
«MIMÌ e RODOLFO».
CCXVI
«addio vi dico con piacer».
CCXVII
«Son servo e me ne vo!».
CCXVIII
«correndo furibonda;».
CCXIX
Aggiunta: «(avviandosi con Rodolfo)».
CCXX
«dei fior… / MIMÌ (carezzevole) / Vorrei che eterno / durasse il verno! / MIMÌ e RODOLFO / (allontanandosi) /
Ci lascerem alla stagion dei fior!».
QUADRO QUARTO MARCELLO (continuando il discorso)
In un coupé?
IN SOFFITTA5 RODOLFO
«… In quell’epoca già da tempo gli amici erano ve- In un coupé?Con pariglia e livree.5a
dovi. Mi salutò ridendo. To’, Musetta!
Musetta era ridiventata un personaggio quasi offi- le dissi: – e il cuor? – «Non batte o non lo sento
ciale; – da tre o quattro mesi Marcello non l’aveva grazie al velluto che il copre».
incontrata. MARCELLO
CCXXI
Così pure Mimì; – Rodolfo non ne aveva più senti- grazie al velluto che il copre».Ci ho gusto
to parlare che da se medesimo quando era solo. davver!
Un dì che Marcello di nascosto baciava un nastro di-
menticato da Musetta, vide Rodolfo che nasconde- RODOLFO (fra sé)
va una cuffietta – la cuffietta rosa – dimenticata da davver!(Loiola, va! Ti rodi e ridi.)CCXXII
Mimì: MARCELLO (ruminando)
Va bene! mormorò Marcello, egli è vile come me!». Non batte? Bene!CCXXIII – Io pur vidi…
«…Vita gaia e terribile!…». RODOLFO
Non batte? Bene!CCXXI – Io pur vidi…Musetta?
La stessa scena del quadro primo
MARCELLO
Mimì.
[SCENA PRIMA] RODOLFO (trasalisceCCXXIV)
(MARCELLO sta ancora dinanzi al suo cavalletto, co- Mimì.L’hai vista?
me RODOLFO sta seduto al suo tavolo: vorrebbero (Si ricompone)
persuadersi l’un l’altro che lavorano indefessamente, Mimì.L’hai vista Oh, guarda!
mentre invece non fanno che chiacchierare) CCXXV
MARCELLO
Mimì.L’hai vista Oh, guarda!Era in carrozza
vestita come una regina.
5 La struttura formale dell’ultimo quadro risulta simmetrica rispetto al primo (il luogo dell’azione è la stessa
fredda soffitta), più concentrata nelle dimensioni ma analoga è la divisione in due metà dal carattere contrastan-
te, gaia (in questo caso solo apparentemente) la prima (sc. I e II), drammatica la seconda (sc. III e IV). Il tempo del-
l’azione non è specificato, si sarebbe quasi tentati di dire che non ne sia passato dall’inizio dell’opera, oppure che
si viva già nell’eterna primavera del ricordo.
5a La netta impressione del déjà vu viene confermata dalla ripresa del tema con cui l’opera iniziava (Allegro vi-
vo – , Do); ma in orchestra non c’è più la frammentazione dell’avvio, bensì il timbro impastato degli strumenti,
che introduce concretamente un discorso già iniziato. Questo accorgimento si può leggere in chiave formale, co-
me momento di amplificato riepilogo in una forma ciclica; ma è del pari evidente che l’esasperata dinamica pro-
duce una sensazione di enfasi quasi a voler nascondere la nostalgia, sentimento dominante di questa scena. Ulte-
riore richiamo all’inizio della vicenda è la medesima situazione dialogica fra i due amici: Rodolfo e Marcello
stanno tentando di lavorare, ma il ricordo delle amanti, evocate dalle rispettive melodie (cfr. es. 9 e 12 B) lo im-
pedisce. Puccini anche qui si rivela piuttosto preciso, ad esempio nel citare solo la frase iniziale di «Mi chiamano
Mimì» evitando il tema così come è presentato all’ingresso della fanciulla in soffitta: in questo momento, infatti,
Marcello sta evocando l’immagine di una Mimì lontana dalla malattia, che gira «in carrozza, vestita come una re-
gina». Il motivo del flauto che s’era udito nel quadro iniziale, torna infine per smascherare la loro incapacità di la-
vorare (2), solo che ora nessuna donna varcherà la soglia della soffitta per interrompere i loro struggimenti.
CCXXI
Aggiunta: «(sforzandosi di ridere)».
CCXXII
Aggiunta: «(Ripiglia il lavoro)».
CCXXIII
Aggiunta: «(Dipinge a gran colpi di pennello)».
CCXXIV
(«trasalendo, smette di scrivere».
CCXXV
Aggiunta: «(smette il lavoro)».
LA BOHÈME – QUADRO QUARTO – IN SOFFITTA 97
CCXXVI
RODOLFO MARCELLO
vestita come una regina.Evviva! d’ira e d’amor.)Lavoriam.Lavoriamo.
Ne son contento. (Si mettono al CCXXVII lavoro)
MARCELLO (fra sé) RODOLFO (getta la penna)
Ne son contento.(Bugiardo, si strugge Che penna infame!
d’ira e d’amor.) MARCELLO (getta il pennello)
RODOLFO Che penna infame!Che infame pennello!CCXXVIII
d’ira e d’amor.)Lavoriam.
CCXXIX
RODOLFO MARCELLO
CCXXX
(Mimì ne andasti e più non torni. O giorni (Io non so come sia
lontani – e belli,5b che il mio pennel per suo conto lavori
piccole mani – odorosi capelli, e segni forme ed impasti colori
collo di neve! O gioventù mia breve! contro ogni voglia mia.
Sto poche morte cose – a riguardare. Se pingere mi piace
Foglie di rose o cieli o terre o inverni o primavere,
già poste a segno di pagine care.
Questa piccola fiala
egli mi traccia due pupille nere
che olezzi un giorno ed or veleni esala.
CCXXXI e una bocca procace.
E tu, cuffietta lieve, E n’esce di Musetta
ch’ella sotto il guancial partendo ascose, il visoCCXXXII tutto vezzi e tutto frode.
e tutta sai la breve Musetta intanto gode.
nostra felicità, vien sul mio cuore! E il mio cuor vile la chiama e aspetta).
Sul mio cuor morto, poich’è morto amore).
CCXXXIII
RODOLFO RODOLFO
Che ora sia? E Schaunard che non torna?
CCXXXIV
MARCELLO
Che ora sia?L’ora del pranzo… di ieri.
CCXXVI
Aggiunta: «(allegramente)».
CCXXVII
«riprendono il».
CCXXVIII
Aggiunta: «(Guarda fissamente il suo quadro, poi di nascosto da Rodolfo estrae dalla tasca un nastro di
seta e lo bacia)».
CCXXIX
Aggiunta: «(ripone il nastro e osserva di nuovo il suo quadro)».
CCXXX
«O Mimì tu».
5b Con questa premessa comincia il duetto «O Mimì tu più non torni» (211, Andantino mosso – , Do). Mentre
scorre la musica, pian piano ci si accorge che le parole di Rodolfo sono il fulcro dell’opera «O Mimì, mia breve
gioventù. […] Ah! vien sul mio cuor; poiché è morto amor!…»: la fine dell’amore è anche il termine della giovi-
nezza che non può più tornare. Si appunti un gesto scenico importante che si lega a una pagina tra le più ispira-
te: nell’ultima sezione del brano la cuffietta ricompare tra le mani di Rodolfo, ed egli la stringe al cuore come
avesse la sua donna fra le braccia, dedicandole un toccante cantabile, «E tu, cuffietta lieve».
CCXXXI
«Ah! Mimì, mia breve gioventù! / (Dal cassetto del tavolo leva la cuffietta di Mimì)».
CCXXXII
«viso ancor… / E n’esce di Musetta / il viso».
CCXXXIII
Aggiunta: «(pone sul cuore la cuffietta, poi volendo nascondere a Marcello la propria commozione, si ri-
volge a lui e disinvolto gli chiede)».
CCXXXIV
Aggiunta: «(Rimasto meditabondo, si scuote alle parole di Rodolfo e allegramente gli risponde)».
98 GIACOMO PUCCINI
CCXXXV
Aggiunta: (Entrano SCHAUNARD e COLLINE, il primo porta quattro pagnotte e l’altro un cartoccio)».
5c Prima del finale Puccini scrisse ancora una scena di gruppo, che inserì all’interno della forma quasi in funzio-
ne di Scherzo (Allegro – - , Fa Mi): lo scopo è di creare il massimo contrasto con la conclusione, riunendo i
quattro amici nell’ultimo gesto d’allegria. Rientrano Schaunard e Colline, ma stavolta l’unico bottino per il pran-
zo è un’aringa. Non rimane che scherzarci sopra, improvvisare qualche buffonata, uno squarcio che diventa una
piccola recita privata per non pensare ai bisogni materiali. Dopo aver commentato l’azione coi temi del quadro
primo l’orchestra s’impegna con infinita grazia in una microscopica suite di danze, introdotta dal tema della bo-
hème (9, Vivo-Andantino mosso – + , ): gavotta (10, Allegretto mosso – , La; minuetto e pavanella sono so-
lo evocate nelle battute dei bohémiens), fandango (Allegro – , Fa), infine una quadriglia affidata alla coppia Ro-
dolfo-Marcello (Lo stesso movimento – , Re), conclusa dal burlesco duello fra Schaunard e Colline, armati della
pala e delle molle del caminetto, ovviamente spento (11, Allegro-Allegro spigliato – - , La ).
CCXXXVI
«le pagnotte sul tavolo».
CCXXXVII
«apre il cartoccio e ne estrae un’aringa che pure colloca sul tavolo».
CCXXXVIII
Aggiunta: «offrendogli del pane».
CCXXXIX
«ringrazia, accetta, poi si rivolge a Schaunard e gli presenta un altro boccone di pane».
CCXL
Aggiunta: «(gentilmente rifiuta, si versa un bicchiere d’acqua poi lo passa a Marcello)».
CCXLI
«l’unico bicchiere passa da uno all’altro. Colline, che ha divorato in gran fretta la sua pagnotta,».
CCXLII
«con importanza e gravità».
CCXLIII
Aggiunta: «(premurosamente)».
CCXLIV
«SCHAUNARD (si alza, s’avvicina a Colline, e gli dice con curiosità comica) / Qualche mister? / MARCELLO /
Qualche mister? / COLLINE (passeggia pavoneggiandosi con aria di grande importanza)».
LA BOHÈME – QUADRO QUARTO – IN SOFFITTA 99
CCXLV
«aria di protezione».
CCXLVI
Aggiunta: «sale su di una sedia e leva in alto il bicchiere; con enfasi».
CCXLVII
Aggiunta: «e COLLINE».
CCXLVIII
Aggiunta: «(prendendo il bicchiere a Schaunard)».
CCXLIX
Aggiunta: «fa cenno agli amici di lasciarlo continuare; ispirato».
CCL
Aggiunta: «(Applaudendo, circondano Schaunard e lo fanno scendere dalla sedia)».
CCLI
Aggiunta: «proponendo ognuno una danza».
CCXLII
Spostamento: «SCHAUNARD (marcando la danza spagnola) / Fandango.».
CCLIII
Aggiunta: «(allegramente approvando).
CCLIV
Aggiunta: «SCHAUNARD (improvvisando, batte il tempo con grande, comica importanza) / Lallera, lallera, lal-
lera, là».
CCLV
Aggiunta: «(finge di essere in grandi faccende per disporre la quadriglia)».
CCLVI
«si avvicina a Marcello, gli fa un grande inchino offrendogli la mano e galantemente gli dice».
CCLVII
Aggiunta: «(imitando la voce femminile, con modestia)».
CCLVIII
Aggiunta: «(Con voce naturale)».
CCLIX
Aggiunta: «(Rodolfo e Marcello ballano la quadriglia)».
100 GIACOMO PUCCINI
COLLINE (dettando le figureCCLX) (Mentre si battono, Marcello e Rodolfo ballano loro in-
La prego.Balancez. torno cantandoCCLXVII)
SCHAUNARD
CCLXI RODOLFO e MARCELLO
Prima c’è il Rond. Mentre incalza
COLLINE
CCLXI la tenzone,
Prima c’è il Rond.No, bestia!! gira e balza
CCLXII Rigodone.
SCHAUNARD
Qual licore
Che modi da lacchè! traditore
CCLXIII
COLLINE la bolletta
Se non erro, c’impazzì.
lei m’oltraggia. Chi è più forte
Snudi il ferro. della sorte
(PrendeCCLXIV le molle) può…CCLXVIII
CCLXV
SCHAUNARD (prende la paletta )
Pronti. [SCENA TERZA]6
(Tira un colpo) (Si spalanca l’uscio ed entra Musetta in grande agi-
Pronti.Assaggia. tazione)
COLLINE (battendosi)
Uno di noi qui si sbudella. MARCELLO (colpitoCCLXIX)
SCHAUNARD può…Musetta!
Il tuo sangue io voglio ber.CCLXVI (Tutti rimangono attoniti)
COLLINE MUSETTA (ansimante
CCLXX
)
Apprestate una barella. può…Musetta!C’è Mimì…6a
SCHAUNARD
(Con viva ansietà attorniano Musetta)
Apprestate un cimiter.
CCLX
«ordina la figurazione».
CCLXI
Aggiunta: (provocante)».
CCLXII
«(Rodolfo e Marcello continuano a ballare) / SCHAUNARD (con disprezzo esagerato)».
CCLXIII
Aggiunta: «(offeso)».
CCLXIV
«Corre al camino e afferra».
CCLXV
Aggiunta: «del camino; parlato».
CCLXVI
«SCHAUNARD (mettendosi in posizione per battersi) / Il tuo sangue io voglio ber. / COLLINE (fa altrettanto) /
Un di noi qui si sbudella. / (Rodolfo e Marcello cessano dal ballare e si smascellano dalle risa)».
CCLXVII
«Schaunard e Colline si battono; allegramente».
CCLXVIII
«(Rodolfo e Marcello ballano intorno ai duellanti, con pazza allegria; i colpi si moltiplicano; i duellanti fin-
gono di essere sempre più inferociti, battono i colpi e gridano “là! prendi! a te! muori!”)».
6 Tutte le emozioni che la fine di un essere amato può procurare sono sistemate secondo una scaletta che porta
infallibilmente alla commozione il pubblico d’ogni dove e d’ogni età. Tanta efficace universalità non è dovuta al
solo potere evocativo della musica, ma anche alla sapiente strategia formale che governa la partitura: il ritorno
nei momenti più opportuni dei temi che descrivono il carattere e le emozioni di Mimì ce l’hanno resa familiare e
indimenticabile al tempo stesso. Inoltre la musica, riepilogando il già trascorso, va incontro al tempo assoluto,
raccogliendo ogni sfumatura semantica del testo e ricostituendo una nuova entità, la memoria collettiva, sulla
base dell’ordine in cui i temi vengono riproposti.
CCLXIX
«scorgendola».
CCLXX
«con voce strozzata».
6a È ancora in corso la vivacissima azione coreutica, quando la porta si spalanca improvvisamente e compare
LA BOHÈME – QUADRO QUARTO – IN SOFFITTA 101
segue nota 6a
Musetta (Allegro moderato agitato – , mi): su una triade di Si piomba improvviso un accordo di mi, in rela-
zione di tritòno, tenuto dal tremolo della piena orchestra. Mimì è tornata per morire accanto a Rodolfo. Si con-
fronti la forma che prende il suo Leitmotiv nel momento in cui la ragazza torna nella soffitta (es. 17 A) con la
frase iniziale della prima aria (es. 9). È come se la linea melodica e l’accompagnamento mostrassero la malattia
giunta ad impadronirsi per sempre del suo fisico; puntualmente, in coda al tema, torna anche la dolente appen-
dice che s’udiva quando la ragazza era entrata in soffitta (es. 17 B, cfr. es. 7: B):
ESEMPIO 17 A (IV, 1613) ESEMPIO 17 B (813)
Il Leitmotiv svela dunque come l’unico vero evento dell’opera sia il progressivo imporsi della tisi sul fisico della
protagonista, mentre le altre melodie a lei associate tornano nella stessa forma perché Mimì, nella costellazione
dei personaggi, incarna simbolicamente il tempo della giovinezza e dell’amore, e come tale può solo passare, dun-
que morire.
CCLXXI
Aggiunta: «; ambedue portano innanzi il letto».
CCLXXII
Aggiunta: «(Rodolfo e Marcello sorreggono Mimì, conducendola verso il letto)».
6b Mentre Mimì viene adagiata sul letto scorre la musica del primo incontro con Rodolfo nel momento del ma-
lore («Là. Da bere»), poi la seconda sezione della sua prima aria (ancora «Mi piaccion quelle cose») a commen-
to del racconto di Musetta («Dove stia?», 14, Andante mesto – , Re), che si scioglie, con esito lancinante, nel
tema d’amore (157, «Ancor sento la vita qui»). Puccini non tralascia un dettaglio: a commento della frase «Ho
un po’ di tosse» (es. 18 B) una cadenza plagale ci riporta al momento del quadro terzo in cui Mimì confessa a
Marcello che Rodolfo è fuggito da casa (es. 18 A):
ESEMPIO 18 A (III, 313) ESEMPIO 18 B (IV, 164)
102 GIACOMO PUCCINI
segue nota 6b
E prosegue con precisione implacabile dopo che la protagonista ha portato il suo messaggio di riconciliazione a
Marcello e Musetta, citando il complimento che Rodolfo le aveva rivolto mentre s’aggiravano tra la folla del
Quartiere latino. Il filo di sentimentalità che cuce la cuffietta alla lusinga dell’amante esalta in quel tocco (legni,
es. 19 B) l’amaro sapore del rimpianto per la perduta bellezza di Mimì ed emana, con effetto straziante, un se-
gnale sottilissimo, quasi indirizzato all’inconscio di chi ascolta: il rimpianto della sua bellezza bruna:
ESEMPIO 19 A (II, 66) ESEMPIO 19 B (IV, 528)
CCLXXIII
«con grande passione».
CCLXXIV
Aggiunta: «(Adagia Mimì sul letto)».
CCLXXV
Aggiunta: «(abbraccia Rodolfo)».
CCLXXVI
«Ah! mia Mimì, / sempre, sempre!» / (Persuade Mimì a sdraiarsi sul letto e stende su di lei la coperta, poi
con grandi cure le accomoda il guanciale sotto la testa)».
CCLXXVII
«(Agitandosi, senz’accorgersene alza la voce)».
CCLXXVIII
«MARCELLO (a Musetta, perché abbassi la voce) / Sst. / MUSETTA (si porta a maggior distanza da Mimì) /
M’accompagni, Musetta?…».
CCLXXIX
«MIMÌ (con dolce sorriso) / Ah, come si sta bene / qui… Si rinasce, / (Alzandosi un poco e riabbracciando
Rodolfo) / si rinasce… / RODOLFO / Benedetta bocca, / tu ancor mi parli! / MIMÌ / No, tu non mi lasci più! / MU-
LA BOHÈME – QUADRO QUARTO – IN SOFFITTA 103
MIMÌ RODOLFO
tu ancor mi parli!Ho tanto, tanto freddo… Lo so, lo so.Riposa.
Se avessi un manicotto! Queste mani MIMÌ
non si potranno dunque riscaldare Tu non mi lasci?
mai più, mai più?…CCLXXX RODOLFO
(Tossisce) Tu non mi lasci?No!
RODOLFO (le prende le mani nelle sue riscaldando- MUSETTA (si leva gli orecchini e li porge a Marcello)
gliele) A te, vendi, riporta
mai più, mai più?…Qui, nelle mie, ma taci! qualche cordial – manda un dottore!…
Il parlare ti stanca.
(Marcello si precipita)CCLXXXIII
MIMÌ
Il parlare ti stanca.Ho un po’ di tosse! qualche cordial – manda un dottore!…Ascolta!
Ci sono avvezza. Forse è l’ultima volta
(Vedendo gli amici di Rodolfo, li chiama per nome: che espresso ha un desiderio, poveretta!
essi accorrono premurosi presso Mimì) Pel manicotto io vo. – Con te verrò.
Ci sono avvezza.Buon giorno, Marcello, MARCELLO (commosso)
Schaunard, Colline… buon giorno. Sei buona, o mia Musetta.
Tutti qui, tutti qui (Musetta e Marcello partono frettolosi)
sorridenti a Mimì. COLLINE (mentre Musetta e Marcello parlavano, si è
RODOLFO levato il pastranoCCLXXXIV)
Non parlar, non parlare. Vecchia zimarra, senti,6c
MIMÌ
io resto al pian, tu ascendere
Non parlar, non parlare.Parlo piano, il sacro monte or devi.
non temere.CCLXXXI Marcello, date retta: Le mie grazie ricevi.
è assai buona Musetta.CCLXXXII Mai non curvasti il logoro
dorso ai ricchi, ai potenti,
MARCELLO
né cercasti le frasche
Lo so, lo so. dei dorati gingilli.
(Porge la mano a Musetta)
SETTA (da parte agli altri tre) / Che ci avete in casa? / MARCELLO e COLLINE / Nulla! / (Schaunard osserva cauta-
mente Mimì) / MUSETTA / Non caffè? Non vino? / MARCELLO (con grande sconforto) Nulla! Ah, miseria! / SCHAU-
NARD (tristemente a Colline, traendolo in disparte) /!Fra mezz’ora è morta!».
CCLXXX
«Queste mie mani / riscaldare non si potranno / mai?…».
CCLXXXI
Aggiunta: «(Facendo cenno a Marcello di appressarsi)».
CCLXXXII
Aggiunta: «(Schaunard e Colline si allontanano tristemente: Schaunard siede al tavolo, col viso fra le ma-
ni; Colline rimane pensieroso)».
CCLXXXIII
«MUSETTA (conduce Marcello lontano da Mimì, si leva gli orecchini e glieli porge, dicendogli sottovoce) /
A te, vendi, riporta / qualche cordial – manda un dottore!… / (Marcello fa per partire, Musetta lo arresta e lo con-
duce più lontano da Mimì) / RODOLFO /.Riposa. / MIMÌ / Tu non mi lasci? / RODOLFO / No! no! / (Mimì a poco a
poco si assopisce, Rodolfo prende una scranna e siede presso al letto) / MUSETTA».
CCLXXXIV
Aggiunta: «con commozione crescente».
6c Primo momento di musica nuova è la «Vecchia zimarra» di Colline (19, Allegretto moderato e triste – , do ),
un’arietta commovente ed essenziale perché questo oggetto rappresenta musicalmente, nella conclusione del-
l’opera, l’emozione e la pietà di tutti i protagonisti. Gli orecchini che Musetta si accinge ad impegnare per otte-
nere un cordiale e soddisfare l’ultimo desiderio di Mimì non hanno lo stesso valore del pastrano che nel frat-
tempo Colline si è tolto di dosso. Intanto perché l’oggetto ha un passato ai nostri occhi – abbiamo assistito
all’atto dell’acquisto da parte del filosofo –, ma soprattutto perché l’indumento non serve solo a riparare dal fred-
104 GIACOMO PUCCINI
segue nota 6c
do il proprietario, sul cui fisico allampanato sembra essersi modellato, ma ad ospitare nei suoi capaci risvolti i li-
bri che simboleggiano la sua passione per la cultura. Il rapporto fra il filosofo e la zimarra che, resa antropo-
morfa per virtù retoriche, ascende i gradini del Monte di pietà, si può ben definire di amicizia, e l’affetto rende
oltremodo doloroso il commiato. Con l’indumento se ne va un altro pezzo della giovinezza di tutti, e poiché Col-
line non vive avventure romantiche, l’amore per la cultura è anche il sentimento più autentico che prova. Un sen-
timento che lo lega di amicizia a «filosofi e poeti», e lo rende dignitoso coi potenti.
CCLXXXV
Aggiunta: «(con commozione)».
CCLXXXVI
«fatto un involto del pastrano, se lo pone sotto il braccio e s’avvia; ma, vedendo Schaunard, si avvicina a
lui, gli batte una spalla, dicendogli tristemente».
CCLXXXVII
Aggiunta: «(Schaunard alza il capo)».
CCLXXXVIII
Aggiunta: «(Schaunard si leva in piedi)».
CCLXXXIX
Aggiunta: «(apre gli occhi, vede che sono tutti partiti e allunga la mano verso Rodolfo, che gliela bacia
amorosamente)».
CCXC
Aggiunta: «(Rodolfo accenna di sì)».
CCXCI
Aggiunta: «(Rizzandosi un poco sul letto; Rodolfo si alza e l’aiuta)».
6d Partiti i bohémiens dalla stanza Mimì intona il suo canto di morte «Sono andati?». Questa disperata melodia
(213, Andante calmo – , do) è l’ultimo tema nuovo dell’opera: ogni frase è detta in progressione discendente sui
gradi della scala, quasi a rendere l’affaticamento di lei, poi sorge improvvisa l’ultima espansione lirica verso l’acu-
to: «Sei il mio amor e tutta la mia vita». Dopodiché Rodolfo trae da una tasca della giacca la cuffietta per mo-
strarla alla sua compagna, raggrinzita sul lettuccio. Questo scorcio è commentato dal ricordo musicale dell’in-
dumento, cioè la frase più volte iterata da violini e flauti (es. 20, X e X’, cfr. ess. 11 e 15), ed è questo gesto che
avvia il meccanismo del ricordo del primo incontro, col riepilogo della musica che aveva accompagnato l’ingresso
di lei in soffitta:
ESEMPIO 20 (235)
«Te lo rammenti quando sono entrata la prima volta, là?» (24, Allegretto un poco sostenuto – , Si ): ancora la
tragica opposizione fra un passato felice e un presente di dolore; poi Mimì intona «Che gelida manina» (riman-
LA BOHÈME – QUADRO QUARTO – IN SOFFITTA 105
MIMÌ
Aiutavo il destino…
Hai sbagliato il raffronto. MIMÌ (ricordando l’incontro suo con Rodolfo la sera
Volevi dir: bella come un tramonto. della vigilia di Natale)
«Mi chiamano Mimì, Era buio; il rossor non si vedeva…
tu la man mi prendevi
ed il perché non so».
(Sussurra le parole di Rodolfo)
RODOLFO (intenerito e carezzevole) «Ah, che gelida manina…
Tornò al nido la rondine e cinguetta. Se la lasci riscaldar!…»CCXCVII
(Si leva di dove l’aveva riposta, sul cuore, la cuffiet- (Mimì è presa da uno spasimo di soffocazione e la-
ta di Mimì e gliela porge) scia ricadere il capo, sfinita)
CCXCIV
MIMÌ (raggiante ) RODOLFO (spaventato
CCXCVIII
)
La mia cuffietta… Oh Dio! Mimì!
(Tende a Rodolfo la testa, questi le mette la cuffiet-
ta. MimìCCXCV rimane colla testa appoggiata sul petto (In questo momento Schaunard ritorna: al grido di
di lui) Rodolfo accorre presso Mimì)
Te lo rammenti quando sono entrata SCHAUNARD
la prima volta, là? Oh Dio! Mimì!Che avviene?
RODOLFO MIMÌ (apre gli occhi e sorride per rassicurare Rodol-
la prima volta, là?Se lo rammento! fo e Schaunard)
MIMÌ
Non è nulla. Sto bene.
CCXCIX
Il lume si era spento… RODOLFO
RODOLFO
Zitta, per carità.
Eri tanto turbata! MIMÌ
MIMÌ
Zitta, per carità.Sì, sì, perdona,
E tu cortese e grave… or sarò buona.
segue nota 6d
da alla perduta libertà dell’esistenza), fino a che reclina il capo. Tutti accorrono al capezzale e Musetta dona il
manicotto da lei desiderato: se la cuffietta rappresenta l’amaro rimpianto del tempo felice, il manicotto è un og-
getto comodo ma privo di passato, e nel momento in cui soddisfa un ultimo desiderio della protagonista annun-
cia la sua morte. Mimì vi c’infila le mani e pronuncia la sua ultima, shakespeariana parola prima di morire: «Dor-
mire…».
CCXCII
«(Mette le braccia al collo di Rodolfo)».
CCXCIII
Aggiunta: «(lascia cadere le braccia)».
CCXCIV
«gaiamente».
CCXCV
«Fa sedere Rodolfo e».
CCXCVI
«MIMÌ / E a cercarla / tastoni ti sei messo!… / RODOLFO / … e cerca, cerca… / MIMÌ (graziosamente)».
CCXCVII
Aggiunta: «Era buio / e la man tu mi prendevi…».
CCXCVIII
Aggiunta: «la sorregge».
CCXCIX
Aggiunta: «(la adagia sul cuscino)».
106 GIACOMO PUCCINI
CCC
Aggiunta: «Musetta e Marcello entrano cautamente.».
CCCI
Aggiunta: «(aiutata da Musetta si rizza sul letto, e con gioia quasi infantile prende il manicotto)».
CCCII
Aggiunta: «(stende una mano a Rodolfo)».
CCCIII
Aggiunta: «(Rodolfo scoppia in pianto)».
CCCIV
Aggiunta: «rassicurato nel vedere che Mimì si è addormentata, cautamente si allontana da essa e fatto un
cenno agli altri di non far rumore, si avvicina».
6e Il circolo vitale di Mimì, ormai divenuta sineddoche dell’amore romantico, perduto ma eternamente rimpian-
to si è chiuso, e la coda è solo sofferenza, a cominciare dall’inutile preghiera di Musetta (Andante lento e soste-
nuto – , si) mentre Rodolfo s’agita invano; solo Schaunard ha percepito e constatato la morte, e la segnala agli
altri. L’ultimo a capire è il poeta: quattro violini primi creano un’atmosfera rarefatta di momentanea pace ri-
prendendo ancora per poche battute il tema di «Mi piaccion quelle cose» (305: come non rammentare la fine di
Violetta, sorella nella malattia, anche nell’idea d’impiegare sonorità ridotte per connotare il «mal sottile»?); poi
rimane solo il pedale di La, tenuto da un clarinetto e un contrabbasso. Brevi attimi di dialogo parlato – la spe-
ranza è davvero l’ultima a morire –, e infine l’attacco a tutta forza di «Sono andati» che diventa la trenodia di
Mimì (31, Largo sostenuto – , do ), con l’ultimo Sol acuto di Rodolfo, invocazione disperata del nome di lei.
L’opera si conclude con la stessa cadenza della «Vecchia zimarra» di Colline (I-VII-VI-VII-I), con la sensibile mo-
dale che imprime un tocco d’arcaismo alla tonalità, ed è un modo per scrivere con la musica la parola addio, ri-
cordando il saluto commosso che il filosofo aveva da poco rivolto al pastrano. Anche questa ripresa trasmette
un messaggio: comunicare il senso di un distacco materiale, al di là del fatto che si tratti di un oggetto o di una
persona. Sono infatti tutte componenti della «Vita gaia e terribile! …» ideata da Murger. Il richiamo è quindi vol-
to a rafforzare l’atmosfera di morte come metafora della conclusione di un periodo dell’esistenza, e si tratta dun-
que di un gesto musicale che sollecita un ‘affetto’, e non di un rapporto tra causa ed effetto. La cadenza è il con-
gedo più suggestivo da un mondo fatto di persone e di cose, un mondo di cui la morte di Mimì ha decretato la
fine traumatica.
CCCV
«in questo frattempo ha messo a scaldare la medicina portata da Marcello sul fornello a spirito, e, mentre è
tutta intenta a questa bisogna,».
LA BOHÈME – QUADRO QUARTO – IN SOFFITTA 107
Gesù bambino caro, una sedia e studia il modo di distenderla sulla fine-
fate la grazia a questa poveretta stra. Marcello si avvicina a sua volta al letto e se ne
che non debba morire.CCCVI scosta atterrito; intanto entra Colline che depone del
(Interrompendosi, a Marcello) danaro sulla tavola presso a Musetta)
Qui ci vuole un riparo COLLINE (a Musetta)
perché la fiamma sventola. Prendete.CCCVIII
(Marcello mette un libro ritto sulla tavola formando (Poi visto Rodolfo che solo non riesce a collocare la
paravento alla lampada) mantiglia attraverso la finestra, corre ad aiutarlo
chiedendogli di Mimì)
perché la fiamma sventola.Così. Prendete.Come va?…
(Ripiglia la preghiera)
RODOLFO
E che possa guarire. Prendete.Come va?…Vedi?… È tranquilla.
Madonna santa, io sono (Si volge verso Mimì, in quel mentre Musetta gli fa
indegna di perdono, cenno che la medicina è pronta. Nell’accorrere pres-
mentre invece Mimì so Musetta si accorge dello strano contegno di
è un angelo del cielo. Marcello e Schaunard che, pieni di sgomento, lo
(Mentre Musetta prega, Rodolfo le si è avvicinato) guardano con profonda pietàCCCIX)
RODOLFO Ebbene… che vuol dire
Io spero ancora. Vi pare che sia quell’andare e venire,
grave? quel guardarmi così…
MUSETTA MARCELLO (non regge più, corre a Rodolfo e abbrac-
grave?Non credo. ciandolo stretto a sé con voce strozzata gli mormo-
raCCCX)
SCHAUNARD (si è avicinato al lettuccio, poi è corso sen-
za farsi scorgere fino a Marcello. Piano a Marcello)CCCVII Coraggio!
grave?Non credo.Marcello, è spirata… RODOLFO
Coraggio!Che?!
(Intanto Rodolfo si è avveduto che il sole della fine-
(Accorre al lettuccio)
stra della soffitta sta per battere sul volto di Mimì e
Coraggio!Che?!Mimì!… Mimì!… Mimì!…CCCXI
cerca intorno come porvi riparo; Musetta se ne av-
vede e gli indica la sua mantiglia. Rodolfo la ringra-
zia con uno sguardo, prende la mantiglia sale su di FINE
CCCVI
Aggiunta: «(Rodolfo, Marcello e Schaunard parlano assai sottovoce fra di loro; di tanto in tanto Rodolfo fa
qualche passo verso il letto, sorvegliando Mimì, poi ritorna verso gli amici)».
CCCVII
«(camminando sulla punta dei piedi va ad osservare Mimì, fa un gesto di dolore e ritorna presso Marcello.
Con voce strozzata)».
CCCVIII
«Musetta a voi!».
CCCIX
Aggiunta: «. Con voce strozzata dallo sgomento».
CCCX
«grida».
CCCXI
«(si precipita al letto di Mimi, la solleva e scotendola grida colla massima disperazione) / Mimì! / (Musetta,
spaventata corre al letto, getta un grido angoscioso, buttandosi ginocchioni e piangente ai piedi di Mimì dalla par-
te opposta di Rodolfo. Schaunard si abbandona accasciato su di una sedia a sinistra della scena. Colline va ai pie-
di del letto, rimanendo atterrito per la rapidità della catastrofe. Marcello singhiozza, volgendo le spalle al prosce-
nio) / RODOLFO (si getta sul corpo esanime di Mimì) / Mimì!…».
Foglio volante stampato in occasione della prima assoluta. Cantavano Evan Gorga (Rodolfo), Antonio Pini Cor-
si (Schaunard), Alessandro Polonini (Benoît, Alcindoro; 1844-1920; anche primo Geronte in Manon Lescaut),
Cesira Ferrani (Mimì), Dante Zucchi (Parpignol), Tieste Wilmant (Marcello), Michele Mazzara (Colline; Hagen
nella prima italiana del Crepuscolo degli dei alla Scala di Milano nel 1895), Camilla Pasini (Musetta; 1875-
1935), Felice Foglia (Sergente dei doganieri; Alberich nella prima italiana del Crepuscolo degli dei alla Scala nel
1895; Uomo di Cappadocia nella prima italiana di Salome al Regio di Torino nel 1906).
L’orchestra
ottavino 4 corni
2 flauti 3 trombe
2 oboi 3 tromboni
corno inglese trombone
2 clarinetti basso
clarinetto basso
2 fagotti timpani
xilofono
arpa carillon
campanelle
violini I
violini II grancassa
viole piatti
violoncelli triangoli
contrabbassi tamburo
tam-tam
Sul palco
4 pifferi (ottavini in Do)
6 trombe in Si
6 tamburi in Si
L’orchestra della Bohème è piuttosto ampia e ricca di idiofoni, in linea con gli organi-
ci sempre più estesi che si stavano imponendo nelle sale teatrali e da concerto verso la
fine dell’Ottocento. Puccini la utilizza come un potente agente narrativo, sviluppando
in maniera più originale le tendenze già esibite in Manon Lescaut. Tende ad evitare i
raddoppi delle linee vocali su più ottave da parte degli strumenti, ad esempio (tecnica
quasi abusata nella partitura precedente), e dosa con sapienza i volumi per rendere per-
fettamente recepibili i dialoghi tra i personaggi, onde aggiungere emozioni con il tim-
bro degli strumenti – puro (come fa spesso con flauto e oboe, associando certi passag-
gi a Rodolfo o a Musetta) oppure in miscele sapienti (l’accordo gelido che avverte della
morte di Mimì – IV, 29: legni e corni in pianissimo, piatto percosso solo con la maz-
110 APPENDICE – L’ORCHESTRA
zuola). Usa molto più spesso del solito i sordini, inoltre, anche per vellicare le orecchie
dell’ascoltatore con un colore attraente, specie quando li mettono gli ottoni.
Un esempio fra i tanti che si potrebbero citare è la ripresa del valzer lento di Mu-
setta nel concertato ai tavoli del caffé Momus, affidata a Marcello che non può più re-
sistere al fascino della donna. L’orchestra sostiene il baritono mentre intona, nel regi-
stro acuto, «Gioventù mia, tu non sei morta» (parole importanti, di cui non si può
perdere una sillaba), senza mai coprirlo (i corni intervengono in fortissimo solo al cen-
tro della battuta, ma con un decrescendo immediato: cfr. II, 258); del pari udibili (e go-
dibili) sono gl’interventi di Schaunard e Colline, che chiosano l’azione con ironia («La
commedia è stupenda!»). Alla fine del brano trionfa il gesto scenico dell’abbraccio fra
i due amanti, celebrato dalla melodia del valzer esposta in più che fortissimo dall’or-
chestra. Qui non importa udire i nomi dei due che si stringono per comprendere quel
che accade, mentre è invece imprescindibile sentire la conclusione in piano dei com-
menti di Schaunard e Colline: «Siamo all’ultima scena», che l’orchestra illumina ripor-
tandosi a un pianissimo strabiliante nel giro di una sola battuta!
Gli strumenti forniscono un contributo determinante a vivificare l’intreccio coi loro
colori stesi su una tavolozza armonica cangiante, sia nei momenti lirici sia in quelli più
animati: quando brucia il manoscritto del primo atto del dramma di Rodolfo (I, 5),
mentre il flauto commenta l’azione con la melodia del poeta (cfr. es. 2), l’arpa crea l’il-
lusione del continuo movimento delle fiamme. Dopo questo squarcio in Do, i temi di
Colline (es. 3) e della bohème (es. 1) portano a Sol . Due battute in fortissimo ci dan-
no subito dopo la sensazione dell’impatto del secondo scartafaccio con le fiamme (D),
accordi pungenti (triadi con la sixte ajoutée: Sol e Do , trombe e legni, archi e corni)
che si dilatano subito nel tenue bagliore di un mobile e variegato accompagnamento
ostinato. Temi e melodie scompaiono quasi del tutto, per lasciare spazio a timbro e ar-
monie: figure staccate con leggerezza dagli strumentini e dall’arpa, triadi dei violini di-
visi cui manca l’appoggio dei bassi, tocchi di triangolo e carillon. Questo prezioso tes-
suto sonoro, rotto solo brevemente da intrusioni del motivo della bohème, fa da sfondo
ai commenti dei tre amici su moduli di recitativo-arioso, chiacchiere che ognuno fa-
rebbe di fronte a un caminetto. L’illusione di una vera conversazione davanti a un fuo-
cherello crepitante non potrebbe essere più forte.
Nel Quartiere latino l’orchestra la fa da padrone, a cominciare dalla fanfara inizia-
le per chiudere con la ritirata della banda che attraversa la scena. Val la pena di citare
un altro raffinato tocco di colore, riservato al carrettino di Parpignol e al suo codazzo
di bimbi e mamme: accompagnamento dei violini divisi, che toccano le corde col dor-
so dell’arco alla parola «tamburel», staccati rapidi di xilofono, tamburo e triangolo, e
corni e trombe in sordina.
Le voci
Emergono dal gruppo, secondo la legge eterna del melodramma, il primo tenore e il
primo baritono, ma nessuno dei due è costretto a forzare troppo il suo registro. Il Do
del tenore è facoltativo, altrimenti la parte non scende mai nel registro grave né s’af-
fanna con volume eccessivo nei centri, e se sale spesso al Si 3 lo fa per gradi: è davvero
scritta bene, e per ottenere il massimo effetto. Quel che conta è il fraseggio, ed è la do-
te del legato che rende un tenore adatto o meno alla Bohème. Il carattere esuberante di
Marcello viene riflesso ottimamente nella sua tessitura, quasi sempre vincolata ai primi
acuti, con frequenti puntature. Baritono lirico, ma con incursioni frequenti nell’espres-
sione di mezzo-carattere, è il musicista Schaunard, grande protagonista dei momenti
d’allegria collettiva, ma anche degli scorci più dolorosi: a lui è affidata, infatti, la con-
statazione della morte di Mimì nel finale, e prim’ancora una commossa diagnosi sulla
sua salute «fra mezz’ora è morta» – che equivale alla battuta del dottor Grenvil nel-
l’atto terzo della Traviata: «la tisi non le accorda che poche ore». Il suo dono alla sar-
tina morente è uscire dalla soffitta al freddo, per lasciarla sola col suo uomo per l’ulti-
ma volta. Al gesto lo esorta Colline, parte di basso che ha giustamente attratto tutti i
più grandi interpreti. Anche in questo caso non è questione di sfoggiare acuti e gravi,
anche se il ruolo, come quello di Schaunard, richiede un’estensione maggiore rispetto a
Marcello: il filosofo è un personaggio decisivo nell’economia del gruppo per rappre-
sentare il concetto della vita d’artista immersa nei bisogni materiali, cui porta un con-
tributo fondamentale, la «Vecchia zimarra».
Tra i comprimari spiccano gli interpreti dei ruoli di Benoît e di Alcindoro, spesso
affidati allo stesso baritono caratterista (anche se non è raro il caso di un tenore che
sostenga uno dei due ruoli, o entrambi), che, oltre a impegnarsi in una recitazione
spinta al limite della caricatura (gabbato dagli artisti il primo, da Musetta il secondo),
cantano in una tessitura estesa per il loro rango. Estensione che non serve affatto al-
l’interprete di Parpignol a cui bastano i primi acuti (il tenore intona una stessa frase
che gira tra il Mi e il Sol3 per arrestarsi sul Fa ). Ma nel contesto in cui è inserito, rap-
presenta l’innocenza dei bambini che corrono fra i tavolini del caffè e i banchetti del-
la piazza, e la trasmette, d’incanto, al gruppo dei protagonisti tra la folla. Anche que-
sta è La bohème.
La bohème in breve
a cura di Maria Giovanna Miggiani
La prima rappresentazione di Manon Lescaut, avvenuta a Torino il primo febbraio 1893, aveva
segnato l’affermazione a livello internazionale di Giacomo Puccini (Lucca 1858 – Bruxelles 1924).
Ora il compositore lucchese doveva valutare con attenzione la scelta del soggetto da mettere in
musica: nell’inverno 1892-1893 egli prese in considerazione le Scènes de la vie de bohème di Hen-
ri Murger, un romanzo d’appendice pubblicato a puntate più di quarant’anni prima nella rivista
parigina «Le corsaire Satan» tra il 1845 e il 1849, trasformato poi dallo stesso Murger con l’aiu-
to di Théodore Barrière in una pièce in cinque atti, rappresentata con successo nel 1849.
A differenza della maggior parte dei suoi contemporanei, Giacomo Puccini componeva le sue
opere con lentezza perché era molto esigente sia sui soggetti da musicare, sia sui testi che gli ve-
nivano sottoposti. Inoltre tra un lavoro e l’altro, il compositore trascorreva molto tempo a cac-
cia nei dintorni di Torre del Lago, dove aveva acquistato una nuova casa, e spesso si recava al-
l’estero per seguire la ripresa delle sue opere. Nello stesso periodo in cui lavorava alla Bohème,
Puccini era fortemente attratto anche dall’idea di musicare la novella di Giovanni Verga La lu-
pa, tanto che si recò in Sicilia per parlare con lo scrittore e mettere a fuoco luoghi e personaggi.
Ciò forse nasceva dal desiderio di confrontarsi direttamente con la corrente musicale verista, al-
lora all’apice della sua fortuna con Cavalleria rusticana di Mascagni (1890) e Pagliacci di Leon-
cavallo (1892).
Nonostante le proteste di Ruggero Leoncavallo, il quale nel marzo 1893 rivendicò pubblica-
mente la precedenza nell’individuazione della fonte francese (la sua Bohème sarà data alla Feni-
ce di Venezia il 6 maggio 1897), la stesura del nuovo libretto di Puccini procedette, anche se con
qualche difficoltà. Giulio Ricordi, allora editore anche delle opere di Giuseppe Verdi, aveva af-
fiancato a Puccini due collaboratori, Luigi Illica, che elaborava lo schema drammatico e abboz-
zava i dialoghi, e Giuseppe Giacosa, che curava la versificazione. Nonostante le continue inge-
renze del compositore, questo sodalizio artistico, spezzato dalla scomparsa di Giacosa nel 1906,
si protrasse per un decennio e permise la creazione di altri due capolavori, Tosca (1900) e Ma-
dama Butterfly (1904).
Nell’estate 1894 Puccini accantonò definitivamente il progetto siciliano per dedicarsi intera-
mente alla Bohème, che portò a termine il 10 dicembre 1895. La prima rappresentazione avven-
ne al Teatro Regio di Torino, il primo febbraio 1896. La bohème fu diretta dal ventinovenne Ar-
turo Toscanini, alla guida di un cast di giovani cantanti. La critica accolse con perplessità il
nuovo lavoro, ma la reputazione dell’opera aumentò progressivamente sino a trasformarla in una
delle opere più popolari di tutti i tempi.
Il libretto, un affresco in cui si alternano momenti di vivacità, di intimità incantevole, di rim-
pianto per il tempo trascorso, di tristezza dolorosa, prevede un buon numero di personaggi prin-
cipali. Vi è un quartetto di giovani amici (il poeta Rodolfo, il pittore Marcello, il musicista Schau-
nard, il filosofo Colline) e due fanciulle (la ricamatrice Mimì e la lorette Musetta), tutti ricchi di
114 MARIA GIOVANNA MIGGIANI
Argomento
QUADRO PRIMO
In una soffitta di Parigi. In una freddissima vigilia di Natale il poeta Rodolfo e il pittore Marcel-
lo, artisti squattrinati, decidono di sacrificare lo scartafaccio con l’ultimo dramma di Rodolfo per
scaldare almeno un po’ la gelida soffitta. Li raggiungono Colline, il filosofo, e Schaunard, musici-
sta della combriccola, che con grande sorpresa di tutti è riuscito a guadagnare alcuni scudi. Deci-
dono quindi di festeggiare recandosi a pranzo nel Quartiere latino. Si liberano abilmente, accu-
sandolo di adulterio, di Benoît, padrone di casa venuto a riscuotere la pigione arretrata, e quindi
si avviano verso un caffè-ristorante. Rimane nella soffitta solo Rodolfo per terminare un articolo,
e quindi raggiungere i compagni. Ma inaspettatamente qualcuno bussa alla porta: si tratta di Mi-
mì, una giovane che abita nel palazzo e che prega Rodolfo di aiutarla perché le si è spento il lu-
me mentre scendeva le scale. Improvvisamente però la ragazza si sente male, Rodolfo la soccorre,
ma Mimì nell’accasciarsi perde la chiave di casa. D’un tratto si spengono i lumi di entrambi e al
buio Rodolfo, già invaghitosi della giovane, tenendole la mano le racconta della sua vita. I due
vengono interrotti dalle grida degli amici di Rodolfo che dalla strada gli ingiungono di sbrigarsi,
e dopo un abbraccio si apprestano a raggiungerli, oramai innamorati l’uno dell’altro.
QUADRO SECONDO
Al Quartiere latino la vigilia di Natale. Confusi tra la folla parigina, Rodolfo, Mimì, Schaunard,
Colline e Marcello fanno piccoli acquisti. Quindi Rodolfo presenta la sua nuova compagna agli
altri, che si sono già seduti al caffè Momus per il pranzo. Giunge quindi Musetta, compagna d’un
tempo di Marcello, in compagnia di Alcindoro, il suo nuovo, stagionato e benestante ammirato-
re. Musetta, indispettita per l’apparente indifferenza di Marcello nei suoi confronti, tenta in ogni
modo di suscitarne la gelosia e, dopo aver allontanato con un pretesto Alcindoro, abbraccia fi-
nalmente l’antico amante, che è ancora innamorato di lei. Quindi la compagnia si allontana – la-
sciando all’ignaro Alcindoro l’incombenza di pagare il conto del lauto pasto –, mentre irrompe in
scena al suono di una marcia la ritirata per il cambio della guardia.
QUADRO TERZO
La barriera d’Enfer. È l’alba e sta nevicando nei pressi di un cabaret dove si esibisce Musetta.
Giunge Mimì e chiede di Marcello, che lavora come pittore nel cabaret. Trovatolo, gli confessa tra
le lacrime che la sua unione con Rodolfo è un inferno a causa della gelosia estrema del poeta, e
chiede a Marcello di aiutarla. Marcello le rivela che Rodolfo è nel cabaret, addormentato su una
panca, e le promette che parlerà all’amico. Mimì si nasconde dietro un platano per udire il collo-
116 ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG
Evan Gorga, il primo Rodolfo. Abbandonate le scene nel 1899, Gorga (1865-1957) divenne un grande collezio-
nista (soprattutto di strumenti musicali). La sua importantissima raccolta costituisce il grosso delle collezioni del
Museo Nazionale degli Strumenti Musicali (Roma). Da ANDREA CIONCI, Il tenore collezionista. Vita, carriera liri-
ca e collezioni di Evan Gorga, Firenze, Nardini, 2004.
quio tra Rodolfo e Marcello: il poeta confida all’amico la volontà di lasciare Mimì perché non è
in grado di assicurarle una casa calda e confortevole dove poterla curare dalla tisi maligna che la
consuma. Udita la confessione di Rodolfo, Mimì piange disperata svelando a Rodolfo la sua pre-
senza: egli allora la stringe in un commosso abbraccio, ma Mimì gli comunica di volersene anda-
re. È però troppo doloroso lasciarsi d’inverno, e i due amanti rimandano la separazione ad apri-
le, «alla stagion dei fior», allontanandosi mentre tra Marcello e Musetta scoppia una lite
furibonda.
QUADRO QUARTO
In una soffitta di Parigi. Nella stessa soffitta nella quale si è svolto il primo quadro dell’opera Ro-
dolfo e Marcello, tristi e avviliti perche si sono entrambi separati dalle rispettive compagne, rie-
vocano con nostalgia i bei tempi dell’amore. Quindi tornano l’uno a dipingere l’altro a scrivere,
struggendosi al ricordo delle amanti lontane. Entrano Colline e Schaunard, e quest’ultimo finge di
iniziare un duello burlesco con Colline, mentre gli altri due amici stanno intorno ai finti conten-
denti sbellicandosi dalle risa. Ma 1’allegria della brigata viene interrotta dall’arrivo di Musetta, la
quale annuncia che Mimì è sulle scale, ormai sfinita dal male. Mimì entra e saluta gli amici di un
ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG 117
tempo, mentre Marcello, avvedutosi del suo stato, esce alla ricerca di un dottore e Musetta e
Schaunard escono per vendere rispettivamente i propri orecchini e il proprio cappotto per poter
pagare le cure alla giovane. Rimasti soli, Rodolfo e Mimì sentono di amarsi ancora profonda-
mente e ricordano insieme il loro primo incontro in quella stessa soffitta. Felice per il ritrovato
amore, Mimì carezza il manicotto che Musetta le ha regalato. Quindi pare assopirsi e muore sen-
za un gemito, mentre Rodolfo disperato l’abbraccia per l’ultima volta.
Argument
PREMIER ACTE
Dans une mansarde parisienne. A la veille d’un Noël très froid, le poète Rodolphe et le peintre
Marcel, artistes sans argent, décident de sacrifier le brouillon contenant le dernier drame de Ro-
dolphe pour réchauffer au moins un peu la mansarde glaciale. Le philosophe Colline et le musi-
cien Schaunard, qui font partie de la bande, se joignent à eux; ce dernier, à la grande surprise de
tous, a réussi à gagner quelques écus. Ils décident alors de fêter cet événement en allant déjeuner
dans le Quartier latin. Ils se libèrent habilement du propriétaire de l’appartement venu réclamer
le loyer en retard, Benoît, qu’ils accusent d’adultère, puis se dirigent vers une brasserie. Rodolphe,
qui doit terminer un article, reste seul dans la mansarde avant de rejoindre ses camarades. Mais
quelqu’un frappe tout à coup à la porte: c’est Mimi, une jeune femme qui habite dans l’immeuble
et qui prie Rodolphe de l’aider car sa bougie s’est éteinte tandis qu’elle descendait les escaliers.
Mais la jeune femme est brusquement prise d’un malaise; Rodolphe vient à son secours, mais
Mimi perd sa clé en chancelant. Leurs deux bougies s’éteignent et, dans le noir, Rodolphe, qui est
tombé amoureux de la jeune femme, lui raconte sa vie en lui tenant la main. Ils sont interrompus
par les cris des amis de Rodolphe, qui de la rue lui demandent de se dépêcher, et après un baiser
ils s’apprêtent à les rejoindre, désormais amoureux l’un de l’autre.
DEUXIÈME ACTE
Dans le Quartier latin, la veille de Noël. Au beau milieu de la foule parisienne, Rodolphe, Mimi,
Schaunard, Colline et Marcel font de menus achats. C’est alors que Rodolphe présente sa nouvelle
maîtresse aux autres, qui sont déjà attablés au Café Momus. Arrive Musette, ancienne maîtresse
de Marcel, en compagnie d’Alcindor, son nouvel amant, aisé et d’un certain âge. Musette, frois-
sée par le peu d’attention dont Marcel fait preuve à son égard, tente par tous les moyens de sus-
citer sa jalousie et, après avoir éloigné Alcindor par un pretexte quelconque, embrasse finalement
Marcel, toujours amoureux d’elle. Puis la bande s’éloigne, laissant à Alcindor, riche ignare, le soin
de payer l’addition de l’abondant repas, tandis que la relève de la garde s’effectue au son d’une
marche.
TROISIÈME ACTE
La barrière d’Enfer. C’est l’aube et il neige près du cabaret où Musette est en train de s’exhiber.
Mimi arrive et demande à voir Marcel, qui travaille comme peintre dans le cabaret. Elle lui
confesse en pleurant que son union avec Rodolphe est devenue infernale, car ce dernier est extrê-
mement jaloux: elle demande à Marcel de l’aider. Marcel lui révèle que Rodolphe est là, en train
de dormir sur un banc et lui promet de parler à son ami. Mimi se cache derrière un platane pour
entendre la conversation entre Rodolphe et Marcel: le poète avoue à son ami qu’il veut quitter
Mimi car il n’est pas en mesure de lui assurer une maison chaude et confortable où la soigner de
118 ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG
la phtisie maligne qui la ronge. Après avoir entendu la confession de Rodolphe, Mimi se met à
pleurer de désespoir, et révèle sa présence à Rodolphe: il l’enlace alors avec émotion, mais Mimi
lui annonce qu’elle veut s’en aller. Les amants concordent pourtant qu’il est trop douloureux de
se quitter en hiver: ils renvoient leur séparation au mois d’avril, à la saison des fleurs, et s’éloignent
tandis qu’une dispute furibonde éclate entre Marcel et Musette.
QUATRIÈME ACTE
Dans une mansarde parisienne. Dans la mansarde du premier tableau, Rodolphe et Marcel, tristes
et découragés car ils se sont tous deux séparés de leur maîtresse respective, évoquent avec nostal-
gie les beaux moments de leurs amours. Puis ils se remettent l’un à peindre et l’autre à écrire, se
rongeant au souvenir de leurs maîtresses lointaines. Entrent alors Colline et Schaunard, et ce der-
nier feint d’entreprendre un duel burlesque avec Colline, tandis que les deux amis s’approchent
des faux adversaires en éclatant de rire. Mais l’allégresse de la bande est bientôt interrompue par
l’arrivée de Musette, qui annonce que Mimi est sur le palier, désormais rongée par son mal. Mimi
entre et salue ses anciens amis, tandis que Marcel, qui s’est rendu compte de son état, sort à la re-
cherche d’un docteur; Musette et Schaunard vont vendre respectivement boucles d’oreilles et man-
teau pour pouvoir payer le médecin. Restés seuls, Rodolphe et Mimi se rendent compte qu’ils
s’aiment encore profondément et évoquent ensemble leur première rencontre dans cette même
mansarde. Heureuse d’avoir retrouvé l’amour, Mimi caresse le manchon que Musette lui a donné.
Puis elle semble s’assoupir et meurt sans un gémissement, tandis que Rodolphe, désespéré, l’em-
brasse pour la dernière fois.
Synopsis
ACT ONE
In a Parisian garret. On a bitterly cold Christmas Eve, two penniless artists, Rodolfo, a poet, and
Marcello, a painter, decide to burn the manuscript of Rodolfo’s latest play to warm up their freez-
ing garret. Colline, a philosopher, enters with Schaunard, a musician who, much to everyone’s sur-
prise, has managed to earn a few coins. They resolve to go out for a celebration dinner in the Latin
Quarter. Their rent is overdue and the landlord, Benoît, comes in demanding payment. The young
men adroitly get rid of him by teasing him about his adulterous habits, and then set off for the
cafe. Rodolfo says that he will follow later since he has an article to finish. Suddenly there is a
knock at the door. Mimì, a young girl who lives in the building, asks Rodolfo to help her; her can-
dle has blown out and she is stranded on the staircase. All of a sudden she feels faint. Rodolfo
springs to her aid but, as she collapses, she loses her key. Rodolfo is attracted to Mimì, and when
his candle goes out too he gropes for her hand in the dark and tells her all about himself. They
find themselves falling in love and embrace, and when Rodolfo hears his friends shouting to him
to come down they leave together to join them.
ACT TWO
Christmas Eve in the Latin Quarter. Rodolfo, Mimì, Schaunard, Colline and Marcello mingle
among the Parisian throng, stopping to make a few purchases. Rodolfo introduces Mimì to the
others, who are already seated for dinner at the Cafe Momus. Musetta, Marcello’s former mis-
tress, appears with her latest admirer, the elderly and prosperous Alcindoro. Much to Musetta’s
annoyance, Marcello ignores her, and she does her utmost to make him jealous. After sending Al-
ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG 119
Antonio Pini Corsi (1858-1918). Esordì a Cremona (1878) nella Cenerentola (Dandini). Partecipò alle prime puc-
ciniane della Bohème (Schaunard) e della Fanciulla del West (Happy), come anche, tra le altre, a quelle di Falstaff
(Ford) e di Siberia (Miskinski).
Cesira Ferrani, la prima Mimì. La Ferrani (Zanazzio; 1863-1943), che fu per Puccini anche la prima Manon, esor-
dì al Regio di Torino (1887) in Carmen (Micaëla). Partecipò alla prima rappresentazione di Belfagor (Maddale-
na) di Respighi, di Fior d’Alpe (Maria) di Franchetti, e a una delle sette prime contemporanee (quella genovese)
delle Maschere (Rosaura) di Mascagni; e inoltre alla prime italiane della Basoche (Colette) di Messager (Torino,
Regio, 1993) e del Pelléas di Debussy (Melisanda) alla Scala di Milano (1908).
cindoro off on an errand Musetta embraces Marcello, who is still in love with her. The friends de-
part, leaving the hapless Alcindoro to foot the bill for the hearty meal they have eaten. A band
plays as soldiers march in for the changing of the guard.
ACT THREE
The Barriere d’Enfer. Day is dawning and snow is falling in the neighbourhood where Musetta
works as a singer at an inn. Enter Mimì in search of Marcello, who is now a jobbing painter in
the same inn. When he appears she tearfully confesses that Rodolfo’s wild jealousy has made life
with him impossible, and asks Marcello for his help. Marcello tells her that Rodolfo is in the inn,
asleep on a bench, and promises that he will speak to his friend. Mimì conceals herself behind a
plane-tree in order to listen to their conversation. The poet tells Marcello that he has decided to
leave Mimì: she is wasting away from consumption and he cannot offer her the warm, comfort-
able home she needs if she is to recover. On hearing this confession Mimì bursts into tears, and
Rodolfo realises that she has been listening. He sweeps her into his arms; but Mimì announces
that she plans to leave him. However, the lovers agree that parting in winter is too painful; they
decide to wait until April, the «season of flowers», before separating. As they leave the stage, a
furious quarrel erupts between Marcello and Musetta.
120 ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG
Tieste Wilmant (1859-1937), il primo Marcello. Partecipò alla prima assoluta del Canticum canticorum di Mar-
co Enrico Bossi, e alle prime italiane di Sigfrido (Alberico) alla Scala nel 1899 e di Le tribut de Zamora (Ben Said)
di Gounod al Regio di Torino nel 1882.
Arturo Toscanini in una foto del 1905. Il grande direttore (1867-1957) tenne a battesimo La bohème, La fanciulla
del West, Turandot, e la seconda versione di Madama Butterfly.
ACT FOUR
In a Parisian garret. Rodolfo and Marcello are back in their garret. Both have left their mistress-
es and gloomily recall happier days. Rodolfo halfheartedly attempts to write and Marcello to
paint, but they are overwhelmed by memories of their loved ones. Enter Colline and Schaunard,
who launch into a mock duel that sends Rodolfo and Marcello into gales of laughter. But their
cheerful mood swiftly evaporates when Musetta arrives with the news that Mimì is on the stairs
in a state of exhaustion. Mimì comes in and greets her old friends. Sensing that she is close to
death, Marcello rushes off to find a doctor; Musetta and Schaunard go out to raise money for
medicine, she by selling her earrings and he his overcoat. Rodolfo and Mimì, left alone, discover
that they are still deeply in love, and sing of their first meeting in the garret. Overjoyed at being
reunited with her lover, Mimì strokes the muff given to her by Musetta. Then she sinks into un-
consciousness. When Rodolfo realises that she is dead, he embraces her brokenheartedly for one
last time.
ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG 121
Handlung
ERSTER AKT
In einer Dachstube in Paris. An einem eiskalten Weihnachtsabend beschließen Rodolfo, der Dich-
ter, und Marcello, der Maler, zwei mittellose Künstler, das letzte Dramenmanuskript Rodolfos
dem Feuer zu opfern, um wenigstens auf diese Weise ihre eiskalte Dachstube etwas zu erwärmen.
Zu ihnen gesellen sich Colline, der Philosoph, und Schaunard, der Musiker der Clique, der es, zum
Erstaunen aller, geschafft hat etwas Geld zu verdienen. Gemeinsam beschließen sie den Abend mit
einem Essen im Quartier latin festlich zu begehen. Auf geschickte Weise, in dem sie ihn des Ehe-
bruchs beschuldigen, gelingt es ihnen sich des Hausherrn, der gekommen ist die Mietrückstände
einzuziehen, zu entledigen. Zufrieden über ihren Erfolg begeben sie sich in ein Cafe-Restaurant.
In der Dachstube bleibt nur Rodolfo zurück, der vorgegeben hat noch einen Zeitungsartikel ab-
schließen zu müssen. Ganz unerwartet klopft jemand an der Tür: es ist Mimì, ein junges Mädchen
das im gleichen Haus wohnt, die Rodolfo bittet ihr ihre Kerze wieder anzuzünden die, während
sie die Treppe hinabging, plötzlich erloschen ist. Ganz unerwartet sinkt das junge Mädchen er-
schöpft nieder und verliert dabei ihren Hausschlüssel. Rodolfo betrachtet sie teilnahmsvoll und
versucht ihr behilflich zu sein. Auf einmal verlöschen beide Kerzen. Beim Suchen im Dunkel, die
Hand des Mädchens in das er sich schon verliebt hat haltend, erzählt Rodolfo von seinem Leben.
Die beiden werden durch den Lärm der Freunde gestört, die Rodolfo auffordern, sich so schnell
wie möglich zu ihnen zu gesellen. Beide, inzwischen einander zugetan, umarmen sich und gehen
gemeinsam nach draussen zu den Freunden.
ZWEITER AKT
Weihnachtsabend im Quartier Latin. Im Gedränge der bunten Pariser Menge machen auch Ro-
dolfo, Mimì, Schaunard, Colline und Marcello kleine Weihnachtseinkäufe. Danach stellt Rodolfo
seinen Freunden, die schon im Cafe Momus auf ihn warten, seine neue Gefährtin vor. Plötzlich
taucht Musetta auf, eine alte Liebe Marcellos, gefolgt von ihrem neuen Liebhaber, einem alten
aber wohlhabenden Herrn, Alcindor. Musetta, verärgert über die Unaufmerksamkeit Marcellos,
versucht mit allen Mitteln seine Eifersucht zu entfachen. Nachdem sie unter einem Vorwand Al-
cindor fortgeschickt hat, kann sie endlich Marcello, der immer noch in sie verliebt ist, umarmen.
Die ganze Schar verläßt das Lokal. Während die Nachtpatrouille mit Musik aufzieht, bleibt dem
zurückkehrenden Alcindor nichts anderes übrig als die Rechnung für das reichliche Abendessen
aller zu begleichen.
DRITTER AKT
Die Barriere d’Enfer. Eine trübkalte, schneerieselnde Winterfrühe in der Nähe eines Cabarets in
dem Musetta auftritt. Suchend erscheint Mimì und fragt nach Marcello, der in dem Cabaret als
Maler arbeitet. In Tränen aufgelöst klagt sie ihm ihr Leid, von der großen Eifersucht des Dichters,
von der Hölle zu dem das Zusammenleben geworden ist und bittet Marcello ihr zu helfen. Mar-
cello enthüllt ihr, dass Rodolfo im Cabaret ist und dort auf einer Bank schläft, und verspricht ihr
mit dem Freund zu sprechen. Mimì versteckt sich hinter einer Platane, um das Gespräch zwischen
Rodolfo und Marcello zu belauschen. Der Dichter vertraut seinem Freund an, dass er sich von der
Geliebten trennen müsse, weil er nicht fähig sei ihr eine warme und bequeme Wohnung zu bieten,
in der er sie von der Schwindsucht heilen könne, die sie langsam aufzehrt. Mimì, die das Ge-
ständnis Rodolfos mitgehört hat, zeigt sich ihm verzweifelnd weinend. Gerührt nimmt er sie in die
Arme. Aber Mimì teilt ihm mit, dass sie ihn verlassen wird. Da ein Abschied im Winter noch trau-
122 ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG
La sala del Teatro Regio di Torino in un’incisione ottocentesca. Il Regio ospitò le prime pucciniane della seconda
versione delle Villi, di Manon Lescaut e della Bohème.
riger ist, einigen sich die beiden Geliebten das Auseinandergehen auf April, «Die Zeit der Blüten»,
zu verschieben. Während sie sich entfernen bricht zwischen Marcello und Musetta ein heftiger
Streit aus.
VIERTER AKT
In der gleichen Dachstube, in der das erste Bild der Oper spielte, sind Rodolfo und Marcello wie-
der allein. Traurig und entmutigt, denn beide haben sich von ihren Gefährtinnen getrennt, erzäh-
len sie voller Sehnsucht von ihrem vergangenen Liebesglück. Danach kehrt der eine zur Malerei
und der andere zum Dichten zurück, aber beider Gedanken gehen zu den abwesenden Geliebten.
Colline und Schaunard erscheinen. Schaunard arrangiert ein heiteres Duell mit Colline, das von
den beiden Freunden mit großem Gelächter begleitet wird. Aber die Heiterkeit der Gruppe wird
vom Erscheinen Musettas unterbrochen, die mitteilt, dass Mimì, die ihr Ende ahnt, die Treppe her-
aufkommt. Mimì tritt ein und begrüßt die Freunde vergangener Zeiten. Marcello, dem klar ge-
worden ist in welchem Zustand sie sich befindet, geht auf die Suche nach einem Arzt, während
Musetta versucht ihre Ohrringe, und Schaunard seinen Mantel zu verkaufen, um mit dem Erlös
die Medizin und den Arzt zu bezahlen. Allein geblieben, durchleben Rodolfo und Mimì nochein-
mal das vergangene Glück, ihre erste Begegnung in der gleichen Dachstube und fühlen, dass sie
sich immer noch zutiefst lieben. Von Glück erfüllt umschließt Mimì den Muff, den Musetta ihr
geschenkt hat, und stirbt wie zum Schlummer gestreckt ohne Wehklagen, während Rodolfo die
Geliebte ein letztes Mal umarmt.
Bibliografia
a cura di Emanuele Bonomi
Se c’è un musicista il quale sia di moda in tutte e cinque le parti del mondo e che ottenga il suffragio di
ogni platea, questi è proprio Puccini. L’interesse che egli risveglia è, sopra tutto, un interesse di cronaca
e di costumi; che è l’interesse tipico destato nel critico dai fatti della moda. Il Puccini poi ha anche le al-
tre caratteristiche esterne dell’eroe di moda e, prima di ogni altra, quella di piacere sopra tutto al pub-
blico femminile.1
Con queste violente e risentite affermazioni Fausto Torrefranca bollava nel 1912 lo strepitoso suc-
cesso popolare che Puccini riscuoteva nei teatri europei come un semplice fenomeno di costume,
dunque passeggero e destinato a durare poco. La previsione si rivelò, come ben sappiamo, del tut-
to errata, ma nella sua condanna senza appello erano espresse, anche se con toni di una brutalità
verbale francamente insopportabili, posizioni in gran parte condivise all’interno del mondo musi-
cale di allora.
Agli occhi della critica Puccini esprimeva nel modo più compiaciuto i valori della ‘italietta’ bor-
ghese e sentimentale nel periodo immediatamente precedente allo scoppio del primo conflitto
mondiale. La capacità del musicista di toccare le corde più profonde del pubblico e il suo insiste-
re al limite del sadismo sulla progressiva e inevitabile distruzione delle sue delicate eroine veniva-
no percepiti come sintomi della sua comunanza spirituale con un paese e una cultura che si vole-
vano invece risollevare. Nonostante gli venisse riconosciuta una generica abilità nel delineare con
mezzi puramente musicali l’ambientazione realistica e precisa della vicenda, così come nel confe-
zionare isolati momenti lirici costruiti con notevole mestiere, si contestavano al musicista la su-
perficialità del linguaggio e il suo affidarsi a collaudati meccanismi ad effetto per solleticare le pul-
sioni più elementari dello spettatore.
L’attacco di Torrefranca non fermò, né incrinò il successo di Puccini, ma contribuì non poco
alla scarsa fortuna critica del compositore: in Italia la sua opera era tacciata di provincialismo e
di facile sentimentalismo, mentre all’estero se ne apprezzavano soprattutto le doti musicali.2 Que-
sta la situazione almeno fino al secondo dopoguerra. Le recensioni, i saggi e gli studi sulla figura
1 FAUSTO TORREFRANCA, Giacomo Puccini e l’opera internazionale, Torino, Bocca, 1912; si veda anche ALES-
SANDRO COPPOTELLI, Per la musica d’Italia. Puccini nella critica del Torrefranca, Orvieto, Tipografia operaia,
1919.
2 Tra gli anni Trenta e Cinquanta la fortuna critica di Puccini fuori dai confini nazionali è testimoniata dalla
pubblicazione di numerose biografie di valore. In lingua tedesca citiamo il testo densissimo di spunti critici di ri-
lievo di RICHARD SPECHT, Giacomo Puccini. Das Leben, der Mensch, das Werk, Berlin, Hesse, 1931 (trad. ingl. di
Catherine Alison Phillips: G. P.: The Man, His Life, His Work, New York-London, Knopf-Dent, 1933; rist. We-
stport (Conn.), Greenwood, 1970); FRANK THIESS, Puccini. Versuch einer Psychologie seiner Musik, Wien, Zsol-
nay, 1947; ALFRED BARESEL, Giacomo Puccini. Leben und Werk, Hamburg, Sikorski, 1954. Il primo profilo com-
pleto su Puccini e la sua musica scritto in lingua inglese è GUSTAV MAREK, Puccini, New York, Simon & Schuster,
1951 (contiene tra l’altro una serie di lettere inedite).
124 EMANUELE BONOMI
di Puccini furono in quel primo periodo pochi nel complesso e di scarsa qualità, viziati oltretutto
dal frequente tono agiografico.3 Eloquenti sono in tal senso le due biografie curate dal devoto ami-
co Giuseppe Adami – librettista di alcune delle ultime opere pucciniane (La rondine, Il tabarro e
Turandot) –, nelle quali la dichiarata intenzione di idealizzare la figura del musicista inficia irri-
mediabilmente l’attendibilità della narrazione.4 Meritevole contributo dell’attività divulgatrice di
Adami fu invece la pubblicazione, la prima in ordine cronologico, di una raccolta di lettere puc-
ciniane ordinate secondo le opere del musicista, che fornisce ricche informazioni sulla loro genesi
e sulle vicende artistiche legate alla loro rappresentazione.5
Soltanto a partire dagli anni Cinquanta si iniziò lentamente a intravedere la grandezza del com-
positore, che fino a quel momento aveva ricevuto lodi in primo luogo per il suo linguaggio musi-
cale agile e di sicura presa. Mahler, tra gli altri, aveva affermato in più di un’occasione di detesta-
re le opere del collega italiano, anche se ne riconosceva le straordinarie doti di orchestratore.6 In
concomitanza con la ricorrenza del centenario della nascita del compositore (1958) videro la luce
numerosi titoli critici che, attraverso una lettura meno aneddotica della parabola pucciniana, sve-
larono finalmente la novità e la modernità della sua scrittura, in perfetta sintonia con le principa-
li correnti musicali europee di inizio Novecento.7 Mentre il saggio di Mosco Carner tentò con esi-
3 Per una prima ricezione pucciniana segnaliamo ALFREDO COLOMBANI, L’opera italiana del secolo XIX, Mila-
no, Edizioni del Corriere della sera, 1900; WAKELING DRY, Giacomo Puccini, London-New York, John Lane,
1906; ILDEBRANDO PIZZETTI, Giacomo Puccini, «La voce», III/5-7, 1911, pp. 497-499, 502-503, 508-509, rist. in
ID., Musicisti contemporanei. Saggi critici, Milano, Treves, 1914, pp. 49-106; VITTORIO GUI, Puccini, «Il piano-
forte», III/6-7, 1922, pp. 172-178, rist. in ID., Battute d’aspetto. Meditazioni di un musicista militante, Firenze,
Monsalvato, 1944, pp. 134-147; JULIUS KORNGOLD, Die Romanische Oper der Gegenwart. Kritische Aufsätze,
Wien-Leipzig-München, Rikola, 1922, pp. 56-97; CARLO GATTI, Giacomo Puccini, «L’illustrazione italiana»,
LI/49, 1924, pp. 731-735; GINO MONALDI, Giacomo Puccini e la sua opera, Roma, Mantegazza, 1924; DOMENI-
CO ALALEONA, Giacomo Puccini, «Rassegna italiana», XV, 1925, pp. 13-20; ARNALDO FRACCAROLI, La vita di Gia-
como Puccini, Milano, Ricordi, 1925. Per un primo bilancio della critica su Puccini fino al secondo dopoguerra si
veda GIORGIO PETROCCHI, L’opera di Giacomo Puccini nel giudizio della critica, «Rivista musicale italiana», XLV,
1941, pp. 40-49; ancora oggi insuperato per quantità di materiale iconografico raccolto è LEOPOLDO MARCHETTI,
Puccini nelle immagini, Milano, Garzanti, 1949, rist. Milano, Maestri Arti Grafiche, 1968 (oltre alle immagini il
volume contiene anche foto di locandine, costumi e fondali di scenografia, ritagli di giornali, facsimili di lettere, li-
bretti e partiture autografe); gli fa concorrenza l’imponente volume di VITTORIO FAGONE e VITTORIA CRESPI MOR-
BIO, La scena di Puccini, Lucca, Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, 2003. Me-
rita attenzioni per l’apparato visivo, nonostante il profilo biografico nettamente orientato verso l’agiografia, anche
Vissi d’arte, vissi d’amore. Puccini, vita, immagini, ritratti, introd. di Julian Budden, testi di Gustavo Marchesi,
iconografia di Marisa Di Gregorio Casati, Parma, STEP, 2003.
4 GIUSEPPE ADAMI, Puccini, Milano, Treves, 1935; ID., Il romanzo della vita di Giacomo Puccini, Milano, Riz-
zoli, 1942.
5 GIUSEPPE ADAMI, Giacomo Puccini. Epistolario, Milano, Mondadori, 1928, rist. con introduzione di Enzo
Siciliano, Milano, Rizzoli, 1982 (il volume è preceduto da un saggio introduttivo nel quale l’autore difende Puc-
cini dalle critiche precedenti); una ristampa ulteriore, con introduzione di Renzo Cresti (Napoli, Pagano, 1999),
non solo non corregge gli sbagli precedenti, ma aggiunge altri errori (sin dall’occhiello: «diario intimo di un’arti-
sta [sic]»).
6 ALMA MAHLER WERFEL, Gustav Mahler. Erinnerungen und Briefe, Amsterdam, Halle de Lange, 1940, rist.
Frankfurt, 1949 (trad. it. di Laura Dallapiccola: Gustav Mahler. Ricordi e lettere, a cura di Luigi Rognoni, Mila-
no, Il Saggiatore, 1960).
7 Oltre ai titoli citati nel testo ricordiamo due saggi molto acuti e importanti: RENÉ LEIBOWITZ, L’œuvre de
Puccini et les problèmes de l’opéra contemporain, in ID., Histoire de l’opéra, Paris, Buchet-Chastel, 1957, pp. 330-
354 (trad. it. ampliata di Maria Galli de’ Furlani: L’opera di Puccini e i problemi del teatro lirico contemporaneo
e L’arte di Giacomo Puccini e l’essenza dell’opera, in ID., Storia dell’opera, a cura di Giampiero Tintori, Milano,
Garzanti, 1966, pp. 305-397); e EDWARD GREENFIELD, Puccini. Keeper of the Seal, London, Arrow Books, 1958.
BIBLIOGRAFIA 125
8 MOSCO CARNER, Puccini. A Critical Biography, London, Duckworth, 1958, 19923 (trad. it. di Lui-
sa Pavolini: Giacomo Puccini. Biografia critica, Milano, Il Saggiatore, 1961, 19743). Il volume resta tutto-
ra imprescindibile per affrontare lo studio del compositore.
9 CLAUDIO SARTORI, Puccini, Milano, Nuova Accademia, 1958, 19784.
10 Carteggi pucciniani, a cura di Eugenio Gara, Milano, Ricordi, 1958: il volume contiene oltre novecento let-
tere, per la maggior parte riguardanti la creazione e la rappresentazione delle opere di Puccini. Tra le successive rac-
colte che hanno edito parte dell’epistolario pucciniano ricordiamo GINO ARRIGHI, Caleidoscopio di umanità in let-
tere di Giacomo Puccini, in Giacomo Puccini nel centenario della nascita, cit. alla nota 11, pp. 89-104 (contiene
lettere in gran parte private, indirizzate a parenti e amici, e la corrispondenza con il poeta Giovanni Pascoli); CAR-
LO PALADINI, Giacomo Puccini. Con l’epistolario inedito, a cura di Marzia Paladini, Firenze, Vallecchi, 1961; Puc-
cini com’era, a cura di Arnaldo Marchetti, Milano, Curci, 1973; GIUSEPPE PINTORNO, Puccini. 276 lettere inedite. Il
fondo dell’Accademia d’Arte a Montecatini Terme, Milano, Nuove edizioni, 1974; RICCARDO CECCHINI, Lettere
pucciniane. Epistolario edito ed inedito di Giacomo Puccini dal 1880 al 1924, 2 voll., Firenze-Marcialla, 1980-
1993; Giacomo Puccini. Lettere a Riccardo Schnabl, a cura di Simonetta Puccini, Emme Edizioni, Milano, 1981;
Lettere di Ferdinando Fontana a Giacomo Puccini 1884-1919, a cura di Simonetta Puccini e Michael Elphinstone,
«Quaderni Pucciniani», IV/2, 1992. Fra gli epistolari recentemente apparsi merita una lode particolare Gabriele
d’Annunzio-Giacomo Puccini. Il carteggio recuperato, a cura di Aldo Simeone, Lanciano, Rocco Carabba, 2009.
11 Giacomo Puccini nel centenario della nascita, a cura del Comitato nazionale per le onoranze a Giacomo
Puccini, Lucca, Lorenzetti & Natali, 1958; Giacomo Puccini, a cura di Claudio Sartori, Milano, Ricordi, 1959.
12 DENIS VAUGHAN, Discordanze tra gli autografi verdiani e la loro stampa, in «La Scala. Rivista dell’opera»,
104, 1958, pp. 11-15. Alle accuse dell’autore replicò in prima fila il direttore d’orchestra Gianandrea Gavazzeni.
Si veda il suo Problemi di tradizione dinamico-fraseologica e critica testuale in Verdi e in Puccini, «La rassegna
musicale», XXIX, 1959, pp. 27-41 e 106-122 (rist. Milano, Ricordi, 1961).
13 CECIL HOPKINSON, A Bibliography of the Works of Giacomo Puccini, 1858-1924, New York, Broude Bro-
thers, 1968.
14 WILLIAM ASHBROOK, The Operas of Puccini, London, Cassell, 1969, rist. Ithaca, Cornell University Press,
1985.
126 EMANUELE BONOMI
La Triplice (Puccini, Giacosa, Illica). Caricatura pubblicata nel «Guerino meschino». Da Puccini nelle immagini,
a cura di Leopoldo Marchetti, Garzanti, 1949.
tivi di quegli anni citiamo la biografia di Leonardo Pinzauti, debitrice dell’approccio in chiave psi-
coanalitica di Mosco Carner,15 e il lavoro curato da Norbert Christen, che propone una lettura
molto dettagliata del linguaggio musicale di Puccini.16 Dai convegni tenutisi nello stesso anno nel-
la città natale del compositore furono poi pubblicati due importanti volumi collettivi, che accan-
to agli immancabili saggi di interesse quasi esclusivamente locale raccolgono interessanti spunti di
ricerca.17
15 LEONARDO PINZAUTI, Puccini. Una vita, Firenze, Vallecchi, 1974. Tra le biografie pucciniane pubbli-
cate negli anni Settanta citiamo anche WILLIAM WEAVER, Puccini. The Man and His Music, New York, Dutton,
1977.
16 NORBERT CHRISTEN, Giacomo Puccini. Analytische Untersuchungen der Melodik, Harmonik und Instru-
consulti ALBERTO CAVALLI, Problemi di critica testuale pucciniana, pp. 44-47); Critica pucciniana, a cura del Co-
mitato nazionale per le onoranze a Giacomo Puccini nel cinquantennio della morte, Lucca, Provincia di Lucca,
1976.
BIBLIOGRAFIA 127
Con il volgere del nuovo decennio l’approfondimento critico entrò nella sua fase più matura.
La fondazione dell’Istituto di studi pucciniani nel 1979, da parte dalla nipote del compositore, fu
una delle prime manifestazioni concrete di un rinnovato interesse degli studi in funzione della cir-
colazione delle opere: i «Quaderni pucciniani», organo editoriale dell’Istituto (silente da più d’un
decennio),18 hanno finora ampliato la corrispondenza pubblicata e analizzato in modo ampio, ma
discontinuo, alcune delle sue opere. La tappa successiva fu la creazione nel 1989 del Puccini Re-
search Center a Berlino per opera di Jürgen Maehder, che aveva già organizzato anche i due pri-
mi congressi internazionali a Torre del Lago nel 1983 e 1984.19 Un altro proficuo sviluppo nei pri-
mi anni Ottanta fu infine la crescente consapevolezza dell’importanza della messinscena nel
processo delle numerose rielaborazioni e revisioni pucciniane, come avevano dimostrato le rap-
presentazioni di Madama Butterfly nella sua versione originale al Teatro La Fenice nel 1982 e
quella di Turandot con la prima versione del finale composto da Alfano l’anno successivo alla Ro-
yal Opera House di Londra.
Gli ultimi vent’anni hanno visto un proliferare senza precedenti di contributi pucciniani che
hanno esplorato ogni ambito di indagine. Le due ricorrenze commemorative del 1994 e 2008 – ri-
spettivamente settantesimo anniversario della morte e centocinquantesimo anniversario della na-
scita del compositore –, hanno fornito l’occasione per l’organizzazione di due importanti conve-
gni internazionali di studi,20 mentre nel 1996 è stato fondato il Centro studi Giacomo Puccini per
opera di un gruppo di prominenti studiosi pucciniani. Attiva in campo bibliografico attraverso il
periodico «Studi pucciniani»,21 la dinamica istituzione ha tra i suoi principali obiettivi la diffu-
sione della conoscenza della vita e delle opere del compositore grazie anche all’utilizzo della tec-
18 L’ultimo numero («Quaderni pucciniani», VI, 1998) ospita le coloritissime Lettere di Giacomo Puccini ad
re del Lago, 6-8 agosto 1983), a cura di Jürgen Maehder, Pisa, Giardini, 1985; I libretti di Puccini e la letteratura
del suo tempo (Torre del Lago, 10-12 agosto 1984), atti non pubblicati. Di Jürgen Maehder si veda anche Die ita-
lienische Oper des ‘Fin de siècle’ als Spiegel politischer Strömungen im umbertinischen Italien, in Der schöne Ab-
glanz. Stationen der Operngeschichte, a cura di Udo Bermbach e Wulf Konold, Berlin-Hamburg, Reimer, 1992,
pp. 181-210 (il saggio analizza l’opera italiana di fine Ottocento legandola al contesto storico-politico nazionale).
Per una disamina del panorama storico e intellettuale al tempo di Puccini si veda anche RUBENS TEDESCHI, Addio
fiorito asil. Il melodramma italiano da Rossini al verismo, Milano, Feltrinelli, 19781 (Pordenone, Edizioni Studio
Tesi, 19922), che attesta una concezione faziosa e superata del compositore, ma ancora viva in ambienti critici con-
servatori.
20 Giacomo Puccini. L’uomo, il musicista, il panorama europeo. Atti del Convegno internazionale di studi su
Giacomo Puccini nel 70° anniversario della morte (Lucca, 25-29 novembre 1994), a cura di Gabriella Biagi Ra-
venni e Carolyn Gianturco, Lucca, LIM, 1997. Del convegno del 2008, organizzato nei luoghi italiani più intima-
mente legati all’attività del musicista e articolato in quattro sessioni (1: Lucca, 23-25 maggio; 2-3: Torre del La-
go, 4-6 luglio e 28-31 agosto; 4: Milano, 21-22 novembre), non sono stati ancora pubblicati gli atti. Degne di nota
sono state in particolar modo le ultime due sessioni: la terza ha affrontato un soggetto finora mai discusso con si-
stematicità all’interno degli studi pucciniani, gli influssi e i rapporti tra l’opera del musicista e il cinema, mentre la
quarta si è concentrata sulla complessa questione della tradizione editoriale delle partiture in vista dell’imminente
debutto sulla scena editoriale dell’Edizione nazionale delle opere di Giacomo Puccini.
21 «Studi pucciniani» (1, 1998; 2, 2000; 3, 2004). Il primo numero della rivista contiene la Bibliografia degli
scritti su Giacomo Puccini (pp. 128-229), la più completa finora apparsa; aggiornamenti successivi sono stati in-
trodotti nel secondo numero da LINDA B. FAIRTILE, Bibliografia degli scritti su Giacomo Puccini. Aggiornamenti
1997-1999 (pp. 236-240). Nel terzo numero sono stati pubblicati invece gli esiti del convegno di studi convocato
nel 2001 per approfondire l’indagine sulle forme dell’opera ai tempi di Puccini, «L’insolita forma». Strutture e pro-
cessi analitici per l’opera italiana nell’epoca di Puccini. Atti del Convegno internazionale di studi (Lucca, 20-21
settembre 2001) dedicati a Harold S. Powers, «Studi pucciniani», 3, 2004.
128 EMANUELE BONOMI
nologia informatica, e ha avviato nel 2007 il progetto dell’Edizione nazionale delle opere di Gia-
como Puccini.22 Dei tanti profili biografici e critici pubblicati prima e dopo,23 citiamo le mono-
grafie di Dieter Schickling, Michele Girardi e Julian Budden,24 che hanno definitivamente corret-
to i molti errori che ancora esistevano riguardo la vita e la carriera di Puccini e che costituiscono
al momento i titoli più precisi, completi e aggiornati. Specificamente incentrati sulla disamina del-
la drammaturgia pucciniana sono il saggio di Allan Atlas,25 la raccolta di scritti su Puccini di Fe-
dele d’Amico,26 e quella di importanti saggi tradotti in italiano curata da Virgilio Bernardoni,27
mentre utili strumenti di ricerca sono il compendio bibliografico pubblicato da Linda Fairtile28 e
l’imponente quanto imprescindibile catalogo delle opere di Puccini realizzato da Dieter Schic-
kling.29 Tra i titoli più utili apparsi negli ultimi anni citiamo infine il Dizionario pucciniano di
Eduardo Rescigno,30 che prende in considerazione in ordine alfabetico le parole chiave apparte-
nenti all’universo del compositore e dedica l’ultima parte lavoro alla presentazione cronologica
delle dodici opere pucciniane ordinate in schede dettagliate.
Con La bohème, accolta tiepidamente alla sua première al Teatro Regio di Torino nel 1896,
ma destinata di lì a poco a diventare l’opera più popolare della grande stagione del melodramma
italiano fin de siècle, Puccini consacrò definitivamente la propria fama internazionale, scegliendo
una semplice vicenda dalle tinte sentimentali non priva di spunti autobiografici – l’ambiente sca-
pigliato milanese che il musicista aveva frequentato nel decennio precedente –, nella quale i viva-
22 L’Edizione, che pubblicherà i primi volumi entro la fine del 2011, è destinata a durare almeno sino al 2026,
e a produrre oltre una quarantina di volumi; articolata in tre sezioni (ed è questa novità di rilievo nel settore ‘edi-
zioni critiche’), prevede i testi musicali ‘restaurati’ e le preziose edizioni dell’epistolario (integrale anche nei tratti
più coloriti del linguaggio, già oggetto di censure nelle precedenti pubblicazioni) e delle mises en scène trascritte
dai registi dell’epoca e approvate dall’autore. Nel frattempo la casa editrice Carus (Stuttgart) ha pubblicato gran
parte delle composizioni non operistiche di Puccini in edizione critica, a cura di Michele Girardi (Preludio a or-
chestra SC 1, ricostruzione di un passaggio mancante realizzata da Wolfgang Ludewig, 2004; Requiem SC 76, 2005;
Preludio sinfonico SC 32, 2009), Riccardo Pecci (Vexilla Regis prodeunt SC 7, 2009; Canti. Musica per voce e pia-
noforte, 2010), Dieter Schickling (Messa a 4 voci SC 6, 2004; Capriccio sinfonico SC 55, 2005; Mottetto per San
Paolino SC 2, 2008).
23 GIORGIO MAGRI, L’uomo Puccini, Milano, Mursia, 1992; RENZO CRESTI, Giacomo Puccini. L’intimismo
fatto spettacolo, Fucecchio, Edizioni dell’Erba, 1993 (e rist. successive con vari titoli); The Puccini Companion, a
cura di William Weaver e Simonetta Puccini, New York-London, Norton, 1994; MARY JANE PHILLIPS-MATZ, Puc-
cini. A Biography, Boston, Northeastern University Press, 2002; illuminante per la comprensione della dramma-
turgia pucciniana risulta GUIDO PADUANO, «Come è difficile esser felici». Amore e amori nel teatro di Puccini, Pi-
sa, ETS, 2004; alla luce sia dei precedenti divulgativi che di quelli scientifici pleonastico appare ALBERTO CANTÙ,
L’universo di Puccini da «Le Villi» a «Turandot», Varese, Zecchini, 2008.
24 DIETER SCHICKLING, Giacomo Puccini. Biographie, Stuttgart, Deutsche Verlags-Anstalt, 1989, 19922, ed.
aggiornata: Stuttgart, Carus Verlag, 2007 (trad. it. di Davide Arduini: Pisa, Felici, 2008); MICHELE GIRARDI, Gia-
como Puccini. L’arte internazionale di un musicista italiano, Venezia, Marsilio, 1995, 20002 (vers. ingl. aggiorna-
ta: Puccini. His International Art, Chicago, The University of Chicago Press, 20001, 20022); JULIAN BUDDEN, Puc-
cini. His Life and Works, Oxford-New York, Oxford University Press, 2002 (trad. it. di Gabriella Biagi Ravenni:
Puccini, Roma, Carocci, 2005).
25 ALLAN ATLAS, Multivalence, Ambiguity and Non-ambiguity. Puccini and the Polemicists, «Journal of the
ci episodi comici e bozzettistici si insinuano in una tragica storia d’amore per smorzarne il carat-
tere eroico e darle invece una dimensione quotidiana. Alla trasparenza della drammaturgia, scan-
dita attraverso la successione di quattro quadri d’ambiente ben definiti, fa eco la minuziosa corri-
spondenza tra azione e musica in una successione di ampi squarci cantabili alternati a un
declamato attento alla minima sfumatura sul modello del Falstaff verdiano, mentre la ricchissima
tavolozza armonica e l’uso calcolato di un Leitmotiv in rapporto a diversi motivi di reminiscen-
za, svelano l’ormai acquisita maturità stilistica del compositore.
Parallelamente alla fortuna mai scemata sui palcoscenici mondiali, anche in ambito critico il
capolavoro pucciniano ha suscitato notevole interesse, tanto per le sue innovazioni drammatiche
quanto per la modernità della musica; se da un lato infatti la complessa genesi del libretto ha fa-
vorito il fiorire di un corposo filone di studi (tuttora in pieno sviluppo), dall’altro nella vocalità
trattenuta e in generale nella componente antiretorica che informa gran parte dello stile dell’ope-
ra è stata rinvenuta una delle prime manifestazioni operistiche dei sentimenti piccolo-borghesi che
animavano la penisola italiana nel periodo fin de siècle, parabola di una toccante e amara rifles-
sione sulla perdita della gioventù. La sintesi più compiuta delle principali linee di ricerca, nono-
stante le dimensioni contenute del volume, è offerta senza alcun dubbio dalla monografia dedica-
ta all’opera curata da Arthur Groos e Roger Parker, puntuali nel delinearne le peculiarità
drammatico-musicali e prodighi nell’offrire al lettore una gustosa scelta di preziosi contributi ese-
getici, come tre recensioni d’autore, di tono diametralmente opposto, firmate da Fausto Torre-
franca, Eduard Hanslick e Camille Bellaigue.31
Specifici sulle tormentate vicende che hanno accompagnato la laboriosa stesura del libretto so-
no i contributi di Mario Morini, che ha pubblicato per la prima volta il testo completo dell’atto
poi soppresso ambientato nel cortile della casa di via Labruyère,32 e Pier Giuseppe Gillio, incen-
trato sulla lunga gestazione letteraria del terzo quadro dell’opera,33 per culminare negli studi di
più vasto respiro redatti da Daniela Goldin, autrice di un’acuta analisi dell’intero impianto dram-
31 Giacomo Puccini, «La bohème», a cura di Arthur Groos e Roger Parker, Cambridge-New York-Melbour-
ne, Cambridge University Press, 1986 («Cambridge Opera Handbooks»); si vedano in particolare ARTHUR GRO-
OS, The Libretto, pp. 55-79 (trad. it.: Tra realismo e nostalgia. Il libretto della «Bohème», in «La bohème» di Gia-
como Puccini. Cento anni 1 febbraio 1896-1996, Torino, Teatro Regio, 1996, pp. 41-59); WILLIAM DRABKIN, The
Musical Language of «La bohème», pp. 80-101 (trad. it.: Il linguaggio musicale della «Bohème», in Puccini, a cu-
ra di Virgilio Bernardoni, cit., pp. 97-120); Three Early Critics and the Brother Mann. Aspects of the «La bohè-
me» Reception, pp. 129-141. Tra le altre monografie dedicate alla Bohème occorre poi ricordare: Giacomo Puc-
cini, «La bohème», «Avant-scène opéra», n. 20, gennaio-febbraio 1979; Giacomo Puccini. «La bohème». Texte,
Materialen, Kommentare, a cura di Attila Csampai e Dietmar Holland, München, Rowohlt, 1981; «La bohème».
Giacomo Puccini, a cura di Nicholas John, London-New York, Calder-Riverrun, 1982 («English National Opera
Guide», 14). La versione più aggiornata del capitolo sulla Bohème di Michele Girardi (cfr. nota 24) si legge in Pa-
varotti. «La bohème», texts by Michele Girardi (with personal recollections by Claudio Abbado, Renata Scotto,
Franco Zeffirelli), Milano, FMR-ART’E’, 2008, pp. 25-92; nella stessa sede compare anche un saggio sull’interpre-
tazione dell’opera: Luciano Pavarotti: Rodolfo! The Tenor’s «La bohème», pp. 93-172 (qui riproposto, aggiorna-
to, in traduzione italiana alle pp. 29-48).
32 MARIO MORINI, «La bohème». Opera quattro atti (cinque quadri). L’atto denominato «Il cortile della ca-
sa di via Labruyère 8» di Illica e Giacosa, «La Scala. Rivista dell’opera», IX/1, 109, dicembre 1958, pp. 35-49;
rist. in ARTHUR GROOS e ROGER PARKER, Giacomo Puccini. «La bohème», cit., pp. 147-181. Dello stesso autore
citiamo inoltre Come nacque «Bohème», «La Scala. Rivista dell’opera», LXXVII, 1956, pp. 23-31.
33 PIER GIUSEPPE GILLIO, «La Barriera d’Enfer». Documenti sulla gestazione letteraria del Quadro III de «La
bohème» nell’archivio di Casa Giacosa, «Studi pucciniani», 1, 1998, pp. 95-125. Nello stesso numero si segnala
l’interpretazione in chiave nichilista dell’opera dovuta a LUCA ZOPPELLI, Modi narrativi scapigliati nella dramma-
turgia della «Bohème», pp. 57-66.
130 EMANUELE BONOMI
34 DANIELA GOLDIN, Drammaturgia e linguaggio nella «Bohème» di Puccini, in La vera Fenice. Libretti e li-
gi Illica, Firenze, Olschki, 2008 («Centro studi Giacomo Puccini. Testi e documenti», 1).
36 JÜRGEN MAEHDER, Paris-Bilder. Zur Transformation von Henry Murgers Roman in den «Bohème»-Opern
Puccinis und Leoncavallo, in Jahrbuch für Opernforschung 1986, Bern-Frankfurt, Peter Lang, 1987, pp. 109-176;
trad. it. Immagini di Parigi. La trasformazione del romanzo «Scènes de la vie de bohème» di Henry Murger nelle
opere di Puccini e Leoncavallo, «Nuova rivista musicale italiana», XXIV/3-4, 1990, pp. 402-455; ID., «Questa è
Mimì, gaia fioraia». Zur Transformation der Gestalt Mimis in «Bohème»-Opern Puccinis und Leoncavallos, in
Opern und Opernfiguren. Festschrift für Joachim Herz, a cura di Urusula e Ulrich Müller, Anif/Salzburg, Müller-
Speiser, 1989, pp. 301-319 («Salzburger Akademische Beiträge», 2). Per una disamina dell’utilizzo della couleur
locale nell’opera si veda anche PIERO SANTI, Tempo e spazio ossia colore locale in «Bohème», «Tosca» e «Mada-
ma Butterfly», in Esotismo e colore locale nell’opera di Puccini, cit., pp. 83-97.
37 CLAUDE FOUCART, De la conversation romanesque à l’air d’opéra. D’Henry Murger à Giacomo Puccini, in
Opern als Text. Romantische Beiträge zur Libretto-Forschung, a cura di Albert Gier, Heidelberg, Universitätsver-
lag, 1986, pp. 277-287.
38 ALLAN W. ATLAS, Mimì’s Death. Mourning in Puccini and Leoncavallo, «The Journal of Musicology»,
na», XV/4, 1981, pp. 577-623. Per una breve antologia di come la critica italiana accolse La bohème rimandiamo
invece a MARCO CAPRA, «Come un rimescolio di giovinezza». «La bohème» al vaglio della critica, in «La bohè-
me», Parma, Teatro Regio, 2003, pp. 133-141 (programma di sala).
40 EVA RIEGER, «Und wie ich lebe? Ich lebe». Sexismus in der Musik des 19. Jahrhunderts am Beispiel von
Puccinis «La bohème», in Zwischen Aufklärung und Kulturindustrie. Festschrift für Georg Knepler zum 85. Ge-
burtstag. II. Musik/Theater, a cura di Hans Werner Heister, Karin Heister-Grech e Gerhard Scheit, Hamburg, Boc-
kel, 1991, pp. 121-136.
41 DAVID ROSEN, «La solita forma» in Puccini’s Operas, «Studi pucciniani», 3, 2004, pp. 179-199; GIORGIO
Il 6 maggio 1897 La bohème compare per la prima volta sulle scene del Teatro La Fenice: la pre-
senza tra i ruoli dell’istitutore Barbemouche, del visconte Paolo, di Gaudenzio, Durand ed Eufe-
mia, accanto agli altrimenti ben noti Mimì e Musetta (affidati alle voci brillanti di Rosina Stor-
chio e di Elisa Frandin), e Marcello e Rodolfo (Giovanni Beduschi e Rodolfo Angelini Fornari),
chiarisce subito che non del lavoro pucciniano si tratta, bensì dell’opera realizzata su proprio li-
bretto da Ruggero Leoncavallo. È una prima assoluta, accolta tiepidamente dai veneziani (che era-
no accorsi in massa al Rossini, in cui si era data poco prima La bohème di Puccini diretta da To-
scanini), destinata a concludere un’interessante stagione di primavera, apertasi con la prima
veneziana del Werther di Massenet.
Ben altra accoglienza – sia pure con quasi due anni di ritardo sulla prima assoluta – avrebbe
avuto La bohème pucciniana il 26 dicembre dello stesso anno, con Apostolu come Rodolfo, che
tenne banco per diciassette sere (insieme al ballo Puppenfee di Josef Bayer) in alternanza con l’ope-
ra-ballo Ero e Leandro di Tobia Gorrio (al secolo Arrigo Boito) per la musica di Luigi Mancinel-
li, eseguito in forma scenica a Madrid solo sei settimane prima.1
L’idea di aprire la stagione con l’opera di Giacomo Puccini risaliva in realtà già all’anno pri-
ma, come dimostra la lettera che l’impresa Fratelli Corti indirizzò al sindaco di Venezia il 9 mag-
gio 1896:
I sottoscritti, nella speranza che si voglia riaprire il Grande Teatro La Fenice nella prossima stagione di
carnevale 1896-97, fanno domanda a codesto spettabile Consiglio per ottenere la concessione d’appal-
to assumendosi l’obbligo di dare non meno di n. 34 rappresentazioni colle opere La bohème di Puccini,
Andrea Chénier di Giordano, una terza nuova da stabilirsi ed una quarta occorrendo. Si obbligano inol-
tre di formare due compagnie di canto, il di cui elenco dei nomi verrà tosto presentato unitamente alla
indispensabile approvazione delle case editrici.2
L’impresa chiedeva un sussidio di lire sessantamila, che avrebbero dovuto essere elevate di altre
ventimila se il consiglio fosse stato interessato alla presentazione del ballo Pietro Micca di Man-
zotti, l’autore del ben più celebre Excelsior. La proposta era certamente tempestiva per quanto ri-
guarda il lavoro pucciniano, che sarebbe stato ripreso a distanza di pochi mesi dalla prima asso-
luta torinese del 1° febbraio 1896, e del quale si parlava poche settimane dopo questo importante
evento.
1 Di Puccini la Fenice aveva proposto sinora solo Le Villi nel gennaio del 1886 e nel 1892, prima accostate al
ballo Excelsior, poi a Tanzmärchen. Successivamente approderanno alla Fenice anche Tosca (1905), Madama But-
terfly (1909), La fanciulla del West (1913), il Trittico (1920) e Manon Lescaut finalmente nel 1922, unica con tan-
to ritardo sulla première, quasi trent’anni.
2 Archivio storico del Teatro La Fenice, Buste Spettacoli, n. 480.
132 FRANCO ROSSI – DALL’ARCHIVIO STORICO DEL TEATRO LA FENICE
La bohème (III) al Teatro La Fenice di Venezia, 1941; regia di Mario Ghisalberti, scene di Camillo Parravicini. Ar-
chivio storico del Teatro La Fenice.
Furono invece sufficienti due settimane perché l’impresa ritornasse parzialmente sui propri
passi proponendo di presentare invece l’altra Bohème, quella di Ruggero Leoncavallo, in prima
assoluta:
siamo autorizzati in forza di contratto di rappresentare la nuova opera La bohème di Leoncavallo, e pos-
siamo assicurare cod.a onor. Direzione che – prima di ogni altro teatro – potremo fare la creazione del-
la suddetta opera nel pross. carnevale alla Fenice di Venezia, sia per apertura, come per seconda opera,
e verrà posta in scena dall’autore.3
Trascorsero ancora dieci giorni e venne formalizzata una proposta che si voleva per certi ver-
si ultimativa: La bohème di Puccini, Andrea Chénier di Giordano e Il crepuscolo degli dei di Wa-
gner, definite tutte «nuove per Venezia» (imprecisione notevole, dal momento che proprio la Fe-
nice aveva tenuto a battesimo nel 1883 l’intera tetralogia wagneriana all’indomani della
scomparsa del compositore). L’operazione prevedeva l’esborso di settantamila lire di dote per
complessive trentacinque recite; vi erano però anche delle alternative: con l’aggravio di ulteriori
ventimila lire le recite sarebbero salite a quaranta, le opere sarebbero state quattro (ma non veni-
va indicato il titolo della quarta) e sarebbero stati proposti anche due balli, La fata delle bambo-
le e Tanzmärchen, ambedue su coreografia di Hassreiter. Inoltre, e la novità non poteva essere più
appetibile, il direttore d’orchestra prescelto sarebbe stato un certo Arturo Toscanini.
In archivio spunta anche un’altra missiva, molto riservata, indirizzata a Pietro Faustini che evi-
dentemente aveva chiesto (peraltro ad una parte non disinteressata, come l’editore Ricordi) un pa-
rere circa la scelta dell’impresario prossimo venturo:
3 Ivi.
DUE BOHÈME A VENEZIA 133
In possesso della preg. v. d’ieri premettiamo i dovuti ringraziamenti per la confidenza che ci dimostrate.
Sapete di poter contare su tutta la ns. discrezione nonché sulla ns. franchezza nel rispondervi. Tra il n. I
e il n. II, noi non esitiamo a dare la preferenza al n. II. Ne conosciamo tutti i difetti, che non sono pochi,
ma bisogna riconoscerne i pregi che sono: la cassa sempre ben fornita ed un’abilità non comune nel con-
durre un’impresa. E tanto è vero che noi ad occhi chiusi affidiamo al n. II qualunque nuovo spartito po-
tendo avere la certezza che non ci si lascerà nulla da desiderare. Daremmo quindi volentieri al n. II Bo-
hème e Crepuscolo anche dandosi l’A. Chénier. Il n. I trovasi ora in condizioni finanziare tutt’altro che
liete; noi certo non gli affideremmo la Bohème, perché in prevenzione non saremmo sicuri di poter ot-
tenere tutte le necessarie garanzie artistiche.4
Fuori della riservatezza allora preziosa, oggi identifichiamo in Piontelli l’impresario n. I, e nella
agenzia Angelo Villa (legata a doppio filo con il Teatro Dal Verme di Milano) l’impresario n. II, al
quale andava la simpatia e la stima di Ricordi.
Passarono ancora pochi giorni, verrebbe da dire poche ore, e Faustini si rivolse nuovamen-
te a Ricordi proponendo una nuova candidatura, quella di G. Avigdor e figli; Ricordi rispose
così:
la nuova impresa nominataci gode realmente le nostre simpatie, essendo formata di persone oneste e
qualcuna abbastanza danarosa. […] Certo è che si avesse a dare La bohème noi saremmo molto ri-
gorosi nella scelta degli artisti e del direttore d’orchestra; imporremmo che Bohème passasse dopo
Chénier. Non troviamo che converrebbe ridare Aida già troppo ed anche recentemente sfruttata. Ot-
tima idea quella di ridare Asrael e tanto più avendosi Mariacher. Consiglieremmo di scritturare la sig.
Pandolfini che oltre all’opera di Franchetti potrebbe eseguire anche La bohème, essendo essa una del-
le migliori Mimì.5
Conoscendo o meno queste trattative, anche Carlo d’Ormeville per conto della Agenzia Gaz-
zetta dei Teatri il 7 settembre fece la sua proposta ufficiale, con La bohème (recte: Vie de Bohè-
me) di Leoncavallo.
Le cose andarono poi così: la stagione primaverile 1897 accostò Werther e La bohème di Le-
oncavallo; se il primo non ottenne un grande successo, possiamo invece verificare nei borderò tea-
trali una discreta presenza per La bohème.
Per la stagione di carnevale 1897-1898 era sempre in pista l’agenzia teatrale Falstaff Melo-
drammatico di Angelo Villa, che vantava contatti privilegiati con il tenore Michele Mariacher e
che per tutti i primi giorni del luglio 1897 si propose di continuo alla direzione del teatro, forte di
questo rapporto: è proprio per la presenza di una voce tanto prestigiosa che Asrael di Franchetti
e Il profeta di Meyerbeer vennero proposti e riproposti:
Si assumerebbe l’obbligo di allestire col massimo decoro e con artisti di approvata fama n. 3 grandiose
opere: Asrael del M.° Franchetti, Profeta ed altra da scegliersi di comune accordo come ad esempio la
riproduzione della Bohème di Puccini, sempre però che codesta on.le Direzione la trovi conveniente. Le
rappresentazioni a darsi non saranno meno di 30 (trenta). Gli artisti finora stabiliti sono il celebre teno-
re comm.r Michele Mariacher e la celebre prima donna mezzo soprano Guerrini Virginia.6
Michele Mariacher, che in quei giorni era a Buenos Aires, era evidentemente in stretti rapporti di
amicizia con Villa, che nel rivolgersi a Faustini lo citava chiamandolo per nome:
Dopo l’Asrael e Profeta, non sarei veramente convinto di un’opera wagneriana. Sarei del parere piutto-
sto che un’opera melodica italiana possa far maggior interesse. Questo però lo vedremo in seguito e sen-
tiremo anche il parere di Michele.7
L’impresa rivale Piontelli, che alla fine prevarrà, era invece costantemente alla caccia di un ca-
lendario equilibrato: niente Andrea Chénier, perché sarebbe stato dato in autunno a Treviso ed
era quindi titolo bruciato; si inseguiva testardamente, invece, la possibilità di un’opera nuova (per
Venezia) di Wagner, anche se si continuava a ritenere tali Tristano, Il vascello fantasma, Il crepu-
scolo degli dei e La walkiria.8 E rieccoci non solo alla Bohème ma a Puccini nel suo insieme:
un buon Mefistofele, una ripresa di Bohème, magari colla medesima compagnia del Rossini, una Manon
pure di Puccini – un Lohengrin – qualche altra opera nuova di Casa Ricordi.9
Il 21 luglio ecco una nuova proposta, che puntava su trentadue rappresentazioni in abbona-
mento più qualche rappresentazione straordinaria e quattro opere da scegliersi tra Lohengrin, Il
vascello fantasma, Mefistofele, Otello di Verdi, Asrael, Il signore di Pourceaugnac di Franchetti,
Sogno di una notte d’estate di Thomas, Violante di Alberti, Il re di Lahore di Massenet e La re-
gina di Saba di Goldmark. Accanto a questi è da sottolineare oramai come certa l’opera pucci-
niana:
Nelle quattro opere ci sarebbe compresa La bohème di Puccini eseguita dalla medesima compagnia che
l’eseguì al Teatro Rossini la scorsa primavera, meno le masse che sarebbero veneziane invece che fore-
stiere. Alla detta compagnia della Bohème del Teatro Rossini si aggiungerebbero altri artisti occorrenti
ed adatti alla buona esecuzione delle altre opere che saranno stabilite.10
E non mancava una frecciata al povero Mariacher:
Ho messo l’Otello, ma badate che Mariacher non è più quello di una volta. Lo scorso inverno dicono
abbia fatto fiasco in Egitto. Attualmente in America gli hanno dimezzata la paga, quindi ci saranno le
sue buone ragioni. So anche che il progetto Villa-Mariacher per la Fenice è sfumato.11
Il 25 agosto si era ormai a un passo dalla firma dell’accordo: il verbale conservato in archivio
fissa nel numero di circa trenta rappresentazioni la stagione di carnevale basata sulla Bohème puc-
ciniana, su Ero e Leandro, sulla Walkyria e su Manon Lescaut per la bella cifra di 56.000 lire net-
te.12 Saranno però necessari alcuni altri giorni per mettere ulteriormente a fuoco il programma,
articolato in tre possibili scelte: presenza fissa per La bohème e per Ero e Leandro, alternativa tra
Lohengrin, Walküre (questa volta con il titolo – almeno – in tedesco) e Il vascello fantasma; co-
me variante nella prima e nella terza ipotesi Puppenfee, nella seconda Manon Lescaut.13 Saranno
ancora molte le incertezze e le ipotesi di lavoro nel mese che separa questa ultima riunione dalla
firma del contratto di appalto, del 10 novembre. È curioso osservare che se la compagnia di can-
to è sostanzialmente definitiva, ancora qualche incertezza e diffidenza si nutre circa Lohengrin, che
è ancora temporaneamente in svantaggio rispetto a Mefistofele.14
La bohème (II) al Teatro La Fenice di Venezia, 1947; regia di Gilda Dalla Rizza. Archivio storico del Teatro La Fe-
nice.
La bohème (III) al Teatro La Fenice di Venezia, 1949; regia di Augusto Cardi. In scena: Afro Poli (Marcello), Or-
nella Rovero (Musetta). Elena Rizzieri (Mimì), Giacinto Prandelli (Rodolfo). Archivio storico del Teatro La Fenice.
136 FRANCO ROSSI – DALL’ARCHIVIO STORICO DEL TEATRO LA FENICE
La bohème (II) al Teatro La Fenice di Venezia, 1953; regia di Gianrico Becher. In scena: Scipio Colombo (Marcel-
lo), Roberto Silva (Colline), Rina Malatrasi (Mimì), Giacinto Prandelli (Rodolfo), Virgilio Carbonari (Schaunard).
Archivio storico del Teatro La Fenice.
La bohème (IV) al Teatro La Fenice di Venezia, 1956; regia di Giuseppe Marchioro, scene di Nicola Benois. In sce-
na: Eugenio Fernandi (Rodolfo), Paolo Pedani (Marcello). Archivio storico del Teatro La Fenice.
DUE BOHÈME A VENEZIA 139
rone (Leone Paci) 5-6. Giuseppe Noto 7. Elena Rizzieri 8. Ornella Rovero 9. Alessandro Pellegrini 10. Ferruccio
Zenere – M° conc.: Nino Sanzogno; m° coro: Sante Zanon; reg.: Gilda Dalla Rizza; scen.: Gianrico Becher.
sto Veronese 10. Giorgio Santi – M° conc.: Ettore Gracis; m° coro: Sante Zanon; reg.: Piero Faggioni; bozz.:
Gianrico Becher.
La bohème (IV) al Teatro La Fenice di Venezia, 1959; regia di Mario Lanfranchi (allestimento del Teatro dell’Opera
di Roma). In scena: Giacinto Prandelli (Rodolfo), Giulio Fioravanti (Marcello). Archivio storico del Teatro La Fe-
nice.
La bohème (II) al Teatro La Fenice di Venezia, 1964; regia di Piero Faggioni, scene di Gianrico Becher. In scena:
Helen Manè (Musetta), Angelo Nosotti (Alcindoro, dietro Musetta). Archivio storico del Teatro La Fenice.
142 FRANCO ROSSI – DALL’ARCHIVIO STORICO DEL TEATRO LA FENICE
Nicola Benois (Nikolaj Aleksandrovic Benua; 1901-1988), bozzetto scenico (II) per La bohème al Teatro La Feni-
ce di Venezia, 1970; regia di Lamberto Puggelli.
La bohème (I) al Teatro La Fenice di Venezia, 1987; regia di Richard Dembo, scene e costumi di Bernard Arnould.
In scena: Giuseppe Costanzo (Rodolfo), Armando Ariostini (Marcello). Archivio storico del Teatro La Fenice.
DUE BOHÈME A VENEZIA 143
La bohème (II e III) al Teatro La Fenice di Venezia, 1994; regia di Giorgio Marini, scene di Lauro Crisman, costumi
di Ettora d’Ettorre. In scena, sotto: Monica di Siena (Mimì), Stuart Neill (Rodolfo). Archivio storico del Teatro La
Fenice.
DUE BOHÈME A VENEZIA 145
La bohème (I e III) al Teatro La Fenice di Venezia, 2011; regia di Francesco Micheli, scene di Edoardo Sanchi, co-
stumi di Silvia Aymonino. In scena, sopra: Luca Dall’Amico (Colline), Seung-Gi Jung (Marcello), Sébastien Guè-
ze (Rodolfo), Armando Gabba (Schaunard); sotto: Sébastien Guèze (Rodolfo), Lilla Lee (Mimì). Foto Michele
Crosera. Archivio storico del Teatro La Fenice.
Biografie
DANIELE CALLEGARI
Maestro concertatore e direttore d’orchestra. Milanese di nascita e di formazione musicale, im-
postosi all’inizio degli anni novanta all’attenzione dei maggiori teatri italiani, è stato dal 1998 al
2001 direttore principale del Wexford Opera Festival e dal 2002 al 2008 della Filharmonie di An-
versa. Particolarmente interessato alla musica contemporanea, ha diretto le prime esecuzioni as-
solute di Alice di Testoni al Teatro Massimo di Palermo (1993), Oedipe sur la route di Bartholo-
mée alla Monnaie di Bruxelles (2003) e dei due libri dei Préludes di Debussy nella versione
orchestrale di Luc Brewaeys con la Filharmonie (2006). Nella sua attività con la Filharmonie ha
dedicato particolare attenzione ad autori quali Bartók, Mahler, Prokof’ev, Stravinskij, Sostakovic
e Richard Strauss effettuando tournée nelle principali capitali europee, al Concertgebouw di Am-
sterdam e al Palais des Beaux Arts di Bruxelles. Ha diretto orchestre quali Orchestre National de
France, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, Or-
chestra Verdi di Milano, Hessischer Rundfunk Sinfonieorchester di Francoforte, MD Rundfunk
Orchester, Münchner Rundfunkorchester, Gürzenich-Orchester, Orchestre National de Belgique,
Philharmonique de Monte-Carlo, Rotterdam Philharmonic Orchestra, Brabant Orkest, Danish
Radio Symphony Orchestra, Orquesta Nacional de Madrid, Prague Philharmonic, Slovenian Phil-
harmonic, Tokyo Philharmonic Orchestra. È regolarmente invitato nelle principali sale teatrali e
concertistiche internazionali, tra cui Wiener Staatsoper, Bayerische Staatsoper di Monaco, Deut-
sche Oper e Staatsoper di Berlino, Semperoper di Dresda, Opernhaus di Zurigo, Capitole di To-
losa, Opéra di Monte-Carlo, Liceu di Barcellona, Monnaie di Bruxelles, Nederlandse Opera di
Amsterdam, Kongelige Teater di Copenaghen, Scala, Maggio Musicale Fiorentino, Macerata Ope-
ra Festival, Regio di Parma, Fenice di Venezia, Israeli Opera, Metropolitan e Carnegie Hall di New
York, Washington Opera, San Diego Opera, Canadian Opera, New National Theatre di Tokyo.
Ha iniziato la stagione 2011-2012 con Così fan tutte a Copenaghen, Falstaff a Tolosa, Les hu-
guenots a Strasburgo, e con il debutto all’Opéra Bastille di Parigi in Rigoletto.
FRANCESCO MICHELI
Regista. Nato nel 1972 a Bergamo, laureato in lettere moderne e diplomato alla Scuola d’Arte
Drammatica Paolo Grassi di Milano, debutta nella regia d’opera nel 1997 con La cantarina di Pic-
cinni per il Museo del Teatro alla Scala. Nel 1997 inizia una collaborazione con l’As.Li.Co. per il
progetto Opera Domani, producendo opere di Gluck, Mozart e Massenet distribuite al Teatro Co-
munale di Firenze e alla Fenice di Venezia. Ha curato la regia di lavori di Mozart (Le nozze di Fi-
garo a Trapani), Spontini (I puntigli delle donne per il Festival Pergolesi Spontini), Rossini (Il bar-
biere di Siviglia al Teatro Massimo di Palermo, Il turco in Italia all’Olimpico di Vicenza), Verdi
(Nabucco nel circuito lombardo), Puccini (La bohème alla Fenice di Venezia), Mendelssohn (So-
148 BIOGRAFIE
gno di una notte di mezza estate con la Filarmonica della Scala), Rimskij-Korsakov (Mozart e Sa-
lieri per i Pomeriggi Musicali di Milano), Gounod (Roméo et Juliette all’Arena di Verona), Bus-
sotti (Silvano Sylvano per Santa Cecilia), Ambrosini (Il killer di parole alla Fenice, Premio Abbia-
ti 2010), Elizabeth Bossero (Tana per Candragopoli a Montepulciano), Giovanni D’Aquila (Alice
nel paese delle meraviglie al Massimo di Palermo). Il desiderio di dar forma a un teatro lirico di
ricerca, tra concerto e spettacolo, lo porta a produrre Viva Verdi col Teatro Valli di Reggio Emi-
lia, Da Vivaldi a Pasolini e Da Verdi a Mina col Teatro Sociale di Como, Diva col Teatro Giaco-
sa di Ivrea, Bianco, Rosso e Verdi con Teatro Massimo di Palermo (Premio Abbiati 2009). Per i
Teatri di Reggio Emilia è autore, dal 2004, della rassegna lirica sperimentale Opera Off, con spet-
tacoli, lezioni, convegni e progetti televisivi speciali, tra cui Le ragazze della via Gluck, Il mare,
Shakespeare vs Verdi. Insegna regia all’Accademia di Brera e collabora con Sky Classica alla rea-
lizzazione di programmi sull’opera. Nel gennaio 2012 è stato nominato nuovo direttore artistico
dello Sferisterio di Macerata.
EDOARDO SANCHI
Scenografo. Diplomatosi all’Accademia di Brera a Milano, dal 1986 è stato assistente di sceno-
grafi quali Palli, Ferrari, Lebois, Conti e Quaranta per regie di Zeffirelli, Ronconi, Branciaroli, Ca-
lenda, Savary. Come scenografo ha collaborato in Italia e all’estero con registi quali Brandon,
Monti, Paci Dalò, Nunziata, Micheli, Barberio Corsetti, Placido, Martinelli, Mazzonis. In ambi-
to lirico ha firmato scenografie per importanti teatri italiani (Scala, Comunale di Bologna, Mag-
gio Musicale Fiorentino, Terme di Caracalla di Roma, Arena di Verona, Torino, Reggio Emilia,
Ravenna, Trieste) ed internazionali (Losanna, Wexford, Garsington, La Coruña, Erfurt, Salisbur-
go, Pechino) collaborando con registi quali Marini (L’Olimpiade, The Turn of the Screw, L’Or-
feo), Ripa di Meana (La fiamma, Saffo, Attila, Ascanio in Alba, Il tempo sospeso del volo, Tosca,
La traviata, Rigoletto, Il trovatore, L’elisir d’amore), Gandini (La gazzetta, Il barbiere di Siviglia),
Van Hoecke (Macbeth), Michieletto (Il dissoluto punito), Montavon (Tannhäuser), Cappuccio (Il
ritorno di Don Calandrino), Tiezzi (La vedova allegra), Micheli (La bohème, Roméo et Juliette).
Ha inoltre firmato la scenografia dello Schiaccianoci per il West Australian Ballet con la coreo-
grafia di Ivan Cavallari. Ha insegnato scenografia alle Accademie di Belle Arti di Venezia (2003-
2006), Brera (2003-2009) e Carrara (2008-2010) ed è attualmente professore della cattedra di sce-
nografia presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 2007 è stato professor in residence
all’Università di Melbourne.
SILVIA AYMONINO
Costumista. Nata a Roma, si è formata presso la Sartoria Tirelli, per la quale ha lavorato dal 1985
al 1993. Ha collaborato come assistente ai costumi soprattutto con Hugo de Ana e Giovanna Buz-
zi, ma anche con Piero Tosi e Maurizio Millenotti, e nel 1996 ha debuttato come costumista con
Turandot all’Opera di Roma per la regia di Stefano Monti. Attiva anche nel campo del teatro di
prosa (in particolare con Luca Ronconi, Daniele Salvo e Andrea Liberovici), del cinema, della te-
levisione e del balletto (Giulietta e Romeo di Cannito), in ambito lirico ha lavorato nei principa-
li teatri italiani (Scala, Opera di Roma, Firenze, Napoli, Trieste, Palermo, Genova, Verona, Mar-
tina Franca, Vicenza, Piacenza, Reggio Emilia, Lugo, Cosenza) e internazionali (Opéra Bastille di
Parigi, Ginevra, Wexford, Graz, Valencia, Tel Aviv, Tokyo, Pechino) collaborando con registi qua-
li Franco Ripa di Meana (L’italiana in Algeri, Saffo, L’elisir d’amore, Rigoletto, Il trovatore, La
traviata, Simon Boccanegra, Tosca, Consuelo, Il tempo sospeso del volo), Marco Gandini (Il mon-
do alla rovescia, Così fan tutte, Die Zauberflöte, I giuochi d’Agrigento, L’elisir d’amore, Pia de’
BIOGRAFIE 149
Tolomei, Maria Padilla, Don Bucefalo, Un ballo in maschera), Luca Ronconi (il Trittico), Da-
miano Michieletto (Die Entführung aus dem Serail, Il barbiere di Siviglia, Il paese del sorriso, Il
cappello di paglia di Firenze, L’elisir d’amore, The Greek Passion). Dal 2011 ha iniziato una nuo-
va collaborazione con Francesco Micheli con cui ha portato in scena La bohème a Venezia e Ro-
méo et Juliette all’Arena di Verona.
GIANLUCA TERRANOVA
Tenore, interprete del ruolo di Rodolfo. Diplomato in pianoforte, si è poi dedicato allo studio del
canto lirico affermandosi in vari concorsi, fra i quali lo Zandonai di Rovereto. Si perfeziona at-
tualmente a Verona con Maria Cristina Orsolato. Dopo il debutto a Roma nel Barbiere di Sivi-
glia, canta Madama Butterfly (Pinkerton) e Nabucco (Ismaele) con Luisotti nei teatri del circui-
to lirico lombardo, Les contes d’Hoffmann con Maag al Comunale di Treviso e Gina di Cilea
con Franklin all’Opera di Roma. Nel 2008 interpreta il ruolo del Duca in Rigoletto all’Arena di
Verona (direttore Palumbo), ruolo per il quale è poi invitato al Maggio Musicale Fiorentino e al
Regio di Torino e con il quale debutta alla Scala e alla Los Angeles Opera (diretto da Conlon).
Come Rodolfo nella Bohème è stato ospite dei Comunali di Firenze e di Bologna, del Massimo
di Palermo, del Regio di Torino, dell’Opera di Francoforte, del Festival di Torre del Lago, del
Grand Theatre di Shanghai e della Fenice di Venezia. Altri ruoli per cui è particolarmente ri-
chiesto sono Edgardo in Lucia di Lammermoor (le ultime a Firenze, Francoforte, Festival di
Avenches e Venezia), Alfredo nella Traviata (Verona, Venezia e Napoli) e Tonio nella Figlia del
reggimento (Trieste in lingua originale e nel circuito lombardo in versione italiana). Nel 2010 ha
debuttato il ruolo eponimo in Roberto Devereux all’Opera di Roma. Ha iniziato la stagione
2011-2012 con La traviata a Venezia e a Sydney, Rigoletto a Tenerife, I puritani (debutto nel ruo-
lo di Arturo) nel circuito lombardo, La damnation de Faust a Palermo, Lucia di Lammermoor
al San Carlo di Napoli.
KHACHATUR BADALYAN
Tenore, interprete del ruolo di Rodolfo. Nato nel 1982 a Ordzonikidze (oggi Vladikavkaz, in
Ossezia settentrionale), laureato in relazioni economiche internazionali all’Università Tecnica Statale
del Don di Rostov, ha studiato con Natalia Petrova al Conservatorio Rachmaninov di Rostov.
Membro della Filarmonica di Rostov dal 2004 al 2006 e borsista della Fondazione Dunaevskij,
diventa nel 2007 solista della Novaja Opera di Mosca, nel 2008 solista del Teatro Bol’soj e solista
ospite del Teatro Accademico di Novosibirsk, e nel 2012 solista del Teatro Mariinskij di San
Pietroburgo. Ha frequentato masterclass con Richard Budo, Diane Zola, Leonore Rosenberg,
Veriano Luchetti, Mietta Seghele e Paul Michael, e preso parte a vari progetti di Irina Archipova.
È stato premiato ai concorsi Zandonai 2007 di Riva del Garda (premio speciale), Pavarotti 2008
di San Pietroburgo (primo premio), Galina Visnevskaja 2010 di Mosca (primo premio), Marcello
Giordani 2011 di Catania (secondo premio). Nel novembre 2011 ha debuttato all’Opéra di
Montréal nel ruolo del Principe in Rusalka di Dvorák, e nel febbraio 2012 al Teatro Mariinskij di
San Pietroburgo come Hoffmann nei Contes d’Hoffmann di Offenbach.
SIMONE PIAZZOLA
Baritono, interprete del ruolo di Marcello. Nato a Verona nel 1985, inizia a 11 anni gli studi mu-
sicali con Alda Borelli Morgan. Nel 2004 prende parte a vari concerti organizzati dalla Fonda-
zione Arena di Verona. Vincitore nel 2005 del Concorso Marie Kraja di Tirana e nel 2007 del
Concorso Comunità Europea del Teatro Sperimentale di Spoleto, debutta nel 2005 al Teatro di
150 BIOGRAFIE
Foggia nel Re di Giordano. Si è da allora esibito in importanti teatri italiani (Opera di Roma, Fe-
nice di Venezia, San Carlo di Napoli, Comunale di Firenze, Massimo di Palermo, Filarmonico di
Verona, Regio di Parma, Petruzzelli di Bari, teatri di Spoleto, Catania, Messina, Jesi, Fermo, Asco-
li Piceno, Treviso, Rovigo, Padova, Modena, Piacenza, Bolzano), europei (Teatro Real di Madrid,
ABAO di Bilbao, Megaron di Atene) e in tournée a San Pietroburgo, in Giappone e in Cina, in un
repertorio che comprende opere di Donizetti (Cecil in Maria Stuarda, Enrico in Lucia di Lam-
mermoor), Verdi (Rigoletto in Rigoletto, Luna nel Trovatore, Germont nella Traviata, Paolo in Si-
mon Boccanegra), Puccini (Marcello nella Bohème, Sharpless in Madama Butterfly, Sonora nella
Fanciulla del West), Leoncavallo (Silvio in Pagliacci), Gounod (Valentin in Faust). Ha collabora-
to con direttori quali Bonynge, Campanella, Palleschi, Callegari, Rizzi, Renzetti, Rizzo, e registi
quali Pizzi, Brockhaus, de Ana, Cucchi, Doyle.
SEUNG-GI JUNG
Baritono, interprete del ruolo di Marcello. Nato in Corea del Sud, studia con Jae Whan Lee al-
l’Università Chung-Ang di Seoul, dove debutta come Figaro nelle Nozze di Figaro e Germont nel-
la Traviata e si diploma nel 2006. Trasferitosi in Europa, si diploma con Roland Hermann alla
Hochschule für Musik di Karlsruhe interpretando durante gli studi i ruoli del gatto nell’Enfant et
les sortilèges di Ravel e di Golaud in Pelléas et Mélisande al Badisches Staatstheater di Karlsruhe.
Premiato in numerosi concorsi internazionali (secondo premio al Pavarotti 2008 di Modena, pri-
mo premio all’Ottavio Ziino 2007 di Roma, al Toulouse 2008, all’Haefliger 2008 di Berna e al
Queen Sonja 2009 di Oslo), dal 2009 al 2011 fa parte della compagnia stabile del Teatro di Augs-
burg, dove canta Ping in Turandot, Posa in Don Carlo, Enrico in Lucia di Lammermoor, Amo-
nasro in Aida, il conte nelle Nozze di Figaro e Sharpless in Madama Butterfly. Nel 2010 canta il
suo primo Marcello nella Bohème al Capitole di Tolosa, ruolo con il quale nel febbraio 2011 de-
butta in Italia alla Fenice di Venezia. È stato inoltre Renato in Un ballo in maschera allo Stadt-
theater di Berna, Eleckij nella Dama di picche a Karlsruhe, Tonio in Pagliacci al Menuhin Festi-
val di Gstaad e Germont nella Traviata a Venezia. Dal settembre 2011 fa parte della compagnia
stabile del Badisches Staatstheater di Karlsruhe dove ha cantato nella Traviata, in Rigoletto e in
Lohengrin.
ARMANDO GABBA
Baritono, interprete del ruolo di Schaunard. Nato a Parma, vince nel 1982 il concorso Voci Ver-
diane di Busseto e canta in Rigoletto con Sinopoli. Perfezionatosi presso la Juilliard School di New
York, ha svolto un’intensa attività in Italia (Regio di Parma, Scala di Milano, Opera di Roma, To-
rino, Genova, Macerata, Firenze, Venezia, Verona, Trieste, Napoli, Palermo, Reggio Emilia, Sa-
lerno) e all’estero (Darmstadt, Zurigo, Amburgo, Bonn, Montpellier, Israele, Cipro, Tokyo), in un
repertorio che comprende lavori di Gluck (Alceste), Mozart (Le nozze di Figaro), Donizetti (Lu-
cia di Lammermoor, Don Pasquale), Verdi (La battaglia di Legnano, Rigoletto, Il trovatore, La
traviata, Un ballo in maschera, Aida, Simon Boccanegra, Otello), Puccini (Manon Lescaut, La bo-
hème, Tosca, Madama Butterfly, La fanciulla del West, Gianni Schicchi, Turandot), Mascagni
(Iris), Leoncavallo (Pagliacci), Ponchielli (La Gioconda), Giordano (Andrea Chénier, Fedora), Piz-
zetti (Assassinio nella cattedrale), Tutino (La lupa), Meyerbeer (Dinorah), Bizet (Carmen), Offen-
bach (Les contes d’Hoffmann), Massenet (Werther, Manon), Gounod (Roméo et Juliette), Lalo
(Fiesque), Lehár (Die lustige Witwe), Johann Strauss (Die Fledermaus), Richard Strauss (Ariadne
auf Naxos), Berg (Wozzeck), Bernstein (Candide).
BIOGRAFIE 151
ALESSIO ARDUINI
Baritono, interprete del ruolo di Schaunard. Nato a Desenzano del Garda nel 1987, ha consegui-
to la laurea breve in ingegneria gestionale e sta frequentando il biennio di specializzazione. Si è av-
vicinato al canto lirico a 15 anni e da alcuni anni studia intensamente tecnica e repertorio con Vin-
cenzo Rose. Nel 2010 vince una borsa di studio della Fondazione Lina Aimaro Bertasi e debutta
come protagonista nel Don Giovanni di Mozart andato in scena nel circuito regionale Pocket
Opera promosso dal Teatro Sociale di Como. Vincitore nello stesso anno di due concorsi interna-
zionali (Salice d’oro di Salice Terme e Marie Kraja di Tirana), nella stagione 2010-2011 interpre-
ta i ruoli del conte d’Almaviva nelle Nozze di Figaro nel circuito Pocket Opera e di Don Giovan-
ni al Teatro Comunale di Bologna. Ha iniziato la stagione 2011-2012 con I puritani (Riccardo)
nei teatri di Cremona, Pavia e Como, La bohème (Schaunard) nei teatri di Lucca, Pisa, Ravenna
e Livorno e Così fan tutte (Guglielmo) alla Fenice di Venezia e al Regio di Torino.
GIANLUCA BURATTO
Basso, interprete del ruolo di Colline. Allievo di Margaret Hayward al Conservatorio di Milano,
ha seguito masterclass con Sara Mingardo, Ernesto Palacio, Jaume Aragall e Dalton Baldwin. Vin-
citore nel 2006 del primo premio juniores al Concorso Tagliavini, ha cantato i Requiem di Verdi
e di Mozart a Bregenz e Friedrichshafen. In ambito concertistico ha cantato lavori di Luigi Rossi,
Cavalli, Bassani, Bach, Fux, Buxtehude, Cornelius, Händel, Haydn, Mozart, Stravinskij in sedi
quali Festival di Cuenca, Ravenna Festival, Duomo di Firenze, Accademia di Santa Cecilia, Mu-
sikverein e Osterklang di Vienna, Stoccarda. Ha debuttato in teatro nel 2009 con Il carro e i can-
ti di Solbiati (prima assoluta) al Teatro Verdi di Trieste. Si è in seguito esibito in Italia (Opera di
Roma, Fenice di Venezia, Regio di Torino, teatri di Pisa e Trieste) e all’estero (Wexford, Salisbur-
go, Valencia, Barcellona) in opere di Cesti (Le disgrazie d’amore), Händel (Ariodante), Mozart (Le
nozze di Figaro), Mercadante (Virginia), Donizetti (Maria Stuarda), Verdi (Macbeth, Rigoletto),
Puccini (La bohème, Tosca), Massenet (Thaïs), Ambrosini (Il killer di parole, prima assoluta), Sol-
biati (La leggenda, prima assoluta). Nel 2010 ha cantato La Betulia liberata nelle due versioni di
Mozart e Jommelli con Riccardo Muti al Festival di Salisburgo e al Ravenna Festival. Ha colla-
borato con direttori quali Gini, Coin, Ghielmi, Curtis, Panni, Ipata, Carminati, Molino, Valcuha,
Matheuz, Nagano, López Banzo, Muti.
GORAN JURI
Basso, interprete del ruolo di Colline. Nato in Croazia, ha studiato alla Facoltà di lettere e filoso-
fia (fonetica generale e lingua e letteratura italiana) e all’Accademia musicale (canto con Vlatka
Orsani ) dell’Università di Zagabria, prendendo parte a numerose masterclass. Premiato ai con-
corsi Dubrovnik 2005 (primo premio), Schneider-Trnavský 2010 (secondo premio e premio spe-
ciale dei teatri di Bratislava e Praga) e Adami Corradetti 2010 (primo premio), nell’estate 2011 ha
partecipato al Young Singers Project del Festival di Salisburgo. A partire dal 2008 si è esibito al
Teatro Nazionale Croato di Zagabria come Plutone e Caronte nell’Orfeo di Monteverdi, Sarastro
nella Zauberflöte e Solimano il Magnifico in Nikola Subi Zrinjski di Ivan de Zajc; alla Biennale
di Zagabria in Transcending Time di Orlando Jacinto García; al Festival di Dubrovnik in Acis and
Galatea di Händel; alla Sala Lisinski di Zagabria come Gatto in Renard di Stravinskij. Nel 2011
ha cantato il Gran sacerdote di Belo in Nabucco all’Opera di Roma con Muti e il Commendato-
re in Don Giovanni alla Fenice di Venezia. In ambito concertistico ha cantato tra l’altro Membra
Iesu Nostri di Buxtehude, Messia di Händel, Nelson-Messe di Haydn, Jeanne Jeanne d’Arc au bû-
cher di Honegger, Ivan il Terribile di Prokof’ev, Osorski plac di Sipus. Dall’ottobre 2011 fa parte
152 BIOGRAFIE
della compagnia stabile della Bayerische Staatsoper di Monaco, dove è stato tra l’altro Zuniga in
Carmen e Colline nella Bohème con Ettinger, e Don Fernando in Fidelio con Mehta.
WILLIAM CORRÒ
Basso-baritono, interprete del ruolo di Benoît. Nato a Venezia nel 1981, inizia la carriera artisti-
ca affiancando allo studio del canto (con Francesco Signor e Rosetta Pizzo) il lavoro di mimo al
Teatro La Fenice (2002-2006). Dal 2007 si perfeziona con Sherman Lowe. Nel 2007 è fra gli in-
terpreti di Una delle ultime sere di carnovale di Goldoni con la regia di Pizzi al Teatro Goldoni di
Venezia e al Mossoviet di Mosca. Segue il debutto lirico al Festival di Macerata in Macbeth di Ver-
di (direttore Callegari), seguito dal Principe della gioventù di Ortolani alla Fenice e dalla Travia-
ta (il marchese) al Teatro Sejong di Seoul, tutte con la regia di Pizzi. Nel 2008 canta in Death in
Venice di Britten alla Fenice (direttore Bartoletti, regia Pizzi), Cleopatra di Lauro Rossi allo Sferi-
sterio di Macerata (direttore Crescenzi, regia Pizzi), Tosca a Macerata, Jesi, Treviso e Pordenone
(direttore Callegari, regia Gasparon) e Boris Godunov di Musorgskij alla Fenice (direttore Inbal,
regia Nekrosius). Nel 2009 debutta i ruoli di Masetto in Don Giovanni a Macerata (direttore Friz-
za, regia Pizzi) e Colline nella Bohème al Comunale di Bologna e in settembre canta a Forlì Esta-
ba la madre di Bacalov sotto la direzione dell’autore. Nel 2010 è stato Masetto e nel 2011 Fio-
rello (nel Barbiere di Siviglia) alla Fenice. Ha iniziato il 2012 con Le nozze di Figaro (Antonio) al
Teatro delle Muse di Ancona, regia di Pier Luigi Pizzi.
ANDREA SNARSKI
Baritono, interprete del ruolo di Alcindoro. Nato a Varsavia, si è trasferito nel 1948 a Londra do-
ve ha seguito gli studi elementari e classici entrando nel 1961 alla National School of Opera. Fe-
steggia quest’anno i cinquant’anni di carriera, avendo debuttato nel 1962 nei Contes d’Hoffmann.
Trasferitosi in Italia nel 1964 per un ulteriore periodo di perfezionamento, dal 1966 svolge un’in-
tensa attività in Italia e all’estero. Ha cantato presso tutte le fondazioni liriche e alcuni teatri di
tradizione oltre che alla RAI di Roma, Napoli, Milano, Torino, Filarmonica Romana, Santa Ceci-
lia, Concertgebouw di Amsterdam, De Doolen di Rotterdam, Congressgebouw dell’Aja, Opera
del Cairo, Copenhagen, Nagoya e ai festival di Aldeburgh, Edimburgo, Parigi, Spoleto, Siena, al-
la Sagra Umbra, alla Biennale di Venezia e al Camden di Londra. Ha collaborato con direttori
quali Roberto Abbado, Ahronovich, Bartoletti, Baudo, Britten, Colin Davis, Delman, Ferro, Ga-
vazzeni, Gelmetti, Gracis, Kuhn, Machado, Markevitch, Mehta, Muti, Oren, Patanè, Pesko, Prê-
tre, Santi, Sanzogno, Sawallisch, Urbini, Valcuha, Vonk. Fra gli impegni recenti, Le donne curio-
se di Wolf-Ferrari al Filarmonico di Verona, Don Carlo all’Opera di Roma, Salome al Massimo
di Palermo, il marchese nella Traviata a Firenze, Bari, Mantova, Piacenza, Mosca, Palma di Ma-
iorca, Bolzano, Tel Aviv, Santander e Roma, Gianni Schicchi e Die lustige Witwe alla Scala, La
bohème a Venezia.
KRISTIN LEWIS
Soprano, interprete del ruolo di Mimì. Nata a Little Rock, in Arkansas, vive attualmente a Vien-
na, dove si perfeziona con Carol Byers. Due volte finalista delle Metropolitan Auditions, ha vin-
to il premio opera e premio del pubblico al Concorso Debutto a Merano 2004, il primo premio
ai concorsi Viotti 2004 e Tagliavini 2005, ed è stata finalista al Concorso di Tolosa 2006. Si è esi-
bita in sale quali Opera di Roma, Arena di Verona, teatri di Napoli, Firenze, Genova, Parma, Bil-
bao, Barakaldo, Lione, Konzerthaus di Vienna, Bayerische Staatsoper di Monaco, Semperoper di
Dresda, Münster, Birmingham, Savonlinna, Opera del Cairo, Sarasota Opera, cantando i ruoli di
BIOGRAFIE 153
Donna Elvira e Donna Anna in Don Giovanni, Leonora nel Trovatore, Aida in Aida, Mimì e Mu-
setta nella Bohème, Tosca in Tosca, Liù in Turandot, Susanna nel Segreto di Susanna di Wolf-Fer-
rari, Micaëla in Carmen, Serena in Porgy and Bess di Gershwin, Sister Rose nella prima europea
di Dead Man Walking di Jake Heggie. Ha collaborato con direttori quali Bartoletti (War Requiem
di Britten a Venezia), Gatti, Oren, Wellber, Renzetti, Muti, Mehta, Frizza. Nella stagione 2010-
2011 ha cantato lo Stabat Mater di Rossini a Napoli con Muti, Pagliacci a Catania, Napoli e in
tournée a San Pietroburgo, il Requiem di Verdi a Firenze con Mehta e Aida a Taormina. Ha ini-
ziato la stagione 2011-2012 con Un ballo in maschera a Parma e Il trovatore a Venezia e Nizza.
SANDRA LOPEZ
Soprano, interprete del ruolo di Mimì. Vincitrice nel 1997 del Metropolitan Opera National
Council Award, si perfeziona presso il Lindemann Young Artist Development Program del Me-
tropolitan di New York, dove si esibisce o assicura la copertura di ruoli quali Catherine in A View
from the Bridge, Marguerite in Faust, Liù in Turandot, Roberta Alden nella prima assoluta di An
American Tragedy di Tobias Picker, Frasquita in Carmen, Tebaldo in Don Carlo, la quarta ancel-
la in Elektra, una fanciulla fiore in Parsifal. Si è da allora esibita in importanti sale statunitensi
(Metropolitan Opera, Florida Grand Opera, Palm Beach Opera, Fort Worth Opera, Virginia Ope-
ra, Sanford and Dolores Ziff Ballet Opera di Miami) ed europee (Ópera de Oviedo, Opera på Skä-
ret di Kopparberg in Svezia), in un repertorio che comprende lavori di Verdi (Violetta nella Tra-
viata), Puccini (Mimì nella Bohème, i ruoli eponimi di Tosca, Madama Butterfly, Suor Angelica,
Liù in Turandot), Leoncavallo (Nedda in Pagliacci), Bizet (Micaëla in Carmen), Gounod (Mar-
guerite in Faust), Cajkovskij (Tatiana in Evgenij Onegin), Bolcom (Catherine in A View from the
Bridge). Si dedica anche al repertorio spagnolo e alla zarzuela. Ha collaborato con direttori qua-
li Levine, Rudel, Müller, Gergiev, Luisi, Abel, Robertson, Guadagno, Kelly, Davies, Runnicles,
Lord. Ha iniziato il 2012 con Madama Butterfly (Cio-Cio-San) all’Opéra di Friburgo in Svizzera.
FRANCESCA SASSU
Soprano, interprete del ruolo di Musetta. Nata a Sassari nel 1984, studia nel conservatorio della
sua città e si perfeziona con Raina Kabaivanska, Renato Bruson, Natale De Carolis e Barbara Frit-
toli. Nel 2005 vince il Concorso Belli di Spoleto, dove debutta in Oberto conte di San Bonifacio
nel ruolo di Leonora, interpretato quindi in tournée a Tokyo. Ha cantato nei principali teatri ita-
liani (Scala, Terme di Caracalla, Parma, Bologna, Venezia, Cagliari, Napoli, Bari, Spoleto, Sassa-
ri, Pisa, Modena, Piacenza, Ferrara, Ravenna) e internazionali (Festival di Edimburgo, Festival di
Salisburgo, Menorca, Teatro della Città Proibita di Pechino) in un repertorio che comprende la-
vori di Mozart (la Contessa nelle Nozze di Figaro), Paisiello (la contessa di Sarzana nel Matrimo-
nio inaspettato), Cimarosa (Antonio in Cleopatra), Rossini (Albina nella Donna del lago), Doni-
zetti (Adina nell’Elisir d’amore), Verdi (Leonora in Oberto, Anna in Nabucco, Violetta nella
Traviata), Puccini (Mimì nella Bohème, Suor Genoveffa in Suor Angelica, Nella in Gianni Schic-
chi), Martucci (La canzone dei ricordi), Bizet (Micaëla in Carmen), Musorgskij (Ksenija in Boris
Godunov). Ha collaborato con direttori quali Chailly, Muti, Panni, Benini, Arrivabeni, Renzetti,
Calderon, Allemandi, Palumbo, Inbal, Valcuha, Chichon, e registi quali Poda, Pier’Alli, Ronconi,
Krämer, Nekrosius, van Hoecke, Del Monaco.
FRANCESCA DOTTO
Soprano, interprete del ruolo di Musetta. Nata a Treviso, diplomata nel 2006 in flauto traverso
con Enzo Caroli al Conservatorio di Bologna, intraprende nel 2007 lo studio del canto con Elisa-
154 BIOGRAFIE
betta Tandura, diplomandosi nel 2011 presso il Conservatorio di Castelfranco Veneto. Finalista
ai concorsi internazionali Magda Olivero 2011 e Giacinto Prandelli 2012, è stata premiata ai con-
corsi internazionali Antonio Salieri 2010 (primo premio e Premio Danilo Cestari), Arte Musicale
e Talento 2010 (secondo premio) e Vincenzo Bellini 2011 (primo premio), e al Premio nazionale
delle arti 2011 indetto dal MIUR (primo premio). Svolge un’intensa attività concertistica che spa-
zia dal repertorio lirico a quello sacro e sinfonico.
CIRO PASSILONGO
Tenore, interprete del ruolo di Parpignol. Artista del Coro del Teatro La Fenice dal 1996, ha in-
terpretato ruoli solistici nel Concerto per García Lorca, nelle Noces, nella Rondine, in Death in
Venice, nella Traviata e nella Bohème, ed è stato solista del coro in Lou Salomé. Diplomato in can-
to a Verona con Danilo Cestari, si è perfezionato presso la Scuola di Musica Antica di Venezia e
con Paolo Vaglieri, ed è stato finalista ai concorsi Ricciarelli e As.Li.Co. Diplomatosi in direzione
d’orchestra nel 2002, ha al suo attivo varia attività concertistica ed editoriale.
CARLO MATTIAZZO
Tenore, interprete del ruolo di Parpignol. Artista del Coro del Teatro La Fenice dal 2000, è nato
a Montagnana nel 1963 e ha iniziato a cantare nel 1989 con gruppi vocali da camera e polifoni-
ci diretti da Filippo Maria Bressan. Ha frequentato le masterclass di Cristina Miatello e Giovan-
ni Acciai e ha studiato canto con Gianfranco Boretti, Danilo Cestari e Sherman Lowe. Dal 1997
ha lavorato come artista del coro in vari teatri italiani e dal 2002 al 2007 nella stagione estiva del-
l’Arena di Verona.
COSIMO D’ADAMO
Tenore, interprete del ruolo del venditore ambulante. Artista del Coro del Teatro La Fenice, si è di-
plomato a Matera e perfezionato a Mantova con Katia Ricciarelli. Finalista al Concorso Schipa, ha
cantato ruoli principali in Rigoletto, Il trovatore, La traviata, La bohème, Tosca, Pagliacci, Andrea
Chénier per varie istituzioni musicali venete. Ha cantato come solista nel Gala Callas della Fenice,
nel Requiem di Schumann con Karabtchevsky, nel Gloria di Vivaldi con Scimone, in varie esecu-
zioni di musica sacra e come Giuseppe nella Traviata (con Chung) e Ruiz nel Trovatore.
BO SCHUNNESSON
Tenore, interprete del ruolo del venditore ambulante. Artista del Coro del Teatro La Fenice, è na-
to a Malmö (Svezia), dove ha conseguito nel 1989 il titolo di Musikdirektör (Master of Fine Arts).
Solista presso i teatri di Göteborg, Malmö e Norrland, ha partecipato alle prime assolute di Riket
är ditt di Forssell al Vadstena Festival (1991) e Bortbytingen di Mossenmark alla Karlstad Opera
(1998). Giunto in Italia nel 1997, dal 2003 è artista stabile alla Fenice, dove ha interpretato ruo-
li solistici in opere di Massenet, Donizetti, Puccini, Britten, Wagner, Fauré.
SALVATORE GIACALONE
Basso, interprete del ruolo del sergente dei doganieri. Artista del Coro del Teatro La Fenice, ha
svolto un’intensa attività concertistica per prestigiose associazioni musicali. Dopo aver debuttato
nel 1996 nel Duello comico di Paisiello, ha interpretato i ruoli di Basilio nel Barbiere di Siviglia,
Sparafucile in Rigoletto, lo zio bonzo in Madama Butterfly, il dottore nella Traviata. Nel 2001 ha
preso parte alla tournée in Giappone del Teatro La Fenice nel ruolo del marchese nella Traviata e
nel 2010 è stato il comandante di marina in Manon Lescaut.
BIOGRAFIE 155
ENZO BORGHETTI
Basso, interprete del ruolo del sergente dei doganieri. Artista del Coro del Teatro La Fenice, è na-
to a La Spezia nel 1977. Laureato in giurisprudenza, ha studiato canto con Fernanda Piccini, lau-
reandosi nel 2009 al Conservatorio di La Spezia. Finalista ai concorsi L’Orfeo 2007, Pelizzoni
2007 e Pacini 2008, si è esibito come solista in vari teatri toscani, liguri e lombardi in opere di
Monteverdi, Händel, Pergolesi, Mozart, Rossini, Donizetti, Verdi, Puccini. Significativi per la sua
formazione sono stati gli incontri con Rolando Panerai, Paolo Washington, Luigi Roni, Slavcka
Taskova, Claudio Desderi, Paolo Barbacini e Antonella Banaudi.
NICOLA NALESSO
Basso, interprete nel ruolo del doganiere. Artista del Coro del Teatro La Fenice dal 1989, si è di-
plomato al Conservatorio di Padova. Ha partecipato a stages di recitazione con Virginio Puecher
e Giorgio Albertazzi e proseguito il perfezionamento vocale esecutivo con Lorenzo Gaetani, Sher-
man Lowe e Luisa Giannini. Per il Teatro La Fenice ha interpretato ruoli solistici nella tournée ad
Abu Dhabi, nella Traviata (regia Carsen) diretta da Chung e nella Bohème (regia Micheli) diretta
da Valcuha, ed è stato solista del coro in Lou Salomé (regia Ronconi) diretta da Zagrosek.
EMANUELE PEDRINI
Baritono, interprete del ruolo del doganiere. Artista del Coro del Teatro La Fenice, si è diplomato
in canto lirico, direzione di coro, strumentazione per banda, composizione e direzione d’orchestra
presso i Conservatori di Parma e Venezia e perfezionato in direzione d’orchestra con Donato Ren-
zetti all’Accademia musicale pescarese. È stato direttore del Coro Lirico Lombardo (1990-1996) e
del Coro dello Sferisterio di Macerata (1998-1999) e dal 2004 è direttore artistico e musicale del-
l’Associazione Quodlibet di Mogliano Veneto. È stato assistente di prestigiosi direttori, in Italia e
all’estero. Nel 2010-2011 è stato maestro del coro del Teatro São Carlos di Lisbona.
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Abbonati Sostenitori
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Area Artistica
◊ a termine
* nnp nominativo non pubblicato per mancato consenso
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Struttura Organizzativa
SOVRINTENDENZA
Cristiano Chiarot sovrintendente
Rossana Berti
Cristina Rubini
DIREZIONI OPERATIVE
PERSONALE E SVILUPPO MARKETING - COMMERCIALE AMMINISTRATIVA E CONTROLLO
ORGANIZZATIVO E COMUNICAZIONE
◊ a termine
* nnp nominativo non pubblicato per mancato consenso FONDAZIONE TEATRO LA FENICE
DI VENEZIA
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Struttura Organizzativa
DIREZIONE ARTISTICA
Fortunato Ortombina direttore artistico
Diego Matheuz direttore principale
Bepi Morassi direttore della produzione
Franco Bolletta consulente artistico per la danza
ARCHIVIO MUSICALE
Gianluca Borgonovi
Marco Paladin
◊ a termine
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Area Tecnica
◊ a termine
* nnp nominativo non pubblicato per mancato consenso FONDAZIONE TEATRO LA FENICE
DI VENEZIA
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Stagione 2005-2006
LIRICA 2012
Teatro La Fenice Teatro Malibran Teatro La Fenice
21 / 24 / 26 / 28 gennaio 2012 10 / 12 / 15 / 17 / 21 / 25 / 29 febbraio 7 / 8 / 9 / 10 / 11 marzo 2012
Lou Salomé 2 / 4 marzo 2012 L’opera da tre soldi
musica di Giuseppe Sinopoli L’inganno felice (Die Dreigroschenoper)
prima rappresentazione italiana musica di Gioachino Rossini libretto di Bertolt Brecht
personaggi e interpreti principali personaggi e interpreti principali musica di Kurt Weill
Lou Salomé Ángeles Blancas Gulín Bertrando David Ferri Durà personaggi e interpreti principali
Friedrich Nietzsche Claudio Puglisi Isabella Marina Bucciarelli Macheath Massimo Ranieri
Rainer Maria Rilke Mathias Schulz maestro concertatore e direttore Jenny delle spelonche Lina Sastri
Paul Rée Gian Luca Pasolini Stefano Montanari Polly Peachum Gaia Aprea
Friedrich Carl Andreas Roberto regia Bepi Morassi maestro concertatore e direttore
Abbondanza scene e costumi Francesco Lanzillotta
maestro concertatore e direttore Scuola di Scenografia regia Luca De Fusco
Lothar Zagrosek Accademia di Belle Arti di scene Fabrizio Plessi
regia, scene e costumi Venezia costumi Giuseppe Crisolini
Facoltà di Design e Arti IUAV
di Venezia Orchestra del Teatro La Fenice Malatesta
coreografia Alessandra Panzavolta
tutors: Luca Ronconi, Franco Ripa di Meana, nuovo allestimento
Margherita Palli, Gabriele Mayer Fondazione Teatro La Fenice Orchestra del Teatro La Fenice
nell’ambito del progetto
Orchestra e Coro Atelier della Fenice al Teatro Malibran allestimento Teatro Stabile di Napoli e
del Teatro La Fenice nel bicentenario Napoli Teatro Festival Italia
della prima rappresentazione
maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
nuovo allestimento Teatro La Fenice
Fondazione Teatro La Fenice
nel 30° anniversario 16 / 19 / 21 / 24 / 26 / 28 febbraio
della prima rappresentazione assoluta 1 / 3 marzo 2012
e nel 10° anniversario
della morte di Giuseppe Sinopoli Così fan tutte
musica di Wolfgang Amadeus
Mozart
personaggi e interpreti principali
Fiordiligi Maria Bengtsson / Elena
Monti
Dorabella Josè Maria Lo Monaco /
Paola Gardina
Guglielmo Markus Werba / Alessio
Arduini
Ferrando Marlin Miller / Leonardo
Cortellazzi
maestro concertatore e direttore
Antonello Manacorda / Stefano
Montanari
regia Damiano Michieletto
scene Paolo Fantin
costumi Carla Teti
Orchestra e Coro
del Teatro La Fenice
maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
nuovo allestimento
Fondazione Teatro La Fenice
LIRICA 2012
Teatro La Fenice Teatro Malibran Teatro La Fenice
21 / 24 / 28 aprile 27 / 29 aprile 21 / 22 / 23 / 24 / 26 / 27 / 28 / 29 / 30
17 / 20 / 22 / 25 maggio 2012 4 / 8 / 10 maggio 2012 giugno
1 / 7 / 10 / 12 luglio 2012
La sonnambula Powder Her Face
musica di Vincenzo Bellini (Incipriale il viso) Carmen
personaggi e interpreti principali musica di Thomas Adès musica di Georges Bizet
Il conte Rodolfo Giovanni Battista prima rappresentazione a Venezia personaggi e interpreti
Parodi / Federico Sacchi personaggi e interpreti Don José Stefano Secco / Luca
Amina Jessica Pratt Lombardo
La duchessa Olga Zhuravel
Elvino Shalva Mukeria Escamillo Alexander Vinogradov /
La cameriera Zuzana Marková Károly Szemerédy
maestro concertatore e direttore L’elettricista Luca Canonici Carmen Béatrice Uria Monzon /
Gabriele Ferro Il direttore dell’hotel Nicholas Isherwood Katarina Giotas
regia Bepi Morassi maestro concertatore e direttore Micaëla Ekaterina Bakanova / Virginia
scene Massimo Checchetto Philip Walsh Wagner
costumi Carlos Tieppo regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi maestro concertatore e direttore
Orchestra e Coro Omer Meir Wellber
Orchestra del Teatro La Fenice
del Teatro La Fenice regia Calixto Bieito
allestimento Teatro Rossini di Lugo di scene Alfons Flores
maestro del Coro Romagna e Teatro Comunale di Bologna
Claudio Marino Moretti costumi Mercè Paloma
con il contributo della Fondazione Amici
nuovo allestimento della Fenice Orchestra e Coro
Fondazione Teatro La Fenice
del Teatro La Fenice
maestro del Coro
Teatro La Fenice Claudio Marino Moretti
11 / 12 / 13 / 16 / 18 / 19 / 23 / 24 / 26 / nuovo allestimento
27 / 29 maggio 2012 Fondazione Teatro La Fenice
La bohème in coproduzione con Gran Teatre de Liceu di
Barcellona, Fondazione Teatro Massimo di
musica di Giacomo Puccini Palermo e Fondazione Teatro Regio di Torino
personaggi e interpreti principali con il contributo del Circolo La Fenice
Rodolfo Gianluca Terranova /
Khachatur Badalian
Marcello Simone Piazzola / Seung-Gi
Jung
Mimì Kristin Lewis / Sandra Lopez
Musetta Francesca Sassu / Francesca
Dotto
maestro concertatore e direttore
Daniele Callegari
regia Francesco Micheli
scene Edoardo Sanchi
costumi Silvia Aymonino
Orchestra e Coro
del Teatro La Fenice
maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Teatro La Fenice
14 / 16 / 18 / 21 / 23 / 25 / 27 / 29
settembre 2012
Rigoletto
musica di Giuseppe Verdi
personaggi e interpreti principali
Il duca di Mantova Celso Albelo
Rigoletto Dimitri Platanias
Gilda Desirée Rancatore
maestro concertatore e direttore
Diego Matheuz
regia Daniele Abbado
scene e costumi Alison Chitty
coreografia Simona Bucci
Orchestra e Coro
del Teatro La Fenice
maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Orchestra e Coro
del Teatro La Fenice
maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
allestimento Fondazione Teatro La Fenice
STAGIONE SINFONICA 2011-2012
Teatro La Fenice Teatro La Fenice Teatro Malibran
19 novembre 2011 ore 20.00 turno S 27 gennaio 2012 ore 20.00 turno S 24 febbraio 2012 ore 20.00 turno S
20 novembre 2011 ore 17.00 turno U* 29 gennaio 2012 ore 17.00 turno U 26 febbraio 2012 ore 17.00 turno U
direttore direttore direttore
Marc Minkowski Lothar Zagrosek Gaetano d’Espinosa
Francis Poulenc Anton Webern Giovanni Mancuso
Gloria in sol maggiore FP 177 Im Sommerwind (Nel vento d’estate) War ein großes Genie…
per soprano, coro misto e orchestra idillio per grande orchestra nuova commissione Fondazione Teatro
soprano Ida Falk Winland La Fenice con il contributo della Fondazione
Bruno Maderna Amici della Fenice
Anton Bruckner Biogramma per grande orchestra Johann Sebastian Bach
Sinfonia n. 3 in re minore WAB 103 Filippo Perocco Suite per orchestra n. 4 in re maggiore
(versione 1873) ritrovamento di un Grave BWV 1069
nuova commissione Fondazione Teatro
Orchestra e Coro La Fenice con il contributo della Fondazione Wolfgang Amadeus Mozart
del Teatro La Fenice Amici della Fenice Sinfonia n. 41 in do maggiore KV 551
Jupiter
maestro del Coro Ludwig van Beethoven
Claudio Marino Moretti Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93 Orchestra del Teatro La Fenice
* in collaborazione con gli Amici della Richard Wagner
Musica di Mestre Parsifal: Incantesimo del venerdì santo Teatro La Fenice
Orchestra del Teatro La Fenice 2 marzo 2012 ore 20.00 turno S
Basilica di San Marco 4 marzo 2012 ore 17.00 f.a.
15 dicembre 2011 ore 20.00 solo per direttore
invito Teatro Malibran
16 dicembre 2011 ore 20.00 turno S 18 febbraio 2012 ore 20.00 turno S
Emmanuel Villaume
direttore 19 febbraio 2012 ore 17.00 turno U Gabriel Fauré
Ottavio Dantone direttore Pavane in fa diesis minore op. 50
Nicola Porpora Stefano Montanari George Enescu
«Salve regina» in fa maggiore Due intermezzi per archi op. 12
Georg Friedrich Händel
per contralto, archi e continuo Water Music (Musica sull’acqua) Richard Wagner
contralto Josè Maria Lo Monaco HWV 348-350 Siegfried-Idyll per piccola orchestra
Johann Sebastian Bach Pietro Antonio Locatelli Ludwig van Beethoven
Concerto per oboe d’amore, archi e Concerto grosso in do minore op.1 n.11 Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore
continuo in la maggiore BWV 1055 op. 60
Johann Sebastian Bach
oboe d’amore Rossana Calvi Suite per orchestra n. 2 in si minore Orchestra del Teatro La Fenice
Nicola Porpora BWV 1067
«In procella sine stella», mottetto in re Antonio Vivaldi
maggiore per contralto, archi e Le quattro stagioni
continuo concerti per violino, archi e continuo
contralto Josè Maria Lo Monaco op. 8 n. 1-4
prima esecuzione in tempi moderni violino Stefano Montanari
Johann Sebastian Bach Orchestra del Teatro La Fenice
Suite per orchestra n. 3 in re maggiore
BWV 1068
Teatro La Fenice
Orchestra del Teatro La Fenice 22 febbraio 2012 ore 20.00 turno S
in collaborazione con la Procuratoria di San 23 febbraio 2012 ore 20.00 f.a.
Marco direttore
Antonello Manacorda
Paolo Marzocchi
I quattro elementi
nuova commissione Fondazione Teatro
La Fenice con il contributo della Fondazione
Amici della Fenice
Ludwig van Beethoven
FONDAZIONE TEATRO LA FENICE
Sinfonia n. 1 in do maggiore op. 21 DI VENEZIA
Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 36
Orchestra del Teatro La Fenice
STAGIONE SINFONICA 2011-2012
Teatro La Fenice Teatro La Fenice Teatro Malibran
17 marzo 2012 ore 20.00 turno S 30 marzo 2012 ore 20.00 riservato 8 giugno 2012 ore 20.00 turno S
18 marzo 2012 ore 17.00 turno U Ateneo Veneto 9 giugno 2012 ore 17.00 f.a.
direttore 31 marzo 2012 ore 17.00 turno S direttore
Stefano Montanari direttore Omer Meir Wellber
Johann Sebastian Bach
Michel Tabachnik Franz Schubert
Messa in si minore BWV 232 Michel Tabachnik Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore
per soli, coro e orchestra Prélude à la Légende D 485
soprano Miah Persson Johann Sebastian Bach Ludwig van Beethoven
contralto Sara Mingardo Ciaccona dalla Partita per violino solo Sinfonia n. 5 in do minore op. 67
tenore Mark Padmore n. 2 in re minore BWV 1004, trascrizione
basso Michele Pertusi per orchestra di Joachim Raff Orchestra del Teatro La Fenice
Ludwig van Beethoven
Orchestra e Coro Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 Teatro La Fenice
del Teatro La Fenice Pastorale 18 luglio 2012 ore 20.00 turno S
maestro del Coro direttore
Claudio Marino Moretti Orchestra del Teatro La Fenice
Myung-Whun Chung
Ludwig van Beethoven
Teatro La Fenice Teatro Malibran Sinfonia n. 9 in re minore op. 125
23 marzo 2012 ore 20.00 turno S 5 aprile 2012 ore 20.00 turno S per soli, coro e orchestra
24 marzo 2012 ore 20.00 f.a. 7 aprile 2012 ore 17.00 turno U soprano Agneta Eichenholz
direttore direttore contralto Karen Cargill
Mario Venzago Dmitrij Kitajenko tenore Steve Davislim
basso interprete da definire
Johann Sebastian Bach Sergej Rachmaninov
Suite per orchestra n. 1 in do maggiore Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 Orchestra e Coro
BWV 1066 in do minore op. 18 del Teatro La Fenice
Preludio e fuga per organo in mi pianoforte Giuseppe Guarrera
maestro del Coro
bemolle maggiore BWV 552, Pëtr Il’ič Čajkovskij Claudio Marino Moretti
trascrizione per orchestra di Arnold Manfred, sinfonia in si minore op. 58
Schoenberg
Ludwig van Beethoven Orchestra del Teatro La Fenice
Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore
op. 55 Eroica Teatro La Fenice
5 maggio 2012 ore 20.00 turno S
Orchestra del Teatro La Fenice 6 maggio 2012 ore 17.00 turno U
direttore
Diego Matheuz
Anton Webern
Variazioni per orchestra op. 30
Johannes Brahms
Doppio concerto per violino, violoncello
e orchestra in la minore op. 102
violino Roberto Baraldi
violoncello Emanuele Silvestri
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92
Orchestra del Teatro La Fenice
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Supplemento a
La Fenice
Notiziario di informazione musicale culturale e avvenimenti culturali
della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
dir. resp. Cristiano Chiarot
aut. trib. di Ve 10.4.1997
iscr. n. 1257, R.G. stampa
concessionarie per la pubblicità
A.P. Comunicazione
VeNet comunicazioni
finito di stampare
nel mese di maggio 2012
da L’Artegrafica S.n.c. - Casale sul Sile (TV)
00
15,
€
FONDAZIONE
AMICI DELLA FENICE
Il Teatro La Fenice, nato nel 1792 dalle ceneri Consiglio direttivo
del vecchio Teatro San Benedetto per opera di Luciana Bellasich Malgara, Alfredo Bianchini,
Giannantonio Selva, appartiene al patrimonio Carla Bonsembiante, Jaja Coin Masutti, Emilio
culturale di Venezia e del mondo intero: come ha Melli, Antonio Pagnan, Orsola Spinola, Paolo
confermato l’ondata di universale commozione Trentinaglia de Daverio, Barbara di Valmarana
dopo l’incendio del gennaio 1996 e la spinta di Presidente Barbara di Valmarana
affettuosa partecipazione che ha accompagnato Tesoriere Luciana Bellasich Malgara
la rinascita a nuova vita della Fenice, ancora una Revisori dei conti Carlo Baroncini, Gianguido
volta risorta dalle sue ceneri. Ca’ Zorzi
Imprese di questo impegno spirituale e materiale, Contabilità Nicoletta di Colloredo
nel quadro di una società moderna, hanno Segreteria organizzativa Maria Donata Grimani
bisogno di essere appoggiate e incoraggiate Viaggi musicali Teresa De Bello
dall’azione e dall’iniziativa di istituzioni e
persone private: in tale prospettiva si è costituita I soci hanno diritto a:
nel 1979 l’Associazione «Amici della Fenice», • Inviti a conferenze di presentazione delle
con lo scopo di sostenere e affiancare il Teatro opere in cartellone
nelle sue molteplici attività e d’incrementare • Partecipazione a viaggi musicali organizzati
l’interesse attorno ai suoi allestimenti e ai suoi per i soci
programmi. La Fondazione Amici della Fenice • Inviti ad iniziative e manifestazioni musicali
attende la risposta degli appassionati di musica e • Inviti al «Premio Venezia», concorso
di chiunque abbia a cuore la storia teatrale e pianistico
culturale di Venezia: da Voi, dalla Vostra • Sconti al Fenice-bookshop
partecipazione attiva, dipenderà in misura • Visite guidate al Teatro La Fenice
decisiva il successo del nostro progetto. • Prelazione nell’acquisto di abbonamenti e
Sentitevi parte viva del nostro Teatro! biglietti fino ad esaurimento dei posti
Associatevi dunque e fate conoscere le nostre disponibili
iniziative a tutti gli amici della musica, dell’arte • Invito alle prove aperte per i concerti e le
e della cultura. opere
Quote associative Le principali iniziative della Fondazione
Ordinario € 60 Benemerito € 250 • Restauro del Sipario Storico del Teatro La
Sostenitore € 120 Donatore € 500 Fenice: olio su tela di 140 mq dipinto da
Ermolao Paoletti nel 1878, restauro eseguito
I versamenti vanno effettuati su grazie al contributo di Save Venice Inc.
Iban: IT50Q0634502000100000007406 • Commissione di un’opera musicale a Marco
Cassa di Risparmio di Venezia, Di Bari nell’occasione dei 200 anni del Teatro
Gruppo Intesa San Paolo La Fenice
intestati a • Premio Venezia Concorso Pianistico
Fondazione Amici della Fenice • Incontri con l’opera
Campo San Fantin 1897, San Marco
30124 Venezia
Tel e fax: 041 5227737
PUBBLICAZIONI
Il Teatro La Fenice. I progetti, l’architettura, le decorazioni, di Manlio Brusatin e Giuseppe Pavanel-
lo, con un saggio di Cesare De Michelis, Venezia, Albrizzi, 19871, 19962 (dopo l’incendio);
Il Teatro La Fenice. Cronologia degli spettacoli, 1792-1991, di Michele Girardi e Franco Rossi, con
il contributo di Yoko Nagae Ceschina, 2 volumi, Venezia, Albrizzi, 1989-1992;
Gran Teatro La Fenice, a cura di Terisio Pignatti, con note storiche di Paolo Cossato, Elisabetta Mar-
tinelli Pedrocco, Filippo Pedrocco, Venezia, Marsilio, 19811, 19842, 19943;
L’immagine e la scena. Bozzetti e figurini dall’archivio del Teatro La Fenice, 1938-1992, a cura di Ma-
ria Ida Biggi, Venezia, Marsilio, 1992;
Giuseppe Borsato scenografo alla Fenice, 1809-1823, a cura di Maria Ida Biggi, Venezia, Marsilio,
1995;
Francesco Bagnara scenografo alla Fenice, 1820-1839, a cura di Maria Ida Biggi, Venezia, Marsilio,
1996;
Giuseppe e Pietro Bertoja scenografi alla Fenice, 1840-1902, a cura di Maria Ida Biggi e Maria Tere-
sa Muraro, Venezia, Marsilio, 1998;
Il concorso per la Fenice 1789-1790, di Maria Ida Biggi, Venezia, Marsilio, 1997;
I progetti per la ricostruzione del Teatro La Fenice, 1997, Venezia, Marsilio, 2000;
Teatro Malibran, a cura di Maria Ida Biggi e Giorgio Mangini, con saggi di Giovanni Morelli e Cesa-
re De Michelis, Venezia, Marsilio, 2001;
La Fenice 1792-1996. Il teatro, la musica, il pubblico, l’impresa, di Anna Laura Bellina e Michele Gi-
rardi, Venezia, Marsilio, 2003;
Il mito della fenice in Oriente e in Occidente, a cura di Francesco Zambon e Alessandro Grossato, Ve-
nezia, Marsilio, 2004;
Pier Luigi Pizzi alla Fenice, a cura di Maria Ida Biggi, Venezia, Marsilio, 2005;
A Pier Luigi Pizzi. 80, a cura di Maria Ida Biggi, Venezia, Amici della Fenice, 2010.
FONDAZIONE
AMICI DELLA FENICE
Built in 1792 by Gian Antonio Selva, Teatro La Board of Directors
Fenice is part of the cultural heritage of not Luciana Bellasich Malgara, Alfredo Bianchini,
only Venice but also the whole world, as was Carla Bonsembiante, Jaja Coin Masutti, Emilio
shown so clearly by the universal emotion Melli, Antonio Pagnan, Orsola Spinola, Paolo
expressed after the fire in January 1996 and the Trentinaglia de Daverio, Barbara di Valmarana
moving participation that was behind the President Barbara di Valmarana
rebirth of La Fenice, which once again arose Treasurer Luciana Bellasich Malgara
from the ashes. Auditors Carlo Baroncini, Gianguido Ca’ Zorzi
In modern-day society, enterprises of spiritual Accounting Nicoletta di Colloredo
and material commitment such as these need Organizational secretary Maria Donata
the support and encouragement of actions and Grimani
initiatives by private institutions and figures. Music trips Teresa De Bello
Hence, in 1979, the Association “Amici della
Fenice” was founded with the aim of Members have the right to:
supporting and backing the Opera House in its • Invitations to conferences presenting
multiple activities and increasing interest in its performances in the season’s programme
productions and programmes. • Take part in music trips organized for the
The new Fondazione Amici della Fenice [Friends members
of La Fenice Foundation] is awaiting an answer • Invitations to music initiatives and events
from music lovers or anyone who has the opera • Invitations to «Premio Venezia», piano
and cultural history of Venice at heart: the competition
success of our project depends considerably on • Discounts at the Fenice-bookshop
you, and your active participation. • Guided tours of Teatro La Fenice
Make yourself a living part of our Theatre! • First refusal in the purchase of season tickets
Become a member and tell all your friends of and tickets as long as seats are available
music, art and culture about our initiatives. • Invitation to rehearsals of concerts and
operas open to the public
Membership fee
Regular Friend € 60
Supporting Friend € 120 The main initiatives of the Foundation
Honoray Friend € 250 • Restoration of the historic curtain of Teatro
Premium Friend € 500 La Fenice: oil on canvas, 140 m2 painted by
Ermolao Paoletti in 1878, restoration made
To make a payment: possible thanks to the contribution by Save
Iban: IT50Q0634502000100000007406 Venice Inc.
Cassa di Risparmio di Venezia, • Commissioned Marco Di Bari with an opera
Gruppo Intesa San Paolo to mark the 200th anniversary of Teatro La
In the name of Fenice
Fondazione Amici della Fenice • Premio Venezia Piano Competition
Campo San Fantin 1897, San Marco • Meetings with opera
30124 Venezia
Tel and fax: +39 041 5227737
Consiglio d’Amministrazione
Fabio Achilli
Ugo Campaner
Fabio Cerchiai
Cristiano Chiarot
Franca Coin
Vittorio Radice
Francesco Panfilo
Luciano Pasotto
Responsabile
Giusi Conti
Collegio Sindacale
Giampietro Brunello
Presidente
Giancarlo Giordano
Paolo Trevisanato
FEST srl
Fenice Servizi Teatrali
2012
Fondazione Stagione 2012
Teatro La Fenice di Venezia Lirica e Balletto
Giacomo Puccini
labohème