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PER UNA TEORIA DELL'EDUCAZIONE MUSICALE.

UN QUADRO CONCETTUALE A SUPPORTO DEL LAVORO EDUCATIVO

Per una teoria dell'educazione musicale.


Un quadro concettuale a supporto del lavoro
educativo
Emanuele Raganato

Sebbene nella vita di un educatore il tempo dedicato alla riflessione sia mediamente marginale, un
equilibrio tra dimensione riflessiva e attiva, tra teoria e pratica, può fornire all'insegnante un senso di
coerenza necessario nella propria attività. Riflettere sulla propria pratica educativa infatti può favorire o
cambiare radicalmente alcune posizioni e alcune convinzioni e migliorare il rapporto tra educatore e
sistema educativo. La questione fondamentale perché un processo educativo funzioni è infatti che i docenti
coinvolti siano pienamente consapevoli e compatibili con le premesse del sistema stesso. Uno schema
concettuale in cui vengono evidenziate le funzioni e le relazioni nel processo educativo è un ausilio
importante alla riflessione, per stabilire chi siamo, cosa facciamo dove vogliamo arrivare e come. In questo
processo un ruolo preminente è sicuramente quello della cultura, di cui la musica è parte integrante. Nelle
relazioni socio-culturali trovano spazio conflitti, ideologie e teorie di ogni genere che possono essere
applicate al concetto di quella che comunemente chiamiamo educazione musicale.

Although in an educator's life the time devoted to reflection is on average marginal, a balance between a
reflective and active dimension, between theory and practice, can provide the teacher with a sense of
coherence needed in his or her activity. Reflecting on one's own educational practice can in fact favour or
radically change certain positions and beliefs and improve the relationship between the educator and the
educational system. The fundamental question for an educational process to be effective is in fact that the
teachers involved are fully aware and compatible with the premises of the system itself. A conceptual
framework in which the functions and relationships in the educational process are highlighted is an
important aid to reflection, to establish who we are, what we do where we want to go and how. In this
process a prominent role is certainly that of culture, of which music is an essential part. In socio-cultural
relations there is space for conflicts, ideologies and theories of all kinds that can be applied to the concept of
what we usually call music education.

Parole chiave
Educazione; disposizioni; cultura; bisogni fondamentali; egemonia culturale

Keywords
Education; dispositions; culture; foundamental needs; cultural hegemony

Premessa

Per chi si occupa di educazione la maggior parte del tempo a disposizione, oltre a quello per
l'attività educativa, è destinato a molte attività collaterali come l'organizzazione, la preparazione
di materiali didattici, i rapporti con studenti, genitori, colleghi, amministratori, dirigenti etc. che
spesso non consentono a queste persone di fermarsi e riflettere profondamente sul proprio
operato. Tuttavia questo lavoro ha un profondo impatto non solo nella modellazione dei
comportamenti individuali, ma anche di intere società. Quando però un insegnante inizia a
riflettere sul proprio ruolo si sposta da quella che è un'immediata preoccupazione pratica
all'analisi della teoria che sottende e sostiene la propria didattica. In questo movimento spesso si
riconsiderano o si mettono a fuoco molte convinzioni. L'insegnamento richiede una giusta dose
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sia di teoria che di pratica: la teoria senza la pratica è insufficiente e la pratica non guidata dalla
teoria è senza scopo1. Teoria e pratica insieme danno al lavoro dell'insegnante una dimensione
sia attiva che riflessiva. Riflettere sul proprio lavoro porta a fare considerazioni sulla
concezione della realtà, nella natura umana e sulla società. Queste considerazioni non sono altro
che il quadro concettuale della propria filosofia dell'educazione, che aiuta l'insegnante ad avere
un senso di coerenza, in cui vari elementi dell'insegnamento e dell'apprendimento sono messi in
relazione gli uni con gli altri. Si tratta inoltre di una strategia per trasformare obiettivi a breve
termine in altri a lungo termine2. Il quadro concettuale che propongo qui di seguito e il risultato
di una riflessione sul mio lavoro.

1. Una teoria per l'educazione socio-musicale

Mi chiamo Emanuele Raganato ed ho una teoria: penso che quando si insegna la musica
collettivamente si ottengono risultati che vanno al di là della musica stessa. Credo inoltre che
nell'attuale sistema di insegnamento “ufficiale” ci sia qualcosa che potrebbe andare meglio e
che perciò possa essere ripensato.
Si tratta quindi di una teoria sull'educazione ma, prima di entrare nel dettaglio3, vorrei dirvi di
cosa mi occupo. Ho un figlio piccolo e dei nipoti ai quali faccio suonare degli strumenti
musicali. Anche ai loro genitori faccio suonare degli strumenti musicali. Tengo dei laboratori
collettivi per adulti infatti, ai quali, oltre a loro e ad altre persone, partecipa anche mio padre.
Tra i vari laboratori che gestisco ce ne sono alcuni per bambini, altri per sole donne e così via.
Poi ancora dirigo delle bande musicali, sto imparando a suonare il pianoforte (e suono vari
strumenti musicali), formo insegnanti, insegno in scuole di vario ordine, ho molti amici che
suonano con i quali suono spesso in band di vario genere e così via. In una sola espressione mi
occupo di “educazione musicale” in maniera più o meno strutturata4. Chi è coinvolto in processi
di elaborazione collettiva della cultura musicale si occupa, appunto, di educazione musicale. C'è
chi lo fa più a livello teorico o chi più ad un livello pratico e chi sintetizza i due aspetti, ma il
processo rimane intatto nella sua natura5. Per addentrarci con cognizione di causa in questo
discorso, scindiamo momentaneamente il concetto di “educazione” dal suo aggettivo
“musicale”.


1
G.L. Gutek, New Perspectives on Philosophy and Education, Merril, Boston 2009, p. 3.
2
Ivi, p. 2.
3
Per specificare cosa si intende per “collettivamente” e per “al di là della musica stessa”.
4
Come vedremo in seguito, l'espressione più appropriata è “educazione socio-musicale”.
5
Una riflessione fondamentale da questo punto di vista è quella condotta da Carlo Delfrati al quale si rimanda.
L'educazione musicale, sostiene, implica qualcosa in più che studiare musica confrontandosi con tecniche e nozioni
speciali come esercizi per le dita o per la laringe, solfeggi, armonizzazioni etc. (Cfr. C. Delfrati, Fondamenti di
pedagogia musicale, EDT, Torino 2008, p. IX).
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Cos'è l'educazione? “L'educazione non è uno studio, o un campo di indagine, ma un'attività”


dice William Frankena6 in un saggio in cui sintetizza7 tale concetto con una formula a quattro
variabili:

X educa Y solo se X favorisce la disposizione W in Y con il metodo Z

Per ogni variabile ci sono varie implicazioni (metafisiche, epistemologiche, etiche e così via),
che l'autore analizza attentamente8 ma, all'interno del nostro discorso, quello che ci interessa in
questo momento è sapere che si tratta di un processo in cui c'è qualcuno che insegna qualcosa a
qualcun altro9 utilizzando una qualche metodologia. In particolare ci interessa capire la natura
di questo “qualcosa”, ovvero la variabile W, le cosiddette “disposizioni”10. Con il termine
disposizioni indichiamo quelle capacità, quelle credenze, quelle abitudini, quelle conoscenze,
quelle competenze e quei valori che si cerca di favorire con l'educazione. In una sola parola
possiamo dire che W è ciò che comunemente consideriamo “cultura”11. Quindi se sostituiamo a
W una qualsiasi disposizione di tipo musicale o legata in qualche modo alla cultura musicale
questo processo diventa di educazione musicale.
Credo che nessuno a questo punto obbietterebbe se ponessi la musica nell'insieme della
cultura12. Quindi, la musica (in quanto cultura e se non tradisce in qualche misura le premesse
normative, etiche ed estetiche relative a quella determinata cultura13) è una disposizione
desiderabile, un obiettivo quindi, che può essere favorito o determinato dall'educazione14.
Analizziamo brevemente il tipo di relazione che c'è tra le variabili15: come può essere orientato
questo processo educativo? Deve essere X-centered (anche detto subject-matter curriculum,
come nell'educazione tradizionale16), Y-centered (child-centered o project-oriented, come

6
W.K. Frankena, Education, in Dictionary of the History of Ideas: Studies of Selected Pivotal Ideas, ed. Philip P.
Wiener, Vol. II, Charles Scribner's Sons, New York 1973, p.72.
7
Dopo un’analisi storica dell'idea di educazione.
8
Per un’analisi approfondita si rimanda al saggio di Frankena ed in particolare alla posizione di R.S. Peters per quanto
riguarda la “desiderabilità” di certe disposizioni.
9
X e Y possono eventualmente coincidere, quando il processo è di autoformazione, ma si tratta in ogni caso di menti
umane. Cfr. W.K. Frankena, Education, cit., p. 74.
10
“Dispositions” per Frankena. In varie occasioni il filosofo John Dewey sostituisce il temine disposition con “habit”.
Cfr. W.K. Frankena, Education, cit., p. 72.
11
Per un approfondimento sul concetto di “cultura” si confronti: G.S. Webster, Culture History: A Culture- Historical
Approach, in Handbook of Archaeological Theories, Edited by R. Alexander Bentley, Herbert D.G. Maschner and
Christopher Chippindale, AltaMira Press 2008, p. 11.
12
“La musica è essenzialmente cultura”, G. La Face Bianconi, Il cammino dell'Educazione musicale: vicoli chiusi e
strade maestre, in Educazione musicale e formazione, Atti del convegno (Bologna, 12-14 Maggio 2005), Franco
Angeli, Milano 2008, p. 14.
13
Cfr. W.K. Frankena, Education, cit., p. 75.
14
Come però sottolinea Frankena e come obietta John Dewey, l'educazione non ha obiettivi esterni ad essa.
“L'educazione è la vita”. Cfr. Ivi, p. 82 Delfrati invece, citando Costantijn Koopman, parla di scopi esterni ed interni,
concludendo che le attività musicali sono sia mezzi che fini. Cfr. C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, cit., p.
22. Sugli obbiettivi dell'educazione musicale e sulle sue funzioni rimandiamo inoltre all'ancora attuale M. Della Casa,
Educazione musicale e curricolo, Zanichelli, Bologna 1985.
15
Ad eccezione di Z, la cui discussione è rimandata a due altri saggi: E. Raganato, La didattica reticolare, la
semplessità ed il laboratorio di musica d'insieme, «Nuova Secondaria Ricerca», 4, 2018, pp. 14-22. E. Raganato, La
musica d’insieme come gioco collettivo, Sociomotricità e semiomotricità nella pratica orchestrale, «Nuova Secondaria
Ricerca», 4, 2019, pp. 22-41.
16
Cfr. G.L. Gutek, New Perspectives on Philosophy and Education, cit., p. 15.
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suggeriscono altri autori, tra i quali William H. Kilpatrik, John Dewey, Maria Montessori etc.) o
X=Y (o process-oriented, come sostiene Paulo Freire, ad esempio17, nella self-education o,
ancora J. Dewey, M. Montessori etc.)?
Storicamente, la musica è stata insegnata prevalentemente attraverso processo X-centered, cioè
in maniera individuale o unidirezionale, ovvero, da un maestro “verso” (nota è l'abbreviazione
vs, dal latino versus, cioè contro che rende bene l'idea di questa contrapposizione e questa
direzionalità) uno o più allievi. Anche in presenza di più allievi infatti, la trasmissione delle
informazioni avviene solitamente in maniera unidirezionale, ovvero, dal maestro vs la classe.
Volendo esemplificare con una situazione ancora oggi tipica nella scuola italiana potremmo
pensare ad una classe di secondaria primo grado (l'ex scuola media) dove tutti gli alunni sono
impegnati a seguire le istruzioni del docente per suonare il flauto dolce18. Si tratta di una
situazione tipica che Dewey attribuisce alla scuola e ai docenti tradizionalisti. Sebbene
mascherato da “metodo collettivo” dice il filosofo americano, atto ad acculturare nobilmente
una larga base di pubblico, si tratta invece di una sorta di metodo individualistico che è lo stesso
utilizzato da un insegnante che fa leggere a tutti lo stesso libro o recitare la stessa lezione.
Dewey è evidentemente critico verso questo sistema19 al quale attribuisce una certa
atrofizzazione dell'impulso sociale del bambino. Lo spirito sociale qui è infatti rimpiazzato da
standards: paura, emulazione, giudizio, rivalità. Ciascuno infatti è chiamato in causa per essere
il più performante, il migliore della classe. Solo così potrà avere successo nella vita. La scuola,
secondo Dewey (e secondo un approccio Y-centered), dovrebbe invece incentivare lo spirito di
socialità attraverso la cooperazione, in modo che la persona si senta parte di una comunità20.
L'analisi del processo educativo secondo Dewey allarga la questione della direzionalità
dell'attività educativa. Avviene solo tra X e Y oppure possiamo considerare Y come un insieme
di interazioni educative tra pari (ovvero, tra gli elementi di una classe21) come sostiene, per
esempio, Albert Bandura?22
Per alcuni autori, tra i quali Lev Vygotsky, l'educazione non è solo acquisizione di informazioni
ma un processo in cui si devono prendere in considerazione tutti i legami sociali. Chi ha
esperienza educativa sa, ad esempio, quanto ogni gruppo di apprendimento sia un sistema
complesso in cui non è possibile separare in maniera definitiva la natura di queste interazioni né
la loro direzione. Si tratta quindi di sistemi socio-culturali (che, come sostiene Vygotsky, non è


17
«Nadie educa a nadie, nadie se educa a sí mismo, los hombres se educan entre sí con la mediación con el mundo». P.
Freire, Pedagogía del oprimido, Siglo XXI, Buenos Aires 2002, p. 75.
18
Nella scuola pubblica questa è la prassi, sia che ci si riferisca a lezioni teoriche o pratiche, di classe o per strumento
musicale nelle scuole dove è prevista una qualche forma di indirizzo musicale. Nelle scuole private la situazione sembra
essere la medesima confrontando l'offerta formativa pubblicizzata.
19
R.B. Westbrook, John Dewey, in Thinkers on Education, UNESCO-IBE/Oxford & IBH Publishing Co. Vol. 1, 1997,
p. 281.
20
Ivi, p. 282
21
Se consideriamo X come un insieme di docenti in compresenza vale la stessa regola.
22
Cfr. A. Bandura, Social foundations of thought and action: a social cognitive theory, Prentice-Hall 1986.
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possibile scindere) in cui l'interazione è il vettore principale della cultura23, che a sua volta è il
potere che permette a questi processi di esistere24.
In quest'ottica il processo educativo è quindi un processo socio-culturale in cui W può essere
anche il bisogno di socialità, che è un bisogno primario dell'essere umano25 e che può essere
una disposizione desiderabile da favorire anche nel processo di educazione musicale (o, più
appropriatamente, secondo la prospettiva di Vygotsky, socio-musicale). In sostanza sto
suggerendo una sostanziale omologia tra il processo educativo generale e quello musicale, che
viene aggettivato, principalmente, secondo una visione X-centered del processo26. Di
conseguenza, suggerisco anche che W, sempre nel processo X-centered possa essere un insieme
ridotto (di tutte quelle disposizioni che non trovano posto nell'insieme delle desiderabilità
contemplate per l'educazione musicale). Quindi possiamo pensare ad un processo di educazione
musicale di tipo X-centered come autolimitante per definizione, che non favorisce cioè
disposizioni desiderabili W che fanno parte del più ampio insieme dell'educazione generale.
Con un setting di base X-centered abbiamo delle relazioni di processo di tipo lineare e
piramidale, con Y-centered o X=Y il concetto di “collettività” espresso inizialmente prende
senso in termini di non linearità delle interazioni socio-culturali (e quindi educative), di
reticolarità. La teoria che proponiamo è quindi una teoria dell'educazione di tipo reticolare.
Questo assunto ha delle implicazioni ulteriori, di tipo filosofico, ideologico e teorico che
investono ogni variabile del processo educativo27. Inoltre, la molteplicità di identità attribuibili a
Y (stiamo parlando di bambini? Adulti? Diversamente abili? Anziani? Madrelingua differenti?
Gruppi misti? E così via) impatta in maniera determinante anche sull'identità attribuibile a X e
sulla capacità di X di definirsi all'interno del processo educativo e di esserne parte28. Questa
capacità di autodefinizione è stimolata dalla riflessione richiamata nella “Premessa”, attraverso
cui X non fa altro che raccontarsi, ragionarsi e definirsi.
Nel sistema reticolare non c'è differenza tra le dinamiche di esperienza in Y. Sono le medesime
sia nel caso in cui ci troviamo a interagire con dei bambini sia con degli adulti, per esempio.
Come sostiene Dewey, infatti, entrambi sono esseri attivi che imparano dal confronto con
situazioni problematiche nel corso delle attività che impegnano i loro interessi. Il pensiero per
entrambi è uno stumento di problem-solving dei problemi dell'esperienza e la conoscenza è
l'accumulazione di saggezza generata dal problem-solving29. Ogni abilità (come quella di
leggere la musica, per esempio), vengono sviluppate quando la persona riconosce la loro utilità
nel problem-solving e se la persona capisce perché ha acquisito una determinata abilità sarà

23
Questa interazione educativa avviene in maniera strutturata all'interno della scuola e in maniera non strutturata al di
fuori del contesto scolastico.
24
Cfr. I. Ivić, “Lev S. Vygotsky” in Thinkers on Education, UNESCO-IBE/Oxford & IBH Publishing Co. Vol. 4, 1997,
p. 767.
25
L'essere umano è caratterizzato da una “socialità primaria”, è geneticamente sociale. Oggi possiamo dire che questa
teoria è stata scientificamente dimostrata e che esseri in isolamento non si svilupperebbero completamente. Cfr. Ivi, pp.
763-764.
26
Con ricadute anche sul tipo di Curriculum, in questo caso, strutturato per materie specifiche, sequenziale e
“progressivo” (ovvero dal facile al difficile).
27
Ovviamente si avranno delle implicazioni anche sul tipo di curriculum se ci ritroviamo in un contesto educativo
strutturato.
28
Ragione per cui un insegnante di tipo X-centered non sarà adeguato in un processo di altro tipo.
29
R.B. Westbrook, John Dewey, cit., p. 279.
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senz'altro più facile che la mantenga30. Ogni cosa, uno spartito, la lettura, la scrittura, il canto, il
movimento ritmico, etc. è visto e considerato come uno strumento per fare un'attività che è di
proprio interesse, la musica, in questo caso.
In questa interazione essenziale tra i membri del sistema un ruolo fondamentale ce l'hanno i vari
sistemi semiotici sia per assistere il processo di comunicazione sia, dopo, per quello di
individuazione. Alcune funzioni mentali superiori come attenzione volontaria, memoria logica,
pensiero verbale e concettuale, emozioni complesse, non possono emergere e prendere forma
senza un processo di assistenza costruttiva dell'interazione sociale31. La cultura è fondamentale
in questo tipo di interazioni32. Durante il processo di acquisizione questi strumenti, come è ad
esempio il linguaggio, diventano parte integrante della struttura psichica dell'individuo (con lo
sviluppo di un linguaggio interno). Ma c'è qualcosa di più: le nuove acquisizioni, che sono di
origine sociale, iniziano ad interagire con altre funzioni mentali come il pensiero. Questa
interazione genera nuove funzioni come ad esempio il pensiero verbale33. Ovviamente,
ribadiamo, non è possibile separare questi tipi di interazioni che sono quindi socio-culturali34.
Anche la musica che interiorizziamo come i vari sistemi semiotici ha un profondo impatto sulla
nostra memoria, la nostra percezione e il nostro pensiero35. Questo perché la musica stessa
contiene in sé un modello per l'analisi della realtà (raggruppamento in unità discrete, linearità e
temporalità nell'organizzazione del pensiero etc.)36. L'ambiente socio-culturale diventa, in
quest'ottica, di capitale importanza37. Questo ambiente, tuttavia, può essere anche problematico.
Paulo Freire sosteneva ad esempio che la maggior parte delle persone illetterate è stata
profondamente influenzata dai propri fallimenti nei vari ambienti di apprendimento38.
Nel voler dare uguale enfasi allo sviluppo interno ed esterno, Montessori sostenne un concetto
basilare per l'educazione (che costituiva la novità del suo approccio) ovvero quello di
provvedere per la costruzione di un ambiente adeguato al bambino dove vivere e imparare39.
Questo ambiente non è quindi solo socio-culturale ma anche fisico, materiale. In questo
ambiente il bambino in particolare sviluppa le sue potenzialità e, attraverso un'interazione

30
Ivi, p. 284.
31
I. Ivić, Lev S. Vygotsky, cit., p. 764.
32
Karl Marx sosteneva che la cultura è il corpo non organico dell'individuo. Le culture sono parte integrante
dell'individuo ma esterne ad esso. Producendo strumenti e stimoli esterni produce anche cambiamenti interiori
(psicologici). Tutti questi strumenti sono estensioni dell'uomo, che estendono ed amplificano le sue capacità. Ivi, p. 766.
33
Ivi, p. 765.
34
Questi strumenti secondo Vygotsky non possono essere esclusivamente agenti per lo formazione mentale ma allo
sviluppo generale. Menti chiuse e dogmatiche risentono della loro interazione socio-culturale che è un fattore
importante di sviluppo. Ivi, p. 767.
35
Ibidem.
36
Possiamo ora sostituire, a W, anche l'autopoiesi?
37
Può essere interessante confrontare le posizioni di alcuni autori sull'ambiente culturale e sull'assistenza costruttiva
dell'apprendimento: per Jean Piaget la pressione dell'ambiente non ha effetto sul sistema nervoso (il bambino impara
interagendo da sé sugli oggetti) mentre per Vygotsky è l'ambiente culturale a consentire lo sviluppo cognitivo. Maria
Montessori si pone a metà. Cfr. F. Cambi, Le pedagogie del Novecento, Editori Laterza, Bari 2005, p. 33.
38
“Illiterate people are strongly influenced by their failures at school and in other learning environment”. H.P. Gerhardt,
“Paulo Freire”, in Thinkers on Education, UNESCO-IBE/Oxford & IBH Publishing Co. Vol. 2, 1997, p. 444. Questa è
una problematica comune anche nell'educazione musicale degli adulti. Spesso, chi si avvicina ai miei laboratori mi
confida di sentirsi inadeguato, di non saper leggere la musica, di temere di non riuscire.
39
H. Röhrs, “Maria Montessori”, in Thinkers on Education, UNESCO-IBE/Oxford & IBH Publishing Co. Vol. 3, 1997,
p. 173.
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continua (quella che Montessori chiama la “mente assorbente”40) ed esercizi di vita pratica, che
non sono cioè compiti fini a sé stessi ma strumenti per la conoscenza e l'autodeterminazione41.
La progettazione di un ambiente adeguato all'apprendimento era per Dewey uno strumento per
psicologizzare il curriculum, ovvero dove le situazioni presenti sono confrontate con situazioni
problematiche in cui le conoscenze e le abilità acquisite (nel nostro caso nel laboratorio di
musica) sono richieste per risolvere queste difficoltà. E questo per aiutare i bambini a
sviluppare attitudini e valori, il loro carattere, che permette loro di autorealizzarsi42.
La questione sull'ambiente di apprendimento permette anche di chiarire le caratteristiche del
ruolo dell'insegnante inserito in questo contesto. Édouard Claparède sosteneva che l'interesse è
un concetto centrale della pedagogia e l'ambiente di apprendimento deve essere modulato per
focalizzare questo interesse, senza distrattori. L'insegnante è lì, solo a stimolare interessi43. La
Montessori va oltre, immaginando un nuovo tipo di maestro: "Invece di parlare deve imparare a
tacere; invece di istruire deve osservare; invece di presentare la dignità orgogliosa di chi vuole
apparire infallibile deve indossare la veste dell'umiltà"44. Deve controllare dall'esterno l'attività
indipendente45 del bambino ed intervenire solo laddove è necessario: questo significa
incoraggiarlo nella propria autostima46. Freire, occupandosi di adulti, utilizzava strategie come
le discussioni di gruppo, le tavole rotonde, discussioni o schede tematiche etc. in un processo
educativo rivolto alla cosiddetta “coscientizzazione”47. Sostanzialmente cosa hanno in comune
questi approcci? Sicuramente una critica ed una opposizione ad un'educazione X-centered ed
una visione del soggetto Y (individuale o collettivo) attivo. Inoltre le disposizioni W sono sì di
tipo socio-culturale ma appartengono tutte all'insieme dei bisogni fondamentali dell'essere
umano. L'educazione, secondo la visione di Dewey e di chi è critico verso un processo X-
centered, non è disegnata per la riproduzione sociale ma anzi l'obbiettivo è potenziare
l'intuizione e il potere sociale. Tuttavia, come affermava Antonio Gramsci, l'organizzazione
educativa è organica al potere dominante48. Significa che nelle società industriali avanzate gli
strumenti culturali egemonici come la scuola obbligatoria, i mezzi di comunicazione di massa
hanno inculcato una "falsa coscienza" anche in quelli che sono divenuti gli intellettuali organici
del potere dominante, ovvero gli insegnanti di tipo tradizionale. Questi, sia consapevolmente
ma soprattutto inconsapevolmente, hanno fatto propria l'ideologia borghese dominante cedendo


40
Cfr. F. Cambi, Le pedagogie del Novecento, cit., p. 32.
41
L'idea centrale per l'autodeterminazione è che la libertà è possibile solo se uno accetta le regole che ha scoperto o
deciso su sé stesso. J.J. Rousseau la chiama volonté generale. Si tratta anche in questo caso di uno dei bisogni
fondamentali dell'essere umano, possiamo sostituirla in W?
42
R.B. Westbrook, John Dewey, cit., p. 279. L'autorealizzazione è secondo Abraham Maslow (in "A Theory of Human
Motivation" in Psychological Review del 1943) un bisogno fondamentale dell'essere umano, possiamo sostituirlo a W?
43
D. Hameline, Édouard Claparède, in Thinkers on Education, UNESCO-IBE/Oxford & IBH Publishing Co. Vol. 1,
1997, p. 173.
44
H. Röhrs, Maria Montessori, cit., p. 177.
45
Secondo la Montessori una persona è ciò che è per quello che ha fatto, non per quello che ha fatto il suo insegnante.
Cfr. Ivi, p. 178.
46
Anche l'autostima è uno dei bisogni fondamentali dell'essere umano. Possiamo sostituirlo a W?
47
Cfr. H.P. Gerhardt, Paulo Freire, cit., p. 449.
48
A. Monasta, Antonio Gramsci, in Thinkers on Education, UNESCO-IBE/Oxford & IBH Publishing Co. Vol. 2, 1997,
p. 601.
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ai loro valori (W). A livello curriculare hanno operato sistematicamente una separazione tra
capacità intellettuali e competenze tecniche49.
L'educazione come processo di conformazione ed egemonia potrebbe disturbare molti
insegnanti, specialmente quelli preoccupati di far raggiungere ai propri allievi indipendenza e
libertà. Tuttavia questa riflessione può essere un ottimo motivo per ripensare il proprio ruolo di
insegnante50, nell'ottica di confrontarsi con il problema reale dell'educazione che è quello di
vedere che tipo di conformità raggiungere51. Conformità, infatti, non significa altro che
socializzazione52. Secondo Gramsci, quello di scardinare il potere egemonico è compito degli
intellettuali “non organici”. Questi intellettuali, cresciuti all'interno di un sistema di istruzione
egemonico per uscire da quel tipo di conformazione ed essere liberi da pressioni sociali e
politiche devono essere in grado di smascherare l'ideologia dominante per poter essere poi parte
organica di un nuovo sistema. Claparède sosteneva a questo proposito che per avere un cambio
di prospettiva all'interno di un processo educativo dominante bisogna che una rivoluzione
avvenga necessariamente ed è quella copernicana che deve avvenire negli educatori53. Può
quindi un insegnante X-centered essere compatibile con un processo educativo di tipo
differente? Evidentemente no, ma crediamo anche che alcune posizioni e alcune convinzioni
possano cambiare proprio grazie ad una riflessione filosofica sul proprio lavoro educativo. La
questione fondamentale perché un processo educativo funzioni è che i docenti coinvolti siano
pienamente consapevoli e compatibili con le premesse del sistema stesso54.
Concludiamo questa breve disamina dando infine una nuova veste a questo impianto. Non si
tratta infatti solo di una una teoria ma, più precisamente, di approccio ad una filosofia
dell'educazione perché ci dice che le disposizioni che consideriamo desiderabili non sono
innate, doni divini, fortuna, ma sono in qualche modo suscettibili di programmazione educativa,
analizzando, elencando e mostrando come queste supposizioni siano vere. In altre parole,
stabilendo alcuni fatti sulla natura umana e sul mondo, appellandosi, come scrive Frankena55, a
premesse metafisiche, scientifiche o teologiche. Uno schema concettuale di questo tipo, in cui
vengono evidenziate le funzioni e le relazioni nel processo educativo musicale è un ausilio
importante alla riflessione, per stabilire chi siamo, cosa facciamo dove vogliamo arrivare e
come. In altre parole può essere utile a trasformare la visione ed il ruolo di ogni insegnante.

Emanuele Raganato
Università del Salento

49
Ivi, p. 602. Questa concezione risaliva alla formulazione marxista della nascita della ideologia, intesa come la
separazione di teoria e prassi. È noto il giudizio, ad esempio, di Marx nei confronti di Hegel che veniva accusato di
essere stato un ideologo in quanto aveva messo in primo piano l'idea rispetto alla realtà. Il processo quindi per Marx
iniziava dalla realtà concreta (la prassi) che portava quindi alla teoria, mentre la separazione della teoria dalla prassi
generava l'ideologia.
50
Ivi, p. 609.
51
In quest'ottica è impensabile una neutralità morale dell'insegnante.
52
A. Monasta, Antonio Gramsci, cit., p. 605.
53
D. Hameline, Édouard Claparède, cit., p. 164.
54
A tal proposito Maria Montessori auspicava “that the teachers and other persons engaged in education be given
training in these methods and that the educational process itself be given a framework which would allow scientific
controls and checks”. H. Röhrs, Maria Montessori, cit., p. 176.
55
W.K. Frankena, Education, cit., p. 76.
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PER UNA TEORIA DELL'EDUCAZIONE MUSICALE.
UN QUADRO CONCETTUALE A SUPPORTO DEL LAVORO EDUCATIVO

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