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Come fare ricorso per ATP ex art. 696 c.p.c.

Si tratta di un ricorso con cui chiedere la nomina, da parte del Presidente del Tribunale, di un
Consulente Tecnico di Ufficio per valutare, in maniera autonoma, lo stato dell'immobile, redigendo
una perizia dettagliata.
Il procedimento si conclude con il deposito della relazione del CTU; il consulente nominato dal
giudice può, prima di depositare la relazione, cercare di conciliare le parti.
In caso di avvenuta conciliazione, viene redatto un processo verbale a cui seguirà un decreto del
giudice al fine di attribuire al predetto verbale, efficacia di titolo esecutivo In assenza di accordo,
sarà invece instaurato un giudizio di merito e la relazione del CTU sarà inserita negli atti
processuali.
Ritengo che a seguito del tuo ricorso per ATP, la vertenza sarà chiusa con un bonario
componimento promosso dall'intervento fattivo del consulente nominato dal presidente del tribunale
civile.

Ecco un modello di ricorso idoneo per la presente vertenza:

On.le Tribunale di ________


Ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c.

Per: il sig. _______ ( C.F. _______ ), residente in _______ alla via _______ n.__ , , rappresentato
e difeso e dall’avv. _______, presso il cui studio, in _______ alla via _______ n. __, elegge
domicilio, che lo rappresenta e difende giusto mandato a margine del presente atto.

PREMESSO

 che l’istante è proprietario dell’appartamento ubicato in _______________ via


_______________, acquistato con atto notarile di compravendita del xx/xx/xxxx, a rogito del notar
Tizio, identificato catastalmente al foglio xx, particella xx, subalterno xx;

 che il predetto appartamento confina con l'immobile del signor xxxxxxx, ubicato in
__________________
catastalmente identificato come segue: ______________________

 che l'istante, successivamente all'acquisto dell'immobile, ha rimosso le contropareti di


cartongesso, venendo a conoscenza del fatto che il muro di tufo dell'abitazione che confina con la
proprietà di fianco, è completamente bagnato, al punto che il cemento tra i mattoni viene via con il
dito

 che il problema, estetico ma soprattutto strutturale, è dovuto alla proprietà confinante, poiché il
muro della palazzina del ricorrente funge da muro di contenimento per un terrapieno della
proprietà del sig. XXXXXXX. Il proprietario del terrapieno non ha nessuna intenzione di risolvere il
problema strutturale, realizzando un muro di contenimento tra palazzina e terrapieno.
 che il sig. XXXXXX impedisce al ricorrente persino di realizzare questo muro di contenimento a
sue spese!

 che l’ istante ha interesse a promuovere un giudizio per accertare la responsabilità civile


extracontrattuale, sulla base dell’art. 2051 del codice civile (danno cagionato da cose in custodia),
dell’art. 2053 (rovina di edifici), dell’art. 2043 (risarcimento per fatto illecito), ma ha urgenza di
fare verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi da un consulente tecnico nominato dal
giudice che possa fornire valutazioni anche relative alle cause e ai danni relativi all'oggetto della
verifica.

Tanto premesso, l’istante come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, ai sensi dell’art. 696
c.p.c.

CHIEDE

Che l’ill.mo Presidente del Tribunale nomini un consulente tecnico d’ufficio affinché provveda alla
verifica dello stato dei luoghi, all’accertamento delle cause ed alla quantificazione dei danni di cui
alla premessa e fissi la data di comparizione personale delle parti per il giuramento e la
formulazione dei quesiti.

Si depositano i seguenti documenti:


- Raccomandata a.r n. _______ con cui si è proceduto a diffidare il vicino alla eliminazione del
problema di carattere strutturale ovvero in subordine a consentire al ricorrente di risolverlo a sua
spese.

Ai sensi dell’art. 14, comma 2, T.U. 115/02 si dichiara che il valore della controversia è di €
_____ . (il contributo dovuto è pari a quello dovuto per la causa di merito, ridotto della metà)

Luogo,_______
Avv. _____________

Fonti:
• Art. 2043, 2051, 2053 del codice civile
• Art. 696 del codice di procedura civile
Le spese legali comprendono quelle dell’accertamento tecnico preventivo. L’ATP, pur essendo un
procedimento giurisdizionale, è finalizzato al componimento della lite e non può intendersi come
una fase giudiziale. E' quanto stabilito dalla Corte di cassazione, sez. III civile, con l'ordinanza 3
settembre 2019, n. 21975 (testo in calce)

Il quesito
Si discute se le spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo debbano considerarsi
spese legali o extraprocessuali oppure se debbano essere liquidate come spese giudiziali.
La decisione
Il Supremo Collegio ha indicato questo nuovo principio: le spese per la consulenza tecnica
preventiva disposta ex art. 696 bis cpc non hanno natura giudiziale; difatti la ATP preventiva di cui
al novellato art. 696 bis cpc, per quanto in parte "giurisdizionalizzata", è pur sempre finalizzata al
componimento della lite e, non potendosi intendere come una fase giudiziale, non dà nemmeno
luogo a un'autonoma liquidazione delle spese processuali da parte del giudice che l'ha disposta
rientrando esse nel complesso delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite e
vanno liquidate secondo le tariffe forensi.
Suddetto principio amplifica il diritto di cittadinanza delle spese legali, rispetto a quelle giudiziali,
secondo il quale la Cassazione ha più volte affermato che le prime, pur entrando in conflitto con le
seconde (perché parzialmente assimilabili alla fase studio dell’attività giudiziale), vanno liquidate
come danno emergente, laddove (ricordiamo): 1) abbiano carattere di autonoma rilevanza rispetto
alla attività giudiziale [ciò accade quando l’esito vittorioso della lite poteva facilmente prevedersi
nella fase stragiudiziale attraverso tutti gli elementi probatori ivi raccolti (cd. valutazione “ex
ante”)]; 2) siano allegate e provate, secondo le ordinarie scansioni processuali (Cass. Civ. Sez.
Unite sentenza n. 16990 del 10/07/2017; Cass. Civ. Sez. VI ordinanza n. 2644 del 02/02/2018).
Ebbene, in questo principio monolitico, sulla scorta di quanto precede, l’ambito delle spese legali
ovvero stragiudiziali ha maggiore respiro e ne risulta mediamente allargato. Infatti, l’accertamento
tecnico preventivo, pur essendo a pieno titolo un procedimento giurisdizionale, in quanto
procedimento speciale, inserito nel libro quarto del codice di procedura civile tra i procedimenti
sommari, cionondimeno va liquidato alla stregua di spese legali e, quindi, come danno patrimoniale
conseguente all’illecito, piuttosto che come spesa di carattere giudiziale.
In estrema sintesi ed in ultima analisi, il Supremo Collegio affianca al principio della conversione
delle spese legali in quelle (della fase studio) delle spese giudiziali, l’opposto assioma della
conversione delle spese giudiziali (ATP) nelle spese legali.
L’accertamento tecnico preventivo (di seguito ATP) è un procedimento cautelare che serve a
determinare le cause tecniche oggettive che hanno determinato un vizio.
L’istituto viene disciplinato all’art. 696 c.p.c., che recita :“Chi ha urgenza di far verificare, prima
del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli
articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un ispezione giudiziale”.
Al suddetto articolo la Legge n. 80 del 2005 ha aggiunto che l’accertamento tecnico e l’ispezione
giudiziale, se ne ricorre l’urgenza, possono essere disposti “anche sulla persona dell’istante e, se
questi vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta”, mostrando così di recepire
le sentenze della Corte costituzionale n. 471 del 22 ottobre 1990 e n. 257 del 19 luglio 1996 che si
era occupata della questione.
La ratio dell’ATP risiede quindi nell’intento di impedire l’irrimediabile dispersione degli
elementi probatori, provocata dalle modificazioni cui, con il decorso del tempo, possono essere
soggetti luoghi o persone fisiche, al fine di preservare quei profili che di fatto sono destinati, per la
loro rilevanza, a confluire nel successivo giudizio di merito radicato a tutela dei diritti lesi dalla
commissione di un fatto illecito.
Quali sono i casi in cui possono essere disposti l’ATP o l’ispezione giudiziale?
I casi possono essere i più vari: si pensi al pericolo di deperimento o alterazione delle prove, alla
possibilità di modifica dei luoghi e delle circostanze, alla necessità di provvedere alla
sistemazione ed al ricondizionamento dei luoghi e/o dei macchinari, alla necessità di effettuare
interventi di qualsiasi tipo, che permettano il ripristino dello status quo ante o l’eliminazione della
situazione di pericolo o di pregiudizio o di inutilizzabilità che si è venuta a creare in seguito
all’evento contestato.
Usualmente si fa ricorso all’ATP, in tutti quei casi in cui si presenta la necessità di effettuare
interventi che, con urgenza, ripristinino lo stato dei luoghi eliminando le situazioni pregiudizievoli,
causate da quanto rappresentato nel ricorso, o tutte le volte in cui sia necessario indagare sulla
qualità o la condizione di cose e fatti.
Ed allora, ci si potrà rivolgere al giudice competente per territorio con lo scopo di far accertare fatti,
circostanze e stato dei luoghi, prima che venga pronunciata una sentenza, evitando così che
determinate situazioni possano subire una modificazione col trascorrere del tempo, vanificando le
successive azioni legali.
Si può pertanto affermare che l’ATP è uno strumento tendente a costituire una prova “prima
dell’instaurazione di un giudizio” ed “in vista del giudizio“, svolgendo così anche una finalità
cognitiva di immediato rilievo nel giudizio di merito. Il D.l. n. 35/2005 ha aggiunto, con decorrenza
dal 1° marzo 2006, l’art. 696 bis c.p.c. che riguarda l’istituto della consulenza tecnica preventiva ai
fini del composizione della lite. In base a tale norma l’esperto può essere chiamato dal giudice ad
esprimere il proprio parere tecnico, poichè l’ambito d’applicazione dell’istituto coincide con l’intera
area dei crediti aventi ad oggetto il risarcimento di danni, sia per ciò che attiene l’illecito
extracontrattuale che i danni da illecito contrattuale. L’art. 696 bis c.p.c. prevede la consulenza
tecnica preventiva come mezzo per favorire la conciliazione fra le parti, il cui espletamento può
essere richiesto anche laddove non ricorrano le condizioni previste dall’ultimo inciso del primo
comma dell’art. 696 bis c.p.c..
Il giudice, in questo caso, procede ai sensi del terzo comma del medesimo art. 696 c.p.c..

Come si richiede un ATP?


In primis, per valutare la fondatezza della richiesta e la sussistenza o meno dei presupposti per
avviarla, è opportuno consultarsi con il cliente ed individuare un proprio perito di parte al fine di
valutare la situazione dal punto di vista tecnico.
Solo nel caso in cui il perito confermi la sussistenza dei presupposti tecnici per procedere, nonché
l’esistenza di danni, si potrà avanzare fondata richiesta di ATP.
Fondamentale è il contenuto della richiesta poichè una completa ed esaustiva redazione dell’atto,
può condizionare in modo significativo anche l’esito della futura pronuncia del giudice nella fase
del giudizio di merito.
Nel ricorso dovranno pertanto essere enunciati i motivi sui quali si fonda, soffermandosi con
attenzione sugli aspetti tecnici contestati e sui danni subiti.
Dovranno essere indicati, inoltre, non solo le ragioni che giustificano l’urgenza, ma anche i motivi
della domanda di merito cui l’atto è finalizzato, pena l’inammissibilità della domanda.
Appare evidente che la consulenza redatta dal perito di parte è un validissimo ausilio per l’avvocato
per metterlo in grado di individuare tutte le contestazioni da sottoporre alla controparte e far
emergere gli aspetti tecnici cruciali da sottoporre all’attenzione del CTU, nonché un aiuto per la
predisposizione dei quesiti da sottoporre al vaglio giudice e sui quali sarà eventualmente chiamato a
rispondere il CTU.
A tal fine si deve sottolineare come in molte controversie sottoposte ad ATP gli aspetti tecnici siano
predominanti su quelli giuridici e che il giudice, nella sentenza si servirà delle risultanze della CTU
per dare sostegno e fondamento alla sua pronuncia.
L’istanza di ATP va proposta con ricorso, depositato nella cancelleria del giudice del merito
secondo quanto previsto dall’art. 693 c.p.c., mentre in pendenza di giudizio deve essere rivolta al
magistrato già investito della causa.
Il Presidente del Tribunale o il Giudice di pace fissano apposita udienza di comparizione del
ricorrenti, assegnando al medesimo un congruo termine per la notificazione del ricorso alla
controparte.
L’eventuale improcedibilità del ricorso deve essere contestata o rilevata entro la prima udienza.
Se il ricorso viene accolto il Presidente del Tribunale o il Giudice di pace, con ordinanza non
impugnabile, nomina un consulente tecnico d’ufficio e stabilisce la data e l’ora in cui il
consulente e le parti devono comparire davanti al Tribunale.
In sede di comparizione, verranno anche individuati i quesiti tecnici ai quali il CTU dovrà dare
risposta e e le parti avranno la facoltà di designare i propri consulenti di parte, ovvero di riservarsi
la nomina dei medesimi sino alla data fissata per l’inizio delle operazioni peritali da parte del
C.T.U..
A differenza rispetto al passato la Legge n. 80 del 2005 ha profondamente innovato la disciplina
giuridica dell’ATP, prevedendo che lo stesso possa comprendere valutazioni in ordine alle cause e ai
danni relativi all’oggetto della verifica, superando così le precedenti posizioni e conferendo al CTU
poteri che solitamente erano riservati alla sola sede di merito.
Si deve, quindi, sottolineare l’estrema importanza dell’incarico ora assegnato al CTU, che non
dovrà limitarsi alla pedissequa acquisizione di informazioni e di documenti, ma dovrà svolgere un
ruolo istruttorio completo.
Una volta instaurato il contraddittorio ed affidato al CTU l’incarico, il procedimento non prevede
alcuna udienza per la discussione e l’acquisizione dell’elaborato peritale e nessuna attività è più
affidata all’impulso della parte ricorrente.
Il CTU, una volta prestato giuramento, dovrà redigere una relazione tecnica sulla scorta del
sopralluogo effettuato che dovrà avvenire, obbligatoriamente, in presenza dei consulenti tecnici di
parte. Il termine per il deposito della relazione scritta verrà fissato dal giudice.
Se il giudice verifica che l’ATP non è stato concluso o addirittura non è mai iniziato, alle parti viene
assegnato un termine di quindici giorni per presentare l’istanza di completamento.
Il procedimento di ATP si conclude con il deposito della relazione di consulenza tecnica, cui
seguirà la liquidazione del compenso al consulente nominato dal giudice. Non potrà essere adottato
alcun altro provvedimento relativo al regolamento delle spese tra le parti, attesa la mancanza dei
presupposti per detta statuizione ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Nel caso in cui si verifichino fatti interruttivi del procedimento con riguardo alle parti o ai loro
difensori, ossia morte di una delle parti o di taluno dei difensori o radiazione dall’albo professionale
per gli avvocati, è necessario che il CTU sospenda le operazioni e rimetta gli atti al giudice, poiché
tali eventi impediscono la valida prosecuzione di qualsiasi attività processuale.
Invece, non interferiscono sullo svolegimento delle attività del perito la rinuncia al mandato del
difensore o la revoca dell’incarico già conferitogli, vertendosi in tema di circostanze per le quali è
esclusa l’interferenza sul corso del processo in base al dettato dell’art. 85 c.p.c., che dispone
l’improduttività di effetti della revoca o della rinuncia al mandato nei confronti delle altre parti sino
a quando non venga effettuata la sostituzione del difensore.
Il CTU deve dare corso all’incarico assegnato nel termine concesso dal giudice, come previsto
dall’art. 8 della L. n. 319 del 1980, che prevede la decurtazione del compenso nel caso di ritardo
nell’espletamento dei propri compiti, cui corrisponde la necessità di ottenere eventuali proroghe per
il deposito della relazione scritta per mancato rispetto della scadenza fissata.
Il decreto di liquidazione del CTU costituisce titolo provvisoriamente esecutivo.

Il regime delle spese di C.T.U. nel procedimento per A.T.P.


Cass. 10 gennaio 2017, n. 324
Istruzione preventiva – Accertamento tecnico preventivo – Consulente tecnico – Spese –
Ricorso straordinario per cassazione – Ammissibilità (Cost., art. 111; cod. proc. civ., art. 696)
Istruzione preventiva – Accertamento tecnico preventivo – Consulente tecnico – Spese (Cod.
proc. civ., art. 696)
[1] È ammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso la pronuncia sulla liquidazione
delle spese relative al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 c.p.c.
[2] Le spese relative al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 c.p.c.
devono essere poste a carico del ricorrente in virtù del principio di anticipazione delle spese
processuali, salvo poi confluire nel computo delle spese dell’eventuale giudizio di merito nel quale
l’accertamento tecnico dovesse essere acquisito ed essere quindi ripartite all’esito di questo, in
applicazione del principio della soccombenza.

CASO
[1, 2] All’esito di un procedimento per accertamento tecnico preventivo ante causam ex art. 696
c.p.c. il giudice liquidava le spese di C.T.U. ponendole in capo ad entrambe le parti, in pari quota ed
in solido tra loro.
Il convenuto impugnava la statuizione sulle spese con ricorso straordinario per cassazione,
lamentando la violazione degli artt. 696, 91 e 92 c.p.c. e sostenendo che le spese di C.T.U.
andavano poste a carico della sola parte richiedente.
SOLUZIONE
[1, 2] La Corte di cassazione ha preliminarmente riconosciuto l’ammissibilità del ricorso sul
presupposto che la statuizione sulle spese incide su diritti soggettivi (patrimoniali) e presenta i
caratteri della decisorietà e della definitività, non essendo altrimenti impugnabile.
La Suprema Corte, poi, ha accolto il ricorso e deciso la causa nel merito, riformando la decisione
riguardante le spese di C.T.U. in applicazione del principio di cui in massima [2].

QUESTIONI
[1, 2] È pacifico, nella giurisprudenza, che «Il procedimento di accertamento tecnico preventivo ex
art. 696 c.p.c., disciplinato dagli art. 692 ss. c.p.c., si conclude con il deposito della relazione di
consulenza tecnica, cui segue la liquidazione del compenso al consulente nominato dal giudice,
senza che possa essere adottato alcun altro provvedimento relativo al regolamento delle spese tra le
parti, stante la mancanza dei presupposti sui quali il giudice deve necessariamente basare la propria
statuizione in ordine alle spese ai sensi degli art. 91 e 92 c.p.c.», con la conseguenza che «laddove
un provvedimento in ordine alla liquidazione di tali spese venga viceversa emesso, si è in presenza
di un provvedimento non previsto dalla legge, di natura decisoria, destinato ad incidere su una
posizione di diritto soggettivo della parte a carico della quale risulta assunto e dotato di carattere di
definitività, contro cui non è dato alcun mezzo d’impugnazione, sicché avverso il medesimo ben
può essere esperito il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.» (così Cass. 30 settembre
2015, n. 19498, Foro it., Rep. 2016, voce Istruzione preventiva, n. 3; nello stesso senso cfr., ex
plurimis, Cass., ord. 26 ottobre 2015, n. 21756, Id., Rep. 2015, voce cit., n. 10; Cass. 19 novembre
2004, n. 21888, id., Rep. 2004, voce cit., n. 4).
Parimenti indiscusso è il principio secondo cui «Le spese dell’accertamento tecnico preventivo ante
causam vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in
considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l’accertamento stesso venga acquisito) come
spese giudiziali, da porre, salva l’ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del
soccombente e da liquidare in un unico contesto» (in tal senso v., ad es., Cass. 27 luglio 2005, n.
15672, id., Rep. 2005, voce cit., n. 4; Cass., ord. 15 marzo 2012, n. 4156, id., Rep. 2012, Spese
giudiziali civili, n. 31; Cass. 15 febbraio 2000, n. 1690, Id., Rep. 2000, voce cit., n. 77).
Opera invece un distinguo App. Cagliari 20 febbraio 2002, Id., Rep. 2004, voce Istruzione
preventiva, n. 8, Riv. giur. sarda, 2003, 627, con nota di Loddo, secondo cui «Le spese relative al
procedimento di accertamento tecnico preventivo non sono liquidabili alla parte vittoriosa ove
risulti sufficiente a fondare la decisione la perizia stragiudiziale fatta eseguire dalla stessa parte,
corroborata da ulteriori elementi».
Cass. 16 febbraio 1993, n. 1920, Foro it., Rep. 1993, voce Istruzione preventiva, n. 7, specifica che
«Nel procedimento di istruzione preventiva, che si svolga per ragioni d’urgenza ‘inaudita
altera parte’, l’onere delle spese, anche con riguardo al procuratore che venga nominato
d’ufficio a tutela della parte non presente (art. 687 c.p.c.), deve gravare sul richiedente, quale
soggetto interessato, salvo restando il successivo regolamento delle spese medesime».
Suscita interesse il dictum di Cass., ord. 4 novembre 2013, n. 24726, Foro it., Rep. 2013, voce cit.,
n. 7, secondo cui «Nel giudizio di merito successivo ad un accertamento tecnico preventivo, ai
fini della determinazione della competenza per valore del giudice adito, le spese sostenute
dalla parte che abbia ottenuto il provvedimento ex art. 696 c.p.c. si sommano con il valore
della domanda di merito proposta».
Nella dottrina, in linea con la prevalente giurisprudenza, v., ad es., B. Rados-P. Giannini, La
consulenza tecnica nel processo civile, Milano, 2013, 205, il quale afferma che «Il compenso del
consulente tecnico è liquidato dal giudice con decreto […] e, salva diversa valutazione da
parte del giudice caso per caso (come, ad esempio, nelle ipotesi – frequenti nella pratica – in
cui il resistente chieda di ampliare i quesiti ad indagini cui egli ha interesse), è di norma posto
a carico della parte ricorrente […]». Fermo restando che «il ricorrente ne potrà e dovrà
chiedere il rimborso nel successivo giudizio di merito, probatoriamente fondato (anche)
sull’espletato A.T.P., in cui risulti vittorioso; tali spese dovranno essere inserite nella notula
giudiziale presentata per la liquidazione globale delle spese ex art. 91 ss. c.p.c., comprensive
della precedente fase di istruzione preventiva (è scorretta la prassi diffusa di inserire le spese
di A.T.P. fra le voci di danno)».

ATP sfavorevole al ricorrente: la condanna alle spese è abnorme e suscettibile di opposizione


all’esecuzione
Il caso. La questione sottoposta all’attenzione della Corte di cassazione è se, all’esito di un
procedimento di istruzione preventiva ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c., il tribunale possa liquidare le
spese giudiziali sostenute dal resistente, ponendole a carico del ricorrente secondo il principio
generale della soccombenza e se è ammissibile il rimedio impugnatorio del ricorso straordinario di
cui all’art. 111, comma 7, Cost. che presuppone l’esistenza di un provvedimento di carattere
decisorio non altrimenti impugnabile.
Accertamento tecnico preventivo e spese giudiziali. Il Collegio afferma quanto segue: «Per
effetto del combinato disposto degli artt. 669-septies, comma 2, e 669-quaterdecies c.p.c., nei
procedimenti di consulenza preventiva ex art. 696-bis c.p.c. il giudice può procedere alla
liquidazione delle spese processuali (a carico della parte ricorrente) solamente nei casi in cui
dichiari la propria incompetenza o l'inammissibilità del ricorso oppure lo rigetti senza procedere
all'espletamento del mezzo istruttorio richiesto. Qualora, viceversa, dia corso alla consulenza
preventiva, il giudice non ha il potere di statuire sulle spese. L'eventuale provvedimento in tal senso
risulta abnorme, ma non è impugnabile ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., giacché privo dei
caratteri della definitività e della decisorietà. Data la sua natura sommaria, ove venga azionato come
titolo esecutivo, può essere opposto ai sensi dell'art. 615 c.p.c. come se fosse un titolo esecutivo
stragiudiziale, assumendo l'opposizione il valore di querela nullitatis. Il provvedimento è altresì
discutibile anche nel caso in cui venga iniziato il giudizio di merito sulla pretesa in relazione alla
quale era stata richiesta la consulenza preventiva».
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e,
considerata la particolare novità della questione discussa, ha compensato integralmente le spese
processuali.

La CTU preventiva (o ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ.).


La CTU preventiva è un procedimento, da fare in tribunale, che ti consente di ottenere in poco
tempo un accertamento tecnico «ufficiale», redatto da un esperto nominato direttamente dal
presidente del tribunale (quindi non di parte), su un problema specifico o, nei casi più fortunati,
addirittura raggiungere un accordo che definisce l’intera vertenza.
La disposizione di riferimento è appunto l’art. 696 bis del codice di procedura civile, intitolato
«Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite», che recita: «L’espletamento
di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni
di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione
dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto
illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente,
prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. ||
Se le parti si sono conciliate si forma processo verbale della conciliazione. || Il giudice attribuisce
con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e
dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.|| Il processo verbale è
esente dall’imposta di registro. || Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la
relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. || Si
applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili». Questo articolo è stato inserito dall’art.
2, comma 3, lett. e bis), n. 6), del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella L.
14 maggio 2005, n. 80 ed è entrato in vigore il 1° marzo 2006, applicandosi ai procedimenti
instaurati in seguito a tale data, a norma dell’art. 2, comma 3 quinquies, dello stesso provvedimento,
come modificato dall’art. 1, comma 6, della L. 28 dicembre 2005, n. 263 e dall’art. 39 quater del
D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, nella L. 23 febbraio 2006, n. 51.
Si può usare in tantissimi casi, come ad esempio la responsabilità medica, in punto sia an che
quantum (cioè se vi è responsabilità del medico e quant’è il danno), la responsabilità di qualsiasi
altro tipo, soprattutto in ordine alla quantificazione del danno, compresi i sinistri stradali, le cadute
per strada o danni da insidia, la valutazione delle migliorie apportate in un immobile, anche in casi
di famiglia, come ad esempio nelle convivenze, i problemi di infiltrazioni, macchie, muffa, umidità
negli immobili, così come le immissioni, ma anche tanti altri.
Il vantaggio della CTU preventiva, prevista dall’art. 696 bis cod. proc. civ., introdotto nel 2005, è
che ti consente di andare subito al «cuore» del problema, tramite la nomina di un esperto (medico
legale, geometra, ingegnere, informatico, ecc.) che possa prendere in mano la cosa e, dopo aver
tentato la conciliazione, fare comunque una relazione finale in cui dice come, secondo lui, stanno le
cose e se chi ha presentato il ricorso ha ragione o meno.
La relazione del CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio), essendo fatta da un tecnico non di parte ma
nominato dal giudice, è un documento ufficiale che vale come prova.
Per tutti questi motivi, la CTU preventiva è uno strumento assolutamente fondamentale a mio
giudizio nella pratica giudiziaria e per la tutela dei diritti delle persone.

L’apertura del procedimento.


Per fare questo procedimento, è necessario avere un avvocato.
Si inizia presentando un ricorso al presidente del tribunale territorialmente deputato alla trattazione
del caso, in cui si espone il problema e si chiede la nomina di un consulente tecnico che possa
occuparsene. Il ricorso è scritto dall’avvocato seguendo le indicazione del cliente e del suo
eventuale CTP (consulente tecnico di parte). Prima del 2005, per arrivare a fare un accertamento
con un CTU occorreva iniziare una vera e propria causa civile, che durava per diversi anni, anche 3
o 4, prima che il giudice arrivasse a nominare un tecnico per vedere effettivamente come si
prospetta il problema alla base della causa. Assurdo, ma vero, verissimo, lo posso dire anche per
esperienza personale diretta! Adesso, con l’art. 696 bis, questa perdita di tempo si può evitare e si
può avere subito il parere tecnico sul problema, lasciando la causa ad una eventuale fase successiva.
A quel punto, il giudice fa un provvedimento in cui nomina il consulente e fissa una data entro la
quale il ricorso originario e il suo provvedimento dovranno essere notificati alle altre parti e la data
di udienza in cui tutte le parti dovranno comparire davanti a lui.
A quell’udienza, dovrà partecipare ovviamente anche il consulente nominato, al quale verrà
formulato il quesito di base cui rispondere e che dovrà poi prestare il giuramento di assolvere
fedelmente il proprio incarico.
Ovviamente, ogni parte può nominare un suo consulente tecnico di parte. Il CTP è una specie di
«estensione» dell’avvocato, che partecipa alle operazioni peritali con una propria competenza
tecnica che l’avvocato non ha. Ad es., se il CTU nominato è un ingegnere civile per un problema di
infiltrazioni, le parti possono nominare un geometra, un architetto, un altro ingegnere civile.
All’udienza, il CTU indica la data in cui inizieranno le operazioni peritali. Solitamente, c’è un
primo incontro, presso lo studio del CTU, in cui si fanno alcune considerazioni preliminari sul
metodo da seguire, le prove che si ritiene di fare, gli eventuali ulteriori consulenti da interpellare e
così via. La seconda volta si va in loco, quindi a vedere la casa, a visitare la persona e così via.
Durante le operazioni peritali, la palla è interamente in mano ai periti, gli avvocati stanno e, a mio
giudizio, devono stare in secondo piano, intervenendo solo se interpellati su questioni procedurali.
Una volta aperte le operazioni, il CTU per prima cosa deve tentare la conciliazione. Se la
conciliazione, che può essere ritentata anche in seguito, fino alla chiusura delle operazioni, non
riesce, deve formare e depositare il proprio elaborato peritale.

La conciliazione.
Il primo compito del CTU nominato dal giudice è quello di tentare la conciliazione.
Al riguardo, c’è da dire che le possibilità di raggiungere un accordo, se i tecnici coinvolti (CTU e
vari CTP) sono persone ragionevoli e professionisti seri, sono abbastanza buone.
Questo perché in sede tecnica dove lo stato di fatto e il problema sono più evidenti e si entra
pienamente nel merito è facile capire come stanno le cose e vedere se chi di dovere si prende le
proprie responsabilità.
La nostra esperienza al riguardo è abbastanza positiva, chiaramente, oltre a professionisti seri come
tecnici occorre che anche le parti, che hanno l’ultima parola sull’adesione o meno ad un accordo,
siano ragionevoli, ma questo spesso dipende proprio da come il rispettivo CTP presenta la
situazione.
Se si raggiunge, di fatto, un accordo, la palla a quel punto torna in mano agli avvocati, che avranno
il compito di individuare, e poi praticare, la formula migliore per formalizzarlo, che solitamente
prevede comunque una scrittura privata sottoscritta da tutte le parti interessate.
Con la firma, la questione è da considerarsi definita, almeno riguardo alla regolamentazione del
problema e salvo ovviamente vedere se le parti adempiranno o meno a quanto hanno previsto.
Quanto alle spese legali, in caso di conciliazione di solito ogni parte paga il proprio legale e il
proprio CTP, mentre il compenso del CTU viene diviso tra tutte le parti.
La Relazione Peritale.
Se proprio non c’è verso di conciliare, entro il termine assegnato dal giudice – salvo proroghe da
richiedere appositamente – il CTU deve depositare una propria relazione.
In questa relazione, che è una vera e propria perizia, il tecnico descriverà il lavoro che ha fatto, le
prove eseguite e poi metterà una parte sotto il titolo di «Conclusioni» in cui c’è la risposta al quesito
formulato dal giudice. Qui il CTU dice, ad esempio, se secondo lui la colpa delle infiltrazioni è del
costruttore, a cosa sono dovute di fatto, che tipi di opere bisogna realizzare per eliminarle, qual’è il
costo di queste opere.
Il procedimento termina con il deposito della relazione.
L’utilità per chi ha iniziato il procedimento, se la relazione è a suo favore, è quella di disporre di una
prova fondamentale appunto a suo favore. Se, invece, la relazione dovesse essere negativa, c’è
comunque una importante utilità per lui, consistente nel sapere che le sue pretese non avrebbero, se
portate in causa, retto ad una approfondita analisi tecnica e conoscere anche per quale motivo.
È importante capire che il procedimento di CTU preventiva non termina con una sentenza, ma solo
con un accertamento tecnico. Se anche il CTU nominato dal giudice ti ha dato ragione, non nasce
nessun obbligo per le altre parti di pagarti, rimborsarti, indennizzarti e così via.
Questo significa che se le altre parti non fanno seguito a quanto sarebbe giusto secondo la relazione,
è ancora necessario fare una causa.
Questo, però, non significa che la CTU preventiva non serva a niente, anzi tutto il contrario: anche
facendo una causa, ci si sarà comunque messi molto avanti con il lavoro, perché, come detto, la
relazione potrà essere acquisita al procedimento e formare piena prova.
Diciamo che procedendo con una CTU preventiva si cerca di approcciare il problema in modo
graduale, senza le spese di una causa intera, avendo in pochi mesi un responso tecnico, ma niente
impedisce, poi, se necessario di andare fino in fondo, in ogni caso, anche in tale ipotesi, non si sarà
comunque perso tempo.
Per questo noi consigliamo, quando possibile, di procedere sempre con una CTU preventiva.

I costi del procedimento di CTU preventiva.


Chi è interessato a promuovere un procedimento di questo genere deve considerare i seguenti costi:
• il compenso del proprio avvocato, eventualmente da concordare a corpo per l’intero
procedimento, che è anche il sistema tariffario che seguiamo noi di solito;
• il compenso del CTU nominato dal giudice. Questo compenso, infatti, viene dal tribunale
posto a carico di chi fa il ricorso. Si tratta di una voce non trascurabile, perché l’importo
relativo, specialmente per problemi tecnici di particolare complessità, dove magari il CTU
deve farsi affiancare da un esperto di settore (caso tipico: geometra che chiede di essere
affiancato da un geologo. Ma anche ingegnere che, dovendo valutare un problema di
responsabilità da prodotto, chiede una prova ad un laboratorio), può essere abbastanza alto.
Chi decide il compenso del CTU è il giudice, sulla base di un progetto di nota redatto dal
CTU stesso;
• il compenso del proprio CTP se lo si nomina; anche questo compenso può essere
concordato.
In tutti i casi che abbiamo seguito di procedimenti di questo genere non c’è mai stata condanna alle
spese da una parte a favore dell’altra al termine del procedimento, proprio perché non si conclude
con una pronuncia di merito ma solo con un accertamento tecnico.
Quindi, se da un lato il ricorrente che si vede riconoscere torto non rischia di essere condannato alle
spese, è anche vero che, quando gli riconoscono ragione, non le recupera. Per recuperarle, può solo
provare a chiederne il rimborso nella eventuale e successiva causa di merito.

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