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Demostene

it.wikipedia.org/wiki/Demostene

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Demostene, figlio di Demostene del demo di Peania (in greco antico:
Δημοσθένης, Dēmosthénēs; 384 a.C. – Calauria, 322 a.C.), è stato un
politico e oratore ateniese, grande avversario di Filippo II di Macedonia
e uno dei dieci grandi oratori attici.

Busto di Demostene al Louvre


(Parigi)

Biografia
Nacque nel 384 a.C., tra la novantottesima e la novantanovesima
olimpiade[1] e ricevette il nome del padre, un ricco armaiolo[2], che
apparteneva al demo di Peania[3].

Quanto alla madre, Cleobule, Eschine sosteneva che fosse di origine


scita[4] ma ciò è oggetto di forti controversie tra gli studiosi.

Infatti, secondo Edward Cohen, professore di Lettere classiche presso


l'Università della Pennsylvania, Cleobule era la figlia di una donna
scita e di un padre ateniese, Gilone, altri studiosi, invece, insistono
sulla purezza genealogica di Demostene; è comunemente attestato
che Cleobule, comunque, provenisse dalla Crimea[5][6]

In effetti, Gilone, nonno materno di Demostene, aveva sofferto l'esilio


alla fine della guerra del Peloponneso con l'accusa di aver tradito la
colonia di Ninfeo in Crimea[7] e che poi, secondo Eschine, avesse
ricevuto in dono dai regnanti Bosforo un appezzamento chiamato "i
giardini" nella colonia di Kepoi (attualmente in territorio russo, a 3 km Busto di Demostene (British
Museum, Londra), copia romana di
da Phanagori). In ogni caso, bisogna riconoscere, che l'accuratezza

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del racconto di Eschine è contestata poiché gli eventi erano accaduti un originale greco ad opera di
oltre 70 anni prima e difficilmente il pubblico sarebbe stato a Policleto.
conoscenza di eventuali plagi o infondatezze.

All'età di sette anni, perse il padre e quindi fu posto sotto la tutela di Afobo, Demofonte e Terippide la cui
gestione del patrimonio di Demostene padre fu disastrosa[8].

Non appena raggiunse la maggiore età, nel 366 a.C., Demostene chiese conto della gestione dei tutori
affermando che, del patrimonio accumulato dal padre e che consisteva in 40 talenti (equivalenti a circa
220 anni di reddito di un lavoratore a salari standard o 11 milioni di dollari in termini di mediana redditi
annuali degli Stati Uniti)[9][10], non era rimasto nulla, salvo la casa, 14 schiavi e trenta mine d'argento, pari
a mezzo talento[11].

Pertanto, all'età di vent'anni, Demostene citò in giudizio i suoi amministratori al fine di recuperare il suo
patrimonio e per l'occasione preparò cinque orazioni: tre contro Afobo, tra il 363 e il 362 a.C. e due contro
Onetore, parente di Afobo, tra il 362 ed il 361 a.C.

Conclusi i dibattimenti, il tribunale condannò i convenuti al pagamento di una somma pari a dieci talenti in
favore di Demostene,[10][12] che ottenne, quindi, un risarcimento parziale[13].

Secondo lo Pseudo-Plutarco, Demostene si sposò una volta sola con la figlia di Eliodoro, eminente
cittadino ateniese[14], da cui ebbe una figlia, la sola che non lo chiamasse mai padre[15], come scrisse in
una nota tagliente Eschine. La figlia, ancor nubile, morì giovane pochi giorni prima della morte di Filippo
II[15].

Giudicato poco uomo e impudico, anche a causa della ricercatezza nel vestire e nella cura del corpo,[16]
fu attaccato da Eschine a causa delle sue relazioni pederastiche.

Infatti, descrisse come "scandalosa ed impropria" la relazione con Aristione, giovane da Platea che era
vissuto per lungo tempo in casa di Demostene[17] mentre in altri discorsi portò in primo piano il rapporto
pederastico del suo avversario con un ragazzo di nome Cnosione riportando quanto fosse
contemporaneo al matrimonio[18][19][20].

Sempre Eschine aggiunge quanto il rivale fosse solito ingannare i giovani dei ceti elevati e cita come
esempio Aristarco, figlio di Mosco, ucciso in circostanze sospette da un certo Nicodemo di Afidna proprio
mentre Demostene esercitava l'incarico di tutore legale che aveva avuto alla morte di Mosco.

Infine, Eschine accusa Demostene non solo di aver tratto benefici dalla morte del protetto, ma anche di
complicità nell'assassinio e di aver messo le mani sulla sua eredità.

Gli storici odierni, tuttavia, tendono a non prendere in considerazione l'accusa, così come le altre in
merito ai tradimenti che avrebbe compiuto nei confronti dei suoi eromenoi[21][22].

Istruzione

Dopo aver raggiunto la maggiore età, nel 366 a.C., Demostene tentò
per due anni di trovare un negoziato con i suoi tutori senza alcun esito
poiché nessuna delle parti era disposta a fare alcuna concessione[24].

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Nello stesso tempo, persuaso che avrebbe potuto riottenere il
patrimonio solo per via giudiziaria, cercò di migliorare le sue capacità
oratorie, e pare che in questo periodo sia stato notato, data la sua viva
curiosità, dall'oratore Callistrato di Afidne, che al tempo era al culmine
della fama[25].

Non è certo chi sia stato il suo mentore: secondo Friedrich Nietzsche,
filologo e filosofo tedesco, e Konstandinos Paparrigopulos, uno tra i più
noti storici greci, Demostene era uno studente di Isocrate[26][27], per
Cicerone, Quintiliano e il biografo romano Ermippo, era discepolo di
Platone[28] ed, infine, Luciano, un retore romano-siriano, elenca i
filosofi Aristotele, Teofrasto e Senocrate[29].

Secondo Plutarco, invece, Demostene scelse Iseo come maestro di


Opera di Jean-Jules-Antoine
retorica sia perché riteneva il suo stile meglio adatto a un oratore
Lecomte du Nouÿ rappresentante
vigoroso e abile sia perché non poteva pagare la tariffa che Demostene mentre si esercita.
pretendeva Isocrate; tale affermazione è confermata dall'archeologo Secondo la tradizione l'oratore era
tedesco Ernst Curtius che paragonò la relazione tra Iseo e Demostene solito parlare e declamare versi
a " un'alleanza armata intellettuale "[30]. tenendo in bocca dei sassolini in
una stanza sotterranea[23] e, per
Tali informazioni sono, peraltro, non sicure dato che la Suda ricorda i rafforzare la voce, parlava in riva al
nomi di Eubulide di Mileto e Platone, Konstantinos Tsatsos, professore mare sovrastando il fragore delle
ed insigne accademico greco, ed il filologo Henry Weil, al contrario, onde.

affermano che non vi siano prove che suoi maestri fossero Platone o
Isocrate, mentre Jebb ricorda che non è noto alcun discepolo di Iseo[30].

In ogni caso, secondo l'opinione maggiormente accolta, è da preferirsi Iseo al quale, è stato scritto,
Demostene avrebbe pagato 10.000 dracme ( poco più di 1.5 talenti), a condizione che Iseo rinunciasse
alla propria scuola e che si dedicasse esclusivamente a lui[30] mentre, secondo la Suda, il rapporto era
gratuito[31].

Inoltre, quanto al rapporto tra Demostene e Iseo, nell'opinione dello studioso britannico, Richard C. Jebb
"difficilmente può essere stato o molto intimo o di durata molto lunga"[30] mentre Tsatsos afferma che Iseo
aiutò Demostene a modificare le sue orazioni contro i suoi tutori[32].

Infine, è noto che Demostene fosse un sincero ammiratore dello storiografo Tucidide come è attestato da
Luciano[33].

Secondo Plutarco, Demostene, al suo primo discorso pubblico, fu deriso dal popolo per il suo stile strano
e rozzo, impacciato da frasi lunghe, spezzato con argomenti formali fino ad un aspro e sgradevole
eccesso[34].

Alcuni cittadini, tuttavia, ne riconobbero il talento e, quando l'oratore lasciò, sfiduciato, l'ecclesia, un
vecchio di nome Eunomo lo incoraggiò affermando che la sua dizione fosse simile a quella di Pericle[35].

In un'altra occasione, invece, quando l'assemblea si rifiutò di ascoltarlo e lo indusse ad andarsene, un


attore di nome Satiro lo seguì per parlargli amichevolmente.

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Da ragazzo Demostene soffriva di un difetto di pronuncia: "un'espressione perplessa e indistinta e una
mancanza di respiro, che, rompendo e disarticolando le sue frasi, rendeva oscuro il senso e il significato
di ciò che diceva".[34]

È probabile che Demostene soffrisse di rotacismo, pronunciando la ρ ( r) come λ ( l)[36]; Eschine lo


scherniva e si riferiva a lui nei suoi discorsi con il soprannome di "Batalo", inventato dai tutori di
Demostene o dai ragazzini con cui giocava da bambino[37][38].

Secondo Plutarco, Demostene intraprese un programma di allenamento per superare le debolezze e


migliorare la sua dizione, espressione e gesti[39].

Secondo la tradizione, quando gli fu chiesto di nominare i tre elementi più importanti di un'orazione,
rispose "dizione, dizione e dizione!"[40][41] ma non è noto fino a che punto tali aneddoti fossero veri o
inventati per dare lustro alla sua perseveranza e determinazione[42].

Non avendo riottenuto l'intero patrimonio paterno, Demostene, per guadagnarsi da vivere, scelse di
intraprendere la carriera giuridica sia come logografo, scrittore, a pagamento, di orazioni giudiziarie, sia
come coadiuvante processuale ("synegoros").

Non è, inoltre, improbabile che, una volta ottenuto un discreto successo, aprisse una scuola di retorica e
che portasse i propri discepoli insieme a lui. In ogni caso, non smise più di scrivere discorsi anche se
cessò l'attività di "synegoros" una volta entrato nell'agone politico.

Egli sembra essere stato in grado di gestire qualsiasi tipo di caso, adattando le sue abilità a quasi
qualsiasi cliente, compresi gli uomini ricchi e potenti. Non è improbabile che egli divenisse insegnante di
retorica e che portasse gli alunni in tribunale con lui, anche se probabilmente continuò a scrivere discorsi
tutta la sua carriera[43][44].

Infatti, bisogna ricordare che l'oratoria giudiziaria era divenuta un genere significativo nella seconda metà
del V secolo a.C come dimostrano le opere di Lisia, Antifonte e Andocide.

I logografi erano un aspetto peculiare, se non unico, del sistema giudiziario ateniese. In assenza di
istruttoria d'ufficio, spettava alle parti l'allegazione dei fatti mentre il giudice istruttore poteva raccogliere
ulteriori prove in un'apposita udienza antecedente al dibattimento vero e proprio; durante il procedimento
le parti potevano presentare, anche mediante discorsi, testimoni o documenti che però non godevano di
particolare favore. Non vi era né un esame incrociato delle prove né istruzioni alla giuria popolare,
estremamente numerosa e quindi la soluzione dei casi dipendeva particolarmente dalle orazioni
pronunciate dalle parti le quali, però, preferivano rivolgersi a tecnici esperti della parola, i logografi,
appunto[45][46].

La carriera di logografo, inoltre, apriva assai spesso alla carriera politica dal momento che mancava una
chiara distinzione tra vita pubblica e privata[47] anche se aveva lo svantaggio di esporre la persona alle
accuse delle altre parti e, sebbene fosse possibile scrivere anonimamente, quasi nessun logografo lo
faceva per non ridurre il prestigio della propria parte.

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Così, ad esempio, Eschine accusò Demostene di rivelare gli argomenti dei propri clienti all'avversario, per
danaro, e cita in particolare il caso di Formione, ricco banchiere, al quale, nel 350, Demostene aveva
scritto un discorso che poi aveva provveduto a rivelare alla controparte, Apollodoro, che, in tale modo,
ottenne la condanna a morte dell'avversario[48][49].

Anche Plutarco[50], in seguito, avvalorò l'accusa affermando che Demostene spesso scriveva discorsi per
entrambe le parti e che, infine, avesse agevolato Apollodoro al solo scopo di ottenere il consenso politico
per le impopolari riforme che intendeva proporre all'assemblea, sacrificando il suo buon nome di oratore
al vantaggio politico[51].

Demostene fu probabilmente ammesso al suo demo in qualità di cittadino con pieni diritti nel 366 a.C.
dimostrando subito uno spiccato interesse per la politica[42].

Nel 363 e nel 359 a.C. assunse la onerosa liturgia della trierarchia divenendo quindi responsabile per
l'allestimento e la manutenzione di una trireme[52], due anni dopo assunse volontariamente la trierarchia
condividendo le spese di una nave, chiamata "Alba", di cui è ancor oggi conservata l'iscrizione
pubblica[53][54].

Nel 348 a.C., divenne corego, pagando le spese di una produzione teatrale[55].

Tra il 355 ed il 351 a.C., Demostene, pur continuando a praticare la professione forense, si dedicò
sempre più intensamente agli affari pubblici. In questi anni, scrisse due orazioni, la Contro Androzione e
Contro Leptine, contro due individui che avevano cercato di abrogare alcune esenzioni fiscali[56] mentre,
nella Contro Timocrate e nella Contro Aristocrate, ha sostenuto misure per contrastare la corruzione[57].

Tutti questi discorsi, pronunciati nel corso di procedimenti penali nei confronti di persone accusate di
proporre illegalmente testi legislativi[58], in realtà offrono i primi scorci del programma politico di
Demostene basato sulla importanza della marina e sulla costituzione di forti alleanze nazionali[59].

Al tempo di Demostene, i diversi programmi e partiti politici si sviluppavano attorno a forti personalità, ma
non esisteva alcuna propaganda elettorale. Erano i contenzioni giuridici e, talvolta, la diffamazione i
principali mezzi per eliminare gli avversari mediante procedimenti giuridici caratterizzati da speciose ed
infamanti accuse di corruzione.

Le accuse, spesso oggetto delle satire della Commedia antica, erano ovviamente sostenute da
insinuazioni, illazioni, pettegolezzi e dall'abilità oratoria delle parti ed in effetti, come afferma lo storico J.
H. Vince there was no room for chivalry in Athenian political life (non c'era posto per la cavalleria nella
vita politica ateniese)[60][61][62].

Le rivalità, permisero al demo cittadino di regnare supremo come giudice, giuria e boia[63] e Demostene,
ben presto divenne impegnato in tale tipo di lotte sostenendo l'incremento dei poteri e delle competenze
dell' Areopago per incriminare individui per tradimento, invocati dall'ecclesia nel processo di "ἀπόφασις"
[64].

Nel 354 a.C., Demostene pronunciò il suo primo discorso politico, Περὶ τῶν Συμμοριῶν (Sulle Simmorie),
in cui proponeva la riforma delle simmorie[57][65].

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Nel 352 a.C., Demostene scrisse la Per i Megalopolitani e l'anno seguente la Per la Libertà dei Rodii
opponendosi in entrambi i casi a Eubulo, principale uomo politico dell'epoca, noto per la sua politica di
neutralità e di non interventismo negli affari interni delle altre polis[66].

Infatti, Demostene, contrariamente alla politica di Eubulo, proponeva un'alleanza con Megalopoli contro
Sparta o Tebe e di sostenere la fazione democratica di Rodi nelle lotte interne contro gli aristocratici[67]
rivelando quindi il desiderio di articolare i bisogni e gli interessi di Atene attraverso una politica
decisamente interventista, pronta a sfruttare qualunque opportunità la situazione offrisse[68][69].

Sebbene i suoi primi discorsi non ebbero successo e rivelano una mancanza di una reale convinzione e
di una coerente strategia politica[70], Demostene si affermò come un importante personalità politica
dell'opposizione alla fazione di Eubulo ed Eschine che, negli anni seguenti, sarebbe divenuto il suo
avversario principale in Atene[71].

Gettò le basi per i suoi successi politici futuri al fine di divenire il leader di un suo proprio 'partito', per
quanto la nozione moderna di partito è assai controversa e dibattuta tra gli studiosi[72].

Sin dal principio, principale bersaglio della politica e delle orazioni di


Demostene fu Filippo II, re di Macedonia, che in quegli anni stava
attuando una politica egemonica nel bacino dell'Egeo settentrionale,
vitale per gli interessi economici e commerciali ateniesi.

Infatti, quando nel 357 a.C. Filippo conquistò Anfipoli e Pidna, Atene gli
dichiarò formalmente guerra anche se in pratica, per diversi anni, non
attuò alcuna spedizione militare[73] e già cinque anni dopo Demostene
definiva Filippo come il peggiore nemico di Atene, lasciando presagire
per il futuro attacchi ancor più veementi[74].

Nel 352 a.C., le truppe ateniesi bloccarono l'avanzata di Filippo nei niketerion di Filippo II di
pressi delle Termopili[75][76] ma ciò non fu sufficiente poiché i macedoni Macedonia: coniata a Tarso, c. III
sconfissero i Focesi, alleati di Atene. a.C. (Cabinet des Médailles,
Parigi).
A seguito della sconfitta dei Focesi, nel 351 a.C., infatti, criticando
coloro che derubricavano Filippo come una persona di nessun conto, Demostene lo paragonò al Gran Re
di Persia[77].

Sempre in quell'anno, sentendosi oramai abbastanza forte politicamente, prese la parola in merito alla
posizione che Atene avrebbe dovuto tenere nei confronti del re macedone. Secondo il parere di
Jacqueline de Romilly, filologa francese e membro dell'Académie française, la minaccia di Filippo fu la
vera ragion d'essere di Demostene[59]: Filippo era non solo un nemico per l'autonomia di tutte le città
greche, ma specialmente il prodotto dell'inazione ateniese e, se anche fosse morto, un altro ne avrebbe
comunque preso il posto a meno che Atene non intervenisse energicamente.[78][79]

Il tema dominante della Prima Filippica ( 351-350 a.C.) fu la preparazione e la riforma della tesoreria,
pilastro della politica di Eubulo[59], allo scopo di predisporre la resistenza contro il sovrano macedone.

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Infatti, nel suo appello travolgente per la resistenza, Demostene chiese ai concittadini di prendere ogni
misura necessaria, affermando che per un popolo libero non ci può essere stimolo più grande della
vergogna per la loro posizione[80].

Infine, fornisce un'accurata e dettagliata strategia da adottarsi contro Filippo[81] prevedendo tra l'altro la
costituzione di un'unità di risposta rapida, da reclutarsi ad Atene che sarebbe dovuta costare due oboli al
giorno per soldato (dieci dracme al mese). Essendo tale salario inferiore rispetto alla retribuzione media
dei lavoratori non qualificati ad Atene, ciò implica che i soldati erano autorizzati al saccheggio dei territori
macedoni[82].

Le Tre Olintiache

Nel 349 a.C., Filippo II, assediò la piazzaforte di Olinto, alleata di Atene e Demostene, criticando ancora
una volta l'inerzia dei propri connazionali, tentò, con le tre "Olintiache" di esortarli ad inviare truppe a
sostegno della città assediata[83][84][85].

In tale occasione, Demostene definì Filippo come un barbaro incivile ma, in ogni caso, la sua azione fu
inconcludente poiché Olinto capitolò senza che Atene potesse intervenire. Infatti, quasi
contemporaneamente all'assedio della città, gli ateniesi si trovarono impegnati in una guerra in Eubea per
evitare che cadesse nelle mani degli alleati di Filippo II, ma anche tale conflitto si concluse con una
situazione di stallo non certo favorevole per Atene[86][87].

Contro Midia

Nel 348 a.C., si verificò un evento singolare: Midia, un ricco ateniese, sostenitore di Eubulo e della
spedizione all'Eubea, schiaffeggiò pubblicamente Demostene, all'epoca corego alle Grandi Dionisie, una
grande festa religiosa in onore del dio Dioniso[55][86][88].

Era, inoltre, un vecchio nemico di Demostene tanto che nel 361 a.C. era penetrato con violenza nella sua
casa, accompagnato dal fratello Trasiloco, per prenderne possesso[89].

Demostene, pertanto, decise di perseguire il suo avversario componendo l'orazione Contro Midia che
fornisce preziose informazioni sul diritto ateniese del tempo e soprattutto sul concetto di hybris
(aggressione aggravata), crimine nei confronti dell'intera città[90].

In uno dei passaggi più noti dell'orazione, Demostene dichiarò che uno stato perisce se la certezza del
diritto fosse minata da uomini ricchi e senza scrupoli e che i cittadini avessero ottenuto l'autorità negli
affari di stato in forza alle leggi[91].

In ogni caso, non è noto se tale orazione fosse stata realmente pronunciata nel dibattimento dal
momento che Midia offrì un risarcimento di trenta mine a Demostene che, in seguito, fece dire ad Eschine
che Demostene si fosse lasciato corrompere.

Pace di Filocrate

Quando, nel 348 a.C., Filippo conquistò Olinto, sottomise l'intera penisola calcidica e tutti gli stati della
federazione calcidica[92][93].

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Dopo queste vittorie macedoni, Atene si volse a cercare un compromesso, caldeggiato, tra gli altri, anche
da Demostene e l'anno seguente fu inviata a Pella una delegazione ufficiale composta da Demostene
stesso, Eschine e Filocrate, per negoziare un trattato di pace. Al riguardo, è nota la diceria secondo cui
Demostene svenne al suo primo incontro con il re macedone[94][95].

L'ecclesia accettò i pesanti termini imposti da Filippo compresa la rinuncia ad ogni pretesa su Anfipoli ma,
quando la delegazione giunse alla capitale macedone per ratificare l'accordo, Filippo era assente per una
spedizione all'estero[96], sperando, nel frattempo, di poter occupare altri territori soggetti ad Atene[97]

Preoccupato per il ritardo, Demostene suggerì di raggiungere Filippo per ratificare il trattato senza
indugio[97] ma, nonostante ciò, gli inviati rimasero a Pella finché Filippo non concluse con un successo la
campagna in Tracia.[98].

Filippo giurò sul trattato, ma in ogni caso era riuscito a ritardare la partenza degli inviati ateniesi, i quali
avrebbero ancora dovuto ricevere i giuramenti da parte degli alleati macedoni in Tessaglia e altrove che,
quindi, ebbero il tempo per consolidare le rispettive posizioni.

Infine, Filippo accompagnò a Fere la delegazione ateniese dove, insieme ai suoi alleati, giurò sul trattato,
per poi preparare un corpo di spedizione contro i Focesi, mentre Demostene accusava gli altri colleghi di
venalità e di aver agevolato i piani di Filippo[99][100].

Dopo la conclusione del trattato, Filippo oltrepassò le Termopili e sottomise definitivamente la Focide
senza che Atene intervenisse e ottenne, con il supporto di Tebe e della Tessaglia[101][102][103], anche il
seggio dei focesi presso la Lega anfizionica[104].

Infine, nonostante una certa riluttanza, Atene accettò l'ingresso di Filippo nel Consiglio della Lega e
Demostene non si oppose, anzi raccomandò tale posizione nell'orazione Sulla Pace.

Tale orazione può essere considerata come un punto di svolta della carriera politica di Demostene, che
aveva capito che, per condurre la città contro Filippo, avrebbe prima dovuto regolare il tono ed essere
meno partigiano[105].

Seconda e Terza Filippica

Nel 344 a.C. Demostene viaggiò per tutto il Peloponneso allo scopo di
staccare le varie città dalla possibile influenza della Macedonia, ma
ottenne solo che alcune città inviassero un'ambasceria ad Atene per
protestare contro l'attività di Demostene[106].

In risposta, Demostene compose la Seconda Filippica che si scagliava


contro il sovrano macedone e lo dipingeva come un barbaro; l'anno
seguente scrisse in un procedimento per alto tradimento contro
Eschine l'orazione Sulla falsa ambasceria, ma non ottenne la Immagine satellitare della penisola
condanna per trenta voti (su 1.501)[103][107] del Chersoneso, attualmente nota
come Penisola di Gallipoli,
Nel 343 a.C., Filippo II fu costretto a condurre una spedizione in Epiro principale pomo di discordia tra
Atene e Filippo II.
e nell'anno seguente in Tracia e pertanto negoziò con gli ateniesi
alcune modifiche alla pace di Filocrate.[108][109]

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Tuttavia, quando Filippo si avvicinò presso il Chersoneso, attualmente conosciuto come penisola di
Gallipoli, Diopeite, generale ateniese, attaccò e saccheggiò le coste della Tracia, già sotto controllo
macedone, scatenando la furia del re. A seguito del fatto, fu convocata l'ecclesia e in questa sede
Demostene recitò l'orazione Sul Chersoneso, con cui riuscì a convincere i propri cittadini a non
richiamare Diopeite.

Nello stesso anno scrisse la Terza Filippica, il migliore dei suoi discorsi politici[110].

In tale orazione, usando tutta la forza della sua eloquenza, Demostene chiese alla città di agire
risolutamente contro Filippo affermando anche che sarebbe stato meglio morire mille volte piuttosto che
pagare le scuse al re[109][111] L'orazione, infine, diede a Demostene il controllo della politica ateniese,
indebolendo non poco la forza della fazione neutralista di Eubulo ed Eschine.

Battaglia di Cheronea

Nel 341 a.C. Demostene fu inviato a Bisanzio per convincerla a


rinnovare l'alleanza con Atene e, grazie a manovre politiche, ottenne
anche l'adesione di Abido provocando inevitabilmente la rabbia di
Filippo II ed il rifiuto da parte dell'ecclesia di richiamare Demostene e
di denunciarne la politica, di fatto costituì una dichiarazione di guerra
alla Macedonia.

In ogni caso il conflitto tra Atene e Macedonia non scoppiò e, nel 339
a.C., Filippo II, dopo aver accusato gli abitanti di Anfissa di aver Manovre della Battaglia di
Cheronea.
profanato un terreno consacrato, indusse i tessali, suoi alleati, a
chiedere la convocazione del consiglio dell'anfizionia per infliggere una
dura multa ai colpevoli.

Eschine, rappresentante ateniese presso l'anfizionia, concordò con la posizione espressa e sostenne che
Atene avrebbe dovuto partecipare al congresso, Demostene si oppose ed infine gli Ateniesi decisero di
astenersi dalla decisione[112][113].

Risultato dell'assemblea, fu l'invio di una spedizione miliare contro la Locride, di cui Anfissa faceva parte,
che, tuttavia, fallì permettendo a Filippo di condurre una seconda campagna per conto dell'intera
Anfizionia. Nell'inverno del 339-338 a.C., Filippo, oltrepassate le Termopili, conquistò Anfissa poi penetrò
nella Focide e, seguendo il corso del Cefisso, conquistò Elateia e ne restaurò le mura, consolidando il
suo controllo sulla Grecia continentale[114][115][116]

Atene allora stipulò, in funzione anti-macedone, un'alleanza con l'Eubea, Megara, l'Acaia, Corinto,
l'Acarnania e diverse città del Peloponneso e inviò Demostene a Tebe per indurre anche i Beoti ad
entrare nell'alleanza[117][118].

Filippo, provò anch'egli ad inviare un'ambasceria presso i Beoti, ma alla fine costoro preferirono
Demostene che, a nome di Atene, riconobbe il controllo di Tebe sulla Beozia, il comando delle forze
armate ed infine che Atene avrebbe pagato i due terzi delle spese di guerra[119].

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Filippo, mentre gli Ateniesi e i loro alleati approntavano le truppe, provò a placare i suoi avversari
offrendo un nuovo trattato di pace che, però, fu sdegnosamente rigettato[118][120].

Dopo alcune schermaglie favorevoli alla lega, Filippo riuscì a trascinare gli avversari in una pianura nei
pressi di Cheronea, ove il suo esercito, maggiormente addestrato, sconfisse quello avversario. Nella
battaglia, Demostene combatté come semplice oplita per poi essere costretto anch'egli a ritirarsi in città;
a tale proposito si racconta che Filippo, dopo la battaglia, lo deridesse pubblicamente: si dice che
gozzovigliando sui cadaveri dei nemici, ubriaco, cominciò a cantare ripetendo le parole iniziali del
decreto, voluto da Demostene, col quale si era deliberata la guerra contro i Macedoni[121]; e continuò
finché Demade, oratore ateniese catturato sul campo, pur essendo un avversario di Demostene, non gli
ricordò che, con quegli insulti, egli, da Agamennone, si era abbassato al ruolo di Tersite[122].

Ultimi anni

Demostene e Alessandro Magno

Dopo Cheronea, Filippo impose una dura sanzione a Tebe, ma accettò


di stipulare con Atene una pace a condizioni assai miti; Demostene,
invece, fece approvare dall'assemblea il suo progetto di rafforzare la
cinta muraria ed ottenne l'onore di pronunciare l'orazione funebre per i
caduti[123].

Nel 337 a.C. Filippo istituì la Lega di Corinto, una confederazione di


stati greci sotto la sua guida, e tornò a Pella ove l'anno seguente fu
assassinato durante il matrimonio della figlia Cleopatra con Alessandro
Alessandro Magno alla Battaglia di
I e l'esercito proclamò il ventenne Alessandro come nuovo sovrano. Isso, mosaico romano di Pompei,
copia di un dipinto originale greco
Il cambio di leadership suscitò nei Tebani e negli Ateniesi la speranza andato perduto.
di riconquistare la piena indipendenza e Demostene elogiò
pubblicamente l'assassino di Filippo giungendo perfino, scrive Eschine, a fare offerte di ringraziamento
nel periodo di lutto derivatogli dalla morte della figlia[15]. Poi, inviò emissari al generale Attalo, suocero di
Filippo ed avversario di Alessandro[124] il quale, però, mosse rapidamente le truppe sulla Beozia e la
indusse a giurare nuovamente fedeltà. Nel 335 a.C. Alessandro si sentì libero di condurre una campagna
nel nord, ma Demostene fece diffondere la notizia, falsa, che l'intero corpo di spedizione fosse stato
massacrato dai Triballi e, grazie anche al cospicuo finanziamento inviato dal gran re Dario III, indusse
ateniesi e tebani alla rivolta. Alessandro reagì immediatamente assediando e facendo radere al suolo
Tebe per poi puntare su Atene; solo un'ambasceria, guidata da Focione, esponente della fazione
neutralista, fu in grado di convincere Alessandro a non attaccare la città[125].

L'Orazione Sulla Corona

Nonostante le iniziative sfortunate contro Filippo e Alessandro, gli Ateniesi rispettavano Demostene. Gli
venne conferito in quel periodo l'incarico di teichopoios, ovvero sovrintendente alla manutenzione e alla
costruzione delle mura ateniesi. Nel 336 a. C. l'oratore Ctesifonte propose che Atene rendesse onore a
Demostene per i suoi servigi alla città conferendogli, secondo l'usanza, una corona d'oro ma, sei anni
dopo, tale proposta divenne una questione politica quando Eschine perseguì Ctesifonte per irregolarità.

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Nel suo discorso più brillante[126], l'orazione Sulla Corona Demostene difese efficacemente Ctesifonte
attaccando con veemenza i sostenitori della pace con la Macedonia, affermando, con orgoglio, di non
essere pentito per le sue azioni e insistette sul fatto che l'unico obbiettivo della sua politica fosse il
prestigio e l'ascesa del proprio paese. Eschine, sebbene avesse addotto obiezioni incontestabilmente
valide dal punto di vista giuridico, fu sconfitto e costretto all'esilio[127].

Lo scandalo di Arpalo

Nel 324 a.C. Arpalo, tesoriere di Alessandro Magno, disertò e cercò


rifugio ad Atene portando con sé una rilevante somma di danaro;
l'assemblea, inizialmente, rifiutò di accoglierlo, ma poi, su consiglio di
Demostene, fu ammesso in città per essere arrestato a seguito di una
proposta di Demostene e Focione, approvata nonostante l'opposizione
di Iperide.

L'assemblea decise di prendere il controllo del denaro di Arpalo,


affidandolo a un comitato presieduto da Demostene; in seguito tale Il sito del tempio di Poseidone a
comitato si accorse che solo una metà della somma, che Arpalo aveva Calauria ove Demostene passò gli
dichiarato di possedere, era effettivamente presente. Il deficit non anni dell'esilio e si suicidò.

venne reso noto ma, quando il tesoriere fuggì, l'Areopago incriminò


Demostene, mentre Iperide lo accusava di non aver rivelato la mancanza in quanto era stato corrotto da
Arpalo stesso.

Demostene fu condannato al pagamento di una pesante multa, per evitare la quale, fuggì a Calauria[128]
[129]
anche se fu presto richiamato in città[130][131].

Morte

Alla morte di Alessandro, Demostene esortò nuovamente gli ateniesi a cercare l'indipendenza dalla
Macedonia e fu l'ispiratore della guerra lamiaca, ma Antipatro, reggente di Macedonia, sedò facilmente
ogni opposizione, pose un presidio a Munichia e pretese la consegna di Demostene ed Iperide e di tutti
gli esponenti della fazione anti-macedone. Ottenuta la condanna da parte dell'assemblea, Antipatro fece
giustiziare gli agitatori più importanti, mentre Demostene era fuggito presso il santuario di Poseidone di
Calauria, piccola isola davanti a Trezene[132].

In seguito Archia, incaricato da Antipatro di scovare gli antimacedoni fuggiti da Atene, scoprì dove si era
rifugiato Demostene e con un drappello di soldati andò a catturarlo. Tentò prima di convincere
Demostene a uscire dal santuario e andare insieme da Antipatro, promettendogli l'incolumità;
Demostene, tuttavia, capendo che l'altro fingeva, gli rispose: «Archia, non mi hai mai convinto da attore;
non mi convincerai ora con le tue promesse», scatenando l'ira del generale. Demostene, a quel punto,
prevenendo l'intervento degli avversari, si spostò all'interno del tempio e, preso un foglio, finse di voler
scrivere una lettera d'addio ai famigliari[133], assumendo in realtà un potente veleno per morire poco dopo
ai piedi dell'altare[133]. Secondo Aristone, Demostene assunse il veleno direttamente dalla penna,
mordicchiandola per qualche minuto[134]; altri tramandano che l'oratore assunse il veleno bevendo da una
pezzuola che portava sempre con sé[134]. Un'ulteriore versione, riportata da Eratostene, sostiene che
l'avvelenamento fu dovuto a un bracciale cavo che portava al polso[134].

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Anni dopo gli Ateniesi eressero una statua in suo onore e decretarono che i suoi discendenti sarebbero
stati ospitati nel Pritaneo[135]; sulla base della statua fu scolpita la frase "Se avessi avuto, o Demostene,
forza pari all'intelletto, mai sui Greci avrebbe regnato il Macedone Ares." Secondo Demetrio di Magnesia
questa fu la frase che Demostene scrisse sul foglio prima di morire[135]; altri, invece, raccontano che le
uniche parole che riuscì a scrivere prima che il veleno facesse effetto siano state "Demostene ad
Antipatro"[134].

Considerazioni

Attività politica
Demostene ricevette ampie lodi da Plutarco per via della sua coerenza e, riprendendo Teopompo, ricorda
che egli militò nella stessa fazione fino alla sua fine e che mantenne fede alle proprie convinzioni al punto
da rinunciare alla vita[136].

Polibio, invece, criticò aspramente la politica di Demostene accusandolo di aver lanciato calunnie nei
confronti di grandi uomini della sua e di altre città e bollandoli come traditori dei Greci, aggiunse che
l'unico suo pensiero fisso fosse Atene e sottolineò quanto l'unico frutto della sua politica fosse la disfatta
di Cheronea per poi affermare che le conseguenze sarebbero state ben peggiori se non fosse stato per la
magnanimità di Filippo e Alessandro[137].

Paparrigopoulos da un lato esalta il patriottismo di Demostene, ma d'altro canto lo giudicò miope per non
aver compreso che gli antichi stati greci sarebbero potuti sopravvivere solo sotto la guida della
Macedonia.[138] Mentre altri lo accusano di non essere mai stato in grado di prevedere il trionfo di
Filippo[139].

In sintesi, gli storici condividono l'opinione che Demostene abbia sopravvalutato la forza di Atene e
l'abbia indotta ad affrontare una sfida cui non era affatto preparata[140]: la città, infatti, aveva perduto gran
parte degli alleati nell'Egeo e dovette affrontare un rivale che aveva ormai consolidato il proprio controllo
sulla Macedonia e deteneva importanti risorse minerarie[139][140]

In ogni caso, osserva sempre Carey, Demostene, migliore come oratore che come politico o stratega,
aveva una visione di cui Eschine e Focione mancavano e che questo impedì loro di gareggiare con il
primo. Demostene, infatti, chiese agli Ateniesi di scegliere ciò che è giusto e onorevole, ancora prima
della loro sicurezza[136], e il popolo preferiva di gran lunga l'attivismo del primo alla tattica attendista dei
secondi; la stessa disfatta di Cheronea fu nient'altro che il prezzo da pagare per il tentativo di mantenere
la libertà ed il prestigio[139].

Bisogna, inoltre, ricordare che il successo non può essere il criterio fondamentale per giudicare le azioni
di personaggi storici come Demostene che sono stati motivati da forti ideali[141]. Ad Atene Filippo II
chiedeva di sacrificare libertà e democrazia mentre Demostene agognava l'antico splendore della
città[140] e, per far rivivere tali valori, divenne un vero e proprio "educatore del popolo", come scrisse
Werner Jaeger[142].

Esperienza militare

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Come riportano gli storici, il fatto che Demostene abbia combattuto nella battaglia di Cheronea come
semplice oplita, rivela una forte inesperienza bellica.

Infatti, ricorda lo storico Thomas Babington Macaulay è proprio al tempo di Demostene che la divisione
tra cariche politiche e militari inizia a farsi marcata[143] con la sola eccezione di Focione, che fu abile
oratore e ricoprì la strategia.

Quanto a Demostene, risulta evidente che non fosse affatto versato nelle attività belliche[143], mancava di
vigore, resistenza fisica ed era carente di una visione d'insieme della propria strategia[139][140][134].

Stile

È riconosciuto che lo stile di Demostene, per quanto peculiare e sviluppato


autonomamente, sia stato influenzato, specialmente per le orazioni ascrivibili
all'inizio della carriera, da Lisia e Iseo[144].

In ogni caso, anche le opere della giovinezza, per quanto talora poco fini,
imprecise e standardizzate, mostrano scorci di un talento notevole: forte logica
intellettuale, magistrale selezione (e omissioni) di fatti, affermazione fiduciosa
della giustezza del caso, l'espressione artistica di opinioni motivate[145].

Secondo lo storico e retore Dionigi di Alicarnasso, Demostene rappresentò lo


zenit della prosa attica e, come Dionigi, anche Cicerone affermò che l'oratore
ateniese riunì le migliori caratteristiche degli stili in uso e che primeggiò in tutti e
tre: mediano, arcaico, elegante[146][147] [148] e pertanto è possibile considerarlo
un oratore consumato, abile nell'uso delle tecniche[142].

Invece, secondo lo studioso classico Harry Thurston Peck, Demostene risulta


assai poco abile nel coinvolgimento emotivo dal momento che, esponente della
scuola attica, rifiuta ogni forma di ornamento eclatante, non è capace di arguzia,
umorismo o vivacità, almeno nella moderna accezione dei termini e conclude Erma di Demostene; la
che la sua fortuna è essenzialmente dovuta al forte intreccio tra Demostene testa è una copia di una
stesso ed i principi politici da lui seguiti[149] e, riportando l'opinione di Jaeger, statua commemorativa
aggiunse che erano le imminenti decisioni politiche a rendere affascinanti i di bronzo, opera di
discorsi di Demostene[150] Policleto, posta
nell'agorà. Ritrovata nel
Altri, al contrario, fanno notare quanto lo stile di Demostene, armonizzandosi con 1825 al Circo di
Massenzio, l'erma è
il fervente impegno politico, coniughi repentinità con profonde pause riflessive,
conservata alla
brevità ed ampiezza[142].
Gliptoteca di Monaco.

Il lessico è semplice, quasi ordinario, mai inverosimile o artificiale tanto da far


affermare a Jebb che Demostene era un vero artista cui l'arte si inchinava e obbediva[30], capace di una
forte intensità, stigmatizzata da Eschine come ricchezza di immagini assurde od incoerenti[151]

Per Dionigi di Alicarnasso, l'unico inconveniente è la totale mancanza di umorismo che, però, Quintiliano
considera come virtù[152][153] e Cicerone, sebbene fosse ammiratore dell'oratore ateniese, sottolinea
quanto talvolta non fosse soddisfatto dall'espressione[154]; in ogni caso, secondo il parere di Plutarco, era

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noto per le sue battute caustiche[155].

Tuttavia, la critica principale imputata a Demostene è la sua riluttanza a parlare a braccio[156] tanto che
assai spesso si rifiutava di commentare argomenti che prima non avesse approfondito accuratamente e
si rifiutava di presentarsi alla tribuna anche quando il popolo lo chiamava insistentemente e per nome,
venendo per questo schernito dai suoi avversari[157]; ogni sua orazione, pertanto, risulta essere frutto di
un profondo lavoro di compilazione e limatura[149], dovuta a una vera e propria forma di rispetto nei
confronti degli ascoltatori, come egli stesso ammetteva[158].

Assai importante è il ritmo della prosa e la strutturazione, estremamente versatile con passaggi da periodi
lineari ed asciutti, ad altri concitati ed incalzanti ed è noto che Cicerone si ispirasse alla struttura delle
orazioni di Demostene[159] per poi riportare in due passaggi del Brutus che Demostene considerava i
gesti e la voce assai più importanti dello stile[160].

Infatti, per quanto gli mancasse la voce suadente di Eschine e l'abilità di improvvisazione di Demade,
Demostene fu molto abile a far uso della mimica per accentuare il significato delle parole e così proiettare
le sue idee ed i suoi argomenti con maggiore forza di chiunque altro[161].

Tale aspetto, però, non essendo parte integrante della formazione retorica del tempo[162], non fu
accettato da tutti: Demetrio Falereo e numerosi comici del tempo ridicolizzavano la teatralità di
Demostene ed Eschine gli anteponeva Leodama di Acarne[163][164]

Concludendo, un giudizio d'insieme sul suo stile può essere quello riportato da Plutarco (Comp.
Demosth.-Cic. I 2, 4; II 2):

«Demostene riversava nella retorica quanto di razionale aveva per natura o per preparazione, superando
per chiarezza e potenza i rivali nell'oratoria assembleare e giudiziaria, mentre per peso e solennità quella
epidittica e per sottigliezza e tecnica l'oratoria sofistica.»

«Demostene, infatti, lontano da ogni abbellimento e gioco, volto alla potenza ed alla sostanza, non odora
di chiuso, …, ma di bere acqua e di pensieri e della cosiddetta asprezza e quasi odiosità di carattere.»

«Perciò, Demostene è più serio e più dignitoso, riconoscendo che la sua forza è l'esperienza e che ha
bisogno in gran parte dalla benevolenza degli ascoltatori, mentre ritiene meschini e banali, come poi lo
sono, quelli che di questo si vantano.»

Fama

Demostene godette di una fama duratura nel corso dei secoli che
perdura fino ad oggi.

Nella Roma antica, infatti, autori come Longino e Cecilio considerarono


la sua oratoria come sublime[165], Giovenale lo esaltò come un "largus
et exundans ingenii fons" ("grande e traboccante fontana del genio")
[166]. Cicerone non soltanto ne fu ammiratore, ma chiamò Filippiche le

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proprie orazioni contro Marco Antonio in evidente segno di imitazione
del ruolo politico di Demostene[167] ed in merito Plutarco stesso
sottolinea le connessioni tra Cicerone e Demostene[168]

Nel corso del Medioevo e del Rinascimento, Demostene mantenne la


propria reputazione[169] e fu letto assai più di ogni altro oratore, tranne,
forse, Cicerone[170].

Nel Rinascimento, lo scrittore e avvocato francese Guillaume du Vair


elogiò i suoi discorsi per la loro disposizione abile e stile elegante,
mentre per John Jewel, vescovo di Salisbury e Jacques Amyot,
Demostene fu l'oratore "supremo"[171] e Thomas Wilson, che fu il primo
a tradurne le opere in inglese, Demostene non solo era un oratore
Dipinto di William Turner(1838)
abile, ma anche uno statista autorevole, una "fonte di saggezza"[172] rappresentante Frine, nelle
ed è, inoltre, significativo che la traduzione della prima Olintiaca, sembianze di Afrodite, mentre si
eseguita su mandato del cardinale Bessarione, fosse stata utilizzata a reca ai bagni e Demostene
scopo di incitamento alla crociata contro i turchi che avevano appena schernito da Eschine.
conquistato Costantinopoli.

Nell'età moderna, oratori come Henry Clay ne imitarono le tecniche mentre le sue idee ed i suoi principi
influenzarono non poco i rivoluzionari americani (in particolare i federalisti) e i principali oratori della
rivoluzione francese[173] mentre lo storico e politico tedesco Barthold Georg Niebuhr adoperò la
traduzione tedesca della Prima Filippica contro Napoleone.

Infine, agli inizi del 900, il primo Ministro francese Georges Clemenceau, scrisse un libro su Demostene
idealizzandone le virtù e le capacità[174] mentre il filosofo (e filologo) Nietzsche sovente ne reinterpretava
lo stile[175][176].

Opere
Le opere più famose di Demostene sono il gruppo di Orazioni Politiche costituito dalle quattro Filippiche,
dalle altrettante Olintiache e dal discorso "Sulla corona" (Περί Στηφάνου [perì stefànu]).

La pubblicazione e la distribuzione dei testi e delle orazioni era pratica comune nell'Atene del IV secolo
a.C. e pertanto è praticamente certo che Demostene abbia pubblicato alcune o tutte le proprie opere[177],
ma non è da escludere che Demostene, prima della pubblicazione, abbia rivisto ed interpolato i discorsi
che effettivamente aveva pronunciato.[178].

Dopo la sua morte, è probabile che i testi fossero rimasti ad Atene fino ad entrare nella biblioteca
personale di Pomponio Attico, grande amico di Cicerone oltre che alla Biblioteca di Alessandria.

I testi alessandrini poi furono inseriti nel corpo della letteratura greca e quindi sono stati quelli
effettivamente conservati, catalogati e studiati durante l'età ellenistica e la dominazione romana e furono
praticamente i soli a sopravvivere all'Alto medioevo e a giungere ai nostri giorni[179].

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In sintesi, si attribuiscono a Demostene ben sessantuno orazioni, anche se di nove di questi è conosciuto
il solo nome e alcuni frammenti[180], mentre per altri è possibile che siano stati attribuiti a Demostene, ma
che in realtà sarebbero dovute all'opera di altri autori. In ogni caso l'intero corpus deriva da quattro
manoscritti del X e dell'Xi secolo d.C.[181]

Oltre ai discorsi, sono giunti cinquantasei prologhi che erano stati raccolti e creduti autentici da
Callimaco[182], ma che attualmente sono oggetto di forti controversie in merito alla loro autenticità[183].
Anche la paternità di sei lettere, attribuite a Demostene, è dibattuta.

Orazioni
Le 61 orazioni pervenute si possono dividere in tre (secondo la classificazione aristotelica) o quattro
gruppi tematici[184].

Discorsi politici

I-XVII: detti anche, con termine greco, demegorie (demos "popolo" + agoreuo "parlare"), coprono un arco
di tempo che va dall'esordio di Demostene nel 354 a.C., con l'orazione Sulle simmorie, su un progetto di
riforma della flotta, al 336 a.C., quando l'oratore si scagliò contro una presunta violazione macedone dei
patti stipulati da Alessandro con Atene. In numero di 17, tra le demegorie spiccano le tre Olintiache e le
quattro celebri Filippiche.

Discorsi giudiziari

XVIII-XXVI: tra questi otto discorsi, va ricordato quello celeberrimo Sulla corona. Nel 336 a.C. il politico
Ctesifonte aveva proposto l'assegnazione della corona civica a Demostene per le sue benemerenze: tale
proposta fu attaccata da Eschine come anticostituzionale, in quanto onorava un magistrato ancora in
carica e, soprattutto, perché la politica di Demostene era stata tutt'altro che buona per la città. In
quest'orazione, che è il suo capolavoro, Demostene ribatte alle accuse con una sorta di autobiografia
politica che è al tempo stesso un appassionato atto di fede verso la patria.

Discorsi privati[185]

XXVII-LIX: inclusi da parte della dottrina tra i discorsi giudiziari, costituiscono il gruppo più nutrito del
corpus demostenico (32 orazioni) e ci mostrano l'oratore calato nei conflitti interni dell'epoca più
tormentata per Atene. Tra l'altro, le orazioni più antiche sono quelle Contro Afobo e Contro Onetore
(XXVII-XXXI), suoi tutori, condotte nel processo del 364 a.C. per recuperare il proprio patrimonio. Tra
l'altro, alcune orazioni spurie fanno luce su un oratore minore del partito demostenico, Apollodoro, figlio di
Pasione, di cui le orazioni (XLV-XLVI, XLIX-L, LII-LIII e forse la LIX) sono giunte in questo corpus perché
gli antichi le ritenevano scritte da Demostene.

Orazioni epidittiche[186]

LX-LXI: su questo piccolo gruppo pesano forti sospetti di inautenticità, probabilmente nutriti anche dagli
editori antichi, che posero i due discorsi al termine della raccolta. L'Epitaffio per i caduti della battaglia di
Cheronea (338 a.C.) sarebbe spurio, così come concordemente non demostenico è l'Erotico, che

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riprende la consueta tematica sull'amore e sarebbe stato composto in età successiva su imitazione di
quello pseudo-lisiano contenuto nel Fedro platonico.

Nel corpus, inoltre, sono pervenute anche opere non pienamente raggruppabili sotto l'etichetta di
orazioni.

Proemi assembleari

Sono esordi di orazioni, in numero di 56, pervenute come esempi di introduzione ad una demegoria, su
esempio di quelli lisiani. La stessa IV Filippica è composta unendo questi esordi (Canfora), veri e propri
svolgimenti adatti a qualsiasi argomento che, come nota Canfora, questi "pezzi sparsi" documentano
l'attività politica di Demostene, integrando le orazioni intere del gruppo assembleare.

Lettere

Questa raccolta di sei lettere è di dubbia autenticità, come del resto molti epistolari antichi. Sembra che
siano autentiche solo le lettere I-IV, che concernono questioni legate al periodo dell'esilio di Demostene e
sembrano proseguire l'apologetica che l'autore aveva espresso nella Corona: notevole, per ricostruire la
politica demostenica posteriore a Cheronea - di cui non abbiamo testimonianza oratoria - la breve lettera
VI, un biglietto che informa gli ateniesi dei progressi compiuti nel reclutamento di alleati durante la guerra
lamiaca.

Opere perdute

Tra le orazioni perdute risultano i titoli di un'orazione Sui retori, di argomento epidittico, un discorso
Contro Demade, contro il politico filomacedone e noto improvvisatore, un'orazione pronunciata Sul sacco
di Tebe, dopo la conquista e la distruzione di Tebe da parte di Alessandro Magno nel 335 a.C., che aveva
notevolmente impressionato ed infiacchito la resistenza alla Macedonia.

Sono giunti anche 70 Apoftegmi, detti celebri pervenuti in varie raccolte.

Note
1. ^ Weil, pp. 5-6.
2. ^ Badian, p. 11.
3. ^ Eschine, Contro Ctesifonte, 171.
4. ^ Eschine, Contro Ctesifonte, 172.
5. ^ Cohen, p. 76.
6. ^ (EN (inglese)) "Demosthenes", Encyclopaedia The Helios, 1952.
7. ^ Burke, p. 63.
8. ^ Thomsen, p. 61.
9. ^ Demostene, Contro Afobo, 4.
10. ^ Salta a: a b Mac Dowell, cap. 3.
11. ^ Demostene, Contro Afobo, 6.
12. ^ Demostene, Contro Afobo, 59.
13. ^ Badian, 18.
14. ^ Pseudo-Plutarco, 847 C.

17/24
15. ^ Salta a: a b c Eschine, Contro Ctesifonte, 77.
16. ^ Aulo Gellio, Noctes Atticae, I, 5, 1
17. ^ Eschine, Contro Ctesifonte, 162.
18. ^ Eschine, Sull'Amabasceria, 149.;
19. ^ C.A. Cox, 202.
20. ^ Ateneo, Dipnosofisti, XIII, 63.
21. ^ Eschine, Sull'Ambasceria, 148-150 e 165-166.
22. ^ Pickard, p. 15.
23. ^ Plutarco, 11.1.
24. ^ (EN (inglese)) D.M. MacDowell, Demosthenes the Orator, ch. 3 (passim), Encyclopaedia The
Helios, 1952.
25. ^ Plutarco, 5.1-3.
26. ^ F. Nietzsche, Lezioni di Retorica, p.233–235.
27. ^ Paparringopulos, Ab, p. 396-398.
28. ^ Plutarco, Demostene, 5.5.
29. ^ Luciano,Demostene, 12.
30. ^ Salta a: a b c d e R. C. Jebb, The Attic Orators from Antiphon to Isaeos
31. ^ Suda, article Isaeus Archiviato il 24 settembre 2015 in Internet Archive.
32. ^ K. Tsastsos, p. 83.
33. ^ Weil, p. 10-11.
34. ^ Salta a: a b Plutarco, 6.3.
35. ^ Plutarco, 6.4.
36. ^ H. Yunis, p. 211.
37. ^ Eschine, Contro Timarco, 126.
38. ^ Eschine, Sull'Ambasceria, 99.
39. ^ Plutarco, 6-7.
40. ^ Cicerone,De Oratore, 3.
41. ^ Kennedy, p. 517-518.
42. ^ Salta a: a b E. Badian, p. 16.
43. ^ Demostene, Contro Zenotemide, 32.
44. ^ G. Kennedy, Greek Literature, p. 514.
45. ^ G. Kennedy, Oratory, pp. 498-500.
46. ^ H. Yunis, Demosthenes: On The Crown, p. 263.
47. ^ J. Vince, Intro, XII.
48. ^ Eschine, Contro Ctesifonte, 173.
49. ^ Eschine, Sull'Ambasceria, 165.
50. ^ Plutarco, 15.
51. ^ G. Kennedy, Oratory, pp.515-517.
52. ^ A.W. Pickard, pp. xiv-xv.
53. ^ Packard Humanities Institute, IG Π2 1612.301-10 Archiviato il 23 agosto 2013 su
wayback.archive-it.org URL di servizio di archiviazione sconosciuto.
54. ^ H. Yunis, p. 167.
55. ^ E.M. Burke, pp. 177-178.
56. ^ Salta a: a b E. Badian, pp. 29-30.
57. ^ Mac Dowell, cap. 7.

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58. ^ Salta a: a b c De Romilly, p. 116-117.
59. ^ Vince, p. XII.
60. ^ N. Worman, "Insult and Oral Excess", pp. 1-2.
61. ^ H. Yunis, p. 187.
62. ^ K. Tsasos, p. 88.
63. ^ E.M. Burke, p. 174-175.
64. ^ E.M. Burke, p. 180-183.
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66. ^ (EN (inglese)) D. Phillips, Athenian Political Oratory, p. 72.
67. ^ E. Badian, p. 36.
68. ^ E.M. Burke, pp. 181-182.
69. ^ M.H. Hansen, The Athenian Democracy, p.177.
70. ^ (EN (inglese)) D. Phillips, Athenian Political Oratory, p. 69.
71. ^ Demostene, Contro Aristocrate, 121.
72. ^ Demostene, Sulla Falsa Ambasceria, 319.
73. ^ E.M. Burke, p. 184.
74. ^ Demostene, Per i Rodii, 24.
75. ^ Demostene, Prima Filippica, 11.
76. ^ G. Kennedy, Oratory, pp. 519-520.
77. ^ Demostene, Prima Filippica, 10.
78. ^ E.M. Burke, pp. 183-184.
79. ^ (EN (inglese)) J. H. Vince, First Philippic, pp. 84-85 notea.
80. ^ Demostene, Prima Olintiaca, 3.
81. ^ Demostene, Seconda Olintiaca, 3.
82. ^ E.M. Burke, p. 185.
83. ^ E.M. Burke, pp. 185-187.
84. ^ E.M. Burke, p.174.
85. ^ Demostene, Contro Midia, 78-80.
86. ^ (EN (inglese)) H. Yunis, The Rhetoric of Law in 4th Century Athens, p. 206
87. ^ Demostene, Contro Midia, p. 223.
88. ^ Demostene, Tera Filippica, 56.
89. ^ E.M. Burke, p. 187.
90. ^ Eschine, Sull'Ambasceria, 34.
91. ^ Mac Dowell, cap. 12.
92. ^ Demostene, Terza Filippica, 15.
93. ^ Demostene, Sulla Corona, 30.
94. ^ Demostene, Sulla Corona, 31.
95. ^ Demostene, Sulla Corona, 36.
96. ^ Demostene, Sulla Pace, 10.
97. ^ Demostene, Sulla Corona, 43.
98. ^ E.M. Burke, pp. 188-189.
99. ^ (EN (inglese)) T. Buckley, Aspects of Greek History 750-323 BC, p. 480
100. ^ Pseudo-Plutarco, 840 C.
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Bibliografia
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Demostene, Contro Zenotemide.
Demostene, Filippiche.
Demostene, Olintiache.
Demostene, Per i Rodii.
Demostene, Sulla corrotta ambasceria.
Demostene, Sulla Pace.
Demostene, Contro Midia.

Edizioni

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