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SYMBOLON

STUDI E TESTI DI FILOSOFIA ANTICA E MEDIEVALE

Direttore: Francesco Romano


UNIVERSITÀ DI CATANIA - DIPARTIMENTO DI STUDI ANTICHI E TARDOANTICHI

10 ----�---

Daniela Patrizia TAORMINA

IL LESSICO DELLE POTENZE DELL'ANIMA


IN GIAMBLICO

LA NUOVA ITALIA EDITRICE - FIRENZE


Daniela Patrizia TAORMINA

IL LESSICO DELLE POTENZE DELL'ANIMA


IN GIAMBLICO
Volume stampato con il contributo dell'Università degli Studi di Catania
SYMBOLON
STUDI E TESTI DI FILOSOFIA ANTICA E :rviEDIEVALE
Direttore: Francesco Romano

UNIVERSITÀ DI CATANIA- DIPARTI:rv1ENTO DI STUDI ANTICHI E TARDOANTICHI

lO

Daniela Patrizia TAORMINA

IL LESSICO DELLE POTENZE DELL'ANIMA


IN GIAMBLICO

aUfLOOÀa yàp naTptlCÒç v6oç


laru:tpEV KaTà KOO"fLOV
Or. Ch. Fr. 108 dP

LA NUOVA ITALIA EDITRICE - FIRENZE


1990
INDICE

Presentazione di Francesco Romano p. 9

Prefazione 11

Introduzione

1.1 Metodologia 15

1.2. Il corpus 19

l . 3. La banca-dati testuale: redazione delle concordanze 20

1.4. Il processo di selezione 21

1.5. Altre osservazioni e prospettive 23

2.1 II linguaggio di Giamblico: permanenza

e rotture del l a continuità lessicale 24

2.2. La nozione di 81/papts- 27

2.3. Il mondo intelligibile. Potenza e processionP dei principi 31

2.4. La gerarchia delle anime e delle potenze 34

3. Le potenze dell'anima umana

3.1. La dimensione "intermedia" dell' anima 38

3.2. "Potenze" e virtù 41

3.3. "Potenze" e corpo 46

3.4. Conclusioni 52

Lessico

Avvertenze 57

Sigle e abbreviazioni 61
PRESENTAZIONE

Questo volume 10 della Collana "Symbolon" costituisce il primo risul­


tato concreto dell'applicazione al nostro sperimentato metodo di ricerca, filo­
logico e storico-filosofico insieme, di una tecnologia informatica in larghis­
sima parte creata- come spiega la stessa A. nel primo paragrafo dell'Intro­
duzione -all'interno del nostro Dipartimento e quindi perfettamente propor­
zionata alle esigenze specifiche dei nostri studi di storia del pensiero tardo­
antico. Si tratta di una svolta che non modifica la struttura di fondo della
nostra metodologia di ricerca, ma che al contrario ne rafforza le potenzialità e
ne allarga i campi di applicazione, contribuendo cosi ad una maggiore artico­
lazione della griglia dei nostri interessi scientifici. Il nostro metodo rimane
sempre fondato- come' dicevo- su basi filologiche e storico-filosofiche in
opportuna saldatura tra loro, ma l'utilizzo di tecniche informatiche consente di
accendere nuovi approcci e di approfondirne di vecchi.
Questo lavoro della Taormina, che segue l'importante, e prima in asso­
luto, ricostruzione filologica e storica di Plutarco di Atene, presenta uno
spaccato della psicologia di Giarnblico, della quale viene analizzata e interpre­
tata soprattutto la dottrina delle 8wdp.EtS' attraverso lo strumento di un
lessico informatico che occupa la seconda parte del volume. Facendo perno
sulla nozione di "potenza dell'anima", infatti, l'A. fornisce una intelligente e
convincente interpretazione della psicologia giamblichea, la quale risulta
articolata in ultima analisi intorno a tre nuclei fondamentali: una visione
gerarchica del reale (fattore inconfondibile del neoplatonismo che Giamblico
porta al livello di eredità permanente della tradizione platonica), la nozione di
rapporto dialettico tra agente e paziente, e la triade ouala - 8l.rvap.tç -
lvtpyEta. Il primo di tali livelli teorici, la gerarchia antologica, impronta di
10

sé - come è ovvio avvenga in un pensatore neoplatonico - gli altri due, e la


Taormina insiste giustamente sulla procedura gerarchizzante delle potenze
dell'anima in Giamblico (cf. Intr. 2.4).
Ineccepibili appaiono i criteri seguiti nella redazione del Lessico, sia al
livello della selezione dei lemmi che al livello della successione dci riferi-_
menti contestuali.
In sostanza io credo che con questo suo lavoro su Giamblico, di cui al­
cune proposte sono state presentate con notevole successo nella recentissima
"lamblichus Conference" di Liverpool, l'A. fornisce un ulteriore contributo
alla non certo esuberante letteratura neoplatonica, cooperando al contempo per
un consolidamento del già apprezzabile posto che il Gruppo di Ricerca sul
Neoplatonismo dell'Università di Catania si è guadagnato in Italia e all'e­
stero.
Ringrazio il collega Antonino Pennisi, la cui competenza di filosofo del
linguaggio e di programmatore informatico è indispensabile supporto del no­
stro progetto di lessicografia filosofica computerizzata.

Catania, Università, ottobre 1990 FRANCESCO ROMANO


PREFAZIONE

La lessicografia filosofica è stata, in questi ultimi anni, al centro di un accre­


sciuto interesse e ha trovato risonanza in importanti Convegni internazionali e
nella fondazione di riviste e di centri di ricerca specializzati. n Cetedoc diretto dal
prof. Paul Tombeur, il Centro del Lessico Intellettuale Europeo di Roma diretto
dal prof. Tullio Gregory costituiscono alcune manifestazioni concrete di tale
interesse.
Non manca certo chi pensa che la lessicografia filosofica abbia un interesse
estremamente limitato, che sia un tecnicismo in grado di produrre solamente
indici di frequenza dei termini o analisi fattoriali di un'opera o di un gruppo di
opere. Tale convinzione affonda le proprie radici nell'abuso che spesso è stato
fatto dell'analisi quantitativa, sfociato in lavori che con tengono conclusioni
affrettate, basate su dati che non sono stati interpretati correttamente o su testi
non pertinenti. Limitare solo a quest'aspetto l'analisi lessicologica di un testo si­
gnifica, però, limitare le possibilità di applicazione degli studi lessicologici tout­
court, e dunque anche la possibilità dei risultati a cui uno studio di tale natura può
condurre.
Anch'io sino ad alcuni anni fa nutrivo un certo "scetticismo" per la ricerca
lessicale. Il mio primo approccio ad essa fu determinato quasi esclusivamente da
esigenze nate nell'ambito della traduzione di testi filosofici, in particolare dei testi
neoplatonici. S i tratta, come è noto, di opere che presentano una certa difficoltà di
interpretazione, soprattutto in relazione a problemi di vocabolario, sicché l'uso
della lessicografia si può rivelare di grade aiuto per il traduttore.
12

Quasi immediatamente, però, scoprii un'altra dimensione. Mi resi conto che


l'analisi del vocabolario può contribuire a conferire valore alla struttura con­
cettuale di un filosofo e ad evitare il rischio di ridurre tale struttura a qualcosa di
rigido, di formale. Tale tipo di analisi lascia infatti emergere, nella sua totalità, il
complesso reticolo dei rapporti che· si istituiscono tra i singoli elementi di un
insieme concettuale e la natura dei legami che si determinano tra i tratti deter­
minanti e quelli accessori. Mi sono resa conto, in altri termini, che un'analisi
lessicale può muoversi nella stessa prospettiva in cui si muove il più tradizionale
metodo storico-filologico e fungere, insieme ad altri elementi, da verifica delle
ipotesi interpretative formulate nell'approccio filologico e storico-filosofico.
Sulla base di queste considerazioni ho intrapreso lo studio del vocabolario di
Giamblico che ha come scopo ultimo la redazione di un lessico complessivo del
filosofo, e del quale propongo qui solo un primo risultato parziale e non defini­
tivo.
Durante questo percorso ho contratto un grande debito nei confronti anzitutto
del prof. Francesco Romano che è stato, in questa come in altre occasioni, guida
fondamentale, che mi ha incitata di continuo a conoscere i diversi aspetti del­
l'argomento, senza mai perdere di vista il nucleo centrale dei problemi, ma che mi
ha fornito anche preziosi contributi di idee e di riflessioni. Ma ringrazio anche il
dott. Antonino Pennisi che mi ha introdotto nel canipo della lessicografia infor­
matica e mi ha fornito un generoso e costante sostegno nella soluzione dei nume­
rosi problemi di ordine informatico.
Esprimo infine la mia gratitudine all'amica Grazia Prezzavento, che mi ha
aiutato nella fase di data-entry di molti testi di Giamblico.
Un ultimo doveroso ringraziamento va all'Università di Catania nella persona
del Magnifico Rettore, Prof. G. Rodolico, per il contributo finanziario alle spese
di stampa del volume.

Catania, settembre 1 990 D. P. T.


INTRODUZIONE
INTRODUZIONE

l. Metodologia

1.1. Il lavoro che viene qui proposto è parte di un più ampio progetto lessico­
grafico computerizzato riguardante l'area testuale del neoplatonismo dal III secolo
ali' età rinascimentale1•
Il progetto si propone di fornire una piattaforma filologica adeguata al con­
trollo delle ipotesi filosofiche avanzate dagli studiosi del settore, utilizzando stru­
mentalmente le tecnologie più avanzate oggi disponibili nell'ambito dei sistemi
informativi microinformatici. Ritengo infatti che una ricognizione lessicografica
esaustiva dei reticoli concettuali entro cui si snoda l'itinerario intellettuale delle
scuole e dei singoli autori - oggi possibile grazie a questi strumenti che hanno
"decentrato" le possibilità dell'analisi testuale liberandola dall'egemonia dei grossi
centri di calcolo - possa costituire una solida base di ancoraggio per il dibattitto
teorico e possa fornire una mappa attendibile della ricostruzione storiografica.
Il caso della lessicografia filosofica, d'altro canto, costituisce un settore
d'elezione per questo tipo di studi. A differenza, infatti, di quanto non avvenga per
i modelli lessicografici letterari, in special modo poetici, la varianza testuale o,
viceversa, la sostanziale stabilità di un lessico, testimoniano in modo inequivoca­
bile non tanto di un comportamento stilistico-retorico, quanto di un travaglio
concettuale determinato da contenuti dottrinari: la natura dei problemi discussi, la
loro rilevanza teorica, la possibilità di integrazione delle nozioni in reti di pen-

1 ll progetto, nato nel 1989 nell'ambito del Dipartimento di Studi A nùchi e Tardoantichi
dell'Università di Catania, diretto dal Prof. Francesco Romano, ha già prodotto una banca-dati
completa di tutte le opere di Giamblico. Un primo lavoro di allesùmento-testi è stato poi
realizzato per le opere di Prisciano Lydo, Simplicio e Telesio. Nel prosieguo dei lavori sono
previsù gli spogli dei tesù di Proclo, Damascio e dei neoplatonici alessandrini.
16 D.P. TAORMINA

siero sistematiche le cui dipende�ze reciproche limitano nell'ambito di un


modello relativamente "costrittivo" le varianti libere e, quindi, la libertà di
movimento nello spazio semiotico.
Mentre nella testualità letteraria la parola assume sempre un valore semantica­
mente "idiolettico", legato quindi all'elaborazione individuale ed alla manipola­
zione linguistica in quanto tale, nella testualità fùosofica l'opzione lessicale adot­
tata dall'autore deve far i conti con forti retaggi ermeneutici ed esegetici prece­
denti, quindi con una sorta di "coazione d'uso linguistico-concettuale" fissata piut­
tosto rigidamente dai canoni della tradizione di pensiero entro cui si muove la spe­
culazione individuale.
In altre parole discostarsi da un certo tipo di "uso filosofico", per usare una
terminologia lockiana, risulta assai più difficile che discostarsi dagli usi "comuni"
della lingua. È sempre un atto di forzatura e di spostamento delle aree semantiche
"forti", cioè a dire di quei complessi di idee cristallizzati in forme linguistiche che
costituiscono le colonne portanti dei sistemi gnoseologici, metafisici, teologici,
politici, etici, fisico-naturalistici.
Se scendiamo poi da questa impostazione generale allo specifico del linguaggio
neoplatonico, la situazione si aggrava. Nel neoplatonismo, infatti, e se ci si passa
l'espressione, ogni uso filosofico della parola "pesa" in misura maggiore del nor­
male. Come in tutte le fasi di transizione, in cui il rapporto fra assimilazione
della tradizione e innovazione terminologica entra puntualmente in crisi, nel
Neoplatonismo assistiamo ad un vero e proprio conflitto di universi semantici
concorrenti nell'incessante ricerca di una composizione di equilibri, di compro­
messi.
Se, infine, come nel mio caso, la scelta si orienta su un lessico tecnico all'in­
temo di opere di carattere filosofico generale, alle difficoltà generali si aggiungono
una serie di problemi specifici che vanno risolti singolarmente.
L'analisi del lessico tecnico reperibile all'interno di testi di questo tipo, infatti,
può presentare difficoltà di interpretazione maggiori di quanto non accada per il
lessico complessivo di un autore. Il t:ischio maggiore è quello di ottenere risultati
INTRODUZIONE 17

soggettivi e "arbitrari"2 non tanto nell'analisi della realtà concettuale che i termini
presi in esame possiedono, quanto nel fissare i confini linguistici e concettuali di
un settore estremamente complesso ed articolato quale risulta, ad esempio, essere
quello delle facoltà dell'anima in Giamblico.
Esso per un verso costituisce uno dei tre "capitoli" principali della psicologia
giamblichea, insieme a quelli sull' oiJola e sulle lvtpynaL o lpya dell'anima3,
ai quali è strettamente collegato dal punto di vista logico e metafisico, e per un
altro verso, pur appartenendo inequivocabilmente alla psicologia, ha un fitto
reticolo di rapporti con l'antropologia, l'etica, la fisiognomica, la medicina. Tale
commistione teorica emerge inevitabilmente anche da un'analisi di tipo
linguistico che si trovi a fare i conti con un materiale composito, che registra
termini dall'uso limitato e preciso e che si possono qualificare effettivamente
come "tecnici", ma anche molte parole che appartengono al vocabolario più gene­
rale, il cui uso nell'ambito della dottrina delle facoltà dell'anima, per quanto sia
importante, non è che uno degli impieghi possibili.
Ne consegue l'esigenza primaria di definire la scelta dei criteri di cui mi sono
servita per la delimitazione del campo lessicale delle facoltà dell'anima al fine di
mettere in evidenza le caratteristiche di tale campo semantico all'interno di un lin­
guaggio che, pur nella tendenza alla formalizzazione e alla separazione dei lingu­
aggi nei diversi settori della cultura, non presenta in relazione alle diverse
funzioni della parola la specificità semantica che si potrebbe constatare nel lessico
moderno.

2 In effetti la delimitazione di un campo less icale, come osserva anche J. Dubois, Le


vocabulaire politique et social en France de 1869 à 1872, Paris 1962, 2 «conserva sempre un
carattere di arbitrarietà, che la scelta ragionata dei criteri non riesce a mascherare».
3 Cf. Proclo, In Tim. il 125 , 1 0 ss. « .. .la psicogonia comprenderà tre capito li principali,
uno sull'essenza dell'anima, l' altro sulla potenza, il terzo sul l'operazione>>. Questa distinzione
che risale ad Aristotele e che è divenuta classica nelle scuole filosofiche (si vedano ad esempio
Aezio, Dox. Gr. IV 3 e IV 4, Alessandro di Afrodisia, De anima 27,1 ss., Porfirio, apud Stobeo I
49,24-26) è ripresa dallo stesso Giamblico, apud Stobeo, Anthol. I 49,33, 367, 1 0 W.
18 D.P. TAORMINA

Il rapporto tra "sistema" e "campo" lessicale, sul quale a ragione insistono i


linguisti4, costituisce il problema fondamentale di chiunque operi nell'ambito
della lessicografia. Isolare da un insieme un settore forzatamente limitato potrebbe
infatti fare supporre che il sistema lessicale sia composto di strutture distinte e tra
di loro autonome. Invece la funzione di un certo nucleo di linguaggio può emer­
gere solo se si dispone della totalità delle unità significanti, se lo si considera
come una parte di un tutto, i cui elementi si influenzano reciprocamente.
Il metodo al quale mi sono attenuta nella scelta dei lemmi da includere in que­
sto lessico è stato perciò quello di prendere in considerazione tutte le voci che pre­
sentano nei contesti dell'intero corpus giamblicheo relazione diretta e specifica
con le facoltà dell'anima. A tal fine non ho proceduto prefissando astrattamente
gli elementi semantici sui quali indagare, piuttosto la scelta - come si vedrà in se­
guito - è stato il risultato di fasi distinte di analisi e di trattamento del materiale
giamblicheo:
a) la raccolta del materiale testuale;
b) la concordanza completa di tale materiale;
c) la costituzione di una banca-dati organizzata in schede che forniscono per
ogni omografo l'esponente, la forma inversa, la forma traslitterata, la sigla
dell'opera, il nwncro delle occorrenze, il contesto o i contesti;
d) la lemmatizzazione delle forme lessicali;
Solo a questo punto, disponendo di tutto il materiale organizzabile secondo un
grande margine di flessibilità mi è stato possibile stabilire un legame tra le pa-

4 Cf. G. Matoré, La mithode in le;cicologie, Paris 1953; P. Guiraud, Problèmes el mithode de


la statistique linguistique. Paris 1960; Ch. Muller, Essai de statistique le;cicale, Paris.l 964; E.
Arcaini, Principi di linguistica applicala, Bologna 1 967; A. Zampolli, Progetti e metodi della
sezione linguistica del CNUCE, «Revue de l 'organisation lntemationale pour l' étude des langues
anciennes par ordinateur» 3, 1970, 39-83. Esauriente bibliografia in: U. Bortolini, C.
Tagliavini, A. Zampol li, Lessico di frequenza della lingua italiana contemporanea, Milano 1971
e, per i contributi più recenti, F. Lorenzi, Lessicologia e lessicografw computazionali: esperienze
e prospettive in Italia, in: AA. VV. Studi di Lessicografia Italiana, (a cura dell'Accademia della
Crusca) 9, 1987, 325-351.
INTRODUZIONE 19

role-chiavi, cioè i termini l/Juxrf e 8rJvaf-LtS', e le parole vicarie per procedere


quindi alla selezione delle voci e ali'analisi dei contesti nella concordanza.
Vediamo più da vicino tutte queste tappe di lavoro.

1 .2. Il corpus. Per la redazione del materiale mi sono servita dei testi delle
opere giamblichee immagazzinati nella più grande banca-dati dell'antichità oggi
disponibile su supporti magnetici: il Thesaurus Linguae Graecae della lrvine
University of California.
Tali fonti sono registrate nel TLG in caratteri ASCII puro e codificate secondo
la convenzione di fondazione della Irvine University. Un primo trattamento si è
reso quindi necessario per potere sottoporre i testi ad elaborazione lessicografica: i
files contenenti le opere di Giamblico sono stati ricodificati, attraverso il software
TranscodificatoreTLGTM5, nel protocollo dei sistemi Appie Maclntosh. Ciò ha
permesso la traduzione dei testi grezzi in fil es formattati per il riconoscimento
con il font di caratteri Super GreekTM6.
Il TLG, tuttavia, non contiene ancora di Giamblico il De anima, apud Stobeo,
Anthologium I ed. Wachsmuth, i frammenti nelle due edizioni Dillon e Dalsgaard
Larsen e le Epistole, apud Stobeo, Anthologium. TI data-entry di tali testi, quindi,
è stato realizzato ex novo. Per le indicazioni bibliografiche complete, con le rela­
tive abbreviazioni, si rinvia alle Avvertenze. Sigle e abbreviazioni, che precedono
il lessico.
Dopo questa prima fase di trattamento, i testi sono stati tutti sottoposti a con­
trollo e revisione negli originali a stampa. In particolare per il Protrettico si è
reso necessario procedere ad un confronto tra l'edizione Pistelli (di cui si è poi
mantenuta la paginazione) e l'edizione des Places7•

5 Dell'azienda Text Software di Catania, specializzata esclus ivamente in trattamento e


applicazioni informatiche per l'area umanistica.
6 Della Linguist Software"".
7 Paris 1 989.
20 D.P. TAORMINA

In questo stadio dei lavori si è provveduto anche a restituire una paginatura e


una paragrafatura interna adatte alla citazione bibliografica dei contesti di occor­
renza.
Tale lavoro di fonnattazione definitiva dei testi originali si è concluso con
l'immissione dei codici di controllo per il riconoscimento automatico da parte del
programma di elaborazione lessicografica adottato.

1 .3. La banca-dati testuale: redazione delle concordanze. Il materiale così trat­


tato è servito da input iniziale per le procedure di ricerca esaustiva. Attraverso il
programma Testom8 si sono eseguite le concordanze complete di tutte le opere
succitate. Ciò ha pennesso di formare il primo nucleo significativo della banca­
dati giamblichea.
L'output prodotto dal programma di concordanze prevedeva una serie di opzioni
che si sono rivelate fondamentali per il successivo trattamento delle infonnazioni.
Tra queste è opportuno ricordare:
- la formattazione dell' output in campi e records leggibili da qualsiasi genera­
tore di applicazioni relazionali per sistemi Appie Maclntosh;
-l'identificazione del contesto sino a cinque livelli di riconoscimento (Opera,
Libro, Capitolo, Paragrafo, Linea);
- la marcatura e smarcatura delle varianti (laddove esse si presentavano);
- la produzione di campi contenenti la fonna inversa e una fonna traslitterata
adatta agli ordinamenti alfabetici in greco classico;
- il numero delle occorrenze opera per opera;
- il glossario generale ;
- l'indice dei nomi;

8 Sempre della Text Software™.


INTRODUZIONE 21

L'insieme di queste informazioni è stato poi trasferito in una banca-dati a strut­


tura relazionale che ha permesso un agevole processo di selezione dei materiali
lessicali specifici.

1 .4. Il processo di selezione. Come ho già accennato in precedenza, il pro­


blema di maggior rilevanza teorica può essere considerato quello dei criteri e delle
procedure di selezione del materiale lessicografico specialistico9•
Spesso le metodologie lessicografiche miranti ad ottenere un Lessico specializ­
zato compiono un percorso inverso a quello che ritengo corretto per gli usi filoso­
fici. Si tratta di un procedimento che si può sintetizzare come "selezione apriori­
stica dei lemmi", fondato sulla conoscenza precostituita (comunque sempre ipote­
tica) dei lemmi-chiave del lessico sulla base delle indicazioni contenute nei lavori
settoriali. Con questo metodo il Lessico si configura come una costellazione di
lemmi tecnici che vengono ricercati all'interno del corpus, e registrati poi in tutte
le singole occorrenze.
Tale procedimento, sebbene costituisca una comoda "scorciatoia" che accorcia
sensibilmente tutte le tappe del lavoro di analisi lessicografica, presenta numerosi
inconvenienti.
Innanzitutto non permette di rilevare nuovi termini tecnici all'interno del cor­
pus (essendo i termini soggetti a ricerca già predefiniti in partenza). In secondo
luogo non consente di valutare l'utilizzazione in chiave tecnica di termini comuni
(poiché essi non sarebbero mai compresi nelle costellazioni lemmatiche predefi­
nite). Infine, ma non per importanza, impedisce una ricostruzione completa del si­
stema reticolare delle aree semantiche connesse: anzi, per propria "vocazione",
un'analisi aprioristica finisce col negare completamente il concetto stesso di
"sistema" semantico, trattando le unità lcmmatiche come singole monadi lessi­
cali.

9 Di questo problema si è a lungo discusso nel corso del recente Convegno sui lessici tecnici
latini e greci tenutosi a Messina nell'aprile 1990.
22 D.P. TAORMINA

Un metodo completamente diverso (da me scelto per questo lavoro) è quello


fondato su una divisione di fasi all'interno dell'opera di analisi lessicografica. In
una prima fase - come si è visto - si producono le concordanze complete della/e
opere e si riversano su una banca-dati complessiva che costituisce l'universo di ri­
ferimento lessicale globale. In una seconda fase - nella quale si opera non più sui
singoli testi ma sulla scomposizione e ricomposizione dei testi in forme lingui­
stiche già accorpate - si procede ad una selezione oculata e ragionata - totalmente
"umana" (cioè "manuale" e non più "automatica") -dei termini che andranno a co­
stituire il lessico tecnico.
Tale Lessico comprenderà cosl tutti i termini che sono stati ritenuti "tecnici"
dal ricercatore, e quindi anche tutti i vocaboli della lingua comune che vengono ri­
semanticizzati dal lavorio speculativo dell 'autore . A questo punto sarà facile veri­
ficare e valutare il grado di uniformità o di distacco dalla tradizione, la vitalità in­
trinseca del pensiero e la sostanziale originalità_ di quelle opere che possono anche
apparire sotto forma commentaria ma che, in realtà, costituiscono un'elaborazione
del tutto originale del lavoro esegetico ed ermeneutico.
Certo questo tipo di procedimento appare molto più lento e impegnativo per il
ricercatore . Obbliga infatti a valutare tutta una serie di lemmi "ambigui" o al con­
fine tra il tecnico e il non tecnico. Lavoro che, seppure facilitato dall' utilizzazione
di una banca-dati già "organizzata" in forme linguistiche, si rivela comunque
denso di difficoltà e carico di contenuti che richiedono un apporto decisamente
qualitativo alla già di per sé consistente opera di interpretazione lessicografica.
Attraverso questo lavoro risulterà, per altro, molto più semplice riconnettere
aree semantiche e reticoli relazionali normalmente ritenuti separati. In particolare
- anche attraverso stratagemmi tecnici come la classificazione ili campi tematici di
ogni singola scheda -sarà possibile ampliare la tipologia delle analogie lessicolo­
giche e, quindi, la riorganizzazione sistematica delle considerazioni interpretative.
Questo tipo di lavoro è stato qui eseguito, ed ha costituito la parte centrale
dell'opera di ricognizione Jessicografica, utilizzando il software TextBank™.
INIRODUZIONE 23

Attraverso questo programma il ricercatore ha potuto disporre del materiale già


classificato in schede comprendenti, tra l'altro, come abbiamo detto, la forma lin­
guistica e il contesto d'uso.· Le forme linguistiche uguali, divise in blocchi per
ogni singola opera, venivano poi automaticamente compattate in un'unica scheda.
Per ogni forma linguistica si sono quindi potuti controllare i significati specifici
di ogni singolo uso del termine. Quando quest'uso era conforme ai criteri teorici
dell'ipotesi di ricerca poteva essere marcato per la selezione. Le selezioni finali
costituivano l' output definitivo su cui restava da operare solo la ripartizione ma­
nuale dei lemmi.

1.5. Altre osservazioni e prospettive. La lemmatizzazione, infatti, è stata


condotta, per questo primo lavoro, in maniera del tutto manuale, poiché la base
lessicale "conosciuta" dai vocabolari computerizzati è ancora insufficiente per for­
nire un servizio accurato ed esente da errori di lemmatizzazione automatica. Nel
prosieguo del lavoro è prevista una redazione sempre più ampia e ricca del
dizionario-macchina di riferimento che permetterà sia l'accorpamento meccanico
dei lemmi (aggravato nel greco dalla presenza degli accenti, degli spiriti e dei
segni diacritici che sono comunque portatori di informazione), sia la
classificazione grammaticale delle forme.
Quest'ultimo problema è stato a ragione ignorato per il presente lessico che
non riveste un interesse di tipo filologico-linguistico ma che è orientato alla pura
ricognizione semantico-lessicale della terminologia usata.
Il lavoro compiuto per la costituzione della banca-dati giamblichea, d'altro
canto, può essere considerato un primo passo acquisito che attende ulteriori son­
daggi esplorativi. L'impostazione tecnica della banca-dati, così com'è stata de­
scritta in precedenza, permetterà, infatti, uno sfruttamento perenne del materiale
già processato. Il corpus organizzato in banca-dati è, infatti, indipendente dalle
possibili selezioni che possono ritagliarne una parte significativa e
"specialistica": un lessico tecnico, appunto . Al lessico sulla psicologia delle
facoltà dell'anima potrà seguire, a seconda degli interessi del ricercatore, un
24 D.P. TAORMINA

qualsiasi altro lessico "dedicato". Ciò vale, in prospettiva, anche per i futuri
arricchimenti di una più generale banca-dati sul neoplatonismo, che comprenda gli
autori ritenuti più interessanti.
Naturalmente se il lavoro di arricchimento della banca-dati vorrà riguardare non
solo una cerchia di autori sempre più ampia10 ma anche una più vasta gamma di
interessi interdisciplinari, sarà necessario (è ciò è uno degli obiettivi di questo
open project) paterne mutare la struttura interna.
Nella banca-dati, infatti, pur lasciando intatto il contenuto degli attuali campi,
se ne potranno aggiungere di nuovi, così come potranno essere scritte delle nuove
procedure di elaborazione che ri-operino sugli stessi dati fornendo informazioni
nuove e utili per utenti diversi. Non è esclusa, ad esempio, l'integrazione delle
procedure di analisi con un parsing sintattico che, sfruttando le conoscenze gram­
maticali e utilizzando tecniche di elaborazione formale, accoppiata ad un poten­
ziamento del dizionario macchina, possa almeno attribuire automaticamente la ca­
tegoria grammaticale ad ogni forma linguistica spogliata (il che risulterebbe di in­
dubbio interesse per filologi classici, linguisti, storici della lingua, filosofi del
linguaggio, etc ...) .

2. Il linguag gio di Giamblico: permanenza e rotture della con­


tinuità lessicale.

2.1. La lessicologia neoplatonica, come ho già detto, è costretta ad analizzare


una situazione linguistica che assume molto spesso le connotazioni di un vero e
proprio crocevia semiotico: per un verso riflette il travaglio di un più generale
processo di trasformazione culturale e, per un altro, si pone nel momento finale di
un percorso di specializzazione i cui elementi strutturali nascono nel periodo clas-

10 Ricordiamo qui che l'auuale banca·dati giamblichea consta già di 40Mb di dati archiviati
nel programma citato in pre cedenza (TextBank'Thl).
INTRODUZIONE 25

sico, in particolare con Platone ed Aristotele, e vanno poi evolvendosi e subendo


variazioni più o meno profonde nella letteratura filosofica dei secoli successivi.
Si determinano, vistosi, due fenomeni collegati tra loro: l'assunzione di un vo­
cabolario ormai consolidato nelle scuole filosofiche e, al contempo, i mutamenti
di significato introdotti all'interno di tale paradigma linguistico preesistente.
Tutto questo si traduce in una scrittura complessa ed articolata. Accanto alla pre­
senza di termini coniati dai neoplatonici, abbondano gli esempi di un apparente
conservatorismo linguistico che utilizza un sostrato terminologico già esistente
ora in maniera "passiva"11, ora in maniera "attiva"12.
Queste caratteristiche formali si ritrovano anche nel vocabolario giamblicheo,
come emerge dalle note di A.D. Nock13, E.R. Dodds14, L. Deubner15, A.-J.
Festugière16, H. Koch17, E. des Places18 anche se esse sono finalizzate per lo più
ad evidenziare gli elementi che accomunano o allontanano alcune scuole neo­
platoniche e a mostrare, quindi, che la terminologia tecnica di Giamblico è ripresa
e utilizzata da neoplatonici tardi: da Sallustio, dallo pseudo Dionigi e in special

11 �VIIa11t/>drepo11 designa, come già in Aristotele, il composto risultante dall'unione di


anima e corpo.
12 A. Ph. Segonds, Proclus. Sur le premier Alcibiade de Platon, t. n Paris 1986, 242 nL 6,
ha mostrato che i neoplatonici riprendono il termine platonico lJrro�rti8WI· Ma laddove nel
Fedone 109c2 esso non designa esattamente la materia, e negli stoici designa la terra (cf. SVF I
105), i neoplatonici Io utilizzano proprio nel senso di materia. Cf. Plotino , Enn. n 3 <52>
17,24; Giuliano, Or. V 170d; Sinesio, De prov. I 9, 80, 1 4 T.; Proclo, In Tim. n 65,24; 232, 1 ; In
Alcib. 1 8 1 , 1 2, Damascio, De princ. 1 1 2,9 W. Allo stesso modo si assiste alla trasposizione di
alcuni concetti in contesti inusuali. Ad esempio Proclo, In Alcib. 303,5 ss. utilizza la teoria di
matrice aristotelica sui rapporti tra la materia e la forma per spiegare il sillogismo.
13 Nock, Sallustius, concerning the Gods and the Universe, Cambridge 1 926, XCVII ss.
istit Ùisce alcuni punti "di contatto verbale" tra Giamblico e Salustio.
14 Proclus, The Elements of Theology, Oxford 1933, I 963 2.
15 Bemerkungen zum Te:x:te der Vita Pythagorae des lamblichos, Berlin 1935.
1 6 Jamblique, Traité SUT l'Ame, in: La révélation d'Hermès Trismégiste, t. m, Les doctrines
de l'ame, Paris 1953, 177-264.
17 Pseudo-Dionysius Areopagita in seinen Beziehungen zum Neuplatonismus und
Mysterienwesen, Magonza 1 900.
18 Jamblique. Les mystères d'Égypte, Paris 1 966, 28-30.
26 D.P. TAORMINA

modo da Proclo. II reticolo linguistico è certamente più articolato, investe un per­


corso storico più ampio e riflette il sovrapporsi di lessici speculativi eterogenei:
uno che, nato nell'ambito di altri autori od altre scuole filosofiche, viene ripreso
da Giamblico nel suo significato originario; un'altro che, pur essendo espresso in
termini giamblichei, rispecchia un modello teorico di matrice diversa, un lessico,
infine, che prolunga problematiche di altri filosofi nella prospettiva del tardo neo­
platonismo. Il vocabolario di Giamblico risulta così costituito dall'interazione di
almeno tre livelli Iessicologici.
Un primo livello in cui si registra la creazione di termini tecnici che espri­
mono con esattezza e sinteticamente nuove concezioni. Un secondo livello
caratte rizzato dalla semplice utilizzazione di un linguaggio preesistente, le cui
matrici sono chiaramente individuabili: rrJ.:r1p(ùJ1a, ad esempio, introdotto da
Giamblico nel neoplatonismo per indicare la plenitudine dell'essenza, e quindi
l' unità rea!e, è termine tecnico nel vocabolario dello gnosticismo19; ugualmente il
termine Jl.OVOEL8rw, utilizzato da Giamblico in vari contesti, per indicare ciò che
è «di natura semplice», è voce di matrice platonica20, mentre auToEt8r1s-. che
indica ciò che è «di natura identica a se stessa»21, ha un antecedente in Marco
Aurelio.
Un ultimo livello in cui Giamblico utilizza una terminologia già consolidata
rispetto alla quale introduce modificazioni più o meno profonde di significato. II
termine rrEptK6Cl'J1 LOS" o l' equivalente lyK6Cl'J1LOS", ad esempio, sono utilizzati
più volte da Giamblico nel senso di ciò che è «nel mondo>>22• Per Platone rr�

19 Cf. E. R. Dodds, op. cit. 292-293 e A. R. Sodano, Giamblico, l misteri egiziani, Milano
1984, 25 1 nt. 3 1 .
20 TI termine ricorre in: De myst. I 3, 8,6; 9,9; 10,8; I 7, 2 1 ,3; I IO, 35, 1 0; I 17, 5 1 ,15;
52,7; II 3, 70, 1 8 ; m 29, 171,13; m 30, 174, 17; m 3 1 , 179,4; V 19, 226, 10; In Nic. 8,8; Protr.
69,22; De comm. 30,7; 42,27; 64,12. Cf. inoltre Platone, Fedone 78d5.
21 Cf. Giamblico, De anima apud Stobeo, Anth. 374,2.
22 Per la sinonimia dei due termini cf. De Myst. II l , 67,12- 1 3 ; Siriano, In Metaph. 26,10 e
1 1 6,20-2 1 ; Proclo, Theo/. Plat. I 4, 18.7; Ps. -Dionigi, De div. nom. I 6, 596 C (P.G. 3).
IN1RODUZIONE 27

ptK6UJ.lLOS' era il lago infernale (Fedone 113d) o il Tartaro (ib. 114a6 ss.), mentre
per gli autori posteriori era la regione dell'aria compresa tra la terra e la luna23•
La situazione linguistica sin qui descritta si manifesta prepotentemente al­
lorché si osservi la terminologia giamblichea delle facoltà dell'anima e se ne tenti
una ricostruzione concettuale. In eff e tti il filosofo eredita una tradizione
complessa: un vocabolario descrittivo, definizioni, teorie e rapporti tra teorie.
Giamblico, quindi, si trova nella necessità di unificare questi diversi approcci e
di trasformarli in una teoria coerente che risponda alle esigenze di una visione
emanatistica della realtà e della duplice prospettiva che questa visione comporta:
l'ascesa al divino e la discesa dal divino. Da qui l'opportunità di precisare, in via
preliminare, alcuni nuclei concettuali essenziali quali il concetto di 8uvaJ.lLS' e il
ruolo della triade ouula-8wd J.lEt s-lvtpyEtat (o lpya), nonché di misurare il
peso della trasformazione che essi subiscono rispetto al modello aristotelico eredi­
tato da Giamblico.

2.2. La nozione di 8vvapt,;-. Giamblico eredita la nozione di 8uvaJ.lLS' dalla


rappresentazione aristotelica del mondo sensibile e ne mantiene inalterata la fun­
zione predominante in relazione alla dottrina della causalità24• La 8waJ.lLS', come
è noto, è definita da Aristotele come il principio che produce cambiamento in una
cosa diversa o nella stessa cosa in quanto diversa, oppure come potenza di subire
mutamento da parte di altro, in un processo che, per essere colto nella sua
interezza, deve tener conto e del principio (dpX71) e dell'"altro", in uno sposta­
mento di prospettiva progressivo.
In tal modo la 8uvaJ.lLS' è definita all'interno della mutua relazione tra causa ed
effetto o tra agente e paziente. Essa è "attiva" quando indica il principio che pro-

23 Cf. A.-J. Festugière, op. cit. 244 nt.3


24 Sul peso dell'eredità aristotelica nella concezione della 6UIICI/l!ç elaborata da Giamblico e
dagli altri neoplatonici si veda la puntuale e intelligente analisi condotta da S. Gersh,
ampiamente utilizzata in questa sede, From /amblichus lo Eriugena. An lnvestigation of the
Prehistory and Evolution of the Pseudo-Dionysian Tradition, Leiden 1978, 27-32.
28 D.P. TAORMINA

duce mutamento in qualcos'altro o in se stesso in quanto altro da sé; è "passiva"


quando indica la capacità di subire mutamento da qualcosa d'altro o da se stesso in
quanto altro.
Questa distinzione è la conseguenza del diverso statuto ontologico che
Aristotele conferisce a queste due specie di potenza. La potenza attiva, infatti, si
fonda sul possesso di una forma ed è la sola ad avere autonomia sul piano ontolo­
gico. La forma costituisce la causa sulla base della quale si innesta il processo che
mette in azione la potenza, poiché ogni azione deriva necessariamente dal suo es­
sere in quanto forma. Questo processo coinvolge le potenze attive razionali e
quelle degli esseri inanimati: le prime si attuano in relazione alla volontà o al de­
siderio dell'agente, mentre le altre si sviluppano spontaneamente allorché l'agente
è in contatto con il paziente appropriato. La potenza passiva, invece, fonda il suo
statuto ontologico sulla materia. La forma, in un certo senso, deve venire dal di
fuori in quanto la cosa in questione è privata di una forma che non può acquisire
solo con i propri mezzi: «< significati di potenza che si riconducono alla mede­
sima specie sono tutti principi, e si dicono potenza in relazione ad un unico
significato primo di potenza, che è quello di principio di un mutamento proprio di
una cosa o della stessa cosa in quanto è altra (dpX7) Jl.E"Ta(3oXfìç lv d-Utp fi u
d..Uo). C'è la potenza di subire, come principio di un cambiamento passivo, che
sta nella cosa stessa che lo subisce a opera di un'altra cosa o a opera di se stessa
in quanto è diversa da sé (dpx1) Jl.E"Ta(3oÀ.fjç rra0TJTLtdjç urr ' d,Uou fi 7}
d..Uo)».25
Potenza è, quindi, la capacità di A (o di B) di passare in un nuovo stato, ma
rappresenta anche il nuovo stato di A (o di B),26 in un processo di causalità la
cui vera causa risiede nell'atto stesso. Quest'ultimo precede la potenza sia relati-

25 Aristotele, Metaph. IX 1 , 1046a9 ss La traduzione è quella di C. A. Viano, Torino 1974,


..

leggermente modificata.
26 Riferiamo di questa teoria complessa e articolata solo gli elementi essenziali che
verranno ripresi dai neoplatonici. Per una trattazione più esaustiva rinviamo a S. Gersh, op. cii.
27-32.
IN1RODUZIONE 29

vamente al concetto, sia relativamente all"'essenza" (owla) sia relativamente al


tempo27, così come l'agente in atto precede l'attuazione del paziente.
Giamblico riprende, rielaborandoli, alcuni elementi di questa dottrina.
Anch'egli, ad esempio, afferma che le attività precedono le potenze e in confor­
mità con l'impostazione aristotelica distingue la "proprietà" (l&6rrw) dell'agente
da quella del paziente. La prima ha in se stessa la causa dell'azione che deriva di­
rettamente e in primo luogo dalla totalità dell'essere dell'agente, mentre la pas­
sione del paziente risiede nello stesso paziente e in altro. Il paziente, dunque, ha
un certo essere che gli è proprio e che non dipende completamente dall'azione
dell'agente: la causa della passione del bronzo, ad esempio, non è solamente lo
scultore, ma anche lo stesso bronzo. Esso, infatti, è suscettibile di essere trasfor­
mato in statua e questo dà allo scultore la possibilità di esercitare la propria
azione28•
Nonostante i numerosi rapporti teorici e testuali tra la dottrina di Aristotele e
quella elaborata dai neoplatonici29, però, molti problemi resterebbero irrisolti se,
nell 'interpretare il valore che Giamblico attribuisce alla 8uvaJ1LS", dovessimo li­
mitarci ad adottare un punto di vista puramente aristotelico. La nozione stessa di
8uvaJ1LS" in Giamblico è complicata dal fatto che essa è la risultante di un pro­
cesso storico e teorico che ne ha modificato la fisionomia. Un evento particolar­
mente significativo a questo proposito è la teoria stoica della passione, contro la
quale il filosofo polemizza vivacemente. Inoltre Giamblico, come altri neoplato­
nici, recepisce solamente due dei tre significati della 8uvaJ1LS" aristotelica: la po­
tenza di A di produrre un cambiamento in B, la potenza di B di essere cambiata da
A. Agiscono infine in maniera determinante le profonde trasformazioni che la dot-

27 Aristotele, Metaph. IX 8.
28 Simplicio, In Cat 3 1 5, 20 ss. K.

29 La distinzione tra una potenza concepita come pura potenzialità e la potenza come potere
di agire ad esempio è comune tra i commentatori di Aristotele i quali, come ha sottolineato A.
Segonds, Proclus. Sur le premier Alcibiade de Platon, t. I , Paris 1985, 1 95 nt 2 , distinguono tra
6r/11ap.tS" KaT 'lrrtTT]&t6TTJTa o 6VIIaf.LLS" drt).q e 6rlllap.tS" KafJ 'l(tll o 6VIIaf.LLS" TE'Mia.
30 D.P. TAORMINA

trina aristotelica della causalità ha subito da parte dei neoplatonici: «The


Neoplatonists take over the whole of the Aristotelian doctrine of causation but
subject it to two fundamental transformations. First, it is extended beyond the
sensible world (...) and applied per analogiam to the realm of spiritual principles
such as gods, divine intellects, and divine souls (...). The second trasformation of
the Aristotelian doctrine involves its combination with emanation theory in
which some aspects of the originai formulation are preserved intact while others
are modified or even reserved in their significance»30. A questa trasformazione
concorrono elementi diversi -l'esegesi di alcuni testi platonici quali il Timeo e il
Parmenide, le esigenze teoriche dettate dalla teurgia e dal tentativo di ascesa al di­
vino- tutti, però, riducibili ad un elemento centrale dal quale dipendono stretta­
mente: l'essenziale monismo di cui è intriso il pensiero giamblicheo. Da esso in­
fatti deriva la visione gerarchica degli esseri a partire da un unico Principio e la
produzione dell'inferiore da parte del superiore. Cosl la nozione di 8uvaJJ. LS"
svolge un duplice ruolo: è inserita in un processo emanativo della realtà che la
trasforma rispetto al modello aristotelico, ma al contempo è funzionale rispetto a
tale processo.
Una conseguenza generale di questo meccanismo si misura già nel fatto che nei
neoplatonici l'uso di 8uvaJ1.LS" prevalere nel suo significato di "potere" o "potenza
attiva". Il significato di potenzialità passiva non è totalmente escluso, ma esso ­
come ha osservato J. Trouillard- è l'ultimo di una serie nella quale il dinamismo
produttore «s'éteint par degrés pour s'achever dans l'inertie d'une sorte de récepta­
cle»31. Quest'ultimo è descritto da Proclo come ciò che è tutte le cose in potenza,
cioè come la semplice potenzialità che si situa al di sotto di qualsiasi atto, mentre
il vertice della serie è la potenza generatrice di tutti gli esseri32, nel senso che tale
potenza è superiore ali' lvtpyna che lo genera. La potenza si configura così
come l'espansione di un dato principio, meglio come la sovrabbondanza della

30 S. Gersh, op. cii., 32.


31 J. Trouillard, La nolion de tSvvrrpt.S" chez Damascios, "REG" 85, 1 972, 353.
32 Proclo, /n Eud. 88,24-26 F.
INTRODUZIONE 31

tensione interna grazie alla quale il principio si pone e procede nei suoi prodotti33 .
Essa appartiene in primo luogo al principio, in quanto è grazie alla su a potenza
che il principio è tale. Ad ogni principio corrispondono, dunque, le relative
potenze o -se si vuole- tante sono le potenze quanti sono i principi.
Un' ulteriore conseguenza è l'esigenza di una sistematizzazione della realtà il
più possibile dettagliata e aspirante alla totale esaustività, e quindi il tentativo di
integrare ogni elemento in un insieme che, pur essendo estremamente complicato,
sia assolutamente coerente. Ciò conduce inevitabilmente Giamblico ad esporre ed
utilizzare la nozione di 8waJJ.tS", così come altre nozioni, in contesti differenti se­

condo le stesse procedure logiche e metodologiche, ma questo aspetto non esclude


ovviamente che tale nozione risulti ogni volta più o meno trasfonnata in base
alle esigenze specifiche di ciascun contesto.

2.3./l mondo intelligibile. Potenza e processione dei principi. Il rapporto dia­


lettico tra agente e paziente o tra causa ed effetto, nella sua duplice prospettiva di
azione dell'uno sull'altro o di passione dell'uno dall'altro, è mantenuto da
Giamblico ma, trasferito al mondo intelligibile e inserito in una visione emana­
riva della realtà, si traduce in una processione che dai primi principi procede sino
agli ultimi enti e in conversione di questi da quelli.
Il primo di questi due processi dà luogo ad una gerarchia di cause nella quale
ogni membro riceve una quantità minore di potenza rispetto a quello che lo pre­
cede. Il vertice di questa gerarchia è caratterizzato da un "eccesso" di potenza: colui
che è abituato alla contemplazione degli Intelligibili è malato di un eccesso di po­
tenza. Come la capacità rispetto alle cose vili è piuttosto un'incapacità, ugual­
mente l'incapacità nei confronti delle cose inferiori è un eccesso di capacità34.
Nello stesso senso Giamblico afferma che i principi superiori hanno una
"dotazione penetrante di potenza" che li differenzia rispetto a quelli inferiori.

33 Giamblico, fr.3 Dillon (=Proclo, In Tim I 19,9 ss.).


.

34 Giamblico, ivi. La stessa argomentazione è ripresa da Siriano, In Metaph. 187,6 ss. e da


Proclo. El. Theol. 1 1 8, 1 8- 1 9.
32 D.P. TAORMINA

Questi passi, interpretati da S. Gersh anche alla luce dei parallelismi con Siriano
e Proclo35 , sembrano indicare che nella gerarchia di cause ed effetti ciascun mem­
bro della serie possiede una quantità maggiore di potenza rispetto a quello che lo
segue, producendo in tal modo una serie graduata di potenze che derivano dal
primo principio.
Tale idea gerarchica di potenze è riscontrabile anche nella genealogia degli dei.
Gea, infatti, abbraccia tutto ciò che è permanente e stabile confonnemente
all'essenza degli dei encosmici e alla loro attività, sia secondo la rivoluzione pe­
renne, sia secondo le potenze superiori e le vite totali. Urano è l'attività demiur­
gica totale, perfetta, piena delle potenze appropriate, che procede dal Demiurgo36•
Crono è monade, Rea invece è diade che invita ad agire le potenze incluse in
Crono37• I fratelli di Zeus e di Hera possono associarsi a questi ultimi nella
demiurgìa generatrice, poiché ne condividono la proprietà di essere intelletti
anch'essi e di avere la stessa pienezza sia in perfezione che in potenza38•
Lo stesso processo è analizzato da Giamblico anche a partire dalla prospettiva
opposta, cioè da quella del paziente. L'elemento che caratterizza il paziente in rela­
zione alle potenze dell'agente causale è la "attitudine"39, nel suo duplice ruolo di

35 S. Gersh, op. cii., 34 ss.


36 Giamblico, fr. 75 Dillon (=Proclo, In Tim. m 173,17 ss.).
37 Giamblico, fr. 77 Dillon (=Proclo, In Tim. m 198,15 ss.).
3S Giamblico, fr. 78 Dillon (=Proclo, In Tim. m 190,5 ss. ).
39 I termini lm T7f8E"L OS" e lm TTJ&UiTTJS" ricorrono innumerevoli volte. Per lm nf&tos­
cf.V. Pyth. 1 4. 1 2; 2. 2 1 ; 1 4. 20; 15. 7 ; 39. 25; 42. 18; 53. 4; 54. 1 8; 61. 20; 65. 19; 105. 8;
127. 22; 1 3 1 . 26 ; Protr. 6. 18; 95. 5 De myst. I 8, 29. l; I 1 2, 42. 13; m 2, 105. 2; m 1 1 , 127.
9; m 16, 137. 16; m 24, 157. 17; v 7, 207. 14; v 10, 213. 2; v 12, 216. 3 e 6; v 16, 221 . 1 8; v
23, 233. l; VI 4, 244. 19. Per lmTTJ&L6T71S' cf. Pro/r. 1 1 6. 6; De comm. 55. 9; De myst. m 1 1 ,
125. 5; m 27, 165. 16; IV 8, 192. 2; V 7, 207. 13; V 1 0, 210. 16; VI 2, 242. 13; X 3, 288. l. E.
R. D odds, op. cit. 344-345 d istingue tre usi di questi termini: l) capacità inerente d i agire o di
essere agito in una maniera specifica; 2) affinità inerente di una sostanza ad un'altra; 3) capacità
inerente o ind otta di ricevere un 'influenza divina. L'uso del termine nella filosofia ellenistica e
nei commentatori d i Aristoteleè analizzato da R. B. Todd, Epitedeiotes in Philosophical
Literature: Towards an Analysis, "Acta Oassica" 15, 1972, 25-35 e Lexicographical Notes on
Alexander of Aphrodisias' Philosophical Terminology, "Glotta" 52, 1974, 212-2 1 3. Per
INTRODUZIONE 33

attitudine dell'agente nei confronti del paziente e, ancora, attitudine del paziente a
ricevere le potenze dell'agente: «Se diciamo che in un solo vivente, il tutto, che
ha dovunque una sola e identica vita, la comunanza delle potenze simili o il con­
trasto delle potenze contrarie o una qualche attitudine dell' agente al paziente (Jf
nç tmrr,tiELdTTJs- ToD rrowDvroç rrpoç TO rrdaxov) muovono insieme il
simile e l 'affine, diffondendosi allo stesso modo secondo una sola simpatia nelle
parti più lontane come se fossero vicinissime, si dice così qualcosa di vero . . . »40.
Nella prospettiva inversa il paziente è atto a ricevere le potenze dell' agente: le
cose della terra sono atte alla partecipazione divina41; la materia pura e divina,
nata anch'essa dal padre e demiurgo del tutto, acquista la perfezione atta a ricevere
gli dei4 2; le invocazioni dispongono lo spirito umano a partecipare al divino43;
certi stati psichici, come il sonno, il chiudere gli occhi, l' oppressione somi­
gliante a torpore, lo stato intermedio tra il sonno e la veglia, la veglia appena
iniziata o completa sono atti a ricevere gli dei44.
In ogni gerarchia di cause ed effetti, dunque, ogni membro della serie è atto a
ricevere una quantità ridotta di potenza in rapporto al termine immediatamente
precedente ad esso: si genera in tal modo una gerarchia continua di potenze ascen­
denti a partire dalla materia, cioè dal membro più debole, sino al primo princi­
pio.4S
I due processi, quello ascendente e quello discendente, risultano in tal modo
chiariti in relazione alle condizioni che rendono possibile la comunicazione tra i
primi principi della processione e gli ultimi. Da una parte, infatti, è necessario
che gli esseri superiori possiedano una sovrabbondanza di potenza o una "potenza

Giamblico in particolare si vedano inoltre A. D. Nock, op. cit. XCIX nt. 9; E. des Places, op. cit.
100 nt. 3, A. R. Sodano, op. cit. 284-285 nt. 60.
40 Giamblico, De myst. V 7, 207,10 ss.
4 1 Giamblico, ib. I 8, 28,20-29,1.
4 2 Giamblico, ib. V 23, 232,1 7-233,2.
43 Giamblico, ib. I 12, 42, 12-13.
44 Giamblico, ib. III 2, 104, 14- 105,2.
45 Cf. S. Gersh, op. cit., 38.
34 D.P. TAORWNA

perfetta"46, dall'altra gli esseri inferiori devono essere disposù a ricevere la po­
tenza di quelli. Gli esseri superiori che sono nel cosmo -dice Giamblico- allo
stesso modo in cui non sono contenuù da niente, contengono tutto in sé, e le
cose della terra, avendo l'esistenza nella totalità degli dei, appena diventano atte
alla partecipazione divina, ricevono subito in essa gli dei preesistenù alla loro
propria essenza47•
Emerge, implicito in queste formulazioni, il rapporto tra oùula, 8wdJ1ELS"
ed b4p-yEtat (o lp-ya); la natura di una sostanza è dedotta a partire dalle sue po­
tenze, le quali a loro volta sono ricavabili in relazione alle rispettive attività.
Questa concezione, nelle sue molteplici sfumature e prospettive, è estesa a
tutti gli elementi che costituiscono il mondo intelligibile ed è applicata da
Giamblico anche alla gerarchia delle anime.

2.4. La gerarchia delle anime e delle potenze. La nozione di 8waJLLS" acquista


valenze nuove allorché Giamblico ne sposta la prospettiva dall'ambito della meta­
fisica a quello della psicologia. Il rapportO tra ofxT{a, 8WdJ1ELS" ed b4p-yELQL (o
lp-ya) che là rimaneva implicito, diventa invece fondamentale quando si parla
dell'anima. Cogliere l'essenza dell'anima non è facile, dice Giamblico, mentre è
più facile vedere e spiegare le sue facoltà, perché queste sono le generatrici dirette
delle attività e dal posteriore possiamo inferire l'anteriore. «<n primo luogo è ne­
cessario dire, come afferma anche il divino Giamblico, che contemplare l'essenza
dei demoni e generalmente degli esseri che sono superiori a noi è estremamente
difficile per coloro i quali non hanno purificato l'intelletto della propria anima,
per cui vedere semplicemente l'essenza dell'anima non è facile per tutti [ . . . ]; in­
vece scorgere e spiegare le loro potenze è più facile. In effetti, partendo dagli atti ,
di cui le potenze sono direttamente le madri, perveniamo a percepire le essenze
stesse, poiché la potenza è intermediaria tra la sostanza e l'attività: da una parte è
prodotta dalla sostanza, dall'altra parte essa genera l'attività» (d1rò -yàp T&v é

46 Cf. De myst. I 9, 3 1 , 14.


47 Cf. De myst. I 8, 28, 1 8 ss.
INIRODUZIONE 35

�P'YELCiV, �V dul TrpDUEXCiS' al 8wap.ELS' Jl.TITÉpES', Kal aimJv ÉKdV{JJV


bratuOav6p.dJa . Jl.ÉUTI yàp � Uwap.ls- ÉUTL TfìS' TE ovulas- Kal Tfjs- l­
�pydas-, rrpo{3aÀÀOJ1.ÉVT7 p.lv dm) TfìS' ovu{as-, drroyEvvrJua lJl njv l­
wpyELav)48. Questo rapporto si sovrappone alla visione gerarchica ed emanativa
della realtà che coinvolge in questo contesto le diverse processioni di anime che si
producono a partire dall 'anima ipercosmica.
La classe delle anime ha caratteristiche proprie: ha inizio al termine delle classi
divine, riceve in sorte dai demoni e dagli eroi porzioni determinate di potenze, fa
uso di forme di vita e di figure varie a seconda della regione del cosmo in cui si
trova, si unisce con chi vuole, e con gli dei si unisce secondo armonie di essenze
e di potenze diverse. Potrebbe dunque sembrare anche che l'anima presenti in se
stessa essenze ed attività di ogni specie, nozioni di ogni sorta, tutte quante le
forme, mentre in realtà essa resta sempre determinata secondo un solo genere, e
associandosi alle diverse cause superiori si allinea ora con l'una ora con l'altra49•
Le 8wap.as- dell 'anima, così come l' ovula e le lvlpyEtaL (o lpya) dipen­
dono, dunque, dalla regione del cosmo in cui l'anima stessa si trova e sono in
stretta correlazione con il posto che ogni anima occupa all'interno della più com­
plessiva gerarchia degli esseri. Questa gerarchia, mai esposta sistematicamente da
Giamblico, risulta evidente, però, mettendo in correlazione i cenni e i riferimenti,
a volte solo marginali, presenti nelle varie opere.
Il vertice della gerarchia è occupato dall 'anima ipercosmica. Essa è trascen­
dente, indipendente, ha autorità su tutte le cose, non è partecipata; definita da
Giamblico anche come "anima prima", è Monade al di sopra delle anime encosmi­
che, non appartiene a nessun corpo e non è ancora in nessun rapporto con il

48 Fr. 4 Dillon (= fr. 161 Dalsgaard Larsen, = Proclo, In Alcib. 84, 1 ss.). La traduzione,
leggermente modificata, è quella di A. Segonds, Proclus. Sur le premier Alcibiade de Plaion, L I,
Paris 1985; si rinvia inoltre alle ricche nole filologiche e bibliografiche che l'autore fornisce
nell'affaralo ad loc.
Cf. De myst. II 2, 68,8 ss.
36 D.P. TAORMINA

corpo, ma è al contempo presente in tutte le cose e separata da tutte le cose50• Al


di sopra della fatalità, la sua prima esistenza è indipendente dal mondo visibile.
Da quest'anima ipercosmica procedono, in linea orizzontale, due altre anime, in­
tellettive e partecipi dell ' intelletto divino5 1 • Questa processione è descritta det­
tagliatamente in rapporto al Timeo di Platone: Timeo, dopo aver creato, con la
psicogonìa, l'anima unica e ipercosmica, tira da quest'anima unica la diade. La
scissione, infatti, indica la divisione demiurgica che, nell'identità e nella perfe­
zione, progredisce operando risultati identici secondo i numeri posteriori, mentre
la processione che si svolge dal Demiurgo verso il basso indica una rottura verti­
cale del divino. È grazie a queste operazioni che vengono prodotte, a partire dalla
prima anima, altre due anime. Esse sono reciprocamente legate, sussistono l 'una
nell'altra, si distinguono l' una dall' altra e, nonostante siano mutualmente unite,
ciascuna di esse conserva la propria purezza. Create dal Demiurgo prima della
stessa creazione del cielo, sono intellettive e partecipano dell'intelletto divino poi­
ché la diade delle anime è stata introdotta nella diade intellettiva che, per essenza,
è superiore alle anime.
Anche l'essenza dell'anima dell' universo viene tratteggiata da Giamblico con
precisione; essa è presente ovunque, ha autorità su tutte le cose e le dirige attra­
verso i propri movimenti52, unica e indivisa, non è contenuta in nessuna specie
particolare53.
Al di sotto si trovano le anime divine, composte da generi che hanno una sov­
reminenza trascendente54, e che sono le anime degli dei visibili, cioè degli astri;
esse sono intelligenti ed occupano i pianeti o le sette sfere celesti55•

SO Cf. In Tim. fr. 50 Dillon (=Proclo, In Tim. II 105,16 ss.).


SI Cf. In Tim. fr. 54 Dillon (=Proclo, ln Tim. II 240,5 ss.).
52 Cf. In Tim. fr. 50 Dillon (=Proclo, In Tim. II 105,16 ss.).
53 De mysl. II 7, 84,9-10.
54 Giambl ico, fr. 83 Dillon (=Proclo, In Tim. ID 257,26 ss.).
55 Cf. In Tim. fr. 50 Dillon e De anima, apud Stobeo, Anth. I 377,23 ss.
INTRODUZIONE 37

Ancora al di sotto si trovano le anime particolari, incapaci di dimorare immu­


tabilmente in alto e dipendenti dal fato: sono le anime degli urotxE'ia5 6• Esse
sono situate sotto i pianeti e, poiché le regioni del cosmo che si trovano sotto i
pianeti sono formate dagli elementi, queste anime sono appunto quelle degli ele­
menti. Qui urotx�'ia designa dunque le regioni del cosmo che, dall'alto verso il
basso, si dividono in base agli elementi, ciascuno dei quali produce un genere par­
ticolare di esseri viventi. Giamblico parla infatti delle anime dei demoni e di
quelle degli eroi, l'ultimo livello di questa gerarchia è rappresentato dalle anime
individuali, che sono le anime pure dei teurgi, quelle degli uomini e degli ani­
malis7.
A questa gerarchia di anime corrisponde una gerarchia parallela di 8wdfJ.�LS", in
quanto l'anima, penetrando in ogni parte del mondo «accoglie vite e potenze, le
une che proietta essa stessa, le altre che riceve dal mondo, e accoglie in ogni parte
del mondo i corpi appropriati, gli uni che riceve dal mondo, gli altri, organici,
che produce essa stessa secondo i suoi calcoli, e tutto questo, potenze, vite, corpi,
li deposita di nuovo, quando la sua sorte è di passare a un altro luogo di sog­
giomo))58.
È evidente che Giamblico distingue le potenze, come le vite e i corpi
dell'anima, secondo le diverse processioni di anime che si producono a partire
dall'anima ipercosmica. Mentre però, i termini con cui Giamblico specifica in
termini espliciti la gerarchia degli lpya, le caratteristiche della processione delle
8wdfJ.�LS" rimangono implicite ed è possibile ricavarle solo grazie ad alcuni in­
dizi o per analogia. Il secondo di questi metodi, valendosi del costante e pregnante
rapporto di parallelismo che il filosofo istituisce tra 01jula, 8wdfJ.�LS" e lv€{T
y�tat o lpya, consente di estendere anche alle 8wdfJ.�LS" ciò che Giamblico af­
ferma a proposito degli lpya. Questi, infatti, ordinati gerarchicamente fungono ad
una classificazione delle anime per generi e specie. Il filosofo infatti pone una dif-

S6 De animo, apud Stobeo, Anlh. I 377,25 ss.


S1 De animo, apud Stobeo. Anlh. I 372, 15 ss.
58 Cf. fr. 1 17 Dalsgaard Larsen (=Simplicio, /n Arisl. caleg. 374,24 ss. K.).
38 D.P. TAORMINA

ferenziazione tra gli atti perfetti delle anime universali, gli atti puri e immateriali
delle anime divine, gli atti efficaci delle anime dei demoni, gli atti valorosi delle
anime degli eroi, gli atti confonni alla natura mortale delle anime presenti negli
uomini e negli animali 59• Le anime più nobili sono interamente in ciascuno dei
propri atti, sino a quando non si sono incorporate la loro attività è semplice come
la loro essenza e, di conseguenza, t'essenza si confonde con le operazioni le quali,
a loro volta, dipendono direttamente dalle potenze. Il parallelismo tra gli lpya e
le 8wdpBs è reso esplicito nelle linee seguenti: «[ . ] dico dunque che gli atti
. .

aderiscono naturalmente alle potenze nel caso delle anime complete in se stesse,
di natura semplice e separata dalla materia [ . ] »60• Non mi pare arbitrario,
. .

dunque, dedurre da questi passi che le potenze dell'anima universale siano perfette,
le potenze delle anime divine pure ed immateriali, le potenze delle anime dei
demoni efficaci e quelle delle anime degli eroi valorose.

3. Le potenze dell' anima umana.

3.1. La dimensione "intermedia" dell'anima. L'elemento che caratterizza le 8v


vd/1-E"LS" dell'anima umana è costituito dal legame che queste "potenze" contrag­
gono con il corpo. Esso costituisce il criterio in base al quale è possibile porre
una discriminazione antologica rispetto alle "potenze" delle altre specie di anime
e, allo stesso tempo, assolve un ruolo centrale nella complessiva gerarchia delle
8wapns-. La base di questa costruzione piramidale, infatti, è costituita dalle po­
tenze dell'anima umana proprio a causa della "sostanziale" inclinazione che esse
hanno verso il corpo e il livello di tale inclinazione ne regola l'ulteriore differen­
ziazione gerarchica. Una gerarchia complicata, peraltro, dai molteplici problemi
dei quali Giamblico sembra tener conto: la diversità tra i tipi di vita, ma anche il

S9 De anima, apud Stobeo, Anlh. I 372, 15 ss.

60 De anima, apud Stobeo, Anlh. I 373,10 ss.


INTRODUZIONE 39

rapporto con gli stadi dello sviluppo umano e con gli stati fisiologici
dell'organismo.
In questa impostazione dell'aspetto più specificamente psico-somatico delle
8wd.J1.ELS" dell'anima si condensano le risposte del filosofo ad un dibattito che af­
fonda le proprie radici storiche e teoriche nella filosofia di età classica e che per­
dura vivace durante l'età imperiale: si tratta infatti di stabilire se tutte le potenze
del corpo animato dipendano, come voleva Aristotele, solamente dall'anima noe­
tica o se sia più valida l'impostazione di matrice platonica che poneva una distin­
zione tra le potenze proprie alla sola anima e quelle che appartengono al
composto anima-corpo. Giamblico sembra optare per questa seconda
impostazione. «Dico che gli atti aderiscono naturalmente alle potenze nel caso
delle anime complete in sé stesse, di natura semplice e separate dalla materia (è
così che deve essere espresso il nuovo sistema inventato), e che questi atti, nel
caso delle anime imperfette e disseminate ciascuna sulla terra assomigliano
all'azione attraverso la quale le piante producono i loro frutti [ . . . ] . Ci sono in
effetti alcune potenze dell'anima che sono legate al corpo come ad una materia,
così la potenza sensitiva e quella appetitiva, ce ne sono di più pure che non si
servono affatto del corpo, così la potenza intellettiva; ora dunque, per quanto
concerne gli atti delle potenze corporee, Platone non li definisce legati ai corpi in
modo essenziale, è solamente per conversione che, secondo lui, hanno
comunicazione con il corpo, mentre per quanto concerne gli atti delle potenze
separate, li definisce completamente liberi da qualsiasi tendenza verso il corpo»6 1 •
Giamblico sottolinea inoltre che il legame tra anima e corpo è il criterio che
determina la differenza ontologica tra le 8wdJ1.ELS" e che questa differenza
comporta una gerarchia degli atti, dunque anche delle potenze dell'anima: gli atti
delle anime universali e più divine non hanno nessuna comunicazione con il
corpo a causa della purezza delle essenze, mentre quelli delle anime immerse nella
materia e particolari non hanno lo stesso grado di autonomia rispetto al corporeo.

61 De anima, apud Stobeo, Anth. I 373,9 ss. W.


40 D.P . TAORMINA

In particolare gli atti delle anime che discendono nel corpo sono uniti ad esso in
differenti maniere. Le anime che hanno per supporto dei corpi pneumatici
producono senza problemi, per mezzo di tali corpi, i loro atti, mentre le anime
inseminate nei corpi più solidi e imprigionate in essi, sono riempite della natura
di questi corpi.
Ancora una volta Giamblico si serve della relazione che esiste tra ouula, 8(r
vaf.LLS" ed lvlpr€La applicando questo principio sino alle sue estreme conse­
guenze, anche a costo di giungere a conclusioni sorprendenti ed inaspettate. C.
Steel ha sottolineato con grande sagacia il peso di questa relazione nel percorso
teorico che conduce il filosofo a sostenere il carattere intermediario dell'an ima62•
L'anima umana non resta indisturbata in se stessa come le anime divine che go­
vernano i loro corpi senza essere mescolate con essi. L'anima umana, a causa
della discesa nel corpo, è "scossa" e "spezzata" nella sua sostanza; non appartiene
completamente a se stessa, ma è diretta al corpo e diventa del corpo. In tal modo
perde il suo equilibrio originario e "si piega ed inclina" verso il corpo a cui dà
vita, producendo da sé forme di vita inferiori, cioè la vita sensitiva e quella
vegetativa, necessarie per animare ed organizzare il corpo. In seguito
all'acquisizione di queste forme irrazionali di vita l'anima perde la sua pura
trascendenza e, caduta nel divenire e nella divisione, la sua conoscenza diventa
dipendente dal corpo in una condizione di esteriorizzazione che non è mai
completa e definitiva. L'anima può, infatti , separarsi dalle vite irrazionali e,
tornando in se stessa, può riacquisire la sua indivisa unità originaria, ritrovare la
sua pura natura essenziale, la libertà da qualsiasi concrezione e, diretta interamente
verso se stessa, contemplare in un processo continuo gli oggetti ideali.
«[ . . . ] la nostra anima dimora e cambia, perché sta in mezzo tra le cose che non
conoscono che permanenza e le cose assolutamente mutabili; essa partecipa in
qualche modo all'uno e all' altro degli estremi, di modo che ad esempio è allo

62 The Chllnging Self. A Study of lhe Soul in Later Neoplatonism: /amblichus, Damascius
and Priscianus, Brussel 1978, 23 ss.
INIRODUZIONE 41

stesso tempo in un certo modo divisa e in altro modo indivisa, nasce ed è


ingenerata, in qualche modo muore ed è imperitura [ . . ] » 6 3• "Processione e
.

conversione", sottolinea ancora C. Steel, sono i due poli tra i quali si muove
senza tregua la vita dell'anima umana. Più vicina ora all'uno ora all'altro senza
identificarsi mai completamente con nessuna di queste posizioni estreme, in una
tensione incessante, l'anima non va mai del tutto fuori di sé, non è mai
interamente divisa o soggetta alla mutazione, neppure quando vive puramente nel
sensibile. D'altra parte non è mai neppure totalmente indivisa, neppure quando è
pura intellezione, altrimenti si identificherebbe con gli esseri intellettuali che la
trascendono. Tale tensione non è un evento puramente esterno, ma coinvolge la
stessa essenza dell'anima. Processione e conversione sono "modi sostanziali"
dell'anima umana: quando essa si volge verso il corpo la sua sostanza non rimane
immutabile "in alto", come voleva Platino, ma cade verso il basso, la sua unità è
spezzata e la diversità penetra nella sua essenza, in una situazione di alienazione
da sé rivela le "emanazioni" o "potenze" del corpo e con l'andare fuori da sé
diviene altra e, al tempo stesso, rimane se stessa. Processione e conversione non
sono due processi autonomi, ma ognuno implica l'altro e ciascun movimento
non cancella l'altro.
Questo carattere intermediario dell'essenza dell'anima umana nel suo stato in­
carnato coinvolge anche la dottrina delle "potenze" perché ogni termine della triade
ouala-8uvaJJ.Lç--tv€py�La è la manifestazione di una totalità complessa rappre­
sentata dalla triade nel suo insieme e, rimandando continuamente agli altri ter­
mini, non può essere considerata come un 'unità statica che esiste solo in se
stessa. Tale dottrina si trova così a fungere da premessa per la teoria delle
"potenze" dell'anima umana e ad essere, al contempo, una sua conseguenza.

3.2. "Potenze" e virtù. Nell 'In Tim. III 333,28 ss. Proclo riferisce la critica
che Giamblico muove alla concezione teorizzata da Platino e da Teodoro di Asine

63 [Simplicio] , In Arist. De aninul 5.38 ss. H.


42 D.P. TAORMINA

secondo la quale una parte dell'anima umana, pennanendo nell'intelligibile, è im­


passibile ed ha un'attività intellettuale ininterrotta e costante. Gli storici del neo­
platonismo hanno sottolineato con molta precisione le molteplici componenti che
sottendono a questa critica64, tuttavia vorrei ricordare ancora una volta le argo­
mentazioni che Proclo attribuisce a Giamblico e confrontarle con la fonnulazione
della stessa tematica che ritroviamo in [Simplicio]. «<l divino Giamblico -so­
stiene Proclo- ha ragione di argomentare contro coloro che pensano cosl. In effetti
cos'è che pecca in noi quando, sotto l'impulso della parte irrazionale, ci gettiamo
in un'immaginazione impura? Non è forse la nostra libera scelta? E come non po­
trebbe essere questa? Poiché è in virtù di questa che ci differenziamo dalle cose
fantasticate in modo sconsiderato. Ora se la libera scelta pecca, com'è che l'anima
non pecca? D'altra parte cosa rende felice tutta la nostra vita? Non diremo, come
suppongo, in ogni modo che la ragione possiede la sua propria virtù?»
La testimonianza di [Simplicio] evidenzia sotto un punto di vista diverso la
stessa concezione: « Ma poiché la stessa essenza suprema dell'anima non dimora
senza mescolanza a causa dell'inclinazione verso gli oggetti di secondo rango, di
modo che in questo modo anche questa essenza è mediana, come osserva
Giamblico nel suo Trattato sull' anima, non solo tra i divisibili e gli indivisibili,
ma anche tra i generati e gli ingenerati, i peribili e gli imperibili [. . . ]»65.
Entrambi i passi mostrano la sostanziale differenza tra l'anima divina e
l'anima umana, ma mentre Proclo insiste sull'aspetto etico, [Simplicio] sembra
sottolineare maggionnente l'aspetto antologico e psicologico della dottrina di
Giamblico. In realtà queste due concezioni coesistono e rappresentano i due punti
di vista che il filosofo adotta quando parla dell'uomo: da un lato Giamblico vede
in esso un agente morale inserito nell'economia di una problematica escatologica,
dall'altro lo considera come un elemento tra gli altri il cui insieme costituisce

64Cf., tra gli altri, C. Steel, op. cit.; H. J. Blumenthal, Neoplatonic Elements in the De
Anima Commentaries, "Phronesis" 21, 1976, 64-87; C. J. de Voge1, L' image de l'homme chez
Plotin et la critique de Jamblique, "Diotima" 8, 1980, 1 52-154.
65 In De anima, apud Simplicio, /n De anima, 240,33 H.
INIRODUZIONE 43

l'universo, una "natura" che si offre all'osservazione del filosofo. Il legame teo­
rico tra queste due concezioni è costituito dal ruolo delle 8wdJJ. �LS" nella vita etica
e nella vita psichica dell'individuo. Numerosi indizi indicano, infatti, che lo stu­
dio delle virtù non appartiene interamente alla morale: la virtù morale costituisce
per Giamblico uno degli fattori essenziali alla condotta umana, il quale può svol­
gere il suo ruolo solo se si inserisce tra altri fattori che determinano tale condotta
attingendo le proprie radici nell'anima e nelle sue facoltà.
Giamblico, come è noto, utilizza una classificazione delle virtù in virtù fisi­
che, virtù etiche, virtù catartiche, virtù teoretiche e virtù paradigmatiche comune
tra i neoplatonici dopo Porfirio66, ed ancora l'educazione morale all'educazione
intellettuale dell'individuo: l'educazione intellettuale e l'educazione morale -so­
stiene il filosofo- procedono di pari passo, l' una non è possibile senza l'ausilio
dell'altra e viceversa67• Su questa base stabilisce l'ordine nel quale devono essere
letti i dialoghi platonici c propone una divisione generale dell'A lcibiade in tre
parti secondo i movimenti che l'anima di Alcibiade (come quella del lettore) com­
pie nel corso del dialogo: l . l'anima è liberata dall'ignoranza che consegue alla
sua venuta nel mondo della generazione; 2. Alcibiade apprende quindi che non
deve accontentarsi delle sue disposizioni naturali, ma deve sforzarsi di acquisire la
virtù; 3. Alcibiade, sotto la direzione di Socrate, scopre in cosa consiste il suo
vero io e apprende a occuparsi correttamente di se stesso68•
Questa concezione conduce ad una diversificazione delle "potenze" etiche, le
virtù, e delle "potenze" cognitive in relazione alla tripartizione dell'anima elabo­
rata da Platone, ma anche in relazione allo sviluppo fisiologico dell'organismo
umano. Nell'applicazione del primo criterio Giamblico si limita a riproporre una
gerarchia dei generi di vita ampiamente sfruttata nell'antichità: l'esistenza rptÀ.o­
XPrfJJ.aros- corrisponde al concupiscibile, l'esistenza rptÀ6TLJJ.OS" corrisponde al

66 Cf. Anonymus, Proli. in Plat. philos. 26,23 ss. e Porfirio, Sent. 32, 17,12-25 L.
67 Numerosi i passi in cui Giamblico, sulla scia dei pit.agorici, sostiene questo assunto. Si
vedano, ad esempio, Protr. 6,16 ss.; 19, 17ss. P.
68 In Alcib. fr. 2 D.
44 D.P. TAORMINA

OuJJ.os- e, infine, l'esistenza lrru TTTJJl.WV che corrisponde al Àoyos.69• Forte


dell'autorità di questa tripartizione, Giam blico ribadisce da un lato il carattere ine­
vitabile del conflitto intrapsichico, dall'altro la possibilità di governarlo mediante
una politica di costruzione dell' individuo. Nell'anima, concepita come una plura­
lità ternaria di "specie" che costituiscono anche i principi motivazionali di com­
portamento, si sviluppano anche passioni e desideri. Le passioni e i desideri,
istanze specifiche interne all'anima stessa, delle quali il polo corporeo del com­
plesso psicosomatico non è il solo responsabile, risultano almeno potenzialmente
educabili e recuperabili per una trasformazione positiva della vita e dell' uomo
stesso. Su queste basi Giamblico recupera la tripartizione che Platone nel libro ix
della Repubblica riassumeva in una metafora: ogni anima contiene in sé un uomo
(il principio razionale) un leone (la forza del Oupoç) , un mostro multiforme a
molte teste (l'uomo confuso e violento dei desideri): il leone e l' uomo possono, e
devono, allearsi contro il mostro70. Anche Giamblico sostiene che bisogna dare
all'uomo divino che è in noi il dominio sulla nutrizione della bestia a molte teste,
allo scopo di nutrire le forme pacifiche dei nostri desideri ed impedire di nutrire
quelli selvaggi, alleandosi con l'irascibile l'uomo raggiungerà la forma migliore
di vita poiché la parte animale della sua natura è sottomessa a quella divina7 1 . Il
principio divino e razionale, i cui desideri specifici sono l'amore per la scienza, i
pensieri veri, il contatto con il divino, il pensiero dell' immortale e del divino,
conduce l 'uomo alla felicità: «non troveremo dunque la felicità se non obbedendo
al principio divino e razionale. Cosl, in effetti, sottomessi ad una stessa "potenza"
saremo tutti, nella misura del possibile, simili e amici »7 2 . Come ne Il' anima
spetta a questo principio la funzione di condurre alla felicità e questa stessa fun­
zione ne legittima il comando sulla vita psichica nel suo insieme, così, nella co-

69 Cf. Pro/r. 67, 1 8 ss. P. e V. Pyth. 55, 14 D. Su questo tema cf. A. J. Festugière, Les trois
vies, in: Acta Congressus Madvigiani, t. II, Copenhagen 1957, 1 3 1- 174.
70 Repubblica 588c ss.
7! Giamblico, Pro/r. 3 1 ,5 P.
72 ib. 32,24-25 P.
INTRODUZIONE 45

munità sociale, la legge manifesta un 'identica intenzione nel prestare soccorso a


tutti i cittadini. E ancora, come l' autorità sui fanciulli non li lascia liberi prima
che essi non abbiano stabilito nella propria anima la forma di governo che con­
senta di coltivare la loro parte migliore, allo stesso modo nella città la libertà sarà
resa possibile solo quando sia istituita una forma di governo che coltivi la parte
migliore del consorzio sociale73.
Il legame tra virtù e potenze che emerge in questa concezione è sottolineato
con maggiore efficacia quando è visto in relazione allo sviluppo fisiologico e in­
tellettuale dell'individuo: il corpo partecipa dapprima alla vita vegetativa, poi
della sensibilità, in seguito della vita appetitiva e solo dopo aver superato questi
stadi può partecipare dell'anima razionale e, infine, dell'anima intelligente74• La
rpp6Vf7atç, defmita come la "potenza" più alta dell'anima, per natura è l' ultima ad
apparire nell'uomo e la vecchiaia non si gloria che di questo vantaggio75 • La sua
virtù è la scienza e, inversamente, la vera virtù è accompagnata dal pensiero
(rpp6vTJatç). Lo spostamento dal piano della psicologia a quello dell'etica è co­
stante: la pratica della virtù ci conduce all'essenza divina, alla conoscenza della
virtù divina e alla sua acquisizione76; la conoscenza degli dei è virtù, saggezza,
felicità77; la conoscenza è saggezza e virtù vera78; bisogna praticare la virtù in
vista del pensiero79; la virtù dell 'anima è la scienza80• In tale ambito non sor­
prende che Giamblico defmisca la alJJrppocrVvr] come una simmetria e un'armonia
tra le differenti 6uvdJ1ELS" dell'anima, né che imposti il problema dell'educazione
su una base etico-psicologica8 1 • Nell 'epistola a Sopatro sull' educazione dei fan-

73 ib. 33,1 ss. P.


74 De anima. apud Stobeo, Anth. I 381, I O ss. W.
75 Protr. 5 1 ,25 ss. P.
76 Protr. 1 1 , 1 ss. P.
77 Protr. 1 1 , 1 4 ss. P.
78 Protr. 76,'12 ss. P.
79 Protr. 52, 15 ss. P.
80 Protr. 43.25 ss. P.
8 1 Ep. ad Arel.e sulla temperanza, apud Stobeo, Anthol.ill 5,9 257,1 1 -258,4 W.
46 D.P. TAORMINA

ciulli, infatti, il filosofo sottolinea che l'educazione deve insistere su ciò che è de­
positato nell'anima del fanciullo. Il primo sviluppo è determinato
dall'impressione sensoriale che il fanciullo riceve dall'ambiente familiare ed è at­
traverso i ricordi sensoriali della prima infanzia che gli adulti divengono per lui
dei modelli. Un'educazione appropriata consisterà dunque nel modello positivo
che il fanciullo riceve nell'ambito familiare, e nel principio gnoseologico
elemen tare secondo il quale è necessaria una gradualità tale che consenta di passare
dal semplice e dal conosciuto al composto e a ciò che non si conosce. In tal modo
il fanciullo potrà pervenire ad un'intelligenza giusta e ad un orientamento centrale
di vita che lo condurrà allo scopo finale di ogni educazione: la verità82 .

3.3.Potenze e corpo. Se nella concezione dell'uomo visto come agente morale


anche le "potenze" dell'anima umana sollevano un interesse di tipo morale e poli­
tico, nell'altra concezione, quella che considera l'individuo da un punto di vista
"naturale", le "potenze" nelle quali il corpo è coinvolto nei suoi aspetti più pro­
priamente organici o in qualche forma patologica precisa risvegliano un interesse
di tipo fisiologico e medico: è qui infatti che l'anima può essere osservata nel suo
movimento che interagisce con la dimensione corporea.
In De mysteriis III 25 Giamblico descrive due generi di estasi: una, inferiore,
nasce dalla mancanza di vigore (du9t�ta) e fa agire solamente le proprie ener­
gie, producendole nel modo peggiore e con tumulto; l'altra , superiore, ha come
causa un'estrinsecazione completa di potenza (TTÀryplùJl.a 8wdJ1�lJJS") . Nell 'estasi
superiore l'individuo si affida alla causa suprema che domina anche l'ordine stesso
del cosmo e si muove al di sopra della natura, nella dimensione dell'immutabile,
producendo un 'elevazione dell'anima che può unirsi alla condizione divina. Di
contro l'estasi inferiore è l'agitazione della mente volta al terreno; è movimento
disordinato, disarmonico, materiale, è anche mutabile e contro natura, porta
l'anima verso il basso, collocandola a distanza dalla condizione divina. Né l'una

82 apud Stobeo, Anthol. II 3 1 , 122 p. 233,17-235,22 W.


INIRODUZIONE 47

né l'altra rappresentano stati normali nella vita dell'individuo ed il fùosofo sotto­


linea questo elemento facendo ricorso al vocabolario medico: «Bisogna, perciò,
sin da principio distinguere due specie di esaltazione (lKarautç). Le une deviano
verso l'inferiore . . . ; le une riempiono di idiozia (d/.lota) e di demenza (rrapat�Jpo­
uV/.11]), le altre procurano beni più preziosi della saggezza umana [ . ] Per quale
. .

ragione, dunque, la trattazione del problema proposto ha deviato tanto da trascor­


rere dagli esseri primi e dai beni ai mali estremi della follia (Jl.a/.lla)? In che cosa
l'entusiasmo assomiglia agli stati di melanconia o di ubriachezza o agli altri deliri
prodotti dal corpo? [ . ] In generale quando le malattie corporee provocano una
. .

sorta di cataratta o suscitano immaginazioni, non compararle alle immaginazioni


divine: che cosa, infatti, queste hanno in comune tra loro? ». La pa/.lla di III 25,
158,6 e di 1 59,9, cioè la follia nel senso più generale, più vago e più comune si
specifica in affezioni precise che colpiscono alcune "potenze" dell'anima; per la
specificazione di questi mali Giamblico attinge ad una terminologia piuttosto tec­
nica delle "malattie mentali". L'd/.lota, cioè l'idiozia, è una malattia che colpisc1
il 8ta/.IOTJTLK6,S3; la rrapaf/Jpouu/.ITJ, cioè la demenza, colpisce sia il 8ta/.loTJ­
TtK6/.I che il f/Ja/.ITaunK6v. tradotta normalmente come delirio, non si limita so­
lamente al delirio di parole, ma è un'attività penosa e disordinata che secondo
Galeno è causata da una discrasia biliare calda84• La p�).ayxoMa, invece, è una
lesione specifica della &d/.lota; comporta -sempre secondo Galeno- tristezza e ti­
more ed è provocata da tre cause principali: l'affezione primaria dell'encefalo,
l'affezione del sangue di tutto il corpo, le affezioni dovute alla bile nera85•
La spiegazione che Giamblico fornisce di queste malattie non è altrettanto
dettagliata, né altrettanto esplicita: si limita a parlare di mescolanze qualitative sia
melanconiche sia di qualunque altra specie, più particolarmente del caldo, del
freddo, dell'umido o di qualche forma speciale di queste qualità, della proporzione
nella loro mescolanza o fusione, del soffio o del più o del meno di tutti questi

83 Si veda anche Prolr. 77,9 P.


84 Galeno, De /oc. aff. II 10, vm 131 K., ib. m 6, vm 163 K.
85 Galeno, De /oc. aff. III I O, vm 187 ss. K., ib. m I l , vm 195 K.
48 D.P. TAORMINA

elementi86. Certo Giamblico non si mostra particolannente attento nella descri­


zione fisiologica del fenomeno, eppure è evidente che anch'egli, come già Galeno,
individua nella patologia un criterio fondamentale per mostrare il funzionamento
normale della t/Jvxfl: mediante essa è possibile "analizzare" l'anima e mostrame le
sue componenti87•
Questa dimensione implicita nella malattia spiega la cura che il filosofo mo­
stra in questo ambito linguistico. Egli, ad esempio, non utilizza il termine rra­
pd)J.a(tç nel senso più comune di "mutamento", ma in quello specificamente
medico che risale alla tradizione ippocratica di "alienazione mentale"8 8 .
Ugualmente per il termine f.LWp6ç [forma attica di f.Lc.Jpoç] . La causa della tirannia
-sostiene il filosofo- deve essere individuata nell'anomia. Sbagliano coloro i quali
ritengono che gli uomini perdono la propria libertà perché subiscono la legge del
tiranno che si è istallato al governo del paese: «questi ragionamenti non sono
retti» (OUK Op{JiJç TQVrQ Àort(6f.LEIIOL), «è StupidO» (pwp6ç lanv) chi ritiene
che un re o un tiranno abbiano un'origine diversa dall'anomia o dal privilegio89.
Anche in questo caso Giamblico non utilizza un termine generico, ma quello ben
connotato di f.L(JJ{J6S" con il quale vuole esprimere esplicitamente l'anomalia -la
mancanza di rettezza- del processo razionale. La f.ll/Jpwutç, in effetti, è descritta nei
trattati specialistici come una malattia prodotta dalla lesione della memoria che

86 De myst. I 8, 1 1 6,4-8. Nel passo non si fa esplicito riferimento a nessuna malattia, fatta
eccezione per la melanconia, eppure il parallelismo con De myst. è evidente. Giamblico, infatti ,
parla anche in questo caso delle cause che procurano l'estasi entusiastica e critica coloro i quali ne
rintracciano la causa nel corpo. In questo caso si dilunga fornendo i dettagli fisiologici che
provocano l'alterazione dallo stato normale a quello dell'estasi mentre nel III libro si esprime in
forma fiù sintetica e meno particolareggiata.
8 Questo elemento è stato messo in evidenza con argomentazioni "forti" da J. Pigeaud, La
psychopathologie th Galien, in: P. Manuli e M. Vegetti (a cura di), Le opere psicologiche di
Galeno, Atti del terzo colloquio galenico internazionale (Pavia, 1 0·12 sett. 1986), Napoli 1988,
1 80 ss.
88 Cf. F. Romano, Il vocabolario della "natura" nel De mysteriis di Giamblico, in corso di
stampa.
89 Pro/r. 103,20-28 P.
INTRODUZIONE 49

coinvolge la facoltà ragionante (ÀorLuJ1.6s-) o viceversa90; Galeno la definisce


anche come perdita dell' intelligenza (ulw!'uLs-)91 • È lo stato di stupidità che des
Places a torto traduce qui con "follia". Mtùp6ç, come sottolinea anche Chantraine,
non esprime«[ ] la notion de folie en tant que possession délirante [ . . ] mais
. . . .

l'hébétude, l'abrutissement, la sottise, la nigauderie [ . . . ]»92•


Le due forme di estasi analizzate in De mysteriis III 25 assumono, alla luce di
queste osservazioni, una connotazione precisa. Si tratta in entrambi i casi di uno
stato anomalo e al processo che lo determina concorre lo stesso fattore, l'atti­
tudine verso le "potenze", che assume, però, valenze opposte: quando essa è in ec­
cesso produce l'estasi superiore, quando è in in difetto dà luogo all'estasi degenere.
Giamblico collega inequivocabilmente questi due livelli di "attitudine" al rapporto
che il soggetto contrae con il corpo, più esattamente al rapporto tra le "potenze" e
il corpo.
Questa interpretazione è confermata da numerosi passi. In De mysteriis I 18
Giamblico parla della UlùT!'p{a dell' universo e dell'duOt'v!'La dei luoghi mate­
riali e terrestri in rapporto alle "potenze" e illustra la propria concezione serven­
dosi, per fissare l'esposizione, dell'immagine del malato. Nessuno dubiterebbe che
le "potenze" che sono nel cielo, attaccate ai corpi divini, siano tutte simili, men­
tre -sostiene il filosofo- bisogna indagare sulla natura delle "potenze" che sono
mandate qui in basso e si mescolano con il divenire. Esse, per la "salute"
dell' universo (brl UlùT!'plq. roD TTavr6ç), lo pervadono in modo eguale e ab­
bracciano secondo gli stessi principi tutto il divenire; quest'ultimo, però, essendo
multiforme ed essendo composto da elementi diversi riceve l'unità e l ' in­
distinzione delle "potenze" con contrasto e parzialmente, a causa dell'opposizione
e della divisione che gli è propria. Esso, dunque, partecipa delle "potenze" in mo­
do conforme alla propria natura, e non in modo conforme alla "potenza". Inoltre

90 Rufo di Efeso. Oeuvres, trad. C. Daremberg e C. E. Ruelle, Paris 1 897, 363; Galeno, De
lfi
loc. a m 6, VIII 160- 161 K. Si veda inoltre J. Pigeaud, cit. 158.
1 De /oc. aff. m 6, VIII 164 K.
92 P. Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Paris 1968, s.v. f,liJpos-.
50 D.P. TAORMINA

l' duOÉIIéLa dei luoghi materiali e terrestri , non potendo ricevere la "potenza"
intatta, trasferisce alle cause prime la propria passione; è come se un malato,
incapace di sopportare il calore vivificante del sole, ritenesse, traendo motivo
esclusivamente dai suoi propri mali, che esso non è utile alla salute o alla vita93.
In realtà non possiamo giudicare la "potenza" divina in rapporto al nostro stato:
siamo corporei, mortali, perituri, effimeri, sottomessi a malattie di ogni genere,
alla mediocrità fisica, alla sonnolenza, alla deficienza, all'eccesso, all'duOÉvéta,
alla paralisi morale94•
Nella stessa prospettiva Giamblico afferma che le "potenze" che sono nel co­
smo, in generale, agiscono in un modo sugli universali, in un altro modo sugli
esseri particolari, a causa dell' duOtlléta divisa di questi ultimi95.
La nozione di duOtlléta ricorre in tutti questi passi, caratterizzando il mate­
riale, il divenire, la corporeità nel loro rapporto con le "potenze". Intorno ad essa
Giamblico costruisce la propria esposizione e grazie ad essa istituisce rapporti,
crea connessioni o di fferenziazioni tra problematiche apparentemente lontane.
Tipica della condizione umana, infatti, l'duOtvELa non esprime solamente lo
stato di debolezza nel quale possono trovarsi le "potenze" dell'anima individuale,

ma determina anche le condizioni del più generale diffondersi delle "potenze" in


tutto il cosmo e il rapporto tra agente e paziente.
Questi passi gettano una luce nuova sul rapporto anima-corpo e sulla relazione
tra agente e paziente. Tutte le "potenze", infatti, sono in grado di esercitare la pro­
pria azione solo quando il corpo è atto a tale esercizio, la natura specifica di cia­
scuna di esse determina però il tipo di rapporto che viene contratto con il corpo.

93 Cf. In Alcib. fr. 5,51 ss. D. (=Proclo, In Alcib. 9 1 , 1 ss): Ka! IIJCTTT�p d ifAtOS" dr/iTJUI. rd
{J<:k o{; 6t(,)pLUJl.É"IIfll�, d).).d miut Tois" 8wap.É"IIOL� d7TO).a�LII, Jl.�TÉ"X�L 8€ d 8wdp.f110S" "
Kal TOV Jl.Ev l)Mov rrdVTa Jl.�TÉ"X�L. TÒ 8l r� p.7'J p.rrixov &d r7'Jv du6iwt av r7'Jv lavroD
rrapat niTat rijs- p.�fJI(�(,)� · ofiT(,) 67'1 Kal rcJv dya8cJv 6atp.6llfllv d�! rd dya8d 6t66JIT(,)II
Ka! TiJII iKdliOL� UVIIT�TayjJ.É"IIfllll av8pcJv, TÒ p.ry 6taT{fk"ufJat KQT ' avTd UVJJ.fJa{�L Tois"
t:f.Uot� rrapd Tljv avTcJII d�m TT]&t6TT}Ta.
94 Pro/r. l l0,9-19 P.
95 De myst. IV 9, 192, 1 4- 1 8 P.
IN1RODUZIONE 51

Le potenze inferiori, ad esempio, sono mescolate con il corpo, mentre quelle ra­
zionali, pur non avendo la stessa caratteristica, non restano immutate ed impassi­
bili nel rapporto con il corporeo.
Le "potenze" inferiori patiscono, per il tramite del corpo, l'azione di qualcosa
posto fuori da esse. La sensazione, infatti, è definita come una capacità di cono­
scere per l'intermediario del corpo. Le sensazioni e le percezioni si colgono me­
diante organi corporei, esse sono impressioni esercitate da altri corpi posti al di
fuori96: l' udito, ad esempio, percepisce il rumore attraverso le orecchie97, ugu­
almente la vista percepisce attraverso gli occhi. Il legame con il corpo è eviden­
ziato anche per quanto concerne il processo fonatorio: la sede del suono della voce
è identificato nella faringe, nella bocca e nelle narici.
Il rapporto che le potenze razionali istituiscono con il corpo non è altrettanto
meccanico, si tratta di un processo articolato e complesso, in queste 8wd11�ts-,
infatti, il rapporto tra agente e paziente si arricchisce di passaggi intermedi. L'atto
del pensare dipende, per la sua attuazione, dal suo oggetto e, di conseguenza, è in
un certo senso una passione, ma al contempo il pensare comporta anche un atto
«sollevato dal di dentro», un atto perfettamente autonomo98• L' esempio che
Simplicio riporta per illustrare il punto di vista giamblicheo è quello del maestro
che insegna e dell 'allievo che lo ascolta. Quando la voce del maestro colpisce le
orecchie dell'allievo il maestro agisce e l'allievo patisce. Questo processo si com­
pone di momenti diversi: l'allievo non fa altro che percepire la voce del maestro
passivamente e in modo puramente materiale, ma al contempo, comprende il
senso del suono percepito, cosicché la comprensione ha la sua origine e la sua
causa nell'anima stessa dell'allievo. La passione intermediaria tra l' insegnamento
del maestro e la comprensione del discepolo gioca, dunque, un ruolo essenziale e

96 Cf. De myst. I 10, 34,16 ss.


97 Protr. 44, 1 6-17 P.
98 Giamblico, apud Simplicio, /n Arist. Cat. 3 1 5,20 ss. K.
52 D.P. TAORMINA

sarebbe falso riconoscere la. causa della comprensione in una causa puramente
esterna all'allievo99.

3.4. Conclusioni. Gli elementi teorici che caratterizzano la nozione di


8uvaJJ.tS" nel mondo intelligibile sono riproposti ed utilizzati a proposito della
psicologia umana. In questo ambito, infatti, Giamblico imposta la propria
dottrina in rapporto a tre nuclei fondamentali -la visione gerarchica della realtà, il
rapporto dialettico tra agente e paziente e la triade owla-8wdJJ.EtS"-lvlpyEtat­
che si intersecano reciprocamente intorno ad un nucleo comune: il rapporto tra
anima e corpo.
A questa impostazione non fa riscontro, come ci si potrebbe aspettare, una
classificazione gerarchica esplicita e puntuale che determini dettagliatamente i rap­
porti tra le singole potenze. Una delle serie più strutturate di 8wdJJ.ELS" la tro­
viamo nel De anima. È articolata secondo uno schema che tende ad individuare il
numero delle potenze e la differenza tra le potenze inerenti all'essenza dell'anima e
quelle avventizie. La denominazione delle singole 8wd.J1.ELS" corrisponde ad una
suddivisione per scuole: Stoici, Platone, Pitagorici, Aristotele, platonici, in parti­
colare Plotino. Ne deriva il seguente quadro:
rappresentazione sensibile (rpai!Taala), assenso intellettuale alle immagini
(ovyKardOEutç), appetito (opJJ.rf), ragione (Myoç); essi coesistono nell' T'J'YEJJ.o­
vrx6v (lv T� T'J'YEJJ.OVLK�) (S toici) 1 0o;
facoltà ragionante, facoltà irascibile e facoltà concupiscibile, facoltà di crescere
(rp uutç) , rappresentazione sensibile (rpavraula), sensazione (alufh]utç), opi­
nione (86ea), intenzione motrice dei corpi (KtVT]nKT) CT(J)Jl.dT(JJV 8tdvota), appe­
tito delle cose belle e buone (!5pEets- KaÀiJv Kdya8iJv), intellezione (v67]utç)
(Platone, Archita e i Pitagorici)1 0 1;

99 Simplicio, /n Arist. Cat. 3 1 9,20 ss. K.


100 De anima, apud Stobeo, Anth. I 369, 6·9. Cf. ib. I 368,1 9-20 W.
1 0 1 De anima, apud Stobeo, Anth. I 369, 9-15 W.
IN1RODUZIONE 53

facoltà di crescere (�uutç), sensazione (a[u(J1Jutç), movimento locale


(KlVT]utç Karà r6rrov), appetito (6pe(ts-), intelligenza ragionante (8tav61Jutç)
(Aristotele)102;
potenze irrazionali (à..\6yot 8uvdpetç), sensazioni (alofh1uets-), rappresenta­
zioni sensibili (�avrau(at), ricordi (Jlvfjp a), ragionamenti (..\oyt up ol)
(Plotino)103•
Altre facoltà sono ricordate da Giamblico al di fuori di un esplicito tentativo di
sistematizzazione; si registra, ad esempio, la distinzione canonica tra potenze ra­
zionali e potenze irrazionali, si parla di "potenze migliori dell'anima" in relazione
alle voepd e alle 8tavo1JTtKd104, di potenze delle passioni umane105 , potenze
corporee 106, potenze vitali 107, potenze vegetative e intellettive108 , ma anche di
KlVTJULS" rrpoatpenKTf del l ' anim a 1 09 , di voOç, di 8tdvota, di uuveutç. Ne
deriva un quadro articolato nel quale si constata l'attenzione per le sfumature e la
conseguente ricchezza lessicale. A proposito della pvrfJlTJ e delle attività ad essa
connesse, ad esempio, Giamblico utilizza un vocabolario abbastanza complicato
nel quale si registrano termini quali dpVTJJlOUUVTJ, àvaptpvTjuKw, àvdpVTJUtS",
d TTOJlVTJJl OVerJw, 8t apVTJJl OverJw, l Ut rrrfç, ptpvrf UKW , pvd a, pvfìp a,
JlVfJJlOVeuw. Ugualmente per le sensazioni, in particolare per la terminologia
connessa alla vista ed al vedere: 61/Jtç, f3Mrrw, f3M�apov, lp�a(vw, lv6-
pautç, lvopdw, lmf3..\trrw, É�opdw, (Jedopat, Ka(Jopdw, 6pp a, opdw, Tlr
�..\6ç.
Tra i testi di Giamblico che ci sono pervenuti, nessuno fa esplicito riferimento
ad una gerarchia delle 8wdpetç dell'anima umana, eppure cadremmo in errore se

102 De anima, apud Stobeo, Anth. I 369, 15-17 W.


103 De anima, apud Stobeo, Anth. I 36920-22 W.
104 De myst. m 24, 156, 1 1 .
105 De myst. I 1 1 , 39,15.
1 06 De myst. m 22, 153,4
107 De myst. IV 2, 1 83 ,7.
108 De anima, apud Stobeo, Anth. I 373,20-21 W.
109 V. Pyth. 74, 1 1 .
54 D.P. TAORMINA

ritenessimo che ciò implichi Wl disinteresse per la gerarchizzazione. Al contrario,


come si è cercato di mostrare, la prospettiva gerarchica è dominante sia quando si
parla del mondo intelligibile che quando si descrive il mondo sensibile ed è pro­
prio il criterio gerarchizzante che fornisce una base teorica per la corrispondenza
tra "facoltà" e virtù.
In queste formulazioni delle 8wdp.E"LS", nelle quali si condensano etica e psico­
logia, restano vive le antiche inquietudini del platonismo: la collocazione del
Principio oltre l'essere, l'attesa di un tempo del Bene. Questi valori insieme
all'idea della mobilità dell'anima tra esteriorità e interiorità, tra io, mondo e divi­
nità, tra alto e basso del cosmo, si conserveranno nella tradizione dello pseudo­
Dionigi, attraverso la quale saranno consegnati ai fùosofi medievali.
LESSICO
AVVERTENZE

Per quanto riguarda la successione dei lemmi si è seguito l'ordine alfabetico.


I lemmi delle forme verbali sono presentati nella forma della prima persona
singolare dell'indicativo presente, i sostantivi in quella del nominativo singolare,
gli aggettivi in quella del nominativo singolare maschile.
Per la voce .Myos- si forniscono solo i contesti nei quali il termine presenta il
significato tecnico di "ragione"1 • Di contro non ho ritenuto opportuno inserire nel

1 Per le altre occorrenze cf. V.Pyth. l . l ; l. 24; l. 27; 2. l; 2. 2; 2. 1 1 ; 3. 22; 3. 25; 4. 10;
5. 15; 7. 8; 9. 18; 17. 15; 19. 20; 20. 19; 21. 2 1 ; 26. 12; 32. 3; 32. 1 5; 32. 26; 33. 2; 35. 24;
36. 25; 37. 3; 4 1 . 18; 42. 24; 44. 2; 44. 9; 44. 16; 46. 9; 46. 1 1 ; 46. 13; 47. 6; 50. 2 1 ; 53. 21;
54. 18; 54. 26; 62. 14; 63. 6; 66. 10; 67. 17; 67. 21; 68. l; 68. 5; 68. 1 1 ; 68. 1 8; 74. 8; 75. 26;
76. 2; 77. 19; 82. 2; 82. 12; 82. 13; 82. 14; 82. 15; 85. 21; 9 1 . 3; 93. 13; 93. 1 4; 93. 16; 94. 2;
97. 8; 98. 1 6; 98. 26; 99. 13; 1 0 1 . 2; 101. 1 3 ; 102. 5; 104. 2; 104. 3; 1 1 1 . 17; 1 1 2. 21; 1 1 5.
2 1 ; 1 16. 3; 1 1 6. 5; 1 17. l ; 1 17. 18; 1 1 9. 4; 1 22. 2; 125. 1 2; 125. 24; 1 26. 17; 1 27. 1 4; 127.
15; 128. 13; 129. 4; 129. 5; 129. 22; 1 32. 1 1 ; 132. 13; 133. l; 1 34. 10; 136. l; 139. 9; 139.
14; 139. 20
Pro/r. 3 . l; 5. 15; 8. 2; 1 1 . 21; 20. 7; 20. 17; 20. 22; 20. 23; 22. 10; 24. 19; 26. 9; 34. 6;
34. 15; 39. 7; 39. 16; 49. 15; 52. 6; 57. 13; 57. 17; 63. 23; 64. 22; 65. 7; 75. 1 1 ; 75. 24; 76. l ;
77. 1 9 ; 84. l ; 87. 4 ; 87. 15; 92. 19; 93. 6 ; 94. 2; 94. 27; 96. 26; 97. 3 ; 97. 26; 99. 25; 100. 3;
109. 6; 1 12. 12; 1 1 2. 22; 1 1 2. 27; 1 1 2. 28; 1 1 7. 20; 1 2 1 . 12; 1 26. 6
De comm. 3. l; 7. 5; 8. 15; 9. 3; 10. 10; 1 1 . 13; 1 1 . 19; 1 1 . 22; 12. 6; 12. 26; 13. l; 13.
25; 1 4. 6; 1 4. 7; 17. 28; 18. 21; 21. 21; 23. 4; 30. 23; 33. 17; 33. 23; 35. 2; 35. 14; 36. 5; 36.
17; 37. 5; 37. 8; 38. 2; 38. 19; 38. 23; 39. 25; 40. 17; 40. 25; 4 1 . 8; 4 1 . 24; 42. 4; 42. 9; 42.
20; 44. 9; 46. 4; 46. 12; 46. 16; 46. 28; 47. 3; 47. 20; 48. 9; 48. 16; 49. 6; 49. 1 4; 49. 22; 50.
6; 50. 9; 5 1 . 5; 5 1 . 6; 52. 1 1 ; 53. 13; 54. 16; 56. l ; 56. 8; 56. 22; 56. 24; 57. 17; 57. 25; 58. 2;
58. 4; 60. 17; 6 1 . 24; 62. 4; 64. 5; 64. 7; 64. 13; 64. 19; 65. 6; 65. 1 4; 65. 22; 66. 1 1 ; 69. 8;
70. 1 2; 7 1 . 1 1 ; 73. l; 73. 27; 74. 10; 74. 14; 75. 5; 78. 9; 78. 17; 78. 26; 80. 12; 80. 2 1 ; 80.
26; 8 1 . 26; 83. 15; 84. l ; 84. 18; 86. 3; 86. 25; 87. 4; 87. 8; 87. 23; 88. 3 1 ; 89. 3; 89. 1 3 ; 89.
15; 89. 2 1 ; 90. 15; 9 1 . 10; 91. 19; 93. 10; 93. 21; 93. 27; 93. 28; 95. 4; 97. 2; 97. 8; 97. 13;
97. 15; 97. 26; 98. 28
In Nic. 3. 5; 3. 9; 4. 19; 5. 22; 5. 25; 8. 24; 10. 13; 1 1 . 13; 1 1 . 17; 1 1 . 25; 1 4. 24; 1 6. 14;
16. 25; 19. 10; 19. 16; 19. 19; 19. 20; 20. 5; 21. 10; 2 1 . 17; 2 1 . 24; 24. 3; 29. 12; 3 1 . 4; 3 1 .
58 LESSICO

19; 35. 5; 35. 18; 35. 22; 37. 22; 39. 7; 39. 1 4; 40. 21; 4 1 . 2 1 ; 4 1 . 22; 4 1 . 28; 42. 12; 42. 23;
43. 2; 43. 4; 43. 27; 44. 5; 45. 1 1 ; 45. 26; 46. 3; 46. 8; 46. 12; 46. 16; 46. 22; 46. 24; 46. 27;
47. 5; 47. 6; 47. IO; 47. IO; 47. 16; 47. 23; 47. 24; 48. 2; 48. 4; 48. 6; 48. 6; 48. 1 1 ; 48. 15;
48. 1 8; 48. 22; 48. 23; 48. 26; 49. 4; 49. 1 1 ; 49. 20; 50. 3; 50. 5; 5 1 . 14; 51. 24; 52. 3; 52. 23;
53. I l ; 53. 19; 53. 23; 53. 26; 54. 4; 54. 13; 54. 15; 54. 17; 54. 22; 55. l; 55. 5; 55. 8; 55. IO;
55. 1 2; 55. 17; 55. 19; 55. 20; 55. 23; 55. 25; 56. 3; 56. 4; 56. 6; 56. 19; 57. 1 0; 61. 14; 61.
18; 63. 20; 64. 4; 64 . 8; 64. 13; 65. 26; 65. 28; 66 . 4; 66 . 1 0; 66 . 17; 66. 2 1 ; 66. 23; 66. 28;
67. l; 67. 3; 67. 3; 67. IO; 67. 15; 67. 19; 67. 24; 72. 7; 72. 20; 73. IO; 75. 2; 76. 23; 77. 17;
77. 23; 77. 25; 78. 1 1 ; 78. 19; 79. 7; 79. 14; 8 1 . 24; 82. 3; 82. 19; 84. l; 84. 15; 84. 15; 85.
1 1 ; 85. 1 3; 85. 19; 85. 22; 85. 25; 85. 28; 86. 18; 86. 25; 86. 27; 87. 6; 87. 9; 87. 1 1 ; 87. 15;
87. 20; 9 1 . 4; 9 1 . 8; 9 1 . 22; 9 1 . 23; 92. 19; 94. 16; 94. 19; 95. 16; 98. 14; 98. 15; 98. 16; 98.
27; 98. 27; 99. 2; 99. 4; 99. 5; 99. 7; 99. 8; 99. 9; 99. 1 1 ; 99. 16; 99. 18; 99. 19; 99. 2 1 ; 99.
22; 99. 23; 99. 24; 99. 24; 99. 24; 1 00. 5; 100. 7; 100. 8; 100. 8; 1 00. 19; 100. 25; 1 0 1 . 1 5;
1 02. 8; 102. 27; 104. 20; 104. 2 1 ; 104. 22; 104. 27; 105. 19; 105. 23; 106. 2; 106. 3; 1 06. 5;
106. 29; 1 07. 9; 108. 2; 108. 1 1 ; 108. 15; 108. 17; 1 08. 20; 1 08. 23; 108. 26; 109. 2; 1 09. 4;
109. 8; 109. 10; 109. 16; 109. 20; 109. 26; 109. 27; 1 1 0. 6; 1 10. 28; 1 1 1 . 20; 1 12. 6; 1 1 3. 13;
1 1 3. 22; 1 1 4. 16; 1 1 5. 3; 1 1 5. 20; 1 1 6. 8; 1 1 6. 21; 1 1 7. 12; 1 17. 24; 1 1 8. I l; 1 1 8. 1 2; 1 1 8.
1 5; 1 1 8. 21; 1 1 9 . 16; 1 1 9. 24; 120. 2; 1 20. 5; 1 20. 7; 120. 1 4; 120. 1 5; 120. 2 1 ; 121. 3; 121.
4; 121. 6; 1 2 1 . 8; 1 2 1 . 8; 1 2 1 . 1 5; 121. 19; 121. 21; 122. 6; 122. 14; 122. 15; 1 22. 18 ; 122.
20; 123. 2; 123. 8; 123 . 17; 124. 2; 1 24. 2; 124. 5; 124. 8; 124. 13; 124. 15; 124. 18; 124. 21;
1 25. 13; 1 25. 20
Theol. Arithm. l . 12; 2. 17; 2. 20; 4. 2; 4. 6; 4. 7; 4. 14; 4. 17; 5. 3; 5. 15; 8. 4.; 9. 9; 9.
I l ; 12. 2; 12. 1 2; 13. 16; 1 6. 5; 19. 14; 24. 4; 30. 2; 30. 3; 30. 6; 30. 9; 32. 7; 32. 12; 32. 20;
35. I l ; 36. 6; 37. l; 38. 16; 42. l ; 43. 10; 43. 14; 46. 18; 5 1 . 15; 54. 8; 54. 13; 54. 15; 57. 5;
58. IO; 58. 25; 59. 6; 62. 2; 63. 6; 63. 10; 63. 14; 65. I l ; 66. 22; 69. 9; 75. 8; 76. l ; 76. 9; 78.
12; 79. l ; 79. 24; 8 1 . 13; 82. 8; 84. 7
De myst. l. l. l. 4; l. l . 3. 6; l. l. 5. 2; l. l. 5. 6; l. 2. 6. 8; l. 3. 8. 14; l. 3. 9. 2; l. 3. 9.
6; l. 4. 1 1 . 6; l . 4. 1 4. I l ; l . 4. 14. 16; l. 5. 17. 3; l . 5. 17. 3; l. 6. 19. 12; l. 8. 26. 1 9; l . 8.
28. 13; l. 8. 29. 12; l. 9. 32. 13; l. 10. 35. 9; l. I l . 37. 8; l. 1 1 . 37. I l ; l. 1 1 . 39. 12; l. 15.
46. 8; l . 15. 47. 6; l . 20. 61. I O; l. 20. 62. 6; 2. 2. 69. 4; 2. 2. 69. 15; 2. 3. 70. 12; 2. 3. 73.
17; 2. 3. 74. 3; 2. 4. 76. 12; 2. 4. 78. 8; 2. 9. 88. 3; 2. IO. 90. 16; 2. 10. 9 1 . 3; 2. IO. 9 1 . 15; 2.
I l . 99. 8; 3. l. 1 01 . I l ; 3. 2. 103. 4; 3. 2. 106. 3; 3. 3. 106. 8; 3. 3. 106. 1 6; 3. 3. 107. 16; 3.
3. 109. 2; 3. 8. 1 1 6. 7; 3. 8. 1 17. 6; 3. IO. 122. 5; 3. I l . 124. 8; 3. 1 1 . 1 24. 9; 3. 13. 129. 1 8;
3. 16. 138. 17; 3. 17. 1 42. 3; 3. 17. 142. 6; 3. 1 8. 144. l; 3. 18. 144. IO; 3. 20. 149. 16; 3. 23.
155. 4; 3. 24. 156. 18; 3. 25. 159. 7; 3. 29. 173. l; 3. 3 1 . 176. l ; 3. 3 1 . 177. 18 ; 4. l . 1 80. 7;
4. l. 1 80. 9; 4. l . 1 8 1 . 2; 4. l. 1 8 1 . 5; 4. 2. 1 83. l; 4. 2. 1 84. l; 4. 7. 190. 16; 5. l . 199. 8; 5.
4. 205. 1 2; 5. 7. 207. 7; 5. 8. 209. 9; 5. IO. 214. 3; 5. 13. 216. 12; 5. 15. 220. I O; 5. 22. 23 1 .
3 ; 5. 23. 232. 1 5 ; 5 . 23. 234. 8 ; 5 . 26. 238. 2 ; 6. l . 24 1 . 3; 6. 3 . 243. 18; 6. 5 . 245. 12; 6. 5.
246. 3; 6. 6. 246. 16; 6. 6. 247. 3; 6. 6. 247. IO; 6. 7. 248. 7; 6. 7. 249. 2; 6. 7. 249. 5; 6. 7.
LESSICO 59

lessico il tennine r/>IJuLS' che registra solamente tre volte il senso di TÒ r/JvnK6v,
cioè il principio della vita vegetativa2, né tutta la tenninologia che, pur connessa
alle potenze dell'anima, fa parte più propriamente delle lvlpyEtat (o lpya) Tfjs-
1/Juxfìs-. In tal senso, ad esempio, non sono incluse voci quali d yvwJ10UUV11,
dyvwula, dyvwuTOS', dvayqvcJuKw, dvdyvwuts-, yt yvcJuKw, ma si registrano
voEpos-, votw, VOT/Jla, v617ULS', VOT/ TdPXT/S'. VOT/TLKOS', VOT7 TOS' in virtù del
legame semantico che presentano con il tenni ne vof5".

249. 8; 7. 2. 25 1 . 5; 7. 4. 254. 13; 7. 5. 259. 15; 7. 5. 259. 17; 8. l. 260. 13; 8. 3. 263. 10; 9.
2. 274. 7; 9. 2. 274. 9; 9. 4. 277. 5; 9. 4. 278. 1 1 ; 9. 6. 280. 2; 10. l . 285. 10; 10. 8. 293. 17
De an. 364. 1 0; 364. 25; 373. 3
In Cat. 10. 8; 1 1 . 4; 1 1 . 7; 12. 2; 12. 5; 17. 5; 17. 7; 20. 8; 21. 12; 29. l; 29. 3; 29. 4; 29.
7; 29. 8; 29. 9; 29. 1 1 ; 29. 13; 29. 15; 35. 2; 35. 3; 35. 3; 39. l; 39. 4; 4 1 . l; 45. 4; 45. 5; 47.
2; 47. 3; 49. 3; 53. 3; 53. 20; 53. 26; 53. 39; 58. 6; 58. 9; 58. 10; 58. 1 4; 61. 10; 64. 6; 65. 28;
65. 29; 65. 3 1 ; 65. 39; 65. 6 1 ; 65. 70; 65. 77; 65. 78; 65. 92; 65. 93; 65. 93; 65. 93; 65. 97;
65. 98; 65. 100; 65. 104; 65. 1 09; 65. 1 1 5; 65. 1 2 1 ; 65. 123; 69. 8; 69. 1 4; 70. 3; 70. 13; 75.
9; 75. 10; 75. 20; 75. 22; 78. 41; 78. 42; 78. 44; 78. 54; 80. 15; 8 1 . 6; 8 1 . 9; 8 1 . 24; 8 1 . 25;
8 1 . 26; 8 1 . 28; 87. 1 8; 89. 1 1 ; 89. 18; 89. 28 ; 89. 38; 90. 6; 96. 47; 1 0 1 . 3; 101. 1 1 ; 101. 14;
107. 7; 1 07. 1 1 ; 1 07. 13; 107. 16� 107. 1 8; 107. 23; 107. 32; 108. 26; 1 1 0. 6; 1 1 0. 1 0; 1 1 0.
77; 1 1 2. 57; 1 12. 57; 1 12. 6 1 ; 1 12. 67; 1 1 2. 84; 1 17. 30; 1 1 7. 35; 1 1 8. 4; 120. l ; 1 20. 4; 1 20.
8; 121. 12; 122. l; 123. 2; 124. 4; 1 25. 12; 126. 2; 127. 2; 136. 2
In Alcib. 2. 1 1 ; 2. 2 1 ; 3. 3; 5. 16; 5. 29; 5. 32
In Phaed. l . 5; 2. 4; 3. 5; 3. 8; 4. 6; 5. 10
In Soph., l. 3; l . 10
In Phaedr. l . 7; l . 8; l . 12; l . 1 4; l . 18; l . 20; l . 2 1 ; l . 23; l . 28; 3. 5
In Tim. 2. 3; 2. 4; 9. 3; 9. 4; 10. 15; 10. 21; 15. 3; 23. 5; 23. 6; 24. 9; 25. 5; 26. 3; 27. 4;
29. 2; 35. 10; 37. 19; 40. 3; 45. 15; 48. 14; 48. 15; 50. 1 1 ; 50. 21; 52. 9; 53. 1 1 ; 54. 9; 54. 15;
57. 17; 57. 24; 58. 3; 58. 6; 59. 4; 59. 5; 59. 19; 63. 4; 63. 16; 66. 1 2; 70. 1 4; 70. 17; 7 1 . 6;
74. 4; 74. 1 0; 74. 13; 82. 5; 85. 5; 86. 5
In Parm. 2. 14; 2a. 1 5
Ep. Des. 1 8. 19
Ep. Mac. I. 174. 21;176. 8
Ep. Mac. II. 80. 1 7
Ep. Sop. l. 1 9 . 26 ; 20. 2; 20. 7 ; 20. 8 ; 20. 9 ; 20. 12; 20. 1 3 ; 2 1 . 12; 2 1 . 1 3
Ep. Sop. II. 8 1 . 1 2

2 Cf. D e anima, apud Stobeo, Anth. I 369, 13; 374,15; 375,16 W.


60 LESSICO

Per alcuni lemmi si è resa necessaria una suddivisione in sezioni interne.


Queste ultime rispondono a volte a effettivi significati diversi che il lemma
presenta, altre volte, invece, esse nascono dall'esigenza di evidenziare i nessi
sintagmatici tra il lemma e altri termini. Lo stesso Giamblico d'altronde ha
istituito, in qualche caso, tali nessi: allorché organizza il materiale dossografico
sull'anima propone una suddivisione in capitoli che può essere grossomodo
ricostruita, come ha sottolineato A. J. Festugière3, e della quale ho tenuto per le
sezioni del lemma ljn;xfl.
Ali 'interno di ogni lemma sarà seguita una successione delle citazioni
conforme alla successione delle opere indicata da B. Dalsgaard Larsen4, in quanto
ritengo validi i criteri che l'autore ha adottato e le argomentazioni che egli adduce
in proposito. La lista delle Sigle, riportata qui di seguito, segue questo stesso
ordine. Si noterà che sono inseriti anche i Theologumena arithmeticae. L'opera,
come ha mostrato Kroll5, si compone di corti estratti di Nicomaco e di Anatolia,
ciononostante può essere di grande interesse per lo studioso di Giamblico,
soprattutto in relazione al VII libro, perduto, della };warCù'Y71 pythagorica con il
quale l'opera è stata in passato identificata6•
Nelle citazioni dei frammenti con la prima cifra si indica il numero del
frammento nella edizione seguita, con la seconda la linea.

3 La révélation d'Hermès Trismigiste, t. III ciL, 9 - 1 4.


4 Cf. B. Dalsgaard Larsen, Jamblique de Chalcis exégète et philosophe, Aarhus 1 972, t. I 42
ss.
S Jamblichos, "RE" 9 , 1 9 14, 649 ss.
6 Cf. G. Mau, lamblichos, "RE" 9, 1 9 1 4, 647 e E. Zeller, Die Philosophie der Griechen in
ihrer geschichtlichen EntwicldUIIg , t. III 2, Leipzig 1923, 739.
LESSICO 61

SIGLE E ABBREVIAZIONI

V.Pyth. =lamblichi De vita Pythagorica Liber, ed. L. Deubner, Lipsiae 1937


Protr. =lamblichi Protrepticus, ed. H. Pistelli, Lipsiae 1888 [rist Stuttgart 1 967]
De comm. =lamblichi De Communi Mathematicam Scientia Liber, ed. N. Festa,
Lipsiae 1891 [rist. rev. Klein, S�uttgart 1975]
In Nic. =lamblichi In Nicomachi A rithmeticam Introductionem Liber, ed. H.
Pistelli, Lipsiae 1894 [rist. rev. Klein, S tuttgart 1975]
Theol. Arithm =Theologoumena Arithmeticae, ed. V. De Falco, Lipsiae 1922
De myst. =Les Mystères d' Egypte, ed. e trad. E. des P1aces, Paris 1 966
De an. =De anima apud Stobeo, Anthologium I 48,8; 49,32-43 e 65-67 p. 362-
385 e 454-458 ed. Wachsmuth, Berolini 1874
ap. Simpl. In de an. =[S implicio] (=Prisciano Lydo?) In libros Aristotelis De
anima commentaria, ed. M. Hayduck, CAG XI, Berlin 1882
ap. Prisc. Metaphr. =Metaphrasis in Theoph rastum, ed. I. Bywater, CAG
Suppl.I.2, Berlin 1886
Testimonia et Fragmenta exegetica, ed. B. Dalsgaard Larsen, Aarhus 1972:
In Cat. =In Categorias
In Platonis Dialogos Commentariorum Fragmenta, ed. e trad. J. M. Dillon,
Leidcn 1 973:
In Alcib. =In Alcibiadem
In Phaed. =In Phaedonem
In Soph. =In Sophistam
In Phaedr. =ln Phaedrum
In Phil. =In Philebum
In Tim. =In Timaeum
In Parm. =In Parmenidem
Episto/ae
62 LES SICO

Ep. Poim. ='IaJ1.f3À.lxou lK rfìç rrpdç llotJJ.tvwv lmuroÀfjç apud


Stobeo, Anthologium I 1 . , 35 p. 43 , 1 - 1 4 W.
Ep. Mac. l = 'EK rijç 'IaJ1.{3Àlxou rrpdç MaKE86vtov lmuroÀfjç apud
Stobeo, Anthologium I 5,17 p. 80,10-8 1 ,6 W.
Ep. Sop. l = 'EK rijç 'I aJ1.f3Mxou rrpdç L:wrrarpov lmuroXfjç apud
Stobeo, Anthologium I 5 , 1 8 p. 8 1 ,7- 1 8 W.
Ep. Des. = 'EK TTJ"s- 'IaJ1.f3Mxou l muroXfjç rrpdç 11tft rrrrov TTEpl
8taÀEKTLKfjç apud Stobeo, Anthologium II 2,5 p. 18, 1 1 - 1 9,1 1 W.
Ep. Sop. 2. ='EK TTJ"s- 'IaJJ.f3Mxov lmuroÀfjç rrpdç L:wrrarpov TTEpl
8taÀEKTLKfjç apud Stobeo, Anthologium II 2,6-7 p. 19, 12-21 ,14 W.
Ep. Mac. 2. ='EK rijç 'IaJJ.f3Mxou lmuroÀfjç rrpdç MaKE86vtov TTEpl
ElJ1.apJ1.lVTJS" apud Stobeo, Anthòlogium II 8 43-48 p. 173,3 - 1 76,21 W.
Ep. Sop. 3. ='EK TTJS' 'IaJJ.f3Mxou lmuroÀfìç rrpdç L:wrrarpov TTEpl
rral&w dytùyfìç apud Stobeo, Anthologium II 3 1 , 122 p. 233,1 7-235,22
w.
Ep. Mac. 3. ='IdJ1.{3Àtxos- MaKE8ovl4J TTEpl OJl.ovolaç apud Stobeo,
Anthologium II 33, 1 5 p. 257,4- 17 W.
Ep. Sop. 4. ='EK rwv 'IaJJ.f3Mxou rrpòç L:wrrarpov TTEpl dpErijç apud
Stobeo, Anthologium III l, 17 p. 9,3- 10 W.
Ep. Sop. 5. ='EK rwv 'IaJ1.f3Mxou rrpdç L:wrrarpov TTEpl dpErijç apud
Stobeo, Anthologium III l, 49 p. 19,4-20,9 W
Ep. Asph. = 'IaJJ.f3Mxou lK rijç lmuroÀfjç rijç rrpòç 'Auf/>dÀ.tov TTEpl
f/>poVT'/uEtùS" apud Stobeo, Anthologium III 3, 26 p. 201 , 1 5-202,17 W.
Ep. Ar. = 'I aJ1.f3Mxou lK rijç lmuroÀfjç rijç rrpdç 'ApETJjv TTEpl
utùf/>pocnwrw apud Stobeo, Anthologium III 5, 9 p. 257, 1 1 -258,4 W.
Ep. Sophr. = 'IaJJ.f3Mxou lK rijç lmuroXfjç TTJ"s- TTEpl u�pouuvrw
apud Stobeo, Anthologium III 5,45-50, p. 270,10-272,9 W.
Ep. Olymp. = 'IaJJ.f3Mxou lK rijç lmuroÀfjç rijç rrpòç 'Q),vJl.TTLov TTEpl
dv8pdaç apud Stobeo, Anthologium III 7,40-4 1 , p. 3 19,19-320,21 W.
LESSICO 63

Ep. Sop. 6 = 'laJJ.f3J..txou l.:lJ.JrrdTptp apud Stobeo, Anthologium III 1 1 ,35, p.


443,5-17 w.
Ep. Sop. 7 = 'I aJ1f3Mxou l.:lJ.J rrdTpqJ rr�pl dp�Tijç apud S tobeo,
Anthologium III 3 1 ,9, p. 67 1 , 1-5 W.
Ep. Sop. 8 ='EK Tijç '/aJlf3Àlxou l.:lJ.JrrdTptp rr�pl dp�Tijç apud S tobeo,
Anthologium III 37,32, p. 706,3-7 W.
Ep. Agr. = Tofl auTOD ÉK Tijç lrrurroÀijç Tijç rrpòç 'Ayplrrrrav apud
Stobeo, Anthologium IV 5,76-77, p. 223,6-224,7 W.

*
lemma non completo
[] delenda
< > aclcblda
**
lacuna
LESSICO 65

tlyxt110'a perspicacia, intelligenza (8t6TTEp (Japlv alcrfJdvEu8at


V.Pyth. 19. 14 uwr/JfJOCTUVT'/ Kal dyxL­ Protr. 57. 6 TlJv rrpaypdTwv alu8dvc
IJOta Kal 8Et6TT]S" u8al nvos-.
V.Pyth. 42. I l & ' oDs- [scii. Ka8ap­ Protr. 60. 12 p6>.ts- alu8dvotTo [scii.
po�] cfrxLJIOtal TE Kal f/lvxfls" dxf­ rò rfvos- l)ptJv]
yEtat Protr. 75. 17 ( ov8l yàp [scii. o drral-
In Cat. 1 1 6. 28 Toùs- lvTEv{optvoUS" 8EVTOS"] alu8dvovrat)
rrpès- tfrxtvotav. Protr. 93. 10 TÒ opfiv Kal TÒ dKOUEtV
Kal alu8avEu8at
tlBd{auTos- che sfugge all'opinione De comm. 23. 2 &!ot 8l TOrJro JlTI&r
Protr. 70. 5 TÒ 8Eiov Kal TÒ d86{u­ Jl ti (pOr-,plJIOt
urov De comm. 24. 15 rrapayytMEt r6 t/nlx6
� Tafrròv UK>.'qp6v TE Kal JlaÀaKÒv
tl8o{{a disonore alu8avoptVT'/ [scii. aCuflrJuts-] ;
Protr. 67. 25 d8o(lav poxflrJplas- &- Theol. Arithm. 6 1 . 22 Kal rrov IJu8ETo
8t6TES" [scii. � yvvq] OVK l(E>.BoDuav ���
r�v drrauav d(J ' lavrfjs'
aluBdvopa' percepisco De myst. 3 . 24. 157. 3 rò rra8os- p6vov
V.Pyth. 27. 16 &à ToD KaKtns' rra8dv ToD rrap6VTOS" alcrfJdVETat
alu8tu8at
V.Pyth. 1 1 2. 9 ylvEU8at 8l Kal TlJV afu8au&s- cf. afu8qu's-
lvavrlwv lrrt8vplav, olov ToD Jl-,
alu8dvEu8at lvlwv. alu8aTds- cf. al uBq Tds-
Protr. 44. IO 'A.:Ud p-,v T6 )'E (fjv T@
alu8dvEu8at 8taKplvETat ToD Jl-, afu81JU'S"
(fjv a) sensazione, percezione, sensibilità,
Protr. 44. 17 -, dKo-, ToO t/J6(Jov senso o facoltà di sentire e percepire
alcrfJdvETat &d TlJv liiTwv. V.Pyth. 2. 1 6 Tls- � 8t ' alu9TfUECIJS'
Protr. 45. 21 rraVTES" [ . . . ] alcrfJdvovrat rrrxJTT'/ Eis- rrat&lav d rwm
roii (JpovEiv Kal yEku8at V.Pyth. 26. 16 TlJv d).).(J)v (�v p6VTIS"
Protr. 56. 22ss. El Tolvw T@ plv al­ TarJTT]S" Tfjs- lwolas- aCuflrJutv ElXrr
u8aVEu8at TÒ (fjv 8taKp{VOJlEV Kal r/J6TtJJv
TÒ Jl-, (fjv, TÒ 8 ' alu8dvEu8at 8t r V.Pyth. 35. 17 'HyovpEVOS" 8l TT{XJTT'/ V
TdV, KVp{(J)S' JlÈV TÒ XPfiu8at TaLS" dvat Tois- tlv8ptJrrots- ��� 8t '
alu6rfuEutv d.:Uws- 8l TÒ 8vvau8at alu6TfUECIJS' TTpoUr/JEpoJl{VT'/V lmpt-

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