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Si tratta di un ricorso con cui chiedere la nomina, da parte del Presidente del Tribunale, di un
Consulente Tecnico di Ufficio per valutare, in maniera autonoma, lo stato dell'immobile, redigendo
una perizia dettagliata.
Il procedimento si conclude con il deposito della relazione del CTU; il consulente nominato dal
giudice può, prima di depositare la relazione, cercare di conciliare le parti.
In caso di avvenuta conciliazione, viene redatto un processo verbale a cui seguirà un decreto del
giudice al fine di attribuire al predetto verbale, efficacia di titolo esecutivo In assenza di accordo,
sarà invece instaurato un giudizio di merito e la relazione del CTU sarà inserita negli atti
processuali.
Ritengo che a seguito del tuo ricorso per ATP, la vertenza sarà chiusa con un bonario
componimento promosso dall'intervento fattivo del consulente nominato dal presidente del tribunale
civile.
Per: il sig. _______ ( C.F. _______ ), residente in _______ alla via _______ n.__ , , rappresentato
e difeso e dall’avv. _______, presso il cui studio, in _______ alla via _______ n. __, elegge
domicilio, che lo rappresenta e difende giusto mandato a margine del presente atto.
PREMESSO
che il predetto appartamento confina con l'immobile del signor xxxxxxx, ubicato in
__________________
catastalmente identificato come segue: ______________________
che il problema, estetico ma soprattutto strutturale, è dovuto alla proprietà confinante, poiché il
muro della palazzina del ricorrente funge da muro di contenimento per un terrapieno della
proprietà del sig. XXXXXXX. Il proprietario del terrapieno non ha nessuna intenzione di risolvere il
problema strutturale, realizzando un muro di contenimento tra palazzina e terrapieno.
che il sig. XXXXXX impedisce al ricorrente persino di realizzare questo muro di contenimento a
sue spese!
Tanto premesso, l’istante come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, ai sensi dell’art. 696
c.p.c.
CHIEDE
Che l’ill.mo Presidente del Tribunale nomini un consulente tecnico d’ufficio affinché provveda alla
verifica dello stato dei luoghi, all’accertamento delle cause ed alla quantificazione dei danni di cui
alla premessa e fissi la data di comparizione personale delle parti per il giuramento e la
formulazione dei quesiti.
Ai sensi dell’art. 14, comma 2, T.U. 115/02 si dichiara che il valore della controversia è di €
_____ . (il contributo dovuto è pari a quello dovuto per la causa di merito, ridotto della metà)
Luogo,_______
Avv. _____________
Fonti:
• Art. 2043, 2051, 2053 del codice civile
• Art. 696 del codice di procedura civile
Le spese legali comprendono quelle dell’accertamento tecnico preventivo. L’ATP, pur essendo un
procedimento giurisdizionale, è finalizzato al componimento della lite e non può intendersi come
una fase giudiziale. E' quanto stabilito dalla Corte di cassazione, sez. III civile, con l'ordinanza 3
settembre 2019, n. 21975 (testo in calce)
Il quesito
Si discute se le spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo debbano considerarsi
spese legali o extraprocessuali oppure se debbano essere liquidate come spese giudiziali.
La decisione
Il Supremo Collegio ha indicato questo nuovo principio: le spese per la consulenza tecnica
preventiva disposta ex art. 696 bis cpc non hanno natura giudiziale; difatti la ATP preventiva di cui
al novellato art. 696 bis cpc, per quanto in parte "giurisdizionalizzata", è pur sempre finalizzata al
componimento della lite e, non potendosi intendere come una fase giudiziale, non dà nemmeno
luogo a un'autonoma liquidazione delle spese processuali da parte del giudice che l'ha disposta
rientrando esse nel complesso delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite e
vanno liquidate secondo le tariffe forensi.
Suddetto principio amplifica il diritto di cittadinanza delle spese legali, rispetto a quelle giudiziali,
secondo il quale la Cassazione ha più volte affermato che le prime, pur entrando in conflitto con le
seconde (perché parzialmente assimilabili alla fase studio dell’attività giudiziale), vanno liquidate
come danno emergente, laddove (ricordiamo): 1) abbiano carattere di autonoma rilevanza rispetto
alla attività giudiziale [ciò accade quando l’esito vittorioso della lite poteva facilmente prevedersi
nella fase stragiudiziale attraverso tutti gli elementi probatori ivi raccolti (cd. valutazione “ex
ante”)]; 2) siano allegate e provate, secondo le ordinarie scansioni processuali (Cass. Civ. Sez.
Unite sentenza n. 16990 del 10/07/2017; Cass. Civ. Sez. VI ordinanza n. 2644 del 02/02/2018).
Ebbene, in questo principio monolitico, sulla scorta di quanto precede, l’ambito delle spese legali
ovvero stragiudiziali ha maggiore respiro e ne risulta mediamente allargato. Infatti, l’accertamento
tecnico preventivo, pur essendo a pieno titolo un procedimento giurisdizionale, in quanto
procedimento speciale, inserito nel libro quarto del codice di procedura civile tra i procedimenti
sommari, cionondimeno va liquidato alla stregua di spese legali e, quindi, come danno patrimoniale
conseguente all’illecito, piuttosto che come spesa di carattere giudiziale.
In estrema sintesi ed in ultima analisi, il Supremo Collegio affianca al principio della conversione
delle spese legali in quelle (della fase studio) delle spese giudiziali, l’opposto assioma della
conversione delle spese giudiziali (ATP) nelle spese legali.
L’accertamento tecnico preventivo (di seguito ATP) è un procedimento cautelare che serve a
determinare le cause tecniche oggettive che hanno determinato un vizio.
L’istituto viene disciplinato all’art. 696 c.p.c., che recita :“Chi ha urgenza di far verificare, prima
del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli
articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un ispezione giudiziale”.
Al suddetto articolo la Legge n. 80 del 2005 ha aggiunto che l’accertamento tecnico e l’ispezione
giudiziale, se ne ricorre l’urgenza, possono essere disposti “anche sulla persona dell’istante e, se
questi vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta”, mostrando così di recepire
le sentenze della Corte costituzionale n. 471 del 22 ottobre 1990 e n. 257 del 19 luglio 1996 che si
era occupata della questione.
La ratio dell’ATP risiede quindi nell’intento di impedire l’irrimediabile dispersione degli
elementi probatori, provocata dalle modificazioni cui, con il decorso del tempo, possono essere
soggetti luoghi o persone fisiche, al fine di preservare quei profili che di fatto sono destinati, per la
loro rilevanza, a confluire nel successivo giudizio di merito radicato a tutela dei diritti lesi dalla
commissione di un fatto illecito.
Quali sono i casi in cui possono essere disposti l’ATP o l’ispezione giudiziale?
I casi possono essere i più vari: si pensi al pericolo di deperimento o alterazione delle prove, alla
possibilità di modifica dei luoghi e delle circostanze, alla necessità di provvedere alla
sistemazione ed al ricondizionamento dei luoghi e/o dei macchinari, alla necessità di effettuare
interventi di qualsiasi tipo, che permettano il ripristino dello status quo ante o l’eliminazione della
situazione di pericolo o di pregiudizio o di inutilizzabilità che si è venuta a creare in seguito
all’evento contestato.
Usualmente si fa ricorso all’ATP, in tutti quei casi in cui si presenta la necessità di effettuare
interventi che, con urgenza, ripristinino lo stato dei luoghi eliminando le situazioni pregiudizievoli,
causate da quanto rappresentato nel ricorso, o tutte le volte in cui sia necessario indagare sulla
qualità o la condizione di cose e fatti.
Ed allora, ci si potrà rivolgere al giudice competente per territorio con lo scopo di far accertare fatti,
circostanze e stato dei luoghi, prima che venga pronunciata una sentenza, evitando così che
determinate situazioni possano subire una modificazione col trascorrere del tempo, vanificando le
successive azioni legali.
Si può pertanto affermare che l’ATP è uno strumento tendente a costituire una prova “prima
dell’instaurazione di un giudizio” ed “in vista del giudizio“, svolgendo così anche una finalità
cognitiva di immediato rilievo nel giudizio di merito. Il D.l. n. 35/2005 ha aggiunto, con decorrenza
dal 1° marzo 2006, l’art. 696 bis c.p.c. che riguarda l’istituto della consulenza tecnica preventiva ai
fini del composizione della lite. In base a tale norma l’esperto può essere chiamato dal giudice ad
esprimere il proprio parere tecnico, poichè l’ambito d’applicazione dell’istituto coincide con l’intera
area dei crediti aventi ad oggetto il risarcimento di danni, sia per ciò che attiene l’illecito
extracontrattuale che i danni da illecito contrattuale. L’art. 696 bis c.p.c. prevede la consulenza
tecnica preventiva come mezzo per favorire la conciliazione fra le parti, il cui espletamento può
essere richiesto anche laddove non ricorrano le condizioni previste dall’ultimo inciso del primo
comma dell’art. 696 bis c.p.c..
Il giudice, in questo caso, procede ai sensi del terzo comma del medesimo art. 696 c.p.c..
CASO
[1, 2] All’esito di un procedimento per accertamento tecnico preventivo ante causam ex art. 696
c.p.c. il giudice liquidava le spese di C.T.U. ponendole in capo ad entrambe le parti, in pari quota ed
in solido tra loro.
Il convenuto impugnava la statuizione sulle spese con ricorso straordinario per cassazione,
lamentando la violazione degli artt. 696, 91 e 92 c.p.c. e sostenendo che le spese di C.T.U.
andavano poste a carico della sola parte richiedente.
SOLUZIONE
[1, 2] La Corte di cassazione ha preliminarmente riconosciuto l’ammissibilità del ricorso sul
presupposto che la statuizione sulle spese incide su diritti soggettivi (patrimoniali) e presenta i
caratteri della decisorietà e della definitività, non essendo altrimenti impugnabile.
La Suprema Corte, poi, ha accolto il ricorso e deciso la causa nel merito, riformando la decisione
riguardante le spese di C.T.U. in applicazione del principio di cui in massima [2].
QUESTIONI
[1, 2] È pacifico, nella giurisprudenza, che «Il procedimento di accertamento tecnico preventivo ex
art. 696 c.p.c., disciplinato dagli art. 692 ss. c.p.c., si conclude con il deposito della relazione di
consulenza tecnica, cui segue la liquidazione del compenso al consulente nominato dal giudice,
senza che possa essere adottato alcun altro provvedimento relativo al regolamento delle spese tra le
parti, stante la mancanza dei presupposti sui quali il giudice deve necessariamente basare la propria
statuizione in ordine alle spese ai sensi degli art. 91 e 92 c.p.c.», con la conseguenza che «laddove
un provvedimento in ordine alla liquidazione di tali spese venga viceversa emesso, si è in presenza
di un provvedimento non previsto dalla legge, di natura decisoria, destinato ad incidere su una
posizione di diritto soggettivo della parte a carico della quale risulta assunto e dotato di carattere di
definitività, contro cui non è dato alcun mezzo d’impugnazione, sicché avverso il medesimo ben
può essere esperito il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.» (così Cass. 30 settembre
2015, n. 19498, Foro it., Rep. 2016, voce Istruzione preventiva, n. 3; nello stesso senso cfr., ex
plurimis, Cass., ord. 26 ottobre 2015, n. 21756, Id., Rep. 2015, voce cit., n. 10; Cass. 19 novembre
2004, n. 21888, id., Rep. 2004, voce cit., n. 4).
Parimenti indiscusso è il principio secondo cui «Le spese dell’accertamento tecnico preventivo ante
causam vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in
considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l’accertamento stesso venga acquisito) come
spese giudiziali, da porre, salva l’ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del
soccombente e da liquidare in un unico contesto» (in tal senso v., ad es., Cass. 27 luglio 2005, n.
15672, id., Rep. 2005, voce cit., n. 4; Cass., ord. 15 marzo 2012, n. 4156, id., Rep. 2012, Spese
giudiziali civili, n. 31; Cass. 15 febbraio 2000, n. 1690, Id., Rep. 2000, voce cit., n. 77).
Opera invece un distinguo App. Cagliari 20 febbraio 2002, Id., Rep. 2004, voce Istruzione
preventiva, n. 8, Riv. giur. sarda, 2003, 627, con nota di Loddo, secondo cui «Le spese relative al
procedimento di accertamento tecnico preventivo non sono liquidabili alla parte vittoriosa ove
risulti sufficiente a fondare la decisione la perizia stragiudiziale fatta eseguire dalla stessa parte,
corroborata da ulteriori elementi».
Cass. 16 febbraio 1993, n. 1920, Foro it., Rep. 1993, voce Istruzione preventiva, n. 7, specifica che
«Nel procedimento di istruzione preventiva, che si svolga per ragioni d’urgenza ‘inaudita
altera parte’, l’onere delle spese, anche con riguardo al procuratore che venga nominato
d’ufficio a tutela della parte non presente (art. 687 c.p.c.), deve gravare sul richiedente, quale
soggetto interessato, salvo restando il successivo regolamento delle spese medesime».
Suscita interesse il dictum di Cass., ord. 4 novembre 2013, n. 24726, Foro it., Rep. 2013, voce cit.,
n. 7, secondo cui «Nel giudizio di merito successivo ad un accertamento tecnico preventivo, ai
fini della determinazione della competenza per valore del giudice adito, le spese sostenute
dalla parte che abbia ottenuto il provvedimento ex art. 696 c.p.c. si sommano con il valore
della domanda di merito proposta».
Nella dottrina, in linea con la prevalente giurisprudenza, v., ad es., B. Rados-P. Giannini, La
consulenza tecnica nel processo civile, Milano, 2013, 205, il quale afferma che «Il compenso del
consulente tecnico è liquidato dal giudice con decreto […] e, salva diversa valutazione da
parte del giudice caso per caso (come, ad esempio, nelle ipotesi – frequenti nella pratica – in
cui il resistente chieda di ampliare i quesiti ad indagini cui egli ha interesse), è di norma posto
a carico della parte ricorrente […]». Fermo restando che «il ricorrente ne potrà e dovrà
chiedere il rimborso nel successivo giudizio di merito, probatoriamente fondato (anche)
sull’espletato A.T.P., in cui risulti vittorioso; tali spese dovranno essere inserite nella notula
giudiziale presentata per la liquidazione globale delle spese ex art. 91 ss. c.p.c., comprensive
della precedente fase di istruzione preventiva (è scorretta la prassi diffusa di inserire le spese
di A.T.P. fra le voci di danno)».
La conciliazione.
Il primo compito del CTU nominato dal giudice è quello di tentare la conciliazione.
Al riguardo, c’è da dire che le possibilità di raggiungere un accordo, se i tecnici coinvolti (CTU e
vari CTP) sono persone ragionevoli e professionisti seri, sono abbastanza buone.
Questo perché in sede tecnica dove lo stato di fatto e il problema sono più evidenti e si entra
pienamente nel merito è facile capire come stanno le cose e vedere se chi di dovere si prende le
proprie responsabilità.
La nostra esperienza al riguardo è abbastanza positiva, chiaramente, oltre a professionisti seri come
tecnici occorre che anche le parti, che hanno l’ultima parola sull’adesione o meno ad un accordo,
siano ragionevoli, ma questo spesso dipende proprio da come il rispettivo CTP presenta la
situazione.
Se si raggiunge, di fatto, un accordo, la palla a quel punto torna in mano agli avvocati, che avranno
il compito di individuare, e poi praticare, la formula migliore per formalizzarlo, che solitamente
prevede comunque una scrittura privata sottoscritta da tutte le parti interessate.
Con la firma, la questione è da considerarsi definita, almeno riguardo alla regolamentazione del
problema e salvo ovviamente vedere se le parti adempiranno o meno a quanto hanno previsto.
Quanto alle spese legali, in caso di conciliazione di solito ogni parte paga il proprio legale e il
proprio CTP, mentre il compenso del CTU viene diviso tra tutte le parti.
La Relazione Peritale.
Se proprio non c’è verso di conciliare, entro il termine assegnato dal giudice – salvo proroghe da
richiedere appositamente – il CTU deve depositare una propria relazione.
In questa relazione, che è una vera e propria perizia, il tecnico descriverà il lavoro che ha fatto, le
prove eseguite e poi metterà una parte sotto il titolo di «Conclusioni» in cui c’è la risposta al quesito
formulato dal giudice. Qui il CTU dice, ad esempio, se secondo lui la colpa delle infiltrazioni è del
costruttore, a cosa sono dovute di fatto, che tipi di opere bisogna realizzare per eliminarle, qual’è il
costo di queste opere.
Il procedimento termina con il deposito della relazione.
L’utilità per chi ha iniziato il procedimento, se la relazione è a suo favore, è quella di disporre di una
prova fondamentale appunto a suo favore. Se, invece, la relazione dovesse essere negativa, c’è
comunque una importante utilità per lui, consistente nel sapere che le sue pretese non avrebbero, se
portate in causa, retto ad una approfondita analisi tecnica e conoscere anche per quale motivo.
È importante capire che il procedimento di CTU preventiva non termina con una sentenza, ma solo
con un accertamento tecnico. Se anche il CTU nominato dal giudice ti ha dato ragione, non nasce
nessun obbligo per le altre parti di pagarti, rimborsarti, indennizzarti e così via.
Questo significa che se le altre parti non fanno seguito a quanto sarebbe giusto secondo la relazione,
è ancora necessario fare una causa.
Questo, però, non significa che la CTU preventiva non serva a niente, anzi tutto il contrario: anche
facendo una causa, ci si sarà comunque messi molto avanti con il lavoro, perché, come detto, la
relazione potrà essere acquisita al procedimento e formare piena prova.
Diciamo che procedendo con una CTU preventiva si cerca di approcciare il problema in modo
graduale, senza le spese di una causa intera, avendo in pochi mesi un responso tecnico, ma niente
impedisce, poi, se necessario di andare fino in fondo, in ogni caso, anche in tale ipotesi, non si sarà
comunque perso tempo.
Per questo noi consigliamo, quando possibile, di procedere sempre con una CTU preventiva.