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MANUALE DI SCENEGGIATURA

RIASSUNTO CAP. 5

5.1 Salto nel buio, dentro la struttura.

Dramma ≡ Conflitto
NO conflitto  NO azione  NO personaggio  NO storia e sceneggiatura

“E’ la storia di qualcuno a cui succede qualcosa, che gli complica terribilmente la vita.”

QUALCOSA: una variazione nell’esistenza del protagonista, che gli impone un obiettivo e lo
spinge a perseguirlo (evento dinamico + 1° plot point).

OBIETTIVO: deve essere difficile da raggiungere, così il cammino del personaggio diventa un
percorso di prove che:
- svelano il personaggio (STORIE DI PERSONAGGI/prediligono meccanismi di
conflittualità soggettiva)
- lo coinvolgono in un’avventura (STORIE DI INTRECCIO/PERIPEZIE/prediligono
conflittualità oggettive)

OSTACOLI: si frappongono tra il protagonista e la meta, e rendono più difficile il raggiungimento


dell’obiettivo. Gli ostacoli rappresentano la conflittualità: all’avanzamento del personaggio verso la
meta si oppone una forza contraria. L’ostacolo crea un bivio per il personaggio, che deve decidere
come reagire. Ogni possibilità di reazione rappresenta un cambiamento di stato rispetto alla
situazione corrente, una progressione.
Ostacolo  scelta  conseguenza = progressione nel percorso del personaggio e drammatizzazione
Le conseguenze porteranno poi ad un altro ostacolo (causa  effetto).
Tutto il percorso del personaggio è dunque un bivio:
- reagire/non reagire la scelta svela il personaggio
- come re-agire/come non re-agire
Il conflitto che il personaggio vive davanti al bivio è vissuto anche dal pubblico, tramite l’empatia
col protagonista, che va creata nel minor tempo possibile. Il conflitto è vissuto dal pubblico come
emozione, coinvolgimento. Conflitto e dramma sono due facce della stessa medaglia.
L’ostacolo può essere:
- OGGETTIVO  quando è immediatamente riconoscibile (es. discussioni, sparatorie ecc.).
In questo caso il conflitto è facilmente percepibile.
- SOGGETTIVO  l’ostacolo è minimo, trascurabile, e il conflitto si riflette sull’interiorità
del personaggio. (es. Dustin Hoffman in Kramer contro Kramer non riesce a preparare il
french toast al figlio e questa diventa una sfida personale per rimpiazzare la figura della
madre assente. A noi sembra un dettaglio insignificante, ma è un dramma personale e
psicologico che coinvolge il pubblico se questo ha abbastanza informazioni in suo
possesso).
Fare una sceneggiatura vuol dire anche distribuire informazioni secondo un strategia mirata a trarre
maggiore effetto emozionale dalle situazioni.

Nelle storie di peripezie è presente un PLOT STANDARD/PLOT OF PURSUIT/ELEMENTARE


(intreccio di caccia), basato sulla caccia a qualcuno, inseguimenti, ecc. Permette di tenere in ombra
l’antagonista e di non motivarne le azioni, così ci immedesimiamo con la vittima e con le sue
sofferenze, (si riaccende in noi la paura dello sconosciuto). E’ basato su causa-azione.
Il conflitto è l’elemento base della progressione nelle storie e della drammatizzazione nella materia.
Riprendendo la stringa di prima:
Ostacolo  scelta  conseguenza = progressione nel percorso del personaggio e drammatizzazione
Ognuna di queste unità ripropone, in scala minore, lo schema in tre atti della storia
(inizio/centro/finale).
Simili teorie sono state formulate da:
BREMOND  l’unità di racconto è una sequenza elementare che raggruppa tre funzioni:
1) una funzione che apre le possibilità del processo (comportamento da tenere);
2) una funzione che realizza il processo sotto forma di comportamento o evento;
3) una funzione che chiude il processo sotto forma di risultato raggiunto.

BARTHES  le unità del racconto non hanno tutte la stessa importanza. Alcune sono le vere
cerniere del racconto (FUNZIONI CARDIALI/NUCLEI), altre colmano lo spazio narrativo
(CATALISI). Perché una funzione sia cardinale deve inaugurare o concludere un’incertezza.

5.2 Set-up/Payoff

I NUCLEI compongono la spina dorsale della storia e sono i primi punti della sceneggiatura ad
essere scritti. Sono i momenti di rischio. Dopodiché la sceneggiatura si completa con le catalisi, fino
ad arrivare ai dettagli, usati per dare credibilità e colore alla storia. Le CATALISI hanno funzione
più debole, ma mai nulla. Sono zone di sosta. In particolare alcune catalisi hanno la funzione di
introdurre elementi del racconto, apparentemente inutili, ma che più avanti saranno necessari. La
spina dorsale non si cambia, ma viene arricchita e modificata dai dettagli.
Es. Thelma & Louise
La scena dell’omicidio è un momento chiave, dà una svolta alla storia. Ma la pistola che usa Louise,
da dove salta fuori?
La pistola è di Thelma, casalinga infantile e immatura che vive in funzione del marito, prototipo
della casalinga frustrata. Trova la pistola nel cassetto del marito e se la porta, perché non sa cosa
aspettarsi dal viaggio che deve intraprendere. E’ ingenua e incontrerà un mondo che se ne approfitta
come fa, in piccolo, il marito a casa.
Problemi:
1) Come dare importanza visiva alla pistola e farla memorizzare agli spettatori? (mostrata a
inizio film e usata più avanti)
2) La pistola è di Thelma, come fa poi ad averla Louise? Come avviene il passaggio?
3) Il passaggio deve essere memorabile.

1) Quando Thelma fa i bagagli si mette la pistola in borsa. La pistola è cromata, luccica, è


quindi ben visibile e distinguibile. La borsa inoltre è trasparente, e si vede chiaramente il
contenuto. La pistola è inoltre al centro di una scena con un conflitto tra i personaggi:
Thelma la estrae in macchina e la maneggia con poca attenzione, poi chiede a Louise se la
vuole tenere lei.
2) Louise, dopo una discussione, accetta e la pistola finisce nella sua borsa.
3) Il passaggio è stato chiaro ed esplicitato da dialoghi. Louise dimostrerà poi di essere
protettiva e materna nei confronti di Thelma e questo la porterà ad usare la pistola. Da qui
nascono altri interrogativi: dove ha imparato a sparare Louise? …
Una buona sceneggiatura è attraversata da rimandi continui, da una ragnatela ramificata. Punta
inoltre alla selettività: in un film tutto deve essere in funzione della progressione, niente va
lasciato al caso.
Questo meccanismo di semina di informazioni nel tessuto narrativo, che daranno i frutti solo più
avanti, è detto SET-UP, mentre il PAYOFF è il momento in cui dà i suoi frutti, rivelandosi
funzionale alla narrazione. Questo meccanismo, anche detto PLANT, deve essere dissimulato,
ma inconsciamente memorizzabile dallo spettatore. Il set-up di solito torna un paio di volte
prima del playoff, per essere ricordato dal pubblico.
In Thelma & Louise il set-up è usato per delineare i personaggi e il payoff per ricostruirne la
back story (passato di Louise).
In altri casi è più evidente, perché funge solo alla progressione della spina dorsale. Es. James
Bond  Il tecnico Q dà a Bond vari gadget che verranno utilizzati all’ultimo, solo in caso di
estremo bisogno. I plant possono essere oggetti, ma anche informazioni o personaggi che
all’inizio sembrano superflui.
In alcuni generi cinematografici c’è un uso più ampio di set-up/payoff:
Horror/mistery/adventure-action/comedy.
Il set-up non porta sempre ad un miglioramento, può anche portare ad un peggioramento perché
trascurato dal personaggio, diventando un ostacolo.
Es. In Pointbreak il set-up è l’handicap fisico dell’agente dell’FBI Keanu Reeves, ex
professionista di rugby che ha avuto la carriera spezzata a causa di un incidente al ginocchio.
Questo handicap gli impedirà più volte di catturare e arrestare l’antagonista.
Spesso i mezzi usati per seminare i plant sono i media (tv/radio/internet..), che diffondono
informazioni sui personaggi.
GANETTE  afferma che i plant sono delle esche, manovre preparatorie che si realizzano più
tardi. Derivano dall’arte classica della preparazione.
Con questa tecnica si colora la storia, sia in direzione action che character. A volte un plant è un
intero segmento di un film. (Es. In Pulp Fiction il plant è l’intera sequenza iniziale, che viene
ripresa alla fine). Il set-up è un’informazione sempre condivisa da personaggio e spettatore.

5.3 Rollercoaster

Le scelte di un personaggio generano conseguenze:


- miglioramento  se avanza verso la meta
- peggioramento  se retrocede
Se va sempre tutto bene o tutto male, il film diventa prevedibile  NOIA.
Perciò bisogna trovare soluzioni nuove ed inconsuete. Il bivio di fronte ad un personaggio
presenta solo apparentemente due scelte. In realtà si tratta delle due scelte più evidenti, ma ce ne
sono molte altre, meno prevedibili, che stupiranno il pubblico. Soprattutto nei film d’azione il
pubblico è molto esigente. Bisogna quindi trovare soluzioni sempre originali per quanto
riguarda le peripezie per superare gli ostacoli. Non ci possono essere soluzioni già viste in altre
pellicole (tranne che nelle parodie). Per evitare la noia ci deve essere un’alternanza tra processi
di miglioramento e peggioramento.
Eccezioni:
Es. Le onde del destino
Inizio  estrema positività (coppia felice e innamorata)
Svolgimento  inarrestabile discesa dei personaggi nel dolore e nella disperazione, fin quasi
alla fine del film.
Finale  toccato l’abisso si risale e si conclude in modo ultra-positivo.
E’ una struttura anomala, (no alternanza, ma a parabola), e funziona solo perché l’estrema
positività iniziale dà speranza agli spettatori per il resto del film.
Il meccanismo di alternanza tra successi e insuccessi, chiamato rollercoaster (montagne russe), è
ampiamente usato per far presa sullo spettatore, perché dà movimento e genera emozioni.
Questo saliscendi è sempre più in alto o più in basso, ma sempre con una risalita maggiore
rispetto al picco precedente, fino alla curva più alta e alla discesa finale. Ogni atto deve quindi
essere di maggiore intensità rispetto a quello che l’ha preceduto e minore rispetto a quello che lo
seguirà. Questi punti di snodo/maggior conflitto sono i principali PLOT POINTS.
Struttura:
- 1°ATTO  situazione/cambiamento/conseguenze  1°PLOT POINT
- 2°ATTO  situazione/cambiamento/conseguenze  2°PLOT POINT
- 3°ATTO  situazione/cambiamento/conseguenze  FINALE
I primi due plot points vengono definiti 1°/2° climax, anche se non sono assoluti ma relativi ai
segmenti precedenti. Il finale è il vero e proprio climax, il momento culminante in assoluto (big
showdown). Questa struttura a saliscendi può essere dedotta anche dalle MUSICHE che
accompagnano le immagini.
Es. scena inseguimento  si capisce cosa accade dalle accelerazioni di ritmo che culminano nel
momento di esplosioni, sparatorie, ecc. Nei momenti di dialogo o quando il personaggio pensa
alla prossima mossa invece c’è silenzio, il ritmo narrativo rallenta.
Si usa spesso l’espressione “pace your scenes”, ovvero “dai ritmo alle scene”, alternando azione
e informazione, velocità e lentezza. Questo meccanismo va applicato non solo alle singole
scene, ma anche alla sequenza e alla concatenazione di sequenze, in un continuo crescendo.
Alternando successi e insuccessi si ha ritmo, alternando il ritmo si creano conflitti.
VANOYE  afferma che l’alternanza è il principio base della sceneggiatura e si trova ovunque:
- tra tempi forti/deboli, azione/quiete;
- tra scene visive e dialoghi;
- tra scene a uno,due/scene di gruppo;
- tra giorno/notte, interno/esterno, ecc.  Tutto deve essere in movimento.

VITTORIA = passaggio da un processo di peggioramento ad uno di miglioramento.


SCONFITTA = inversione dal miglioramento al peggioramento.
L’inversione può anche avvenire a causa di un vuoto tra le aspettative del personaggio in
seguito ad un’azione e i risultati dell’azione. Il personaggio quindi sottovaluta l’ostacolo che
deve affrontare, ma questo lo porta ad un accrescimento personale.
L’obiettivo che il personaggio si prefissa deve essere un BUON OBIETTIVO, difficile, ma non
impossibile da raggiungere in relazione al bagaglio del protagonista. Deve inoltre rappresentare
un valore per cui valga la pena lottare e intraprendere un percorso. Protagonista e obiettivo sono
legati a doppio filo.

All’interno del rollercoaster emozionale, bisogna anche inserire delle PAUSE dopo i più alti
picchi drammatici (1°/2° plot point); permettendo al protagonista e agli spettatori di prendere
fiato e fare il punto della situazione. Spesso sono momenti narrativi che chiariscono il
cambiamento in seguito all’azione e riassumono le vicende fino a quel punto.
Come si passa da un livello ad un altro di conflitto superiore?
Ampliando le conseguenze degli eventi e influenzando porzioni di realtà sempre maggiori.
Il CONFLITTO può essere:
- Interno al personaggio
- Esterno  interpersonale (tra protagonista e antagonista)
 a livello sociale
Nella migliore delle ipotesi il conflitto tocca tutti e tre i livelli, così da ampliare gli ostacoli per
il protagonista. Es. Thelma & Louise:
- conflitto personale di Louise  violenza subita in passato in Texas

- conflitto interpersonale  omicidio dell’assalitore di Louise

- conflitto a livello sociale  fuga dalla giustizia (FBI) verso il Messico

- conflitto con la natura  livello aggiunto. La fuga nel Gran Canyon non offre alcun riparo o
nascondiglio.
PROTAGONISTA  eroe
 anti-eroe/perdente: anche se subisce una sconfitta, è comunque una
vittoria sul piano personale per aver affrontato l’ostacolo. Più il protagonista resiste, più aumenta la
sua autostima e si avvicina all’eroismo.

ANTAGONISTA  si cerca di creare un nemico umanizzato, che non sia negativo al 100%. In
questo modo è anche più difficile da affrontare. A volte si crea un antagonista che possa sedurre sia
il protagonista (creandogli un conflitto interno), sia lo spettatore. Quest’ultimo è così combattuto tra
l’empatia per il protagonista e la simpatia per l’antagonista.
A questo scopo si tratteggia il villain con elementi di simpatia (autocoscienza della propria
cattiveria/soddisfazione/humour nero). Sono pochi i cattivi puri. All’antagonista si affianca poi un
braccio destro ancora più negativo che fa il lavoro sporco per il “capo”.
Prima del finale:
- c’è un primo scontro con il braccio destro dell’antagonista;
- scontro finale con l’antagonista, il più spietato. L’antagonista torna ad essere spregevole e si
sporca le mani.
Eccezione: possono esserci antagonisti che hanno un obiettivo nobile e sono obbligati ad assumere
un comportamento negativo.

Le conseguenze del conflitto possono generare altra azione o ritorcersi sui personaggi.
Es. Le Iene: l’action plot viene tramutato in character plot. Viene rimosso il conflitto esterno, così
resta solo quello interno, tra i personaggi.
TOBIAS: sostiene che il conflitto che si può creare tra due elementi (A e B) sia limitato a due
relazioni A-B/B-A e renda il film claustrofobico. L’introduzione di un terzo elemento, invece,
amplia lo spettro: (A/B/C)  A-B/B-A/A-C/C-A/C-B/B-C . Il tre è il numero perfetto per i
meccanismi drammatici, poiché elimina la prevedibilità e dunque viene usato molto spesso (vedi
triangolo tra personaggi). Aggiungendo un quarto elemento le possibilità di interrelazione
raddoppiano e le cose si complicano. Per questo motivo il quarto elemento è spesso posto su un
piano secondario come miccia che accende il plot a tre.
Ad ogni modo, maggiore è il numero dei protagonisti, più le loro relazioni rischiano di essere
superficiali perché c’è troppo poco tempo per approfondirle tutte. E’ difficile lavorare in maniera
approfondita su più storie, più personaggi e sulle loro relazioni. Nei film corali infatti le storie
vengono di solito lasciate parallele e separate. Nella black-comedy invece, si esaspera la
coincidenza degli intrecci tra personaggi.

5.4 Teaser

E’ anche detto hareng saur (aringa affumicata) e red herring (falsa traccia), poiché è una sequenza
che fa da esca e stuzzica lo spettatore. E’ l’incipit, il 1° atto, che mira al coinvolgimento dello
spettatore, all’introduzione del personaggio e alla delineazione della storia. E’ una
spettacolarizzazione che ci presenta il personaggio in azione in una situazione critica.
Il teaser è nato con la televisione, è una sequenza autoconclusiva destinata ad agganciare l’interesse
del pubblico. Ha poi influenzato il cinema negli anni ’50. Es. I film di James Bond iniziano con
un’impresa mozzafiato che conclude il film precedente. Oggi quasi tutti i film d’avventura iniziano
così. Se però l’inizio è troppo teso, adrenalinico, alza le aspettative e rischia poi di deludere il
pubblico nel seguito. Secondo alcuni, un teaser adrenalinico è sinonimo di una sceneggiatura
povera, per cui si cerca di attirare all’inizio. In realtà è un incentivo per lo sceneggiatore, che dovrà
mantenere tutto il film al livello del teaser.
Tipi di teaser:
- può contenere sequenze sconnesse dal film, utili solo a presentare l’eroe (es. film James
Bond);
- può essere connesso al film, seminando elementi necessari in seguito nella storia.
SWAIN sostiene che un inizio valido è caratterizzato da tre elementi:
curiosità/cambiamento nella vita del protagonista/conseguenze derivate dal cambiamento
Es. incipit di Le Iene:
 ≠ dagli altri film dura 7 minuti, (di solito 1/2 al max.)
 Il dialogo non è inerente alla storia, è sconnesso al film e non fa capire cosa accadrà in
seguito.
 Otto personaggi di cui non sappiamo niente, tranne i nomi dedotti dal dialogo, parlano in un
cafè.
 All’inizio doveva chiudersi con due didascalie esplicative:
“Uno di questi uomini è un poliziotto”.
“E prima della fine, saranno tutti morti tranne uno”.
Tarantino però le ha abolite recidendo l’unico legame tra incipit e resto del film.
Regna sovrana la curiosità, ma non ci sono né cambiamenti, né conseguenze. Però funziona. Il
dialogo serve a svelare parzialmente i personaggi e il loro comportamento, senza alcuna
drammaticità. Dopo dieci minuti tra teaser e titoli di testa, inizia il film in medias res , con un
inseguimento a seguito di una rapina e Mr.Orange ferito e sanguinante. E lo spettatore, nonostante
l’inversione delle regole hollywoodiane, soffre già coi personaggi e prova empatia. Questo perché
Tarantino, nell’incipit, mostra il lato simpatico dei personaggi e li ritrae in una situazione quotidiana
e familiare. Questo crea un ponte col pubblico ed empatia immediata. I protagonisti sono tutti,
(tranne uno), gangster incalliti e se li avesse presentati subito nella fuga dopo-rapina sarebbero stati
condannati dal pubblico. Rappresentandoli, invece, in una situazione di relax, riabilita la loro
umanità e li fa avvicinare al pubblico.
Anche secondo SWAIN bisogna creare dei personaggi con cui lo spettatore possa empatizzare e per
farlo deve condividerne desideri ed emozioni.
Ci sono altri modi per creare empatia:
- sconvolgere un personaggio con gravi disgrazie e fargli subire violenze e soprusi (es.
l’uccisione da parte dell’antagonista di una persona cara al protagonista). Questo
giustificherà ogni reazione e vendetta del personaggio;
- mettere il protagonista nella posizione di dover dare al mondo un’informazione importante,
ma nessuno gli crede. Il pubblico deve sapere che le informazioni del protagonista sono
vere.
Il teaser non è sempre focalizzato solo sul protagonista:
- può presentare protagonista + antagonista;
- può mostrare solo l’antagonista, mentre compie azioni negative.
Il teaser punta comunque ad un’accelerazione dei tempi di presentazione del personaggio e a creare
l’impressione del personaggio. Stabilisce inoltre il tono drammatico dominante, lo spirito del film.
C’è una differenza sostanziale tra presentazione e teaser:
- PRESENTAZIONE: mostra tutti i caratteri essenziali del personaggio, indicandoli
rapidamente;
- TEASER: è più selettivo, mostra solo il tratto più rappresentativo del personaggio e lavora
su quello.
La presentazione del protagonista può essere:
- DIRETTA: usata nel teaser focalizzato su protagonista o antagonista. Il personaggio è
introdotto da parole, fatti e azioni.
- MEDIATA da NARRATORE ETERODIEGETICO: attraverso ad una voce narrante che
non appartiene a nessun personaggio.
- MEDIATA da un ALTRO PERSONAGGIO
- AUTOPRESENTAZIONE

5.5 Selettività

Deve essere rispettata anche in funzione della drammatizzazione. E’ fondamentale individuare il


nucleo delle scene e valorizzarlo, impedendo che il superfluo le soffochi e ne diminuisca
l’efficacia. Bisogna lavorarci in fase di scrittura, iniziando la scena il più possibile vicino alla
fine. La conclusione è il climax, dove si concentra il conflitto. Quando si scrive, pur tagliando
drammaticamente la scena nei punti giusti, ci si accorge di averla annegata in un mare di parole,
facendola risultare spenta. Se lo sceneggiatore conosce la scena e il suo punto culminante
(nodo), può lavorare anche sulla sua dilatazione/sospensione, staccando su un’altra narrazione e
interrompendo l’azione. Questa tecnica mantiene alta l’attenzione dello spettatore, è un dispetto
dello sceneggiatore. La ritroviamo anche in tv, quando la scena è interrotta dalla pubblicità e si
rimane sospesi.

5.6 Suspense

Secondo HITCHCOCK per produrre suspense è indispensabile che il pubblico sia informato di
tutti gli elementi in gioco. C’è inoltre una netta differenza tra suspense e sorpresa:
- SORPRESA  es. i personaggi parlano e non sanno che sotto il tavolo c’è una bomba. Non
lo sappiamo neanche noi e quando esplode rimaniamo sorpresi, ma per pochissimo (15 sec.)
- SUSPENSE  es. stessa situazione, ma il pubblico è consapevole della presenza della
bomba e sa che esploderà all’una, (è l’una meno un quarto). In questo caso il pubblico è in
ansia, è attento alla conversazione e partecipa alla scena. Si genereranno 15 minuti di
suspense.
Bisogna quindi informare il pubblico ogni volta che è possibile, tranne quando la sorpresa è un
twist (conclusione imprevista).
Negli intrighi di risoluzione (mistero da svelare) e nei whodunit (who has done it?/gialli),
raramente si crea suspense. Prevalgono l’attesa e la curiosità, che saranno soddisfatte nel finale.

5.7 Time-lock

Caratteristiche:
minaccia + personaggio coinvolto + scadenza + pubblico che sa tutto
E’ un meccanismo di drammatizzazione basato sulla condivisione del sapere tra pubblico e
protagonista: entrambi sanno che c’è una minaccia da affrontare entro un certo tempo.
Più è grave la minaccia, minore è il tempo disponibile e maggiore è il coinvolgimento emotivo.
Il protagonista affronta una lotta contro il tempo. Questa sequenza è quasi sempre nel finale
della storia (es. 007 Missione Goldfinger). Il limite di tempo può essere di pochi minuti o può
coincidere con la durata del film (es. Die Hard: time-lock a catena, tanti count-down per
disattivare le bombe e distrarre la polizia dalla rapina del secolo).
E’ una formula infallibile della drammatizzazione, ma è anche molto sfruttata; tanto che il
pubblico sa già a priori che il protagonista raggiungerà l’obiettivo in tempo, all’ultimo secondo.
Il time-lock deve quindi essere svecchiato almeno in uno dei suoi tre elementi (tempo, spazio,
velocità) per creare stupore e interesse nel pubblico.
[Alla fine di questo capitolo ci sono alcuni esempi di time-lock in vari film. Non li ho riassunti
perché sono praticamente le trame. Buono studio! A’ pummarolaaaaaaaaaaaa!!!!!!!]

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