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IL PRINCIPE IVAN

C'era una volta ... un giovane Principe, buono e gentile, di nome Ivan,
amato e rispettato da tutti.
Un giorno lo Zar, suo padre , lo chiamò e gli confidò con voce cupa un
terribile segreto: "Speravo che questo giorno non arrivasse mai,
purtroppo devi fuggire subito. Tanti anni fa, un terribile sogno
premonitore mi annunciò che la tua sorellastra sarebbe diventata una
strega e un giorno avrebbe cercato di ucciderti. Ieri , prima di morire, ~
Mago della Montagna mi ha confermato che tutto ciò si awererà motto
presto. Non posso sopportare di vederti morirei"
Mln dapprima cercò di protestare ma poi, convinto dal padre, andò
nelle scuderie e fuggì con il suo cavallo.
Cavalcò a lungo per giorni e giorni, seguendo la riva del grande fiume
che attraversava le pianure del suo regno, finché non vide le montagne
i'lnevate da cui il fiume nasceva, e qui, in una foresta di pini , finalmente
si fermò.
ei giorni che seguirono cominciò a costruirsi una casa in mezzo al
bosco. Viveva di caccia e di pesca come gli altri abitanti del posto,
rcando di dimenticare la terribile profezia.
Un anno era già trascorso, quando una notte, non riuscendo a dormire,
usci e si trovò lungo la riva di un ruscello. Ma all'improwiso sull'acqua
uminata dalla luna piena, vide riflesso il viso bellissimo della
rellastra. Come stregato da quegli occhi che sembravano attirarlo, si
chinò sull'acqua, mentre una voce ammaliante gli diceva:
"Torna, fratello caro, torna nel tuo castello. Sono qui ad aspettarti.
Mi manchi tanto e anche tuo padre vorrebbe rivederti. Perché sei
fuggitor Poi la visione improwisamente sparì.
Ivan spaventato, si rialzò: benché la notte fosse tiepida, si sentiva
scosso da brividi di freddo. "Padre mio chi devo ascoltare?
I tuoi consigli o le parole di mia sorella?"

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Ma poi , come colpito da uno strano incantesimo, dimenticò ogni
prudenza tormentato da un'idea fissa: "Devo tornare, tornare subito!•
Il viaggio di ritorno fu lungo e awenturoso. Strani awenimenti lo
ritardarono. Un grosso ramo gli cadde quasi addosso, mentre passava
da un bosco. Più tardi il suo fedele cavallo, senza una ragione, si
accasciò morto al suolo. Proseguì allora a piedi, guidato da un lontano
suono di campane.
Mentre stava comprando un cavallo nuovo, gli dissero che le campane
stavano annunciando la morte dello Zar. Ivan disperato rimontò a
cavallo. Dopo aver galoppato un giorno intero, gli apparvero lontane le
mura della sua reggia. lmprowisamente, da un bosco sbucò una strana
processione. La sua sorellastra era in mezzo alla strada, con le mani
alzate per fermarlo, seguita da due scudieri con un'enorme bilancia e
dal boia di corte che reggeva sulla spalla una grossa scure . Ivan, preso
da uno strano malessere che gli toglieva ogni volontà, sentì la sorella
che diceva: "Ti aspettavo, finalmente sei arrivato. Tuo padre è morto e
mi ha lasciato questa pergamena su cui sono scritte le sue ultime
volontà. Noi dobbiamo pesarci su questa bilancia e solo colui che
risulterà più leggero potrà succedergli al trono, l'altro dovrà morire
subito!" Ivan frastornato e confuso capi che per lui la morte era certa,
perché pesava molto di più di sua sorella che però sembrava essere
improwisamente ingrassata. Infatti la strega maligna aveva
imbottito le vesti ampie con cuscini di piume per sembrare più pesante
agli occhi del Principe e convincerlo ad accettare la crudele prova.
Si stava awerando la terribile
profezia che il Mago aveva
annunciato: per Ivan la morte era
vicina. Ma il destino segue spesso strade imprevedibili.
la strega si era seduta su un piatto della bilancia il cui braccio non era
stato ben forgiato, e quindi aveva una piccola fessura. Così , appena
seduta, il braccio della bilancia si spaccò in due e la strega cadde a
terra. Il boia, che aveva ricevuto l'ordine di uccidere subito chi dei due
losse risultato più pesante, alzò la scure nell'aria mentre un urlo
spaventoso cercava invano dt fermarlo. La crudele sorellastra di Ivan
era rimasta vittima della sua stessa trappola. Ora Ivan si sentl
improvvisamente liberato dal malefico incantesimo a cui non aveva
saputo reagire e, giunto alla reggia, capì quanto fosse necessario il
suo ritorno per il popolo. Divenne Zar e regnò a lungo, e volle che sul
suo stemma fosse incisa una bilancia, simbolo di giustizia.

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,.
.. in una grande foresta del nord
della Russia, un boscaiolo di nome Ivan. Giovane e
forte, aveva costru ito con le sue mani una solida casa di
legno di cui andava molto fiero. Quando l'ebbe finita pensò
che era giunto il momento di cercare una moglie, ma
purtroppo le ragazze dei dintorni non gli piacevano.
Sognava di incontrare una donna bellissima, alta, bionda,
snella, con gli occhi azzurri e la pelle candida. Col tempo
l'immagine che la sua fantasia aveva creato era diventata per lui
, quasi reale: la sognava di notte e anche di giorno gli sembrava
spesso di vederla apparire mentre, stanco e sudato, tagliava con
potenti colpi d'ascia i tronchi. Nei giorni di festa si spingeva nei
villaggi lontani, entrando nelle chiese e nelle locande per
cercare una fanci ulla che somigliasse ai suoi sogni.
Ma non incontrava che ragazze dal volto placido e
insulso e nessuna gli sembrava bella com e
avrebbe voluto. Il tempo passava e questa
ricerca non aveva mai fine. Il sentieq c..~e
lo portava al lavoro passava davaoti :
a una bella casa dalle persiane verdi. Dietro la finestra•. \
SJ)@SSO una tendina si alzava e una ragazza dallo s~u rae
Ice si attardava a spiarlo: senza saperlo il bosc8tdtò
acceso d'amore il suo cuore. La fanciulla si chiamava' · ·
Natascia, era molto timida , ma il suo amore era così grand
un giorno trovò il coraggio di aspettarlo lungo il sentiero: "";..
"Ho raccolto con le mie mani questo cestino di fragole e sarei felice
se tu le mangiassi pensando a me!" "Non è brutta, però non è
certamente la donna che cerco io...~ pensò Ivan mentre guarda\/~

~a:~ n~f~~:~~o~~ G~~~i~i~~:;~~s~~~;~~:: ~=~~~-r~i;~~:~~


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guardò allontanarsi, mentre gli occhi le si inumidivano. Quat ,


giorno dopo, il boscaiolo fu di nuovo fermato dalla ragazza;t1 c
· porse un giubbetto di lana dicendogli: "Quando torni a ca~ la
sera, l'aria è più fredda, questo ti proteggerà. l'.ho cucito io,f".'
Ivan alla proposta affettuosa rispose superbo: "G.0~'"'9
pensare un u~mo come me abbi~ pa ra d9-Hfegi
1 ! , -
Questa volta, al rifiuto del giovane, due gro se lacrime
bagnarono le guance rosse della ragazza che corse in casa
singhiozzando. Con la forza della disperazione, non volendosi
dare per vinta, il giorno dopo aspettò ancora il giovane sul
sentiero. Questa volta aveva in mano una bottiglia che offrì al
boscaiolo dicendogli: "Non potrai rifiutare un liquore che ho
distillato da tutti i frutti del bosco. Ti darà forza e vigore e ti
farà ricordare che io ..." Ivan non la lasciò finire: "Non bevo
e non mi piacciono i liquori!" rispose tirando dritto. Però si
accorse di essere stato villano e, fatti pochi passi , si girò,
ma la ragazza era scomparsa. Strada facendo pensò:

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·Non è brutta! Ha gli occhi dolci.. . bei capelli. .. e poi dev'essere
molto buona! Forse devo accettare almeno un suo regalo. Certo
non è bella come ..." lmprowisamente la visione della donna dei
ni s'insinuò nei suoi pensieri. Si sentì di nuovo con una morsa al
re e uno struggente desiderio: "Come sono infelice!" esclamò. Fu
ra che awenne il miracolo: una donna meravigliosa gli
rve tra gli alberi in una nube dorata. Lunghi capelli d'oro
rniciavano un volto bellissimo e il povero boscaiolo si sentl
iedere da una voce melodiosa: "Sono Rosalka, una fata dei
hi, vuoi cantare per me?" Ivan non riusciva a staccare
· occhi dal dolcissimo sguardo dell'incantevole apparizione.
r tutta la vita canterei per te, se solo potessi .. ." E tese la
no per toccare la fata , ma già questa era salita più in
tra i rami. "Canta! Canta, dunque! Solo cosi ,
ltandoti, riuscirò a prender sonno!" Ivan, felice,
inciò a cantare nenie e poi continuò con canzoni
amore, mentre la fata, assonnata , ripeteva: "Canta!
ta ..." A sera , con la voce roca, il boscaiolo ancora
cava di conciliare il sonno della fata e, quando arrivò la
e, Rosalka gli chiese ancora:" Canta se mi vuoi bene!"
la voce flebile , il giovane continuò a cantare, e pensava:
o uno sciocco! Quella era la sposa per me, non questa
donna che chiede e non dà niente in cambio!" Rosalka
inperiosa ordinò ancora: "Canta più forte!" Ivan provava un
,an vuoto nel cuore e solo la ragazza dallo sguardo dolce lo
poteva colmare. Corse via nella notte, ma una voce maligna
,idò: "... non la troverai più! Il pianto l'ha trasformata in un
ruscello!" Era l'alba, quando Ivan bussò alla casa di Natascia.
Nessuno rispose. Con terrore si accorse che lì vicino
scorreva un piccolo ruscello dall'acqua chiara che prima non c'$18.
~rato, immerse il viso nell'acqua: "Come ho potuto, Natascia, non
accorgermi di te? Come ti occhi al cielo, rivolse
ooa muta preghiera: "Ch sempre rimanere vicino a lei!"
Per un meraviglioso incante u trasfo(matp in un
giovane pioppo le cui radici I ' '
finalmente Natascia ebbe pe

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IL PRINCIPE E IL MENDICANTE
C'era una volta ... quasi ai piedi delle montagne dell'Afghanistan, una
piccola ma ricca città , il punto d'incontro di tutte le carovane che
venivano dall'India e dalla Cina.
Il palazzo più bello della città era quello di un mercante che si era fatto
un'enorme fortuna con il commercio delle spezie.

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La facciata era decorata con mosaici dai mille colori, le porte di legno
massiccio erano finemente intagliate, colonne e pilastri fatti di marmo
prezioso.Tutte le persone che passavano davanti al palazzo si
fermavano ad ammirarlo. Ma proprio a fianco del portone principale
sedeva un mendicante vestito di stracci a cui nessuno faceva mai
l'elemosina. Quando egli sostava davanti all'immagine di tanta
ricchezza, il contrasto con la sua povertà risultava ancora più evidente.
Un giorno un ricco Principe arrivò con la sua scorta nella città e,
attirato dalla magnificenza del palazzo, si fermò ad ammirarlo.
Nel vedere il mendicante gli chiese: "Pover'uomo, perché stai davanti a
un palazzo così bello?"
'Nobile signore, per rispondere alla tua domanda dovrei raccontarti una
storia molto triste che non credo tu abbia voglia né tempo di ascoltare.
'Awicinati!" ordinò il Principe incunosito, "e raccontami pure!"
Il mendicante, che nel parlare aveva le lacrime agli
occhi, cominciò: ~Avevo ereditato questo splendido
palazzo da mio padre che è stato il più grande
mercante di tutto il paese .
Quando morì non volli
continuare il suo lavoro, e
preferii passare il mio tempo
fra feste e banchetti insieme ai
miei amici. Vivevo nel lusso e,
intorno a me, c'era sempre qualcuno
che mi adulava per la mia generosità.
Ma venne il giorno in cui mi accorsi di avere
speso tutto quello che avevo e, pieno di debiti,
persi anche questo palazzo."
Triste, con gli occhi bassi , il mendicante continuò : ..Ormai ero povero e
mi accorsi di aver perso anche tutti gli amici di un tempo. Oggi posso
solo stare fuori dalla porta di quella che era un tempo la mia casa e
sono pochi quelli che si fermano a farmi l'elemosina."
"È una storia molto triste!" disse il Principe .
..Certo che se tornassi indietro, sarei più saggio! Se solo avessi
conservato un po' di tutto quel denaro che avevo, oggi sarei un uomo
felice!" rispose il mendicante.

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raie sagge!" disse ancora il Principe. "E per la tua saggezza voglio
premiarti!" Prese una manciata di monete d'oro da un piccolo forziere e
le gettò al mendicante. Questi si precipitò a raccoglierle, gridando:
"Grazie! Grazie!" poi tendendo ancora la bisaccia di tela chiese:
"Ancora, ancora , nobile signore!"
"Bada ," disse il Principe, "mi sembra che la tela della tua bisaccia non
possa reggere tanto oro! "
"La tela è forte," lo rassicurò il mendicante con gli occhi brillanti di
avidità, "getta altre monete, ti prego!"
Il Principe che aveva visto molti passanti radunarsi intorno a loro, lo
awertì: "La bisaccia si romperà e ..."
All'improwiso sotto il peso eccessivo, la bisaccia si strappò e le
monete rotolarono dappertutto. Subito la folla si precipitò sulle monete
che in un attimo sparirono.
Il mendicante scoppiò a piangere: ancora una volta aveva perso tutto
per la sua ingordigia.
Il Principe tirò le briglie e spronò il cavallo, gridando alla sua scorta:
"Andiamo! Ricordatevi la lezione! Oggi avete visto un uomo che dalla
vita non ha imparato nulla!'"
Mentre attraversava la piazza, la folla si era fatta sempre più
numerosa. Tutti applaudivano e chiedevano a gran voce altre monete.

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IL LAGO DEI PESCI D'ORO
C'era una volta ... un giovane molto pigro di nome Igor.
Non aveva una casa, e passava intere giornate senza far
niente. E, nonostante soffrisse spesso la fame, non aveva
alcuna intenzione di lavorare.
Nel villaggio ogni tanto qualcuno gli offriva qualcosa da fare , ma
difficilmente riusciva a vincere la sua indolenza.
Gli unici lavori che accettava dovevano essere brevi e poco
faticosi e quindi diventavano sempre più rari.
Era ormai difficile per Igor trovare la possibilità di guadagnare
qualcosa per potersi almeno sfamare.
Benché fosse considerato uno scansafatiche e un
fannullone, tutti ammettevano che nel resto della Russia
nessuno poteva essere più felice di Igor. Il giovane era
sempre allegro e sorridente ; provava una gran gioia a
trascorrere le ore della giornata nella più completa
pigrizia . Durante la bella stagione, la sua vita era
più facile : dormiva nel bosco e , quando il sole
era alto, riposava disteso all'ombra.
Rubacchiando qua e là nei campi, riusciva a
nutrirsi.
Ma quando arrivavano i lunghi e freddi inverni cominciavano per Igor le
difficoltà.
Il sole calava presto e il freddo aumentava. Igor bussava a tutte le
porte finché qualcuno impietosito non gli apriva, offrendogli qualcosa di
caldo da mangiare e un giaciglio nel fienile.
Fu in una notte d'inverno più rigida delle altre che Igor trovò, nascosta
tra il fieno, una bottiglia di vodka quasi completamente piena. Si mise a
bere a lunghe sorsate, nella speranza che i11iquore lo riscaldasse un
po', poi si addormentò completamente ubriaco. Cominciò allora un
sogno stranissimo e stupendo.
Si trovava sulla sponda di un lago pieno di pesci rossi e pescava
tranquillo. Ma ben presto successe qualcosa di straordinario: non
appena i pesci che abboccavano al suo amo uscivano dall'acqua,
diventavano d'oro.
Quando la mattina si svegliò con un gran mal di testa, ci vollero alcuni
minuti prima che si rendesse conto che quella pesca eccezionale era
un sogno e non la realtà.

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Per la prima volta in vita sua diventò triste e
maledisse la vodka e le sue illusioni.
Ma la notte seguente, pur non avendo bevuto, rifece lo
stesso sogno. E così di seguito per molte notti ancora.
Quel lago meraviglioso diventò per lui un'ossessione, finché col
passare del tempo cominciò a credere a quello che aveva
sognato.
Si era convinto che il lago esistesse veramente : doveva solo
cercarlo e pescare . Sarebbe diventato ben presto ricco.
All'arrivo della primavera, neve e ghiaccio cominciarono a sciogliersi
e ricomparvero i laghetti che erano in mezzo alla foresta. Igor si
procurò una canna, del filo, un amo e cominciò a pescare. In poco
tempo era diventato un bravo pescatore.
Aveva imparato a riconoscere quali erano le esche che piacevano di più
ai pesci. Ma purtroppo nessuna delle sue prede era un pesce rosso.

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Così Igor, prima sempre tanto allegro, diventò triste e malinconico.
Finché, quasi per caso, non provò a pescare nel laghetto più vicino al
villaggio e che aveva sempre trascurato.
I sole stava calando quando finalmente un pesce rosso abboccò.
11 pesce per liberarsi saltò fuori dall'acqua. In quel momento il sole
stava mandando i suoi ultimi raggi sul lago. Tutta la superficie
ell'acqua sembrava diventata d'oro. Anche il pesce, colpito da quella
strana luce, sembrò d'oro agli occhi del povero Igor che, emozionato,
aveva alzato la canna alta nell'aria.
Il giovane lanciò un grido d i gioia, si alzò in piedi e perse l'equilibrio sul
terreno scivoloso cadendo in acqua. Fu così che il pesce riuscì a
liberarsi dall'amo, lasciando Igor deluso e sconsolato. Ma ben presto il
suo entusiasmo ritornò più forte di prima. Ormai sapeva quale era il
go dove pescare i pesci d'oro.
Da quel giorno non si mosse più dalla riva.
Intanto nel paese, da qualche accenno che Igor aveva fatto del suo
sogno, si era sparsa la voce della sua pesca miracolosa.

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Erano in molti ad andare sulla riva del lago per scambiare un po' di
provviste con i pesci che Igor pescava. Poi , facendo finta di niente, gli
dicevano: "Quando peschi uno di quei pesciolini d'oro, tienilo per me!
In cam b.10 t·, d aro' ....I"
E qui ognuno prometteva qualcosa, chi una bottiglia di vodka, chi una
coppia di conigli, qualcuno addirittura gli propose un angolo del fienile
dove dormire per tutta la vita.
Igor, convinto che i pesci d'oro prima o poi avrebbero abboccato, era
come sempre gentile e a tutti faceva sperare che avrebbe mantenuto
l'impegno.
Così i giorni passarono e lo strano baratto continuò: gli abitanti del
villaggio avevano pesce fresco, Igor non aveva mai mangiato così bene
in vita sua e tutti erano più contenti di prima, convinti che prima o poi i
pesciolini d'oro avrebbero portato ricchezza e fel icità.
Nel frattempo all'orecchio dello Zar era giunta voce del la straordinaria
indolenza e pigrizia di Igor. Però gli era stato anche spiegato quanto
fosse felice e allegro.
Lo Zar aveva gli stessi difetti e le stesse virtù: non sopportava di avere
intorno persone troppo attive che lo rendevano nervoso e irritabi le.
Fu così che si decise a inviare un messo fino al vi llaggio.
"Igor, sei un uomo fortunato!" disse il messaggero, "Ho l'ordine di
invitarti alla corte dello Zar di tutte le Russie. Non dovrai fare niente,
non dovrai lavorare. Il tuo unico incarico sarà quello di stare vicino allo
Zar per fargli compagnia senza disturbarlo. E per non far niente sarai
anche pagato molto bene!"
Igor ascoltò l'inviato dello Zar con attenzione ma poi rispose:
"Caro amico, forse un tempo avrei potuto accettare. Ma adesso non
posso. Questo lago è pieno di pesci d'oro che aspettano solo di essere
pescati. Come potrei rinunciare a tanta ricchezza? !"
Il messo si allontanò scuotendo il capo: "Che tipo strano, bisogna
essere matti per rifiutare un'offerta come questa!"
Così Igor, per inseguire il suo sogno impossibile, non lasciò mai la
sponda del lago, neppure per un giorno. E da allora quel lago fu
chiamato da tutti il "Lago dei pesci d'oro".

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ALEX IL CACCIATORE
C'era una volta ... un cacciatore di nome Alex che viveva felice
in una grande foresta. Abitava in una casetta ai margini del
bosco con la moglie, una bellissima fanciulla dai capelli color
rame, di nome Natascia. Un giorno lo Zar Munì con la sua
scorta, andando a caccia, vide la sposa seduta sui gradini
della porta e si fermò colpito dalla sua bellezza.

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"Chi sei?" chiese lo Zar, "Come ti chiami? Come mai una così bella
ragazza in un posto così isolato?"
"Sono la moglie di Alex, il cacciatore", rispose sorridendo Natascia.
Lo Zar la fissò ancora a lungo e poi con un sospiro disse: "Beato tuo
marito che ti ha sempre vicino!"
Poi girò il cavallo e si allontanò. Ma tornando al castello, durante tutto il
tragitto, continuò a pensare a Natascia. Ricordava il viso bellissimo, i
lunghi capelli e provava uno struggente desiderio di rivederla.
Gli sembrava ingiusto che uno Zar ricco e potente come lui fosse
ancora solo. Infatti non si era ancora sposato perché non aveva trovato
nessuna donna di cui innamorarsi.
Devo fare qualcosa," si disse, "non posso permettere
che una fanciul la così bella renda felice un sempl ice
cacciatore. lo sono lo Zar, tutti mi obbediscono e
adesso che sento di essermi innamorato debbo
avere Natascia a tutti i costi!"
Più tardi chiese consiglio al suo Primo ministro
e questi gli suggerì perfidamente: "Maestà,
sono d'accordo con voi che Natascia deve
essere vostra a tutti i costi. Dovete solo
sbarazzarvi di Alex. Lo faremo chiamare e
gli darete questo ordi ne che non potrà
rifiutare di eseguire
- Vai non so dove e portami non so /
cosa! - Lo Zar rise soddisfatto: "Hai / /
ragione come sempre ! Credo che "'-"''L.... -="
dopo questo comando non lo ~ ;;h,,;._
rivedremo più!" Quando Alex L ·,
si vide affidare . "'
l'impossibile missione,

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tornò a casa disperato e abbracciò la moglie piangendo:


"Come farò a eseguire un ordine così assurdo? E se non parto sarò
certamente giustiziato."
Natascia lo accarezzò, cercando di consolarlo: "Chiederò aiuto alla mia
madrina, la fata Malidussa. Non le ho mai chiesto niente finora, e spero
che ci aiuterà! Quando ero piccola mi disse che se avessi avuto
bisogno di lei, avrei dovuto pronunciare il suo nome, sfregando tre volte
questa piccola perla che ho sempre conservato."
Mentre Malidussa veniva invocata, la perla cadde a terra e si trasformò
in una grossa palla trasparente che rotolò fuori dalla porta.
Quando Alex uscì, la palla cominciò a rotolare davanti a lui come per
invitarlo a seguirla. Natascia gli gridò: "Seguila! Seguila ..."
Il sole era già alto quando Alex, dopo aver rincorso per ore e ore la
sfera magica, arrivò in cima a un passo fra alte montagne.
Non conosceva la valle che si stendeva sotto ai suoi occhi. Stanco, si
fermò per riposare, mentre la palla girava su se stessa, quasi a
invogliarlo a riprendere la corsa.
Poi cominciò la discesa lungo il sentiero scosceso, finché il cacciatore

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non arrivò ansimante in fondo alla valle.
Qui la palla, raggiunto il centro di un
vasto prato di margherite,
improvvisamente sparì. .
Alex si avvicinò con prudenza, finché
non si trovò davanti a una buia apertura
nel terreno. Buttò un sasso nel pertugio
e non sentì alcun rumore. Non sapeva
cosa fare e provava una gran paura.
Ma poi pensò a Natascia, si fece
coraggio e piano piano si lasciò scivolare
nel buio della fessura.
Mentre cadeva, fu preso da un vortice •
,;<'

che lo fece girare velocemente su se


stesso. Poi d'improvviso ci fu una gran
luce e, sbalordito, Alex si ritrovò
davanti all'ingresso di un grande
castello. "Finalmente sei arrivato!" gli
disse una bellissima fata apparsa
sulla porta. "Sono Malidussa e
conosco tutti i tuoi guai. Ma stai
tranquillo, aiuterò te e Natascia, I

purché tu segua attentamente i miei


consigli." Alex ringraziò commosso
\
e la fata continuò: "Prendi questo
specchietto magico. Quando
tornerai, aspetta il tramonto del sole
e fai in modo che i suoi ultimi raggi
riflessi sullo specchio colpiscano la
tua casa. Per un attimo la vedrai
trasformata in una meravigliosa
dimora. Poi tutto tornerà come
prima. La tua casetta rimarrà
modesta ma lì potrai vivere felice
con tua moglie.

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La vostra felicità creerà un'illusione su tutti quelli che vi passeranno
davanti. Sembrerà loro di vedere una splendida reggia invece di una
casa di legno."
Poi la fata gli porse un corno dorato: "Molta gente ti invidierà e quindi
avrai molti nemici. Se sarai in pericolo suona questo corno, e a tutti
sembrerà di vedere un immenso esercito alle tue spalle. Anche il più
coraggioso dei guerrieri fuggirà allora davanti a te!"
La sera del giorno dopo Alex arrivò di nuovo a casa. Natascia lo
aspettava trepidante e il marito, abbracciandola, le raccontò quanto era
successo.
Il sole stava calando e il cacciatore fece appena in tempo a puntare lo
specchietto verso la casetta.
Subito il bosco fece spazio alla più ampia delle radure, la porta di legno
della casa si trasformò in un immenso portale decorato, il comignolo si
allungò nel cielo fino a diventare una torre. In pochi
istanti la casetta di legno si era trasformata in un
meraviglioso palazzo. Poi , appena il sole
scomparve, tutto tornò come prima.

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Ma qualcosa nel cuore di Alex e di sua


moglie era cambiato: quell'umile casa di
legno nel bosco sarebbe stata per sempre
la loro reggia. La loro felicità però non durò a lungo. Lo Zar Muni,
convinto che Alex fosse ormai lontano, arrivò nella foresta per
costringere Natascia a seguirlo. Ma quando arrivò, stupefatto, si trovò
di fronte alla straordinaria visione. Impaurito tornò a spron battuto alla
reggia e, radunata una folta schiera di guerrieri, si avviò verso il
palazzo immaginario. Tutta la foresta era ormai invasa dal suo esercito
e Natascia, impaurita nel sentire tutto quel fragore di armi, si mise a
piangere: "Lo Zar distruggerà la nostra casa e ci ucciderà." Ma Alex la
rassicurò: "Non temere, ades 10 suonerò il corno che mi ha dato
Malidussa!" E così fece. Ed ecco all'improvviso comparire un esercito
di migliaia e migliaia di soldati.
Appena lo Zar e i suoi soldati videro l'incredibile armata a difesa del
castello inesistente, furono presi dal terrore e, buttate le armi,
fuggirono precipitosamente. Da quel giorno tremendo lo Zar non mise
più piede nella foresta. Anche i suoi soldati si tennero lontani da quel
posto terribile. Così la vita di Alex e Natascia continuò tranquilla e
felice nella loro modesta casa di legno.

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BASILIA DAL VOLTO D'ANGELO
C'erano una volta ... in un villaggio di campagna, due poveri contadini
che avevano una figlia bella come un fiore, buona e obbediente. La
fanciulla si chiamava Basilia, e i suoi genitori le volevano molto bene.
Quando la madre di Basilia morì, il padre, per non rimanere solo, si
risposò. La nuova moglie, una vedova, andò a vivere nella casa del
contadino portando con sé la figlia, di nome Naga, una ragazza brutta
e dispettosa.
La bellezza e la bontà di Basilia suscitavano però l'invidia della
matrigna che, piano piano, attimo dopo attimo insinuò nell'animo del
marito il dubbio che l'aspetto così mite e buono di Basilia nascondesse
un carattere malvagio.

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Poi un giorno prese i pochi risparmi del marito e li nascose sotto il
materasso di Basilia.
Nonostante le proteste della fanciulla, il contadino si lasciò quindi
convincere a cacciarla di casa. Decise perciò di portarla nel bosco
dalla strega. La vecchia abitava in una grande capanna di legno che
poggiava su quattro enormi zampe di gallina. Nel vedere la casa e la
sua orribile padrona, Basilia provò una grande paura.

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La strega aveva promesso al contadino che, se Basilia l'avesse ben
servita nelle faccende di casa, avrebbe avuto almeno da sfamarsi.
Quando rimasero sole, la strega la guardò accigliata:
"Tornerò fra qualche ora e tu intanto dovrai accendere la stufa, pulire e
riordinare la casa, tessere un po' di tela e preparare la cena!"
Basilia si guardò allora intorno sconsolata. "Come farò a fare tutte
queste cose in così poco tempo?!" si chiese.
Improvvisamente un topino grigio saltò sul tavolo e una
vocina gentile domandò: "È tanto tempo che non assaggio più
formaggio! Potresti per piacere darmene un po'?"
La ragazza sorpresa, ebbe un attimo di esitazione: "Un topo che
parla? ... Però sei molto gentile! Vedrò di accontentarti!"

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Trovato un po' di formaggio, rimase a guardare il topino che mangiava.
"Grazie!" disse questi, "Come posso ricompensarti?"
Basilia sospirò: "Avrei bisogno di tanto aiuto per riordinare la casa ..."
Non aveva ancora finito di parlare che il topino fischiò. Subito da ogni
angolo della capanna arrivò una moltitudine di topi che si mise subito
al lavoro. Accesero la stufa, si misero a pulire, riordinarono la casa, poi,
preparata la cena, scomparvero da dove erano venuti.
!.'.ultimo a sparire la salutò: "Grazie del formaggio, l'hai dato al Re dei
Topi!"
Quando la strega tornò, rimase meravigliata: tutti i suoi ordini erano
stati eseguiti alla perfezione. Nei giorni che seguirono, i topolini
continuarono ad aiutare la fanciulla e ben presto la casa diventò linda e
pulita. La strega sempre più contenta della sua piccola cameriera,
prese a volerle bene.
Intanto il padre, pieno di rimorsi e di dubbi, decise di rivedere la figlia.

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La strega quando lo vide, lo rimproverò: "Hai portato tua figlia perché la
punissi. Invece è buona e brava e non merita di rimanere qui a
servirmi. Riprendila! Ecco un bel regalo per quando si sposerà!"
Il contadino, felice di essere di nuovo con Basilia, fece ritorno a casa.
Ma la matrigna, nel rivedere la fanciulla e nel sapere del piccolo tesoro
che le aveva regalato la strega, si arrabbiò moltissimo. Inutilmente il
marito cercò di convincerla che Basilia era brava e buona e si era
meritata questa ricompensa.
L'.invidia della donna continuava ad aumentare: "Allora devi portare
dalla strega anche mia figlia che è più brava di Basilia. Così anche lei
potrà avere in regalo una dote!"

360
Il povero contadino non seppe dire di no e qualche giorno dopo andò
nel bosco con la sorellastra di Basilia.
Quando la strega si vide davanti la ragazza, le diede gli stessi ordini
che aveva dato a Basilia. Ma non appena Naga fu sola, furiosa per
tutto il lavoro che avrebbe dovuto fare, si limitò a sedersi su una panca.
Anche questa volta il Re dei Topi spuntò da un angolo per chiedere un
po' di formaggio, ma per tutta risposta fu costretto a scappare con gli
altri topini da tutte le parti, inseguito dalla minaccia di una grossa
scopa.
Quando la strega ritornò a casa e si accorse che nessuno dei suoi
ordini era stato eseguito, mandò Naga a letto senza cena.
Nei giorni seguenti vi furono solo rimbrotti e botte per la ragazza.
Intanto la madre, preoccupata e senza notizie, andò a trovare la figlia.
"Ah, sei tu la madre di questa sciagurata! Riprenditi questa fannullona!"
urlò la strega, spingendo fuori dalla porta Naga.
La madre osò chiedere: "... e il regalo per la sua dote? ..."
"Ve lo dò io il regalo!" gridò infuriata la strega con la scopa alzata.
E la schiena delle due donne ricevette il regalo che si meritava.

361
... . . •
• -
... -.
,

I REGALI DEL MAGO


C'era una volta ... ai confini della Cina un piccolo reame che si
estendeva in una valle bellissima circondata da alte montagne.
Un fiume l'attraversava e la terra era molto fertile.
Gli abitanti, per la maggior parte agricoltori, vivevano agiatamente.

- - - - - - • _. . . . . '-'i..

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li loro unico cruccio era che, proprio a causa del loro benessere dovuto
alla ricchezza della terra, avevano molti nemici. L'.accesso alla valle era
in una stretta gola fra le montagne ed era sempre difeso da una
schiera di soldati. Guidati da un guerriero valoroso di nome Olaf, da
anni respingevano tutti gli attacchi dei briganti che avrebbero voluto
saccheggiare il regno. Il coraggio e la forza di Olaf erano famosi.
Molte volte da solo era riuscito a sconfiggere un'intera banda.
Il Re, dopo averlo premiato con onorificenze e doni, per impedire che
offrisse la sua spada ad altri Principi, pensò di proporgli in moglie la
figlia. La Principessa non era bella, ma neppure brutta, e Olaf accettò
pensando che un giorno sarebbe diventato Re.
Ma questo matrimonio di convenienza non aveva reso felice la
Principessa che spesso rimaneva sveglia la notte a guardare il marito
come un intruso.
Fu durante una di queste notti di veglia che, ascoltando il marito
parlare nel sonno, scoprì il segreto del suo coraggio e della sua forza.
Olaf da piccolo era stato adottato dal Mago dei Monti che gli aveva
insegnato a combattere e gli aveva regalato una casacca prodigiosa
che, una volta indossata, rendeva invincibili.
Nel suo borbottio indistinto, Olaf parlò anche di un altro regalo, ma la
Principessa non ci fece caso.

363
Da qualche tempo
la Principessa
si era segretamente
innamorata
di un cortigiano
dall'aspetto pallido e smilzo.
"Se gli farò indossare questa
casacca, diventerà un eroe e potrei
sposarlo. Il Re farà sicuramente
imprigionare e uccidere Olaf quando avrà
perso questo coraggio." Una notte la
Principessa rubò la casacca e corse dal Re per
dirgli che Olaf le aveva confidato di volerlo
uccidere. Il Re, su tutte le furie, fece subito arrestare
il soldato che, senza la casacca, potè opporre solo una
debole resistenza. Il cortigiano, a cui la Principessa aveva
confidato tutto, dopo aver indossato la casacca miracolosa accettò di
sposarla. Intanto Olaf capì che la sua fine era vicina quando sentì dai
suoi carcerieri che la Principessa si sarebbe risposata. Allora, dalla
fodera dei suoi pantaloni, prese un piccolo anello che il Mago dei Monti
gli aveva regalato con la raccomandazione: "Questo è un anello
miracoloso; quando l'avrai messo al dito potrai fare quello che vorrai, ma
solo per una volta nella tua vita."
Fu così che Olaf, tramutatosi in un colombo, fuggì e volò nella reggia.
Poi, fermatosi davanti a una giovane e bellissima ancella disse: " Non
spaventarti! Sono un colombo solo per magia. Sono Olaf, il guerriero!
Ho bisogno del tuo aiuto. Se avrai fiducia in me ti ricompenserò, come
neanche puoi immaginare!"
La fanciulla, che come tutte le ragazze del regno era sempre stata
segretamente innamorata di Olaf l'eroe, si lasciò convincere facilmente
a riprendere la casacca al cortigiano. La ragazza seppe che questi la
toglieva solo quando faceva il bagno. Fu così che la prima giornata di
sole, quando il cortigiano si recò con la sua futura moglie alla spiaggia,

364
la fanciulla li seguì. Lesta raccolse l'indumento magico, mentre il
colombo che volava sopra di loro si posava sulla sabbia. Olaf riprese le
sue sembianze e , indossata la casacca, si sentì di nuovo forte e
invincibile. "Addio!" gridò alla moglie infedele. "Tieniti pure quel
bellimbusto!" Poi , balzato sul cavallo del cortigiano con la ragazza
dietro di sé, disse: "E adesso scappiamo da questo
ingrato paese! Troveremo un posto dove il mio
valore sarà di nuovo apprezzato e dove potremo
vivere insieme felici." Mentre cavalcava la
ragazza gli sussurrò: "Ti ho sempre amato,
Olaf!"

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365
LA CASA DAL TETTO VERDE
C'era una volta ... un giovane guerriero di nome Igor.
Forte e coraggioso, era stato a lungo al servizio di un Principe e aveva
spesso affrontato la morte in battaglia.
Ma dopo aver tanto combattuto e dopo una vita piena di privazioni ,
cominciava a sentire il bisogno di un tetto tranquillo dove passare
serenamente il resto della sua vita senza più lottare. Voleva trovare una
casa e una sposa ma, per un soldato come lu i, non era facile iniziare
questa ricerca.
Una volta aveva salvato la vita a un vecchio e saggio eremita che molti

366
dicevano fosse anche un mago.
Igor pensò quindi che avrebbe potuto chiedergli consiglio.
Salito sulla montagna, finalmente lo incontrò e gli raccontò cosa
desiderava fare.
Il vecchio mago gli mise una mano su lla spalla e lo rassicurò:
"Non ti sarà difficile trovare una casa, ma se vuoi una moglie che ti
renda veramente felice dovrai ancora superare una prova di coraggio e
di generosità. Se accetti e non hai paura, io posso aiutarti."
Igor, a cu i non mancava certo il coraggio, ringraziò il mago:
"Dimmi cosa devo fare! Seguirò qualsiasi tuo consiglio."
Il mago gli indicò la montagna più alta alle sue spalle:
"Oltre quella cima troverai una valle che tutti chiamano la Valle dei Fiori
Azzurri. Vicino a un torrente vedrai una casetta bianca col tetto verde.
Lì incontrerai la tua sposa. Ma ricordati: devi avere tanto coraggio e
generosità!"
Il giorno dopo, Igor ringraziò il mago e partì.
Fu la mattina del terzo giorno che intravide da lontano il tetto verde
della casetta. Col cuore che gli batteva forte, corse a bussare alla
porta. Nessuno rispose e allora piano piano entrò.
Quando si fu abituato alla penombra della stanza, la sua mano corse
subito all a spada: davanti a lui un orrendo mostro coperto di squame lo
fissava.

,•

367
Igor a poco a poco si riprese dallo sgomento: pensava di trovare la
donna dei suoi sogni e invece scopriva nella casetta dal tetto verde
quell'essere ripugnante.
Lo avrebbe ucciso! Aveva già alzato la spada quando la bestia, che lo
guardava con aria triste e spaventata, si coprì il brutto muso con le
grosse zampe.
Il soldato rimase a lungo a guardare il mostro senza sapere cosa fare.
Infine prese l' unica decisione che gli sembrava giusta.
"Non è colpa sua se il suo aspetto è così orribile" si disse, "conosco
molti uomini che sono più pericolosi di lui. Non mi è nemico, quindi lo
lascerò vivere !"
Rim ise la spada nel fodero e se ne andò.
Passarono i mesi. Igor andava di villaggio in villaggio, spesso invitato
da chi lo conosceva per il suo valore. Quando arrivò in città anche il
Principe lo invitò a corte. Ebbe così modo di conoscere molte ragazze
in cerca di marito, ma nessuna andava bene per lui. Non doveva solo
essere bella o ricca e dimostrargli amore e comprensione. Igor voleva
sentir battere il suo cuore come quella volta in cui si era avvicinato alla
casetta col tetto verde. Una mattina si decise: sentiva che doveva
tornare nella Valle dei Fiori Azzurri.
Cavalcò a lungo finché intravide da lontano il tetto verde. Era arrivato
finalmente! Sceso da cavallo, si stava avvicinando quando da una
finestra aperta sentì il canto di una voce dolcissima. Di nuovo il cuore
gli batté forte come la prima volta. Igor spalancò la porta impugnando
la spada: forse il mostro era ancora lì . Ma subito si fermò stupito.

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Davanti a lui una bellissima fanciulla lo accolse con un sorriso pieno
di felicità: "Vieni avanti, Igor. Ti stavo aspettando! Forse sarai curioso
di sapere che ne è stato del mostro."
E poi continuò: "Quel mostro sono io. Con il tuo gesto generoso non
solo mi hai salvato la vita ma mi hai li berato da un terribile incantesimo,
per questo ti amerò per sempre!"
Un attimo dopo i due erano fra le braccia l'uno dell'altra.
Al di là della montagna sempre innevata, nello stesso istante, il vecchio
eremita sorrise: aveva pagato il suo debito di gratitudine a Igor.

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IRINA E LO S PIRITO DEI BOSC HI
C'era una volta ... in un piccolo paese al li mitare di una grande foresta,
un 'orfanella di nome Irina.
Tutti conoscevano la sfortunata bimba e l'accoglievano sempre con un
sorriso. La bambina, che aveva una grande fantasia, passava le sue
giornate raccontando meravigliose storie e inventando strane
avventure.

370
Ogni mattina a scuola i compagni , prima dell'arrivo della maestra,
l'ascoltavano a bocca aperta.
Certe volte Irina diceva di aver visto un orso con la testa di uccello,
oppure che la luna piangeva di tristezza per la sua solitudine.
Altre volte raccontava di avere scoperto che il lupo si travestiva da
donna per andare al mercato. Ogni giorno era una storia diversa.
Tutti i compagni di Irina erano contenti di cominciare così la loro
giornata di scuola. Appena la bambina cominciava a parlare, in classe
tutti si zittivano, si sentivano soltanto il cinguettio degli uccelli e lo
stormire del vento tra i rami del cortile fuori dalla scuola.
E così quando la maestra entrava in classe, invece di trovare una gran
confusione, vedeva tanti visi attenti e silenziosi che ascoltavano gli
straordinari racconti. Qualche volta la maestra aveva perfino ritardato
l'inizio della lezione per lasciare che Irina potesse concludere una
storia particolarmente lunga o complicata. Poi , sorridendo, applaudiva
anche lei la piccola orfanella e carezzandola le diceva: "Se continui
così , un giorno diventerai una grande scrittrice!"
Nei giorni di mercato Irina, quando usciva dalla scuola, se trovava una
vecchia botte, vi saliva sopra e di lì richiamava l'attenzione dei passanti
con le sue fantastiche narrazioni.

371
Poi tornava a casa cantando e, a chi le chiedeva da chi avesse

imparato quelle canzoni, rispondeva: "E un ruscello del bosco che me
le ha insegnate!"
Insomma Irina portava una nota di allegria a tutti gli abitanti del paese.
Le donne si fermavano volentieri alla sua casetta per salutarla quando
tornavano a piedi dalla città.
Ma in paese c'era anche qualcuno che non amava Irina: era la figlia del
fabbro, una bambina cattiva e invidiosa, che in classe non apriva mai
bocca se non per fare la spia alla maestra.
Un giorno la bambina tornò a casa e disse a suo padre che Irina
era una bugiarda e raccontava incredibili storie per farsi bella agli
occhi di tutti.
Il fabbro si lasciò convincere dalla figlia e il giorno dopo si recò
al mercato per ascoltare di persona i racconti di Irina.

372
La bambina parlava di un lupo ferocissimo, di cui tutti avevano paura e
che, diventato suo amico, ogni sera andava a farle visita.
Quando Irina lasciò la piazza, il fabbro gridò: "Irina ci offende con i suoi
racconti. È convinta che siamo tutti stupidi e che crediamo alle sue
storie senza senso!"
Una donna dal viso gentile si rivolse al fabbro: "Lasciala dire. Vive in un
mondo suo, un mondo felice, e quando racconta le sue storie non lo fa
per farsi bella ai nostri occhi, ma perché ci crede veramente."
"Ti sfido a dimostrarlo!" rispose il fabbro, rosso in volto dalla rabbia nel
sentirsi contraddire.
La donna cominciò a discutere con lui: "Tu non conosci Irina come la
conosco io, hai soltanto sentito oggi una sua storia. Non puoi giudicarla
solo per questo."
Poi riuscì a convincerlo: "Questa sera andremo alla casetta di Irina
senza farci vedere. Vedrai che rimarrai sorpreso!"
Quando venne buio arrivarono in silenzio fin sotto la finestra: Irina, sola
davanti al camino, si dondolava sulla sedia mormorando qualcosa fra
sé. I due cercarono di capire cosa stesse dicendo.




373
" ... amico lupo, ti aspetto tutte le sere! Perché non vieni mai? Perché mi
lasci sempre sola? Di giorno sento gli uccellini che cantano e ho i miei
amici che mi fanno compagnia. Ma di notte ho tanta malinconia, sento
solo il verso del gufo e della civetta che mi impauriscono. Tutti hanno
una mamma o un papà che li rassicurano, invece io..."
Il fabbro a quel punto si girò commosso verso la donna che aveva già
gli occhi lucidi. Entrambi si erano resi conto che la povera bambina
aveva bisogno di inventare storie fantastiche e amici immaginari per
non sentirsi sola.
All'improvviso al fabbro venne un'idea; si chinò verso un grosso tronco
cavo, dicendo: "Da questo tronco posso ricavare con il mio scalpello
qualcosa che mi faccia somigliare a una creatura dei boschi, così Irina,
vedendo che i suoi personaggi vivono realmente, potrà pensare che i
suoi sogni siano veri!"
Più tardi la bambina sentì battere sul vetro della finestra. Era un nuovo
amico: lo Spirito dei Boschi.

--

-
374
"Ciao Irina!" disse la strana apparizione, "Nella foresta siamo tutti
entusiasti delle tue storie, dovresti raccontarne una anche su di me!"
Poi scomparve nel buio. Il giorno dopo la bambina raccontò a tutti una
nuova storia sullo Spirito dei Boschi , dicendo che era venuto a trovarla.
La figlia del fabbro, dopo le lezioni, corse a casa dal padre per
informarlo della nuova bugia di Irina.
Ma con sua grande sorpresa, il padre le rispose severo:
"Non devi parlar male di Irina. Quello che racconta è vero. Anzi devi
chiederle scusa per non averle creduto."
Fu così che quello stesso giorno, Irina guadagnò una nuova amica e la
figlia del fabbro perse la brutta abitudine di fare la spia.

375

....
I

LO STORNELLO CANTERINO
C'era una volta ... uno stornello che ogni giorno si recava al
nido del cardellino per prendere lezioni di bel canto.
Il cardellino come maestro era molto bravo e lo stornello come
allievo era molto volonteroso.
In poco tempo il canto dello stornello migliorò molto, finché
una sera all'imbrunire tutti gli abitanti del bosco si riunirono per
ascoltarlo. I rami degli alberi erano pieni di pubblico.
Anche il tasso, di solito molto pigro, uscì dalla sua tana mentre
il ranocchio arrivò affannato dallo stagno lontano.
Lo stornello com inciò a cantare e subito tutti si
sentirono più contenti , più allegri. Sembrava che
la melodia rendesse più felici gli abitanti del
bosco che si sentirono più amici ra i loro.

376
Era un canto gioioso e vivace e alla fine tutti
si congratularono con lo stornello che era
diventato così bravo.
Una notte di luna piena un usignolo volò sul
ramo più alto di una quercia e cominciò a
cantare. La melodia dell'uccellino, piena di
dolci e tristi note, era commovente.
Fu la volpe, che di solito dormiva poco, la prima a rimanere incantata ad
ascoltarlo. E subito chiamò la lepre: "Vieni! Vieni a sentire!"
Qualcuno già sveglio accorse. Anche lo stornello rimase affascinato dalla
dolce melodia. Alla fine tutti acclamarono l'usignolo come un Re, per
aver cantato così bene. Lo stornello tornò pieno di vergogna al suo nido.
Come gli sarebbe piaciuto cantare come l'usignolo! Si ricordava tutte le
note che aveva sentito e quella notte sognò di essere diventato bravo
come l'usignolo.
Nei giorni seguenti volò nel fitto bosco per esercitarsi a imitare quel
canto così diverso dal suo. Non c'era nessuno che potesse dare un
giudizio sui suoi progressi, ma una sera pensò che finalmente il suo
canto era cambiato e forse era diventato anche migliore di quello
dell'usignolo. Lo stornello invitò tutti ad ascoltare il suo nuovo concerto
e quando furono pronti, orgoglioso, cominciò a cantare. Ma gli animali
del bosco, che conoscevano le note allegre del suo canto, non
riconobbero adesso le delicate note dell'usignolo. Anzi quello che usciva
dal becco dello stornello assomigliava più al gracchiare della gazza che
ad altro. Piano piano, in silenzio, tutti cominciarono ad andarsene.
L'.ultimo rimasto, il ranocchio, urlò: "Basta! Non sai cantare!" e saltò via.
Il povero stornello guardò in basso e si accorse di essere rimasto solo.
Il giorno dopo, disperato per la brutta figu ra, volò dal cardellino.
"Che cosa ho combinato, maestro?" gli chiese triste.
"Non devi imitare l'usignolo. Ti servirà di lezione! Devi aver fiducia
nel tuo canto, perché è quello che i tuoi amici vogliono sentire da te!"
"Cosa devo fare ora?" domandò lo stornello.
"Riprendi a cantare con allegria come sai! Vedrai che tutti
ti ascolteranno di nuovo con gioia!"
Ringraziando, lo stornello volò al suo nido.
Aveva capito finalmente che si è apprezzati solo per quello
che si è capaci di fare bene.

377
LA FIGLIA DEL BOSCO
C'era una volta ... uno Zar che
aveva tre figli. Quando furono
\ cresciuti, lo Zar decise che era
giunto il momento che si
sposassero. Li chiamò e dopo
averli portati sotto le mura della
reggia, disse: "Ognuno di voi
prenda il suo arco e lanci una
freccia oltre questo muro. Dove
cadrà la freccia, lì troverete la
vostra sposa."
I tre figli rimasero un po' stupiti ma,
conoscendo il carattere autoritario
del padre, eseguirono l'ordine.
Il maggiore puntò l'arco a destra e
la freccia cadde in un giardino in
cui si trovava la figlia di un ricco
commerciante.
Il secondo mirò a sinistra e la
freccia cadde davanti alla finestra
della figlia di un valoroso generale.
Boris, il più giovane, che tutti
reputavano il miglior arciere del
regno, esitò a lungo prima di
scegliere la direzione.
Poi finalmente alzò l'arco e lo tese
con forza. Era convinto di non aver
mai lanciato una freccia così
lontano. Uscito dalle mura,
cominciò a cercare il punto in cui
era caduta la freccia. Ma invano.
Finché gli venne in mente che

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forse la freccia era caduta in un bosco molto fitto vicino alla reggia e
nel quale nessuno si era mai inoltrato. Con grande fatica si fece largo
fra il groviglio di piante, finché sbucò in una piccola radura e lì vide la
sua freccia conficcata nel terreno.
Si fermò stupito: seduta davanti a un ruscello, vestita di stracci, una
bellissima fanciulla lo fissava.
Boris confuso la salutò: "Buongiorno! Come ti chiami?"
La giovane lo guardò sorridendo, e gli rispose con una voce
dolcissima, pronunciando suoni senza senso. Boris si accorse allora
con sgomento che la fanciulla riusciva a capire, sia pure con fatica, ma
non sapeva parlare. La freccia, ancora conficcata nel terreno, ricordò a
Boris la promessa fatta al padre. Senza dubbio la ragazza che gli stava
davanti doveva diventare la sua sposa. Eppure Boris non ne era
dispiaciuto, nonostante questa incredibile situazione. Se il destino lo
obbligava a sposarla, lo avrebbe fatto volentieri. Accarezzò i capelli
biondi della sconosciuta poi la prese per mano dicendole: "Sono il
Principe Boris, figlio dello Zar. Vedi quella freccia? L.:ho tirata io poco fa,
sapendo- che nel punto in cui cadeva avrei trovato la mia futura moglie.

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La sorte adesso ci impone di sposarci. Ma io ne sarò
felice e tu?" Con gli occhi pieni di gioia e un sorriso
allegro, la fanciulla annuì. Le nozze dei tre fratelli furono
celebrate quasi subito. Poi ogni coppia andò ad abitare in
un'ala diversa del palazzo. Nei mesi che seguirono, mentre i
suoi fratelli partecipavano con le mogli alla vita di corte, Boris
invece viveva appartato. Era molto innamorato di sua moglie,
e cercava di apparire il meno possibile in pubblico per evitarle
l'imbarazzo di non saper parlare. Lo Zar si era pentito di aver
scelto questo strano modo di maritare i figli. Capiva che Boris,
per obbedirgli, aveva sposato una donna che tutti
schernivano. Lisciamento in cui viveva il figlio lo addolorava.
Alcuni cortigiani avevano addirittura osato consigliargli di
allontanare dal palazzo la moglie di suo figlio.
Dal giorno delle nozze lo Zar non l'aveva più vista, finché un
pomeriggio la incontrò mentre passeggiava nei giardini della
reggia. La fanciulla si inchinò profondamente e quando alzò gli

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occhi melanconici, lo Zar vide che erano pieni di lacrime. Il vecchio
allora tese la mano per aiutarla a rialzarsi e le disse: "Domani sera
sarai invitata al ballo di corte, io ti offrirò il mio braccio e apriremo le
danze." La sera del ballo tutta la corte aspettava curiosa l'arrivo della
Principessa. Quando fece la sua entrata, tutti ammutolirono: splendida
nel suo lungo abito di seta color argento, sui lunghi capelli biondi un
diadema di perle, la giovane si inchinò con grazia davanti allo Zar.
Questi le prese la mano e, come promesso, le disse: "Puoi concedermi
questo ballo?" "Certo Maestà!" rispose con voce dolcissima la
Principessa. Sia lo Zar che i cortigiani rimasero in dubbio. Era stata
proprio lei a parlare? Un brusio di voci agitate si sparse per la sala, poi
tutti si zittirono perché la Principessa continuò
rivolta allo Zar: "Sono felice di essere qui insieme a
voi per la prima volta!" Un applauso si
levò e tutti cominciarono a commentare

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eccitati, bisbigliando fra loro: "La Principessa parla!" Lo Zar al
colmo dell'emozione stava abbracciando Boris che gli sussurrava:
''Ti abbiamo fatto una grande sorpresa, vero? Ogni sera da mesi,
con pazienza, le insegnavo a parlare. Forse il tuo invito le ha tolto
la paura che per tanti anni bloccava la sua voce." Il padre, felice,
abbracciò di nuovo il figlio: "Perché prima non parlava?"
"È una triste storia," rispose il figlio, "che solo adesso sono riuscito
a farmi raccontare completamente. Quando era ancora una
bambina, il padre, un uomo molto ricco, morì. Lo zio, suo tutore,
per impossessarsi dei suoi beni, la fece portare in quel fitto bosco
dove l'ho trovata. Ogni mese due armigeri le portavano del cibo
ricordandole che se avesse osato uscire dal bosco lo zio l'avrebbe
uccisa. Questi anni di solitudine, pieni di terrore, le avevano tolto la
facoltà di parlare."
Lo Zar nei giorni che seguirono riflettè a lungo, finché alla prima
riunione del Consiglio del Regno annunciò: "Sarà Boris il mio
successore, perché ho avuto la prova di quanta pazienza e
saggezza sia stato capace nell'amare sua moglie.
E poiché per governare bisogna soprattutto
amare il proprio popolo, sono sicuro che sarà
lo Zar adatto per voi!"

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