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«QUESTO MISTERO È GR
LA RILEVANZA DELL'USO TEOLOGICO
DELLA METAFORA SPONSALE
NELLA DEFINIZIONE DELLA
SACRAMENTALITÀ DEL MATRIMONIO
k
Erio Castellucci
tiva non sia di fatto sempre presente oggettivamente nel singolo atto
sessuale, per la valutazione dell'atto importa solo che non venga
soggettivamente esclusa, ponendo con la volontà un ostacolo ad una
possibile conseguenza dell'atto stesso. Questa finalità è stata gelosa-
mente custodita nella tradizione cristiana, che l'ha ereditata dal di-
ritto romano, al punto da fame il fine primario del matrimonio e da
indicare l'oggetto del consenso nel reciproco "ius in corpus" relativo
agli atti sessuali5. L'integrazione di queste prospettive in una con-
cezione personalista, ad opera del Vaticano II6 e del magistero suc-
cessivo che non parlano di "gerarchia" dei fini e allargano l'oggetto
del consenso al dono reciproco di tutta la persona, non ha co-
munque affatto misconosciuto la componente procreativa della ses-
sualità: il magistero, anzi, continua a riaffermarla contro una anti-
life-mentality che rischia di cancellarla7. Nell'apertura al fine procrea-
tivo risiede infine un primo - ancora semplicemente abbozzato -
motivo di stabilità del rapporto tra uomo e donna: un'adeguata acco-
glienza ed educazione della prole la rende molto opportuna, se non
necessaria. È un motivo di convenienza esposto da S. Tommaso8 e
5 Così recitava il famoso can. 1081 § 2 del Codice di Diritto Canonico del 1917:
«Il consenso matrimoniale è l'atto di volontà con il quale ciascuna delle due
parti trasmette e riceve il diritto sul corpo (ius in corpus ), perpetuo ed esclu-
sivo, in ordine agli atti di loro natura adatti alla generazione della prole».
6 Cf. A. Favale, «Fini del matrimonio nel Magistero del Concilio Vaticano II»,
in Aa. Vv., Realtà e valori del sacramento del matrimonio , LAS, Roma 1976,
pp. 173-207; S. D. Kozul, Evoluzione della dottrina circa l'essenza del matrimonio
dal CIC al Vaticano II, LIEF, Vicenza 1980 (questo volume adotta una ermeneu-
tica conciliare che appare troppo sbilanciata verso l'idea della "discontinuità").
7 Cf. ad es.: Paolo VI, Lettera Enciclica Humanae Vitae , del 25 luglio 1968:
EV 3/587-617; Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris Consortio,
del 22 novembre 1981, nn. 32-33: EV 7/ 1620-1630.
8 Nella Summa Contra Gentiles III, cap. 123 («quod matrimonium debet esse
indivisibile»), tra i motivi "naturali" in favore della indissolubilità del matri-
monio, Tommaso riporta questi due: l'educazione dei figli richiede l'unione
stabile dei genitori; richiede anzi che il padre si preoccupi del figlio vita natu-
rai durante, e non lasci la madre da sola ad occuparsene («femina enim indi-
get mare non solum propter generationem, sicut in aliis animalibus, sed edam
propter gubernationem: quia mas esta ratione perfectior et virtute fortior»).
11 Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, doc. cit., n. 11:
E V 7/1560.
nlbià., n. 11: EV7/1557.
16 Già Pio XI, neir enciclica Casti Connubii, aveva precisato che l'amore coniu-
gale pervade tutti i compiti della vita coniugale e tiene nel matrimonio cri-
stiano un qualche primato di nobiltà (quemdam... principátům nobilitatis) e si
può perfino definire «causa e ragione primaria del matrimonio, se tuttavia
il matrimonio non viene inteso in senso stretto come istituto per procreare
ed educare legittimamente la prole, ma in senso più lato come comunione,
consuetudine e società di tutta la vita» (cf. AAS 22 (1930), pp. 547-549).
H. Doms, nel volume Du sens et de la fin du mariage , Paris 1937, sulla scia
delle aperture di Pio XI esprime l'idea che ormai vada abbandonato lo
schema tradizionale agostiniano-tomista del matrimonio, a suo parere lon-
tano dal valorizzare la mutua relazione dei coniugi e l'amore coniugale.
Tra coloro che approfondiscono il significato naturale dell'amore coniuga-
le e ne mostrano la piena "convenienza" con il sacramento del matrimonio,
fino alla definizione di GS 48, vanno ricordati K. Wojtyla e P. Adnès, ri-
spettivamente con Amore e responsabilità , Marietti, Torino 1978 (l'originale
polacco è del 1960) e Le mariage, Desclée, Tournai 1962.
17 Cf. U. Navarrete, Structura iuńdica matrimonii secundum Concilium Vaticanum II,
Gregoriana, Roma 1968.
18 Cf. G. Baldanza, «In che senso ed entro quali limiti si può parlare di una
rilevanza giuridica dell'amore coniugale dopo la Costituzione pastorale
"Gaudium et Spes"», in Scuola Cattolica 96 (1968), pp. 43-66.
fedeli alla dottrina conciliare l'amore debba entrare fra gli elementi
indiretti del consenso, sia in quanto condizione previa che rende
autentico il consenso sia in quanto finalità a cui il consenso si dirige,
se è vero che il matrimonio è una «intima comunità di vita e di
amore coniugale». La questione si può considerare ancora aperta.
creato, che ha un significato nella vita hic et nunc, ma che con la morte e con
la fine dei tempi perde il suo significato per l'individuo e rispettivamente per
il genere umano nel suo insieme. Il matrimonio è un dono della creazione,
che però appartiene strettamente a questo mondo» (E. Schillebeeckx,
Il matrimonio. Realtà terrena e mistero di salvezza , Paoline, Roma 1980, p. 349).
no stati toccati dal peccato (cf. Gen 3) e quindi sono un segno ormai
ambivalente, un segno ferito che può essere guarito solo da Dio. La po-
ligamia e la possibilità del divorzio - pratiche così scopertamente
contrastanti il progetto originario di Dio in Gen 1-2 - evidenziano
la profondità di questa ferita. La sessualità-matrimonio sarebbe ca-
pace dunque, per sua natura, di dire qualcosa di Dio, ma storica-
mente non riesce più a farlo, se non interviene Dio stesso. La realtà
naturale, dunque, può tomare a parlare il suo linguaggio pieno se
non è assunta dalla metafora teologica, se non è inserita nella relazione
tra Dio e il suo popolo. Siamo così condotti alla seconda direzione.
L'altra direzione dunque - dall'alleanza Dio-popolo alla coppia
uomo-donna - risulta specifica dell'Antico Testamento nel panora-
ma religioso antico: basata sulla riflessione che l'Antico Testamento
fa sulla "creazione" a partire dall'esperienza dell'alleanza26, questa
seconda direzione evidenzia la capacità del matrimonio di parlare
di Dio a condizione che sia egli stesso ad assumerlo come metafora . Infat-
ti il matrimonio compare più volte, in bocca a Dio, tra i simboli
rappresentativi dell'amore di Dio con il suo popolo (cf. Os 1-3;
Ger 2,1 e 3,1; Ez 16,1-63; Is 54,4-8 e 62,5-5); simbolo più forte, per
molti aspetti, che non quello del pastore, del padrone della vigna,
del condottiero ed altri.
Nell'Antico Testamento quindi il matrimonio, dopo il peccato, non
è consegnato alla "profanità", né tanto meno alla malvagità; anzi,
26 Cf. Cf. G. von Rad, «Il problema teologico della fede veterotestamentaria
nella creazione», in Id., Scritti sul Vecchio Testamento, Jaca Book, Milano 1984,
pp. 9-25; G. Barbaglio e G. Colombo, «Creazione», in G. Barbaglio e
S. Dianich (edd.), Nuovo Dizionańo di Teologia, Paoline, Roma 1977, pp. 184-210.
27 E. Schillebeeckx, Il matrimonio, cit., p. 349.
28 Esiste una differenza tra questi passi: In Le e Mt si parla solo dell'uomo che
ripudia, mentre in Me il ripudio è attribuito anche alla donna: perché Le e
Mt rispecchiano la legislazione ebraica, mentre Me quella greco-romana
(dove anche la donna poteva avviare una causa di divorzio): citare un com-
mentario.
3. IL MATRIMONIO SACRAMENTALE:
SEGNO EFFICACE DELL'AMORE TRA CRISTO E LA CHIESA
33 Cf. FC 16.
37 Non possiamo seguire la "storia degli effetti" del basilare testo paolino che,
attraverso i Padri, ci condurrebbe alla riflessione medievale sulla sacra-
mentalità del matrimonio. Vanno però ricordati almeno due testi del
Crisostomo: il matrimonio è "icona" dell'alleanza di Cristo e della Chiesa
(cf. Omelia 56 sulla Genesi : PG 54,487); il matrimonio di Adamo ed Eva era
per loro un "abbozzo" in cui si annunciava la realtà piena del matrimonio
di Cristo e della Chiesa ( Omelia 20 su Efesini : PG 62,140).
38 Cf. DS 1801.
39 Cf. IV Sent. d. 26 q. 2 ad 3-5.
40 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, doc. cit.,
n. 3: EV 7/ 1529-1531.
Riassunto