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GLOSSARIO PER I TERMINI E I CONCETTI DELLA MUSICA

Accento ritmico: ogni indicazione di tempo suggerisce implicitamente una scansione di accenti
detta accento ritmico. Ad esempio se il tempo di un brano è 4/4, ciò corrisponde a pensare una gri-
glia ritmica di base in cui sono accentati e per questo detti tempi forti o battere, i tempi 1 e 3: |tà
ta tà ta| (di conseguenza sono detti tempi deboli o levare i tempi 2 e 4). Se il tempo è invece ad
esempio 3/4, la griglia di base si modificherà in: |tà ta ta|. (Cfr. anche Accento melodico)

Accento melodico: sono le note della melodia su cui cade l’accento, note che viene quindi naturale
suonare più forte (ad esempio: sàn mar tì no càm pa nà ro). Di solito si tende a far coincidere l’ac-
cento melodico con l’accento ritmico, ovvero con i tempi forti suggeriti dalla griglia ritmica di base
– quando invece così non è ci si riferisce a questa situazione con il termine sincope/sincopato, o suo-
nare in levare. Esempio coincidenza accento ritmico e melodico: |tà ta tà ta| tà ta tà ta|>|sàn mar
tì no| càm pa nà ro|. Esempio sincope: |tà ta tà ta| tà ta tà ta|>| sàn mar tì | no càm pa nà |

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Accidenti vd. Alterazioni

Accompagnamento vd. Solista

Accordatura, accordatore: l’accordatura è l’operazione di messa in tensione iniziale degli ele-


menti attivi dell’oscillatore in modo che essi possano produrre le note proprie dello strumento mu-
sicale. Ad esempio, in un pianoforte, all’atto del montaggio, ciascuna corda interna deve essere
portata alla tensione giusta in modo che emetta proprio la nota cui è associata. Se la corda perde
nel tempo la tensione che le è propria, l’accordatura può essere eseguita come manutenzione,
tramite l’ausilio di un apposito strumento elettronico chiamato accordatore, che confronta la fre-
quenza della corda suonata con la frequenza che quella corda dovrebbe emettere, rilevando così se
è necessario un aumento o una diminuzione di tensione per quella corda (di solito operato tramite
l’avvitamento o svitamento di elementi meccanici interni allo strumento).

Accordo: un accordo è un assieme di 3 note (triade) suonate contemporaneamente. L’accordo prende


il nome dalla nota più bassa (detta basso, o fondamentale, o tonica) e ha un aggettivo che qualifica i
rapporti tra la nota più bassa e le superiori. Si dice ad esempio un accordo maggiore quello in cui la
nota intermedia è a un intervallo di terza maggiore sopra la fondamentale, e la nota più alta è a un
intervallo di quinta sopra la fondamentale. Ad esempio un accordo di Do maggiore sarebbe formato
da Do, (2T sopra Do=) Mi, (3,5T sopra Do=) Sol. Si dice invece un accordo minore quando la nota
intermedia è una terza minore sopra la fondamentale (accordo di Do minore=Do, (1,5T sopra Do=)
mib, (3,5T sopra Do=) Sol. Gli accordi maggiori e minori sono i più utilizzati e la sigla che li caratterizza
è semplicemente il nome della fondamentale per i maggiori es. accordo di Do maggiore=Do, e per i
minori lo stesso ma con una “m” o un segno “-“, es. accordo di Do minore= Dom o Do- .

Accordo alterato: è quando si altera la triade standard dell’accordo, ovvero basso, terza e quinta
(es. Do=Do Mi Sol) aggiungendo una nota o sostituendo una nota (ma mai il basso). In questi casi
la sigla dell’accordo si arricchisce di una particella che qualifica la alterazione introdotta (es. Do7=Do
Mi Sol Si / Dom7=Do, Mib, Sol, Si / Dosus4=Do Fa Sol / Do6=Do Mi La, Dom6=Do Mib La).

Accordo maggiore, a. minore: un accordo maggiore è formato da una nota detta ‘basso’ o ‘fonda-
mentale’, più la nota che sta una terza maggiore sopra la fondamentale, più la nota che sta una quinta
sopra la fondamentale. Es. accordo di Do maggiore=Do, Mi (terza maggiore sopra Do), Sol (quinta
sopra Do). L’accordo minore è come il maggiore, con la differenza che la nota centrale è una terza
minore sopra la fondamentale es. accordo di Do minore=Do, Mib (terza minore sopra Do), Sol (quinta
sopra Do). Mentre le tre note di un accordo maggiore hanno un grado di consonanza massimo, che
conferisce all’accordo il carattere o gesto melodico di brillantezza che conosciamo, la piccola dissonanza
introdotta dalla terza minore nell’accordo minore gli conferisce a confronto un tono melanconico, o
di piccola “mancanza”. Gli accordi maggiori e minori sono i più utilizzati.

Acuto, alto/grave, basso: aggettivi usati per caratterizzare un suono dalla frequenza rispettiva-
mente alta/bassa.

Alterazioni o accidenti: sono i segni grafici che aiutano a indicare le note corrispondenti ai tasti
neri del piano. Ad esempio la nota nera a destra del Do è chiamata Do# (Do diesis), quella a sinistra
del Si è chiamata Sib (Si bemolle). Più in generale # indica la nota che sta un semitono sopra quella
indicata, b quella che sta un semitono sotto.

Alterazioni in chiave: se l’alterazione è riportata sul pentagramma non vicino alla nota singola da
alterare, ma subito dopo la chiave (si dice che l’alterazione è messa in chiave), essa altera per tutto
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il brano tutte le note omonime a quella che cade sul rigo/spazio dove è riportata l’alterazione. Ad
esempio, aver messo l’alterazione # in chiave sul rigo corrispondente a Fa, equivale ad aver alterato
in Fa# tutti i Fa del brano: in altre parole le due scritture qui sotto sono equivalenti.

Altezza, alto vd. Suono

Analisi armonica vd. Analisi musicale

Analisi musicale: il procedimento tramite cui si studia la logica di un brano musicale. Ad esempio
si può cominciare ad analizzare la forma musicale, ovvero la sequenza dei temi del brano (es. ABA).
Poi si può per ciascun tema fare un’analisi armonica, ovvero indicare sotto lo spartito la sequenza
di accordi con riferimento ai numeri romani (I, II, III, IV, V, VI, VII). Dati gli accordi (e individuate
quindi le cadenze) si passerà a individuare le singole frasi, e quindi si evincerà la struttura interna
del tema (es. A=abac). Quindi si può passare ad analizzare il gesto melodico complessivo che emerge
dal brano ecc…

Agogica vd. Indicazioni dinamiche, i. espressive

Armonia vd. Melodia

Armoniche, a. superiori: ogni nota, la cui altezza misuriamo semplicemente attribuendole una
specifica frequenza N, si rivela a un esame scientifico essere un suono complesso, formato sì da
una componente fondamentale a frequenza N, ma con in più delle componenti secondarie a fre-
quenze superiori 2N, 3N, 4N ecc. dette armoniche. In termini più pratici, se suoniamo un Do al
pianoforte, la nota prodotta è in realtà il Do a volume forte, più, a volume bassissimo, una pletora
di altre “notine” – il Mi, il Sol, il Do superiore ecc: l’insieme di queste notine è detto armoniche, o
armoniche superiori della nota.

Armonizzazione della scala: procedimento con cui si ricava da una scala un set di accordi, che
consiste nel partire da ciascun grado della scala e prendere 3 note ad intervalli di terza. Ad esempio
dalla scala di Do maggiore si ricavano gli accordi nel seguente modo: scala di Do maggiore=Do Re
Mi Fa Sol La Si Do, accordi=Do (Do Mi Sol), Rem (Re Fa La), Mim (Mi Sol Si), Fa (Fa La Do) ecc…
A volte per gli accordi derivati da una scala si usa una rappresentazione astratta, usando i numeri
romani (I, II, III, IV, V, VI, VII o I II III IV V VI VII se distinguiamo accordi maggiori e minori con
maiuscolo minuscolo).

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Arrangiamento vd. Composizione

Basso vd. Grave

Battere vd. Accento ritmico

Battuta: lo spazio della riga di pentagramma delimitato da due righe verticali consecutive. Le battute
di uno spartito sono spesso numerate per permettere ai musicisti di riferirsi facilmente a un punto
specifico del brano.

BPM vd. Metronomo

Cadenza: accordi finali della frase musicale. Ad esempio, finire una frase con la cadenza I-V (half
cadence, cadenza interrotta) qualifica la frase tipicamente come la prima metà di un discorso mu-
sicale, da essere continuata e conclusa (cfr. Teoria funzionale). La cadenza V-I (perfect cadence,
cadenza perfetta) qualifica invece la frase come la frase finale del discorso musicale, grazie al senso
di compiutezza e risoluzione che dà il movimento dell’accordo di sospensione verso quello di riposo.
IV-I è detta cadenza plagale, succedanea della perfetta, e infine V-VI è detta cadenza di inganno,
in quanto dopo un V ci si aspetta un I a risoluzione della sospensione introdotta, e invece è proposto
un accordo diverso da I, tipicamente per aver occasione di continuare il discorso. Un tipico discorso
musicale articolato in due frasi e perfettamente compiuto, ad esempio, potrebbe essere sostenuto
da questa sequenza di accordi I IV I V (cadenza interrotta), I IV V I (cadenza perfetta).

Cantabile: si dice per indicare una melodia adatta ad essere cantata – che ad esempio non abbia
intervalli difficili da intonare e una estensione compatibile con una voce. Più in generale cantabile
indica una “bella” melodia, che abbia carattere, apertura, lirismo.

Canzone: la forma canzone è una forma di composizione musicale semplificata tipica della musica
leggera. Si tratta tipicamente della alternanza di due temi chiamati strofa (o verse, “A”) e ritornello
(o chorus, “B”), con compiti e caratteristiche musicali prefissate. Ovvero di solito la strofa ha un
compito narrativo (esporre la storia) e caratteristiche musicali subalterne (è un tema debole, ovvero
minimale/ripetitivo/prevedibile), mentre la strofa ha un compito esemplificativo (esporre la morale
della storia) e caratteristiche musicali protagoniste (è un tema forte, ovvero articolato/memorabile).
Nelle forme più complesse di canzone si può aggiungere un terzo tema chiamato intermezzo (o
bridge, “C”) con compiti di chiarimento o precisazione e caratteristiche musicali intermedie. Dati i
tre temi, molteplici sono le possibilità con cui si presentano nella canzone, ma le più frequenti sono:
AAAA (forma strofica), ABAB (classico: strofa e ritornello), ABABCB (con intermezzo). Esiste anche
una forma molto usata nella canzone da musical americano, che è AABA.

Cassa armonica vd. Strumento

Chiamata e risposta: è un tipico procedimento tramite cui si amplia in fase di composizione una
frase musicale. Ovvero data una frase musicale (chiamata), se ne costruisce un altra a essa logica-
mente correlata (risposta). Tra i procedimenti ve ne sono di meramente geometrici, ad esempio la
frase risposta può essere identica alla frase chiamata (ripetizione), oppure composta dalle note lette
all’inverso (retrograda), oppure la curva della melodia può essere la stessa ma a partire da una nota
diversa (traslazione); oppure procedimenti di carattere più strutturale, come ad esempio, dividendo
la frase in due semifrasi e chiamandole “a” e “b”, può essere: chiamata=ab —> risposta=ac (ovvero
le due frasi iniziano nello stesso modo-anafora), o ab—>cb (le frasi invece finiscono allo stesso
modo) ecc… Il procedimento può essere iterativo, nel senso che dopo aver ampliato una frase co-
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struendole una risposta, si può considerare la frase complessiva ottenuta (di lunghezza doppia) e
costruire una risposta a quest’ultima. Il tutto fino ad avere un tema musicale sufficientemente lungo
e consistente. Anche un tema musicale, naturalmente, è a sua volta un elemento musicale che può
fungere da chiamata, e cui pertanto si può scrivere un secondo tema in risposta (di solito la logica
che regola la riposta tra temi è che essi siano legati da un elemento, ma sufficientemente diversi
nelle caratteristiche medie, come ad esempio stanno bene assieme colori complementari).

Chiave (di pentagramma): la lettura delle note sul pentagramma dipende dalla chiave, ovvero
il segno grafico posto all’inizio del pentagramma prima di tutti gli altri. Ad esempio la chiave di vio-
lino (o di Sol) indica che la nota sul secondo rigo, corrispondente graficamente al centro della
chiave, è da considerarsi come un Sol3. Quindi la sequenza qui sotto si legge Do3 Re3 Mi3 Fa3 Sol3
La3 Si3 Do4:

La chiave di basso (o di Fa): indica invece che la nota corrispondente graficamente al centro
della chiave è da considerarsi come un Fa2, quindi la stessa sequenza si leggerebbe Mi1 Fa1 Sol1
La1 Si1 Do2 Re2 Mi2:

Le chiavi sono utili perché lo stesso pentagramma può essere utilizzato per scrivere per strumenti
diversi “centrandolo” tramite la chiave sulle estensioni tipiche degli strumenti. Ad esempio il violino
e gli altri strumenti che emettono note nel registro alto, utilizzano la chiave di violino, mentre il
contrabbasso e gli altri strumenti che emettono note gravi utilizzano la chiave di basso. Per il pia-
noforte, lo strumento che ha l’estensione maggiore, dalle note più gravi a quelle più alte, sono ne-
cessarie ben due righe di pentagramma sovrapposte, una in chiave di violino e una in chiave di
basso:

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Chiave di violino, c. di basso vd. Chiave

Circolo delle quinte: rappresentazione della serie di note che si ottengono spostandosi di una
quinta verso l’alto, e alla fine si torna come in un circolo alla nota di partenza. La rappresentazione
può essere usata per scopi mnemonici, in quanto note vicine in essa rappresentano tonalità vicine,
e anche, se vogliamo, per la costruzione alternativa delle scale: 7 note consecutive adiacenti riordi-
nate in ordine crescente formano una scala maggiore, 5 note consecutive riordinate compongono
una scala pentatonica (es. Fa Do Sol Re La Mi Si —> Do Re Mi Fa Sol La Si Do —> scala Do mag-
giore). Altri utilizzi mnemonici sono per la individuazione di sequenze di accordi o sostituzioni ar-
moniche.

Composizione: scrittura di un brano musicale. Un modo possibile, abbastanza tipico, è quello dal-
l’alto al basso, ovvero si parte con una idea o frase musicale e si espande questa ottenendo uno o
più temi musicali (cfr. Chiamata e risposta). Quindi si passa alla fase dell’arrangiamento, ovvero la
definizione dei dettagli: la sequenza dei temi, lo stile, quale strumento eseguirà la melodia e quali
l’accompagnamento, la scrittura su pentagramma delle singole parti. Di solito si compone un intero
brano nell’ambito di una singola tonalità.

Composizione musicale (brano): una sequenza o alternanza di temi musicali. Una canzone, ad
esempio, presenta tipicamente una sequenza di temi del tipo ABAB, o AAAA dove A è il tema
“strofa”, B è il tema “ritornello”.

Condotta delle voci vd. Rivolto

Concerto: nella musica leggera, un happening musicale con spettatori e un gruppo (band) che
suona. Nella musica classica, una forma della composizione caratterizzata dalla presenza di un’or-
chestra che supporta e risponde ad uno strumento solista, che esegue la parte di maggior virtuosismo
e rilevanza.

Consonanza, dissonanza: consonanza è quando due o più note, suonate assieme, producono al
nostro orecchio una sensazione di unità e armonia. Questa sensazione ha una base fisica ed una cul-
turale. Quella fisica è legata al grado di coincidenza delle armoniche superiori delle note prese in
esame (tanto più coincidono le armoniche, quanto più chiamiamo “consonanti” le note), che crea al-
l’orecchio un effetto di piacevole unità. Quella culturale è che ci siamo abituati a sentire certe note as-
sieme, così come ci si abitua ad un gusto, quindi le consideriamo ben assortite. Facciamo un esempio:
Do e Sol stano benissimo assieme, perché le armoniche delle due note tendono a coincidere. Se ag-
giungiamo un Mi, ancora si ha buona coincidenza delle armoniche. E infatti il gruppo do-Mi-Sol forma
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il principe degli accordi, l’accordo maggiore. Se ora aggiungiamo ancora un Si, le armoniche di que-
st’ultima nota non coincidono con quelle del gruppo precedente, ma creano una piccola dissonanza
tollerabile, cui siamo oramai abituati e che abbiamo imparato ad apprezzare (Do-Mi-Sol-Si formano
un accordo di maggiore settima). Dissonanza è il termine musicale contrario di consonanza: quando
due o più note suonate assieme, proprio creano un effetto di dis-armonia, stonatura.

Corda (di uno strumento a corda): è l’elemento attivo che produce il suono quando messa in
vibrazione. Una legge fisica lega la frequenza della nota emessa dalla corda tesa al grado di tensione
(proporzionale), alla lunghezza (inversamente proporzionale) e allo spessore (inversamente pro-
porzionale) della corda. Le corde possono essere messe in vibrazione in diversi modi a seconda
degli strumenti: per sfregamento nel violino, per percussione nel piano e pizzicate nella chitarra.

Debole/forte (cadenza) vd. Periodo

Debole/forte (tema) vd. Canzone

Debole/forte (tempo) vd. Accento ritmico

Decibel (dB): unità di misura del volume di un suono, è una grandezza non lineare (la moltiplica-
zione in dB equivale a una somma), e per questo riesce utilmente a descrivere con un numero di
cifre finito i volumi più piccoli percepibili dall’orecchio umano (es. sussurro: 15-25 dB), così come
i più grandi (es. concerto rock 120 dB).

Dissonanza vd. Consonanza

Dominante (funzione di) vd. Funzioni armoniche

Durata delle note (e delle pause): è indicata come frazione di un tempo intero o unitario preso
a riferimento. La nota di maggior durata è pari a 4/4, ovvero il tempo unitario (appare sul penta-
gramma come un pallino vuoto), poi viene quella di durata 2/4 (appare come un pallino vuoto con
una stanghetta), quella di durata 1/4 (un pallino pieno con una stanghetta), poi quella di durata 1/8
(pallino pieno con stanghetta con un taglio superiore) e così via dimezzando. La notazione della
durata dei silenzi o pause è analoga, nel senso che esiste un segno grafico per rappresentare sul
pentagramma un silenzio da 4/4, uno da 2/4 e così via. Qui sotto le note illustrate di durata via via
decrescente, e poi note alternate a silenzi di eguale durata:

Esecuzione e interpretazione: sono due termini con cui ci si riferisce all’atto del musicista che
suona una musica scritta. L’esecuzione di solito si riferisce a come il musicista ha saputo dominare
gli aspetti tecnici del brano, ovvero se ha suonato senza sbavature le parti difficili, mentre inter-
pretazione indica la resa delle indicazioni dinamiche ed espressive riportate sullo spartito, che non
sono scritture esatte, e ogni musicista le interpreta appunto secondo la sua sensibilità particolare,
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aggiungendovi del suo per rendere più espliciti i messaggi emotivi (gesti melodici) che evince dalla
partitura.

Estensione della melodia, e. vocale, e. di uno strumento musicale: estensione di una melodia
è detto l’intervallo tra la nota più bassa della melodia e quella più alta. Ad esempio una melodia
può avere estensione di una ottava, e nello specifico, questa ottava può essere da Do3 a Do4.

Estensione vocale: è detto l’intervallo tra la nota più bassa e la più alta emettibile senza sforzo né
difetti di emissione da un cantante. È naturale che l’estensione vocale comprenda l’estensione della
melodia se un cantante vuole cantarla. Ad esempio con riferimento a una melodia che va da Do3 a
Do4, l’estensione vocale deve essere tale che la nota più bassa emettibile sia pari o più bassa di
Do3 e la più alta sia pari o più alta di Do4. A volte, se l’estensione vocale in valore assoluto com-
prende l’estensione della melodia ma è centrate su registri diversi, il problema si risolve con la tec-
nica della trasposizione (ad es. se l’estensione melodia=Do3 Do4, estensione vocale=Mi3 Mi4, basta
trascrivere la melodia 2 toni sopra). Si utilizza il termine estensione anche in riferimento agli stru-
menti musicali, sempre con significato di intervallo tra la nota più bassa e più alta che quello stru-
mento può emettere.

Forma musicale vd. Analisi musicale

Forte vd. Debole

Frase musicale: è una breve sequenza di note che esprime un’idea musicale riconoscibile, ricor-
dabile. Non è una regola, ma si usa considerare 2 o 4 battute lunghezze abbastanza tipiche per la
frase musicale.

Frequenza (Hz): sinonimo e unità di misura dell’altezza di un suono, è pari al numero di oscilla-
zioni compiute in un secondo dal corpo che emette il suono. Ad esempio il La emesso dalla quinta
corda della chitarra ha una frequenza di 440 Hz, ovvero la corda che lo produce, messa in vibrazione,
oscilla esattamente 440 volte al secondo.

Funzioni armoniche: semplificando la trattazione, la teoria funzionale della armonia di Rie-


mann sottolinea come di fatto, componendo nell’abito di una tonalità, si tende a utilizzare gli
accordi associando a ciascuno una funzione specifica: riposo, tensione, sospensione. Tali funzioni
possono essere anche lette come livelli di energia progressivamente crescente. Utilizzando i nu-
meri romani per gli accordi sarà: accordi di riposo (o funz. di tonica)=I, III; accordi di tensione
(o funz. di sottodominante)=IV, II; accordi di sospensione (o funz. di dominante)=V, VII (manca
l’accordo VI, che è ambivalente appartenendo tanto a riposo che a tensione). In accordo con
queste definizioni – ovvero che l’uso dell’accordo sottende la funzione indicata – la sequenza di
accordi che sostiene un discorso musicale coerente e compiuto tipicamente inizia con un riposo,
prosegue con un’alternanza delle funzioni, e termina ancora con un riposo. Se la sequenza di
accordi invece termina con un accordo diverso dal riposo, ciò la qualifica come una “parte” del
discorso musicale, da esser continuata e conclusa. La teoria funzionale abilita inoltre le sostitu-
zioni armoniche, nel senso che data una sequenza di accordi, è possibile sostituire a ciascuno
un accordo della stessa famiglia mantenendo inalterato il “senso” del discorso musicale (es. la
sequenza di accordi I IV V IV I equivale alla sequenza I II V IV III). Con le sostituzioni armoniche
si può ridurre la complessità di una qualsiasi sequenza di accordi ad una sequenza fatta dei soli
accordi principali I, IV, V – o viceversa si può rendere più complessa una sequenza fatta di soli
accordi principali.

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Generi musicali/stile: tipicamente, una stessa melodia, può essere arrangiata facendo riferimento
a un genere musicale/stile particolare. Il genere musicale è un insieme di regole che codifica l’as-
sociazione tra un messaggio e un sound. Ad esempio il messaggio del genere rock è la ribellione,
ed è quindi associato ad un sound e a un modo di suonare aggressivo e potente: chitarre elettriche
distorte, batteria, basso pulsante.

Gesto melodico: è l’andamento generale della melodia, che, analogamente al tono di voce del lin-
guaggio parlato, suggerisce efficacemente stati d’animo ed emozioni. Ad esempio suggerisce calma
il parlare lentamente, così come una melodia lenta. Esprime lamento un tono di voce progressiva-
mente calante, così come una melodia che sempre scende. Alcuni gesti melodici non hanno invece
parallelo nel parlato perché si basano su caratteristiche prettamente musicali, come ad esempio la
melancolia suggerita dalla prevalenza di accordi minori, e la brillantezza al contrario suggerita dalla
prevalenza di accordi maggiori in un brano musicale.

Giro accordi: sequenza di accordi eventualmente ripetuta sopra la quale viene eseguita la melodia.
Una sequenza di accordi può essere un’utile base anche per costruire una melodia, nel senso che
si possono scrivere prima gli accordi, e poi, secondo la regola della consonanza sui tempi forti, in-
dividuare una melodia che si basi – che si appoggi – su di essi. Nella musica classica si utilizza una
mappa che aiuta la prassi della costruzione di sequenze di accordi “belle”, dicendo per ogni accordo
quali sono gli accordi successivi consentiti. In particolare è giudicato bello, gratificante, il movimento
di un accordo a uno che gli sta una quinta sotto, ovvero che fa lo stesso movimento della cadenza
perfetta (muovendosi sempre in questo modo si ottiene una sequenza chiusa conosciuta come cir-
colo delle quinte).

Grado vd. scala

Grave vd. Acuto

Indicazioni dinamiche, i. espressive: le indicazioni dinamiche (forte, piano, crescendo, decre-


scendo…) sono scritte sullo spartito e indicano al musicista in maniera sommaria il volume con cui
deve suonare ogni frase, sezione ecc… Le indicazioni espressive (o agogiche) indicano invece, sem-
pre in modo sommario, come interpretare ogni frase, sezione ecc… Ad esempio l’indicazione legato
indica suonare senza soluzione di continuità, in tono morbido e cantabile – come giuntando le
sillabe nel parlato (nonmifermare). Al contrario staccato indica scandire le note e marcare la discon-
tinuità, come nel parlato sillabando (nòn-mì-fèr-mà-rè!). Vi sono poi indicazioni espressive più arti-
colate e sfumate, come “suonare con brio”, “con dolore” ecc.

Interpretazione vd. Esecuzione

Intervallo: l’intervallo è la distanza tra due note, in termini di altezza. Se misuriamo un intervallo
in modo semplificato, basta contare le note sulla scala di riferimento. Tra Do e Do stesso c’è un
unisono, tra Do e Re un intervallo di seconda, tra Do e Mi una terza, tra Do e Fa una quarta, tra
Do e Sol una quinta, tra Do e La una sesta, tra Do e Si una settima, tra Do e il Do superiore una ot-
tava, tra il Do e il Re superiore una nona ecc… Se misuriamo invece in modo esatto, contando in
termini di toni/semitoni, possiamo aggiungere un aggettivo qualificativo dell’intervallo secondo il
seguente schema:

0T unisono
0,5T intervallo di seconda minore;
1T intervallo di seconda maggiore;
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1,5T int terza minore;
2T int terza maggiore;
2,5T int quarta giusta (quarta);
3T int quarta eccedente o quinta diminuita;
3,5T int quinta giusta (quinta);
4T int sesta minore;
4,5T int sesta maggiore;
5T int settima minore;
5,5T int settima maggiore;
6T int ottava (ad esempio, da Do al Do superiore).

Legato vd. Indicazioni dinamiche, i. espressive

Levare vd. Accento ritmico

Maggiore, minore: aggettivi che possono qualificare una scala, tonalità, accordo, intervallo.

Melodia/armonia (accompagnamento): si dice melodia la sequenza di note di un brano, di so-


lito cantate o eseguite da uno strumento solista, e armonia la sequenza di accordi contemporanea-
mente suonate dallo/dagli strumento/i di accompagnamento, per sostenere detta melodia. Melodia
e accompagnamento di un brano sono naturalmente strettamente legate tra loro, primo perché ap-
partengono alla stessa tonalità, secondo perché sono tipicamente consonanti in corrispondenza
degli accenti ritmici (in buona sostanza in corrispondenza degli accenti la nota suonata dalla melodia
coincide con una delle note dell’accordo sottostante: qui sotto ad esempio, in corrispondenza degli
accenti, si vede che la nota della melodia fa appartiene al sottostante accordo di Fa, successivamente
la nota la appartiene a Fa, la nota Sol a Do, la nota re a Sol).

Metronomo: uno strumento che riproduce, come se fosse una batteria, una pulsazione ritmica re-
golare ad un tempo impostabile dall’utente. Il tempo metronomico si imposta in BPM, ovvero battiti
per minuto. Il metronomo può essere utile al musicista in diverse occasioni: 1) per capire le indica-
zioni di tempo metronomico eventualmente presenti all’inizio del pentagramma. Dove troviamo ad
esempio la indicazione 1/4=70 (BPM), questo significa che una nota di durata 1/4 dura come un
battito quando mettiamo il metronomo a 70 BPM. 2) per studiare un brano “a tempo”: dal momento
che si tende senza accorgersi a rallentare nei passaggi tecnicamente difficili, il metronomo ci co-
stringe invece a studiare tutto a tempo. 3) per misurare la velocità ideale per un brano musicale di
nostra composizione: provando a diverse velocità e definendo quella più adatta al brano, con il me-
tronomo possiamo determinare esattamente quanto vale questa velocità in BPM.

Minore vd. Maggiore, minore

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Modi, modo maggiore /minore: scale utilizzate nell’antichità, a partire dalla musica della Grecia
antica. Rimangono infatti per i modi i nomi greci:

T-T-s-T-T-T-s Ionico (corrisponde alla moderna scala maggiore)


T-s-T-T-T-s-T Dorico
s-T-T-T-s-T-T Frigio
T-T-T-s-T-T-s Lidio
T-T-s-T-T-s-T Misolidio
T-s-T-T-s-T-T Eolio (corrisponde alla moderna scala minore)
s-T-T-s-T-T-T Locrio

Nella musica moderna occidentale sono poi rimasti i soli modi Ionico e Eolio, che oggi chiamiamo
rispettivamente “maggiore” e “minore” (vd.. Scala maggiore e minore). C’è però da dire che quando
si parla di musica modale, con gli antichi nomi delle scale, ci si vuol riferire ad una musica arcaica/et-
nica, quindi monofonica o al limite polifonica (brano=melodia, o al limite più melodie sovrapposte),
ma in cui non compare ancora il concetto di accordo. Quando invece parliamo di modi maggiore
e minore, ci riferiamo alla concezione moderna occidentale, dove dalla scala sono derivati i relativi
accordi, e dove anzi l’armonia costituisce la struttura portante della melodia e ne vincola il corso
(brano=melodia+armonia).

Modulazione: la maggior parte delle moderne canzoni è scritta in una singola tonalità. Ad esempio,
se il brano usa solo le note della scala di Do maggiore dall’inizio alla fine è in tonalità di Do mag-
giore. Tuttavia nella più articolata musica classica e in alcune canzoni vi è dentro il brano una mo-
dulazione, ovvero a un certo punto del brano si passa irrevocabilmente dall’usare le note di una
scala all’usare quelle di un’altra. Un modo facile per individuare la modulazione è guardare le alte-
razioni in chiave: mettiamo caso che la modulazione avvenga dal do maggiore al sol maggiore. Sap-
piamo che ogni tonalità ha le sue alterazioni in chiave (poiché ogni scala ha diverse note alterate),
quindi ci basta guardare la seguente tabellina di associazione alterazioni in chiave<->tonalità, e ri-
conosceremo subito nell’esempio dove è la modulazione.

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Come vedete dalla battuta 1 alla 4 siamo in tonalità di Do maggiore, dalla 5 alla 8 siamo in tonalità
di Sol maggiore. Si dice che abbiamo modulato da Do maggiore a Sol maggiore (gli scopi della mo-
dulazione e le tecniche preparatorie di questo procedimento meritano un approfondimento).

Nota: suono con frequenza appartenente a un sottoinsieme specifico, caratteristico della nostra cul-
tura musicale. Ad ogni nota è associato un nome, e, con riferimento alla tastiera del pianoforte, pos-
siamo distinguere note con lo stesso nome ma diverse altezze indicando accanto al nome della nota
il numero della ottava del pianoforte in cui la nota è inclusa. Quindi il Do centrale del piano ad
esempio è: Do3, e quello immediatamente più alto è: Do4.

Oscillatore vd. Strumento

Ottava (intervallo di) vd. Intervallo

Ottava del pianoforte vd. Pianoforte

Pattern ritmico, o schema ritmico: è il ritmo della melodia, o dell’accompagnamento. Tipica-


mente, un accompagnamento segue uno stesso pattern ritmico per tutto il brano. Ogni frase della
melodia, invece, tende ad avere un ritmo diverso, e allora si usa il termine pattern o schema ritmico
per indicare solo quel ritmo che ricorre o caratterizza fortemente la melodia (ad esempio il breve-
breve-breve-lunga con cui inizia, e che caratterizza il motivo della Quinta di Beethoven).

Pentagramma: elemento grafico per rappresentare una sequenza di note. La riga di pentagramma
è l’analogo musicale della riga di quaderno, ma rispetto a esso si compone di 5 rette orizzontali pa-
rallele (dette a loro volta righi, e spazi gli spazi tra i righi). La sequenza di note si legge da sinistra
a destra, le note appaiono come un pallino, l’altezza delle note è proporzionale all’altezza sul pen-
tagramma, e la durata delle note è rappresentata dall’aspetto del pallino (pieno/vuoto, con/senza
stanghetta). Qui sotto ad esempio è rappresentata, con riferimento alla tastiera del pianoforte, la se-
quenza Do3 Re3 Mi3 Fa3 Sol3 La3 Si3 Do4.

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Glossario
Altri elementi del pentagramma sono la chiave (il segno all’inizio del pentagramma), il tempo (l’in-
dicazione in forma di frazione), la stanghetta verticale che delimita le battute.

Periodo (period): forma interna di un tema caratterizzata dalla struttura abab’, dove b è una frase
che termina con una cadenza debole, ovverosia che finisce con un accordo di tensione o sospen-
sione (ad es. la cadenza interrotta), e b’ è una variazione della frase b fatta in modo che stavolta la
frase termini con una cadenza forte, ovverosia che finisca con un accordo di riposo (ad es. la ca-
denza perfetta). Esempio di periodo:

Pianoforte: lo strumento musicale più utilizzato nella musica occidentale, è un punto di riferimento
per molti aspetti anche di didattica musicale. Musicalmente è eccezionale la possibilità di suonare
contemporaneamente più voci, che ne fa uno strumento versatilissimo adatto a qualsiasi tipo di
composizione musicale. Didatticamente c’è l’intuitività dei rapporti geometrici tra tasti e note: le note
naturali sono i tasti bianchi, e le note alterate sono i tasti neri. A seguire la sua enorme estensione
– è lo strumento che può emettere il range di note più ampio, da quelle gravissime a quelle acutis-
sime: ecco un prospetto della equivalenza tra le note sul pentagramma e le note del pianoforte:

Numerando le ottave del pianoforte, ovvero gli intervalli compresi tra un Do e il Do immediata-
mente più alto, si può quindi far riferimento a qualsiasi nota semplicemente indicando accanto al
nome della nota il numero della ottava in cui è inclusa:
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Glossario

Posizione vd. Rivolto

Propagazione del suono: l’oscillazione prodotta dal corpo che produce il suono si propaga alle
molecole di aria fino a raggiungere il timpano delle nostre orecchie, che converte la vibrazione di
cui partecipa nella sensazione acustica chiamata suono.

Quarta (intervallo di), q. giusta, q. eccedente vd. Intervallo

Quinta (intervallo di), q. diminuita, q. giusta vd. Intervallo

Registro: termine con cui si indica approssimativamente l’altezza media di una melodia. Es. la me-
lodia si sviluppa sul registro alto (o medio, o basso), significa che si sviluppa su note relativamente
alte (o medie, o basse). Se si parla di registri vocali, analogamente, si intende riferirsi alla cataloga-
zione delle voci umane genericamente in acute medie e gravi o facendo più precisamente riferimento
alle estensioni vocali standard della musica lirica, ovvero in ordine decrescente di acutezza: soprano
(femm.), mezzosoprano (femm.), contralto (femm.), tenore (mas.), baritono (mas.), basso (mas.).

Registri vocali vd. Registro

Riga, rigo vd. Pentagramma

Riposo (funzione di) vd. Funzioni armoniche

Risoluzione: è l’azione contraria alla tensione. Il discorso musicale è fatto tipicamente di alternanza
di tensioni e risoluzioni. Si introduce una tensione ad esempio ogni volta che in una sequenza di
accordi si usa un accordo diverso dal riposo (cfr. Teoria funzionale), e in questo caso con risoluzione
si intende il ritorno al riposo. Si introduce una tensione ogni volta che la melodia non è consonante
con l’accordo (ad esempio, un Re con sotto un accordo di Do maggiore), e in questo caso risoluzione
significa che la melodia torna a suonare una nota consonante con l’accordo di Do maggiore). Si in-
troduce una tensione ogni volta che si altera un accordo, e la risoluzione consiste nel tornare al-
l’accordo di base. Si introduce una tensione ogni volta che la melodia si allontana dal primo grado
o tonica della scala di riferimento. Si introduce una tensione più in generale ogni volta che in un
brano si crea una aspettativa, e la risoluzione coincide con il soddisfacimento di quella aspettativa.
L’alternanza di tensioni e risoluzioni, non è rigorosa, nel senso che si può prolungare uno stato di
tensione, nel qual caso di dice che la risoluzione è ritardata (cfr. ad esempio Cadenza di inganno).
Infine, tra i gradi di risoluzione possibili, quello finale, ovvero quello che conclude il brano – è
usualmente un movimento dal massimo grado di tensione al massimo grado di risoluzione, quindi
usualmente una cadenza perfetta e in più anche la melodia torna al primo grado.

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Glossario
Risuonatore vd. Strumento

Ritmo vd. Accento ritmico, pattern ritmico

Ritornello vd. Canzone

Rivolto o posizione: si dice rivolto o posizione di un accordo un gruppo di note pari a quelle del-
l’accordo, ma non nell’ordine standard. Ad esempio un accordo di Do maggiore è composto, dal
basso verso l’alto, da <Do Mi Sol>; se cambiamo l’ordine in <Mi Sol Do> avremo sempre il Do mag-
giore ma in primo rivolto, se poi cambiamo in <Sol Do Mi> avremo il do maggiore in secondo rivolto.
Un utilizzo molto bello dei rivolti è quando si vuole rendere più ‘musicale’ una sequenza di accordi.
Prendiamo ad esempio la sequenza di accordi Do Fa Sol Do, ovvero considerandone la posizione
standard <Do3 Mi3 Sol3> <Fa3 La3 Do4> <Sol3 Si3 Re4> <Do3 Mi3 Sol3>. Utilizzando i rivolti pos-
siamo facilmente trasformarla in <Do3 Mi3 Sol3> <Do3 Fa3 La3> <Re3 Sol3 Si3> <Mi3 Sol3 Do4>.
Cosa abbiamo ottenuto? Abbiamo migliorato la condotta’ delle voci, ovvero, se prendiamo singolar-
mente la sequenza delle sole note basse, medie, alte degli accordi, troviamo che ora ciascuna di
esse, rispetto alla versione precedente, disegna una melodia più morbida, e inoltre che le tre melodie
si intrecciano tra loro in modo più gradevole. Ad esempio la voce bassa era Do3 Fa3 Sol3 Do3, di-
venta Do3 Do3 Re3 Mi3, evitando il poco cantabile salto di quarta Do3 Fa3. L’armonia classica ha
una serie di regole (condotta delle voci, appunto) che, data una sequenza di accordi, consentono la
scelta ottimale dei rivolti in modo che le tre voci siano belle singolarmente e nel modo in cui si in-
trecciano.

Rumore: sensazione acustica prodotta da un corpo che non oscilla regolarmente. Il rumore ha un
volume ma non è possibile associargli una specifica frequenza.

Scala: sequenza ascendente di note con specifici rapporti di tono-semitono tra la nota precedente
e la successiva. La più usata è la scala maggiore, caratterizzata dalla sequenza TTSTTTS, ovvero, se
la nota di partenza è ad esempio un Do, la scala di Do maggiore è Do-(prendo la nota a distanza
di un T-ono)-Re-(T)-Mi-(S)-Fa-(T)-SoL-(T)-La-(T)-Si-(S)-Do. Un’altra scala molto utilizzata è la scala
minore naturale, o semplicemente scala minore (TSTTSTT). La scala di Do minore è ad esempio
Do-(T)-Re-(S)-Mib-(T)-Fa-(T)-Sol-(S)-Lab-(T)-Sib-(T)-Do. Esistono altri tipi di scala, ma le scale mag-
giori e minori sono quelle più usate, e dànno origine alle relative tonalità maggiori e tonalità minori.
A volte si usa una rappresentazione astratta della scala chiamando grado ciascuna nota della scala
ed associandogli un numero naturale (gradi=1,2,3,4,5,6,7,8).

Scala maggiore, s. minore naturale, s. minore vd. Scala

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Glossario
Seconda (intervallo di), s. minore, s. maggiore vd. Intervallo

Segni di sezione: molteplici sono i metodi per indicare punti specifici del brano musicale sul pen-
tagramma. Uno è il numero della battuta, un altro è inserire un segno specifico sopra il pentagramma
in corrispondenza del punto da marcare. Il vantaggio di marcare punti del pentagramma è duplice:
per riferirsi ad essi più agevolmente, e per eventualmente dare indicazioni per la esecuzione di un
brano in cui è prevista la ripetizione di parti di esso. Ad esempio, avendo inserito un segno “%” e
un segno “§” si può a un certo punto nel pentagramma inserire la scritta “ripetere da % al §”, e l’ese-
cutore saprà che arrivato al quel punto dovrà risuonare quella parte di brano, e solo dopo proseguire
fino alla fine. Il segno di ripetizione più usato e semplice è però una doppia barretta verticale spessa
preceduta da “:”, e si pone all’inizio e alla fine della sezione che va ripetuta 2 volte. Nella canzone
moderna non è difficile trovare come segni di sezione le scritte verse e chorus, che indicano dove
è la strofa e il ritornello.

Semitono vd. Tono

Sesta (intervallo di), s. minore, s. maggiore vd. Intervallo

Settima (intervallo di), s. minore, s. maggiore vd. Intervallo

Sincope/sincopato vd. Acento melodico

Sinfonia: nella musica classica, una composizione per orchestra dove non vi è un ruolo da solista,
ma diverse voci/strumenti si alternano e intrecciano pariteticamente (contrapposta a concerto).

Solista (accompagnamento): parte solista/solista è la melodia principale o chi esegue la melodia,


ad esempio in una canzone il cantante, e armonia/accompagnamento è la parte degli accordi o chi
esegue la parte di accordi, ad esempio in una canzone gli strumenti di accompagnamento (chitarra,
pianoforte, basso).

Sospensione (funzione di) vd. Funzioni armoniche

Sostituzioni armoniche vd. Funzioni armoniche

Sottodominante (funzione di) vd. Funzioni armoniche

Spazio vd. Pentagramma

Staccato vd. Indicazioni dinamiche/espressive

Stile vd. Generi musicali

Strofa vd. Canzone

Strumento musicale: strumento in grado di emettere suoni. Gli strumenti più comuni si compon-
gono di un oscillatore, che è il generatore dei suoni (ad esempio il set di corde del pianoforte, o
quelle della chitarra), una tastiera in grado di condizionare l’oscillatore facendogli emettere un
suono/nota specifica (la tastiera del piano, o quella della chitarra), e un risuonatore, ovvero una
cassa armonica dove il suono viene amplificato prima di propagarsi all’esterno dello strumento (la
cassa del pianoforte o della chitarra). Ogni strumento musicale ha inoltre una propria estensione,
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Glossario
ovvero l’intervallo tra la nota più bassa e la nota più alta che lo strumento è in grado di emettere,
e un proprio timbro, ovvero le caratteristiche del suono che rendono lo strumento unico (la stessa
nota do emessa da un violino e da un pianoforte si distinguono quindi dal timbro, che a sua volta
dipende dalla forma dello strumento e dai materiali di cui è costruito). Una altra cosa che è neces-
sario sapere di uno strumento è la catena del suono, ovvero il complesso che porta il suono dal-
l’esecutore all’ascoltatore. Per la chitarra è il dito che pizzica la corda la cui vibrazione è comunicata
direttamente alla tavola armonica tramite il ponticello, e da qui risuona in tutta la cassa armonica
prima di propagarsi all’esterno attraverso la buca. Per il piano il dito percuote il tasto, che aziona
un martelletto che percuote la corda, la cui vibrazione attraverso un ponte in legno è comunicata
alla tavola armonica, di qui risuona nella cassa prima di propagarsi all’esterno.

Suono: sensazione acustica prodotta da un corpo che oscilla in modo regolare, è caratterizzato dalla
altezza o acutezza del suono, che è pari al numero di oscillazioni al secondo (ossia alla frequenza),
e dal volume del suono, che è proporzionale all’ampiezza delle oscillazioni. Ad esempio, un elastico
produce un suono più acuto quanto più è teso (perché fa un maggior numero di oscillazioni al se-
condo), e con più volume quanto più forte lo pizzichiamo (perché di dette oscillazioni aumentiamo
l’escursione).

Tastiera vd. Strumento

Tema musicale: un insieme di frasi musicali logicamente correlate, di lunghezza adeguata e for-
manti un discorso musicale consistente (cfr. Cadenza).

Tempo, indicazione di t.: l’indicazione di tempo è riportata vicino alla chiave all’inizio del penta-
gramma, e indica il totale della durata di note e pause all’interno di ciascuna battuta. Ad esempio
se la indicazione di tempo è 4/4, la somma delle durata delle note e pause di ciascuna battuta deve
essere 4/4. Cfr. anche Accento ritmico.

Tempo forte, t. debole vd. Accento ritmico

Tensione (funzione di) vd. Funzioni armoniche

Triade vd. Accordo alterato

Terza (intervallo di), t. minore, t. maggiore vd. Iintervallo

Timbro vd. Strumento musicale

Tonalità: quando per comporre un brano si usano le note di una scala specifica (e quindi anche i
relativi accordi per la armonia – cfr. Armonizzazione della scala), si dice che si utilizza l’omonima
tonalità. Ad esempio se la melodia utilizza solo le note della scala di Do maggiore, e l’armonia solo
gli accordi derivati dalla scala di Do maggiore, il brano si dice essere in tonalità di Do maggiore.
In realtà il concetto di tonalità non implica semplicemente di utilizzare le note della scala scelta e i
relativi accordi per comporre, ma anche la accettazione delle prassi compositive che ne conseguono:
l’accettazione della tonica (prima nota della scala ovvero il relativo accordo) come “centro gravita-
zionale” della composizione, degli accordi come struttura portante della melodia, della articolazione
del discorso musicale in una forma le cui logiche sono procedimenti di chiamata e risposta tra le
frasi/sezioni e la cui punteggiatura è determinata dalle cadenze (in pratica tutto ciò di cui si tratta
nel presente glossario).

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Glossario
Tonalità maggiori, t. minori vd. Tonalità; Scala

Tonalità vicine: sappiamo che ad ogni tonalità corrispondono delle alterazioni in chiave, secondo
lo schema:

figura 19

si dicono tonalità vicine le tonalità che differiscono per il minor numero di alterazioni in chiave. Ad
esempio possiamo dire che la tonalità di Sol maggiore (alterazione Fa#) e quella di Re maggiore
(alterazioni Fa# e Do#) sono vicine perché differiscono di una sola alterazione in chiave, mentre
sono lontane ad esempio la tonalità di Sol maggiore e quella di Do# maggiore. Più che vicine, sono
addirittura “cugine” la tonalità di Do maggiore e la tonalità di la minore, in quanto entrambe hanno
le stesse alterazioni in chiave. Infatti utilizzano scale diverse ma presentanti entrambe zero alterazioni:
Do maggiore=Do Re Mi Fa Sol La Si Do, La minore=La Si Do Re Mi Fa Sol La. Infatti, per la possibilità
di tonalità cugine, non basta la analisi delle alterazioni in chiave a determinare la tonalità: bisogna
analizzare la melodia. Se ad esempio, in presenza di zero alterazioni, la melodia ruota attorno alla
nota di Do (tonica della scala) saremo in tonalità di Do maggiore, se intorno a La saremo in tonalità
di La minore. Il concetto di tonalità vicine ci è utile allora per renderci consapevoli della necessità
di analizzare lo spartito per la determinazione esatta della tonalità, e ci torna utile anche nello studio
delle modulazioni, che avvengono nella maggior parte dei casi verso tonalità vicine. Ad esempio,
un brano può essere per la prima metà in tonalità di Do maggiore, e nella seconda, per motivi di
varietà, modulare in un altra tonalità: allora essa sarà verosimilmente il La minore, oppure il Sol
maggiore o Mi minore, ovvero il Fa maggiore o Re minore (tutte vicine). Una ulteriore rappresen-
tazione ricorrente delle tonalità vicine, è quella che fa riferimento al circolo delle quinte (in questo
caso sono indicati solo il numero delle alterazioni in chiave):

fTonica (funzione di) vd. Funzioni armoniche

Tono, semitono: semitono e tono si usano per misurare esattamente l’intervallo tra due note. In
particolare semitono è l’intervallo minimo tra due note contigue sulla tastiera del piano, e tono l’in-
tervallo composto da due semitoni (S=0,5T). Misuriamo ad esempio l’intervallo tra le note: do-
do#=0,5T (un semitono) do-re=1T (un tono), do-re#=1,5T (un tono e mezzo) do-mi=2T (due toni)
ecc…

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Glossario

Trasposizione: una melodia (e armonia) scritta originariamente in una tonalità può essere traspor-
tata in una tonalità diversa tramite la operazione di trasposizione, che consiste nell’aumentare o di-
minuire tutte le note della melodia (e accordi) dell’intervallo corrispondente alla distanza tra la
tonalità di arrivo e quella di partenza. Ad esempio, se la melodia è tonalità di Do maggiore, e vo-
gliamo trasporla in tonalità Re maggiore, basterà che alziamo tutte le note della melodia di un tono
(Re-Do=1T). San martino campanaro in tonalità di Do maggiore sarebbe ad esempio: Do3 Re3 Mi3
Do3 Do3 Re3 Mi3 Do3… e trasponendola in tonalità di Re maggiore: Re3 Mi3 Fa#3 Re3 Re3 Mi3
Fa#3 Re3… Le motivazioni di una trasposizione sono ad esempio per adattare il registro della me-
lodia alla estensione vocale del cantante oppure, se il brano è strumentale, a scegliere la tonalità
più facile per la esecuzione da parte degli strumenti scelti.

Unisono vd. Intervallo

Voce: indica la voce umana, che è un pur perfetto, strumento musicale (l’oscillatore sono le corde
vocali e il risuonatore le cavità laringe-faringe-naso-bocca). Se utilizzata altrimenti, può indicare una
parte/voce di una scrittura a più voci, sia essa vocale (ad esempio pensiamo ad un coro: la voce del
basso, del tenore, del contralto, del soprano), che strumentale (pensiamo ad una composizione po-
lifonica, dove più voci portate da diversi strumenti si intrecciano).

Volume vd. Suono

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