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Cependant, ce triomphe est présenté de manière paradoxale.

La
lumière a vaincu les ténèbres par sa propre extinction.

ANTONIO AGNELLI

ECOCRISTOLOGIA
Sulle orme di Gesù con la Laudato Si’

1
Sommario

INTRODUZIONE
ELEMENTI PER UNA COMPRENSIONE RAGIONATA
DELL’ENCICLICA LAUDATO SI’

COME INTERPRETARE LA PAROLA DI DIO NELLA CRISI


ECOLOGICA

I VANGELI E L’ECOLOGIA
1. Il Verbo si è fatto sarx: incarnazione radicale
2. Elementi ecologici significativi nel Vangelo di Giovanni
2.1. Gesù, l’agnello di Dio
2.2. Gesù acqua eternamente vivente
2.3. Gesù pane e carne: nutrimento per il creato
2.4. Gesù luce del mondo
2.5. Gesù chicco di grano
2.6. Gesù vera vite
2.7. I segni della nuova creazione
2.8. Gesù nuovo Adamo e giardiniere
3. Il contesto ecologico della vita di Gesù
4. L’ aspetto ecologico nelle parabole evangeliche
5. Le parabole nel vangelo di Marco

2
6. Parabole e discorsi di Gesù nel vangelo di Matteo
7. Parabole e detti nel vangelo di Luca
8. I gesti misericordiosi di Gesù e la crisi ecologica
9. L’ultima cena di Gesù: Eucaristia e cura dell’ambiente
10 Passione, morte in croce e risurrezione di Gesù in prospettiva
ecologica
10. 1. Ricognizione dei dati evangelici più significativi
10. 2. Elaborazione cristologica
11. Libro dell’Apocalisse e crisi ecologica

GRIDERANNO LE PIETRE. COSTRUIRE UN’ETICA E UNA


SPIRITUALITA’ ECOLOGICA
1. Combattere ogni idolatria
2. Risanare le relazioni
3. Vivere valori contro-culturali
4. Grideranno le pietre

3
INTRODUZIONE

La crisi ecologica è una questione cruciale del nostro tempo, conseguenza


di tante scelta fatte e altre che si compiono, senza tener conto della realtà
oggettiva in cui viviamo, della fragilità della terra e della limitatezza delle
risorse che essa contiene. Una volta esaurite, non avremo più un altro
pianeta a immediata disposizione.
Le recenti proteste giovanili, sono state un segnale per ripensare il nostro
approccio all’ambiente e nel contempo, per immaginare e costruire un
futuro diverso per le giovani generazioni.
Ci sono stati a dire il vero, negli ultimi anni, interventi ufficiali dei potenti
del mondo: basti pensare al summit di Parigi, nel 2015, ove si è stilato un
accordo tra gli stati membri della Convenzione nel quadro delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici. E’ stata chiamata COP 21, sigla che sta
per of the Parties Conference. E’ stata la ventunesima conferenza delle
Nazioni Unite che riunisce i paesi del mondo con lo scopo di dibattere sui
cambiamenti climatici in atto1.
Ci sono però realmente da parte degli stati, le volontà politiche per
raggiungere in fretta questi obiettivi? Il Papa, auspica nella Laudato si’
l’urgenza di accordi internazionali, considerata la scarsa capacità delle
istanze locali ad intervenire in modo efficace, come anche la lentezza e
1
A novembre 2018, 195 stati membri hanno sottoscritto l’accordo e 184 deciso di farne parte. Sappiamo anche come
nel 2017 gli Stati Uniti hanno affermato di volersi ritirare dagli accordi firmati da B. Obama ma nel maggio del 2019,
comunque la Camera dei rappresentanti USA, ha approvato un disegno di legge che richiede alla amministrazione di D.
Trump, di mantenere gli Stati Uniti dentro gli Accordi sul clima, decisi a Parigi. Vennero prefissati alcuni obiettivi. Tra
questi, i governi avevano concordato di mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C
rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine: puntare a limitare l'aumento a 1,5°C, dato che ciò
ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. Si era inoltre convenuto di fare in
modo che le emissioni globali potessero raggiungere il livello massimo il più presto possibile, pur riconoscendo che per
i paesi in via di sviluppo, serva più tempo, procedendo successivamente a rapide riduzioni in conformità con le
soluzioni scientifiche più avanzate disponibili. Prima e durante la conferenza di Parigi, i paesi aderenti hanno presentato
piani nazionali di azione per il clima completi. Questi non sono però ancora sufficienti per mantenere il riscaldamento
globale al di sotto di 2º ma l’accordo ha tracciato la strada verso il raggiungimento di questo obiettivo. Infine, per
stabilire mete più ambiziose, in base alle conoscenze scientifiche si era deciso di ritrovarsi ogni cinque anni.

4
poca volontà di affrontate la crisi ecologica poiché stride con interessi
economici potenti.
La provocazione della giovane Greta Thunberg 2, ha sicuramente acutizzato
la problematica, smascherando troppe ipocrisie e frenate dei responsabili
dei governi mondiali3.

La situazione generale poi è comunque preoccupante come ha rilevato il


recente rapporto del foro scientifico dell’ONU, il Gruppo intergovernativo
sul cambiamento climatico (IPCC)4 che ha presentato la situazione in cui
ecologicamente siamo immersi.

Utile è coglierne alcuni aspetti che giustificano il perché anche il cristiano


debba testimoniare la sua fede e la sua carità piena di speranza, dentro la
crisi ecologica che stiamo vivendo.

Più di cento esperti hanno compilato il rapporto negli ultimi mesi, circa la
metà dei quali proviene da paesi in via di sviluppo. Essi sostengono che
sarebbe davvero vantaggioso, sia per il clima quanto per la salute umana, se
le persone in molti paesi ricchi, consumassero meno carne e se la politica
creasse incentivi adeguati in tal senso.

I ricercatori hanno anche espresso la loro preoccupazione per le foreste


tropicali e l’accelerazione dei tassi di deforestazione. Le foreste pluviali
amazzoniche sono un enorme pozzo di carbonio che agisce per raffreddare
la temperatura globale, ma i ritmi di deforestazione sono in aumento, in
parte a causa delle politiche recenti del governo brasiliano.
2
Cf. G. THUNBERG – S. THUNBERG - B. ERMAN – M. ERMAN, La nostra casa è in fiamme. La nostra battaglia
contro il cambiamento climatico, Milano, 2019.

3
Recentemente anche l’astronauta italiano e colonnello dell’Aereonautica, Luca Parmitano che è tornato nella Stazione
spaziale internazionale, (Iss), per la sua seconda missione, in una videoconferenza ha stigmatizzato la cattiva salute del
nostro pianeta, chiedendo interventi per fermare la distruzione che avanza. In collegamento dalla Stazione Spaziale
Internazionale, dove è in corso la missione Beyond, ha lanciato l’allarme sul riscaldamento globale. Egli affermato che
dalle foto sue e dei colleghi negli ultimi sei anni ha visto i cambiamenti nel pianeta, con i deserti che avanzano e i
ghiacci che si sciolgono, sperando che le sue parole possano allarmare seriamente nei confronti del nemico numero uno
di oggi, spingendo le persone e i leader almeno rallentare e poi fermare questo trend. Cf. Parmitano dalla Iss: “da
qui ho visto i deserti che avanzano e i ghiacciai che si sciolgono” in www. rainews.it, 29 luglio 2019.

4
Cf. www.ipcc.ch/ , 8 agosto 2019; www.avvenire.it , 9 agosto 2019.
5
Inarrestabile, la deforestazione potrebbe trasformare gran parte delle
restanti foreste amazzoniche in un tipo degradato di deserto, rilasciando
nell'atmosfera più di 50 miliardi di tonnellate di carbonio in 30-50 anni.

Mentre l’utilizzo dei combustibili fossili per la generazione di energia e il


trasporto attira maggiormente l'attenzione, le attività relative alla gestione
del territorio, tra cui l'agricoltura e la silvicoltura, non vengono prese in
considerazione benché producano quasi un quarto dei gas che intrappolano
il calore.

La corsa per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi sopra i livelli


preindustriali, l'obiettivo dell'accordo raggiunto nel 2015 a Parigi, potrebbe
essere una battaglia persa a meno che la terra non venga utilizzata in modo
più sostenibile e rispettoso del clima.

Il rapporto afferma che le diete bilanciate con alimenti a base vegetale e di


produzione sostenibile di origine animale presentano importanti opportunità
di adattamento e mitigazione generando al contempo significativi benefici
in termini di salute umana.

Entro il 2050, i cambiamenti dietetici potrebbero liberare milioni di


chilometri quadrati di terra e ridurre le emissioni globali di CO2 fino a otto
miliardi di tonnellate all'anno, rispetto alle normali attività commerciali.

Il rapporto avverte che la terra deve rimanere produttiva per nutrire una
popolazione mondiale in aumento. Il riscaldamento migliora la crescita
delle piante in alcune regioni, ma in altre tra cui l'Eurasia settentrionale,
parti del Nord America, dell'Asia centrale e dell'Africa tropicale, l'aumento
dello stress idrico sembra ridurre il tasso di fotosintesi.

Pertanto, l'uso di colture di biocarburanti e la creazione di nuove foreste


viste come misure che potrebbero potenzialmente mitigare il riscaldamento
globale, devono essere attentamente gestite per evitare il rischio di carenza
di cibo e perdita di biodiversità, afferma il rapporto.

6
Gli agricoltori e le comunità di tutto il mondo devono anche fare i conti con
piogge più intense, inondazioni e siccità derivanti dai cambiamenti
climatici. Il degrado della terra e i deserti in espansione minacciano di
compromettere la sicurezza alimentare, aumentare la povertà e provocare
migrazioni.

Circa un quarto della superficie terrestre sembra soffrire già del degrado
del suolo e si prevede che i cambiamenti climatici peggioreranno la
situazione, in particolare nelle zone costiere basse, delta fluviali.

L'aumento del livello del mare si sta aggiungendo all'erosione costiera in


alcune regioni, continua lo studio citato. Le pratiche agricole
industrializzate sono responsabili di gran parte dell'erosione e
dell'inquinamento del suolo osservati e bisogna cercare di insegnare a circa
mezzo miliardo di agricoltori in tutto il mondo, a rielaborare il loro modello
agricolo per evitare ulteriori gravi problemi a un pianeta già malato e ferito.

E’ necessario quindi far entrare in modo deciso la questione della crisi


ambientale, come dimensione ineludibile, anche nella cultura e prassi dei
cristiani.

Questo testo si pone la finalità di aiutare i discepoli di Gesù, a comprende


quanto la difesa della vita in tutte le sue dimensioni, inglobi di diritto e non
solo facoltativamente, la realtà ambientale, vista come creazione e dono del
Dio vivo e vero, Trinità d’amore e fonte inesauribile della vita5.

E’ fonte di ispirazione sicura, l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco che


ci offre indispensabili indicazioni, per essere da cristiani, insieme a tutti i
credenti e gli uomini e donne di buona volontà, difensori, costruttori e
custodi della casa comune, secondo prospettive evangeliche ed
umanizzanti6.

5
Cf. S. McFAGUE, Life Abundant. Rethinking Theology and Economy for a Planet in Peril, Minneapolis, 2001; D.
EDWARDS, L’ecologia al centro della fede. Il cambiamento del cuore che conduce a un nuovo modo di vivere sulla
terra, Padova 2006.
6
Cf. PAPA FRANCESCO, Custodire il creato. Proposte per una conversione ecologica, Cinisello Balsamo (Milano),
2015.
7
Nel primo capitolo sintetizzeremo le questioni nodali dell’enciclica papale
per meglio comprenderla e declinarla nella vita ecclesiale, nella
predicazione e nell’agire concreto delle comunità credenti.

Ne verranno evidenziati i paradigmi fondamentali e discusse alcune


precisazioni feconde riguardo la visione dell’antropocentrismo causa di
molti mali sociali e ambientali. Porremo attenzione alla indicazione di Papa
Francesco che la crisi ecologica è conseguenza di una crisi antropologica e
nel contempo conseguenza di un modello economico non più sostenibile
che, spingendo al consumismo ed esasperato profitto, divora menti, cuori,
persone, popoli e ambiente7.

Il secondo capitolo desidera dimostrare la correttezza di una lettura


ecologica della parola di Dio, E’ una indebita intromissione o una
possibilità concreta che lo Spirito, luce dei cuori, offe al nostro tempo per
ritrovare nella Scrittura da lui ispirata, parole di incoraggiamento e piste di
azione per rimediare alla crisi socio-ambientale dei nostri giorni?

La risposta sarà affermativa: Dio ci chiama in Gesù a convertirci a lui e ad


accogliere il suo regno che è perdono dei peccati, grazia immeritata ma
anche spinta a liberare con lui, alla luce della sua parola, il mondo dai
peccati personali, relazionali, storici, economici ed ecologici.

Il terzo capitolo, riguardante il Nuovo Testamento e l’ecologia, intende


approfondire il paragrafo VII del secondo capitolo (nn. 96-100), della
Laudato si’, intitolato lo sguardo di Gesù.

Vorremmo, a partire dai Vangeli, guidati dal suo sguardo misericordioso


verso il creato, analizzare il legame tra Gesù stesso e la natura, come egli
l’ha esperimentata nel suo tempo, quanto sia presente nella sua predicazione
del regno di Dio e come sia coinvolta nei suoi gesti miracolosi. Egli se ne è
sentito parte, l’ha amata e rispettata, l’ha collocata nella sua giusta
dimensione di dono di Dio.

7
Cf. A. J. KELLY, Integral Ecology and the Fullness of Life. Theological and Philosophical Perspectives, New York,
2018.
8
Lui stesso è il Verbo di Dio fattosi carne, entrato nella storia e natura umana
in un corpo che porta, come i nostri corpi mortali, la presenza di tanti
elementi naturali, frutto dello sviluppo dell’universo.

Siamo fatti come persone umane di polvere di stelle, come dicono recenti
studi scientifici e condividiamo gli elementi corporei con le altre creature8.

Il nostro corpo è fatto ad esempio, in gran parte di acqua (62%); contiene


ossigeno (65 %), carbonio (18 %). idrogeno (10 %), azoto (3 %). Siamo
fatti anche di ferro (32%), silicio (13%), magnesio, zolfo, calcio, alluminio
e altri elementi. Questo ci fa capire che Dio nel Figlio, assumendo la nostra
corporeità, ha inteso unirsi a tutta la materia creata, animata e inanimata e
al medesimo processo evolutivo.

Gesù ha respirato la stessa aria di tutte le creature viventi sulla terra, ha


mangiato cibo cresciuto dallo stesso terreno e bevuto acqua dalle stesse
gocce di pioggia. I processi biologici naturali sono stati concreti e reali per
l'uomo Gesù. In lui, Dio si è unito per sempre alla rete della vita, diventando
parte della biologia della terra.

La libera e gratuita volontà di Dio di incarnarsi in Gesù, raggiunge il cuore


dell’esistenza materiale, biologica e sociale.

Dio Trinità, nel Verbo eterno venuto in mezzo a noi, ha voluto condividere
la fragilità e la mortalità umana e biologica, mostrando la vicinanza divina
ad ogni segmento della terra e alimentando la speranza che la creazione
non sarà distrutta ma trasformata alla fine dei tempi9.

Scopriremo come la sua esistenza sia stata un continuo contatto con la


natura e le attività ad essa correlate. Egli è religiosamente cresciuto
condividendo la fede in Dio liberatore dalla schiavitù d’Egitto, in quanto
creatore, fedele per sempre alla sua alleanza10.

8
Cf. Siamo fatti di polvere di stelle ( provenienti da altre galassie ): lo prova una ricerca scientifica, in
www.corriere.it, 28 luglio 2017.
9
Cf. D. EDWARDS, Deep Incarnation. God’ Redemptive Suffering with Creatures, New York, 2019.
10
Cf. J. JONES, Jesus and the Earth, London, 2003.
9
Nelle parabole ha usato con frequenza le immagini provenienti dalla realtà
ambientale e ha utilizzato elementi della natura per guarire, sfamare,
liberare dal male e dalla malattia.

Ritrova piena attuazione l’indicazione teologica di Tommaso d’Aquino:


gratia supponit naturam, non destruit, sed perficit eam 11; la grazia
presuppone la natura, non la distrugge, ne porta a compimento le
potenzialità.

Proprio perché lui, Gesù è il Figlio eterno che riceve da sempre la vita dal
Padre nell’unità dello Spirito, entrando nella storia e nel mondo, salva
l’umanità e anche tutto il creato, in lui liberamente voluto dall’eterna
Trinità, per essere luogo e spazio di comunicazione del suo amore
vivificante, misericordioso e gioioso.

Il Verbo eterno, sapienza del Padre, viene a contatto ed è in connessione


con tutte le creature, con ciò che è vulnerabile, deperibile, transitorio.

In Cristo Dio entra nel nella creazione per condividere non solo la sorte dei
peccatori da reintegrare e dei poveri da liberare, ma anche dell’esistenza
biologica in lui redenta e trasfigurata.

Crediamo sia ancora attuale l’affermazione S. Gregorio di Nazianzo: quod


non assumptum non sanatur, ciò che non è assunto non è neppure redento12.

Alla luce di questo principio, rileggeremo la predicazione, la prassi


prodigiosa di Gesù, i racconti della sua passione, l’evento stupendo della
sua risurrezione profonda nello Spirito che congiunge per sempre la Trinità
e la creazione, Dio e il mondo13.

Lo Spirito Santo infatti è il tessuto connettivo di tutta la vita creaturale e lo


si incontra misticamente presente oltre che nella chiesa, nella storia ma
anche nella natura.
11
Cf. TOMMASO D’ACQUINO, Summa Theologiae I, 2, 2 ad 1, in www.documentacatholicaomnia.eu.
12
Cf. C. SCHӦNBORN, Dio inviò suo Figlio. Cristologia. Milano, 2002, 112.
13
Cf. C. DEANE DRUMMOND, Eco - Theology, London 2008; Id., A Primer in Ecotheology. Theology for a Fragile
Earth, Eugene, Oregon, 2017.
10
L’ultimo capitolo offrirà, a partire dalle proposte radicali e impegnative
della Laudato si’, alcune provocazioni per sviluppare una spiritualità
ecologica, sostenuti dallo stesso Spirito creatore, consolatore, difensore e
suscitatore di profezia e visioni di rinnovamento delle relazioni e della
realtà ambientale.

Possiamo dire che sia legittimo parlare di una ecoTrinità, intendendo con
questo termine la volontà divina, rivelata in Gesù (ecocristologia), attuata
nello Spirito Santo (ecopneumatologia), di riportare al Padre e Madre della
vita, tutta l’umanità e l’ambiente voluto da Dio per il sostentamento umano
e per riconoscere in esso la bellezza divina e la gioia della comunione.

Questo percorso salvifico, non forza la libertà creata ma aspetta, bussa al


suo cuore stimolandone i germi di bene e di giustizia.

E’ quanto S. Paolo afferma nella lettera ai Romani, indicando che anche la


creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto in attesa della
sua definitiva redenzione, mentre lo Spirito intercede con gemiti
inesprimibili (Rm 8, 22-27).

L’apostolo ci provoca come discepoli del Signore, indicandoci che esiste


una universalità del peccato ma anche della grazia di Cristo che lo supera,
divenendo sovrabbondante e riversandosi su tutto il creato. Dobbiamo
liberarci dalla schiavitù della legge che tiene in scacco la creazione e nella
libertà dello Spirito, diventarne difensori e ricostruttori, ubbidendo a Dio,
unico in saggezza per mezzo di Cristo14.

In quei gemiti dello Spirito, vi è il grido dei poveri e della terra che, come
credenti, dobbiamo ascoltare per porre rimedio a tutto ciò che li ferisce e li
distrugge.

Quali criteri guideranno questa nostra riflessione15?

14
Cf. S. K. TONSTAD, The Letter to the Romans: Paul among the Ecologists, Scheffield, 2016; D. G. HORRELL – C.
HUNT – C. SOUTHGATE, Greening Paul. Rereading the Apostle in a Time of Ecological Crisis, Waco, Texas, 2010.
15
Cf. M. BARROS, Ecologia e spiritualità, Quarrata (Pistoia), 2010.
11
Anzitutto la certezza che la natura non è divina e Dio non si confonde con
essa: per l’esperienza biblica la natura è sacra ma non divina. Possiamo
incontrare Dio quando ne veniamo in contatto ma essa non è Dio in se
stesso ma suo sacramento.

In questo senso possiamo anche parlare, come fa la teologa S. McFague, di


corpo di Dio, riferito alla creazione16. Non può esserci nessuna mescolanza,
nessuna forma di panteismo, ma è vera la convinzione che anche il mondo
naturale nella sua alterità è trasparenza della Trinità.

Di conseguenza, la parola di Dio ci dice che la creazione è stata voluta


liberamente da lui, fatta per gli esseri umani in funzione della conservazione
gioiosa della loro esistenza 17. I due racconti della creazione presenti nel
libro di Genesi, sostengono questo. L’uomo deve comportarsi nei riguardi
della creazione come Dio si comporta nei suoi, con bontà e amore18.

Gli esseri umani devono avere una relazione intima con la terra in cui
vivono. Ne provengono nella loro struttura biologica e corporea, e non
possono prescinderne per la loro esistenza, per questo non debbono
rovinarla o distruggerla19.

L’alleanza biblica che Dio stipula con il popolo trova le sue origini nella
creazione, è legata indissolubilmente alla relazione con la terra, e la legge
divina ne richiede sempre un profondo rispetto, poiché è dono del Dio
dell’alleanza che si rivela fedele, misericordioso e pietoso.

La relazione con il creato è segno della relazione con Dio. Nella Bibbia, se
il popolo rispetta i precetti divini la terra rimane fertile e produce frutti, se
invece si abbandona agli idoli, diventa sterile e desertica.

16
Cf. S. McFAGUE, The Body of God. An Ecological Theology, Minneapolis, 1993.
17
Cf. N. WIRZBA, From Nature to Creation. A Christian Vision for Understanding and Loving Our World, Grand
Rapids, Michigan, 2015.
18
Cf. A. LONARDO, La bellezza originaria. I racconti della creazione nella Genesi, Castel Bolognese (Bo), 2017.
19
Cf. J. CONLON, Geo-Justice. The Emergence of Integral Ecology, Road Union NJ, 2017.
12
Gesù è il Figlio eterno di Dio fatto carne: ricapitola in sé tutto il creato, ce
ne fa riscoprire il senso, ci chiede di seguirlo per realizzare il suo regno di
liberazione e di vita per l’umanità intera e la creazione20.

Egli nella sua predicazione, azione, passione, morte e risurrezione ci salva


in pienezza comprendendo tutte le dimensioni che ci appartengono: spirito,
anima, corporeità, relazioni familiari, sociali, economiche ed ecologiche. Il
mondo è destinato a diventare in pienezza il luogo della presenza trinitaria,
ma già oggi dobbiamo riconoscerne le vestigia, ricostruirne le fondamenta
con Gesù nuovo Adamo che ci invita a coltivare il giardino della vita, della
felicità e della pace ambientale, ogni giorno.

Gesù è davvero Figlio di Dio, divenuto per noi e per l’intera creazione
Figlio della terra. Nella genealogia riportata dal suo vangelo, Luca, fa
risalire l’origine di Gesù fino ad Adamo (Lc 3, 23-38), a differenza
dell’evangelista Matteo che fa la fa risalire ad Abramo.

E’ lo stesso san Paolo a dirci che Cristo è il nuovo Adamo: infatti, se per
mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la
risurrezione dei morti e come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti
riceveranno la vita (1 Cor 15,21-22).

L’apostolo prosegue poi affermando che il primo uomo, Adamo, divenne un


essere vivente (psyché), ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita
(pneuma). Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi
venne lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il
secondo uomo viene dal cielo e come eravamo simili all’uomo terreno, così
saremo simili all’uomo celeste (1 Cor 15,45-49).

Dobbiamo essere sostenitori di una vera ecotopia, intendendo con questo


termine, la necessità di immaginare e costruire un futuro per la terra e per
l’umanità, messe in pericolo dalla avidità divoratrice degli uomini. Sarà

20
Cf. D. EDWARDS, Jesus and Cosmos, Eugene, Oregon, 2014; I. DELIO, Cristo en evolución, Santander, 2014; Id.,
Il Cristo emergente. Il senso cattolico di un universo in continua evoluzione, Cinisello Balsamo (Milano), 2014; P. T.
DE CHARDIN, L’uomo, l’universo e Cristo, Milano 2012; Id., Il cuore della materia, Brescia, 2015, Id., Inno
dell’universo, Brescia, 2016.
13
ispirata dalla vita di Gesù, nella quale, umanità e natura, ritrovano la piena
armonia condotti in questo dalla presenza divina dello Spirito21.

Gesù è colui che porta l’amore definitivo di Dio nella creazione e


impastandosi con la discendenza peccaminosa di Adamo vuole riportarla
all’originaria verità, invitandoci a seguirlo, a mettere nelle sue orme la
nostra vita e in comunione con lui, ricostruirne la bellezza originaria.

21
Cf. R. BAUMANN, Bible and Ecology. Rediscovering the Community of Creation, London, 2010, 103-140.
14
ELEMENTI PER UNA COMPRENSIONE RAGIONATA
DELL’ENCICLICA LAUDATO SI’

Per una lettura ragionata dell’Enciclica Laudato si’, pubblicata da Papa


Francesco il 18 giugno 201522, è utile sintetizzarne alcuni punti focali; non
ne esauriscono la profondità ma sono necessari per fare sintesi delle
prospettive complesse presenti nel documento stesso23.
Essa analizza con chiarezza e preoccupazione, seppur con speranza, le
condizioni del pianeta e come stiamo trattando la nostra casa comune24.
Vengono evidenziati i mali che infliggiamo alla terra: l’inquinamento in
continua crescita, l’aumento dei rifiuti e la loro sbagliata gestione, la
cultura dello scarto, la questione dell’acqua, la perdita della biodiversità, il
deterioramento della qualità della vita umana che porta al degrado socio-
ambientale25.
Possiamo meglio addentrarci nella Laudato si’, enucleando alcuni
paradigmi che la caratterizzano e possono aiutarci a comprenderla in
profondità per meditarla e soprattutto applicarla, in spirito di fede, nelle
comunità cristiane e nella società in cui siamo chiamati ad essere testimoni
del vangelo della vita in tutte le sue sfaccettature, compresa quella
ecologica26.
Partiamo dal paradigma religioso che è il fondamento dell’enciclica
stessa. Il mondo non esiste per un caso ma è creazione di Dio che lo ha
voluto per esprimervi il suo amore per l’umanità, la quale deve sostenersi
col dono ricevuto, conservandolo con amore.

22
Cf. PAPA FRANCESCO, Laudato si’. Enciclica sulla cura della casa comune, Città del Vaticano - Milano, 2015.
23
Cf. S. MORANDINI, Laudato si’. Un’enciclica per la terra, Assisi, 2015.
24
Cf. M. S. DAJANI DAOUDI - B. GUARRERA - F. PATTON - D. S. ROSES – P. K. TURKSON – S. ZAMAGNI,
Colorare il mondo. L’ecologia integrale di Papa Francesco, Milano, 2019.
25
Cf. E. U. VON WEIZSӒCKER – A. WIJKMAN, Come on! Come fermare la distruzione del pianeta. Rapporto al
Club di Roma per il suo 50° anniversario, Firenze, Milano, Bra (Cn), 2018.
26
Cf. E. FIGUEROA CLEMENTE, La ecología del Papa Francisco: un mensaje para un planeta y un mundo en
crisis. Reflexiones ecológicas sobre la carta encíclica “Laudato si’”sobre el cuidado de la casa común, Madrid, 2016.
15
Questo impegno provoca anche tutte le religioni a intessere un dialogo in
vista della salvaguardia della terra.27
L’universo è un mistero che la nostra ragione non riesce a comprendere
adeguatamente ma che ci presenta innumerevoli forme di relazione e
partecipazione, nel quale Dio vuole agire attraverso la nostra libera
volontà. Vi sono nella Laudato si’ splendide riflessioni bibliche sui
racconti della creazione in Genesi, ove l’uomo è descritto come
responsabile del creato che deve custodire e non distruggere.
Provenendo dalla terra, essendo fatto col fango, deve capire la grandezza
della sua dignità ma anche il suo far parte della creazione. Rovinare e
sfruttare il creato senza criterio, è peccato che dà morte.
L’umanità rifiuta la propria dipendenza da Dio e per questo voltandogli le
spalle spezza l’armonia con il creatore e gli altri esseri umani e non umani.
La fede offre una luce importante per capire chi siamo, qual è il nostro
destino, legato indissolubilmente all’ambiente, senza il quale non
esisteremmo. Chiaramente noi non siamo Dio, la terra ci precede e ci è
data, afferma Papa Francesco28.
Siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, non per dominare
tutto, ma per essere responsabili di tutto e docili alla parola di Dio che ci
orienta a vivere seguendo Cristo e in intima comunione con lui, costruire il
suo regno di vita, giustizia, solidarietà con il pianeta in cui ci è dato
vivere29.
Dio dà all’uomo la capacità di gestire la creazione ma questo non esprime
nel racconto biblico il far valere la propria autorità costrittiva: è invece
l’essere capaci di salvaguardare e salvare quanto viene dato in custodia30.

27
Cf. P. O. INGRAM, You Have Been Told Wath Is Good: Interreligious Dialogue and Climate Change, Eugene,
Oregon, 2016.
28
Cf. L. BOFF, Il creato in una carezza. Verso un’etica universale: prendersi cura della terra, Assisi, 2006; Id.,
Evangelio del Cristo Cósmico. Hacia una nueva conciencia planetaria, Madrid, 2009; Id., La terra nelle nostre mani,
Milano, 2017.
29
Cf. A. J. KELLY, Laudato si’. An Integral Ecology and the Catholic Vision, Hindmarh, SA, 2016.
30
Cf. R. BAUCKHAM, Bible and Ecology. Rediscovering the Community of Creation, London, 2010, 1-37; D. J. MOO
and J. A. MOO, Creation care. A Biblical Theology of the Natural World, Grand Rapids, 2018.
16
Questo implica che l’essere umano, dotato di ragione, rispetti le leggi della
natura e i suoi equilibri delicati, prendo coscienza della sua preziosità ma
anche fragilità31. Anzi, deve saper lodare Dio per le meraviglie del creato,
abituandosi ad uno sguardo limpido e contemplativo e non solo aggressivo
e calcolatore nei suoi confronti .
Il Papa consiglia la lettura dei Salmi come aiuto per comprendere e attuare
la necessità della lode e del ringraziamento per il dono di tutte le cose32.
L’enciclica intende aprire un sincero dialogo con tutti per ricercare vie di
liberazione, a partire dal patrimonio della fede che accomuna i credenti in
Cristo33, e uno spazio concreto per tutte le forme religiose preoccupate
per il futuro del creato34. Papa Francesco segnala con chiarezza qual è la
radice che porta alla crisi ecologica, rannodata inestricabilmente a quella
sociale.
E’ l’antropocentrismo, la prevalenza della visione tecnocratica della
esperienza umana e della gestione della natura.
La scienza sta ormai venerando il dogma che sostiene che tutti gli esseri
sono algoritmi e l’esistenza un procedimento di elaborazione di dati. Cosa
accadrà quando algoritmi dotati di intelligenza ma non coscienti, ci
conosceranno più a fondo di quanto noi conosciamo noi stessi35?
Le tecnoscienze, se ben orientate sono utili e provvidenziali per migliorare
la qualità della vita. L’intervento umano sulla natura si è sempre verificato,
ma per molto tempo, dice Papa Bergoglio, ha accompagnato e assecondato
le possibilità delle cose stesse36.
Ora invece si vuole sfruttare il più possibile, dimenticando la dignità della
realtà naturale che si manipola, non considerando la limitatezza delle
31
Cf. W. T. CAVANAUGH (ed.), Fragile World. Ecology and the Church, Eugene, Oregon, 2018.
32
Cf. A. WALKER-JONES, The Green Psalter. Resources for an Ecological Spirituality, Minneapolis, 2009.
33
Cf. E. M. CONRADIE - S. BERGMANN – C. DEANE DRUMMOND – D. EDWARDS, (ed.) Christian Faith and
the Earth. current Paths and Emerging Horizont in Ecotheology, London - New York, 2014.
34
Cf. N. LEVY – D. SHREEVE – H. HALEEM, Sharing Eden. Green teachings from Jews, Christians and Muslims,
Leicestershire, 2012.
35
Cf. Y. N. HARARI, Homo deus. Breve storia del futuro, Firenze – Milano, 2019.
36
Cf. E. S. GIMÉNEZ-RICO, Cuidar de la Tierra, cuidar de los pobres. Laudato si’desde la teología y con la ciencia,
Santander, 2015.
17
risorse. Questa prospettiva tecnocratica esercita il suo dominio sulla
politica e sull’economia, è causa del deterioramento ambientale e come
mentalità sembra ormai considerata immodificabile37.
Bisogna interrogarsi seriamente e responsabilmente sulle mutazioni
genetiche prodotte dalla bioteconologia, sugli organismi geneticamente
modificati, assicurando un dibattito scientifico, sociale ampio, e
responsabile, dice il Papa, evitando di mostrare solo aspetti selezionati che
dipendono da interessi politici, economici o ideologici.
Accanto a questa fiducia nelle possibilità della scienza e dei mezzi di
comunicazione sociale che ormai invadono e pervadono la nostra
esistenza, Papa Francesco, vede un indebolirsi delle relazioni e un
relativismo pratico che invade le menti e i cuori.
Di conseguenza si indebolisce anche la concezione del mondo che, da
realtà creata, viene visto solo come un deposito di cose da poter
manipolare a piacimento senza nessun criterio etico.
Il mondo sembra essere senza futuro, percepito come realtà da dominare
ma che nel contempo questo crea spaesamento e confusione. Senza altri
riferimenti, l’uomo sente la fragilità del suo esistere, ripiegandosi in una
narcisismo rassegnato e in un nichilismo che non coglie più gli autentici
problemi dell’umanità e tanto meno tenta di risolverli.
La crisi antropologica che genera quella socio-ecologica, è superabile
recuperando il valore della ragione come aperta al mistero38.
Il Papa nell’enciclica propugna la necessità di una ontologia trinitaria che
collochi al centro l’amore come principio e modello dell’antropologia.
Si tratta di cogliere l’essere non come qualità statica ma come amore che si
dona, che si svuota, per cui Dio è essere in quanto amante la sua creazione.
La compenetrazione delle Persone divine nella pericoresi eterna è il
modello dell’uomo trinitario.

37
Cf. D. BOOKLESS, Sabios con el pianeta. Atrévetete a cuidar la creación de Dios, Barcelona, 2019.
38
Cf. I. SANNA, L’ antropologia cristiana tra modernità e postmodernità, Brescia 2001.
18
La rivoluzione del soggetto nella modernità, ha evidenziato il valore della
coscienza, dell’autonomia e dell’interiorità, ma ha prodotto il tarlo della
solitudine, dell’individualismo competitivo.
La prospettiva trinitaria produce una visione della soggettività dialogica e
comunicativa che conduce alla riscoperta della interpersonalità e
responsabilità per l’altro in quanto ambiente vitale, come condizione per
ritrovarsi in modo autentico39.
La categoria di “immagine di Dio” fa ricomprendere l’antropologia avendo
il vantaggio da un lato di mostrare come la creatura sta dinnanzi a Dio
nella sua limitatezza e fragilità (assumendo in tal modo l’istanza della
post-modernità), ma nel contempo non nega l’input della modernità che ha
messo in luce la dignità dell’uomo.
Infatti l’uomo come partner di Dio riveste una dignità incomparabile ed è
chiamato da lui a collaborare nella umanizzazione del mondo, evitando in
tal modo l’aspetto deleterio della post-modernità, ovvero il nichilismo.
Queste osservazioni ci introducono al secondo paradigma dell’enciclica
che definiamo paradigma cristologico-trinitario40.
La creazione e l’umanità sono viste alla luce della fede in Cristo risorto,
inserite nella dinamica interna della Trinità che in se stessa che è,
scambio incessante di amore delle tre divine Persone, nella relazione
vitale che fa essere una Persona per l’altra e nell’altra e con l’altra.
Questo implica che l’umanità è chiamata a relazioni che fanno vivere e
non distruggono gli esseri umani e l’ambiente. Tale paradigma impegna
alla fraternità e alla cura generosa della terra. La realtà creata non umana
entra di diritto nella categoria di fraternità. Cristo ha redento non solo
l’umanità ma l’intero creato.
Vi è poi presente nella Laudato si’, il paradigma antropologico-
francescano41. L’uomo e la donna, in relazione corretta vivono la loro
esistenza amando gli altri nella logica del vangelo, dell’umana solidarietà
39
Cf. C. DEANE-DRUMMOND – R. ARTINIAN-KAISER (ed.), Theology and Ecology across the Disciplines. On
care for Our Common Home, London – New York, 2018.
40
Cf. V. J. MILLER, (ed.), The Theological and Ecological Vision of Laudato Si’: Everything is Connected, London -
New York, 2017.
41
Cf. I. DELIO - K. D. WARNER - P. WOOD, Care for Creation. A Franciscan Spirituality of the Heart, Cincinnati,
OH, 2008.
19
e compartecipazione compassionevole: l’ambiente deve essere considerato
come luogo di trasmissione e riproduzione della vita buona ad ogni livello,
per tutti, per volontà del Dio creatore.
Francesco d’Assisi è stato l’uomo per gli altri che rifiutando potere e
ricchezze si pone nella storia come colui che incarna l’antropologia
evangelica pienamente umana, condivisibile anche da parte di chi non
crede. Ha riconosciuto che tutto è dato, è dono e va conservato, curato,
amato e rispettato e ridonato a Dio, nella lode e nel ringraziamento.
Esiste nel documento di Papa Francesco il paradigma critico-economico.
Se la natura viene continuamente violentata ed essa si ribella con fenomeni
estremi contro l’umanità, è perché l’economia viene impostata in modo
perverso. Essa non è finalizzata alla riproduzione e custodia della vita
umana ma molto spesso alla idolatria del denaro42.
Anche l’economia esprime un peccato mortale: uccide popoli, mette in
conflitto i lavoratori, specula sulla forza lavoro, reprime i diritti, ferisce la
dignità umana, fa della natura una riserva di materie prime considerate
illimitate, per produrre profitti senza fine.
Oggi, non è possibile eludere il fatto, continua il Papa che un vero
approccio ecologico diventa sempre più un approccio sociale che deve
integrare il tema delle disuguaglianze e della giustizia nelle discussioni
sull’ambiente, per ascoltare e articolare in modo corretto il grido della terra
e quello dei poveri43.
Sui rischi di una contraddizione interna al sistema economico si era
lucidamente espresso Papa Francesco, nel discorso fatto ai partecipanti
all’incontro “Economia di comunione”, promosso dal movimento dei
Focolari, il 4 febbraio 2017. Il Papa aveva affermato che il sistema
capitalistico continua a produrre scarti che poi vorrebbe curare:
Gli aerei inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per
compensare parte del danno creato. Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori

42
Cf. J. E H. BASTAIRE, Per un Cristo verde. L’ecologia umana contro l’idolatria del denaro, Bologna, 2015.
43
Cf. J. I. KUREETHADAM, The ten Green Commandments of Laudato Si’, Collegeville, Minnesota, 2019; M.
ZUCCHI (ed), Potere e denaro. La giustizia secondo Bergoglio. Prefazione di papa Francesco, Roma, 2018.
20
patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini
mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia! 44

Il sistema economico tra l’altro in nome del profitto, addirittura crea una
finanza ambientale, per trarne vantaggi economici, invece di affrontare la
crisi ecologica, cercando soluzioni convincenti45.
La politica è spesso assente o succube del potere economico e fa dei suoi
dettami la guida del proprio agire e operare. Per tale motivo il Papa
lamenta tanta debolezza nella politica internazionale nei confronti della
distruzione ambientale.
Il Papa raccomanda di avere un intimo sentimento di unione con gli altri
esseri della natura, ma non è possibile vivere autenticamente ciò, se non
c’è anche compassione e preoccupazione per la sorte degli esseri umani.
C’è reale incoerenza tra chi lotta contro il traffico di animali, continua
Francesco, o specie in via di estinzione, ma resta cinico e indifferente
davanti alle ingiustizie, alla tratta delle persone, a coloro che fuggono da
situazioni di guerra o proprio per disastri dovuti a cambiamenti climatici
da loro non voluti.
D’altro canto, quando il cuore è libero e aperto alla comunione universale,
niente e nessuno viene escluso dalla fraternità. Qualsiasi azione di crudeltà
o indifferenza verso altre creature di questo nostro pianeta, finiscono
sempre per riversarsi in qualche modo nel trattamento che diamo agli
esseri umani.

44
Cf. www.vatican.va.
45
Riassumiamo il percorso compiuto sin qui. Lo sviluppo industriale - il capitalismo - è all’origine della crisi e delle
disuguaglianze ambientali. Ma questo sistema produce anche, nello stesso tempo, gli “anticorpi” per poterle affrontare.
La finanziarizzazione è uno di questi: proteggere l’investimento dalle conseguenze del cambiamento climatico,
ammortizza l’aumento del costo delle “condizioni di produzione” cui dà luogo, e consente nel contempo di trarne
profitto, in un contesto globale segnato da una crisi economica di lunga durata. La finanziarizzazione è dunque una
prima reazione del capitalismo di fronte alla crisi ecologica. Si tratta ora di occupasi di un secondo meccanismo che
permette al sistema di premunirsi di fronte agli effetti di questa crisi: la guerra. A causa dell’aumento delle
disuguaglianza che crea, la crisi ecologica origina nuovi tipi di conflitti armati e nuovi modi di esercizio della violenza
collettiva, che inaugurano una nuova era nella storia della guerra. Oltre a finanziarizzarsi, la crisi ecologica si
militarizza. I militari sono del resto consapevoli di questa evoluzione. Da alcuni anni, infatti, nelle loro analisi
strategiche inseriscono le conseguenze del cambiamento climatico. R. KEUCHEYAN, La natura è un campo di
battaglia, Verona, 2019, 113.
21
Giungiamo poi ad un altro aspetto importante dell’enciclica: il paradigma
etico-relazionale. L’ambiente esige di mettere in atto comportamenti etici
di piena responsabilità per la sua salvaguardia e per non correre in modo
inarrestabile verso l’autodistruzione dell’umanità e del suo habitat.
Per questo il Papa chiede comportamenti strutturali etici ai responsabili
delle nazioni ma anche a ciascuno, scelte condivise quotidiane, per attuare
una cura credibile della casa comune, rivendo radicalmente il modello
economico e di sviluppo in cui siamo immersi.
La prospettiva ecologica cristiana, pur entrando in dialogo per un bene
maggiore che è quello di salvare l’umanità e l’ambiente, mantiene un
peculiare caratteristica.
Certamente condivide con tutti i movimenti ecologisti, l’idea della bontà
della natura, ma annota Papa Francesco nella Laudato si’, alcuni
reclamano con ragione i limiti alla ricerca scientifica ma non applicano
quei criteri alla vita umana, giustificando ad esempio esperimenti con
embrioni umani vivi (n.136).
Non basta quindi dire che l’umanità è parte della natura, non distinta da
essa e che la schizofrenia del nostro tempo derivi solo dal fatto che ci
siamo alienati da essa.
Si può cadere nel sincretismo o enfatizzare l'interconnessione con la
natura, e finire nel panteismo: tutto è uno, uno è Dio, la terra è Dio.
Il dialogo con tutte le persone e le religioni interessate alla salvaguardia
del creato è decisivo per il futuro del pianeta e va realizzato senza ombra
di dubbio ma il cristiano vi entra, illuminato dalla fede nel Dio di Gesù
Cristo, unico salvatore del mondo come l’enciclica Laudato si’
chiaramente presenta.

22
COME INTERPRETARE LA PAROLA DI DIO NELLA CRISI
ECOLOGICA

Assodato che nell’esperienza ecclesiale, la Sacra Scrittura è la regola


determinante i contenuti della fede (custoditi ed attualizzati dalla
tradizione) anch’essa va ridefinita nella sua interpretazione dinnanzi alla
crisi ecologica: si viene a realizzare una mediazione ermeneutica che
rilegge la Scrittura a partire dal clamore della terra e dei poveri.
La relazione tra parola di Dio e contesto ecologico, garantisce l’enuclearsi
di significati nuovi che la parola divina offre, contenendoli in sé, senza che
le vengano sovrapposti.
E’ possibile specificare metodologicamente i criteri di un’ermeneutica
biblica a partire dalla prassi di responsabilità nei confronti della terra46.
L’atto interpretativo, in quanto produzione di nuovi significati, non è
un’operazione indebita, ma la necessaria conseguenza della virtualità del
linguaggio umano.
Esiste una prima distanza in ordine logico tra il linguaggio stesso e la
comunicazione specifica che si sedimenta in un testo orale o scritto, in
quanto messaggio con un senso compiuto.
Nell’atto della codificazione linguistica, l’autore quasi “muore” dando vita
al testo; nel contempo si modificano sia il recettore, quanto il suo orizzonte
di comprensione.
Il testo acquista una potenziata possibilità di significati, offrendosi ai nuovi
fruitori: all’orizzonte finito dell’autore, si sostituisce una gamma testuale
di interpretazioni.
Il testo che codifica un messaggio specifico, emerge da avvenimenti scelti
ed interpretati, perché portatori di un significato peculiare, legato ad eventi
storici, considerati fondanti, anche alla luce di avvenimenti successivi.

46
S. Croatto, Hermenéutica Bíblica. Para una teoría de la lectura como producción de sentido, Buenos Aires, 1984.
23
Nella Bibbia, ad esempio, l’Esodo viene interpretato in epoche diverse,
mediante svariati generi letterari, fino alla sua rilettura nella Pasqua di
Cristo.
Nel testo sacro non è importante solo il fatto che Dio parli, quanto che Dio
agisca nella storia del popolo e nei fatti che il testo biblico trasmette.
Il messaggio basilare viene continuamente trasmesso e reinterpretato,
attraverso il procedimento di chiusura e riapertura di senso.
Tale procedimento viene collegato ad una determinata prassi. Nel caso
della Bibbia, la formazione del canone dei libri ispirati, permette di
cogliere un significato salvifico globale, seppure espresso in molteplici
manifestazioni e variazioni.
Non basta ricostruire l’ambiente vitale degli autori e destinatari dei testi
biblici. Si devono ricercare esperienze paradigmatiche, in grado di
illuminare l’insieme dei testi stessi.
Oggi chiaramente si segue la linea del rapporto tra Dio e la sua creazione
minacciata e ferita bisognosa di liberazione.
Tale nucleo trova la sua pienezza nella vita, morte e resurrezione di Gesù.
In quest’ottica si deve allora comprendere la Bibbia, come testo unico, per
rilevarne le caratteristiche di fondo da riattualizzare nell’oggi.
Si può e si deve parlare non solo di esegesi biblica, ma anche di eisegesi,
in quanto sì “entra” nel testo con domande nuove (non più identificabili
con quelle dell’autore originario), per far emergere il non-detto che è
comunque presente quando lo si utilizza in un nuovo contesto.
Se si considera poi che la Bibbia è a sua volta il prodotto di un ampio
processo di interpretazione di avvenimenti storici, riattualizzati alla luce
della fede, si può ben sostenere che proprio la sua interpretazione è parte
integrante del suo messaggio.

24
E’ allora possibile una sua lettura ecologica, in quanto sono in essa
reperibili elementi attinenti e riguardanti tale aspetto dell’esperienza
umana che interroga e preoccupa.
La parola divina va nuovamente contestualizzata, mostrandone l’efficacia
a livello pratico, tenendo conto che la Rivelazione, codificata
linguisticamente, non è sepolta nel passato, ma è viva nel presente storico,
in virtù della promessa salvifica di Cristo ed esige una risposta concreta di
vita, tramite una prassi rinnovata.
La interpretazione della Sacra Scrittura a livello ecologico, è possibile non
perché si sovrapponga al testo biblico un criterio di lettura ideologico, e
quindi non accettabile, ma perché la ricchezza di significato dei testi,
secondo lo studio del linguaggio, permette in situazioni nuove, l’emergere
di significati altrettanto nuovi che lo Spirito suscita e sostiene.
A maggior ragione, proprio i testi della Bibbia, contengono una riserva di
significato, come indicazione, non puramente umana, ma divina, per nuovi
contesti, permettendo di decifrare l’azione di Dio nella storia attuale.
Si tratta di fare in modo di leggere anzitutto il testo della vita
(interrogativi, problemi, difficoltà, conflitti, speranze), per poi introdurre la
lettura di fede del testo biblico: dall’incontro emerge il messaggio che Dio
oggi indirizza nella concretezza del presente, mediante la sua Parola che
vivifica47.
I poveri, gli sfruttati, coloro che difendono l’ambiente, introducono nella
Bibbia i problemi della loro vita, la leggono a partire dalla loro realtà.
Nello specchio della Bibbia trovano il riflesso di ciò che vivono.
Inoltre, leggono la Bibbia avendo in sé la fede della comunità che li
conferma che è davvero Parola di Dio e che Gesù è vivo e presente nella
comunità, nella storia, nella natura.
La lettura diviene un’attività orante, un atto di fede, riproducendo in nuovo
modo la pratica secolare della lectio divina.
47
Cf. N.C. HABEL - P. TRUDINGER, Exploring Ecological Hermeneutics, Atlanta, 2008.
25
Infine ci si pone in ascolto di ciò che Dio ha da dire, disposti a cambiare
vita e a lottare, per far sì che la Parola accolta fedelmente venga messa in
pratica.
La nuova interpretazione della Bibbia avviene, come la stessa teologia a
partire dall’opzione preferenziale per la terra e per gli impoveriti.
La lettura della Bibbia a partire da chi patisce sfruttamento, persone e
ambiente, è caratterizzata da alcuni aspetti specifici: è una ermeneutica
che predilige il momento attivo su quello esplicativo pure necessario; cerca
di scoprire l’energia trasformatrice dei testi biblici, così da ottenere un
cambiamento personale, collettivo e ambientale; è una lettura che, senza
riduzionismi, accentua il contesto socio-ecologico del messaggio rivelato;
è un’ermeneutica infine che si fa con il contributo essenziale di poveri
stessi e della loro lettura ambientale della Bibbia.
In definitiva, la parola di Dio viene accolta ed interpretata per recuperarne
la dinamicità intrinseca, superando forme di lettura intimistiche, è
utilizzata come testo profetico che apre strade di speranza di un futuro
nuovo per i popoli oppressi e il pianeta sfruttato in modo iniquo.
La parola di Dio riguarda il destino definitivo dell’uomo, il senso ultimo
della sua vita nella comunione con lui. Questa stessa parola tocca tutte le
realtà esistenti e coinvolge i rapporti storici, economici, politici ed
ecologici dell’umanità.
L’esegesi è realizzata per strutturare logicamente un discorso teologico
che renda ragione della speranza cristiana dentro situazioni di ingiustizia e
sofferenza provocata dallo sfruttamento del creato.
E’ il tema della vita ad articolare questi studi esegetici e teologici. Dio l’ha
donata a tutti perché venga preservata, curata e non distrutta dall’egoismo
e dal peccato umano. Il valore divino e umano della Scrittura che indica
vie di salvezza, è sempre accolta nella comunità e vissuta nello Spirito.
L’atto ermeneutico è inconcepibile senza questo legame vitale con lo
Spirito che rende viva la parola nel grembo della chiesa, perché essa dica
26
al credente oggi, l’eterna salvezza operata da Dio in Cristo, non confinata
nel libro o nel passato, ma attuale e viva nell’oggi ecclesiale economico ed
ambientale.

La parola divina espressa in parole umane, indica il progetto di Dio per


l’umanità, ovvero liberarla dal peccato e dalla morte che si manifestano
non solo a livello ontologico, ma storico-relazionale, ambientale ed
ecologico.

Tra esegesi, teologia biblica e teologia dogmatica si stabilisce un vitale


scambio poiché la finalità ultima di tutte le tre attività converge verso una
evangelizzazione liberatrice, un annuncio profetico, un impegno concreto a
favore di poveri e dei diseredati e della terra madre, sfigurata dall’egoismo
umano, consumata in modo tragico dall’ingordigia e sete di potere e
ricchezza.
Così si è espresso Papa Francesco nel suo discorso, in occasione del
Convegno “La teologia dopo la Veritatis gaudium nel contesto del
Mediterraneo”, promosso della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia
meridionale a Napoli il 21 giugno 2019:
Le scuole di teologia si rinnovano con la pratica del discernimento e con un modo di procedere dialogico
capace di creare un corrispondente clima spirituale e di pratica intellettuale. Si tratta di un dialogo tanto nella
posizione dei problemi, quanto nella ricerca insieme delle vie di soluzione. Un dialogo capace di integrare il
criterio vivo della Pasqua di Gesù con il movimento dell’analogia, che legge nella realtà, nel creato e nella
storia nessi, segni e rimandi teologali. Questo comporta l’assunzione ermeneutica del mistero del cammino
di Gesù che lo porta alla croce e alla risurrezione e al dono dello Spirito. Assumere questa logica gesuana e
pasquale è indispensabile per comprendere come la realtà storica e creata viene interrogata dalla rivelazione
del mistero dell’amore di Dio. Di quel Dio che nella storia di Gesù si manifesta - ogni volta e dentro ogni
contraddizione - più grande nell’amore e nella capacità di recuperare il male. Entrambi i movimenti sono
necessari, complementari: un movimento dal basso verso l’alto che può dialogare, con senso di ascolto e
discernimento, con ogni istanza umana e storica, tenendo conto di tutto lo spessore dell’umano; e un
movimento dall’alto verso il basso – dove “l’alto” è quello di Gesù innalzato sulla croce – che permette,
nello stesso tempo, di discernere i segni del Regno di Dio nella storia e di comprendere in maniera profetica i
segni dell’anti-Regno che sfigurano l’anima e la storia umana. È un metodo che permette - in una dinamica
costante - di confrontarsi con ogni istanza umana e di cogliere quale luce cristiana illumini le pieghe della
realtà e quali energie lo Spirito del Crocifisso Risorto sta suscitando, di volta in volta, qui ed ora 48.

Per illuminare le pieghe della realtà ambientale e guarirne le ferite, alla


luce della fede, stati enucleati alcuni criteri ermeneutici che caratterizzano
l’approccio del testo biblico in chiave ecologica, elaborati da un gruppo di

48
www.vatican.va.
27
esegeti e teologi australiani del Centre for Science, Theology and Culture
at Flinders University of South Australia e dell’ Adelaide College of
Diviniy, nel progetto di ricerca The Earth Bible Project49.
Il primo principio è quello del valore intrinseco: il cosmo, la terra, tutti gli
esseri viventi, anche inanimati possiedono un intrinseca dignità e valore
propri che non sono loro attribuiti dagli uomini ma provengono da Dio.
Il secondo principio viene definito dell’ interconnessione: la terra forma
una comunità di viventi interrelati, mutuamente dipendenti che non
possono vivere se non nel reciproco scambio vitale.
Il terzo principio è chiamato della voce. La terra ha la capacità di far
sentire la propria voce per la celebrazione e la lode del Dio creatore ma
anche contro l’ingiustizia che le fa violenza.
Il quarto principio è detto dello scopo. L’universo, la terra e tutto ciò che la
compone fa parte di un dinamismo cosmico, dove ogni elemento
contribuisce alla finalità che Dio ha loro dato.
Il quinto principio è definibile come della custodia reciproca e riflette il
ruolo umano in relazione con la terra. L’umanità deve ripensarsi come
ospite del pianeta terra, e custode responsabile di chi la ospita.
Il sesto principio è quello della resistenza. La terra ha capacità di
rivendicare attivamente i suoi diritti nei riguardi di tutti gli sfregi che le
vengono imposti dall’umanità50.
Tali criteri di rilettura dei testi ispirati, dei vangeli in particolare, sono la
struttura che cementa la comprensione della figura di Cristo in relazione
alla questione ambientale che proponiamo in questo studio.
Il grido della terra non cade nel vuoto ma trova risonanza nella parola di
Dio che risponde dal suo abisso di misericordia, chiedendo ai suoi figli di
porre fine ad ogni ingiustizia e distruzi
49
Cf. www.webfcreation.org.
50
Cf. N. C. HABEL, Introduction: Introducing the Earth Bible Commentary Series, in Cf. E. M. WAINWRIGHT,
Habitat, Human, and Holy. An Eco-Rhetorical Reading of the Gospel of Matthew, Sheffild, 2017, 1-16.

28
I VANGELI E L’ECOLOGIA

1. Il Verbo si è fatto sarx. L’incarnazione profonda


Come segnalato, le preoccupazioni sulle condizioni ambientali stanno
provvidenzialmente aumentando.
Papa Francesco nella Laudato si’ parla di forme inquinanti che ci
colpiscono quotidianamente, con effetti gravi sulla salute. Ci si ammala,
sostiene, a causa di inalazioni di fumo prodotto da combustibili utilizzati
per cucinare o riscaldarsi. A questo si aggiunga l’inquinamento che
riguarda tutti, provocato dai mezzi di trasporto, dai fumi industriali, dalle
discariche che rendono acido il suolo e l’acqua, da fertilizzanti, fungicidi,
diserbanti, insetticidi e pesticidi tossici (n.20).
Come rispondere e agire da credenti in Cristo?
Una risposta di fede è stata quella di richiamare l’importanza della teologia
della creazione51che è l’architrave dell’enciclica.
Il mondo intero è stato creato da Dio che ha visto che tutto era “molto
buono” (Gn 1, 31), il verbo ebraico utilizzato dal narratore è il superlativo
assoluto, tutto era quindi bellissimo, possiamo aggiungere stupendo,
meraviglioso.
Il cielo, il mare, la terra, le creature che la abitano, quanto da Dio voluto,
ed esiste ha un significato unico ai suoi occhi.
Lui è all’inizio del processo creativo e attraverso la sua parola, dabar,
chiama ogni realtà all’esistenza. Questo termine ebraico indica che in Dio
vi è una potenza operativa che vuole manifestarsi e possiede una
dimensione dinamica e attiva: “Così sarà della parola uscita dalla mia

51
Cf. F. J. RUIZ PÉREZ, Creación y ecología, in J. J. TAMAYO (dir.) Nuevo diccionario de Teología, Madrid,
2005, 182-190; G. GNAKAN, Creation and Ecology, in W. A. DYRNESS – V. M. KӒRKKӒINEN (ed.), Global
Dictionary of Theology, Dowers Grove, Illinois - Nottingham, England, 2008, 207-214.
29
bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che
desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55, 11).
Dio crea attraverso la parola e ad essa corrisponde la realtà creata. Tutte le
realtà create hanno carattere di parola, sono parole dotate di esistenza,
attraverso le quali Dio parla, interpellandole perché dialoghino con lui e
con l’uomo perchè non le domini iniquamente.
L’ essere umano, infatti, creato ad immagine e somiglianza divina, fa parte
di questa comunità di vita. Esso è nel giardino voluto dal creatore, per
coltivarlo e prendersene cura (Gn 2, 15), non per distruggerlo.
Per i cristiani, poi, Gesù Cristo, è il centro e fondamento della fede e della
prassi della chiesa vissuta nel suo Spirito.
S. Paolo nella lettera agli Efesini, ci ricorda che Dio ci ha scelti in Cristo
prima della creazione del mondo, predestinandoci ad essere suoi figli
adottivi per opera di Gesù Cristo, nel quale vuole ricapitolare tutte le cose,
quelle del cielo come quelle della terra ( Ef 1, 1-15).
Ancora l’apostolo afferma nella prima lettera ai Corinzi che per noi c’è un
solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui. Vi è un solo
Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi
esistiamo grazie a lui (1Cor 8, 6).
Nella lettera ai Colossesi conferma che “Egli è immagine del Dio
invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create
tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili” (Col 1,
15-16).
Emerge una cristologia cosmica, un progetto divino del Padre di esprimere
il suo amore da sempre guardando al Figlio nella cui recezione vitale è
realizzata tutta la creazione. Esiste un rapporto ombelicale tra la natura e il
Cristo.
Egli non vi si confonde; pur rimanendo nella sua alterità ne fa trasparenza
della sua eterna vicinanza nello Spirito. La stessa creazione appartiene alle
grandi opere di Dio che tramite essa incomincia la sua azione
comunicativa del proprio amore. In Gesù essa ha il suo culmine e in lui
raggiunge il vertice e la pienezza definitiva.

30
Riflettere sull’ incarnazione di Cristo, sul suo ministero, le sue parole, i
suoi miracoli, la sua morte e resurrezione può produrre risposte stimolanti
per la nostra testimonianza di credenti e discepoli dentro la crisi ecologica.
Al centro della fede cristiana c'è la verità che in Gesù Cristo, Dio è
diventato un essere umano per redimere il mondo e realizzare una nuova
creazione a partire da quella originariamente voluta e frantumata dal
peccato umano.
Il vangelo di Giovanni esordisce nel prologo del suo vangelo, con “In
principio” (Εν ἀρχῇ) (Gv 1, 1), per dirci che si realizza un nuovo evento
quando il Verbo entra nella storia umana.
Anche il libro del Genesi incomincia con“Εν ἀρχῇ”, nella traduzione dei
Settanta, indicando l’atto creativo originario di Dio.
Il vangelo di Giovanni poi proclama: Il Verbo si è fatto carne e pose la sua
tenda tra noi (Gv 1, 14).
La Parola è la stessa auto-comunicazione di Dio, pronunciata dall'eternità.
La carne che egli fa sua integralmente, indica ciò che è materiale,
deperibile, vulnerabile, finito, l'esatto contrario di ciò che è divino secondo
la logica umana.
E’ questa una affermazione radicale: Dio è diventato un frammento
materiale, ha voluto liberamente incontrarci mescolandosi con gli elementi
terreni: il Verbo eterno non disdegna di unirsi alle componenti biologiche
della creazione fatta in lui e per mezzo di lui.
Lo narra anche il vangelo di Matteo nel racconto della annunciazione.
L’angelo conferma a Maria che ella, come aveva predetto il profeta Isaia,
sarebbe stata la vergine che nel ventre, en gastri, come dice il testo greco,
avrebbe avuto e partorito un figlio, chiamato Emmanuele, che significa
con noi è Dio (Mt 1, 23).
Il bimbo che deve nascere ha il suo habitat nel ventre della madre, Maria.
Il corpo di entrambe è pienamente interconnesso, ed è lo Spirito che crea
tale legame vitale, entrando nel corpo della Vergine.
Il Figlio eterno di Dio, si rannoda al corpo della madre per portare la
salvezza in tutte le dimensioni umane, compresa quella biologica e
naturale. La sua incarnazione è solidarietà col mondo biofisico.
31
Maria diventa madre perché nel suo grembo è generato il Figlio di Dio,
attraverso la sua corporeità specifica.
Dio si è unito personalmente al nostro mondo di peccato e sofferenza per
salvarci nella nostra umanità integrale connessa a tutta la creazione.
Le scoperte scientifiche hanno chiarito che la vita umana fa parte della
rete evolutiva della vita stessa su questo nostro pianeta che a sua volta fa
parte del sistema solare e di una lunga storia cosmica.
Questa consapevolezza della nostra storia naturale fornisce una nuova
visione del significato cosmico della carne che il Verbo ha fatto propria.
In Incarnation: on the scope and depth of Christology (Fortress 2015), a
collection of symposium papers which he edited, he presents the concept
of "deep Incarnation".Taking into account the fact that the human body
contains about 25 of the 118 elements in the periodic table;Tenendo conto
del fatto che il corpo umano contiene circa 25 dei 118 elementi nella
tavola periodicathat these elements were created by billions of years of
cosmological evolution; che questi elementi sono stati creati da miliardi di
anni di evoluzione cosmologica e that all lifeforms today are descended
from one unicellular organism that existed over 2 billion years ago; che
tutte le forme di vita di oggi discendono da un organismo unicellulare che
esisteva oltre 2 miliardi di anni fa52, Gregersen asserts that when the
Divine Logos became incarnate in Jesus of Nazareth, what was assumed
was not merely the flesh of a first-century Galilean Jew, but the 13.7

52

Circa 15 miliardi di anni fa, tutta la materia era racchiusa in una piccolissima sfera. Poi vi fu un'esposizione che gli
scienziati chiamano Big Bang. Questo espressione inglese significa grande esplosione. Ancora oggi gli scienziati non
sanno quale ne è stata la causa. Da questa esplosione si sono formati il sole e i pianeti, tra cui la terra. Questo processo è
stato molto lungo. Subito dopo questa esplosione, la materia e l’energia furono scaraventate nello spazio e per effetto
delle forse gravitazionali, le particelle che nello spazio erano disperse, cominciarono ad addensarsi dando origine ai
corpi celesti. Il sole si sarebbe formato circa 5 milioni di anni fa e la terra invece circa 4, 6 milioni di anni fa. L’universo
ha creato l’idrogeno e questi le stelle e tutto quello che abbiamo bisogno per vivere viene da esse.
All’inizio la terra era come una palla infuocata che si è poi progressivamente raffreddata, indurendosi e formando la
crosta terrestre. Il magma interno, fuoriuscendo, ha formato i vulcani da cui uscivano lava, gas e vapore acqueo, che
formando le nubi, diede vita a un lunghissimo periodo di piogge che portò al formarsi di mari e oceani. La terra era
ancora senza vita: le prime forme di quest’ultima si svilupparono circa 3 miliardi di anni fa nel mare con organismi
microscopici, chiamati batteri. Sempre nei mari si formarono in seguito stelle marine, spugne, alghe e meduse. La
scienza ci dice che sulla terra circa 350 milioni di anni fa si formarono piante, foreste, in seguito anfibi, poi rettili
giganteschi ed infine 5, 5 milioni di anni fa apparve l’ominide antenato dell’uomo, che prese la forma attuale 35.000
anni fa.
Cf. S. HAHKING, La teoria del tutto. Origine e destino dell’universo, Milano, 2015; Id., Le mie risposte alle grandi
domande, Milano, 2018; P. GRECO, L’origine dell’universo, Roma, 2017; J. D. BARROW, Le origini dell’universo.
Una breve storia dell’inizio, Milano, 2017.
32
billion years of cosmological and biological evolution encapsulated in that
Jew. diversi teologi sostengono che, quando la Parola divina si è incarnata
in Gesù di Nazareth, non ha assunto semplicemente la carne di un ebreo
galileo del I secolo, ma i circa 15 miliardi di anni di evoluzione
cosmologica e biologica incapsulati in quell'ebreo. The Incarnation is God
uniting in love with the whole of God's creation.
L'incarnazione è azione di Dio che unisce nell'amore tutta la sua creazione.
Likewise, the bodily Resurrection of Jesus is a foreshadowing not only of
the resurrection of all human beings, but of the restoration of the cosmos
itself, so eloquently proclaimed by Paul in Romans 8: 19-22.
Lo scienziato e teologo A. Peacocke ha affermato che ogni atomo di ferro
nel nostro sangue non sarebbe dentro di noi se non fosse stato prodotto in
qualche esplosione galattica miliardi di anni fa e alla fine non si fosse
condensato per formare il ferro nella crosta terrestre da cui è emerso 53.
Comprendere la specie umana come una parte intrinseca della materia
planetaria e cosmica ha implicazioni di vasta portata per il significato
dell'incarnazione. In questa prospettiva, la carne umana che il Verbo è
diventato, fa parte del vasto corpo cosmico.
Profonda incarnazione, è l’affermazione coniata dal teologo N.
Gregersen54, per esprimere questa azione divina radicale nel tessuto stesso
dell'esistenza biologica e del più ampio sistema della natura, anche se solo
gli esseri umani sono consapevoli che l’universo intero che Dio salva,
comprende mari, fiumi, fiori rocce e tutti gli elementi terrestri.
La Parola fatta carne, Gesù, coinvolge gli altri esseri umani e l'intero
mondo biologico delle creature viventi persino la polvere cosmica di cui
siamo composti55.
Questo modo di riflettere sull'incarnazione, fornisce alcuni dati teologici
importanti. Diventando carne, la parola di Dio conferisce benedizione a
tutta la realtà terrena nella sua dimensione materiale, e oltre quella, al
cosmo in cui la terra esiste.

53
A. PEACOCKE, Paths From Science Toward God. The End of all Our Exploring, London, 2001.
54
Cf. N. GREGERSEN, (ed.) Incarnation. On the scope and Depth of Christology, Minneapolis, 2015.
55
Cf. N. GREGERSEN, Christology, in M. S. NORTHOTT - P. M. SCOTT, Systematic Theology and Climate
Change, Ecumenical Perspectives, London – New York, 2014, 33-50.
33
Piuttosto che essere una barriera che ci allontana dal divino, il mondo
materiale diventa un sacramento che può rivelarne la presenza. Invece di
disprezzarlo dobbiamo allearci con il Dio vivente amandolo, poiché il
Verbo l’ha assunto in sé.
Gregersen riflette su Gesù che partecipa alla storia attraverso il suo corpo
in un contesto intergenerazionale. Il suo corpo biologico non possiede
un'esistenza indipendente come raccontano vangeli: non è una divinità
distaccata. Si muove geograficamente, si ferma, parla, mangia e beve. Il
suo corpo biologico è anche un corpo sociale nella misura in cui si
relaziona e dialoga con gli altri.
Agisce, mentre rappresenta Dio per le persone. È guidato dallo Spirito, ed
è sempre in relazione unica con il Padre.
La sua umanità, coscienza e l'attività sono sempre determinate da ambienti
naturali e culturali.
Gregersen nota come questi contesti sono una combinazione di dati
ecologici (deserti, laghi, fiumi, colline) e contesti sociali e culturali. Gesù
è immerso nella natura collegando storia, cultura, spazio e tempo.
In termini di umanità, Gregersen evidenzia la natura intergenerazionale di
Gesù, il suo essere inserito in un retaggio biofisico.
Questo legame può essere visto sia dal punto di vista dei suoi antenati
ebrei (l’evangelista Matteo nella genealogia, risale ad Abramo) sia da
quella dell'umanità comune (Luca nel suo vangelo, arriva nella descrizione
genealogica, fino ad Adamo).
Il riferimento non è semplicemente alle relazioni di parentela, ma
coinvolge le spirali evolutive della comunità umana, gli animali e le
piante, i sistemi ecologici.
Parlare di Cristo in tempo di cambiamenti climatici significa vederlo
all'interno di tutta l’evoluzione creaturale mentre annuncia un regno di
Dio che coinvolge tutte le generazioni anche future. Significativa è la
conclusione del vangelo di Matteo, dove egli, risorto, conferma che
rimarrà presente con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28, 20).

34
Di fondamentale importanza per la cristologia è equilibrare l’aspetto
temporale ed orizzontale con quello verticale della vita di Gesù. Se c'è solo
interesse per la sua storia ed umanità, si rischia di comprenderlo come un
individuo collocato in un passato irrecuperabile, eliminandone il nesso con
il cosmo.
Voler isolare aspetti del suo insegnamento o prassi, per stabilire un
minimo critico che corrisponda alla storicità della sua esistenza e
predicazione, è utile ma non risolutivo.

Ciò su cui è necessario insistere, è la costante relazione di Gesù con i suoi


contemporanei a cui offriva una visione della presenza del Padre, l’abbà,
nel mondo della creazione e una prassi di saggezza che dava sostanza al
regno di Dio. L’agire salvifico di Gesù è sempre stato in profonda
connessione con la corporeità e la terra.
Al centro sia della sua parola quanto delle sue azioni vi era la convinzione
che il regno di Dio fosse assolutamente vicino.
Questo simbolo di matrice ebraica, come vedremo, indica il momento in
cui Dio finalmente regna sui poteri delle tenebre, in modo che la volontà
divina sia compia sulla terra come in cielo. Il ministero di Gesù rivela
concretamente cosa significa questo: la salvezza, la fine del peccato, della
sofferenza e morte, il fiorire di tutte le creature.
Ciò include la dimensione fisica e biologica, poiché, come mostrano i
racconti dei vangeli, i corpi contano per Dio, tutti: non solo quelli pieni di
vita ma anche quelli danneggiati, violati, affamati, morenti; e non solo
quelli del genere umano, ma anche quelli del resto della creazione.
L'amore, come Gesù lo ha concretizzato e vissuto, fino al dono totale della
propria esistenza, è il significato codificato nel cuore dell'universo stesso.
L'intento originale e ultimo del Dio creatore e misericordioso è la pienezza
di vita, non solo per l’umanità, ma per tutti, compresi gli esseri non umani
e tutta la realtà planetaria.
Questa prospettiva ci spinge a ritrovare nel vangeli le tracce necessarie per
seguire Gesù, per difendere e curare la casa comune, questa nostra terra

35
madre nella quale siamo interconnessi poiché proveniamo da un’unica
fonte, Dio, camminando verso di lui, origine e senso del nostro esistere.

2. Elementi ecologici significativi nel Vangelo di Giovanni


Possiamo partendo dal vangelo di Giovanni, il cui prologo ha ispirato
l’idea di incarnazione profonda, ritrovare elementi che facciano
comprendere quanto Gesù non solo è il salvatore assoluto, ma anche colui
che il Padre invia come paradigma della autentica partecipazione umana
alla cura della creazione divina.
Nelle sette espressioni io sono, pronunciate da Gesù e che ritroviamo nel
vangelo di Giovanni, egli esprime la sua coscienza salvifica, l’essere sullo
stesso piano di Dio, paragonandosi non solo a figure umane come il
pastore, ma anche a realtà umane inanimate.
Egli si paragona alla porta; essa permette di entrare in lui e uscire dopo
averne esperimentato la salvezza da portare al mondo (Gv 10, 9).
In gran parte sono elementi vegetali, naturali e vitali che nella sua
predicazione Cristo adopera per esprimere la sua intima natura, il rapporto
unico con il Padre, la sua missione di salvezza e auto-sacrificio per liberare
il mondo dal peccato e dalla morte.
Se quindi Gesù è il Figlio eterno e la piena rivelazione di Dio, la
simbologia creaturale che gli viene attribuita o che egli utilizza, sta a
significare che tutta la creazione entra nella logica della salvezza o della
“divinizzazione”, come sostengono i fratelli cristiani ortodossi 56. Le
immagini che Gesù fa sue, non sono espedienti linguistici, ma stanno
dimostrare che c’è interrelazione profonda tra lui e il creato57.

56
Cf. J. CHRYSSAVGIS – B. V. FOLZ, Toward an Ecology Transfiguration: Orthodox Christian Perspectives on
Environment, Nature, and Creation, New York, 2013.
57
M. DALY – DENTON, John: An Earth Bible Commentary. Supposing Him to Be Gardener, London - New York,
2017.
36
Questo tipo di rilettura è tentativo legittimo di ritrovare dentro la
ricchezza di significati della Parola eterna fatta carne, elementi che
spingano nella direzione di una collaborazione umana orientata dalla fede
e alimentata dai sacramenti, al progetto redentore di Dio per non
distruggere il suo dono, la creazione. Questo è doveroso per i discepoli di
Gesù che vivono nell’oggi, la preoccupante crisi ecologica.

2.1 Gesù, l’agnello di Dio


Per capire perché il titolo “agnello di Dio” è usato per Cristo, dobbiamo
risalire alla celebrazione della Pasqua ebraica. La notte della liberazione, le
case segnate dal sangue dell’agnello vennero risparmiate dall’angelo
sterminatore (Es 12, 13-14). I profeti avevano poi utilizzato questa
immagine per descrivere il messia. In questo caso il titolo gli è attribuito
nel vanglo, a differenza delle similitudini successive che provengono da
Gesù stesso.
Isaia afferma che l’inviato di Dio, sebbene trattato duramente, si sarebbe
sottomesso senza aprire bocca; come un agnello condotto al macello o una
pecora davanti al tosatore (Isaia 53, 7). L’immagine ha una duplice
valenza: il messia è, sia l'agnello sacrificale che porta su di sé il peccato
del mondo, quanto il servo sofferente.
Gesù è identificato specificamente come l'agnello di Dio in entrambi i
significati.

37
Mentre Giovanni il battezzatore, sta proclamando la venuta del messia al
fiume Giordano, vede Gesù e lo indica come l'agnello di Dio che toglie il
peccato del mondo (Gv 1, 29 ).
L'immagine diventa ancor più significativa nei racconti della passione.
Giovanni evangelista, ricorda che Pilato condannò Gesù a morte nel giorno
della preparazione per la Pasqua, a mezzogiorno (Gv 18, 28; 19,14 ), l'ora
nella quale i sacerdoti cominciavano a uccidere gli agnelli pasquali nel
tempio. Dopo la crocifissione annota che non ne spezzarono le ossa in
adempimento delle Scritture (Gv 19, 36); questo in riferimento a Esodo
(12, 469 e Numeri (9,12) dove si dichiara che nessun osso dell'agnello
pasquale doveva essere rotto.
Il sacrifico di Cristo, ovvero l’offerta definiva della sua vita, elimina la
struttura religiosa del sacrificio. Non c’è sacrificio di vittime umane
anzitutto, ma anche di animali che Dio gradisca o che serva per rendergli
onore.
Tant’è vero che Gesù stesso nel gesto provocatorio della cacciata dal
tempio dei profanatori, narrato dai vangeli sinottici (Mc 11, 15-19; Mt 21,
12-17; Lc 19, 45-48) espelle i cambiavalute ma anche, liberandoli, pecore
buoi e colombe, restituendoli alla loro vita biologica, non associandoli più
ad uccisioni legate al culto nel tempio.
Tutto questo introduce la problematica del rispetto delle creature viventi
non umane58. La prospettiva è complessa, poiché richiede di evitare il
rischio di estremismi anche in campo ecologico.
Animali e piante servono per la vita umana, anche se andrebbe eliminata
la voracità e lo scandaloso consumo di specie che ancor oggi caratterizza
l’attività umana ed economica. Purtroppo la ricerca spasmodica del
guadagno cancella ogni preoccupazione su questo problema.
In primo luogo, dobbiamo presentare una visione che metta comunque i
bisogni dell'uomo davanti ai bisogni di altre forme di vita. Questo non
significa che le persone le debbano tiranneggiare. Entra qui in gioco il
tema della biodiversità che l’agire irresponsabile dell’uomo sta
cancellando.
58
Cf. R.BAUCKHAM, Living with other creatures. Green Exegesis and Theology, Waco, Texas, 2011.
38
E’ una problematica presente in modo significativo nell’enciclica Laudato
si’. Le creature tendono verso Dio, e a loro volta è appropriato che ogni
essere vivente tenda verso altre cose, in modo che in tutto l'universo
possiamo trovare un numero di relazioni costanti e segretamente
intrecciate.

Questo, continua l’enciclica, ci porta non solo ad ammirare le molteplici


connessioni esistenti tra le creature, ma anche a scoprire una chiave per
la nostra realizzazione.

La persona umana cresce di più, matura di più e si santifica di più nella


misura in cui entra in relazione, uscendo da se stessa per vivere in
comunione con Dio, con gli altri e con tutto il creato.

In questo modo, fa proprio quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso


in loro nell’atto creativo. Tutto è interconnesso e questo ci invita a
sviluppare una spiritualità di solidarietà globale che scaturisce dal
mistero della Trinità.
Tutte le creature nel loro insieme lodano il Signore, servono per il bene
dell’uomo stesso. It is a great irony that, as we examine complex and
essential ecological relationships, ecology may turn out to be a significant
challenge to the evolutionary ideas that ecological studies were first
undertaken to support.No organism lives independently, but both gives to
and takes from its environment.Nessun organismo vive in modo
indipendente, ma dà e prende dal suo ambiente: Thus, there is a range of
interdependent organisms.c'è una gamma di organismi interdipendenti In
the words of Baskin, 'It is this lavish array of organisms that we call
“biodiversity”, an intricately linked web of living things whose activities
work in concert to make the earth a uniquely habitable planet.' che
chiamiamo biodiversità, ovvero una rete di esseri viventi e strettamente
collegati le cui attività lavorano in concerto e rendono la terra un pianeta
unico.

39
11 Just as a body depends upon division of labour among cells, so an
ecosystem depends upon division of labour across a diversity of
organisms.Proprio come un corpo dipende dalla divisione dell’attività
cellulare, così un ecosistema dipende dalla divisione delle attività tramite
una diversità di organismi. Without biodiversity services, there would be
no ecosystem and probably no life.Senza la biodiversità, non ci sarebbe
nessun ecosistema e probabilmente nessun sistema di vita. Thus,
biodiversity studies look at entire ecosystems.

Dobbiamo interrogarci seriamente sul perché la biodiversità è importante:


essa avvantaggia gli esseri umani ed è essenziale per il futuro della nostra
specie.

Un primo aspetto su cui ragionare è che tutti gli esseri viventi hanno un
valore intrinseco e non solo strumentale. La loro distruzione, a volte
inevitabile, non dovrebbe mai essere presa alla leggera.

Le ragioni possono essere lecite: il nostro bisogno di cibo, per esempio.


Ma non dovremmo mai sottovalutarne il costo e fare tutto il possibile per
rendere ciò meno irrilevante piuttosto che distruggere altre specie solo per
profitto o addirittura crudeltà.

Un altro argomento valido si fonda sull’idea della relazione. La specie


umana non è separata ma invece strettamente e intimamente connessa a
tutto il resto. La distruzione di una qualsiasi delle sue specie della biosfera,
è come una diminuzione di noi stessi.

Il senso di relazione ha due dimensioni. Una è di tipo genetico. Siamo


affini agli altri esseri viventi. Abbiamo una discendenza comune che si è
impressa in elementi genetici simili con le altre specie a cui siamo legati.

La seconda è ontologica. Stiamo sempre più realizzando che le singole


entità, inclusi gli esseri umani, non esistono al di fuori delle relazioni con
tutto il resto. Siamo costituiti dalle nostre relazioni. Naturalmente, molte
di esse, in genere le più importanti, sono con altri esseri umani. Siamo
40
anche legati al mondo intero, alle realtà inanimate e animate. Sentire
propria questa relazione non è sentimentalismo, ma verità. Ciò deve
portare alla ammirazione per la gratuità e bellezza del creato.

Questo contrasta con la nostra cultura utilitaristica che pone gli esseri
umani al di sopra e al di fuori della natura. Solo la ricchezza materiale
sembra contare davvero. Riflettere sulla biodiversità ci reintegra nella rete
della vita, ci rende più riflessivi e quindi accresce in noi il senso del valore
ambientale59.

Dal nostro punto di vista di credenti, l'importanza della biodiversità


riflette il riconoscimento che il tutto è davvero molto più della somma
delle sue parti. Gli esseri umani percepiscono che ogni creatura e specie,
dà il suo contributo alla ricchezza dell'esperienza inclusiva voluta dal Dio
trinitario60. Per Dio, ogni specie ha valore. Ci sbagliamo quando le
trattiamo come se esistessero solo per il nostro interesse e come se
potessero essere distrutte con impunità quando è conveniente per noi
farlo61.

Considerando il primo capitolo del Genesi, ci sono state interpretazioni


utilizzate per giustificare una modalità di relazione umana nei confronti
delle altre creature che è stata anche distruttiva.

Dio ha creato tutte le cose e ha visto che erano buone. Non vi è alcun
suggerimento in merito al fatto che fossero buone perché sarebbero state
utili agli esseri umani. Lo erano in se stesse e contribuivano così al
compiacimento divino. Nello specifico, la storia dice che Dio le ha
benedette, considerandole frutto del proprio amore generativo.

Ora è vero che gli esseri umani sono presentati in una luce speciale.
Siamo una specie tra le altre, ma siamo anche più di questo. Siamo quella
specie che è fatta a immagine di Dio, e questo è strettamente correlato
all'asserzione che Dio ci ha dato il dominio su altri esseri viventi.
59
Cf. S. MANCUSO – C. PETRINI, Biodiversi, Firenze - Bra (Cn), 2015.
60
Cf. A. PRIMAVESI, Cultivating Unity. Within the Biodiversity of God, Salem, Oregon, 2011.
61
Cf. D. EDWARDS – M. WORTHING, Biodiversity & Ecology . An Interdisciplinary Challenge, Adelaide, 2004.
41
Purtroppo nella storia questo asserto è stato interpretato in modo che gli
esseri umani si siano sentiti liberi di usare e distruggere altri viventi o
l’habitat naturale a loro piacimento: questa interpretazione deve essere
fortemente respinta.

Gli esseri umani sono posti in una posizione particolare rispetto ad altre
creature simile a quella che Dio opera in relazione all'intera creazione.
Dio ha il dominio su tutto, ma lo esercita come servizio per il bene di tutte
le cose. Anzi in Gesù si rivela come colui che serve e si pone all’ultimo
posto per far spazio all’altro fino al sacrifico estremo accettato per amore.

Riconosce a noi esseri umani l’uso di un potere che è però responsabile


servizio, sulle altre creature. Se centinaia di migliaia di specie possono
sopravvivere, dipende dalle nostre decisioni62.

Essere teocentrici, come è il cristianesimo, non implica mettere tutta la vita


creata allo stesso livello. Un modo positivo di raffigurare le cose potrebbe
essere quello di immaginare cerchi concentrici di priorità, con Dio al
centro evidentemente, l'uomo nel secondo cerchio verso l'esterno e le altre
forme di vita in altri cerchi concentrici che si irradiano ulteriormente.
Questa è la prospettiva insita nell’enciclica Laudato si’.

Da un punto di vista teologico, conferma l’enciclica, la preoccupazione per


le specie non umane ha le sue basi nella convinzione che sono state create
da Dio. Il mondo naturale è fondamentalmente buono, anche se è
imperfetto e rovinato dal peccato.
La volontà di Dio insita nella creazione ci chiede di considerare tutte le
specie come eticamente da valutare, evitando, quando è possibile,
interferenze con i processi naturali degli ecosistemi.
Azioni che interferiscono irresponsabilmente con l'ordine della natura
possono avere conseguenze negative come vediamo nella estremizzazione
di fenomeni atmosferici.

62
Cf. K. J. O’ BRIEN, An Ethics of Biodiversity. Christianity, Ecology, and the Variety of Life, Washington, D. C.
2010.
42
Dobbiamo renderci conto che già si è abusato fin troppo degli ecosistemi e
abbiamo una responsabilità gravosa per la loro futura esistenza e
benessere.
Tuttavia, rispettare le altre specie non implica necessariamente che
dovremmo sempre evitare azioni che possono limitare la loro esistenza.

Potremmo essere costretti al contenimento di specie per salvaguardare il


benessere delle popolazioni umane. Da un punto di vista teologico tali
azioni possono essere considerate legittime se crediamo che l’intervento e
la cultura umana fanno parte della volontà di Dio che ci ha resi liberi di
agire, seguendo però la sua legge.
Tuttavia, dobbiamo riconoscere che tali interventi sono moralmente
problematici e non possono essere eseguiti senza un'attenta riflessione.
In questo contesto la virtù del rispetto è connessa con la virtù della
prudenza poiché essa è richiesta per giudicare come gli interessi umani
debbano essere valutati in relazione agli interessi delle specie non umane.
La prudenza e la saggezza sono fondamentali per un'etica cristiana delle
virtù ambientali. La saggezza ci dice come dobbiamo guardare alla natura
nel contesto del piano di Dio creatore, mentre la prudenza ci suggerisce
come risolvere i problemi pratici con attenzione e benevolenza per quanto
è possibile per l’intero ecosistema.
Da ciò deriva come imperativo categorico la responsabilità verso Dio e
verso quanto ha liberamente voluto creare. Eliminare inutilmente intere
specie su cui esercitiamo la gestione, per egoismo, sete di denaro o
cattiveria, è tradire l’adesione a Dio. È un peccato grave contro il nostro
Creatore63.

2.2 Gesù acqua eternamente vivente

63
Cf. R. E. SHORE-GOSS, God is Green. An Eco-Spirituality of Incarnate Compassion, Eugene, Oregon, 2016.
43
South Africa recently experienced one of its worst droughts.Molte zone
del pianeta soffrono periodi di siccità. Water, andspecifically thelack of
water – or how the experience of thirst performsLa mancanza di acqua con
tutti i problemi annessi interrogano l’etica ma anche la teologia, in quanto
essa a che fare con la vita umana e la fonte dell’esistenza è Dio stesso,
Trinità d’amore. and not simply life, butabundant life.L'acqua è donatrice
di vita così che without water there is no life” (De Gruchy 2010:198).senza
di essa non c'è assolutamente possibilità che si sviluppi. Moreover, “all life
L’acqua, dono di Dio, usata male e sfruttata da pochi per dominare molti,
diventa anche strumento di morte. Pensiamo nell’oggi all’inquinamento
delle falde acquifere, dei fiumi e dei mari, ridotti a ricettacolo di
immondizie e saturi di plastica.
First, the supply of fresh water is limited.Innanzitutto, la fornitura di acqua
dolce è limitata Secondly,fresh water is unevenly distributed throughout
the world.e non è distribuita in modo uniforme in tutto il mondo; inoltre, la
maggior parte delavailable fresh water is used in industrial agriculture, or
to grow food.l' acqua dolce disponibile viene utilizzata nell'agricoltura
industriale o per coltivare cibo. Fourthly,
He draws the conclusion that choleraSono i poveri, quelli che senza poter
adoperare clean water and proper sanitation – who suffer most, and water
causes death.acqua pulita e servizi igienici adeguati, soffrono di più per la
sua carenza e ciò causa morte, In John 4, a thirsty Jesus17 approaches a
Samaritan woman and asks herNel suo vangelo, Giovanni, al capitolo
quarto, parla di Gesù che si avvicina a una donna samaritana chiedendole
for a drink of water.da bere.
Yet this is no simple or straightforward request.17 Although the text itself
does not refer to Jesus' thirst, but rather to his weariness Il testo non fa
riferimento alla sete di Gesù, ma piuttosto alla sua stanchezza or tiredness
(κεκοπιακώς; John 4:6), Moore interprets the conversation about(Gv 4, 6)
ma è possibile interpretare la conversazione sulla thirst, between the
Samaritan woman and Jesus,vis-à-vis Jesus' thirst on thesete, tra la donna
44
samaritana e Gesù, come la ricerca da parte del discepolo,dell’acqua della
vita autentica, che spegne la The significance of the“water of life” is
defined exactly in the characteristic or ability to satisfythirstpermanently –
a quality that the water in the well does not share.sete in modo
permanente, una qualità che l'acqua nel pozzo di Giacobbe, non può fare.
It is worth considering some of the many meanings of the “living water”–
that is the topic of conversation between Jesus and the SamaritanGesù dice
alla donna che se davvero avesse conosciuto l’identità di colui che le ha
domandato da bere, lei stessa gliela avrebbe domandata e lui le avrebbe
dato acqua vivente.
Le parole woman – in greater detail.20 The New Interpreter's Bible notes
that ὕδωρ ζῶν ὕδωρ ζῶν, (hudor zon), acqua vivente, (John 4:10) may
have two possible meanings, namely “fresh, running(Gv 4, 10) possono
avere due significati possibili, vale a dire, fresca, in riferimento all’water”
(such as spring water) or “life-giving water” (Keck 1995:566).acqua
proveniente da una sorgente, o acqua che dà la vita, sempre così necessaria
anche presso i popoli mediorientali afflitti da forti siccità.
Perhaps both meanings are intended in this instance (Keck
1995:566).Forse entrambi i significati sono presenti nel testo. Indeed,
throughout the Bible, “living water” “is water that moves, is fresh,In
effetti, in tutta la Bibbia, l’acqua viva è l’acqua che è fresca and flows
from springs, as against stagnant water from cisterns or jugs”e scorre da
sorgenti pure. Yet the Samaritan woman wonders where one can get this
living waterLa donna samaritana chiede dove si possa prendere
quest'acqua vivente.
(John 4:12).In response to her question, Jesus portrays water not only asIn
risposta alla domanda della donna, Gesù presenta l'acqua non solo come
life, but also as a gift freely given.vita, ma anche come dono totalmente
gratuito. On the one hand, this story illustratesthe giver of the gift.The
water of life is the gift that Jesus gives (ἐγὼ δώσω),23L'acqua della vita è
il dono che Gesù darà (Gv 4, 14), whereas the water in the well is the gift
45
that Jacob gave (Ngewa 2006:1259).mentre l'acqua del pozzo è il dono che
Giacobbe ha dato.
Alternatively, Jesus is the gift of God who, in turn, gives the water of
lifeGesù è il vero e insuperabile dono di Dio che, a sua volta, offre
l'acqua della vita vera. (Haenchen 1984:220).On the other hand, the story
also points to that whichthe gift itself gives.The water from the well gives
temporary relief fromL'acqua dal pozzo dà un sollievo temporaneo alla
thirst (John 4:13), whereas the water of life gives eternal life (John
4:14)sete mentre l'acqua che è Gesù estingue per sempre quella interiore e
profonda.
(Ngewa 2006:1260).24 In short, the water of life is a gift given, for God
givesDio ci dona Jesus whogives water that gives life (Keck
1995:566).Gesù che a sua volta ci offre l' acqua che dà vita, lui stesso. In
this instance, theDissetati da lui siamo in grado di dissetare gli altri. to
expression in the rhetorical ambiguity of the water of life.In short,
“thedrink given is the gospel” (Eusebius of Caesarea) (Elowsky 2006:149)
andthe sacrament of baptism is the remedy of salvation (Ceasarius of
Arles)However, the issue in this instance is not only the salvation that
Godgives, but also the Samaritan woman as amediator of salvation .This
is, of course, fulfilled when the Samaritan woman brings her city toLa
donna samaritana porta nel suo villaggio la notizia della fede: “Che sia lui
il Cristo?” (Gv 4, 29). Un invito ad accoglierlo nella propria esistenza
come salvatore del mondo.
Inoltre Gesù, pregato dai discepoli di mangiare, afferma che suo cibo è
fare la volontà del Padre e invita ad alzare gli occhi e a osservare i campi
bianchi per la mietitura. Uno sguardo tenero e veritiero sulla natura da
parte di Gesù, attento ai processi naturali, alla raccolta che unisce nella
gioia e nel godimento del frutto per la vita eterna, sia chi semina quanto
chi miete (Gv 4, 34-38).
but she is also sanctified by faith in Christ (Maximus of Turin)
(Elowskysuch as the Samaritan woman (Eusebius of Ceasarea) (Elowsky
46
2006:149).Again, the living water points to the water of baptism, which
justifies theTorniamo al tema dell’acqua viva: essa ci richiama anche il
battesimo che giustifica il sinner and vivifies the saved (Maximus of
Turin) (Elowsky 2006:153).peccatore e vivifica il salvato. E’ elemento
sacramentale importante che ci dimostra il legame inscindibile tra
creazione e salvezza storica.
Non possiamo però, di fronte ai gravi problemi ecologici legati all’acqua,
fermarci solo a una interpretazione spirituale e sacramentale dell’episodio
della samaritana.
Dissetati di lui dobbiamo portare l’acqua viva dello Spirito ai fratelli ma
garantire che essi abbiano anche l’acqua materiale per le necessità basiche
dell’esistenza, in quanto la stessa acqua sacramentalmente utilizzata e
naturalmente donata all’umanità, è veicolo indistruttibile di contatto con il
Dio trinitario, da testimoniare nel mondo come origine e fonte
dell’amore.offers.
A livello globale, le persone che sopportano il peso della scarsità di acqua
dolce sono quelle che vivono in situazioni di povertà.
L'Organizzazione mondiale della sanità segnala già da tempo che 1,1
miliardi di persone in tutto il mondo non hanno accesso all'acqua potabile
e che questo numero aumenterà rapidamente nei prossimi decenni. Oltre
2,6 miliardi di persone, non hanno acqua pulita per bere e servizi igienici,
il che porta a malattie ed infezioni e a morti diffuse provenienti proprio
dall’acqua infetta.
Mancano di acqua non per colpa loro, ma piuttosto come risultato della
situazione in cui vivono. Non è una situazione scelta, ma è qualcosa che
circoscrive le possibilità vitali a disposizione degli individui e delle società
più esposte.
Le donne e i bambini sono generalmente incaricati di procurarsi acqua per
usi domestici. Quando i pozzi si asciugano o quando i flussi o altre fonti
sono inquinati, il lavoro può richiedere molto tempo e essere estenuante
fisicamente.
47
In questa logica la samaritana diviene icona di tutte le donne che vanno a
prendere acqua per la vita della famiglia con sacrificio e fatica.
Le donne non portano l'acqua perché scelgono di farlo. Sono responsabili
per l'acqua perché nascono come femmine in contesti economici senza
fonti di acqua potabile affidabili, e vivendo in condizioni di povertà
sopportano alcuni degli oneri più pesanti dell'inquinamento e della scarsità
di acqua dolce.
La notizia del Vangelo è che l'acqua della vita è dono di Dio e che siamo
chiamati come discepoli ad essere testimoni di Cristo, fonte inesauribile
della vita dentro una economia e ambiente segnati dalla morte dovuta alla
carenza di acqua, sottratta ai poveri per lucro e sete di profitto.
Una teologia dell’acqua, è una teologia della sua conservazione a tutti i
livelli e che insegna che tutta l'acqua, è preziosa e sacra64.
Si tratta di allargare lo sguardo alla immensa distesa d’acqua che avvolge
la terra: più del 70% della sua superficie. Che ne abbiamo fatto dei mari e
degli oceani? Anche Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’ invita
ad una governante etica della superficie marina (n. 174).
Si parla di riscaldamento degli oceani, di sbiancamento dei coralli ma
soprattutto si deve porre l’attenzione sul caos causato dalla plastica
nell'ecosistema. L'enorme quantità di spazzatura negli oceani soffoca
creature marine di tutte le forme e dimensioni.
Le caratteristiche principali della plastica sono la sua qualità leggera per le
sue dimensioni e la sua malleabilità quasi infinita. Scoprire come ordinare
le molecole in questi modi è stato una abilità umana che ci ha permesso di
prosperare e di creare una rivoluzione nello stoccaggio sanitario e nel
trasporto di cibo e acqua.
Ma purtroppo vediamo le conseguenze: oceani pieno di spazzatura. Ci
siamo affrettati a prosperare avendo cibo e acqua più facilmente a portata
di mano senza considerare come amministrare bene questa nuova scoperta.

64
Cf. M. SROKOSZ & R. S. WATSON, Blue Planet, Blue God. The Bible and the Sea, London, 2017.
48
Il mare ha un ruolo significativo nella vita del popolo di Dio, come si vede
nella Bibbia, e svolge anche una parte significativa, direttamente o
indirettamente, in tutte le nostre vite.
La sua importanza può essere vista in relazione alla nostra salute, al nostro
clima, al nostro commercio, a ciò che mangiamo e a quasi ogni aspetto
della nostra vita. E’ degno quindi di essere rispettato e non degradato a
discarica senza scrupoli.
Pensiamo anche alla quantità di plastica non solo che diventa rifiuto ma
che, dicono gli scienziati, ingeriamo tra cibi e bevande, ogni settimana,
circa cinque grammi, corrispondenti al peso di una carta di credito.
L'inquinamento da microplastiche ovvero particelle di plastica di
dimensioni inferiori a cinque millimetri è pericolosissimo per la persona
umana ma anche per l’ambiente: impregna il suolo di sostanze chimiche
nocive e ha un impatto negativo sulla salute della fauna65.
Le microplastiche primarie sono quelle rilasciate direttamente
nell'ambiente sotto forma di piccole particelle, mentre quelle secondarie
derivano dalla degradazione di plastiche più grandi (come i sacchetti di
plastica), ma in ogni caso prendono il sopravvento sull’ambiente
circostante e sembra non ci sia modo di evitarle66.
65
Cf. W. McCALLUM, Vivere senza plastica. Una guida per cambiare il mondo, una bottiglia di plastica alla volta,
Milano, 2019.

66
Nel mondo, le isole di plastica che hanno raggiunto dimensioni allarmant,i sono ben sei. Ecco una classifica a ritroso
delle più importanti “Garbage Patch” (chiazza di spazzatura): Artic Garbage Patch Scoperta nel 2013, si trova nel
mare di Barents in prossimità del circolo polare artico. È l’isola di plastica più piccola e più recente. I detriti che la
compongono provengono dall’Europa e dalle coste del Nord America. 5. Indian Ocean Garbage Patc. Anche se la sua
esistenza era stata ipotizzata fin dal 1988, è stata scoperta nel 2010. Quest’isola si estende per più di 2 km, con una
densità di 10 mila detriti per km2.4. South Atlantic Garbage Patch. Da poco documentata, si trova tra l’America del
Sud e l’Africa meridionale. Si estende per oltre 1 milione di km2 e viene mossa dalla corrente oceanica sud atlantica. 3.
North Atlantic Garbage Patch Scoperta nel 1972, è la seconda isola più grande per estensione, (stimata sui 4 milioni di
km2). È però famosa per l’alta densità di rifiuti: ben 200 mila detriti per km2. Viene mossa dalla corrente oceanica nord
atlantica 2. South Pacific Garbage Patch Scoperta recentemente al largo del Cile e del Perù, è grande 8 volte l’Italia. Ha
una superficie che si aggira intorno ai 2,6 milioni di km2 e contiene prevalentemente microframmenti di materie
plastiche. . Great Pacific Garbage Patch. Al primo posto troviamo la più tristemente famosa: la Great Pacific Garbage
Patch, chiamata anche “Pacific Trash Vortex”. La sua esistenza è nota già dagli anni ’80, ma la sua scoperta risale al
1997, quando il velista Charles Moore si trovò circondato da milioni di pezzi di plastica, durante una gara in barca dalle
Hawaii alla California. Si trova nell’oceano Pacifico, tra la California e l’Arcipelago Hawaiano, e si sposta seguendo la
corrente oceanica del vortice subtropicale del Nord Pacifico. Ha un’età di oltre 60 anni ed è l’isola di spazzatura più
grande al mondo. Le sue dimensioni sono immense: si stima che potrebbe occupare dai 700 mila km2 fino ai 10 milioni
di km2. In pratica quanto la Penisola Iberica, o gli Stati Uniti d’America. La concentrazione massima raggiunge un
milione di rifiuti per km2, per un totale di immondizia che oscilla tra i 3 e i 100 milioni di tonnellate di rifiuti
complessivi. Questa grande chiazza è composta prevalentemente da plastica, metalli leggeri e residui organici in
decomposizione. Ma la plastica è l’elemento predominante. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente
49
Il messaggio biblico offre spunti per trasformare la nostra avidità e
indifferenza nei confronti dell’acqua, richiamandoci che, essendo dono di
Dio deve essere preservata e condivisa equamente, mai sprecata
inutilmente e protetta a livello di oceani e mari intasati da rifiuti che ne
alterano l’ecosistema.
Gli oceani e le acque a volte sono simbolo del caos nei testi biblici, ma
sono anche associati ai flussi vivificanti, al sostentamento, all'abbondanza
al piacere divino e al gioco amoroso.
Tutto quanto è creato è dono da custodire e sostenere per il bene della
umanità, lodando in questo modo il Dio della vita che desidera attraverso
la creazione donarci felicità e gioia.
Distruggere l’ecosistema degli oceani è peccato mortale, in quanto rifiuto
del Dio vivente che porta morte e mutilazione disumana dei suoi doni67.
Dare vita, è il senso definitivo dell’amore di Dio. Nel prologo del vangelo,
Giovanni, sottolinea che Gesù, Parola fatta carne, offre la vita. Questa è
un'idea estremamente importante: l’ evangelista ci dice anche che egli ha
riportato i segni fatti da Gesù, affinché si creda che Gesù è il Cristo, il
Figlio di Dio, e credendo, si possa avere la vita nel suo nome (Gv 20, 31).
Giovanni usa la parola vita quarantasette volte nel suo vangelo. La
maggior parte è in relazione alla vita che Cristo offre, e la definisce “vita
eterna”.
La vita eterna inizia ora. Dare vita significa nell’oggi, preservarla a livello
umano e ambientale, impedirne la distruzione peccaminosa. La lotta per
l’acqua pura e a disposizione di tutti, particolarmente dei più vulnerabili è
anche un gesto di cooperazione e impegno comune a tutte le religioni, per
le quali oltre che essere elemento vitale, è simbolo di incontro con Dio,
creatore e donatore di vita68.

(Unep), l’isola di rifiuti del Pacifico, starebbe crescendo molto in fretta, alimentata da circa una tonnellata di rifiuti al
giorno, tanto che presto potrebbe essere visibile anche dallo spazio. in www.savethepalnet.green.

67
Cf. C. ZENNER, Just Water. Theology, Ethics, and Fresh Water Crises. Revised edition, New York, 2018.
68
Cf. E. MCANALLY, Loving Water across Religions. Contributions to an Integral Water Ethic, New York, 2019.
50
2. 3 Gesù pane e carne: nutrimento per il creato
Gesù, narra Giovanni, nel capitolo sesto del suo vangelo, passa all’altra
riva del lago e attraverso un gesto straordinario, dà il cibo necessario per
le folle bisognose: nella condivisione di pochi alimenti, crea vera
abbondanza.
Dopo aver sfamato la gente, vengono raccolti i pezzi avanzati. Il cibo,
dono di Dio, non deve essere sprecato e la natura non forzata per produrne
in eccesso, distruggendo poi insensatamente le eccedenze.
E’ lo stesso Gesù che si propone come pane della vita, nutrimento vero,
manna definitiva, dono di Dio irreversibile. Chi si avvicina a lui con fede
ora viene accolto e non scacciato come Adamo che agli inizi della
creazione volle mangiare dell’albero della vita (Gn 3, 22).
Il Figlio fatto uomo reintegra nella creazione coloro che ne ascoltano la
parola (Gv 6, 37). Uniti a lui, è possibile ricostruire le relazioni umane e
comunitarie con l’ambiente, secondo la logica stessa di Dio, rifiutata dal
primo Adamo.
Esiste una reale degenerazione anche nella pur necessaria attività umana
del procurasi il cibo. Da un lato ve n’è troppo e viene sprecato e dall’altro
vi è ancora chi ne soffre per la mancanza. Inoltre, per produrlo non ci si fa
scrupolo, usando la terra solo per scopi di lucro, alterando, ad esempio,
l’immenso polmone verde dell’Amazzonia, distruggendone le foreste 69.

69
Cf. K.ERWIN, Ho udito il grido dell’Amazzonia. Diritti umani e creato. La mia lotta di vescovo, Bologna, 2015.
51
Gesù insiste poi sulla necessità di nutrirsi della sua carne e del suo sangue.
Vi è adombrato nel testo il discorso eucaristico, ma tale insistenza indica
che la comunione col Verbo incarnato passa dalla materialità
dell’esistenza. La fisicità concreta è realmente e non solo simbolicamente,
la presenza misericordiosa di Dio in Gesù per mezzo dello Spirito.
Di fronte alla reazione scandalizzata degli ebrei, Cristo afferma che solo
lo Spirito permette di capire questa dinamica umanamente incomprensibile
e scandalosa.
E’ dunque lo Spirito che collegherà sempre Cristo alla creazione nella sua
corporeità e materialità, sostenendone l’esistenza. Tale soffio vitale
alimenta l’essere di ogni creatura, incoraggia l’impegno di chi lotta contro
le forze distruttive dell’ambiente.
Possiamo sviluppare una breve riflessione riguardo l’azione dello Spirito
dentro l’ambito della creazione e della sua conservazione70. First , it allows
us to have a broad and generous vision of the presence of God within
creation, since the Spirit is the source of life in the whole world.

It suggests that, wherever life is awakened, wherever reality reaches


beyond itself, wherever there is beauty and truth, Spirit is there.Ovunque la
vita è risvegliata, la realtà va oltre se stessa, ovunque ci sia la bellezza e la
verità, lo Spirito è in azione; nascosto agli occhi umani, ma realmente
operante. It corrects the narrowness with which we tend to view Spirit
activities and points us to her universal activity in the world and in
cultures.It calls into question a narrow association of the Spirit only with
salvation or only with the church or only with special revelation.It
encourages us to be mindful of God's involvement with creation down to
the last detail and to respect every place as a kind of hallowed ground.Ci
stimola ad essere consapevoli del coinvolgimento di Dio con la creazione e
a rispettare ogni luogo come una sorta di terreno sacro. It leads us to
expect to experience God in the whole of life and lends meaning and
mystery to everything.Seeing the Spirit as Lord and giver of life makes
70
Cf. D. EDWARDS, Aliento de vida.Una teología del Espíritu creador, Estella (Navarra), 2008; J. MOLTMANN, La
fonte della vita. Lo Spirito Santo e la teologia della vita, Brescia, 1998.
52
possible a positive vision of reality.Considerare lo Spirito come Signore e
donatore di vita rende possibile una visione positiva della realtà.

It helps us focus on the divine mystery which enlivens, graces, and renews
life, everywhere in every way.Ci aiuta a concentrarci sul mistero divino
che anima e rinnova la terra, ovunque e in ogni modo. It breaks with our
restricting the Spirit to exclusive zones and realms and signals the
presence of God in the whole world.It invites us to celebrate the presence
of One in whom we live and move and have our being, who is not at all far
from us but very near, and who is present with his creatures in every
situation.Ci invita a celebrarne l’agire misericordioso, perché in Dio
viviamo e ci muoviamo, esistiamo e siamo.Second (and more briefly) the
universal presence of the Spirit helps us understand the sacramental
principle.

La presenza universale dello Spirito ci fa comprendere il principio


sacramentale del creato.It explains how features of nature can mediate the
presence of God: how we meet God in the beauty of the sunset, in
moments of joy and sadness, in times of hope and yearning, in periods of
suffering and struggle. Le caratteristiche della natura possono far trasparire
e mediare la presenza di Dio.Recognizing the cosmic functions of the
Spirit and natural sacramentality can especially help non-liturgical
Protestants (like this Baptist) overcome spirit/matter dualism and come to
an appreciation of the churchly sacraments.We meet the Spirit in the
concreteness of the world and in embodied life. Incontriamo lo Spirito
nella densità del mondo e nella vita incarnata.Spirit is not ghostly,
numinous, lacking in concreteness. Non è evanescente o privo di
concretezza.

53
Third , these cosmic functions of the Spirit help us detect continuity in
God's work of creation and redemption.L’azione dello Spirito ci fa anche
captare la continuità nell’agire della Trinità, sia nella creazione quanto
nella redenzione. Evangelicals have a strong tendency, not only to neglect
the cosmic operations of the Spirit, but to divorce and detach them from
the works of grace.The world came to exist because of God's desire to
communicate love, not because he wanted to put Adam on trial in a
covenant of works.Il mondo è venuto all’esistenza per il libero desiderio di
Dio di comunicare l'amore.

Creation is oriented toward a goal which will surpass its origins and is
being led by the Spirit to its consummation.La creazione è orientata verso
un fine di gioia e di pace che supererà ogni desiderio e sarà condotta
teneramente dallo Spirito al suo compimento71.

Fourth , the cosmic operations of the Spirit may shed light upon
developments in the natural world and help us relate theologically to issues
of origins.L’agire dello Spirito getta luce sugli sviluppi nel mondo
naturale e ci aiuta a comprendere teologicamente le questioni delle origini.
It can help us understand how God relates to the world we learn about
from modern science, a world of irreducible complexities. Può aiutarci a
capire in che modo Dio si rapporta con il mondo che conosciamo
attraverso scienza moderna, un mondo di complessità irriducibili, che Fifth
, the cosmic dimension also gives a sense of the purposes of God in
creation.If the goal of the creation is to echo Trinitarian relationships on
the creaturely level, it would be natural for the Spirit, who is
knowledgeable of these relationships, to be summoning forth a human
creature capable of implementing them.riecheggiano le relazioni trinitarie
a livello creaturale72. The divine Spirit calls forth the human spirit, a spirit
capable of receiving and returning love, capable of personal give-and-take
relationships with God. Lo Spirito divino fa diventare quello umano

71
Cf. J. MOLTMANN, La via di Gesù Cristo. cristologia in dimensione messianica, Brescia, 1991.
72
Cf. D. EDWARDS, Partaking of God. Trinity, Evolution and Ecology, Collegeville, Minnesota, 2014.
54
capace di ricevere e restituire amore, nei confronti di Dio, degli altri,
considerandoci parte viva del pianeta.

In view of its work within nature, Spirit is the supreme ecologist, who
formed the ecosystem which we inhabit, human and nonhuman.Therefore,
ecology is of concern to her, as it ought to be to us. Spirit calls us to an
ecological consciousness.E’ lo Spirito che ci chiama a coltivare una
coscienza ecologica73. The world is not just something to be mastered and
subdued but something to be respected and cared for. Il mondo non è solo
qualcosa da padroneggiare e sottomettere, ma da rispettare e curare come
ripetutamente sottolineato da Papa Francesco74. We depend for our
existence on the natural order and are part of it.

Dipendiamo per la nostra esistenza dall'ordine naturale e ne facciamo


parte.It is the Spirit's project and our very home and not just an object to be
exploited. La terra è la nostra casa comune e non solo riserva di materiali
da sfruttare e scartare.Spirit calls us to a finer appreciation of God's world
and to a respect for the ecology which she has shaped and in which we
exist. Lo Spirito ce lo ricorda e ci chiama ad apprezzare il mondo
rispettandolo come dono di Dio. The Spirit groans along with creation
because it has become entangled in a web of exploitation and abuse. Geme
insieme alla creazione perché è rimasta impigliata in una rete di
sfruttamento e abuso a motivo del peccato umano.

Our hope is that the Spirit will redeem ecology in the new creation.La
speranza dei discepoli di Gesù è che lo Spirito rinnovi tutta la creazione.
The resurrection of Jesus Christ is proleptic, not only of our resurrection,
but of the liberation of creation itself from its bondage to decay.La
risurrezione di Cristo è garanzia non solo della nostra risurrezione
personale, ma della liberazione della creazione da ogni sua schiavitù per
giungere pienezza della vita definitiva.

73
Cf. D. EDWARDS, The Natural World and God. Theological Exploration, Adelaide, 2017.
74
Cf. D. EDWARDS, Ecology at the Hearth of Faith, New York, 2006.
55
Gesù offre perennemente lo Spirito come sottolinea l’evangelista Giovanni
nel capitolo settimo del suo vangelo.
Durante la festa delle capanne egli va al tempio nell’ultimo giorno della
festa e grida, ritto in piedi che, chiunque ha sete, può andare a lui e bere.
L’evangelista commenta che egli aveva pronunciato queste parole, in
riferimento allo Spirito che avrebbe donato e citando le Scritture sacre,
afferma che dal suo grembo sarebbero sgorgati fiumi d’acqua viva (Gv 7,
37-39).
Gesù è la roccia nuova da cui sgorga la definitiva acqua di salvezza,
superando definitivamente Mosè che nel deserto ottenne da Dio l’acqua
per dissetare il popolo che mormorava.
Gesù accosta la salvezza definitiva, con l’elemento naturale dell’acqua e
quello inanimato della roccia. Ora lo Spirito è acqua rigenerante e l’acqua
naturale lo veicola perché giunga a noi nella materialità dell’ esistenza.
Dal punto di vista della teologia trinitaria, possiamo definire la natura
come l'involucro dell'amore che Dio liberamente vuole riversare sulla sua
opera creatrice. Dio prova compassione divina per tutte le forme di vita, da
lui volute, nei ritmi dell'ordine naturale75.

La sconfinata passione della divina Trinità per l'integrità di tutti gli esseri
viventi è rivelata nella preservazione di Dio della rete della vita che è la
nostra comune eredità biologica.

Come colui che sostiene nell’essere, Dio mostra se stesso attraverso il


respiro dello Spirito in tutti gli elementi della rete della vita, colmo di
tenerezza per tutte le cose.

La presenza di Dio nel Cristo vivente attraverso il mantenimento


dell'ecosfera da parte dello Spirito, è la base per una comprensione
ecologica della teologia trinitaria.

75
CF. G. GRESHAKE, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria. Brescia, 2000.
56
La visione dello Spirito come forma di vita intrinsecamente legata alla
natura, enfatizzata nel modello ecologico, generalmente è stata trascurata
nella storia della teologia occidentale. Lo Spirito è sempre stato definito
come il legame d’amore tra il Padre e il Figlio e il fulcro della redenzione.

Il risultato è stato quello che, l’aspetto dello Spirito come respiro


vivificante nella creazione, non è stato valorizzato.

Acqua, luce, colomba, fuoco, respiro, vento: lo Spirito si rivela come


forme di vita risanatrici e trasformanti, dinamiche e liberanti attraverso
immagini tratte dalla creazione in cui è dinamicamente presente.

Tale prospettiva non ignora la comprensione degli altri ruoli dello Spirito
come la relazione eterna d’amore tra il Padre e il Figlio o come colui che
attualizza la salvezza nella storia76.

Piuttosto, questa enfasi sull'identità cosmica dello Spirito come respiro


divino che rianima tutte le forme di vita, reindirizza la nostra attenzione
alla sua opera in tutti gli aspetti dell’esistenza 77.

La giustizia ambientale afferma la sacralità della madre terra, l'unità e


l'interdipendenza di tutte le specie e il diritto di essere liberate dalla
distruzione ecologica. Una esperienza religiosa centrata sulla terra
valorizza le interconnessioni tra tutti i membri della biosfera in
contraddizione con l'ideale egoistico di massimizzazione dell'interesse
personale, ricomprendendo la terra come generosa madre di cui rendere
grazie78: e questo è frutto dello Spirito.

76
Cf. N. LARUM, Wind, Water, and Fire: Understanding the Holy Spirit through Biblical Symbolism,
Chesapeake, 2018.
77
“Dalla speranza nella vita eterna nasce così rinnovato l’amore per questa vita tanto vulnerabile e mortale. E si tratta
di un amore che non è disposto a cedere. se rinunciassimo a sperare anche per una sola creatura, Cristo non sarebbe
risuscitato per noi. L’amore, fondato nella speranza, è la medicina più efficace contro la malattia della rassegnazione
che si sta sempre più diffondendo. Il cinismo moderno, che mette in conto la morte di innumerevoli creature, è alleato
della morte…Per questo, appunto, invochiamo lo Spirito che ricrea tutte le cose. Il nostro grido dal profondo è segno di
vita, un segno di vita divina” J. MOLTMANN, Nella storia del Dio trinitario. Contributi per una teologia trinitaria,
Brescia, 1993, 129.
78
Cf. E. KABEMBA NZENGU, Création et écologie. Pour une théologie de la terre comme mère, Beau Bassin,
Mauritius, 2017.
57
Forse possiamo riferirci allo Spirito nel nostro tempo anche come Spirito
ferito o lo Spirito che, come Cristo, prende su di sé il peso del peccato
umano e il profondo danno ecologico che questo provoca all’ambiente 79.

Come le piaghe salvifiche di Cristo, così il gemito dello Spirito sui danni
alla terra, diventa una fonte di speranza per le comunità che affrontano una
destabilizzazione ambientale apparentemente senza via d’uscita.

Lo Spirito non forza la libertà umana, ma entra nella storia attraverso le


ferite delle vittime80.

Il messaggio della croce è che la morte senza senso non è estranea a Dio
perché è attraverso la croce che vuole vivere in solidarietà con tutti coloro
che soffrono. La promessa di una nuova vita che scaturisce dal Dio
sofferente che pende da un albero è ricapitolata nell’azione dello Spirito
ferito, la cui solidarietà con un mondo disprezzato, è un segno di divina
pazienza e amore.

La potenza debole ma efficace e risanante dello Spirito rimane accanto in


totale solidarietà a tutti i membri della biosfera danneggiati e dimenticati,
sia umani che non umani81. Sulla croce, reclinando il capo, Gesù spira,
ovvero, come dice il teso greco del vangelo di Giovanni, rese lo spirito,
paredoken to pnema. (Gv 19, 30).

Gesù lascia fluire lo Spirito su di noi nella estrema debolezza che è la sua
forza, per darci la capacità di togliere dalla croce le vittime umane e non
umane inchiodate al palo della sofferenza e sfruttamento.

79
Cf. E. A. JOHNSON, Creation and the Cross. The Mercy of God for Planet in Peril, New York, 2018.
80
“Così la kenosis dello Spirito Santo non è la sua auto-diminuzione con l’abbandono della gloria divina nella pienezza
del suo essere divino (come per la gnosi del Figlio); ma consiste nel condiscendere e come adattarsi all’inerzia di
creatura,all’infermità e alla resistenza che viene opposta alla sua entrata nel mondo. Lo Spirito Santo disceso dal cielo
incontra come un ostacolo o una limitazione al suo accesso al mondo; per questo, egli resta ancora come al di sopra del
mondo, cercando di penetrare il lui, di divinizzarlo, di unirsi a lui”. S. BULGAKOV, Il Paraclito. Bologna, 1987, 485.
81
Cf. C. WRIGHT, Creation, God and Humanity. Engaging the Mistery of Suffering within the Sacred Cosmos, M
ahwah, New Jersey, 2017.
58
2.4 Gesù luce del mondo
Le contraste “lumière – ténèbres” peut être un sujet important de
l'Évangile de Jean.Il contrasto "luce-oscurità" è un argomento importante
del Vangelo di Giovanni. Comment ce contraste est-il présenté et où ces
termes apparaissent-ils dans le texte de l'Évangile?Le thème de la lumière
apparaît vingt trois fois sousle terme“phôs” (lumière), une fois sous le
verbe “phôtizô” (1,9) et deux fois sous le verbe “phainô” (1,5 ; 5,35).Il
tema della luce appare ventitre volte sotto il termine phôs (luce), una volta
con il verbo phôtizô (Gv 1, 9) e due volte attraverso il verbo phainô (Gv 1,
5; 5, 35). Ces deux verbes ont le sens d'illuminer, briller, luire,
apparaître.Questi due verbi hanno il significato di illuminare, splendere,
apparire. L'un des points théologiques importants dans l'Évangile de Jean
est l'identification entre Jésus et la lumière.Trois fois d ans l'Évangile de
Jean (8,12; 9,5; 12,46), Jésus déclare qu'il est la lumière en utilisant
l'expression johannique: “Je suis...”Tre volte Gesù dice apertamente di
essere la luce, usando l'espressione io sono..
L La prima, in un contesto di dibattito, dopo il perdono offerto
all’adultera, afferma “io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Qui me suit
ne marchera pas dans les ténèbres, mais aura la lumière de la vie.” Dans
cette déclaration, d'abord, Jésus s'identifie à la lumière ensuite il invite tout
le monde à le suivre, cela veut dire devenir son disciple pour ne pas
marcher dans les ténèbres.Chiunque lo segue non cammina nelle tenebre,
ma ha la luce della vita. Gesù si identifica con la luce, invita a seguirlo, a
diventare suoi discepoli per non camminare nell'oscurità.

59
(2) La deuxième fois, Jésus dit à ses disciples avant de guérir l'aveugle-né
en 9,5: “Tant que je suis dans le monde, je suis la lumière du monde.”
Parce que Jésus est la lumière, il guérit l'aveugle-né pour qu'il puisse voir
la lumière (9,6-7).La seconda volta, lo ribadisce ai suoi discepoli prima di
guarire il cieco nato “Fintanto che sono nel mondo, sono la luce del
mondo” (Gv 9, 5). Poiché Gesù è la luce, guarisce il cieco affinché possa
vedere lui, la luce vera. Cependant l'aveugle-né ne voit vraiment la
lumière, qui est Jésus, qu'à la fin de son parcours de recherche pour
reconnaître la véritable lumière.Tuttavia, il cieco non vede realmente la
luce, che è Gesù, fino al termine della sua ricerca. En effet, après une
longue discussion avec les autorités Juives sur l'origine de Jésus, elles
jettent l'aveugle-né dehors (9,34).Infatti, dopo una lunga discussione con le
autorità ebraiche sull'origine di Gesù, lo gettano fuori (9, 34).
Il rencontre Jésus de nouveau, et proclame sa foi.Egli incontra di nuovo
Gesù e proclama la sua fede. L'ancien l'aveugle-né dit à Jésus: “Je crois,
Seigneur” (9,38)."Io credo, Signore" (9,38). Ainsi, selon l'Évangile de
Jean, le véritable sens de “voir la lumière” équivaut à “croire en Jésus”.Per
il vangelo di Giovanni, il vero significato di vedere la luce equivale a
credere in Gesù.
(3) La troisième fois, Jésus s'identifie avec la lumière et il fait le lien avec
la foi en lui.La terza volta, Jésus résume sa mission publique (Jn 1–12) en
disant: “Moi, lumière, je suis venu dans le monde, pour que quiconque
croit en moi ne demeure pas dans les ténèbres” (12,46).Gesù riassume la
sua missione pubblica affermando: “Io, luce, sono venuto nel mondo,
affinché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12, 46): Ce
verset contient deux nouveaux éléments par rapport à la déclaration de
Jésus en 8,12.Effectivement, en 8,12, Jésus invite l'auditeur à le “suivre”
pour ne pas “marcher” dans les ténèbres.chiede di seguirlo per non
camminare nell'oscurità.
En résumé, dans les trois circonstances expliquées ci-dessus,
l'identification entre Jésus et la lumière est une invitation explicite ou
implicite de croire en Jésus.Nelle tre circostanze, l'identificazione tra Gesù
60
e la luce è un invito a credere in lui. Quiconque croit en Jésus a la lumière
de la vie (8,12), voit la lumière ( 9,5 ) et ne demeure pas dans les ténèbres
(12,46).Chi crede in Gesù ha la luce della vita (Gv 8, 12), vede la luce (Gv
9, 5) e non dimora nell'oscurità (Gv12, 46).
Cependant, ce triomphe est présenté de manière paradoxale.La lumière a
vaincu les ténèbres par sa propre extinction.Nel libro del Genesi la luce
precede la creazione degli astri, del giorno e della notte da essi regolati. La
parola creatrice di Dio “sia la luce” sta all’inizio della dinamica creativa.
Cristo, paragonandosi alla luce sta a dirci che egli non solo illumina i
discepoli ma dà senso a tutta la creazione che in lui ritrova la sua impronta
originaria e la sua realizzazione completa. Gesù in quanto luce, fa
emergere che lui soltanto è vera sapienza di Dio82.
Nel libro dei Proverbi viene detto che la sapienza è un principio cosmico;
essa è coinvolta con Dio, deliziata dalla creazione di tutte le cose e
desiderosa di vivere con l’umanità: “La saggezza ha costruito la sua
casa...ha preparato il suo vino e ha imbandito la tavola” (Prov 9, 1-2).
Il libro del Siracide, afferma che la saggezza cosmica ha piantato la sua
tenda in mezzo a noi (Sir 24, 8).
Gesù è stato storicamente l’espressione concreta della sapienza. Ha visto
Dio, suo Padre, presente nel mondo. Ha invitato a vedere le cose
correttamente: l' occhio è la lampada del corpo. Quindi, se l’occhio è sano,
tutto il corpo è pieno di luce; ma se il l’occhio è malato, tutto il corpo è
pieno di tenebre (Mt 6, 22-23).
Gesù ha vissuto la via della saggezza. Ha insegnato che non un passero
cadrà a terra senza il Padre lo voglia (Mt 10, 29).
Per i cristiani, seguire Gesù, significa far propria questa strada, vedendo
tutte le cose come amate da Dio e come rivelatrici della sua provvidente
vicinanza.
E’ considerare ogni creatura come voluta e amata da Dio, creata nella
sapienza divina che si fa carne in Gesù di Nazareth; percepire all'intero
processo creativo, l'abbondanza vitale della Trinità, e il dinamismo della
82
Cf. D. EDWARDS, Jesus the Wisdom of God. An Ecological Theology, Eugene, Oregon, 1998.
61
vita delle Persone divine. Seguire le orme di Gesù, sapienza di Dio,
implica un modo di vivere diverso sul nostro pianeta, in una quotidiana
conversione.
Ciò richiede un nuovo stile di vita e decisioni politiche diverse. La via
della saggezza è un modo di conoscere attraverso l'amore, attraverso
un'autentica spiritualità ecologica che scopre l'incomprensibile mistero di
Dio nel bellezza sconfinata del mondo naturale, nella sua gratuita alterità.
La via della saggezza coinvolge sia lo l’interiorità quanto l’azione
concreta. Non è un amore autentico quello pretende di controllare l'altro;
quello vero invece lo riconosce nell'intimità di una profonda amicizia,
come un mistero costante e attraente.
Questo tipo di conoscenza amorevole è fondamentale per la pratica
ecologica: riconosce i propri limiti, accetta il mistero dell’alterità umana e
biologica in umiltà e riconoscenza, in quanto dono che ci completa e
umanizza.
Un occhio sano, vede le cose giustamente, è quindi essenza della via della
saggezza. L'occhio arrogante è caratteristico del tipica attitudine
occidentale nei riguardi del mondo naturale. Esso razionalizza, per poi
manipolare, usare e sfruttare.
L'occhio amorevole richiede addestramento e disciplina per vedere le cose
secondo la prospettiva dello Spirito, e un distacco iniziale per vedere la
differenza e l'unicità dell'altro.
Questo è l'occhio che presta attenzione all’altro in modo che tra chi
conosce e chi è conosciuto, si crei un legame d' amicizia.
Ciò che è richiesto è che impariamo ad amare gli altri, umani e non
umani, con un amore che comporta sia la distanza che l'intimità. Questo
vuole dire coltivare un occhio amorevole che rispetta la differenza.
E’ la via della saggezza, come modalità di vedere ogni creatura in
relazione a Dio, in termini cristiani, come manifestazione unica della
sapienza divina, fattasi visibile nella incarnazione e destinata a condividere
la redenzione di tutte le cose in Cristo, luce vera del mondo83.

83
Cf. J. MOLTMANN, L’avvento di Dio. Escatologia cristiana, Brescia 1998.
62
2.5 Gesù chicco di grano

Gesù nel vangelo di Giovanni paragonandosi al chicco di grano (12, 20-


33) parla della sua passione, risurrezione e glorificazione. Il grano che si
rompe nella terra ci dice della sua morte. L'embrione, il germe che ne esce,
è simbolo della sua risurrezione e il frutto risultante, della sua
glorificazione.

Il chicco di grano in sé, è solo un seme inerte che, se non viene interrato,
non adempie al suo scopo: nutrire chi ha fame. Un granello ha un guscio
più o meno duro che racchiude la parte fertile dell'embrione, il germe della
vita: il potenziale del grano è in questo germe, che deve uscire per
svilupparsi.

Gesù è morto, ha dato la sua vita, proprio come il grano nel terreno perché
germogli e porti frutto.
Il chicco di grano per dare frutto deve morire nella terra. La morte è
frantumazione, decomposizione, ma anche apertura; nel medesimo tempo
è cambiamento di vita. Tutto questo però non avviene rapidamente, ma
con lentezza perché le radici possano entrare profondamente nella terra.
Solamente attraverso questa decomposizione dell’egoismo e
frantumazione del nostro cuore di pietra possiamo raggiungere gli altri e
anche l’intimo essere della creazione.
Il processo di germinazione del chicco di grano, la crescita delle piantine è
usuale nel il mondo agricolo. Sepolto nella terra, attraversa un periodo di
buio totale; durante questo periodo, riceve alimenti: acqua, fertilizzanti,
minerali del suolo che lo aiutano a crescere e maturare. Un solo chicco di
grano ne produce molti di più.
63
In questa logica, Cristo, dona la sua vita per la salvezza del mondo
accettando di sacrificarsi, di scomparire, di evolversi dalla morte alla piena
trasformazione in potenza di vita nuova. Tale dinamica naturale ci ricorda
prospettive teologiche interessanti.
L’auto-donazione reale di Dio al mondo nel Verbo fatto uomo in Gesù, è
il suo entrare solidale nell’universo materiale e nella realtà biologica, nella
sua crescita e nell’inevitabile decadimento, nella pena e sofferenza di tutti
gli esseri senzienti. L’incarnazione di Dio ha un legame con tutti gli esseri
viventi nella loro varietà.
Il Verbo di Dio entra in connessione con tutte le creature, con ciò che è
vulnerabile e transitorio, mostrandoci che anche ciò che umanamente
marcisce, è destinato alla gloria della risurrezione futura.
Questo significa concretamente lasciarci trasformare dalla forza dello
Spirito per prenderci cura di tutte le creature, nella loro fragilità, risanare le
ferite ambientali, proclamando il vangelo della vita degna per tutti.
Dobbiamo anche noi essere chicco di grano che non teme di marcire per
far fruttificare la parola di Gesù.

2.6 Gesù vera vite Cet article est une mise à jour et un développement de
l'analyse de “lumière – ténèbres” dans la thèse: , p.

64
I vigneti facevano così parte della vita mediterranea antica e si
presentavano naturalmente per un confronto. Gli unici alberi da frutto
largamente piantati erano la vite, oltre al fico a all’ulivo perché potevano
resistere alla siccità.
Fonti archeologiche e letterarie confermano l'importanza del vino e della
viticoltura fin dai primi tempi nell'antico Israele.
I commentatori biblici indicano l'immagine di Israele come vite (Sal 80; Is
27, 2-6; Ger 2, 21; Ez 15, 2-6; 17, 5-10; 19, 10-14 ).
L’orizzonte agricolo e creaturale serve a Gesù per indicare il senso della
sua missione e della sua permanenza nella vita dei discepoli, anche dopo lo
scandalo della morte.
Giovanni colloca nel suo vangelo questo discorso mentre Gesù con i suoi
discepoli va verso il giardino degli ulivi, uscendo dal cenacolo, quando
ormai Giuda ha deciso di tradirlo. E’ un brano centrato attorno all’analogia
di una vite e dei suoi rami (Gv 15, 1-17).

Gesù inizia dicendo che lui è la vera vite. In ogni circostanza in cui Israele
nella sua esperienza storica è raffigurata nel Primo Testamento come una
vite o una vigna, la nazione è sottoposta al giudizio di Dio per la sua
corruzione, a volte esplicitamente per la sua incapacità di produrre buoni
frutti.

Israele come vigna di Dio, spesso si corrompe nella ricerca di altri idoli.
Diventa selvatica (Ger 2, 21) o inutile (Ez 15, 1-5) Gesù dichiara di essere
la vera vite. Israele, vite scelta da Dio, era degenerata.

Per Giovanni, Gesù è la fonte della fecondità della vite; without him the
disciples can do nothing, that is, bear no fruit (15:5);senza di lui i
discepoli, tralci, non possono fare nulla, cioè non daranno mai frutto. The
condition for fruit bearing, hence for perseverance, is «abiding» (μείνατε)
in Jesus (15:4).La condizione per portarne è rimanere in Gesù (15, 4).This
65
term (μένω and cognates) appears eleven times in 15:4–16, dominating the
theology just as the vine and fruit dominate the image. Those who truly
«abide» will bear fruit (cf. 1 John 2:6) because they have the Spirit (1 John
3:24; 4:13).Coloro che veramente dimorano in lui daranno frutti
verificabili e duraturi.

Gesù è la vera vite: sorgente della linfa vitale, e reale trasmettitore, nella
comunione con lui, di tutto quanto dona vita.

Chi la riceve da lui, deve rimettere in circolo questa linfa pura che è
l’amore del Padre attraverso la presenza dello Spirito, nella intera realtà
creata, accettando anche le potature per realizzare il bene della natura
come dono di Dio.
Tali potature implicano togliere i rami secchi degli egoismi e indifferenza
che producono disastri ambientali.
Il punto centrale dei discorsi di addio di Gesù, è proprio questa analogia
della vite e dei rami. L’ immagine di fertilità e interconnessione offre una
visione dinamica della relazione di Gesù con i suoi discepoli, una relazione
di amore permanente e coinvolgente.
I rami hanno bisogno della vite come fonte di vita, e la vite ha bisogno dei
rami per dare i suoi frutti. In Giovanni leggiamo che il Padre è il vignaiolo
(geōrgos) (Gv 15, 1). La vita che il Padre dona alla sua creazione, viene a
noi per mezzo del Figlio.
La parola greca, geōrgos può essere tradotta come agricoltore o
giardiniere. Letteralmente significa colui che si impegna nella coltivazione
della terra poiché deriva da gē “terra” e ergon “lavoro”. In questo punto
chiave del discorso, riemerge l'immagine di Dio come giardiniere 84.
Credere in lui vuol dire coltivare la terra secondo la sua volontà,
prendendocene a carico l’integrità e la salvaguardia.
Gesù stesso, vedremo, dopo la risurrezione verrà scambiato da Maria
Maddalena con un custode del giardino.

84
Cf. C. BOUREUX, Dio è anche giardiniere, La creazione come ecologia compiuta, Brescia, 2016.
66
La resistenza del mondo non scoraggia i discepoli a ritrovare in Gesù le
energie necessarie per combattere il peccato ecologico. L'amore è il frutto
del rimanere in Gesù (Gv 15, 8). Questo amore è la linfa vitale che porta
alla cura dei fratelli e sorelle e della realtà creata, avvolte nella carità
provvidente della Trinità, anche nella persecuzione e rifiuto.

2.7 I segni della nuova creazione


Gli studiosi del vangelo di Giovanni sottolineano che nel suo racconto egli
definisce i prodigi di Gesù, col termine di segni, i sinottici utilizzano
invece i termini “atti di potenza”. Vengono narrati nei primi dodici
capitoli85.

Jean privilégie le mot , sèmeion, et le mot ( (τὀ ergon, ou ) oeuvreEn


effet, les « signes » invitent le lecteur à découvrir par lui-même quelque
chose :In effetti, i segni spingono il lettore che è discepolo del Cristo, a
riscoprire un chemin à prendre, avec des signes sur ce chemin…un
percorso con varie indicazioni per affidarsi a lui nella fede, e lasciarsi
coinvolgere dal Padre nel suo progetto di amore e di vita che passerà
inevitabilmente dal sacrificio della sua stessa esistenza nell’ ora definitiva
della croce.

Gli eventi narrati sono quindi deliberatamente chiamati segni. Un segno


punta a una realtà diversa da se stessa. Quelli che Gesù realizza hanno una
connessione intrinseca con le sua pretesa di essere il rivelatore del Dio
vero e vivo.
Il Vangelo è stato scritto da un credente per altri credenti, sia per
rafforzarne la fede, quanto per ispirare fiducia e coraggio nei nuovi
convertiti.

85
Cf. B. CORSANI, I miracoli di Gesù nel quarto vangelo. L’ipotesi della fonte dei segni, Brescia, 1984.
67
L'evangelista esorta il lettore ad ascoltare la totalità della testimonianza
data su Gesù (Gv 19, 35; 21,24) perché chi crede in lui riceva la vita
eterna.
Per Giovanni, Gesù è la buona notizia, perché libera da tutte le forze che
producono morte e opprimono l'umanità costituendo una vera minaccia
per la vita vera.
I credenti di oggi devono concretizzare questo vangelo nella storia:
identificare le forze che generano morte e la loro manifestazione concreta
all'interno dell’ambiente ecologico e a partire dalla fede in Gesù,
sradicarle guarendo l’ambiente lacerato.
Nel primo di questi segni, • Jesus turns water to wine at a wedding
party.Tra i segni straordinari che l’evangelista Giovanni registra nel suo
Vangelo, alcuni sono per la nostra analisi, decisamente significativi. Il
primo nel quale Gesù trasforma l'acqua in vino ad una festa di matrimonio
a Cana di Galilea (Gv • Read John 2:1-‐11.2, 1-11): emergono dal racconto
elementi interessanti.
• By recording that Jesus addressed his mother as “woman,” John connects
this event to some of theGesù parla a sua madre definendola “donna”. very
first promises that God made to humans.o It's an odd way to address his
mother.e sembra The term does not denote disrespect (as a footnoteIl
termine non denota mancanza di rispetto, poteva anche essere in your
translation might clarify), but it's also not the normal way to address one's
mother. il modo normale di rivolgersi alla propria madre. o Could the word
be a link to a much earlier prophecy?La parola potrebbe essere collegata
ad una profezia molto più antica.
In Gen 3:14-‐19, God announcesIn Genesi (3, 14-19), Dio annuncia la
maledizione curses for Adam, Eve, and the serpent.la maledizione per
Adamo, Eva e il serpente. At this point, Eve is only referred to as
“woman”;A questo punto, Eva viene chiamata solo donna.
Ma Dshe doesn't get the name “Eve” until 3:20.At the end of the serpent's
curses, God offers aPoi Dio offre una promise for the future: “I will put
enmity between you andthe woman , and between yourpromessa per il
68
futuro: “Metterò inimicizia tra te e la donna, e tra la tua offspring and
hers;prole e sua; he will crush your head, and you will strike his heal”
(3:15).ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (3,15). Giovanni,
potrebbe collegare l'inizio del ministero salvifico di Gesù, al realizzarsi di
quella promise that God would one day crush the head of the serpent?
promessa. Maria, nuova Eva è questa donna che ha partorito colui che
vince le forze del male inaugurando un’era nuova. E’ lei accanto al nuovo
Adamo venuto per compiere la volontà del Padre
Si realizza così in Gesù il recupero della creazione stessa segnata dal
peccato del mondo, essendo lui Adamo obbediente. In quella festa di
nozze, Gesù Adamo definitivo ed obbediente, Maria donna nuova che lo
ha portato in grembo, ricreano un nuovo spazio d’incontro con il Dio
creatore e amante della vita.
• More significantly, abundant wine often symbolized the restoration of
God's people after theirIIl vino abbondante spesso simboleggiava la
restaurazione del popolo di Dio dopo la suffering in exile.sofferenza
dell’esilio. The symbolism of this first sign announces that the long-‐
awaited restoration of God's people (partiallyIl momento tanto atteso
experienced at the return from Babylonian exile) is finally taking place.sta
finalmente per avverarsi, poiché Dio ha mandato il suo Verbo nella storia.
Tutto questo fa si che il matrimonio, ove Gesù è lo sposo, diventi un
tripudio di abbondanza e gioia ritrovata.
Lui è la sapienza che invita tutti al suo banchetto per ritrovare il gusto di
vivere nella logica di Dio creatore che comprende la ricostruzione dei
legami con gli altri e l’ambiente vitale.
L’acqua rappresenta la legge ormai superata e per questo trasformata: il
vino nuovo possiede una ineguagliabile bontà, perché il messia finalmente
è giunto nella storia di Israele86.

86
Cf. D. S. KULANDAISAMY, The firs ‘sing’ of Jesus at the wedding at Cana. An Exegetical Study on the Function
and meaning of John 2. 1- 12 in Marianum 68 (2006), 17-116.
69
Le anfore colme fino all’orlo di acqua, possono anche ricordarci lo Spirito
di vita che rinnova l’opera creatrice di Dio; l’acqua per la purificazione
diventa vino eccellente, frutto di una terra non avvelenata, risanata dal
peccato in compagnia del nuovo Adamo, sposo ricolmo di saggezza, che
offre alla donna, Eva che è anche l’umanità intera, un nuovo inizio per
ricostruire la terra come giardino di delizie e relazioni gioiose.
Queste immagini salvifiche illuminano in modo corretto la crisi ecologica,
indicando che in Cristo, Dio realmente vuole guarire la creazione ferita e
rovinata dalla superbia umana preparando un futuro di abbondanza e vita
per tutti. Chi lo segue diventa in lui creatura obbediente, collocata nel
giardino rinnovato, operosa nel rimettere in ordine, secondo la logica
festosa e gioiosa di Dio, tutto quanto in esso è contenuto.
Il secondo segno è la guarigione del figlio del funzionario del re (Gv, 4,
46-54). Questo dignitario chiede aiuto a Gesù per il figlioletto gravemente
ammalato. Gesù lo guarisce, potremmo dire a distanza, poiché quell’uomo
che l’ha implorato, ha fede in lui. La febbre lascia il bambino e i servi
corrono incontro al padre per dirgli che il figlio vive. Ecologicamente
parlando, potremmo dire che la fede è fonte di energia che produce vera
trasformazione.
Seguire Gesù vuol dire ridare vita ad un pianeta surriscaldato e che a
motivo delle nostre scelte economiche estremizza fenomeni meteorologici
che provocano gravi danni alle persone e alle attività umane.
Pensiamo alla Groenlandia, patria dei ghiacci e recentemente alle prese
con ondate di calore inusuali con il rischio di innalzamento del livello
medio dei mari. Inoltre l’ingresso di tanta acqua dolce nell’ oceano
Atlantico potrebbe modificare radicalmente la dinamica atmosferica del
Nord America e dell’Europa 87.
Gesù vuole ridare normalità di vita con la sua parola, ad un ambiente che
porta in sé gravi malattie inflittegli da una sconsiderata gestione dei beni
creati.
87
Cf. I ghiacci della Groenlandia si sciolgono: In nord Europa temperature record, in www.avvenire.it 3 agosto 2019.
70
La guarigione dell’uomo alla piscina di Betzatà è il terzo segno compiuto
da Gesù nel suo cammino verso la sua ora (Gv 5, 1-16). Attorno a questa
piscina, il cui nome significa casa della misericordia o benevolenza di Dio,
racconta l’evangelista, vi era un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e
paralitici.
Aspettavano che le acque si agitassero, pensando così che un angelo,
muovendole, potesse renderle miracolose e operatrici di guarigioni.
Gesù stesso, vendendo quest’uomo malato da trentotto anni gli chiede se
desidera essere risanato. Gesù esaudisce il suo desiderio, e guarendolo, gli
ordina di andarsene portando con sé la sua barella, ricominciando a
camminare.
Potremmo pensare, riflettendo su questo brano a tutti i malati a causa
dell’ambiente inquinato a tutti i livelli, alle malattie dovute ad agenti
chimici che uccidono il corpo88.
Gesù non ci chiede di aspettare sempre eventi miracolosi ma di muovere
noi le acque, cioè di agire concretamente perché vengano meno le cause di
tante infermità causate da un utilizzo perverso della attività industriale, per
mitigarne l’aggressività e piegarla alla preservazione della salute pubblica.
Essere guariti interiormente vuol dire camminare di nuovo su vie di
impegno e difesa della vita delle persone e dell’ambiente. Gesù, avverte
poi il malato risanato di non peccare più, non perseverare nel peccato
ecologico, perché non ci accada ancora di peggio: e purtroppo la strada
verso un aggravamento delle condizioni ambientali è spalancata.
Il quarto segno è la moltiplicazione dei pani e dei pesci realizzata da Gesù.
(G 6, 1-15). Ne abbiamo accennato commentando la sua autopresentazione
come pane della vita. Anzitutto pane e pesci sono elementi della natura che
servono per sfamare.
Il loro utilizzo è finalizzato alle necessità materiali e concrete della gente.
Il gesto di Gesù mette in circolo i beni creati senza sfruttamento o
88
Cf. G. PROIETTI – M. PROIETTI, Le fabbriche delle malattie, Torino, 2019.
71
ingiustizia. Egli offre non solo pane materiale ma nella logica evangelica,
egli si paragona alla manna, offrendosi come dono insuperabile di Dio.
Cos’era la manna? Al capitolo sesto del libro dell’Esodo, vien descritta
anzitutto come dono divino, quasi incomprensibile da parte degli israeliti
nella sua entità: “Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie
del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla
terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: "Che cos’è?": infatti
non sapevano cosa fosse. Mosè disse loro: È il pane che il Signore vi ha
dato in cibo”. (Es, 14-16).
Vien poi descritta con più minuzia: “La casa d’Israele la chiamò manna.
Era simile al seme del coriandolo e bianco; aveva il sapore di una focaccia
con miele” (Es 16, 31).
La manna è un lattice zuccherino che trasuda dagli alberi di tamerice e che
da secoli è utilizzato dalla popolazioni desertiche per sfamarsi. I tamerischi
sono numerosi anche oggi nelle valli del Sinai. La manna dunque è un
prodotto naturale.
La straordinarietà sta tutta nella quantità estremamente abbondante che
egli Ebrei avevano trovato. La manna, di forma granulosa, era depositata
sul terreno insieme ad uno strato di rugiada. Questa, sciogliendosi lasciava
allo scoperto la manna che andava raccolta all’alba, poiché dopo si sarebbe
impastata con la sabbia.
La manna dunque, frutto della bontà di Dio presente in natura, diventa cibo
per un popolo affamato e il suo sapore è gradevole e dolce come il miele.
Natura, provvidenza, cibo, gradevolezza, dono: sono tutti elementi che
Gesù riassume nell’offerta di sé come pane del cielo e manna definitiva.
Dal cielo viene lui, il Figlio, parola che nutre per la vita eterna e che
incarnandosi fa nuova la creazione.
Tra l’altro l’evangelista sottolinea che nel luogo dove egli indica ai
discepoli di far sedere la folla, c’era molta erba (Gv, 6, 10).
Il richiamo immediato è al salmo 22 nel quale si canta la premura di Dio
che è il pastore del fedele. Non semplice guida, ma compagno di viaggio
del gregge, a cui dà sicurezza, condividendone fame e sete, come era per i
pastori in Israele.
72
Egli guida il gregge su pascoli erbosi e lo conduce ad acque tranquille,
imbandisce una mensa. Ora è Gesù, il pastore vero che raccoglie il suo
popolo, offre ancora un banchetto come la sapienza (Pr 9, 1-6 ).
Attraverso pascoli rigogliosi conduce ad acque di riposo, fa entrare nel
sabato, giorno del riposo di Dio che riempie di gioiosa esultanza e di pace.
Di nuovo la creazione dà sostanza al gesto misericordioso di Cristo 89.
Il popolo nutrito, recupera energie in un nuovo giardino, ricco di erba
rigogliosa. L’atto creatore di Dio si rinnova in Gesù e nel seguirlo, per
restaurare l’ambiente ferito e violentato, per rifare i giorni della creazione,
ammirarne la bontà e partecipare in letizia al sabato eterno.
Giungiamo al quinto segno. Una nuova guarigione, un cieco che recupera
la vista per intervento di Gesù, dopo essersi lavato alla piscina di Siloe che
significa “inviato” (Gv 9, 1-41).
Gesù incontra una persona che non può vedere. La realtà per lui non è
conoscibile, la creazione non godibile. Ha incontrato la luce e potrà
finalmente vedere.
A lui il Cristo, fa recuperare la vista attraverso gesti materiali, utilizzando
elementi creati: fa del fango con la saliva, sputando per terra, spalma il
tutto sugli occhi del cieco, lo manda a lavarsi con l’acqua della piscina ed
egli ritorna guarito.
Evidente risulta il richiamo al battesimo, rito che comprende elementi
naturali: attraverso di essi, la luce di Cristo ci raggiunge e ci trasforma,
facendoci vedere il vero senso della sua vita e della storia.
Possiamo però anche leggere ecologicamente il testo: già Ireneo di Lione
aveva colto in questo specifico aspetto della presenza del fango, un
richiamo al racconto del Genesi ove si narra la creazione dell’uomo dal
fango; Dio soffia nelle sue narici l’alito della forza vitale diventando
essere vivente.
In Genesi si utilizza il termine nefesh quando Dio afferma: “brulichino le
acque di prolificante anima viva, néfesh chayyàh” (Gn 1, 20).

89
CF. G. RAVASI, Il libro dei Salmi. Volume I° (81-50), Bologna, 1985, 425-446. H ~ J. KRAUS, Theology of the
Psalms, Minneapolis, 1992.
73
Neshamàh, invece, altro termine ebraico, è usato quando si parla della
creazione dell’uomo: “Il Signore Dio formò l’uomo di polvere della terra,
gli ispirò nelle narici l’alito dei viventi, nishmát-chayym, e l’uomo divenne
essere vivente” (Gn, 2, 7).

Tale soffio che dà origine all’esistenza è però comune a tutte le creature


che partecipano in tal modo, sebbene in grado diverso, alla stessa azione
divina vivificante: l’uomo però la riceve direttamente da Dio stesso.

Così néfesh è il dinamismo stesso dell’essere vivente. Gesù quasi ricrea


gli occhi del malato col fango plasmatovi sopra, rimandando, per la
comprensione del segno, alla azione primordiale di Dio che compartecipa
il suo soffio di vita con l’umanità e il creato. Nel cieco risanato dice poi
Gesù, vengono manifestate le opere di Dio: ridare luce e vita, ricreare
l’uomo perché ora obbedisca alla parola del Padre.

Per poter agire in modo significativo come discepoli, per dare un futuro al
pianeta, dono della azione buona di Dio, abbiamo bisogno anche noi di
essere guariti dalla cecità nella quale ci immerge la cultura dominante che
tenta di oscurare i gravi danni ambientali e spegnere ogni speranza di
trasformazione.
In contatto col suolo della terra, il fango, purificati dall’acqua, possiamo
guardare al mondo con occhi nuovi, riconoscervi l’impronta divina e agire
per preservarne l’integrità.
Il settimo segno realizzato dal Cristo e narrato dall’evangelista Giovanni,
è quello della risurrezione di Lazzaro, l’amico morto ( Gv 11, 1-44).
Gesù arriva dalle sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, che lo avevano
avvisato della malattia del fratello. Gesù decide di raggiungere la casa
dell’amico a Betania, ove Lazzaro era già morto da quattro giorni. Dopo il
dialogo con le sorella, nella quali Gesù si presenta come la risurrezione e
la vita, va alla tomba e scoppia in pianto per l’amico. Egli comanda di
togliere la pietra.

74
Maria fa presente che manda già cattivo odore in quanto morto da quattro
giorni. Gesù grida a gran voce a Lazzaro di uscire dal sepolcro, ed egli si
ripresenta vivo seppur coperto di bende tornando alla vita normale.
E’ evidente che Cristo sia l’autentico vincitore della morte e della
disgregazione che essa comporta. All’odore che emana il morto, fa da
contraltare l’aroma del profumo che riempie tutta la casa quando Gesù
ritorna a Betania per una cena con Lazzaro.
Racconta l’evangelista Giovanni che Maria, sorella di quest’ultimo, prese
trecento libbre di profumo di puro nardo assai prezioso, lo cosparse sui
piedi di Gesù asciugandoli con i suoi capelli. (Gv, 12, 1-13). Un anticipo
dell’unzione dopo la morte, ma anche l’esplosione della gradevolezza della
sapienza che è Gesù e che sparge i suoi aromi.
Afferma il libro del Siracide che la sapienza dice di se stessa: “Come
cinnamòmo e balsamo ho diffuso profumo; come mirra scelta ho sparso
buon odore; come gàlbano, ònice e storàce, come nuvola di incenso nella
tenda” ( Sir 24, 15).
La vita coincide con l’armonia gioiosa che emana profumo gradevole e
non odori nauseabondi come purtroppo si sentono in tanti luoghi a motivo
di attività industriali inquinanti e non controllate.
Il giardino dell’Eden si può riprodurre dentro la storia, seguendo Cristo
vita eterna e profumo inesauribile del Padre, diffuso dalla grazia dello
Spirito. Egli davvero quando sarà elevato da terra, attirerà tutti a sé (Gv
12, 32). Attirerà tutta quanta la realtà. Umanità e creazione intera.
Nei discorsi d’addio Gesù chiede al Padre di glorificarlo perché gli ha
conferito potere su ogni carne affinché possa donare la vita eterna ad ogni
cosa che gli ha dato (Gv 17, 2).
Tutto questo ricorda il mandato di Dio creatore all’uomo perché abbia il
dominio su ogni essere vivente che si muove nel mare, nel cielo e sulla
terra così come su ogni pianta o albero da frutto (Gn 1, 28-29).

75
Gesù è il nuovo Adamo che ridona la vita ad ogni cosa, obbedisce alla
volontà del Padre, ricostruendo le relazioni con il creato, spezzate
dall’orgoglio umano.

And as a corollary, the arrival of


2.8 Gesù, nuovo Adamo e giardiniere
Solo nel Vangelo di Giovanni, un giardino è richiamato più volte nella
narrativa della passione. Un giardino è legato al luogo del suo arresto, alla
sua crocifissione e alla sua sepoltura: “Uscì con i suoi discepoli attraverso
la valle del Cedron fino a un luogo dove c'era un giardino, che lui e i suoi
discepoli entrarono” (Gv, 18, 1).
Di seguito l’evangelista Giovanni annota che uno dei servi del sommo
sacerdote, parente dell’uomo di cui Pietro aveva staccato l'orecchio,
afferma di averlo visto nel giardino con Gesù (Gv, 18-26). Poi di nuovo il
Pietro rinnega il maestro.
Nel luogo dove era stato crocifisso vi era un giardino narra l’evangelista e
in esso una nuova tomba in cui nessuno era mai stato deposto. (Gv, 19,
41-42).
Inoltre solo Giovanni segnala che Gesù viene crocifisso in mezzo. “Essi
presero Gesù ed egli portando la croce si avviò verso il luogo del Cranio,
in ebraico Golgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una
parte e uno dall’altra e Gesù nel mezzo” (Gv 19, 17-18).
Nel mezzo (mesone) riecheggia la frase di Genesi dove Dio pianta
“l'albero della vita in mezzo al giardino” (Gn 2, 9).
L’evangelista raffigura la crocifissione con l'iconografia di Genesi 2: c'è
un giardino, in mezzo al giardino c'è la croce, l'albero della vita e ai piedi
della croce ci sono un uomo (il discepolo amato) e una donna, che non
viene mai nominata ma chiamata solo “donna” (Gv 2, 4; 19, 26) e “la
madre”" (Gv 2, 1; 19, 25).

76
Queste peculiarità del racconto della passione in Giovanni, suggeriscono
una deliberata evocazione del primordiale giardino dell'Eden e una
simbolica ed efficace teologia della creazione.
Tra l’altro, la considerazione del giardino presso gli Ebrei, va collegata
alla loro storia, in quanto popolo nomade, vissuto in paesi aridi e desertici.
Il giardino fiorito acquistava una dimensione particolare in quanto è in
terra l’opposto del deserto: il riflesso dell’Eden celeste.
L’evangelista Giovanni afferma in seguito che Gesù sapeva che tutte le
cose erano adempiute. Quindi, dopo aver bevuto l’aceto Gesù dice: “Tutto
è compiuto”, pànta tetèlestai (Gv, 19-30).
Il verbo teléō è utilizzato nella Bibbia dei Settanta per tradurre termini
ebraici equivalenti che indicano il portare a termine. Anche in Genesi è
adoperato per confermare che il settimo giorno Dio completò al sua opera.
(Gn 2, 1-2).
L'opera di Dio, che è stata iniziata nella creazione, è portata al suo
completamento sulla croce, quando Gesù muore e dona lo Spirito.
L’evangelista ricorda che era il giorno della Preparazione prima della
Pasqua e la vigilia del sabato, osservando che era un giorno solenne (Gv
19, 31).
Nell'ora della morte, Gesù perfeziona definitivamente il lavoro creativo
per il quale è stato inviato, con l’offerta totale della sua esistenza.
Nel vangelo afferma che il Padre sta ancora operando (Gv 5, 17) che
l’azione creativa di Dio non è ancora terminata e che lui è stato inviato a
completare quest’ opera (Gv 4, 34; 5, 36; 17, 4).
Nella morte di Gesù la creazione può dirsi finalmente portata a termine:
l’agire generativo di Dio giunge alla definitiva pienezza.
Il sangue e l'acqua che sgorgano dal costato del Cristo crocifisso,
simboleggiano questo momento di definitiva rinascita. Da un morto
fluisce la pienezza della vita90, destinata a quelli che con lo sguardo della
fede vedono Gesù sulla croce, trafitto, e vengono attratti e coinvolti dal suo
amore estremo.

90
Cf. J. ONISZCZUK, La passione del Signore secondo Giovanni. (Gv 18 – 19), Bologna, 2011.
77
Gesù viene poi deposto da Giuseppe di Arimatea in un sepolcro nuovo in
cui nessuno era stato collocato. Prima di essere seppellito, Gesù viene
avvolto con bende e unto con circa cento libbre di mirra e aloe.
Profumi che richiamano ancora il giardino nel quale la loro fragranza
richiama pienezza di vita.
Tra l’altro cento libbre corrisponderebbero a più di 32 chilogrammi, una
esagerata quantità per la sepoltura di un corpo91. L’abbondanza dei
profumi è il segno sia del tributo d’onore e venerazione per il corpo di
Gesù, quanto della vittoria definitiva della vita sulla morte, della
salvaguardia della natura sulla sua distruzione.
Quel corpo spigionerà per sempre il profumo della sapienza impressa
nella creazione vincendo l’odore acre del male e del peccato.
La prima persona poi che incontra Gesù risorto è Maria Maddalena e
poiché la tomba è situata nel giardino, lei pensa di incontrare il giardiniere.
Lei tra l’altro va al sepolcro quando ancora era buio. La creazione nuova è
la luce primordiale che incapsulata in Gesù risorto ora si diffonde sul
mondo intero scacciando le tenebre distruttive.
Dobbiamo comprendere l'evocazione giovannea del giardiniere originale,
cioè Dio che piantò un giardino nell'Eden, ad oriente (Gn 2, 8), come lo
coltivò, facendo germogliare dal suolo, in abbondanza ogni albero
piacevole, buono da mangiare, tra cui l’albero dei viventi e quello della
conoscenza del bene e del male, (Gn 2, 9) e vi entrò, camminando al vento
del giorno (Gn 3, 8).
La percezione di Maria secondo cui Gesù è il giardiniere è corretta.
Egli ritorna a Maria come Dio, il giardiniere che passeggia nel giardino
della sua creazione (Gv 1, 2).
Nel giardino originale dell'Eden, poi, la donna dice al serpente quello Dio
aveva comandato, ovvero di non mangiare del frutto dell'albero che è nel
mezzo del giardino, né di toccarlo per non rischiare di morire (Gen 3, 3).
Nel quarto Vangelo Gesù dice a Maria Maddalena, “non mi toccare” ( mê
haptou)" (20, 17). L'uso dello stesso verbo, haptō, sia in Genesi, nella

91
Cf. S. GRASSO, Il Vangelo di Giovanni. Commento esegetico e teologico, Roma, 2008, 748.
78
traduzione dei Settanta, per indicare di non toccare l’albero, quanto nel
racconto di Giovanni, evoca un confronto tra Eva e la Maddalena.
La prima disobbedisce, viene espulsa dal giardino, le è negato l'accesso
all’albero della vita e la possibilità di poter vivere per sempre (Gn 3, 22).
La Maddalena obbedisce, chiamandolo Rabbuní, maestro, termine
riservato nei vangeli ai seguaci intimi: lo dichiara il vivente che dà senso
alla sua ricerca e sulla sua parola, corre a dare l’annuncio ai discepoli (Gv
20, 17-18).

Ella ha riconosciuto Gesù risorto come il giardiniere che ha completato la


sua giornata di lavoro nel giardino che è la terra e va a comunicarlo agli
altri.

Interpretata da una prospettiva ecologica, la vicenda di Gesù può offrire ai


discepoli di oggi un paradigma necessario per ispirare la cura della terra,
la vita sostenibile e l'impegno per l'eco-giustizia. Il quarto evangelista
presenta Gesù come colui che può adempiere la speranza ebraica in un
messia che avrebbe restaurato il popolo di Israele riportandolo all' Eden
originale. Per l’evangelista Giovanni, Gesù vuole coinvolgerci nella
ricostruzione di questo giardino distrutto dalle scelte alienanti dell’uomo 92.

Come credenti dobbiamo compiere l'opera di Dio (Gv 6, 28), non solo
accogliendo nella fede il Cristo ma nella realtà, ecologicamente
danneggiata, offrire suggerimenti pratici, realizzare azioni quotidiane
efficaci, fare richieste politiche per salvaguardare il dono di Dio e non
distruggerlo per sete di potere93.

Una cristologia ecologica interpreta la croce di Cristo, come l'albero della


vita, segno della compassione divina che abbraccia il mondo naturale,
portandone su di sé la sofferenza insita anche nell’evoluzione, chiedendo
ai suoi seguaci di estendere questa compassione a tutte le creature viventi,
diventando responsabili della cura del creato.

92
Cf. M. DALY - DENTON, John: An Earth Bible Commentary. Supposing Him to Be Gardener, cit., 14-26.

93
Cf. J. DRYZEK - J. PICKERING, The Politics of the Anthropocene, New York, 2019.
79
Quando Gesù risorto incontra i suoi discepoli offre il suo saluto, “Pace a
voi”, soffiando su di loro dice “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22).
La parola soffiare ricorda ancora l'azione di Dio nel giardino primordiale
quando formò l’uomo dalla polvere della terra, soffiando in esso l’alito dei
viventi, facendolo diventare un essere vivente (Gn 2, 7).
Soffiando su di loro lo Spirito, Gesù fa comprendere loro che la creazione
di Dio è giunta finalmente a totale pienezza: essi sono ricreati dallo Spirito
per ritesserne il tessuto lacerato dalla protervia del peccato. Quel gesto
quindi è un richiamo all’atto creatore e vivificatore di Dio94.
La finalità divina è farci capire che non dobbiamo considerarci solo
antropocentrici. Come esseri umani non siamo il centro dell'universo, ma
dobbiamo avere a cuore l’integrità dell’ambiente e utilizzarlo per generare
vita e non morte.
Gesù risorto, ha chiamato Maria dandole una nuova identità e ristabilendo
un intimo contatto; la morte non ha distrutto la comunicazione vitale con
Gesù.
E’ un ulteriore richiamo al racconto genesiaco della creazione.
Dio vuole che il primo Adamo dia un nome agli animali, accettandone la
libera scelta (Gn 2, 19).
Il secondo Adamo, Cristo rinomina la creazione, nella sua libertà divina,
entrando con essa in profonda comunione, donando una nuova identità, un
nuovo scopo, una nuova vitalità a tutto quanto esiste.

E’ necessario lavorare con il giardiniere Gesù, risorto e vivente, per ridare


speranza al mondo, per ripristinare, riscattare, rinnovare, riconfigurare e
ricreare l’ambiente vitale. Gesù ha già iniziato e vuole continuare questa
opera con noi e poi completarla definitivamente alla fine dei tempi per
mezzo del suo Spirito, per la nostra gioia, riversandolo nei nostri cuori e
nell’intera creato.

94
Cf. R. FABRIS, Giovanni, Roma, 1992, 1038.
80
3. Il contesto ecologico della vita di Gesù

L’approccio di Gesù al mondo naturale, rintracciabile anche nei vangeli


sinottici, fornisce importanti indicazioni per l’agire ecologico nell’oggi.

Recenti discussioni sulla classe sociale di Gesù cercano di collocarlo


all'interno delle strutture sociali della società mediterranea e di quella
galileiana del primo secolo95.

Esiste un dibattito tra studiosi contemporanei sul fatto se fosse davvero un


contadino o un poco più in alto negli strati socio-economici del suo
tempo: non sembra essere stato un contadino in senso stretto, qualcuno che
lavorava solo la terra per vivere.

Era vicino, tuttavia, alla società contadina; le immagini delle sue parabole
e i suoi detti, sono saldamente radicati in essa e ricordano le attività
quotidiane. Comprendono anche immagini di proprietari terrieri e rapporti
tra padroni e servi.

I vangeli descrivono Gesù nato in una povera famiglia di artigiani nel


villaggio di Betlemme e cresciuto a Nazareth, in Galilea (Mt 13, 54; Lc 2
4, 51). È chiamato falegname o figlio di un falegname (Mt 13, 55-56).

Ci sono stati tentativi di studiare la storia e l'uso del termine falegname per
una migliore comprensione della possibile professione di Gesù96.

Impiegando una metodologia che prende in considerazione l'antropologia


sociale, la storia e la letteratura greco-romana in riferimento ai detti e
azioni di Gesù, J. D. Crossan è giunto alla conclusione che Gesù poteva
essere un contadino ebreo mediterraneo che lavorava tra le fattorie e
villaggi della bassa Galilea. Egli proveniva dal ceppo contadino e fu
socializzato precocemente alla routine dell’agricoltura97.
95
Cf. D. G. DUNN, Gli albori del cristianesimo. I La memoria di Gesù. 1Fede e Gesù storico, Brescia, 2006.
96
Cf. J. P. MEIER. Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico.1.Le radici del problema e della persona, Brescia,
2001, 286 – 298.
97
Cf. J. D. CROSSAN, Una biografia rivoluzionaria, Firenze, 1994; W. R. HERZOG II, Gesù profeta e maestro.
Introduzione al Gesù storico, Roma, 2008; P. BERTALOTTO, Il Gesù storico. Guida alla ricerca contemporanea,
81
Nel suo insegnamento Gesù si riferisce anche ai tribunali, al mercato, alla
finanza, agli investimenti per interesse, all'assenza di un padrone di casa;
immagini che indicano familiarità anche con la vita di città.

L' agricoltura nell’impero romano era connessa con gli ambienti urbani e
il commercio movimentava le aree dove viveva Gesù, nella zona costiera
di Sidone e Tiro, i villaggi di Cesarea di Filippo e le città della Decapoli,

Le immagini che Gesù comunque usa nelle parabole che in seguito


commenteremo, sono per la maggior parte tratte dal mondo naturale,
agganciandosi per le sue riflessioni, alle attività agricole.

Gesù, passava molto tempo all'aperto: guardava attentamente ciò che


succedeva intorno a lui nel mondo naturale, riflettendo su di esso.

Nazareth, era il luogo dove visse la sua infanzia, sulle colline della Galilea.
Ai suoi tempi, era costituita da alta e bassa Galilea, caratterizzata da catene
montuose e valli fertili. A differenza di altre zone, godeva di precipitazioni
abbondanti, diventando un'importante area agricola, la regione più
produttiva del paese. Oltre al grano, la vite e l'olivo vi crescevano in
abbondanza. La rigogliosità della natura deve aver influenzato la vita di
Gesù.

Egli, tra l’altro, spesso si ritirava su una collina o montagna per pregare da
solo o con i suoi discepoli, ed era sulle montagne che Gesù vedeva i
pastori guidare le loro pecore su stretti sentieri, portando gli agnellini in
braccio, per proteggerli dai i lupi.

Sulla montagna Gesù nominò i dodici (Mc 3, 13); un monte è stato il


luogo della sua trasfigurazione, e il posto preferito a Gerusalemme era
all'aperto, il monte degli Ulivi, dove spesso sedeva, insegnava o pregava,
fuori le mura della città, di fronte al tempio. Su una montagna in Galilea
che Gesù risorto incaricò gli apostoli di fare discepoli tutti i popoli della
terra (Mt 28, 19).
Roma, 2010.
82
Conobbe la regione selvaggia intorno al fiume Giordano dove Giovanni
viveva e battezzava e dove trascorse quaranta giorni tentato da Satana (Mc
1,19-12). Frequentava il mare di Galilea (Mc 1, 16) dove lo troviamo
mentre insegna sulla riva o sale su una barca, per giungere all’altra riva
(Mc 5, 21). Sarà anche il contesto per la chiamata dei primi discepoli, tutti
pescatori.

Passando per i campi e le fattorie della Palestina, Gesù raccolse molte


delle immagini che sarebbero riapparse nel suo insegnamento: il
seminatore che esce per seminare (Mc 4, 3ss), i campi maturi per la
mietitura (Mc 4, 29), la vigna, (Mc 12, 1ss), gli alberi di fico (Mc 13, 28
ss) 98. Parla anche di lievito, pane, vino vecchio e nuovo, pecore e capre,
del pastore, dell’ovile e del gregge, di erbacce tra i campi di grano, di
pescatori, di reti vuote o piene di pesci.

Gesù era immerso nel mondo naturale, ma non ne aveva una prospettiva
romantica o idilliaca. Ebbe modo di confrontarsi con una realtà deturpata
dal male e dalla sofferenza.

Il primo capitolo dell’evangelista Marco mostra anche questo lato oscuro.


Un uomo posseduto che urla e grida nella sinagoga (Mc 1, 23 ss); la
suocera di Pietro con una forte di febbre (Mc 1, 30-31); un lebbroso che
implora di essere guarito (Mc 1, 40 ss); folle che vengono a Gesù con
malati d’ogni tipo (Mc 1, 33-34).

Gesù si interessa dell’uomo in modo particolare, come sottolinea


l’enciclica Laudato si’. La loro sofferenza diventa la sua e agisce per
liberarli.

98
Cf. E. F. DAVIS, Scripture, Culture, and Agriculture. An Agrarian Reading of the Bible, New York, 2009;
E. P. ECHLIN, Climate and Christ. A Profetic Alternative, Dublin, 2010.
83
Inoltre, gli esseri umani sono il vertice della creazione e hanno un ruolo
unico di responsabilità. E’ anche per questo che le analogie più frequenti
che Gesù fa al mondo naturale sono collegate ad agricoltori, pescatori,
vignaioli, pastori: esseri umani che lavorano insieme con la natura,
trasformando le materie prime in cibo, bevande e vestiti.

Il mondo naturale in cui Gesù vive non è come all'inizio quando tutto era
buono. E’ chiaro che molte realtà sono state corrose dal peccato. Il deserto,
per esempio, è visto come un luogo ostile, la dimora di Satana, la
personificazione di tutto ciò che è distruttivo e contrario agli scopi di Dio
nella creazione.

Gesù ha apprezzato comunque la bellezza della natura (Mt 6, 28-29) e l’ ha


integralmente rispettata. Nella Galilea rurale ha imparato a conoscere Dio
come di colui che si prende cura del creato, osservando alberi da frutto,
fiori, uccelli. Conosceva le Scritture che insegnavano che Dio è creatore
di tutte le cose (Mc 10, 6-13, 19; Mt 19, 4)99.
La natura riflette l’agire di Dio e la sua tenerezza (Mt 5,45; 6, 26-30, Lc
12, 6).
Dio è un Padre amorevole che sostiene e dà la vita a tutti gli esseri (Gv 5,
17, 6, 33; Lc 24, 38), fornisce cibo per animali, uccelli e piante (Mt 6, 26-
30; Lc 12, 6).
Dal momento che ama tutte le persone, fa splendere il sole e fa cadere la
pioggia sui giusti e anche sui malvagi (Mt 5,4). Come Signore del cielo e
della terra, Dio è degno di lode e obbedienza (Mt 11, 25; Lc 10, 21): lui
stesso, risorto proclama di avere ogni autorità in cielo e in terra (Mt 28,
18).
La natura offre anche indicazioni etiche: che Dio doni sole e pioggia anche
per i malvagi è un modello per spingerci ad amare i nemici (Mt 5, 44-45).
Poiché Dio provvede ai bisogni degli animali e delle piante, gli esseri
umani, di conseguenza, dovrebbero avere piena fiducia in Dio, per
provvedere ai loro bisogni materiali e chiedere nella preghiera il pane
quotidiano per tutti (Mt 6, 11; 25-33). Gesù ha usato la natura
99
Cf. E. P. ECHLIN, Earth Spirituality. Jesus at the Centre, New Alresford, Hants, 2002.
84
metaforicamente: parabole con semi, erbacce, grano, lievito, pesci e alberi
insegnano, come analizzeremo approfonditamente cos’è il regno di Dio 100.
Gesù era a suo agio nel mondo materiale, non ne fu schiavo.
La priorità era quella di cercare il regno di Dio. Se una persona si fida di
Dio, persegue il suo regno e la sua giustizia come assoluta priorità.
Tutte le cose create valgono agli occhi del creatore. La natura ha un valore
intrinseco, anche le pietre glorificano Dio (Lc 19, 40).
Molti degli insegnamenti di Gesù hanno implicazioni concrete per la
gestione ambientale. La leadership sul creato implica il servizio non
l'oppressione (Mc 10, 42-44). Il dominio umano sulla natura deve essere
esercitato per il bene della creazione, non per la sua distruzione egoistica.
La terra appartiene a Dio non all'umanità (Mt 11, 25, Sal 24, 1) e gli
uomini saranno giudicati sulla condizione in cui restituiranno i beni
ricevuti (Mt 25, 27).
I miracoli a cui dedicheremo uno specifico approfondimento, mostrano la
potenza divina, la gloria e l'autorità di Gesù sulla natura e incoraggiano ad
aver fede in lui.
Semplicemente pronunciando una parola, calma la tempesta (Marco 4: 39-
41; Mt 8, 23-27), proprio come Dio ha creato il mondo per mezzo della
parola, “E disse Dio” Va-yyiòmer elohim, in ebraico (Gn 1, 3).
Nella prima pagina del Genesi, nel racconto della creazione, scritto dopo
l’esilio di Babilonia (IV-V sec a.C.), per dieci volte ricorre l’espressione
“E Dio disse”; tale ripetizione corrisponde alle dieci generazioni patriarcali
annotate nello stesso libro, alle dieci piaghe d’Egitto, infine alle dieci
parole, i comandamenti che Dio dona a Israele sul Sinai.
Alle dieci parole della creazione corrispondono dieci risultati, perché il
testo biblico conclude sempre con: “e così fu”.
Il “principio”, il fondamento di ciò che esiste è una parola che comunica
ciò che esprime, e suscita la vivente (il sole, la luna, le stelle, le acque, gli
alberi, i pesci, gli animali, l’uomo e la donna). La Parola non è vuota, ma
creativa, genera relazioni feconde, perché ogni realtà che emerge da questa
parola divina, produca frutto.  Alla prima pagina del Genesi, fa eco quella
100
Cf. E. P. ECHLIN, The Cosmic Circle. Jesus and Ecology, Dublin, 2004.
85
del vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo”, a stigmatizzare
l’inizio della creazione rinnovata attraverso la sua profonda incarnazione.

E’ necessario poi considerare anche il contesto storico-economico un cui


Gesù parla della natura. Non dobbiamo fermarci ad una contemplazione
poetica. Vi era al tempo di Gesù una condizione di repressione e
imposizione di tributi gravosi.
L’attuale ricerca sulla realtà storica della Galilea oscilla tra due posizioni
differenti: alcuni studiosi la interpretano con criteri riferiti alla
antropologia culturale e alla macro-sociologia101, altri invece si affidano
maggiormente alla archeologia, contestando l’uso delle scienze sociali 102.
Alcuni sostengono che le relazioni tra i villaggi rurali e le città erano di
ostilità, mentre altri sostengono che il rapporto fosse di reciprocità
economica.

Da un lato si sostiene che in Galilea, come in altre zone rurali, vivessero


contadini poveri in campagna e persone ricche e sfruttatrici nelle città,
dall’altro, c’è chi invece sottolinea quanto la vita fosse abbastanza buona
per tutti in un contesto sufficientemente egalitario.

Ne escono visioni diverse anche il relazione alla interpretazione figura e


missione storica di Gesù103.

101
Cf. W. CARTER, Matthew and the Margins. A socio-Political and Religious Reading, Sheffield, 2000; Id.,
Matthew and Empire. Initial Explorations, Harrisburg, Pennsylvania, 2001; R.A. HORSLEY, Jesus in Context. Power,
People, & Performance, Minneapolis, 2008, Id., Covenant Economics. A Biblical Vision of Justice for All, Louisville,
Kentucki, 2009; Id., Jesus and the powers. Conflict, Covenant, and the Hope of the Poor, Minneapolis, 2011; T.
THATCHER, Greater than Caesar. Christology and Empire in the Fourth Gospel, Minneapolis, 2009.
102
“Insisto su questa relative pace e stabilità in Galilea perché sin troppo spesso Gesù è presentato come un esacerbato
ribelle sociale emergente da un calderone ribollente di intollerabile ingiustizia sociale ed economica. Tale ritratto, per
quanto allettante per gli studiosi moderni, attribuisce al Gesù storico un tipo di coscienza sociale e di preoccupazione
politica di cui ci sono ben poche prove nei vangeli. Esso inoltre dipinge un quadro impreciso delle condizioni della
Galilea e della sensibilità dei galilei durante il ministero pubblico di Gesù. In realtà, intorno agli inizi dell’era cristiana,
gli ebrei si ribellarono molte volte contro i potenti imperi siriano e romano, nonostante la ribellione sembrasse una
follia, ma gli ebrei della Galilea non tentarono mai un’insurrezione contro il molto meno potente Antipa” J. P. MEIER,
Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico.2. Mentore, messaggi e miracoli. Brescia, 2002, 618. F. TESTAFERRI,
Galilea al tempo di Gesù. Nuove scoperte archeologiche e prospettive, Assisi, 2018.
103
Cf. C. BRAVO GALLARDO, Jesús, hombre en conflicto. El relato de Marcos en América Latina, Santander, 1986;
J. SOBRINO, Gesù Cristo liberatore. Lettura storico-teologica di Gesù di Nazareth, Assisi, 1995; R. DRI, El
movimento antiimperial de Jesús. Jesús en los conflictos de su tiempo, Buenos Aires, 2004; W. H. HERZOG II, Gesù
profeta e maestro. Introduzione al Gesù storico, Torino, 2008; M. ACOSTA BONILLA, Vivir en marginalidad:
lectura socio-histórica del Evangelio de Lucas, San Salvador 2010; R. LASALLE – KLEIN, Jesus of Galilee.
Contextual Christology for the 21st Century, New York, 2011.
86
Forse è la sintesi tra le due posizioni ad aiutarci a comprendere meglio la
sua vita e la missione anche dal punto di vista ecologico. Gesù stesso parla
di operai dell’ultima ora, di persone quindi disoccupate, a cui il padrone
della parabola riconosce la stessa ricompensa di chi pure ha lavorato
un’intera giornata, come espressione paradossale della sua misericordia;
oppure, i malati che vengono guariti, erano emarginati e vivevano in
condizioni di grave miseria, costretti a mendicare.

Ecologia e giustizia come afferma Papa Francesco, non vanno mai


disgiunte. Lo sfruttamento dell’ambiente è collegato allo sfruttamento
delle persone spesso per massimizzare profitti, idolatrando denaro e
ricchezza.

Resta comunque assodata nella esperienza storica ed ambientale di Gesù,


la centralità di Dio che vuole obbedienza dall’uomo per ricostruire il
giardino dell’Eden, distrutto dalla ferocia e avidità peccaminosa degli
esseri umani, nell’ascolto docile della parola di salvezza, costruendo il
regno della nuova creazione.

4.L’aspetto ecologico nelle parabole evangeliche

Il messaggio che Gesù desiderava comunicare attraverso le parabole era


centrato sul fatto che esiste una reale interrelazione tra l'opera divina che si
realizza nel regno di Dio e i processi naturali. È Dio che è attivo in
entrambi in quanto salvatore e creatore.

87
La questione del regno di Dio è topica nel suo messaggio: potremmo
definirlo come l’annuncio radicale dell’azione misericordiosa di Dio
offerta a tutta l’umanità, in modo speciale ai poveri, perché Dio viene in
loro soccorso. Il concetto non era nuovo presso il popolo ebraico, ma con
Gesù, assume una dimensione del tutto originale104.

E’ offerta di grazia, intervento benevolo e gratuito, liberatore e


appassionato di Dio nella concretezza della storia umana, segnata da
peccato e alienazione. Gesù ne parla come di una realtà viva e dinamica.
E’ annuncio di perdono, di sradicamento del male e del peccato a livello
personale, strutturale ed ecologico.

Parte in modo inequivocabile da coloro che sono privati dei beni della
creazione, destinati a tutti. Il regno viene per porre fine a questa situazione
disumana. La stessa creazione però è ferita e rientra a pieno titolo nella
categoria di povero, in quanto lacerata dall’egoismo umano che vittimizza
anche l’ ambiente naturale.

Le parabole erano la forma primaria con cui Gesù parlava ai suoi


interlocutori: le ha usate non solo per testimoniare contro il sistema di
oppressione del suo tempo, ma soprattutto per proporre un nuovo modo di
essere nel mondo che avrebbe unito le persone, creando una comunità
ospitale, colma di generosità e amore, cioè il regno di Dio.

Spesso Gesù ha usato una parabola in risposta a una domanda specifica


senza rispondervi direttamente. Questa pratica illustra il significato
letterale del termine “parabola”, che deriva dalla combinazione di par (a
fianco) e bole (mettere, accostare).

Le immagini in questa forma letteraria sono messe le une accanto alle altre
senza la particella di paragone (come) e utilizzate per illustrare una cosa

104
Cf. H. MERKELEIN, La signoria di Dio nell’annuncio di Gesù, Brescia, 1994; R. SCHNACKEENBURG, Signoria
e regno di Dio. Uno studio di teologia biblica, Bologna 1990; M. BUSSMANN, Regno di Dio, in Enciclopedia
teologica, Brescia, 1989, 837-851; J. D. G. DUNN, Gli albori del cristianesimo. 1. La memoria di Gesù. 2. La missione
di Gesù, Brescia 2003, 424-528.
88
non conosciuta, velata dalla storia stessa della narrazione, lasciando agli
ascoltatori il compito di decifrarvi l’ insegnamento che essa contiene105.

Nella sua forma più semplice la parabola è la metafora tratta dalla natura o
vita comune; coinvolge il lettore con la sua dinamicità o anche stranezza e
lascia nel dubbio sulla sua precisa applicazione. Le parabole sono
sorprendenti perché introducono una nota di rottura della realtà quotidiana;
prendono una normale situazione e la capovolgono o frantumando norme
sociali, scardinando luoghi comuni.

Si crea uno scenario, si descrive un'azione, e riferendosi sempre ad una


precisa verità, si mostrano i risultati106. Le parabole mediano per gli
ascoltatori di Gesù, l’esperienza della volontà di Dio che lui realizza, di
ricreare la libertà umana e l’intera creazione.

Esse sono realmente metafore del regno di Dio, raffigurazione della sua
dinamica che mette radici nel presente, ma solo alla fine della storia
giungerà a pieno compimento.

Nel contempo mai si può separare la parabola dal suo narratore, perché la
prassi di Gesù ne è la spiegazione più vivida ed esse sono al contempo,
commento teologico del suo agire concreto107.

Posseggono una immediatezza che si traduce in un coinvolgimento degli


ascoltatori affinché il messaggio incida nel loro animo, li porti a
interrogarsi sulla proposta del regno e prendano la decisione di seguire
Gesù su una strada completamente nuova e a tratti radicalmente alternativa
alla logica mondana.

Il linguaggio metaforico in un certo senso, distorce ciò che è familiare, per


richiamare l'attenzione su di esso e per portarlo in una nuova cornice di

105
Cf. L. COENEN – E. BEYREUTHER – H. BIETENHARD, Parabola in Dizionario dei concetti biblici del Nuovo
Testamento, Bologna, 2007, 1145- 1150.
106
Cf. J. DUPONT, Il metodo parabolico di Gesù, Brescia, 1990.
107
Cf. H. WEDER, Metafore del regno. Le parabole di Gesù: ricostruzione e interpretazione. Brescia, 1991.
89
riferimento, una nuova totalità referenziale che, provocando, stimola a
rivedere il proprio pensiero e il proprio agire nei confronti della proposta
di Gesù.
E’ significativo notare che è limitato il numero di parabole che
proclamano il regno di Dio in sé. Nella stragrande maggioranza di esse
prevale la preoccupazione della successiva risposta di coloro che,
confrontati con l’agire di Dio in Gesù decidono di accoglierlo e seguirlo.
Le immagini usate nelle parabole derivano da esperienze di vita quotidiana
comuni, trasmettendo la verità del regno in modo concreto, anziché
comunicarla concetti astratti108.

Non esiste una semplice analogia, ma un'affinità profonda tra l'ordine


naturale e la prospettiva salvifica di Dio in Gesù, o come potremmo ridire
nel linguaggio delle parabole stesse, il regno di Dio è intrinsecamente
simile ai processi naturali e della vita quotidiana degli uomini e viene a
stabilirsi proprio nel cuore dell’esistenza personale, storica e ambientale 109.

Le parabole ci dicono che il regno di Dio è già in opera nella creazione e la


redenzione guarisce il male compiuto in essa, dal peccato umano. Ferire la
creazione, inquinando, distruggendo, avvelenando, è porsi nella logica
dell’anti-regno diabolico che lacera, spezza, frantuma gli equilibri divini
dentro le realtà create.

In questo senso, l’annuncio del regno in parabole, oltre che confermare la


affidabilità di Dio e la sua dedizione alla causa della creazione, è anche
giudizio sul comportamento umano alienante e distruttivo e invito ad
accogliere nella fede, la possibilità di una ricreazione del cuore indurito110.

108
Cf. K. R. SNODGRASS, Stories with Intent. A Comprehensive Guide to the Parables of Jesus. Second Edition,
Grand Rapid, Michigan, 2018.
109
Cf. R. ZIMMERMANN (a cura di), Compendio delle parabole di Gesù, Brescia, 2011.
110
Cf. L. SHOTTROFF, Le parabole di Gesù, Brescia, 2007.
90
La corrispondenza nelle parabole, tra le immagini della natura e il regno
di Dio evidenziano la necessità e la liceità di reinterpretarle nel contesto
delle preoccupazioni ecologiche del nostro tempo.

5. Le parabole nel Vangelo di Marco

Anzitutto, il vangelo di Marco, riporta un testo interessante dal punto di


vista della questione ecologica Si tratta del racconto delle tentazioni, ove
l’evangelista attesta che Gesù, dopo il battesimo al Giordano, viene
sospinto dallo Spirito nel deserto: vi rimane quaranta giorni tentato da
Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano, sostiene il
racconto (Mc 1, 12-13).

Possiamo notare che Marco presenta tre incontri non umani di Gesù nel
deserto. Il primo è di inimicizia, con Satana. Il terzo è di alleanza con gli
angeli. Il secondo è intermedio, con le bestie selvatiche.

Nel Primo Testamento le bestie selvatiche potevano rappresentare le


potenze del male (Sal 22, 13-22). La tradizione ebraica, faceva iniziare
l’ostilità degli animali selvatici con la caduta di Adamo che prima invece,
dominava su di loro: gli angeli gli arrostivano la carne e gli versavano il
vino. Gesù, a differenza di Adamo, ha vinto la tentazione e ricostruita
l’armonia iniziale del paradiso terreste.

Marco sembra acnh’egli alludere a Gesù come il nuovo Adamo che ritesse
l’alleanza perduta con Dio nella creazione111.

Marco raffigura Gesù in pacifica armonia con gli animali selvatici; questa
era l'intenzione originale di Dio per l'umanità, sconvolta poi dalla

111
Cf. E. SCHWEIZER, Il Vangelo secondo Marco, Brescia, 1971, 47.
91
lacerazione del peccato. Cessa la violenza tra predatore e prede e quella tra
gli animali stessi. L’evangelista presenta Gesù con le bestie selvagge per
indicare il compimento delle condizioni paradisiache.

Gesù tra gli animali selvatici è l'Adamo escatologico che ha resistito a


Satana; non ha ceduto alla tentazione come ha fatto il primo Adamo.

Così egli ripristina le condizioni paradisiache, perché è in pace con gli


animali. Lo stare di Gesù con le bestie selvatiche afferma anche il loro
valore in se stesse. Lascia che siano in pace, nel deserto, affermandole
come creature che condividono il mondo con gli esseri umani112.

Ciò che Gesù stabilisce è l’inizio del regno di Dio, ed egli è il


rappresentante della pace messianica (Is 11, 1-10), la cui piena
realizzazione consisterà, come dice il profeta Isaia, nella convivenza
pacifica tra uomini e animali.

Il racconto di Gesù che sta con gli animali selvatici è il simbolo della
possibilità umana di vivere fraternamente con altre creature viventi, una
possibilità data da Dio nella creazione e restituita nella redenzione
messianica. Come tutti gli aspetti riguardanti il regno di Dio, avranno la
loro pienezza nel futuro escatologico, ma anticipabili nel presente 113. La
redenzione messianica abbraccia e coinvolge non solo il mondo umano ma
l’intera creazione.

Il tutto è realizzato dallo Spirito che ha spinto Gesù a rinnovare questa


situazione e invita anche i suoi discepoli a vivere di nuovo l’armonia tra le
creature e l’ambiente. Veniamo ora in specifico alle parabole più
interessanti per la nostra indagine presenti nel vangelo di Marco114.

112
Cf. R. BAUCKMAM, Living with other Creatures, cit., 111- 132.
113
Cf. C. A. SINTADO, Social Ecology. Ecojustice and the New Testament. Liberating Readings, Geneva, 2015,
163-221.
114
Cf. J. R. DONAHUE – D. J. HARRINGTON, Il Vangelo di Marco, Torino, 2006.
92
Partiamo da quella definibile del digiunare o far festa (Mc 2, 18-22), ove si
riferisce che alcuni contestano a Gesù che i suoi discepoli non digiunano
come quelli di Giovanni e dei farisei. La risposta di Gesù verte sul fatto
che ora lo sposo è in mezzo al popolo e non ha senso digiunare: è il tempo
della festa nuziale per l’arrivo del messia.

Bisogna cogliere l’assoluta novità del momento: Gesù avverte in seguito,


con una nuova breve parabola, come non si deve cucire un pezzo di panno
grezzo su un vestito vecchio, con il rischio di uno strappo peggiore e non
si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si corre il rischio di far
scoppiare gli otri, perdendo vino e otri.

Gesù oltre che indicare la gioia del regno che lui inaugura, invita ad
accogliere questa novità prendendo spunto dal creato. Il vino, insieme
all’olio e al pane colmavano i bisogni essenziali dell’alimentazione. Le
vecchie anfore di terracotta e i vecchi otri di pelle, consunti, riempiti di
vino fermentante potevano scoppiare e far perdere il prezioso frutto della
vite.

Gesù ecologicamente insegna a riconoscere la preziosità dei prodotti della


natura, a non sprecarli, a far in modo che vengano conservati e utilizzati
come dono di Dio.

Aver cura dei prodotti della terra, senza che per superficiale trascuratezza
o indifferenza vadano perduti e distrutti, è applicare la realtà del regno di
Dio dentro le coordinate del vivere al seguito di Gesù. Non può che
scandalizzare il fatto che solo in Italia, mediamente ogni anno si sprecano
in alimenti 15 miliardi di euro, il corrispondente dello 0,88% del prodotto
interno lordo.

93
Di stampo ancor più ecologico, è la parabola del seminatore (Mc 4, 1-9),
da Gesù stesso poi spiegata (Mc 4, 13-20). La parabola è presente anche
negli altri due vangeli sinottici (Mt 13, 1-9. 18-23), (Lc 8, 5-8. 11-15)115.

Il seminatore, dopo l’aratura faticosa, sparge la semente. Il seme però


incontra terreni diversi e solo in un caso su quattro produce frutto, anche se
in quantità diversificata. L’annuncio del regno quindi, da parte di Gesù,
può incontrare resistenza, ma anche terreno buono che l’accoglie.

Nel mistero della libertà umana si gioca l’accoglienza del dono della
sovranità benevola di Dio. Ecologicamente possiamo interpretare la
parabola come descrizione della realtà ambientale nell’oggi: ci sono ancora
terreni buoni che permettono la coltivazione, ma anche altri segnati da
problematiche dovute ad interventi negativi dell’uomo.

Il seme che cade lungo la strada e viene divorato dagli uccelli fa pensare
alla quantità di terra sottratta all’agricoltura, al sostentamento umano, per
essere usata a scopi industriali o estrattivi, nocivi ed inquinanti.

Si guardi alla deforestazione incontrollata che colpisce ampi territori:


emblematica è la distruzione legalizzata della foresta amazzonica in
ulteriore aggravamento con le scelte politiche del nuovo governo 116. La
natura che pure deve servire alla vita umana, viene violentata e massacrata
senza criterio.

C’è poi il terreno sassoso: il seme germoglia ma non può svilupparsi e


quando appare il sole, il germoglio brucia: questo ci fa venire in mente
l’attuale desertificazione avanzante e la siccità dilagante, dovute ai
cambiamenti climatici intervenuti a causa della incontrollata azione
umana. La piantina brucia, non ha radici, muore e non serve all’uomo: anzi
ne determina sofferenza e tribolazione.

115
Questa parabola, insieme a quelle dei fittavoli malvagi della vigna, del grande banchetto, e dei talenti - monete, è per
P. Meier, da considerarsi tra cosiddette poche elette, cioè le uniche che sarebbero state pronunciate da Gesù stesso. Cf.
J. P. MEIER, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico.5. L’autenticità delle parabole, Brescia, 2017, 231-354.
116
Cf. www.newscientist.com , 22 luglio 2019.
94
Anche il seme tra i rovi e che viene soffocato, ci fa pensare all’incuria
ambientale, alla cementificazione senza regole, al verde costretto a sparire
per la negligenza o colpevolezza umana; rammentiamo tristemente gli
incendi dolosi o i disastri dovuti a fenomeni estremi di tipo temporalesco o
siccitoso, attribuiti dalla scienza al cambiamento climatico, causato dalla
aggressiva attività umana.

Gesù conclude con un invito pressante: chi ha orecchi per ascoltare,


ascolti. Dobbiamo interiorizzare con fede la parola di Dio e concretizzarla,
ascoltando il grido della terra e dei poveri, per ridare speranza alla
creazione e all’intera umanità.

Specifica del vangelo di Marco è la parabola del seme che cresce


spontaneamente (Mc 4, 26-29). Essa fa comprendere che il regno di Dio
assomiglia al processo di crescita naturale che è principalmente opera di
Dio. E’ questo che ci vuole dire l’evangelista, parlando del seme che si
sviluppa da solo fino alla maturazione, mentre il contadino non sa come. Il
seme racchiude in sé un principio germinativo, una forza potenziale che
Dio stesso gli ha donato.

Gli agricoltori hanno un ruolo vitale da svolgere nella semina e nella


raccolta, nonché nelle fasi intermedie della crescita delle piante. Eppure,
c'è anche un tempo in cui dovrebbero fermarsi e lasciare che madre terra
faccia il suo lavoro. Il principio germinativo del seme richiede di ritirarsi
dalle attività per un certo tempo, riflettere sulla dinamica provvidenziale
insita nella creazione e goderne.

C’è bisogno di riprendere coscienza che l’umanità ha anche un ruolo più


passivo da svolgere: ascoltare, ammirare, non correre forsennatamente e
guardare i campi. Sono l'attività e la passività insieme che determinano il
completamento del processo naturale, come avviene anche per il regno di
Dio.

95
Gli sforzi agricoli dovrebbero quindi essere orientati verso la cooperazione
con la natura. Questo prevede la prevenzione dell'erosione del suolo e
l'integrazione della comunità umana con l'ecosistema, preservandone
l'integrità, la stabilità e la sostenibilità, attraverso la cura, la sensibilità ed
educazione ecologica.

Il successo, alla fine di un lungo processo della stagione agricola, deriva


dalla cura divina. Questa prospettiva è spesso stritolata dalla cultura
efficientistica e calcolatrice. La natura e la terra sono solo realtà sfruttabili
e fruibili per meri scopi economici. Questo va riconosciuto e avversato al
fine di invertirne la pericolosa deriva.

Interessante è anche la parabola del granello di senape (Mc 4, 30-32)


presente anche in Matteo (13, 31s) e Luca (13, 18s). Il regno di Dio è
simile a quel seme che risulta proverbialmente essere il più piccolo di tutti
e poi invece forma un albero più grande delle altre piante dell’orto e rami
da ospitare i nidi degli uccelli del cielo.

Il messaggio teologico è chiaro: il regno di Dio proclamato da Gesù è il


nuovo Israele, la comunità del regno che cresce irresistibilmente anche se
storicamente sembra essere insignificante e diventerà il luogo alla cui
ombra, troveranno rifugio le genti. La forza del germoglio che si sprigiona
da quel minuscolo granello è la manifestazione del principio vitale che Dio
stesso gli ha donato e il suo sviluppo non dipende da nessuna azione
umana.

Dal punto di vista ecologico, risalta, come nella parabola precedente del
seme che cresce da solo, l’intima vitalità della natura, il dinamismo
intrinseco della creazione che genera piante e arbusti.

Ogni realtà creata serve ad altre in una interconnessione vitale: l’albero


cresciuto permette ai uccelli di riprodursi, per mantenere viva la
biodiversità, così minacciata, come in precedenza evidenziato.

96
Troviamo poi nel vangelo di Marco la parabola dei vignaioli malvagi (Mc
12, 1-12) con corrispondenze in Matteo (21, 33-46) e Luca (20, 9-19).

Si parla di un uomo che pianta una vigna, la circonda con una siepe, scava
una buca per il torchio, costruisce una torre e la dà in affitto a dei contadini
che, al momento in cui il padrone invia i servi per ritirare il raccolto,
reagiscono picchiandoli ed insultandoli.

Il proprietario manda infine il figlio ma i contadini malvagi lo uccidono.


Chiara l’allusione ad Israele, vigna curata da Dio che rifiuta i profeti e
persino il messia.

Dal punto di vista ecologico, la parabola sottolinea la particolare cura per


la vigna da parte del padrone che la concede a degli affittuari i quali,
attraverso accordi economici dovevano coltivarla, restituendone parte degli
utili.

Come non pensare a quanta terra viene invasa per interessi specifici ed
utilizzata a scopo di lucro e profitto. La sete di denaro sta giustificando
invasioni di intere nazioni per accaparrarsi la terra, il triste fenomeno del
land grabbing117 lo dimostra, obbligando i contadini che da essa traggono
sostentamento necessario, a lasciarla in mano a multinazionali
sfruttatrici118.

I vignaioli malvagi rappresentano tutti coloro che scordando la realtà della


creazione come dono di Dio, curata e amata fin nei minimi particolari, ne
abusano per potere o ricerca di ricchezza. Decisi a tutto, anche ad uccidere.
Non possiamo scordare quanti attivisti che difendono l’ambiente sono stati
e sono minacciati e anche molti uccisi in questi ultimi anni, alcuni
chiamati martiri della Laudato si’119.

117
Cf. P. DE FELICE – M. G. G GRILLOTTI DI GIACOMO, Land grabbing e land concentration. I predatori della
terra tra neocolonialismo e crisi migratorie, Milano, 2018.
118
Cf. Il land grabbing uno scandalo in continua crescita in www.oxfam.it, 22 settembre 2017.
119
Cf. J. DEAR, They Will Inherit the Earth. Peace and Nonviolence in a Time of Climate Change, New York, 2018.
97
Ritroviamo in Marco anche la parabola del fico che rinverdisce (13, 28-
30), presente anche in Matteo ( 24, 32-35) e Luca (21, 29-31). Gesù invita
ad imparare alcune cosa da questa pianta. Quando il suo ramo diventa
tenero e spuntano le foglie si sa che l’estate è vicina. I tempi sono orami
giunti a maturazione: il regno di Dio, menzionato esplicitamente in Luca, è
vicino, germoglia nella storia e si realizza in pienezza nella vita di Gesù.

La capacità di osservare la natura e riconoscerne i ritmi provvidenziali


dovrebbe spingerci a interpretare i segni positivi del nostro tempo, quali il
risveglio della sensibilità ambientale.

Soprattutto però dobbiamo capire che la natura invia anche segni di


sofferenza causati da azioni irresponsabili degli uomini: aumento di
inquinanti nell’atmosfera che innalzano la temperatura, scioglimento dei
ghiacciai con conseguente definitiva scomparsa di riserve idriche, perdita
della biodiversità, estremizzazione dei fenomeni atmosferici, inquinamento
dovuto a rifiuti tossici, nascosti e interrati con l’ausilio delle ecomafie, ed
altro ancora. Dovrebbero farci intuire che è necessario cambiare direzione,
prima che sia troppo tardi: per il pianeta e per la umanità intera.

98
6. Parabole e discorsi di Gesù nel vangelo di Matteo

Prendiamo ora in esame alcune parabole specifiche del vangelo di Matteo,


conglobate nel capitolo tredici e lasciamo che anch’esse ci indichino quali
passi dobbiamo compiere per realizzare il regno dei cieli nella nostra vita,
amando e rispettando la creazione120.

Troviamo anzitutto la parabola della zizzania nel campo di grano (Mt 13,
24-30. 36-43), unica nei vangeli sinottici. Insieme al buon grano, cresce
anche l’erba infestante, seminata da un nemico. I servi vogliono eliminarla
subito ma il padrone, per evitare di sradicare anche il grano, rimanda il
tutto alla mietitura finale. La parabola è per l’evangelista, un
ammonimento ad Israele che ha rifiutato l’annuncio del regno e nel
contempo una esortazione ai discepoli a vivere il tempo della missione
nella pazienza e perseveranza121.

Cosa può insegnarci in relazione alla questione ecologica?

L’erba malvagia che va estirpata può rappresentare tutto quanto soffoca la


vita delle persone e dell’ambiente. Pensiamo di nuovo all’aria malata delle
nostre città e regioni, all’effetto serra, ai veleni che intaccano le falde
acquifere, e quello che gli avversari del regno, come nemici della
creazione, mettono in atto, distruggendola e soffocandola122.

Tempo comunque propizio, il nostro, seppur segnato dalla crisi ecologica;


può diventare occasione per recuperare la convinzione che siamo parte del
creato e servi, come dice la parabola che seguendo il Cristo, ne attuano la
strategia sapiente, seminando sempre il buon seme nel campo del
mondo123. E’ un invito a comprendere che il regno dei cieli non è distante
120
Cf. U. LUZ, Matteo 2, Brescia, 2010, 379- 476.
121
Cf. R. FABRIS, Matteo. traduzione e commento, Roma, 1982, 307.
122
Cf. L. MERCALLI, Non c’è più tempo. Come reagire agli allarmi ambientali, Torino, 2018.
123
Cf. E. M. WAINWRIGHT, Habitat, Human, and Holy. An Eco-Rhetorical Reading of the Gospel of Matthew, cit.,
130-147.
99
ma va impastato con le vicende storiche e la realtà ambientale da risanare e
rispettare e curare.

Seguono nel medesimo capitolo del vangelo di Matteo, tre brevi ulteriori
parabole: il tesoro nascosto, la perla preziosa, la rete della pesca (Mt 13,
44-51).

Possiamo trovare allusioni concrete alla questione ecologica. Anzitutto il


tesoro è nascosto nel campo, nel terreno. La natura ha in sé il tesoro della
vita piena per tutti e che coincide con il regno dei cieli. Per averlo, si deve
essere disposti a vendere tutto, come il protagonista che ricompra quel
campo. Il terreno ha in sé il tesoro della signoria di Gesù: seguire lui è dare
speranza alla terra seminandovi la giustizia e la cura per ogni essere
vivente.

Così anche la perla preziosa che poteva rappresentare nel mondo ebraico
Israele, o la legge, o una idea particolarmente riuscita. Indica anch’essa il
regno dei cieli e per seguirlo comunitariamente, si deve essere anche pronti
a vendere ogni cosa, cioè a rinunciare a se stessi, pur di aderire alla prassi
di Gesù nell’amore.

Dal punto di vista naturale, sappiamo che la perla è frutto di un lungo


processo di formazione. Il mollusco deposita molteplici strati di carbonato
di calcio introno a un corpo irritante entrato nella conchiglia. La perla è
dunque una ferita cicatrizzata.

Interessarsi ed interagire per la salute del pianeta significa cicatrizzare


ferite anche gravi, restituendo alla creazione il suo splendore. Inoltre, c’è il
reale rischio che la commercializzazione delle perle, porti alla distruzione
di centinaia di molluschi nella ricerca del prezioso oggetto. Come in altre
situazioni, entra di nuovo in gioco la bramosia umana che per fame di
denaro, distrugge l’ecosistema e la biodiversità.

100
Ciò vale anche per l’ultima parabola della rete gettata nel mare per la pesca
(Mt, 47-50) Per Matteo i pesci buoni e cattivi che vengono tratti a riva,
indicano due gruppi: coloro che accolgono o rifiutano la sua parola. Ciò
che è avvenuto storicamente nei riguardi di Gesù, accolto e rifiutato,
succederà nel giudizio universale. La comunità che ascolta deve rianimarsi
e seguire Cristo per evitare un destino di condanna.

Dalla prospettiva ecologica, viene invece l’ammonimento a ripensare tutta


l’attività della pesca nei nostri mari. La pesca moderna è portata avanti
con imbarcazioni enormi, equipaggiamenti sofisticati, sonar che scovano
anche il più piccolo dei pesci negli abissi degli oceani

Questi pescherecci, stanno svuotando i nostri mari e questo pone in essere


il problema della pesca eccessiva in tutto il mondo 124. La natura non riesce
a tenere il ritmo di questi prelievi, e le popolazioni ittiche si stanno
fortemente riducendo.

I grandi pesci predatori, un indicatore chiave della salute dell’ecosistema,


stanno sparendo a un ritmo allarmante 125. I pescatori, ma anche i politici, i
responsabili governativi, le popolazioni, prendendo coscienza della
situazione dovrebbero agire per mantenere l’equilibrio e il legame
organico tra il lavoro e la difesa dell’ecosistema.

Queste parabole invitano quindi ad una ulteriore riflessione critica e ad una


lettura ecologica affinché la basileia, cioè la signoria benevola di Dio,
non sia ridotta ad una visione unidimensionale, relativa solo al giudizio
finale, ma risponda nella prassi concreta dei credenti, uniti a tutti gli
uomini di buona volontà, alla sfida della distruzione del pianeta,
strettamente collegata allo sfruttamento delle persone126.

124
Cf. Pescatori e pesci al collasso: ecco la crisi globale della pesca in www.grenpeace.org, 11 novembre 2018.
125
Cf. M. DALLA COSTA – M. CHILESE, Nostra madre oceano. Questioni e lotte del movimento dei pescatori,
Roma, 2005; L. COLOMBO – A. ONORATI, Diritti al cibo! Agricoltura sapiens e governance alimentare, Milano,
2009.
126
Cf. E. M. WAINWRIGHT – R. J. MYLES – C. OLIVARES, Matthew. The Basileia of the Heavens is Near at
Hand, London - New York, 2017.
101
Oggi siamo chiamati ad essere custodi responsabili della terra che ci è stata
donata. Bene lo esprime la parabola di Matteo, degli operai della vigna (Mt
20, 1-6). Il padrone esce per ingaggiare lavoratori a diverse ore della
giornata, sino alla undicesima ora, azione che logicamente non avrebbe
senso compiere, visto ormai l’arrivo della sera imminente. .

Non si dice nemmeno di quale lavoro specifico abbisogni la vigna: forse


la vendemmia annuale o la sistemazione del vigneto. Questo non importa:
ciò che conta è entrare nella vigna, anche all’ultimo minuto per poterla
sistemare secondo la volontà del padrone. Egli è un proprietario speciale:
paga tutti i lavoratori allo stesso modo, non gli importa se qualcuno
brontola per gelosia, come gli operai della prima ora.

Ha stabilito un contratto e lo rispetta, ma è anche libero di essere generoso


e buono anche con chi lui ha chiamato, orami verso il tramonto imminente.
Il regno dei cieli è così: Gesù vuole condividere con tutti, anche con gli
ultimi, soprattutto i poveri, gli scartati, la bontà di Dio127.

Dio desidera che entriamo nella sua vigna, la creazione, e tutti insieme, sia
coloro che lo accettano come datore di tutto ma anche coloro che non lo
riconoscono come tale, la coltiviamo in modo giusto, secondo i parametri
di vita che egli vi ha immesso.

Ecologicamente parlando, la parabola è un ulteriore invito a non rimanere


fuori dall’imprescindibile compito di lavorare a rendere vivibile per tutti,
la vigna che è la terra meravigliosa e fragile, consegnata nelle nostre mani.

Analizziamo anche l’episodio che narra Matteo, presente anche in Marco


(Mc 11, 12-20), della maledizione del fico che Gesù fa immediatamente
seccare, perché non ha frutti che possano placare la sua fame (Mt, 21,18-
19). E’ forse un suo gesto contro la creazione?

Sappiamo che non era possibile prima della pasqua ebraica mangiare i
fichi, nemmeno acerbi, perché in quella stagione non avevano ancora il
127
Cf. M. ORSATTI, Tutti i giorni con noi. Leggere Matteo, Milano, 1987.
102
fogliame verde e il periodo della loro maturazione è verso giugno.
Quando Gesù compie il gesto, non era possibile che vi fossero frutti sulla
pianta.

E’dunque probabile che questo brano sia una allegoria per indicare la fame
di Dio nei confronti del popolo che egli vorrebbe ricondurre a sé,
attraverso la vita di Gesù e l’infedeltà invece di Israele. Gesù infatti,
compie tale gesto quando, entrato in Gerusalemme, va verso il rifiuto, la
condanna e la croce.

Dal punto di vista ecologico, potremmo asserire che la maledizione


pronunciata da Gesù, non è contro la pianta, ma contro quanto può
impedire di dare frutti. Il seccarsi del fico è un avvertimento affinché non
si ripetano più le condizioni che invece seccano le foreste, i campi, la
vegetazione. I cambiamenti climatici, l’inquinamento atmosferico e dei
terreni, la deforestazione sono eventi che inaridiscono e frantumano la
natura, la portano alla morte senza possibilità di rimediarvi.

Gli eventi temporaleschi recenti che hanno colpito l’Italia e non solo,
hanno portato distruzione dei frutti della natura e in pochi minuti hanno
lasciano dietro di sé danni incalcolabili: sappiamo che tali eventi climatici
sono conseguenza diretta del riscaldamento globale.

E’ come se Gesù ci dicesse che, ben diverso era il giardino dell’Eden dato
da Dio a tutti perché lo custodissero. Con la nostra azione guidata dalla
sete di guadagno, lo stiamo distruggendo rischiando quindi che non dia
più frutti.

Allo stesso modo va interpretato il discorso escatologico (Mt 24, 3-31), nel
quale Gesù fa riferimento all’abominio della desolazione di cui aveva
parlato il profeta Daniele e del fatto che ci sarà alla fine dei tempi, una
grande tribolazione. E’ un invito a reagire alla distruzione ambientale
prima che tutto venga ingoiato nel vortice dell’annichilimento planetario.

103
Gesù afferma che subito dopo questa tribolazione, il sole si oscurerà, la
luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo, le potenze celesti
vacilleranno e apparirà il figlio dell’uomo sulle nuvole del cielo con
potenza e gloria.

Sappiamo che qui vengono usate immagini di tipo apocalittico prese in


blocco dal Primo Testamento e questo espressioni al tempo di Gesù,
facevano parte di raccolte di testi che venivano adoperati per descrivere
l’aspetto definitivo e cosmico dell’intervento finale di Dio nelle vicende
umane128.

Lo sconvolgimento del sole, della luna, delle stelle, e delle forze celesti,
garanti della coesione della creazione, sono scosse; sembra vengano
eliminate le condizioni fondamentali che Dio ha fissato nella sua creazione
per la storia dell’umanità segnata dallo spazio e dal tempo.

E’ come se Cristo rientrasse nella creazione spezzandone le leggi per darle


una nuova struttura in quanto il presente è epoca solo negativa e
malvagia129.

Sembra esserci nella vicenda umana un reale “abominio della desolazione”


che non permette più di vedere un futuro per il mondo se non nello
spezzarsi definitivo della realtà presente, colma solo di tribolazione.

Di fatto questo abominio potrebbe anche diventare irreversibile se non


poniamo un freno alla distruzione creaturale.

Questa visione negativa a tinte fosche, quasi senza speranza, viene però di
seguito integrata e mitigata da Gesù (Mt 24, 32-35) che invita i discepoli a
riconoscere che il regno è vicino, prendendo spunto ancora dalla pianta di
fico che, quando ha il ramo tenero e le foglie spuntano, segnala che arriva
l’estate, stagione colma di frutti.

128
La Bibbia TOB, Traduzione CEI, Torino, 2018, 2245.
129
Cf. U. LUZ, Matteo 3, Brescia, 2013, 544-545.
104
La vicinanza dell’ora del giudizio non spinge al disinteresse, ma a vivere
un’etica interinale, caratterizzata dalla responsabilità e dalla legge
dell’amore.

Gesù chiede non di fuggire ma di rimanere operosi nella realtà, facendo in


modo che la sua parola spalanchi un futuro per un pianeta violentato nelle
sue leggi vitali profonde che Dio vi ha impresso e che vanno rispettate,
gestite per il bene dell’umanità e dell’ambiente stesso.

In questa logica possiamo interpretare le parabole sia delle dieci ragazze


(Mt 25, 1-13) quanto dell’uso dei talenti (Mt 25, 14-30), che ritroviamo
solo vangelo di Matteo.

E’ necessario vegliare, nell’attesa dello sposo, sostiene la parabola delle


giovani donne; bisogna andargli incontro con l’olio della lampade come
hanno fatto le cinque sagge a differenza delle stolte, rimaste senza.

Dobbiamo rimanere svegli e attenti per illuminare con le lampade la realtà


di sfruttamento e distruzione della natura, gettando luce profetica sugli
scempi perpetrati al pianeta in nome di una libertà autosufficiente e
orgogliosa.

Il rischio è che venga chiusa definitivamente la porta da parte dello sposo


che cioè, non ci sia più il tempo necessario per salvare la terra e la sua
distruzione diventi irreversibile.

Non sappiamo quando il Signore verrà, fa capire Matteo. Quale sarà il


destino del creato, come lo stiamo preparando per quando egli ritornerà?
Siamo convinti della fragilità della terra? Essa dà segnali importanti da
interpretare alla luce della fede e della ragione del suo stato di sofferenza e
frustrazione. Vogliamo essere lampade accese che illuminano la realtà e
desiderano realmente cambiarla?

Dobbiamo imitare le giovani ragazze sagge: vivere e annunciare la


sapienza di Dio in Gesù, nuovo Adamo che ci chiama a ristrutturare e
105
curare il creato, nella condivisione e sobrietà, poiché la nostra esistenza ha
un fine e noi siamo responsabili del significato che vi avremo dato:
saremo giudicati sul come avremo agito per alimentare e diffondere la vita
e non per distruggerla130.

Allo stesso modo la parabola dei talenti è un pressante invito a non


rassegnarci. Non dobbiamo, come il terzo schiavo, seppellire la capacità di
amare che Dio in Gesù ci dona. Non dobbiamo lasciarci paralizzare dagli
eventi.

Proprio per rendere credibile l’amore per la creazione, dobbiamo far


fruttare i carismi che lo Spirito deposita in noi e non spegnerli o
nasconderli, anche se questa presenza attiva nella difesa dell’ambiente
potrebbe costarci sacrifici e sofferenze.

Questa è la nuova etica proposta dall’evangelista Matteo per la comunità a


cui si è rivolto con il suo vangelo ma è pienamente valida anche per la
nostre.

Un’etica che coinvolge gli esseri umani e le creature non-umane e tutto gli
altri elementi della terra, indicando giuste comportamenti. Essa è radicata
nel mettere ordine nelle relazioni, manifestando in questo modo cos’è
realmente il regno dei cieli.

Interessante è poi rileggere in Matteo (5, 1-12) le Beatitudini, magna carta


della vita del discepolo131 che aderisce alla prospettiva del regno e che
illumina anche la prassi ecologica132.

Gesù sale sul monte, per offrire la nuova legge di Dio ai discepoli che si
accostano a lui. Ora Dio parlerà a Israele in maniera definitiva come fece
tramite Mosè sul monte Sinai133.

130
Cf. R. ZIMMERMANN, Compendio delle parabole di Gesù, cit., 790.
131
Cf. J. DUPONT, Le Beatitudini, Roma, 1971.
132
Cf. M. BREDIN, The Ecology of the New Testament. Creation, Re-creation, and the Environment, Downers Grove,
2010, 61-84; C.PETRINI, Coltivare il futuro. Beati quelli che abiteranno la terra, Cinisello Balsamo (Milano), 2004.
133
Cf. U. LUZ, Matteo 1, Brescia, 2002, 303.
106
Egli proclama beati, felici, privilegiati, anzitutto i poveri in spirito: sono
gli umili, coloro che riconoscono la loro debolezza e inconsistenza ( Is 40,
6-8). Sanno che la loro vita è come l’erba che secca e il fiore che
appassisce.

Questa prima beatitudine è contestazione dell’antropocentrismo arrogante


ed un invito a sentirsi coinvolti nella realtà della creazione. Il regno
veritiero non era quello dei Romani che occupavano la Palestina al tempo
di Gesù ma quello dei cieli. Dio non vuole poteri che schiacciano e
distruggono, bensì una comunità umana che si sente parte della creazione,
in spirito di umiltà sincera.

Umile, deriva infatti da humus, terra: un nesso che fa comprendere come


non possiamo trattarla con arroganza e violenza, poiché da lei proveniamo
e ritorniamo.

La seconda beatitudine proclama felici coloro che piangono. Non solo


piangono gli umani, ma anche la terra che, secondo Geremia vive il lutto
(Ger 4, 28), o come dice Osea, è in lutto il paese intero insieme agli
animali selvatici, agli uccelli del cielo e persino i pesci del mare periscono,
a motivo della mancanza di sincerità e amore da parte del popolo eletto
(Os 4, 3).

Dio vuole consolare non solo le persone che vivono afflizioni,


dichiarandoli beati, ma allarga il suo sguardo da ogni sofferenza sulla
terra, causata da una sua trasformazione senza criteri etici di riferimento.

Piangono tutte le creature e le specie che, a motivo del potere umano


insaziabile, vengono sacrificate e distrutte sfrenatamente sia in ambienti
rurali quanto urbani. Anche per loro c’è la vicinanza solidale di Dio.

La terza beatitudine proclama beati i miti, in riferimento particolare a


quanto proclama il salmista il quale annuncia ai poveri che avranno in
eredità la terra e godranno di una grande pace (Sal 37, 11).

107
Possederanno la terra coloro che confidano nel Signore e in lui pongono la
loro fiducia. Possedere la terra, secondo la logica del regno dei cieli già
oggi, significa rispettarla in tutte le sue componenti e relazioni,
guardandola e trattandola come riflesso della presenza di Dio alla cui
volontà ispirarsi nella gestione economica che sfrutta le risorse naturali.

La terra non è possesso esclusivo di un popolo ma luogo di vita per


l’umanità interconnessa nella fraternità e gestita per la sussistenza di tutti,
superando l’arroganza e l’ottuso antropocentrismo.

La quarta beatitudine dichiara felici coloro che hanno fame e sete di


giustizia. Significa voler comprendere con profondità che la giustizia di
Dio è la sua misericordia che ci rende giusti, ci perdona, ma ci spinge a
usare misericordia verso i fratelli e l’ambiente nel quale siamo inseriti
perché soddisfi la fame e la sete di tutti, mediante una gestione oculata e
responsabile delle risorse a disposizione.

La quinta beatitudine dichiara invece felici i misericordiosi. La


misericordia biblica è espressa dal vocabolo hésèd, misericordia o amore, e
fa parte dei termini correlati all’alleanza.

Da parte di Dio, designa un amore incrollabile, capace di mantenere una


comunione per sempre, qualsiasi cosa capiti. Poiché l’alleanza stipulata
con il suo popolo è sin dall’inizio una storia di infedeltà e di
ricominciamenti, è evidente che un simile amore incondizionato, suppone
il perdono, non può che essere misericordioso.

Il termine rachamim, racchiude in sé la radice e la pienezza di ciò che


indichiamo parlando di misericordia. Formata da rehem (‫ )םחר‬utero e
mayim (‫ )םימ‬acque, ci parla di un grembo, quello di Dio, in cui ciascuno di
noi è perennemente generato. Tale termine compare nel Primo Testamento
più di 260 volte.

108
Il vocabolo rahamim (‫ )םימחר‬è poi, sostanzialmente, il plurale di rehem, un
accrescitivo che sta a indicare l’insieme di tutti gli uteri: l’utero per
eccellenza, quello divino134. Dio che, fonte di ogni bene, ci fa essere.

Per mezzo del termine rachamim intuiamo questo suo aspetto materno 135.
Dio esprime la sua vicinanza viscerale verso chi è nella sofferenza, egli
piega il suo cuore verso i miseri. In una prospettiva ecologica sappiamo
che la sofferenza non è limitata alla sola comunità umana.

La terra vive acuti parimenti: a causa della selvaggia industrializzazione,


dell’ agricoltura intensiva, dell’ abbandono irresponsabile dei rifiuti
tossici, dell’eliminazione di specie animali e altre devastazioni. La
misericordia divina diventa un appello a seguire una nuova etica ecologica,
fondata sulla frugalità e equità per risanare queste piaghe.

La sesta beatitudine indica che meritano la gioiosa amorevolezza di Dio,


coloro che hanno il cuore puro. Sappiamo che il cuore rappresenta nella
scrittura la sede della libere decisioni umane. Avere il cuore puro,
ecologicamente, significa guardare agli altri e alla terra con uno sguardo
limpido e non teso allo sfruttamento e alla sottomissione.

Questa beatitudine chiama alla apertura interiore verso Dio, per


comprendersi creati da lui e inseriti vitalmente nella creazione.

Avere un cuore puro significa anche guardare all’ambiente con occhi


contemplativi, riconoscendo nei ritmi naturali la legge divina e la bellezza
della sua misteriosa presenza.

Felici sono poi coloro che diventano operatori di pace, aggiunge Gesù,
nella settima beatitudine. La pace non è solo assenza di guerra, ma
lasciarci riempire dalla presenza divina che illumina il cammino da
compiere sulla terra.

134
Cf. R. CHEAIB, Nelle viscere di Dio. Briciole di una teologia della misericordia, Todi, 2018.
135
Cf. K. ROMANIUK, Il grembo di Dio. La misericordia nella Bibbia, Milano, 1999; C.M. MARTINI, I verbi di
Dio, Milano, 2017.
109
Imperativo diventa costruire la pace anche con l’ambiente, fermando la
guerra disastrosa che stiamo portando avanti, convinti nella inesauribilità
delle risorse, distruggendolo senza ripensamenti. Costruire la pace
significa contestare una visione di progresso economico che sta
alimentando gravi ingiustizie e distruzione della terra in nome del primato
del profitto136.

L’ ottava beatitudine è un avvertimento ed un invito: chi vuole costruire il


regno dei cieli seguendo Gesù sa che non avrà vita facile. Dovrà accettare
rifiuto, difficoltà, persecuzioni, finanche la morte ma questo fa parte della
logica della sequela.

Già abbiamo ricordato i martiri della difesa dell’ambiente come testimoni


credibili della giustizia, della verità e del vangelo. Importante sarà per il
discepolo rimanere sempre luce e sale della terra, confidando nella parole
eterna del Cristo che mai verrà meno. Ritrova così ulteriore significato
ecologico anche la preghiera del Padre nostro che Gesù insegna ai suoi
discepoli (Mt 6, 9-14).

Dio è padre di tutti e creatore di tutto. Il suo nome deve essere santificato,
ovvero riconosciuto come datore di ogni dono umano e ambientale, di fede
e di ragione.

Gesù ci invita a chiede poi che il suo regno giunga in mezzo a noi, come
una realtà potente e dinamica che smuova la sclerosi dei cuori induriti che
sfruttano e calpestavano la natura. Per questo Gesù ci invita a pregare
perché la volontà di Dio sia fatta; non solo nel senso di invocarla come
grazia, ma partecipando attivamente perché essa si realizzi sulla terra e
quindi trovi nei discepoli credibili interlocutori che liberano dal male le
realtà create.

Chiedendo il pane di ogni giorno il fedele implora un uso giusto dei beni
terreni perché vengano condivisi e distribuiti in modo equo. Infine si
domanda a Dio che non ci faccia entrare nella tentazione, quella cioè di
136
Cf. E. BORGHI, La giustizia per tutti. Lettura esegetico-ermeneutica del Discorso della montagna, Torino, 2007.
110
scartare la sua parola, rinnegare il suo regno, sfruttare la natura e gli altri in
modo disumano e antievangelico.

7. Parabole e detti nel Vangelo di Luca

Essere a tavola con altre persone nel mondo culturale e sociale di Gesù era
un fatto simbolicamente carico di senso, di intimità, amicizia, unità
sociale, per sentirsi accolti dal gruppo e bene accetti dai vari membri che
lo componevano.
Anche i pasti di ogni giorno erano percepiti come rafforzamento di valori
sociali prestabiliti, delimitati chiaramente dall' appartenenza alla propria
classe sociale e dalle gerarchie definite per sedersi a mensa.
Chi osava trasgredire tali procedure fisse, era considerato un pericolo per
la stabilità sociale.
Gli inviti a pranzo erano distribuiti dall' ospite a persone che erano del
medesimo livello sociale, economico e religioso in grado di ricambiare in
futuro il favore ottenuto.
I banchetti quindi erano considerati avvenimenti utili per riaffermare il
proprio onore e cercare di ottenerne ancora di più.
Gesù entra in questo contesto culturale portando una assoluta novità di
comportamento e l’evangelista Luca descrive Gesù spesso a tavola.
Un tratto distintivo della vita pubblica di Gesù fu la sua prassi di
comunione conviviale che accoglieva tutti senza esclusione rendeva tutti
ugualmente onorati rappresentando in tal modo, la sua strategia principale
nell'annuncio della sovranità imminente del Dio d'Israele.
Così facendo Gesù stesso diventata parabola vivente. Le sue azioni
contestavano in profondità l'esclusivismo sociale e religioso 137.

137
Cf. SCOTT BARTCHY, Gesù storico e capovolgimento dell'onore a tavola, in (a cura di) W. STEGEMANN B.J.
MALINA - G.THEISSEN, Il nuovo Gesù storico, Brescia, 2006, 286.

111
La visione che Gesù aveva dei rapporti umani sottomessi alla sovranità di
Dio esigeva un capovolgimento delle attese riguardo al dare e ricevere
onore.
Qual' era il vero onore per Gesù? Quello che derivava dalla posizione
sociale ed economica o dalla capacità di seguire la novità del regno che
chiede di mettersi all'ultimo posto per servire?
Gesù utilizzava i pasti in comune anche per raccontare parabole che
indicavano la strada effettiva per una trasformazione delle relazioni con
Dio e con gli altri e anche nei confronti della terra
Cosa sia davvero la volontà benevola e umanizzante di Dio applicata alle
relazioni umane e di conseguenza a quelle economico-ecologiche, ce lo fa
conoscere bene la parabola del grande banchetto che diventa per
l'evangelista ulteriore occasione per far comprendere ai discepoli di Cristo,
benestanti, quali regole di comportamento far proprie nel contesto sociale
in cui si vive (Lc 14, 1-24).
Gesù viene invitato da uno dei capi dei farisei a partecipare ad un
banchetto.
Attraverso una prima breve parabola, fa capire che non si debbono cercare
a tavola i primi posti, come ricerca dell' onore e del prestigio sociale.
Rivolgendosi poi direttamente al fariseo, lo provoca dicendogli che quando
intende organizzare un pranzo, deve invitare non coloro che possiedono
beni e che potranno ricambiarlo, ma invece gli storpi, gli zoppi, i ciechi,
coloro i quali di sicuro non possedendo nulla, non ricambieranno mai il
favore.
Questo gesto economicamente in perdita è però condizione necessaria per
essere beati nella risurrezione dei giusti: a quanto pare Gesù immaginava
un mondo di rapporti umani nel quale la competizione paradossalmente si
sarebbe espressa cercando di eccellere facendo a gara nell'onorarsi a
vicenda138. Dal punto di vista ecologico, ritroviamo in Gesù l’indicazione
ad onorare la terra, a eccellere nel difenderla, lottando contro l’esasperata
competizione che ne è causa di vorace annientamento.
138
Ivi., 292-293.

112
I conviti divennero un'occasione particolarmente importante per esprimere
questo modo scandaloso di onorare tutti, attorno a una mensa aperta
radicalmente a chiunque, compresa la creazione intera.
Ecologicamente diventa una critica al sistema economico escludente che
per fare profitto non tiene conto dello stress a cui sottopone l’ambiente
distruggendolo e provocando cambiamenti climatici gravemente lesivi per
l’umanità.
Al principio egoistico di restituzione, dobbiamo sostituire quello di
responsabilità e umiltà che ci fa riconoscere non despoti, ma servitori della
realtà ambientale, come parte di un tutto da rispettare.
C’è però il rischio di rifiutare questa proposta etica come dimostra la
parabola seguente degli invitati scortesi che rifiutano per interessi
individualistici ed egoistici di partecipare al banchetto preparato per loro
(Lc 14, 16-24).
Il pericolo della chiusura nei propri interessi e nelle miopie ambientali, è
presentata nel racconto della parabola del ricco speculatore la cui
abbondanza di beni viene adoperata per mangiare e bere ricercando
solo private soddisfazioni (Lc 12, 13-21).
Gesù mette in guardia dal grave rischio dell'affanno per i beni materiali,
dal voler accumulare a dismisura facendo di questo il fine unico del vivere.
Il valore dell'esistenza non dipende dall' abbondanza dei beni ma dalla
volontà di condividerli generosamente con i bisognosi.
Il latifondista a motivo dell'abbondante raccolto si trova in una situazione
di straordinaria disponibilità di grano.
Si preoccupa soltanto di ingrandire i suoi granai per ammassare il prodotto
della terra divenuto ora unico riferimento del suo pensare e agire.
Egli contempla i suoi beni e pensa solo a utilizzarli per mangiare, bere e
far festa.
Il giudizio di Dio è fulminante: quella stessa notte carica di pensieri
materialistici, gli sarà chiesto conto della sua vita e i beni ammassati non
gli serviranno a nulla. Così, conclude Gesù, avviene per chi accumula solo
per sé e non pensa invece di arricchire davanti a Dio.

113
La ricchezza materiale ammassata a proprio esclusivo favore non conta
dinnanzi a lui.
Solo nella condivisione, nella spartizione solidale con i bisognosi può
diventare mezzo di bene per sé e per gli altri e non motivo di dannazione.
Gesù stesso commenta la parabola invitando i suoi discepoli a non
affannarsi per il cibo e il vestito, a non vivere in ansia per le cose materiali
ma ad affidarsi completamente alla bontà del Padre.
Ciò che conta è la ricerca continua del regno di Dio per l’intero creato.
I discepoli devono vendere i loro beni e darli in elemosina, accumulando il
vero tesoro, cioè la carità, realizzando attraverso la comunione dei beni, la
volontà del Signore.
La vita sobria del discepolo è visibile contestazione dell' arroganza e
ostentazione di ricchezza da parte dei potenti ed è richiamo alla necessità
di rivedere i rapporti economici alla luce della condivisione fraterna e
solidale.
Ecologicamente interessanti sono i detti seguenti di Gesù (Lc 12, 22-33).
Egli invita a non preoccuparsi ossessivamente del cibo e dei vestiti, delle
cose materiali, a guardare le creature non umane, gli uccelli, che Dio nutre.
E poi chiede di posare lo sguardo sui gigli e i fiori del campo a cui Dio
nella sua bontà provvede, poiché neppure Salomone con tutta la sua gloria,
ha eguagliato la loro bellezza.
Se a Dio amorevolmente importa della terra e della creazione, dei corvi,
dei gigli, dell’erba, questo dimostra che non dobbiamo vivere nell’ansia.
Non sarà Dio a prendersi cura anche di tutti gli altri esseri della terra,
compresi gli umani?
E’ ecologicamente istruttiva la prospettiva di Luca che afferma come gli
tutti gli esseri e gli elementi che formano la vita sulla terra sono in
comunione con il Dio della creazione e anche i discepoli di Gesù debbono
vivere questa dimensione.
L’invito di Gesù è quello di cercare il regno di Dio e la sua piena
realizzazione: questo modererà le passioni, formerà lo spirito e il desiderio
di accumulo scomparirà, poiché di tutte queste cose negative si occupa la
gente del mondo, non i discepoli del Signore.
114
Il confidare in Dio e l’orientarsi verso la sua signoria sradicherà le cause
della ingiustizia economica e della violenza sulla natura. Anzi, consiglia
Gesù, bisogna spogliarci dei beni che ci legano e darli ai bisognosi.
Questo invito non significa disprezzare la terra, ma viverci orientati dalla
presenza di Dio per costruire la sua basileia ed ecotopia, cioè il radicarsi
del regno che sostiene un progetto aperto al futuro in cui umanità e terra
possano vivere l’armonia e la gioia della creazione progettata da Dio per il
pianeta, oggi disprezzato139.
Ammirare le bellezze della terra come ha invitato a fare Gesù, ci porta ad
assumere uno sguardo contemplativo e rispettoso del creato che è
realmente, come Cristo ha detto, dono di Dio che il Padre suo custodisce e
cura e affida alle nostre mani operose e non sacrileghe.
In questo scambio di doni il regno di Dio crea relazioni vitali tra esseri
umani e non umani e con tutti gli altri elementi naturali, generando una
coscienza ecologica profetica necessaria per il nostro tempo.

Il godere egoisticamente, come espressione di totale insensibilità, verso il


povero e la terra, fragile e vulnerabile, lo ritroviamo anche in un' altra
parabola che potremmo definire del ricco indifferente e di Lazzaro (Lc 16,
19-3).
Questo racconto dimostra la inaccettabile situazione di contrasto tra il
ricco e il mendicante. L'uomo benestante festeggia ogni giorno, il suo
banchetto e le sue vesti di porpora sono ostentazione della sua ricchezza e
arroganza.
Lazzaro invece, pieno di piaghe, giace presso il portone del ricco, fuori,
escluso dal suo sovrabbondante benessere. Desiderebbe sfamarsi di quello
che cade dalla mensa del ricco.
Nessun gesto e nessuna pietà da parte di quest'ultimo, nessun moto di
compassione. Solo i cani leccano le sue piaghe. Il mondo non umano
esprime una sensibilità vera nei confronti del povero affamato che invece
gli nega un suo simile.

139
Cf. M. TRAINOR, About Earth’s Child. An Ecological Listening to the Gospel of Luke, Sheffield, 2017.
115
Un aspetto questo ecologicamente interessante, per esprimere la sensibilità
che deve legare umani e altre entità create, mai però trascurando i poveri
per difendere animali e ambiente, come papa Francesco ha ricordato molto
significativamente nella enciclica Laudato si’.
La morte ribalta la situazione ed il destino dei due personaggi cambia
radicalmente. Lazzaro ottiene un posto accanto ad Abramo, il ricco finisce
nei tormenti dell'inferno.
Egli chiede a Lazzaro un gesto di pietà, un po' d' acqua che gli dia sollievo,
quello stesso che egli in vita aveva negato al mendicante.
Abramo gli fa comprendere che ormai la situazione si è fatta irreversibile.
Dinnanzi a Dio l'abisso che si è creato è orami incolmabile.
Luca quindi invita i discepoli, attraverso le parole di Gesù, ad utilizzare il
tempo presente e a non rimandare la necessità di farsi carico dei patimenti
degli affamati e tribolati e della terra, sfruttata in modo scriteriato.
La serietà di questo invito di Gesù risuona anche nelle sue parole riportate
da Luca (16, 13) e da Matteo (6, 24), sulla impossibilità di servire Dio e
mammona, il vero Dio e le sostanze terrene.
Il termine māmônā, nel dialetto aramaico che Gesù parlava, significa
nutrimento, provvista, può anche voler dire fiducia, affidamento e
diventare emblema dei beni e della proprietà, senza avere in partenza un
significato per forza negativo.
Nei vangeli viene a indicare il possesso esasperato: Gesù ne ha espresso
una critica radicale.
Per superare il pericolo di un attaccamento perverso ai beni terreni, Gesù
invita i discepoli a donarli ai bisognosi perché beneficati e sostenuti nelle
loro necessità, li accolgano con Cristo al termine della vita nel regno
eterno ( Mt, 25).
Non si può fare del denaro l'unico fine del proprio vivere ed agire.
Gli evangelisti Luca e Matteo non demonizzano i beni creaturali, poiché se
utilizzati nella logica del regno di Dio sono necessari per il sostegno dei
bisognosi e poveri. In quest'ottica, la provocazione evangelica è
attualissima nel contesto di economia globalizzata e spinta ad un consumo

116
illimitato che per far questo, saccheggia spudoratamente la natura,
avvelena aria ed acque, provocano disastri spesso irreparabili.
E’ assolutamente necessario recuperare il senso del limite nelle relazioni
con l’ambiente, non vivendo solo rapporti di superiorità, di superbo
utilitarismo, ma di attenzione, responsabilità e ospitalità dell’essere che è
presente nella realtà ambientale e che proviene da Dio stesso.
Analizziamo ora anche le conosciute parabole proprie del vangelo di Luca,
il padre misericordioso (Lc 15, 11-32) e il buon samaritano (Lc 10, 25-37).
Sappiamo lo svolgimento della parabola del figlio spendaccione che però
ritrova un padre colmo di misericordia che lo riaccoglie con amore e
festante nella sua casa, dopo averla abbandonata per vivere da dissoluto e
anche della reazione del figlio maggiore che non accetta il ritorno del
fratello, contestando la bontà del padre.
La parabola poi rimane senza un finale preciso: solo con l’indicazione
della necessità di far festa per il figlio perduto ma ritrovato e ritornato nella
braccia paterne.
La parabola suggerisce che dovremmo celebrare il restaurarsi delle realtà
ambientali che sono state profanate o contaminate.
Il padre celebra il ritorno di suo figlio che era come morto ed è tornato
vita; il rapporto è stato perso e poi recuperato. Dopo il perdono e il ritorno
del figlio, il padre gioisce per l’integrità restaurata della sua famiglia.
Cosa può insegnare questo amore inclusivo paterno, nel tempo della
degradazione ambientale?
Ci sono eventi che stanno causando profonde piaghe nella integrità della
terra, disturbando la vitalità che si riscontra attraverso la biodiversità di cui
abbiamo già parlato e che allarma in modo sensibile.
In un recente studio, la Unione Mondiale per la Conservazione della
Natura (IUCN), ha evidenziato che altre 28.000 specie sono minacciate di
estinzione, su 106.000 censite. Sono dati inconfutabili dell’agire umano
che sfrutta incoscientemente la natura senza pensare che la distruzione
della biodiversità implica gravi difficoltà per la stessa sopravvivenza
umana con irrimediabile perdita degli habitat.

117
Le nazioni insulari hanno già iniziato a scomparire a causa della perdita di
terra. Le tempeste sono più intense e frequenti e lasciano dietro sé
distruzione e a volte morti in gran numero.
Questi eventi stanno accadendo in tutto il mondo e colpiscono persone e
luoghi che molti di noi non potranno mai vedere o conoscere.
La terra viene saccheggiata e profanata, ridotta a rango di schiavo invece
di un partner affidabile. Tutto questo dovrebbe farci riconoscere la
responsabilità nella sua distruzione e degrado di cui siamo complici. La
parabola contiene elementi simbolici utili per la formazione di una
coscienza ecologica.
Il padre mostra la sua volontà di spartire i beni con il figlio che vuole
andarsene, evidenziando la sua personalità non possessiva come invece lo
è quella di molti intenti a rovinare la natura per meri interessi economici;
la compassione verso il figlio che ha sbagliato, attendendo sempre il suo
ritorno; è l’atteggiamento contrario di chi usurpa il creato con durezza e
insensibilità; i doni di cui viene rivestito il prodigo, ricordano la generosità
della terra, la gioia della convivenza solidale, l’armonia ristabilita
all’interno della natura.
Prevale in tutto il racconto la dimensione misericordiosa a cui già
abbiamo accennato ma che conviene riprendere brevemente anche per
rileggere anche coerentemente la successiva parabola del buon samaritano.
Il termine ebraico réhèm, indica la compassione.
Dio misericordioso è talmente rivolto al recupero dell’umanità da essere
preso fin nelle sue viscere e da esse, dalla profondità indecifrabile ma reale
del suo amore sconfinato, avverte quanto è presente nell’alterità della
creazione, in modo particolare il dolore.
Tale dimensione viscerale dell’amore di Dio, è riportata anche dal Nuovo
Testamento laddove Gesù la incarna in modo diretto e insuperabile.
Il termine ebraico rahªmîm vien tradotto col termine greco splágchna,
viscere e con splagchizomai, intendendo l’aver pietà, aver misericordia e
compassione.
Matteo parla di questo atteggiamento di Gesù (Mt 9, 35-38). Afferma
testualmente “avendo visto poi le folle provò compassione per loro perché
118
esse erano vessate e abbandonate come pecore non aventi pastore”140.
Viene qui usato il verbo provare compassione.
Allo stesso modo, Gesù prova lo stesso sentimento quando guarisce due
ciechi (Mt 20, 34). “Mosso a pietà Gesù toccò i loro occhi e subito
recuperarono la vista e lo seguirono”141.
Luca, evangelista della bontà di Dio, ricorre a tale termine indicante il
sommuoversi delle viscere142.
Anche nella parabola del Samaritano si fa uso del verbo splagchnizomai,
per indicare la sua reazione nei confronti del malcapitato. Come non vedere
nella figura dell’uomo aggredito dai briganti oltre che le innumerevoli
vittime dell’egoismo umano, anche la natura, aggredita e brutalmente
distrutta?
Come non cogliere nella compassione del samaritano, la vicinanza attiva di
Dio verso la sua creazione ferita e stordita, invitandoci a seguirne
l’esempio, compiendo anche noi quello che lui fa, prendendocene cura,
fasciandone le ferite, facendo a pieno titolo rientrare la terra nella categoria
di prossimo?
Dobbiamo considerare il nostro impatto su tutti gli esseri poiché la
creazione è speciale gli occhi di Dio che l’ha voluta.
Resistendo alla tentazione di essere spettatori, affermiamo il valore
intrinseco, oltre che della vita umana che è sacra, anche di laghi, fiumi,
suolo, organismi, foreste, oceani, ghiacciai specie viventi, piante e tutto
quanto rientra nel progetto generativo di Dio.
Dobbiamo passare da una lettura meramente individualista e
antropocentrica, riguardante la spiritualità umana e le esperienze di vita, ad
una visione ecologica per modificare la dinamica culturale, superando
l'antropocentrismo incorporato nel nostro modo di essere e di guardare e
utilizzare mondo.

140
P. BERETTA, (a
cura di ), Nuovo Testamento. Greco . Latino. Italiano, Cinisello Balsamo (Milano), 1998, 76
141
Ivi. 187.
142
Ivi. 478. La salvezza che fondamentalmente si realizza nella remissione dei peccati corrisponde allo stile di Dio che
ha «viscere di misericordia». Secondo L’antropologia biblica anticotestamentaria, le interiora sono il centro della
sensibilità, quindi delle emozioni e delle passioni. Questa immagine ricorda la madre la quale si commuove in maniera
viscerale per il proprio figlio. Si potrebbe pertanto dire che l’azione misericordiosa è quasi istintiva e connaturale a Dio.
S. GRASSO, Luca, Roma, 1999, 90.
119
Leggendo la parabola del buon samaritano con lenti profetiche, dobbiamo
imparare a vivere una vicinanza radicale e inclusiva nei confronti del
prossimo e dell’ambiente.
È responsabilità dei cristiani, e di tutte le persone di buona volontà,
rispondere alla crisi ecologica. Nella nostra interpretazione degli
avvenimenti storici, economici ed ecologici, dobbiamo essere dalla parte
della vita; dobbiamo agire per meglio sostenere tutte le creature, umane e
non umane, il tutto a partire dalla categoria di prossimità come ci insegna
Gesù.
Nella stessa prospettiva possiamo anche accostare la parabola della pecora
smarrita (Lc 15, 3-7) presente anche in Matteo (Mt 18, 12-14). Nel
vangelo di Luca precede quella del padre colmo di misericordia, prima
commentata e ne può essere anche ulteriore commento.
Anche qui si fa festa, perché la pecora perduta è stata ritrovata. Il peccatore
è paragonato a questo mite animale che, quando viene rintracciato dal
pastore, viene caricato sulle sue spalle e riportato al sicuro. La pecora
perduta è ritrovata dal pastore che è buono.
Pastore buono non va inteso e il vangelo di Giovanni ce lo spiega ( Gv
10, 11), come pastore tranquillo ma secondo il testo greco - o poimèn o
kalòs - come “il pastore bello”, dove kalòs (bello) esprime pienezza e
splendore del buono, del vero, del giusto.
Egli è portatore di una bellezza che si esprime nel sacrificio della vita per
la salvezza umana e ambientale e che si riflette nella creazione quando la si
coglie nella sua dimensione profonda e come trasparenza del mistero
relazionale trinitario.
Nella pecora smarrita c’è tutta la realtà umana e non umana, ambientale e
biologica che Cristo vuole salvare, portandola su di sé e liberandola dal
male e dall’oppressione, nel mistero della croce e risurrezione.

120
8. I gesti misericordiosi di Gesù e la crisi ecologica

Cercheremo ora di reinterpretare in chiave ecologica anche i miracoli di


Gesù, i suoi gesti di potenza che esprimono la premura di Dio nei confronti
dell’umanità e del pianeta, in stato di grave sofferenza143.
Avendo già commentato i segni del vangelo di Giovanni, ne rileggeremo
ecologicamente solo alcuni, narrati nei vangeli sinottici, a partire dalla
qualità del fatto.
Interpreteremo ecologicamente alcuni tipi di prodigi operati da Gesù:
guarigioni di infermi, esorcismi tratti dal vangelo di Marco e miracoli che
dimostrano il suo “controllo” sulla natura.
Ci introduce in questa disanima il vangelo di Matteo.
Gesù risana due ciechi (Mt 9, 27-31), poi un muto, (Mt, 32-34). Questi
malati avevano patologie diremmo permanenti. Non c’era per loro nessuna
possibilità di cura o miglioramento per mezzo di interventi umani
In tal modo, nel primo atto di potenza egli ridona la possibilità di vedere,
guardare, ammirare, valutare ciò che sta intorno; nel secondo prodigio fa
recuperare la capacità di parlare, dialogare, esprimersi rientrando in
contatto con gli altri e con la natura.
Nella prospettiva ecologica che ci guida, questi miracoli sono legati anche
alla necessità di vedere in modo corretto quanti scempi vengono perpetrati
nei confronti dell’ ambiente. Aprendo gli occhi sul creato, dobbiamo
contemplarlo nella sua dimensione di dono e attraverso l’ascolto, far nostra
la sofferenza di tutte le creature bisognose di essere difese e curate.
Segue poi un brano nel quale l’evangelista narra di Gesù che percorre città
e villaggi, insegna nelle sinagoghe, annuncia il regno e cura ogni malattia e
infermità. Questo perché lui stesso vedeva le folle affrante e abbandonate
come pecore senza pastore ( Mt 9, 35-38).
E’ la compassione per le infermità e la debolezza che essa comporta a
muovere la volontà benefica di Gesù. Noi dobbiamo chiederla come grazia

143
Cf. K. WARRINGTON, The Miracles in the Gospel. What do they teach us about Jesus?, London 2015;
J. S. BÉJAR BACAS, Los Milagros de Jesús. Una vision integradora, Barcelona, 2018; R. ZIMMERMANN ( a cura
di), Compendio dei miracoli di Gesù, Brescia, 2018.
121
dello Spirito per poi comunicarla concretamente ai fratelli e sorelle malati e
alla natura sofferente e avvelenata.
Interessante il fatto che Gesù indichi essere questa la strada del discepolo:
invia i dodici perché annuncino che è vicino il regno dei cieli, guariscano
gli infermi, risuscitino i morti, sanino i lebbrosi, scaccino i demoni.
Gratuitamente hanno ricevuto, conclude Gesù, gratuitamente devono dare
(Mt 10, 5-9).
La missione coincide con l’azione del Cristo: liberare l’intera creazione
dal male, dalla sofferenza procurata dall’egoismo, la guarigione di ogni
ferita. Inoltre la presa di coscienza della gratuità della vita, degli altri,
dell’ambiente, deve risvegliare il desiderio di servire gratuitamente, non
opprimere malvagiamente.
Dai frutti, si riconosce la bontà delle scelte profonde. Non si raccoglie uva
dalle spine o fichi dai rovi. Ogni albero buono dà frutti buoni e quello
cattivo dà frutti cattivi ( Mt 7, 15-20).
La natura, così ben osservata da Gesù entra ancora in gioco, per aiutarci a
seguire come discepoli, la via di un’etica nuova, alimentata dal Cristo che
trasforma la nostra libertà in responsabilità a contatto con le piaghe
sanguinanti del pianeta.
L’importanza della salvezza dell’umanità, in una visione che pur
combattendo l’antropocentrismo, segnala l’unicità dell’uomo, lo ritroviamo
nel racconto della guarigione del malato con la mano rattrappita (Mt 12, 9-
13).
Accusano Gesù di non volere rispettare il riposo del sabato e di fatto, di
fronte alla sofferenza di questo infermo, lo guarisce. L’atto curativo di
Gesù viene da lui giustificato adducendo il fatto che, se qualcuno ha una
sola pecora che cade nel burrone, istintivamente, anche se di sabato,
l’afferra e la tira su.
Ora, aggiunge Cristo, quanto è più prezioso un uomo di una pecora! Perciò
è lecito far del bene anche di sabato, guarendo il malato. Notiamo quindi
che Gesù ha ben chiaro quanto la salvezza dell’umanità sia decisiva e
unica, senza distogliere lo sguardo dal resto della creazione che pure

122
proviene da Dio e all’interno della quale l’uomo vive: distruggendola,
distrugge se stesso.
Nel vangelo di Luca, ritroviamo anche racconti di guarigioni compiute nei
riguardi di donne: possiamo già intravedere ecologicamente la volontà di
Dio di guarire in Gesù, non soltanto persone considerate inferiori e
socialmente escluse nel suo tempo, ma anche madre terra, la natura il cui
lato femminile e generativo esprime anche la qualità materna di Dio.
Partiamo dal gesto di potenza misericordiosa nei confronti della suocera di
Pietro ( Lc 4, 38-39). Il racconto del fatto, è presente anche in Marco (1,
29-31) e Matteo (8, 14 -15)
Gesù è ospite in casa di Simone e sua suocera era afflitta da una grande
febbre. La febbre è grande, non gestibile da intervento umano. Pregano
Gesù di intervenire.
La preghiera è sempre necessaria per rianimare le forze interiori per
seguire la strade del regno e della visione ecotopica di Gesù, ovvero la
possibilità di immaginare, progettare e lavorare per una terra abitata da
sapienza e rispetto e in armonia tra le diverse componenti.
Egli si china su di lei, minaccia la febbre che scompare e la donna rialza
all’istante. Il testo greco testualmente afferma: essendosi alzata serviva
loro.
Il verbo che descrive l’alzarsi della donna è anistemi, utilizzato per
definire nel Nuovo Testamento la risurrezione di Gesù, presente ancora nel
vangelo di Luca, per indicare quando Maria, si alza in fretta, per correre a
portare sostegno concreto a Elisabetta.
In Maria donna nuova, ricreata dallo Spirito che porta in sé la sapienza
divina, il verbo anistemi, indica la dinamicità del suo essere ed agire,
ormai trasformata dalla presenza di Dio e non teme di fare un lungo
viaggio fino alla regione montuosa di Giuda, per aiutare la cugina
Elisabetta.
Anche la suocera di Pietro, per intervento di Gesù è come risorta, partecipe
del suo mistero rigenerante e subito dopo si mette a servirlo: è a sua totale
disposizione.

123
Volendo interpretare ecologicamente il racconto, possiamo vedere nella
donna risorta e pronta a servire, la disponibilità dei discepoli a mettersi in
gioco per far risorgere la terra dalla malvagità di chi la calpesta e la sfrutta,
di chi deteriora equilibri delicati, introduce situazioni di distruzione e
alterazione degli aspetti climatici.
Guariti dalla febbre dell’egoismo, siamo chiamati a guarire la febbre
ancora molto alta della terra perché la sua sofferenza non diventi tragedia
anche per l’umanità e il dono di Dio affidato alla nostra libertà non ci
sfugga di mano, trasformandosi in boomerang distruttivo.
Un altro brano significativo, unisce nel vangelo di Luca, la guarigione di
due donne (Lc 8, 40-56): la figlia di Giàiro è la prima, ancora adolescente
che viene rialzata e anch’essa è rivivificata da Gesù.
Quel comando perentorio di Gesù, “alzati!” nel greco dell’evangelista
Luca è égheire che letteralmente significa, risvegliati: nel Nuovo
Testamento è ancora un verbo che indica la risurrezione.
La seconda è la donna che aveva perdite di sangue da dodici anni ed era
per questo considerata impura, scomunicata, estromessa dalla comunità
religiosa e umana. Ricordiamo che il racconto di queste guarigioni, è
presente anche nel vangelo di Matteo (9, 20-22) e di Marco (5, 25-34).
Quest’ultimo evangelista riporta a differenza degli altri, le parole
pronunciate da Gesù nella sua lingua, l’aramaico: Talita’ qum, “Fanciulla
io ti dico in piedi!”.
Significativo il fatto che tale espressione aramaica voglia dire: “agnellino
alzati”. La parola agnello, talitha, indirizzata a un fanciullo era un termine
carico di affetto e compassione. Ancora una volta la salvezza che Gesù
dona passa attraverso un linguaggio che sottolinea la dolcezza di una
creatura non umana.
Luca poi è l’unico a sottolineare che nella fanciulla, il suo spirito (pnȇuma)
ritornò in lei all’istante, dopo che Gesù le aveva preso la mano e gridato di
alzarsi.
Per quanto riguarda la donna risanata durante il tragitto che Gesù compie
verso la casa di Giàiro, evidenzia il racconto evangelico che, avvicinandosi
alle spalle, gli tocca il lembo del mantello ottenendo l’immediato arresto
124
del flusso di sangue. Gesù percepisce il tutto e afferma di aver sentito
uscire da sé una potenza (Lc 8, 46). La donna esce allo scoperto e Gesù
loda la sua fede, in virtù della quale è stata guarita.
Gesù la libera dalla sua impurità in modo definitivo ed ella può tornarsene
alla vita quotidiana in pace.
Diversi sono gli aspetti che possiamo trarre da queste due guarigioni.
Anzitutto nella fanciulla ritorna lo spirito. Ella ormai morta, ferma,
inattiva, riceve da Gesù di nuovo il dono della vita.
La terra, rappresentata in questa fanciulla, ritrova la forza dinamica dello
Spirito e sta ai discepoli trovarne i segni e fare in modo che si espandano,
rinnovando le strutture umane in vista di un risanamento ambientale.
Dio dona nel Figlio eterno lo Spirito, per un nuovo atto creativo che nella
risurrezione di Cristo, partecipata all’umanità, rifletta la gioia armoniosa
della prima creazione144.
Nella donna guarita che tocca il mantello di Gesù, è possibile rintracciare
la volontà divina di liberare l’umanità da ogni impurità e donare pace tra
umanità e ambiente. Troppe perdite di sangue, cioè di vite, ancora oggi ne
segnano gli eventi.
E’ la forza divina che proviene da lui a operare questa trasformazione: c’è
nell’universo una potenza nascosta di vita che noi cristiani identifichiamo
con la Trinità che agisce, sostiene, risana, guarisce, impedisce che la terra
sia definitivamente perduta: riconoscerne l’energia vitale e dinamica, può
aiutarci come credenti, a non temere di difendere la creazione da tutti gli
assalti egoistici e distruttivi.
Il vangelo di Luca racconta anche di un altra donna, totalmente ricurva a
cui viene guarita la spina dorsale (Lc 13, 10-17). Il racconto del miracolo è
preceduto dalla breve parabola del fico sterile che un uomo vuol far
tagliare perché non trova frutti ed occupa inutilmente il terreno.
Il contadino ampelourgos, è il termine che menziona il testo greco della
parabola, il custode, vignaiolo: ci sovviene la similitudine della vite del
vangelo di Giovanni, quando Gesù afferma che il Padre suo è il vignaiolo.

144
Cf. M. TRAINOR, About Earth’ Child, cit., 156.
125
L’ordine è quello di tagliare la pianta, cioè di mettere in atto un’azione
radicale e distruttiva.
Il vignaiolo intercede in modo tale da poterla ancora salvare: chiede di
poter zappargli bene attorno, mettendoci del concime, sperando che nel
futuro possa portare frutti (Lc 13, 6-9).
Il padrone che ha fretta, sembra rappresentare la smania produttiva,
utilitaristica, pragmatistica che determina molte scelte economiche del
nostro tempo. Bisogna sfruttare subito la terra, il più presto possibile per
averne ricavi economici. Il vignaiolo, custode, chiede pazienza: il Padre
domanda all’umanità non comportamenti arroganti e dilaceranti nei
confronti dell’ambiente.
La terra invece va curata, accompagnata, di certo anche utilizzata e
trasformata ma per far questo mai distrutta, come oggi purtroppo avviene
anche in relazione alla produzione del pur necessario cibo145.
Il brano della guarigione della donna ricurva è specifico dell’evangelista
Luca. Quando Gesù vede questa donna che da molti anni era tenuta
inferma da uno spirito malvagio, e non poteva in alcun modo stare diritta,
la chiama e attraverso la sua parola la guarisce, ne raddrizza la postura, le
permette di camminare, di poter guardare in faccia gli altri.
Nella vita di questa donna ricurva, senza nome, possiamo vedere anche la
condizione della terra, rinchiusa nella sua malattia, che è l’essere utilizzata
solo a scopo di sfruttamento di materie prime per lo sviluppo distorto
dell’umanità. Gesù chiama per nome la creazione, restituendolo dignità e
ponendola dinnanzi allo sguardo umano come partner, che offre di certo il
necessario per il sostentamento, ma mai deve essere triturata dalla fame di
denaro, potere e profitti.

Gesù si dimostra nella parabola avvocato difensore della terra e nel


prodigio, colui che porta a compimento il sabato nuovo della creazione,
raddrizzando tutte le storture umane ed ambientali che la malata
rappresenta.

145
Cf. C. PETRINI, Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo, Firenze, Bra (Cn), 2009.
126
La lode sabbatica per l’azione di Dio e che la folla pronuncia per le
meraviglie operate da Gesù, ora va rivolta a lui che ricostruisce il tessuto
ambientale infettato dal peccato secondo il progetto originario del Dio
creatore.
La polemica sul sabato mostra quanto Dio in Gesù voglia che prevalga
sulla legge, la pienezza della vita.
Il riposo sabbatico, memoria del riposo di Dio dopo aver creato il mondo,
comprende secondo la prospettiva del libro del Deuteronomio non solo le
persone ma che gli animali. (Dt 5, 13). Quindi l’intera realtà biologica,
uomini, animali, realtà inanimate sono dono di Dio, da lui provengono da
lui sono sostenuti nell’essere.
Gesù mostra di nuovo la interrelazione profonda tra natura (fico sterile) e
persona (donna liberata dall’infermità). Lui è protettore di quanto il Padre
della vita ha voluto porre in essere. Come Figlio redentore restaura, e lo
Spirito inviato da entrambi, proteggerà tutte le cose sino al compimento
definitivo del regno, quando terra, natura, umanità saranno unite
dall’amore infinito di Dio.
Numerose sono nei vangeli anche i racconti di guarigioni di lebbrosi.
Prendiamo a mo’ di esempio il brano sempre di Luca (Lc 5, 12-14), ove se
ne riporta il risanamento: esiste nel suo vangelo anche quello della
guarigione dei dieci lebbrosi (Lc 17, 11-19).
Sappiamo che ritenuti impuri erano esclusi, umiliati, abbandonati,
disprezzati.
Il lebbroso, appena vede Gesù, chiede di essere liberato dalla orribile
infermità e lui toccandolo fa sparire la malattia. Gesù entra in contatto
fisico con gli infermi senza paura, per offrire loro guarigione e attraverso
questo, trasgredisce provocatoriamente i precetti di purità codificati nella
legge ebraica che impedivano di toccare i malati perché peccatori.
Egli invece manifesta di essere dalla parte del Dio dei viventi che si fa
presente nella prassi di Gesù. Egli non teme di toccare la materialità fisica
del lebbroso e in questo senso fa capire che tutta la corporeità creata è
destinataria di guarigione e salvezza. La supplica del lebbroso che chiede

127
guarigione è quella dell’intero creato bisognoso di essere purificato,
liberato dalla lebbra dell’inquinamento e dello sfruttamento.
Addentriamoci ora nei prodigi compiuti da Gesù e che possiamo definire
liberazione da spiriti maligni, ovvero gli esorcismi, commentandone due,
tratti dal vangelo di Marco146.
L’evangelista riporta con maggiori particolari, rispetto a Matteo (8, 28-34)
e Luca (8, 26-39) l’episodio della guarigione dell’indemoniato di Gerasa e
la cacciata dello spirito impuro che viene mandato in una mandria di porci
(Mc 5, 1-20).
Un uomo posseduto da questo demone, viveva tra le tombe, segno che la
lotta di Gesù è contro il male che dà morte. Egli viene a portare la pienezza
della vita. La forza di questo demone era tale che non riuscivano a tener
legato l’uomo che ne era posseduto, nemmeno con le catene e nessuno era
in grado di domarlo: la potenza del male è distruttiva della persona, della
società e dell’ambiente.
Inoltre gridava e si percuoteva con pietre: il male oltre che provocare
terrore, genera violenza autolesionistica. Far male agli altri e alla natura
distrugge anche la propria personalità.
Quando vede Gesù da lontano urla di non tormentarlo: il regno di Dio è
liberazione in grado di disgregare la forza del peccato che non vuole
cedere dinnanzi alla forza divina.
La parola del Cristo è operatrice di salvezza, come la quella di Dio è stata
creatrice. Egli impone allo spirito impuro di uscire da quell’uomo e riesce
a farsi dire il suo nome: legione. E’ uno e molti contemporaneamente.
Non volendo abbandonare la regione, essendo appunto molti, chiedono di
essere mandati in una mandria di porci, circa duemila, che affogano nel
mare. In seguito la gente ritrova l’indemoniato seduto, vestito, sano di
mente.
La liberazione realizzata per mezzo di Cristo, crea una nuova identità, un
nuovo modo di essere, caratterizzato da relazioni positive. Possiamo
rileggere ecologicamente il miracolo, scrutando nella violenza
dell’indemoniato che spezza ceppi e catene, la forza distruttiva di un clima
146
Cf. A. HAUW, The Function of Exorcism Stories in Mark’s Gospel, Eugene, Oregon, 2019.
128
alterato dalla attività umana che produce gravi fenomeni di devastazione,
così come la provocano attività umane irrispettose nei confronti di vasti
territori sottoposti solo a sfruttamento intensivo demolitore.
L’intervento di Gesù che spezza le catene oppressive, riporta relazioni
vitali costruttive. L’indemoniato è sano di mente, capisce qual è la sua
responsabilità nei confronti dell’ambiente, non vive più in luoghi di morte,
i cimiteri. E’ seduto, cioè ha ritrovato la capacità di fermarsi, di pensare ed
è vestito: la sua dignità ora è pienamente riacquistata dentro la realtà della
terra madre che lo riaccoglie, sottraendolo alla solitudine dei sepolcri e
rimandandolo, come vuole Gesù, dai suoi parenti, reintegrandolo nella vita
familiare e sociale.
Studiosi biblici, interpretano come simbolica parte del racconto,
evidenziando come il simbolo della Legio X Fretensis, che era stata
trasferita in Siria sotto Tiberio e che partecipò alla guerra giudaica del 66-
70 d.C., era un cinghiale 147. Ritraendo Gesù mentre sgomina una legione di
demoni, Marco indicherebbe la sua vittoria sul male e la sconfitta del
potere umano che si erge a divino.
Il potere di Gesù è quello di sgominare legioni che opprimono, portando
una integrale liberazione, una contestazione della azione oppressiva dei
romani che schiacciavano il popolo ebraico. 148 Altri studiosi invece
avvertono di non fermarsi troppo su questo aspetto socio-politico, in
quanto Roma usava metodi relativamente più blandi149.
Atri ancora fanno notare che, insieme alla maledizione del fico,
liberazione dell’indemoniato di Gerasa è l’unico atto di potenza di Gesù
nel quale viene provocato un danno materiale ai proprietari dei maiali
dimostrando nel contempo quasi non curanza per altre creature viventi.
L’indemoniato però rappresenta, secondo la visione socio-politica,
comunque rintracciabile nel brano, l’uomo oppresso, la mandria la

147
Cf. M. EBNER, Di chi vuoi essere strumento? (La guarigione dell’indemoniato di Gerasa). Mc 5, 1-20 (EpAp 5, 9s)
in R. ZIMMERMANN (a cura di), Compendio dei miracoli di Gesù, cit., 376-391.
148
Cf. J. D. CROSSAN, Gesù. Una biografia rivoluzionaria, cit., 117-120.
149
Cf. J. D. G. DUNN, Gli albori del cristianesimo. 1 La memoria di Gesù. 2. La missione di Gesù, cit.,. 709-713.
129
ricchezza di chi opprime gli altri: i porci la società pagana, il branco indica
pertanto una situazione di sfruttamento e schiavizzazione150.
Si noti nel racconto che la mandria procede verso il mare in truppa, proprio
come un insieme ordinato di soldati.
Liberare l’uomo dall’oppressione comporta un danno per chi ha
organizzato la struttura di sfruttamento. Gesù dona all’uomo la libertà
interiore che lo rende indipendente da quest’ultima; in tal modo, la società
che opprime rimane senza la base sociale su cui esercita il dominio e
scompare151. Anche la natura ha la possibilità di essere liberata da chi le
provoca danni e la deturpa in profondità.
Sotto l’aspetto teologico, il racconto enuncia che Gesù già ora è il
definitivo liberatore dal male. Chiedendo di rifugiarsi nei porci, i demoni
pensano di potere rimanere in quella regione ma la richiesta si rivela
rovinosa: legione si autodistrugge e l’uomo che ne soffriva la presenza
devastante viene risanato e liberato.
Il secondo episodio d’esorcismo che ritroviamo ancora in Marco, è il
racconto della liberazione di un ragazzo posseduto da uno spirito muto che
viene guarito dalla epilessia (Mc 9, 14-29). L’episodio è rievocato anche
da Matteo (17, 14-20) e Luca (9, 37-43).
Mentre gli scribi discutono con i discepoli di Gesù, dalla folla un tale esce
e porta a Gesù il proprio figlio posseduto da uno spirito muto, il quale lo
afferra, lo sbatte da una parte all’altra; per questo egli emette schiuma,
digrigna i denti e diventa rigido. Gesù capta la fiducia di quest’uomo
soffrente per la sorte del figlio. Infatti i discepoli a cui aveva chiesto aiuto,
non erano riusciti a scacciarlo.
Il contatto con Gesù fa si che lo spirito maligno agitando il ragazzo, lo
faccia cadere di nuovo a terra, rotolandosi con la bava alla bocca.
Nel racconto del padre poi si evince che lo spirito gettava nel fuoco e
nell’acqua il ragazzo per farlo morire. Di fronte alla richiesta piena di fede
150
Cf. A. WITMER, Jesus, the Galilean Exorcist. His Exorcism in Social and Political Context, London – New York,
2012.
151
Cf. C. S. PERO, Liberation from Empire. Demonic Possession and Exorcism in the Gospel of Mark, Frankfurt am
Main, 2013.
130
del padre del giovane, con tono minaccioso, Gesù impone allo spirito muto
e sordo di uscire dal giovane senza farvi ritorno.
Quello, urlando e scuotendolo con violenza, esce dal corpo del ragazzo
lasciandolo come morto. Gesù però lo prende per mano lo solleva ed egli
rimane in piedi.
Gesù poi precisa ai discepoli, incapaci di scacciare quello spirito maligno
che, per realizzare questo, non c’è altro mezzo che la preghiera, ovvero il
contatto unico con il Dio vivente, esperienza che solo lui può vivere,
essendone il Figlio eterno incarnato.
Ecologicamente interessante è vedere nelle patologie del ragazzo tante
malattie del nostro ambiente: la malignità umana sregolata che tenta di
distruggere la vita.
La violenza dei sintomi del giovane, che si irrigidisce, rotola per terra,
cade, viene spinto nel fuoco o nell’acqua per farlo morire, è presente anche
nella nostra realtà, ove si deforesta, si sfrutta la terra in modo sconsiderato,
si tentano di aprire miniere che avvelenano le acque, si spargono
nell’atmosfera veleni che sono causa di malattie croniche o tumorali,
gravemente lesive e che portano nella maggioranza dei casi alla morte.
Per liberarci da questo demone anti-ecologico, muto e sordo che cioè non
dice la verità sulle cose e non vuole ascoltare la voce della terra e dei
poveri, non abbiamo nessun mezzo umano. Solo l’intervento divino può
compiere l’autentica guarigione.
Solo Gesù vivente può, vedendoci come morti, prenderci per mano,
sollevarci e farci stare in piedi. Così per mezzo della sua preghiera di
intercessione al Padre della vita, attraverso la nostra umile e povera
invocazione, potremo vincere il demone dell’indifferenza e del cinismo nei
confronti dell’ambiente, facendoci voce di tutto il creato, chiedendone il
rispetto, ascoltando i lamenti degli impoveriti e della natura intera.
Rimangono da analizzare due prodigi ove Gesù mostra la sua capacità di
controllo sulla natura, per questo interessanti nella interpretazione
ecologica che stiamo affrontando.

131
Iniziamo con quello in cui Gesù calma la tempesta, ed è illustrato nei
vangeli sinottici (Mc 35-41), (Mt 8, 23, 27), (Lc 8, 22, 25).
Scegliamo il brano di Luca, unico a sottolineare il fatto che i discepoli
erano in pericolo (8, 23), come anche oggi l’umanità lo è a motivo della
sua azione erosiva ed aggressiva nei confronti della natura.
Gesù è sul lago, ove avviene una teofania, cioè una manifestazione del Dio
creatore e salvatore. Si scatena una tempesta e questo richiama sia quando
Dio parla a Giobbe in mezzo all’uragano (Gb 38, 1), quanto a Elia avvolto
nel turbine (Sir 48, 12). Dio quindi viene all’uomo dentro un fenomeno
portentoso.
C’è quindi un venire di Dio che giudica e unisce il cielo e la terra nel suo
atto di giudizio. C’è poi il riferimento alle acque che Gesù sgrida: il testo
greco dice appunto “essendosi risvegliato sgridò il vento e l’onda d’acqua”
(8, 24). L’acqua è un ricordo alla creazione (Gn 1, 2- 6-7), ma può anche
essere una forza distruttiva, quando ad esempio, Dio invia il diluvio e
manda le acque sulla terra.
In Esodo (14, 21-22) le acque sono asciugate da Dio per la salvezza del
popolo, evidenziandone l’aspetto positivo; ma il mare ritornando al suo
posto travolge gli egiziani, mostrandone il risvolto distruttivo (Es, 14, 28-
29).
Le acque rappresentano sia il dono della vita quanto possibilità di morte.
La tempesta crea ansia e timore nei discepoli i quali si accostano a Gesù
chiamandolo perché si sentono perduti e lo svegliano.
Egli sgrida il vento e l’acqua e ritorna la calma. Interessante notare che il
verbo sgridare è epitamao, utilizzato dall’evangelista Luca per descrivere
gli esorcismi e la cacciata dei demoni (Lc 4,35; 9, 42).
Gesù quindi domina la forze del male scatenate; calma la tempesta come
Dio comanda alle acque che possono fare del male, a cui ha fissato un
confine da non oltrepassare, perché non tornino a coprire la terra (Sal 104,
9).
Egli compie una sorta di esorcismo che libera la natura agitata da forze
demoniache. Il vento in Esodo (14, 21), è partner di Dio in quanto divide
le acque per il passaggio del popolo che esce dall’Egitto. La relazione di
132
Dio con gli elementi naturali, può essere di cooperazione o di
competizione, di corrispondenza o di conflitto.
Gesù è presentato da Luca, in relazione al vento e alle acque, ma anche ai
i discepoli che si sentono in pericolo.

Essi si appellano a Gesù come mediatore tra il vento e le acque, lo


chiamano due volte maestro (epistata), ed egli svegliandosi, sgrida vento e
flutti e ritorna la bonaccia.
Poi Gesù li interroga chiedendo conto della loro fede. Non solo Gesù salva
dal caos e dal pericolo, ma chiede fiducia in lui. Egli ottiene dal mare e
vento piena obbedienza, secondo la prospettiva dell’evangelista Luca che
descrive anche Maria, in accogliente obbedienza della parola di Dio.

Nella parabola del seme che fa frutto se cade nel terreno buono (Lc 8, 4-
15) e in quella del servo che deve far fruttare le monete (Lc 19, 21) c’è
l’invito pressante a seguire Gesù, obbedendo alla sua parola e a concorrere
con lui alla venuta del regno di Dio.
Calmando la tempesta, Gesù porta vita dentro il caos della creazione e
invita i discepoli che si domandano il perché vento e mare gli
obbediscono, a capire che debbono cooperare con lui per far ritornare la
calma nel contesto della creazione. I discepoli non sono esclusi dalla
relazione di Gesù con il vento e l’acqua, elementi della natura chiamati ad
essere partners dell’umanità.
L’epifania di Dio sfocia nella disponibilità a capire chi è Gesù, e a
collaborare alla sua richiesta di realizzarne il regno nell’obbedienza a lui.
A partire dal suo esempio, si deve interagire anche con gli agenti
atmosferici, attraverso azioni ecologiche che ne evitino la distruttività,
dovuta a cambiamenti climatici che rendono vento e acqua spesso fonte di
distruzione e di morte.
Il vento è positivo come produttore di energia alternativa e perché
disperde inquinanti: senz’acqua, come visto commentando il vangelo di
Giovanni, c’è solo morte. Il riscaldamento globale e lo sfruttamento
forsennato del pianeta, possono trasformarli in realtà apportatrici invece di

133
distruzione. Obbedendo a Gesù troviamo la strada per collaborare con la
natura in modo giusto e utilizzarne gli elementi come strumenti apportatori
di vita.
Resta infine da commentare l’episodio della trasfigurazione di Gesù,
carico di simbologia che richiama non solo aspetti riguardanti la fede in lui
come messia sofferente, ma allarga lo sguardo alla creazione intera che
deve essere in lui trasfigurata.
Fermiamo la nostra attenzione sulla narrazione del misterioso evento nella
versione dell’evangelista Marco (9, 2-10).
Prima di portare Pietro, Giacomo e Giovanni in disparte su un alto monte,
simbolo biblico della presenza di Dio, Gesù chiama la folla e propone
come criterio per seguirlo quello di rinnegare se stessi, prendere la croce e
andargli dietro (Mc 8, 34).
La prospettiva è chiara, la croce sarà la destinazione umana del Cristo e il
discepolo non potrà evitarla: però non sarà l’ultima parola sulla storia e la
creazione e Gesù lo vuole far capire per ridare speranza ai discepoli d’ogni
tempo.
Salito sul monte, la presenza divina si fa trasparente in Gesù, attraverso lo
splendore della vesti, così candide, che nessun lavandaio sulla terra
potrebbe fare questo, annota l’evangelista Marco.
L’accumulo di superlativi vuole indicare la straordinarietà della luce che
inonda l’evento.
Già intravediamo la creazione nuova, spendente, ma nessuna attività
umana può renderla tale se prima la luce di Cristo non illumina l’azione
umana.
Appare poi Mosè, che ha portato il popolo in mezzo alle acque del mar
Rosso verso la libertà, ha attraversato il deserto, dove l’acqua dalla roccia
e la manna dal cielo hanno nutrito Israele, insieme alle quaglie, ed Elia,
rapito verso il cielo su un carro di fuoco.
Elementi naturali espressione di bontà divina, salvezza fisica e profezia si
congiungono sul monte insieme alla luce splendente di Cristo.

134
E’ anticipata in quell’evento, la piena comunione tra Dio, la natura,
l’umanità, i discepoli; tutti avvolti dalla nube, amore di Dio rigenerante, da
cui esce la voce del Padre che conferma Gesù come il Figlio che
dobbiamo ascoltare.
Inoltre, in una regione come la Palestina, dove la vita dipende in gran parte
dal ciclo regolare della pioggia, la nube era diventata simbolo di vita e
speranza, Dio lo è di tutto il creato.
La realtà incombe, tutto sembra sparire; rimane Gesù solo con i suoi
discepoli in cammino verso la croce e la risurrezione. Nonostante il
destino sembri segnato, Dio garantisce un futuro alla creazione crocifissa
con lui.
Dio realizzerà una vera trasformazione nella risurrezione anticipata in
questo evento di metamorfosi: metemorphōthē, è infatti il verbo usato da
Luca e ci ricorda l’inno di S. Paolo in Filippesi, ove l’apostolo annota che
Gesù pur essendo di condizione (morphē) divina, annientò se stesso,
facendosi simile agli uomini (Fil 2, 6-11).
Sappiamo che la metamorfosi ed il cambiamento sono costanti della vita,
intendendo per vita tutto ciò che è vitale: l’uomo, gli animali e
l’ecosistema intero in cui essi s’inseriscono.
La metamorfosi è di per sé un atto creativo della natura su se stessa:
pensiamo agli insetti, ma anche colore delle foglie, alla formazione delle
pietre, alla evoluzione di una specie animale.
Così è noto come nel corpo umano ogni sette anni tutte le cellule si
rinnovano, ad eccezione di quelle del sistema nervoso, entrando così in un
nuovo ciclo di vita.
Gesù per dare un segno di pienezza della sua gloria, cambia forma,
davanti ai discepoli, anticipa la sua risurrezione, vive una metamorfosi,
facendoci capire che la vitalità dinamica della natura rispecchia la stessa
vita della Trinità e garantisce alla creazione rovinata dal peccato umano,
una trasformazione profonda, come riflesso della sua bellezza, bontà e
salvezza. La vita trinitaria diviene intuibile nelle dinamiche della natura
chiamandoci a contemplazione e rispetto.

135
9. L’ultima cena di Gesù: Eucaristia e cura dell’ambiente
La vita delle comunità cristiane del Nuovo Testamento era centrata sulla
frazione del pane, o cena del Signore, come momento di assoluta
importanza per loro esistenza e testimonianza nel contesto storico.
Fermiamo la nostra attenzione sulla cosiddetta ultima cena, momento forte
della vita di Gesù, ove il mangiare insieme è delimitato ai suoi discepoli.
Esistono quattro racconti riguardanti questo pasto di addio: tre nei sinottici
(Mt 26, 26-29); (Mc 14, 22-25); (Lc, 22, 15-20); e uno nelle lettere di
Paolo, (1Cor, 23-26); hanno una finalità narrativa in funzione liturgica152.
Per intuire il significato di questa cena d'addio dobbiamo inquadrarla nella
prospettiva finale di Gesù: egli percepisce che il suo annuncio e l' offerta
gratuita della novità del regno di Dio vissuta nella sua carne, non verrà
accettata. La possibilità concreta della morte si avvicina sempre di più fino
a diventare certezza.
Nella cena d'addio Gesù consegna ai discepoli il suo testamento e lo fa in
relazione con tutta la sua vita.
Egli lascia loro tutta la sua esistenza come dono definitivo che avrà il suo
momento culminante, nella morte sul Calvario.
In quella cena condensa in modo ormai non più separabile, la sua vita di
dedizione assoluta alla volontà del Padre che lo ha mandato ed il suo
amore completo e radicale verso l'umanità che storicamente reagisce non
accettando questo dono estremo, opponendo all'amore assoluto il rifiuto e
la condanna.

152
J. JEREMIAS, Le parole dell'ultima cena, Brescia, 1973.

136
Tale rifiuto però non sarà l'ultima definitiva parola di Dio sull' umanità:
Gesù sa che egli berrà di nuovo del frutto della vite nel regno di Dio (Mc
14-25), coinvolgendo in questa nuova festa anche l’intera creazione.
Gesù consegna tutto se stesso, la sua pro-esistenza nei confronti del Padre
e dell'umanità, l'amore “materno” in particolare per i poveri e gli
emarginati, la tenerezza verso la creazione e la terra, tutto il significato
radicale della sua morte, ai suoi discepoli, perché ne sia sempre loro
alimento.
Il pane e il vino rappresentano l'aspetto assolutamente decisivo della vita
umana: o ci si nutre e si vive, o altrimenti si muore: essi sono frutto del
lavoro umano ma provengono dalla terra, dal grano e dalla vite.
Il fatto che Gesù voglia rimanere realmente presente in questi segni
creaturali, conferma ancor di più la convinzione che la realtà creata
proviene da Dio e attraverso di essa egli vuole rimanere con noi, entrare
nella nostra corporeità biologica per alimentare una prospettiva eticamente
cristocentrica, verso gli altri e l’ambiente.
Senza Cristo non si vive una vita realmente riuscita e riconciliata con Dio
e con i fratelli e sorelle e il creato.
Si muore dentro, ci si decompone interiormente e si degradano tutte le
relazioni umane ed ecologiche, come si rovina irrimediabilmente
l’ambiente.
Donarsi fino all'estremo, fino a spezzare la propria vita per dare vita agli
altri e curare la terra, è possibile solo se in noi agisce colui che ha dato per
noi la sua esistenza, spezzandola per la nostra salvezza e riconciliazione
con il Padre.
Come il cibo viene assimilato, così la capacità di offrirci in totale
obbedienza alla volontà di Dio, viene dal Cristo che vuol entrare in noi
“fisicamente”, dentro la realtà personale, relazionale ed ecologica.
Un’economia ecologica che ha come modello l'Eucaristia spezza i beni
della creazione per dare vita piena e felice a tutti e li preserva, li cura, non
li spreca, non li consuma, sa con sobrietà usarli per non depredare il
creato153.
153
Cf. A. AGNELLI, La logica del pane. L’Eucaristia modello dell’economia, Bologna 2011.
137
Nella sequela di Gesù vivente, si lacerano i legami di morte e si intessono
quelli del perdono, della fraternità, della gioia del condividere con gli altri
e con tutta la creazione, ciò che siamo e ciò che abbiamo.
Questo dinamismo però non è mai eclatante ma agisce nella più assoluta
profondità per esprimersi come carica innovativa dentro il tessuto più
intimo della storia umana e della vita ambientale, come ci ha rivelato la
profonda incarnazione del Verbo eterno.
Cristo si fa vulnerabile, si espone alla libertà umana per esserne accolto
nella sua fragilità e nella sua povertà sino al punto da poterne essere anche
rifiutato.
Nel contempo ci ricorda la vulnerabilità della natura umana in cui egli è
presente per ritesserne la profonda trama che noi roviniamo per egoistici
interessi e mancanza di spirito etico e contemplativo.
Gesù si fa cibo e bevanda, si “umilia”, si “nasconde” non per annullarsi
ma per immettersi nel modo più vero e radicale dentro la storia umana e la
creazione nella sua dimensione biologica.
Egli vuole entrare nella profondità delle relazioni umane ed ambientali,
per risanarle con il suo amore rigenerante, per radicare il regno nel cuore
della storia e della realtà, attraverso il dono di se stesso che accolto, genera
nei discepoli energie nuove per cambiare la realtà di morte umana e della
terra, in realtà di vita154.
Chi vive l' Eucaristia come assimilazione della vita di Gesù, trova le
motivazioni ultime per una critica profetica ed un impegno concreto a
favore dell’ambiente ignorato, trascurato e avvelenato.
La proposta di una ecologia eucaristica al servizio della vita, delle
necessità basilari di tutti, rispettosa della creazione, capace di consumare
meno, non trova aperture profonde, è spesso avversata e richiede di far
nostra la sorte di umiliazione di Gesù.
Non si vuole rinunciare a porzioni del proprio benessere esagerato per
condividerlo con chi non ne ha; sembra anacronistico parlare di sobrietà,
rispetto della qualità ambientale come indice di benessere necessario e

154
Cf. I. ZIZIOULAS, Eucaristia e regno di Dio, Magnano (Bi), 1996; A. SHEMEMANN, L’Eucaristia. Sacramento
del Regno, Magnano (Bi), 2005.
138
questo scatena reazioni che rifiutano tali prospettive o le limitano nella
loro portata innovativa.
La proposta di una ecologia vera, cammina sui passi di Cristo: chi la
propone non deve aspettarsi successo, ma deve continuare a crederci
fermamente, anche contro la logica visibile e lavorare perché entri nella
cultura e nelle coscienze in modo più deciso, per rinnovare le relazioni
umane ed ambientali.
La realtà della globalizzazione economica è diversa: prevalgono
l'esasperata competizione e l'arricchimento sfrenato, l’idolatria del
possesso e delle ricchezze, la distruzione ambientale considerata
inevitabile o addirittura necessaria e positiva155.
Il Cristo che ci nutre di se stesso nell' Eucaristia, ci dona anche la capacità
interiore di non cedere allo scoraggiamento considerando il modello della
lavanda dei piedi, come utopia irrealizzabile.
Egli convince il nostro cuore, con il suo Spirito che, ogni frammento di
vita costruito in questa logica è già anticipo del regno di Dio e della sua
presenza viva e dinamica nella storia dell'umanità.
L'economia nuova in quanto economia ecologica della vita, della
comunione, della responsabilità, della fraternità, della condivisione dei
beni, segue la regola del regno di Dio: quella del granello di senape e del
lievito che fa fermentare tutta la pasta ( Mt 13, 31-33).
Si immette nell'oscurità della storia e dello sfruttamento delle risorse
ambientali senza scrupoli, anticipandovi nel frammento la novità del regno
di Dio.
Alimentati, nutriti, sostenuti da lui, i discepoli troveranno la forza di far
proprie queste prospettive ed essere coerenti fino in fondo, anche in mezzo
a critiche, emarginazioni e incomprensioni che segneranno sempre la
concreta azione di chi lotta a favore degli impoveriti e della salvaguardia
ambientale.
Anche Papa Francesco, nella enciclica Laudato si’, (n. 236) esalta
l’importanza dell’Eucaristia come celebrazione dove il creato trova la sua
massima elevazione. In questo sacramento, è già realizzata la pienezza, il
155
Cf. S. SASSEN, Espulsioni. Brutalità e complessità nell’economia globale, Bologna, 2015.
139
centro vitale dell’universo e la fonte da cui traboccano l’amore e la vita
inesauribile.
La domenica, giorno per eccellenza della celebrazione eucaristica, è il
giorno della risurrezione, e nel contempo il primo giorno della nuova
creazione, ove si integrano festa, fede e riposo per esprimere dimensioni
umane essenziali, spesso dimenticate, quelle della gratuità e recettività.
Non siamo fatti solo per agire ma anche per ricevere da Dio e dagli altri,
vita, amore e amicizia che anche il creato può comunicarci se percepito
come trasparenza della Trinità.
Vivendo fino in fondo la logica eucaristica, diventeremo come credenti
difensori della vita umana che si realizza nella realtà sociale ed
ambientale, promotori di giustizia per tutti, difensori dell’ambiente come
dono che Dio ci ha fatto e sostiene nella sua provvidenza, affidato alla
nostra responsabilità plasmata dalla novità radicale del regno di Dio, regno
di verità, grazia, misericordia e cura di ogni cosa.
La nuova ed eterna alleanza, che Gesù ha compiuto nella croce, ora è
partecipata, a noi, come dono nel contesto di una cena, dove la materialità
e la corporeità e la dimensione biologica, sono indissolubilmente legate.
Mangiamo lui, ci nutriamo di lui perché Dio in lui ci donato tutto
attraverso la materialità del pane e del vino che entrano nei nostri corpi
tratti dalla terra156.
Nutrirsi del pane eucaristico, significa sentire la privazione del pane
materiale di tanti fratelli e la sofferenza della creazione.
L’Eucaristia è il fondamento di una ecologia umana: Cristo dono ricevuto
e condiviso ci fa vincere la logica dell’egoismo e dello sfruttamento.

156
Cf. D. EDWARDS, The Natural World and God. Theological Explorations, cit., 137-172.
140
10. Passione, morte in croce e risurrezione di Gesù in prospettiva
ecologica
E’ possibile rileggere l’evento della passione, morte e risurrezione di Gesù,
tenendo presente la crisi ecologica che stiamo vivendo? Non è forse la
terra stessa, unita a milioni di persone, in agonia continua, portando in sé
le stigmate della passione di Cristo?
Evidentemente non è possibile fare questa lettura se prima non si tiene
presente la singolarità radicale della sua vita e morte. L’obbedienza filiale
di Gesù al Padre si colloca al centro del no umano a Dio che annichilisce
ogni relazione ma Dio stesso, con lo sguardo al Crocifisso, ridona a lui lo
Spirito e ricrea la libertà ferita dell’uomo trasformandola in libertà
obbediente157.
Il peccato umano è il no alla filiazione in Cristo e tocca Dio nel suo essere.
Egli non ritiene però conclusa l’eterna generazione del Figlio, neanche
nella sua morte, anzi, uccidendo la morte, donando al Figlio lo Spirito, si
rivela come Padre dei perduti e peccatori158.
Del resto, una comprensione ecologica degli eventi, presuppone la
creazione umana e la libertà avvolta nel peccato, oltre che l’azione di Dio
per ricostruire quest’ultima che, se lasciata a se stessa, è incapace di
ritrovare la via del bene e dell’amore, coartata a seguire vie distruttive
come insegna la dottrina del peccato del originale o peccato del mondo159.
E’ possibile rileggere gli avvenimenti che si susseguono verso la croce in
questa prospettiva, prendendo spunto dai racconti evangelici che pur nella

157
Cf. G. BARTH, Il significato della morte d Gesù. l’interpretazione del Nuovo Testamento, Torino, 1995; P.
MARTINELLI, La morte di Cristo come rivelazione dell’amore trinitario nella teologia di Hans Urs von Balthasar,
Milano 2008.
158
Il Padre, mentre chiama gli uomini ad essere nel Figlio suo, li abilita nello Spirito ad una libera adesione e,
simultaneamente, assume, perdona, trasforma anche il loro colpevole rifiuto nel morire di Gesù. La missione del Figlio
e dello Spirito sono ad extra la ritrascrizione delle relazioni ad intra, mentre le relazioni intratrinitarie sono la
condizione di possibilità perché la missione pasquale ( del Figlio e dello Spirito) non sia intesa al di fuori della visione
cristiana e della figura credente e redenta della liberà dell’uomo. F. GIULIO BRAMBILLA, Redenti nella sua croce.
soddisfazione vicaria o rappresentanza solidale? in G. MANCA (a cura di ), La redenzione nella morte di Gesù. in
dialogo con Franco Giulio Brambilla, Cinisello Balsamo (Milano), 2001, 83
159
Cf. A. M. DUBARLE, Il peccato originale. Prospettive teologiche, BOLOGNA 2013.
141
loro diversità, narrano la passione di Gesù come riconciliazione definitiva
della creazione avvolta nel peccato umano con la Trinità creatrice.

10. 1. Ricognizione dei dati evangelici più significativi


Dopo la cena con i dodici e il tradimento di Giuda che si sta compiendo,
Gesù va al Getsemani, monte che in aramaico e greco significa frantoio
per l’olio, come segnalano i sinottici (Mc 14, 32), (Mt 26, 36), (Lc 22,
39). Nel vangelo di Giovanni, come già commentato, si parla di un
giardino, al di là del torrente Cedron.
Gesù esprime la sua profonda tristezza e angoscia e chiede al Padre di
allontanare da lui il calice della sofferenza ma si offre a lui perché si
compia la sua volontà salvifica, nonostante la durezza della prova. “Non
quello che voglio io ma quello che vuoi tu” (Mc 14, 36).
Gesù porta a compimento il suo essere “allocentrico”, l’aver vissuto
totalmente rivolto al Padre per realizzarne la volontà di salvezza e recupero
dell’intera creazione. Questa espressione di piena adesione a Dio creatore e
Padre avviene per i sinottici nel luogo detto frantoio dell’olio.
Il dono di sé da parte di Gesù è paragonabile alla spremitura dell’olio: si
frantumano le olive frutto della terra da cui di ricava il prezioso liquido.
L’olio veniva usato per ungere l’altare, per consacrare i re, i sacerdoti, i
profeti. Era anche utilizzato per alimentare le lampade del tempio di
Gerusalemme e per curare le ferite come abbiamo visto nella parabola del
buon samaritano.
Nei salmi l’olio diventa anche segno della fraternità e della gioia di stare
insieme (Sal 133, 2). Gesù stesso era stato cosparso di olio profumato a
Betania prima dell’istituzione dell’ Eucaristia (Mc 14, 3-8); (Mt 26, 6-13);
(Lc 22, 36-47). Ora egli diventa olio che dà luce al mondo, garanzia di

142
fraternità nuova tra tutti gli esseri umani e viventi, medico che risana le
ferite corporali ed ecologiche, attraverso il sacrificio della vita.
Egli verrà spremuto per ricavarne frutto di vita per la creazione su questo
monte formato da calcare cretaceo, adibito alla coltivazione delle olive.
Questo terreno, consumato dalle intemperie e dal tempo, accoglie Gesù in
preghiera angosciosa ma fedele.
L’offerta della sua esistenza avviene a contatto con la natura che i
partecipa alla sofferenza totale di Cristo mentre i discepoli dormono, non
condividono questo suo momento topico.
Quasi a dire che anche noi dormiamo, non vogliamo accorgerci della
passione della terra e dei poveri e non seguiamo Cristo che invece
coinvolge nella sua preghiera la creazione intera.
Marco, nel suo vangelo, riporta anche l’invocazione di Gesù, carica di
amore e fiducia: Abbà, Padre. Quell’Abbà che poi sulla croce diventerà il
Dio di cui sentirà l’assenza, pur invocandolo come mio, radice del suo
essere e della sua missione avvolti in quel frangente, dalle tenebre.
Solo Luca annota che Gesù in quello spasimo dell’agonia suda sangue,
quanto di più biologicamente condividiamo con tutte le creature anche non
umane, ed esso, cadendo, bagna la terra. La passione di Gesù la coinvolge,
poiché è imbevuta del suo sangue. La corporeità sofferente di Gesù si
mescola alla creazione, facendoci capire che la salvezza sarà integrale e
totale, abbraccerà l’umanità di tutti i tempi e l’intero creato.
Gesù poi è tradito da Giuda e arrestato. Con un bacio viene consegnato
alla folla che arriva a prelevarlo con spade e bastoni. La violenza comincia
a scatenarsi sull’ annunciatore del regno di misericordia.
Uno dei presenti, di quelli che erano con Gesù, colpisce un servo del
sommo sacerdote staccandogli l’orecchio. L’evangelista Luca riferisce che
Gesù, toccato l’orecchio lo risanò (Lc 22, 51).

143
Gesù è fedele fino in fondo alla prospettiva misericordiosa e materna del
Dio della vita: non vuole nessuna violenza160, guarisce il ferito
restituendogli la capacità di ascoltare di nuovo le sue parole di bontà,
anche se commenta Marco, tutti lasciatolo fuggirono (14, 50).
Gesù rimane solo davanti alla violenza assurda del peccato.
Sempre l’evangelista Marco riporta l’episodio del giovinetto che lo
seguiva avvolto con un lenzuolo sul corpo nudo: egli viene preso ma
lasciato il lenzuolo, se ne fugge (Mc 14, 50-52).
Questo giovane potrebbe rappresentare un discepolo che ha lasciato tutto
per seguire Gesù e lui pure lo abbandona nel momento della prova;
potrebbe indicare il caos e il concitamento dell’arresto, una sorta di “si
salvi chi può”, mentre Cristo va verso il compimento del suo destino;
oppure c’è chi vede in quel giovinetto lo stesso evangelista testimone dei
fatti
In chiave ecologica possiamo vedervi l’uomo che fuggendo dal vero
Adamo, Cristo, l’unico che dona la vita al mondo, si denuda di nuovo,
ritornando nella condizione del primo Adamo che ha rifiutato la
comunione con Dio e la creazione.
Quegli si coprì quando provò vergogna dopo il peccato. Questo perde la
sua dignità, quando fugge insieme agli altri, e non vuole seguire la strada
della salvezza.
Anche noi troppo spesso fuggiamo dalle nostre responsabilità etiche nei
confronti degli altri e dell’ambiente e perdiamo il lenzuolo della
responsabilità, rimanendo nudi, incapaci di agire come invece dovremmo
fare.
Dalla corporeità nuda del discepolo che fugge, i vangeli focalizzano
l’attenzione sul corpo di Gesù maltrattato con violenza.

160
Cf. C. DI SANTE, La passione di Gesù. Nonviolenza e perdono, Cinisello Balsamo (Milano), 2013.
144
Lui è figlio della terra, nato da una madre che lo ha portato nel grembo e
lo ha partorito al mondo. Lui è l’uomo nuovo fatto a immagine e
somiglianza di Dio, in quanto Figlio eterno e sostanziale trasparenza della
vita divina che ci fa comprendere la nostra vocazione di fraternità con gli
altri e con la terra.
Secondo Luca, lo Spirito ha adombrato Maria come il ruah, il respiro
primordiale ha aleggiato sulle acque (Gn 1, 3). Dalla prima alla nuova
creazione: Maria nel suo utero riceve lo Spirito che genera Gesù.
Si alternano nel racconti della sua infanzia, (Lc 1-2), sterilità e verginità,
gravidanze, incontro tra gestanti, sommovimento in Elisabetta del feto di
Giovanni che esulta, le nascite di Giovanni dello stesso Gesù che viene al
mondo in un rifugio per animali, è avvolto in fasce, deposto nella
mangiatoia come segno del suo inserimento nella famiglia umana. Viene
riconosciuto dai pastori, cantato dagli angeli che nella sua venuta vedono
lo stabilirsi della pace sulla terra.
Sono racconti pervasi di femminilità, fecondità, gestazione, nascite,
nutrimento dei figli da parte di Elisabetta e Maria, superando prospettive
antropocentriche, androcentriche e patriarcali.
Questi aspetti permettono di vedere nei vangeli, Gesù come figlio della
terra che è madre, interconnessa attraverso i corpi umani a tutto il resto.
Lui la porta in sé, essendone parte integrante, l’ha assunta fino in fondo e
la redime nelle sue profondità.
Il Figlio di Dio divenuto carne, dopo il suo silenzio davanti al Sinedrio,
comincia ad essere vilipeso, con sputi, schiaffi e pugni. Viene rinnegato da
Pietro, portato davanti a Pilato che lo condanna al supplizio della croce.
Viene, flagellato e coronato di spine. Quel corpo congiunto alla terra,
assunta da Dio in quell’uomo Gesù, viene lacerato; gli vengono strappate
le carni, (Mc 15, 15), (Mt 27, 26), conficcate le spine sul capo (Mc 15,
17), (Mt, 27, 29), (Gv 19, 2).

145
Viene spogliato, e sputandogli ancora addosso lo conducono fuori per
crocifiggerlo. L’umiliazione e la violenza contro Gesù, figlio della terra e
verbo fatto carne, sono anche i segni della degradazione umana che gode
della violenza e si scaglia contro la misericordia vivente.
E’ la stessa violenza che colpisce i poveri e che disintegra l’ambiente e la
creazione, conficcata sul palo del martirio come Gesù. C’è una sorta di
assalto nei confronti del Dio di Gesù, come Dio della creazione, con
l’intento di distruggerne la parola provocante e scomoda.
Gesù viene poi inchiodato al legno della croce, quindi fissato a una parte
della terra, simbolizzata dalla traversa di legno che un potenziale
discepolo, Simone di Cirene l’ha aiutato a portare. Lo crocifiggono nel
luogo detto cranio: ambiente di morte e di desolazione, lastricato dalle ossa
spolpate dei crocifissi.
Venuta l’ora sesta, si fa buio su tutta la terra fino all’ora nona quando Gesù
grida a gran voce “Elì, Elì lemà sabachtàni cioè “Dio mio, Dio Mio perché
mi hai abbandonato?” (Mc 15, 33-38), (Mt 27, 45-54).
E’ il grido del Figlio che sente l’abbandono del Padre e degli uomini, è il
grido dei poveri e delle vittime ingiustamente inchiodate alla croce della
vita disumana, è il grido del Figlio della terra che urla la distruzione e lo
scempio del creato, è il vertice doloroso del processo di degradazione e
distruzione dei corpi da parte del peccato.
Nel contempo egli però lo chiama mio Dio esprimendo la volontà di
volersi stringere a lui contro ogni esperienza contraria, non lasciandolo
andare, sebbene lo percepisca come assenza che lascia solo chi lo invoca
dal profondo della sofferenza161.
Luca invece presenta il grido di abbandono come consegna di sé da parte
di Gesù nelle mani paterne a cui affida il suo spirito ( Lc 23, 46).

161
Cf. E. SCHWEIZER, Il Vangelo secondo Marco, cit., 373.
146
Dopo il grido viene riempita una spugna d’aceto per dargli da bere (Mt 15,
36), ( Mc 27, 46). Gesù ha sete, anche la terra è assetata perché riarsa
dall’incuria umana e vien dato aceto.
E’ qui richiamato il salmo ove il fedele lamenta il fatto che hanno messo
nel suo cibo veleno e quando aveva sete gli hanno dato aceto (Sal 69, 22).
Il Figlio della terra riceve veleno, come la creazione stessa è avvelenata
dallo sfruttamento umano.
Gridando di nuovo, Gesù spira, dona al Padre la sua vita, il soffio vitale
della sua esistenza. La terra è soffocata ma nella croce di Cristo, quando
tutto sembra spegnersi nell’agonia, Dio interviene offrendo di nuovo il suo
respiro di vita, lo Spirito Santo.
Il velo del tempio, narrano i sinottici, si squarcia. La cortina messa davanti
al Santo dei Santi nel tempio che delimitava la zona a cui poteva accedere
solo il sommo sacerdote, si sbriciola da cima a fondo, non potrà più essere
riparata. La presenza di Dio in Gesù crocifisso non rientrerà più nel tempio
ma invaderà l’umanità e la creazione. Il Dio con noi diventa il Dio con
tutto il creato e non più prigioniero della sola religione.
I sinottici inoltre descrivono al momento della morte, il farsi buio su tutta
la terra e l’evangelista Luca aggiunge anche l’eclissi del sole (Lc 23-45).
La morte di Cristo è per un attimo il precipitare nel buio del non senso e
della paura. La creazione è franata nell’oscurità e sembra senza speranza.
Matteo invece racconta altri avvenimenti che accompagnano la morte di
Gesù ( Mt 27, 51-53). La terra trema, si spaccano le rocce, i sepolcri si
aprono e molti corpi dei santi addormentati risuscitano entrano nella città e
appaiono a molti. Come ecologicamente interpretare tutto questo?
La composizione di Matteo, è di tipo apocalittico: i segni hanno un
significato simbolico in quanto indicano la fine di un mondo e l’inizio di
una realtà nuova segnata dalla salvezza.

147
Il terremoto, presente in molte teofanie bibliche, è qui collegato al
rompersi delle tombe scavate nelle rocce e alla risurrezione dei morti.
Nella morte di Cristo c’è la vittoria di Dio sulla morte e la sua potenza
impedirà la distruzione del creato. I corpi dei risorti, coloro cioè che
appartengono al popolo di Dio, danno testimonianza della risurrezione del
Crocifisso162.
Si possono anche interpretare questi segni come la parola della terra di
fronte al cadavere muto di Gesù.
Egli per il momento tace, la sua corporeità è inanimata, silente, ma i lettori
del vangelo sanno che la terra grida e partecipa alla morte di Cristo
attraverso gli avvenimenti sismici, ricordando che anche essa è messa in
croce dal peccato e dalla malvagità umana. Così il centurione, coinvolto da
tutto quanto accade, vedendo il terremoto, comprende che quest’uomo
torturato e crocifisso è intimamente legato Dio, proclamandolo suo Figlio.
Vi sono poi i racconti della sepoltura del cadavere di Gesù. Giuseppe
d’Arimatea ne chiede il corpo, lo fa avvolgere in un lenzuolo e lo depone
in un sepolcro scavato nella roccia.
Il corpo torturato di Gesù non vien lasciato in pasto agli uccelli rapaci, o
abbandonato alla decomposizione, ma ritorna alla terra, nelle rocce da cui
erano per Matteo usciti i santi. Giuseppe vuole così onorare questo corpo
del Figlio della terra, in una tomba dove nessuno era ancora stato messo,
entrando così in comunione con tutta la creazione.
Nuovo il sepolcro, pulito il lenzuolo (Mt 27, 59), il corpo di Gesù cala
nelle viscere della terra per portarvi la luce e la vita. La terra riceve questo
dono purissimo che essa ha generato per grazia attraverso il ventre di una
donna e lo custodisce con immensa tenerezza. Non può però trattenerlo per
sempre.
Infatti la grossa pietra posta davanti al sepolcro viene ribaltata. Dopo una
breve gestazione la terra lo partorisce di nuovo nella risurrezione.

162
Cf. R. FABRIS, Matteo, Roma, 1982, 554-557.
148
Il giorno seguente, passato il sabato, giorno del riposo in ricordo del
termine della creazione da parte di Dio, le donne si recano alla tomba per
profumare il corpo di Gesù, quel corpo torturato, lacerato e inchiodato alla
croce.
Come le donne dovremmo ungere di balsamo vitale e di cura amorevole
ogni creatura umana e l’intera creazione.
Marco e Luca parlano della pietra che trovano già rotolata (Mc 16, 4), (Lc
23, 2). Matteo narra di un nuovo terremoto: come la terra fu scossa dalla
morte del Figlio di Dio, ora freme per la sua risurrezione. Infatti un angelo
del Signore scende dal cielo e fa rotolare la pietra (Mt 28, 2-3) e vi si siede
sopra. Il cielo è venuto sulla terra; l’aspetto dell’angelo era come folgore,
di una luminosità abbagliante, e la sua veste candida come neve: tutto è
trasfigurato nella luce della risurrezione
La creazione ora è riunita alla tomba per celebrare con le donne la
risurrezione di Gesù.
Marco e Luca parlano delle donne che entrano nel sepolcro, nel ventre
della terra; un giovane, secondo Marco, due uomini sfolgoranti per Luca
e un angelo per Matteo, mostrano il luogo dove era stato posto.
Il sepolcro è vuoto, ci sono solo le bende e il sudario narra il vangelo di
Giovanni (20, 2-7). Ha accolto il nuovo Adamo che risorgendo ridona vita
all’umanità e alla creazione, lasciando in un angolo le bende sporche di
sangue ma profumante dagli aromi spalmati sul corpo di Gesù (Gv 19, 40).
La creazione rimane ancora impastata di sangue e profumi, di cura e
distruzione, di luce e di tenebre.
Già sulla croce, nella costruzione teologica dell’evangelista Giovanni, la
crocifissione è stata la sua esaltazione. Egli innalzato, attira tutto a sé,
tutte le cose create, donando l’amore vitale dello Spirito al cosmo intero.
Il verbo attirare, trasmette il senso di una intensa azione di trascinamento,
ed è stato usato da Giovanni per descrivere anche nel suo vangelo,

149
l’eccezionale raccolta di pesci presi e portati a riva (Gv 21, 8). La rete è
piena di centocinquantatre grossi pesci, il numero di specie conosciute al
tempo. Tutto il creato, umanità e altri viventi, sono trascinati da Gesù nella
sua azione salvifica.
Per capire come Gesù crocifisso attiri sé ogni cosa, possono aiutarci anche
i simboli principali da lui ha utilizzati per parlare di se stesso: l’acqua, il
cibo, la luce e il loro potere di attrarre tutto quanto vive.
La persone nell’oscurità, istintivamente cercano la luce, le piante cercano
la luce. Tutte le creature viventi bramano sorgenti dell’acqua, proprio
come le piante ne hanno bisogno per inumidire il terreno e affondare le
radici. Così, è innata la tendenza in ogni creatura a cercare il cibo.
Quando è Gesù è sulla croce, l’ora in cui è sollevato da terra, è il momento
topico nel quale attira a sé tutte le cose, coinvolgendole nella sua
donazione filiale definitiva al Padre. E’ come se dicesse in quel momento:
venite a dissetarvi perché possiate vivere (Gv 7, 37). E dal suo costato
colpito dalla lancia escono sangue ed acqua. Umanità e creazione risanate
e ricreate dal Figlio eterno, nuovo Adamo per sempre.
La terra ha custodito il corpo del Verbo incarnato, ora lo ridona alla
creazione libero e trasformato, come luce, cibo ed acqua viva per tutti.
In seguito si fa riconoscere dai suoi discepoli come il vivente. Nelle
cosiddette apparizioni, incontri di comunione ritrovata, Gesù prende
sempre l’iniziativa, impone quasi la sua presenza di risorto, per ricreare
legami di vita e amicizia profonda.
Egli è ancora pienamente legato alla terra nella sua corporeità trasfigurata:
va dai discepoli, incontrandoli nelle loro attività quotidiane a contatto con
la natura, come durante la pesca sul lago. Egli invita li invita a non avere
paura, a proclamare a tutti che egli è vivo e che la sua parola è vera.
Fermiamo l’attenzione sulla racconto di Luca, l’incontro del risorto con i
discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-33).

150
L’episodio, ben costruito ed emotivamente coinvolgente, mostra come
Gesù si avvicina e cammina al fianco dei discepoli scoraggiati. Sembra
vivano ancora l’assenza del regno. Davanti ai loro occhi c’è ancora
l’immagine del crocifisso morto. Da soli non riescono a capire. Quando
Gesù prende l’iniziativa spiega loro le Scritture.
Lui è per sempre l’esegeta definitivo, interprete della volontà di Dio che ci
ha salvati e creati. Lo riconoscono quando fermandosi da loro, spezza il
pane; ma egli sparisce dalla loro vista.
Evidente è il riferimento all’Eucaristia, ma anche alla materialità della
creazione. Gesù entra nella casa dei discepoli che quasi lo costringono a
restare, lo “forzarono” dice i verbo greco usato dall’evangelista Luca.
Condivide la mensa con loro, spezza il pane, frutto della terra. Sparisce
quando il pane è nelle sue mani, per dirci che ora egli va incontrato anche
nella creazione voluta da Dio per produrre il necessario per il nutrimento.
La fisicità della presenza del risorto rimanda alla corporeità concreta e
ferita della realtà ambientale, piagata e lacerata. Quando si aprono gli
occhi dei discepoli, riconoscono che Gesù era al loro fianco e il loro
cuore ardeva mentre parlava con loro, spiegando la parola di Dio.
Quando con occhi casti, guardiamo alla terra come luogo della presenza
del Cristo risorto, dovrebbe ardere il nostro cuore per salvaguardarla,
curarla, amarla e rispettarla a partire dalla forza profonda della parola del
Cristo risorto.
Un secondo racconto interessante è l’incontro di Gesù sul lago di
Tiberiade, con sette discepoli, già prima accennato (Gv 21, 1-13).
Egli va incontro a loro mentre stanno pescando ma la pesca è infruttuosa.
Sulla riva al mattino trovano Gesù che ancora non riconoscono.
Chiamandoli affettuosamente ragazzi (paidía), chiede loro qualcosa da
mangiare insieme, rimandandoli a pescare poiché non avevano preso nulla.
Sulla sua parola essi compiono una pesca straorinaria. La parola di Gesù,
ancora una volta è creatrice e realizza quanto promette.
151
Tornati a terra, vedono della brace, del pesce sopra e del pane; Gesù invita
tutti a mangiare. Essi lo riconoscono, ma non gli chiedono nulla, lasciano
che sia lui a servirli porgendo loro il pane e il pesce.
L’episodio dal punto di vista ecologico, suggerisce che la creazione
produce abbondanza di vita se è guidata dalla parola di Gesù. Già abbiamo
in precedenza commentato come la rete piena di centocinquantatre pesci
rappresentasse l’intera quantità ittica conosciuta al tempo, e quindi l’intero
creato che Gesù trascina nel vortice luminoso della sua risurrezione.
Ci sono nel brano diversi richiami alla natura in quanto creazione e dono
di Dio.
Le acque, generano abbondanza di vita e con Gesù non fanno paura. Pietro
nudo si getta nel mare per andargli incontro senza che affondi e lo
raggiunge.
Nudi, Adamo ed Eva si nascondono davanti a Dio che li chiama perché
hanno paura. Pietro, anche lui nudo, pur avendo rinnegato Gesù, non ha
timore, va verso il Figlio portatore della misericordia del Padre che non
allontana nessuno dalla sua presenza, come invece furono cacciati per il
peccato i primogenitori.
Gesù poi li aspetta sulla riva; ci sono delle braci, il fuoco che serve per la
vita umana ma che purtroppo può devastare la natura, per incuria o
colpevole volontà come purtroppo viene segnalato in tante parti del
pianeta.
Si rinnova, attraverso il pane e il pesce la comunione conviviale dei
discepoli con Gesù, con la terra e il mare che offrono ancora i loro doni
per celebrare l’incontro con il Dio vivente.
Segue poi il dialogo tra Gesù e Pietro (Gv 21, 15-19), nel quale Gesù gli
chiede tre volte se lo ama davvero e l’apostolo conferma il suo amore per
Cristo. La prima volta Gesù gli dice di pascere i suoi agnelli. Trasforma il
pescatore di Galilea in pastore, sull’esempio del maestro.

152
Alla ripetuta domanda e risposta, segue il conferimento di un maggiore
incarico. Pietro, non solo deve custodire gli agnelli, la parte più debole del
gregge, ma anche quella adulta e forte: le pecore.
La sottolineatura le “mie” pecore, sono un richiamo serio. Sarà pastore
certamente ma le  pecore non sono proprietà sua, sono del vero pastore
che ha sacrificato la vita per loro.
Gesù paragonando i futuri discepoli, affidati a Pietro, ma suoi perché da lui
redenti, ad un gregge, di nuovo fa comprendere l’intima connessione tra
natura e salvezza, tra attività umana e agire divino.
Nel gregge il pastore deve curare in primo luogo i più fragili, gli agnellini,
la comunità cristiana volge il suo sguardo premuroso su tutte le realtà
create, in modo particolare verso quelle più fragili e assediate dall’egoismo
umano. L’invito fatto a Pietro di seguirlo è valido per sempre: anche noi
nell’oggi dobbiamo seguire il Cristo nella difesa della natura,
preservandola dalla distruzione e curandone la fragilità proclamando il
regno di Dio e la sua misericordiosa vicinanza a tutto il creato.

10. 2. Elaborazione cristologica

La fine della vita di Gesù nella morte e la sua risurrezione sono eventi
decisivi per una comprensione adeguata dell' incarnazione profonda di Dio
nella materia.
La profonda incarnazione, come detto, è la visione del Logos divino
(saggezza e parola) fatto carne in Gesù il Cristo, in modo così completo
che Dio stesso, assumendo la particolare storia di vita di Gesù l'ebreo di
Nazareth, si è congiunto alle condizioni materiali di esistenza, ha
condiviso il destino di tutte le forme di vita biologica e ha sperimentato i
dolori delle creature sensibili dall'interno. La profonda incarnazione
presuppone un radicamento nelle profondità dell'esistenza materiale e
biologica e nei lati più oscuri della creazione.
153
La passione di Cristo che abbiamo riletto con sguardo ecologico, ci mostra
a sua volta, il coinvolgimento della creazione che partecipa al cammino
di Gesù nel suo corpo, verso la croce, riflettendosi ferita nei suoi dolori e
per poi condividere sua risurrezione.
Si può parlare quindi di profonda passione e profonda risurrezione.
La teologia contemporanea sottolinea che la sofferenza di Cristo nel
venerdì santo, rivela la compassione di Dio per tutti coloro che soffrono.
In Cristo, Dio è implicato nella passione dei popoli crocifissi e della terra,
inchiodata alla croce dello sfruttamento.
Resta viva ancor oggi la domanda su quale significato possa avere la
sofferenza, se Dio è amore provvidente e salvifico. Cosa può dirci la croce
di Gesù in relazione ai patimenti della creazione, al male che coinvolge il
mondo umano e non umano?
E’ argomento davvero difficile e sappiamo che non esiste una risposta
pienamente soddisfacente.
Come può, si chiede qualcuno, essere buona una creazione che comprende
sofferenze, morte, selezione naturale? Non ci sono risposte esaurienti o
logicamente strutturate.
K. Rahner, affermava che la incomprensibilità del dolore umano, noi
diremmo oggi a partire dalla sensibilità ecologica, anche del dolore della
creazione in evoluzione, è frammento della incomprensibilità di Dio163.
Possiamo però dire che nella croce, Dio solidarizza totalmente non solo
con le vittime della violenza umana ma anche con quelle che hanno subìto
quella insita alla evoluzione e con quelle della selezione naturale.
Dio soffre con e dentro il processo evolutivo, nel suo dispiegarsi doloroso
e costoso nel tempo.
Nella croce di Gesù, Dio si manifesta come si è rivelato in ogni esperienza
del Figlio, ovvero dimostrando di voler agire contro ciò che toglie vita alla
creazione, non con un atto esterno che salta i dinamismi concreti, bensì
immergendosi nella sua sofferenza e nei suoi travagli.

163
Cf. K. RAHENR, Sollecitudine per la Chiesa. Nuovi saggi VIII, Roma, 1982, 542-564.
154
La ragione ultima dell’impotenza di Dio nella croce, sta nel suo desiderio
di far capire che egli condivide fino all’estremo il destino della creazione
lacerata e che nulla pone ostacolo alla sua vicinanza indistruttibile.
Nella croce di Gesù, Dio realmente e liberamente soffre per la morte del
Figlio, dimostrando di voler essere colui che nell’impotenza, solidarizza
totalmente ed irrevocabilmente con la creazione oppressa, aprendo dal di
dentro della storia di peccato, un futuro di speranza e trasformazione.
Importante è sostenere che Dio partecipa alla passione del mondo, in totale
solidarietà con il Figlio crocifisso e la terra trafitta dai chiodi
dell’indifferenza.
Già salvifica è dunque l’esperienza della croce; non solo perché preclude
alla resurrezione, ma anche perché essa stessa è luogo, seppure disumano,
assunto da Dio che sta dalla parte della realtà creata.
Vi è speranza di vita nuova poiché il Dio della vita abita tutte le croci,
confermando che l’ultima parola appartiene alla vita di cui egli è garante.
Seguire Gesù è partecipare alla stessa vita di Dio, rendendo attiva la sua
misericordia, manifestata nella croce del Figlio, per la salvezza del creato.
Essere cristiani vuol dire stare con Dio nella passione degli oppressi e della
natura per dare concretezza trasformante alla prassi di Gesù, nella quale il
Padre ha pronunciato il suo no tutto quanto produce morte ed il suo sì
irrevocabile alla causa del regno.
Oltre il male fisico e il male morale dovremmo aggiungere una terza
categoria, vale a dire il male antropogenico, cioè quello causato dall'uomo
ma sofferto nel mondo non umano, per esempio gli inquinanti che hanno
impatti devastanti oltre che sulle persone anche su altre specie o gli incendi
che distruggono boschi con la loro preziosa biodiversità, o la selvaggia
deforestazione con conseguenze altrettanto gravide di distruzione.
Il dolore che l'umanità sperimenta nel vedere la sofferenza di altre specie,
è in un certo senso una partecipazione alla stessa compassione divina.
Come l’apostolo Paolo sostiene nella lettera Filippesi (2, 6-11), la salvezza
proviene dall'incarnazione tramite la croce e va verso la guarigione e il
rinnovamento, per mezzo del Cristo che si è fatto uomo, umiliandosi ed
accettando la morte per riconciliare l’intero creato.
155
Il Dio che diventa parte della dimensione biologica della terra, è anche il
Dio che la riempie di nuova esistenza.
Il Cristo incarnato è il Cristo risorto e anche il Cristo cosmico, colui che è
già presente nella creazione per riconciliare tutte le cose.
La risurrezione è più della vivificazione di un corpo umano; è il sorgere
della creazione nuova in cui Dio è venuto ad abitare materialmente e
biologicamente.
Il Cristo risorto manifesta il potere dell’amore divino trinitario nel cuore
della creazione, ma questo potere divino è mediato dal corpo umano
risorto di Gesù.
Corpo ricolmo dello Spirito che porta impresse e mai cancellerà, le piaghe
e la ferita del costato che mostra ai discepoli (Gv 19, 20); sono le feritoie
eterne da cui fluisce sul cosmo la sua grazia, la sua luce e la sua vita.
La sofferenza di Cristo ci porta a credere che i millenni di patimenti e di
morte implicati nel processo evolutivo, siano stati accompagnati
dall'amore divino.
La fede cristiana proclama che la croce non è l'ultima parola. Cristo è
veramente risorto, in lui rifiorisce l’albero della vita.
Questa buona notizia della Pasqua coinvolge certamente la corporeità. A
partire da un corpo umiliato deposto in una tomba, l’evento della
risurrezione racconta il potere creativo dell'amore divino che trionfa sul
potere del male e della morte.
Ciò che questo significa in concreto non è chiaramente comprensibile:
“Ora vediamo in modo confuso come in uno specchio” (1 Cor 13, 12).
Eppure la tomba vuota rappresenta un segno storico che l'amore di Dio,
più forte della morte, abbraccia l'esistenza biologica e la salva
dall'annientamento.
La gioia Pasqua deriva dalla consapevolezza che questo destino non è
limitato solo a Gesù, ma coinvolge l'intera creazione. L'esito della sua
morte indica che un futuro benedetto attende tutti in quanto sottoposti alla
caducità della vita. Risorto dai morti, Cristo fa capire che la salvezza non
significa la fuga dalla materia.

156
Piuttosto, il nostro futuro sarà la trasformazione di tutto il nostro essere:
persona, auto-coscienza e relazioni umane ed ecologiche, nella gloria di
Dio164.
La consapevolezza ecologica della nostra storia terrena e cosmica ci spinge
ad estendere questa speranza oltre la condizione umana, per includere un
futuro per l'intero mondo naturale.
Dato che Gesù di Nazareth era composto come noi di frammenti stelle e di
terra165, e poiché il suo corpo esisteva in una rete di relazioni che si
estendevano all'intero universo fisico, la sua risurrezione segna l'inizio
della redenzione, non solo degli esseri umani ma dell'intera la creazione,
dell’intero mondo naturale, di tutta la materia nelle sue infinite espressioni.
Alla luce di Cristo risorto, la speranza di salvezza per gli esseri umani
peccaminosi e mortali si espande fino a diventare una speranza cosmica.
L'amore per la terra e tutte le sue creature fluisce come risposta concreta
per l’agire quotidiano.
La fede in Gesù Cristo può fornire significative risorse per un'etica
ecologica che è criticamente necessaria in questo tempo di acuta
sofferenza della terra.
In unione con l'amore divino che l’ha creata e l’abbraccia, sostenendola
nell’essere, come si è intravisto concretamente nell'incarnazione, nel
ministero, nella morte e risurrezione di Gesù, possiamo in lui, plasmare le
nostre vite, per seguirne le orme.
Di conseguenza, l'azione umana che ferisce la natura facendo del male
agli ecosistemi e alle altre creature è una violazione profondamente
peccaminosa della vita che va denunciata e risanata.
Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per
la cura del creato 2016, dal titolo. Usiamo misericordia verso la nostra
casa comune, ci domanda di confessare anche i nostri peccati contro
l’ambiente:
Dopo un serio esame di coscienza e abitati da tale pentimento, possiamo confessare i nostri peccati contro il
Creatore, contro il creato, contro i nostri fratelli e le nostre sorelle. «Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci
fa vedere il confessionale come un luogo in cui la verità ci rende liberi per un incontro».  Sappiamo che «Dio
164
Cf. J. WOHLMUTH, Mistero della trasformazione. Tentativo di una escatologia tridimensionale, in dialogo con il
pensiero ebraico e la filosofia contemporanea, Brescia, 2013.
165
Cf. K. SCHRIJER – I. SCHRIJVER, Living with the Stars. How the Human Body in Connected to the Life Cycles of
the Earth, the Planets and the Stars, Oxford, 2019.
157
è più grande del nostro peccato», di tutti i peccati, compresi quelli contro la creazione. Li confessiamo
perché siamo pentiti e vogliamo cambiare. E la grazia misericordiosa di Dio che riceviamo nel Sacramento ci
aiuterà a farlo166.

Inoltre, se Dio ci ha amati per primo (1Gv 4, 10; Rm 5,8), il culmine di


tale amore consiste nell’esser resi capaci di passare da un amore passivo ad
un amore attivo. Nella croce appare l’invito a partecipare ad un cammino
nel quale si possa sperimentare la salvezza.
Se all’origine ci sta l’amore di Dio realizzato nella croce e diffuso nella
risurrezione, l’esistenza cristiana possiede una struttura di gratuità.
Però, tale dimensione diviene reale solo se passa dalla recezione del dono
alla donazione di se stessi.
Il dono si sperimenta come tale, nella propria donazione. Dove questo
avviene, benché nessuno abbia mai visto Dio (Gv 1, 18), la vita umana
diventa un cammino verso Dio e con Dio, proteggendo la terra e curando
la sua creazione.
La vita di Gesù, abbiamo già segnalato, è colta nel Nuovo Testamento col
titolo di “nuovo Adamo”.
Pur in discontinuità con l’Adamo peccatore, in Gesù emerge una certa
continuità. In lui è apparsa la verità nascosta, frustrata e sfigurata, però
sempre cercata e desiderata del primo Adamo. E’ apparizione storica e
tangibile di ciò che è veramente umano.
Per tradurre in parole la realtà di Gesù, non basta chiamarlo Dio e uomo,
né solamente salvatore e liberatore. Si deve menzionare il suo modo
d’essere, la sua vicinanza, la sua onestà, la sua tenerezza per i deboli e per
la natura, producendo nei discepoli forza, ispirazione e gioia.
Questo è ciò che lo trasforma in buona notizia. Viviamo in un mondo nel
quale la realtà ambientale è più che altro cattiva notizia. Anzi si vuol far
credere che è impossibile realizzare una mitigazione dei danni ambientali,
pena regredire nel progresso.
La vita di Gesù è quella vera. Essere uomini consiste nel vivere come lui.
Egli diffamato, vittima, e crocifisso, è invece la verità, il giusto ed il
risorto.

166
www.vatican.va
158
L’esaltazione non proviene da una tabula rasa, non è un premio arbitrario
di Dio concesso a Gesù, ma la manifestazione della verità della sua vita.
Gesù è simbolo della possibilità autentica di salvezza già nel presente,
oltre che nel futuro. La sua esistenza e destino, non sono solo suoi, ma
coinvolgono nella speranza tutti quanti, poiché vi è possibilità di autentica
libertà per la creazione incatenata dal peccato e dalla crudeltà umana.

Libro dell’Apocalisse e crisi ecologica

La Parola di Dio diviene forza di resistenza nello di fronte al sistema


economico-culturale basato sullo sfruttamento delle persone e della natura.
Il libro dell’Apocalisse rivitalizza la speranza in un mondo nuovo ove la
luce del Cristo illuminerà sia l’umanità quanto la creazione
Si devono tener presenti alcune chiavi di interpretazione della lettura di
questo libro, in funzione sia esegetica, quanto pastorale ed ecologica167.
L’Apocalisse nasce in tempi di persecuzione, di caos, di esclusione ed
oppressione. In tali situazioni permette alla comunità cristiana di
ricostruire la sua speranza e coscienza.
Trasmette una spiritualità di resistenza ed orienta alla costruzione di un
mondo alternativo tracciando cammini di liberazione. La sua utopia è
storica, politica e ambientale.
L’escatologia dell’Apocalisse si realizza fondamentalmente nel tempo
presente. Il fatto centrale che cambia la storia è la morte e resurrezione di
Cristo. Non si orienta alla seconda venuta di Cristo, ma pone al centro la
presenza del risorto nella storia, nella comunità e nella creazione.
La resurrezione trasforma il presente in tempo di grazia e conversione, di
resistenza e di testimonianza e costruzione del regno di Dio.
Nell’Apocalisse la storia ha due dimensioni: una visibile, empirica, detta
terra; l’altra profonda, trascendente, detta cielo.
167
Cf. P. RICHARD, Apocalisse. La ricostruzione della speranza, Celleno (VT), 1996.
159
C’è però una sola storia, che si realizza simultaneamente in cielo e sulla
terra. Dio e il suo messia agiscono liberando dall’oppressione e dalla
morte, costruendo un mondo alternativo. L’utopia che il libro esprime, è
trascendente ma liberatrice, e può essere anticipata nel presente, orientando
il pensiero e l’azione dei credenti.
L’Apocalisse è rivelazione, de-occultamento della presenza viva del
risorto nella storia e nella natura.
Annuncia castigo per gli oppressori, ma è buona notizia per gli esclusi e
oppressi dall’impero della bestia.
Le visioni mitiche e simboliche non solo debbono essere interpretate, ma
anche contemplate e trasformate in azione. La visione è anche esortazione
e sviluppa l’immaginazione creativa del popolo che cerca alternative.
L’Apocalisse unisce escatologia e politica, mito e prassi, coscienza e
trasformazione storica ed ambientale.
La storia non è unicamente nelle mani di Dio. I martiri, i profeti, coloro
che non adorano la bestia fanno realmente storia. Sconfiggono Satana,
distruggono i poteri del male, provocano un terremoto in Babilonia e
regnano sulla terra.
Nell’Apocalisse c’è una costruzione di un futuro da anticipare nella storia,
offrendo ispirazione per costruire una società alternativa che rispetti la
creazione in profondità.
Il contesto storico fondamentale è lo scontro economico-culturale e
politico del popolo di Dio con l’impero Romano e le forze soprannaturali
del male.
L’Apocalisse deve essere dunque letta nel contesto storico in cui è nata, in
Asia Minore, e interpretata con lo spirito con cui fu scritta.
E’ un libro che non contiene in forma enigmatica la storia da Giovanni
sino alla fine del mondo, ma è un testo che incoraggia la comunità
nell’oggi sentendosi guidata dal risorto, a costruire una nuova storia e un
nuovo equilibrio ambientale.
E’ necessario produrre una teologia biblica che faccia emergere la
presenza del Cristo risorto nella comunità dei discepoli e nella storia che li
spinge a realizzare un regno di vita contro tutti gli idoli umani che danno
160
morte, quali il potere, il dominio, l’oppressione degli esseri umani e della
creazione168.
“Chi ha orecchi ascolti, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: al
vincitore darò da mangiare l’albero della vita che sta nel paradiso di Dio”
(Ap 2, 7), così è scritto nella lettera all’angelo della chiesa di Efeso
contenuta nel libro dell’Apocalisse.
Chi segue Cristo gusta di nuovo dell’albero che dona la vita, superando la
disobbedienza del vecchio Adamo che fu cacciato e quindi non ebbe più
accesso all’albero della vita. Nell’antico ebraismo, si pensava che il messia
avrebbe riportato gli ebrei nel giardino dell’Eden. Ora Cristo, nuovo
Adamo lo può fare, ricreando la bellezza dell’originale.
Il libro dell’Apocalisse descrive la anche nuova Gerusalemme che scende
dal cielo: “E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come il
cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla
piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova l’albero
della vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le
foglie dell’albero servono a guarire le nazioni” (Ap 22, 1-2).
Si tratta realmente di una nuova creazione, di una nuova terra: ricca di
acque limpide e trasparenti che scaturiscono dal trono di Dio, e da una
parte e dall’altra del fiume, ritroviamo alberi della vita, che danno frutti
sovrabbondanti, e le cui foglie servono per guarire l’idolatria delle nazioni.
Ecologicamente parlando possiamo affermare che questo è il modello di
pianeta che dobbiamo costruire: dove gli elementi sono puri e non
imbrattati dall’inquinamento, l’abbondanza non è radicata nello
sfruttamento, dove ci si impegna a far guarire le persone e nazioni
dall’ingordigia che provoca ferite profonde alla terra che vanno guarite con
le foglie medicinali dell’albero della vita.
La lampada che illumina gli abitanti è Cristo che torna a dissetare le genti:
“Chi ha sete venga; chi vuole prenda gratuitamente l’acqua della vita” (Ap
22, 17).

168
Cf. M. D. KIEL, Apocalyptic Ecology. The Book of Revelation, the Earth, and the Future, Collegeville,
MINNESOTA, 2017.
161
Nella nuova creazione tutto è gratuito: è dono custodito e condiviso.
L’acqua sgorga senza sosta, il sole e la luna splendono sempre perché non
esiste più la notte del male e dello sfruttamento.
“Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della
vita”. Nella nuova creazione che dobbiamo rimodellare, per accedere
all’albero che dona la vita dobbiamo lavarci, dice l’autore dell’Apocalisse,
purificarci da egoismi e sete di potere, falsità e ricerca di interessi e
profitto che distruggono la terra.

GRIDERANNO LE PIETRE. COSTRUIRE UN’ETICA E UNA


SPIRITUALITA’ ECOLOGICA

162
1.Combattere ogni idolatria
Gesù, in tutta la sua vita ha realizzato una autentica descrizione di Dio
presentandolo come amore che risana e non come idolo che richiede
sacrifici.
Il Dio di Gesù più che un’immagine, possiede una voce che chiama a
compierne la volontà, e se ha una immagine è il volto dei poveri e della
terra, oppressi e scartati.
E’ l’adorazione di idoli perversi che condurrà Gesù alla croce e che ancor
oggi sacrifica milioni di vittime innocenti. Al regno si contrappone l’anti-
regno, e al Dio della vita si oppongono gli idoli che danno morte alle
persone e al pianeta.
Non si tratta quindi di un semplice problema etico, bensì teologale, non di
idoli in senso figurato ma che agiscono realmente come divinità di morte,
storicamente esistenti  e alle quali si oppone senza riserve il Dio della vita.
Esigono culto, promettono salvezza ai loro adoratori, però in realtà li
disumanizzano e infrangono la fraternità e la solidarietà rendendoli residui
da eliminare e sacrificare sull’altare della competitività aggressiva,
trascinando in questa spirale soffocante anche l’ecosistema.
Producono milioni di vittime innocenti spezzate dalla morte lenta per
fame, o da quella violenta per repressione o da guerre fratricide tenute vive
per questioni economiche e dal commercio delle armi. Esiste anche un
problema ecologico proveniente dai conflitti armati che aggrava
ulteriormente la fragile salute del pianeta169.
Un elemento determinante la prassi di  Gesù è l’essere stato vitalmente
inserito dentro il contesto religioso, socio-politico ed ecologico ben
definito, nei confronti del quale il suo agire si pone come progetto
alternativo.
Gesù ha condanna apertamente il potere che si impone con la violenza, lo
de-sacralizza, ne indica il fine autentico, quello d’essere al servizio di un
169
Cf. E. ELVEY – D. GUESS – K. DYER, Ecological Aspects of War: Religious and Theological Perspectives,
Adelaide, 2016.
163
progetto di compartecipazione e di uguaglianza, di difesa della dignità di
ciascuno e della creazione.
In questo consiste la fondamentale testimonianza che Gesù realizza. La
corretta relazione con Dio diviene storicamente relazione di cura e gratuità
nei confronti del prossimo e tutti gli esseri dell’ecosistema.
Il risultato finale è la reazione violenta dell’anti-regno che rifiuta il
mediatore del Padre e finendo nelle mani degli oppressori, viene
condannato a morte.
Consegnarsi agli idoli, porta ad un indurimento del cuore, delle decisioni
più profonda da cui scaturisce la qualità delle relazioni umane e
ambientali.
Solo Dio può purificarci dai nostri idoli e darci una decisionalità rinnovata
per costruire legami e relazioni nuove a livello personale, comunitario ed
ecologico.
Allontanarsi da Dio e gettarsi nelle braccia degli idoli vuol dire
dimenticare chi realmente siamo, chi è il nostro creatore, per costruire la
nostra vita secondo i nostri progetti distruttivi che vedono negli altri
nemici da eliminare e nella natura, una riserva illimitata di beni adatti solo
al consumo e al profitto170.
Si deve vivere una mistica dagli occhi spalancati che trova la sua
traduzione concreta in una spiritualità profonda all'interno della realtà
ecologica, rendendo pericolosa per i poteri di questo mondo la sua
narrazione e la viva memoria della vita di Gesù171.
Lui è stato vero economista ed ecologista perché realmente interessato al
bene autentico e concreto di ogni persona e della natura creata.
Di fronte alla cultura imposta dall'economia globalizzata che propugna
l'individualismo, non la solidarietà, l'affare privato e non il bene comune, il

170
Cf. L. MAGGI – C. PETRINI, Accarezzare la terra. Meditazioni sul futuro del pianeta, Bergamo, 2018.
171
Cf. M. FOX, La spiritualità del creato. Manuale di mistica ribelle, S. Pietro in Cairano (VR), 2016.
164
profitto e non la vita dei poveri, e dell’habitat vitale, i discepoli di Gesù,
contestano che le relazioni umane ed ecologiche siano ridotte a mercato172.
Sembra che l'unico fondamento dei legami umani sia oggi lo scambio
commerciale. Tutto rientra nel circuito delle merce: i servizi, i beni, il
lavoro, la terra, le piante, gli animali, il corpo umano, gli organismi di ogni
tipo manipolati geneticamente173. Il valore dell'esistenza dipende da quanto
possediamo.
In questo vortice vengono coinvolti la natura e l'ecosistema. Assistiamo
ogni giorno, come più volte segnalato, all'irreversibile distruzione della
fascia d'ozono, alla desertificazione, alla contaminazione di mari e fiumi,
al crescere di disastri naturali dovuti al clima che sembra impazzito e che
invece ha nella irresponsabilità umana la sua causa.
All'interno di questa situazione nella quale la creazione è lacerata dal
peccato degli uomini, i credenti denunciano senza timori l' anti-regno del
profitto, del capitale fine a se stesso, del materialismo pratico,
dell'ingiustizia, del progresso illimitato, del denaro in quanto idolo, come
Papa Francesco e ci indica profeticamente nella Laudato si’.
Dobbiamo impegnarci per un' economia di vita per tutti, testimoni di un
Dio che è Padre e Madre della creazione ed in essa svela il suo volto più
intimo, l'amore.
Il cristiano deve proclamare senza timore che vi è bisogno di una
economia ed ecologia della cooperazione della responsabilità e della
condivisione174.
Ogni realtà creata, affidata alle mani umane, deve diventare espressione di
rendimento di grazie a Dio creatore e redentore della storia175.
172
Ccf. J. MATHEW, The Green Model of the Church. A Theological Reponse to the modern Ecological Crisis for a
Meaningful Social Change, New Delhi, 2018.
173
Cf. H. COX, The Market as God, London, 2016.
174
Cf. A. MURAD, Ecoteologia : um mosaico, São Paulo, 2016.
175
Cf. MASULLO, Il pianeta di tutti. Vivere nei limiti perché la terra abbia un futuro, Bologna, 1998; Id., La terra è
casa mia, Milano, 2008; A. N. TERRIN (a cura di ) Ecologia e liturgia, Padova, 2003; M. ALIER JOAN, Ecologia
dei poveri. La lotta per la giustizia ambientale, Milano, 2009.

165
Si tratta di agire per ridisegnare i rapporti economici ed ecologici sul
modello delle orme di Gesù, che è stato ringraziamento vivente, poiché ha
reso gloria al Padre nello Spirito, guarendo i malati, sfamando gli affamati,
perdonando i peccatori, amando profondamente la natura offrendo la sua
esistenza per la riconciliazione del mondo fino alla proesistenza
irreversibile realizzata sul legno della croce.
La realtà è molto diversa come ben sappiamo, e chiede ai cristiani una
presa di posizione coraggiosa, critica e profetica che li porterà ad essere
incompresi e calunniati.
Questo però non genera paura poiché la via della croce che Cristo ha
seguito per amore della verità e del bene, non può essere risparmiata ai
discepoli.
Proprio nella parola di Dio che Papa Francesco ci esorta a far entrare nella
nostra vita, troveremo il sostengo necessario per annunciare sempre la
morte risurrezione del Signore come fondamento della fede e del nostro
impegno ambientale per madre terra. Ciò richiede che vengano risanate
tutte le nostre relazioni e il nostro sguardo sull’ambiente diventi
costruttivo, pieno di rispetto e volontà di preservarne l’integrità.

2. Risanare le relazioni
Per comprendere il significato di relazione dobbiamo risalire alla stessa
profondità della vita divina, che Gesù ci ha fatto conoscere e che è la realtà
intima della Trinità.

166
Il vivere divino è l'essere della Trinità. Il Dio di Gesù è dinamicità di vita,
relazione assoluta, scambio di amore tra il Padre e il Figlio e lo Spirito
Santo come è sottolineato nell’ enciclica Laudato si’ (nn. 238-240)
Dio è piena e irreversibile comunione e vivere eterno: le persone esistono
nella relazione che le fa essere una nell' altra in un incessante movimento
di amore donato e ricevuto.
Questa pienezza e fecondità traboccante dell' amore, fa sì che la Trinità,
creando il diverso da sé, il mondo, si comunichi ad esso per renderlo
partecipe della sua vita, della comunione eterna, della sua apertura totale
alla relazione.
Il peccato è negazione di questo rapporto, chiusura dell' umanità in se
stessa, nella autodistruttiva ricerca di fondamento e sicurezza nei propri
idoli.
Tutto questo va contrastato da parte dei discepoli di Gesù che guardano
alla Trinità come ispirazione dell'agire ecologico. La dinamica di
comunione tra le Persone viene a noi comunicata nella fede ed immette
nella storia l'apertura al mistero di Dio e agli altri come fondamento del
decidere e del vivere.
Dio, ci dice la fede è Padre “materno” della creazione. In comunione con
lui, siamo chiamati per vocazione a difendere, promuovere, custodire la
vita delle persone, dei popoli, della natura, dell' intero creato.
La fede dà il necessario impulso per trovare le energie che aiutino ad
operare perché venga difeso l'ecosistema in quanto luogo dell'incontro
vero con la Trinità e con i fratelli e sorelle in cammino verso la gioia
eterna.
La comunione con Cristo, suscita coraggio perché si rispetti la natura,
combattendo l'inquinamento, la distruzione ambientale, lo sperpero di
energie naturali in nome del puro profitto.
La distruzione del pianeta sarà provocata dall'attività dello stesso essere umano. Si calcola che durante i
prossimi trent'anni, fino a un quinto di tutte le specie viventi si estinguerà... E' necessario che la cura, e un

167
comportamento amorevole, diventino il cammino spirituale di ognuno di noi, in ideale politico per scegliere i
nostri rappresentanti politici, criterio per organizzare nel mondo una nuova Etica. Il futuro merita che
uniamo tutto ciò in un cammino di impegno per la nostra vita e per quella delle future comunità....La crisi
ecologica mondiale proviene dai nostri «deserti spirituali», dai deserti personali e sociali dell'occidente. Per
questo è urgente riprendere l'intuizione di Helder Camara di formare piccole comunità alternative, in ogni
parte, che cerchino di prendersi cura della Vita, della terra e dell'Acqua. Già ci sono, e tentano di vivere in
maniera sobria secondo nuovi stili di vita. In esse si manifesta molto profondamente la dimensione della
spiritualità ecologica, sempre unita all'impegno di trasformare la società e di difendere la natura
minacciata. Come diceva Ghandi: «Dobbiamo vivere ed essere il cambiamento che proponiamo al
mondo»176.

Dalla sequela di Cristo nasce la possibilità di alimentare una spiritualità


umana ed ecologica che veda nel creato un dono assoluto di Dio da curare
e custodire con gelosa dedizione e non da considerare solo deposito di cose
da manipolare, consumare e distruggere.
Risanando la relazione con Dio creatore, verremo guariti anche dai morsi
velenosi dell’antropocentrismo assoluto e sapremo spandere il profumo
della carità, avvolgendovi l’intera creazione, riflesso dinamico del mistero
del Dio trinitario.

3.Vivere valori contro-culturali


E' davvero peccare contro Dio, asservire la natura alla logica dello
sfruttamento feroce in nome solo dell'accumulo di profitti e capitali.
Vi è bisogno di liberare la mente e il cuore delle persone dalla convinzione
che sviluppo e benessere coincidano solo con la competizione,
l'arricchimento, il consumare sempre di più.
Ne viene come necessaria conseguenza, attuare stili di vita e virtù
ecologiche segnati dalla sobrietà, come input della volontà di contrastare la
distruzione della terra, accontentandoci di ciò che è davvero necessario,
arricchendoci di profondi valori umani e non solo di cose da accumulare e
scartare177.
176
M. Barros, Ecologia: un debito in sospeso delle religioni, in Agenda Latinoamericana mondiale 2010. Salviamoci
con il pianeta, Milano 2010, 21.
177
Cf. R. GURIDI, Ecoteología: hacia un nuevo estilo de vida, Santiago de Chile, 2018.
168
Ci sono virtù ecologiche da acquisire e coltivare a partire da tre
presupposti decisivi, già segnalati ma non assimilati dalla mentalità
utilitaristica che ci avvolge e soffoca: la creazione come dono, la terra
come madre e il cosmo come un organismo vivente in evoluzione, sistema
interrelato in costante trasformazione.
Davanti a questo dobbiamo ritornare ad essere umani, cioè parte dell’
humus, della terra. La stessa radice humus, è presente nel termine umiltà,
atteggiamento più che mai necessario per noi cristiani, ma valido per tutti
se vogliamo salvare umanità e ambiente.
Le virtù ecologiche che derivano da questi principi sono: l’amore, la
responsabilità, il rispetto, la non violenza, la gratitudine, l’apertura
cooperante, la sobrietà, la lucidità, la gioia, la meraviglia, la speranza, il
tutto per i cristiani, alimentato dalla fede178.
Bisogna ricostruire una spiritualità ecologica umanamente e cristianamente
efficace179, da cui provengono comportamenti personali importanti anche
se semplici. Papa Francesco nella Laudato si’, ce li propone chiaramente.
E’ necessario anzitutto acquisire una cittadinanza ecologica, avendo cura
del creato con nuovi modelli di vita e piccole azioni quotidiane. Si devono
incoraggiare ad esempio, dice il Papa, l’evitare l’uso di materiale plastico
o troppa carta, ridurre consumi d’acqua, differenziare i rifiuti, cucinare
quando si può mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi,
prediligere il trasporto pubblico, piantare alberi, spegnere luci inutili,
riutilizzare invece di scartare subito (n. 211)180.
E bene ricordare poi che anche a tavola si può combattere il riscaldamento
globale con scelte pure quotidiane quali privilegiare prodotti sfusi,
scegliere quelli a chilometro zero, comprare quelli di stagione, evitando
l’inquinamento del trasporto o utilizzo di fertilizzanti chimici, usare
l’acqua del rubinetto, raccolte differenziate, usare gli scarti per ricette
originali e usare detersivi e saponi naturali.
178
Cf. M. M . EGGER, Écospirirtualité. Réenchanter notre relation á la nature, Genève, 2018.
179
Cf. L. E. SPONSEL, L’ecologie spiritelle. Histoire d’une révolution tranquille, Lachapelle-sous-Aubenas, 2017
180
Cf. A. CAPÓ MARTÍ, Un nuevo paradigma para proteger los ecosistemas, Madrid, 2019.
169
Sono percorsi da seguire, decisivi per mitigare l’inquinamento ambientale
che ci sta realmente soffocando.
Tante sono le proposte alternative che si sono fatte ancor più urgenti in
questo tempo ancora di crisi. Vi è una giusta insistenza nella società civile
più aperta e profetica, sulla necessità di difendere e promuovere i
cosiddetti beni pubblici mondiali ovvero quei beni e servizi che sono
fondamentali e insostituibili per la vita di ogni essere umano e per quella
comunitaria e ambientale. Papa Francesco nella Laudato si’ sostiene che il
clima e l’atmosfera sono beni comuni (n.23).
Non devono causare alcuna forma di rivalità o di esclusione tra i vari
individui o gruppi umani in vista della loro appropriazione, sia riguardo la
proprietà che il controllo e sui quali non si dovrebbe mai speculare, come
avviene purtroppo, né distruggere o manipolare a fini di lucro come
avviene.
Questi beni, che sottostanno alla responsabilità collettiva e sono all'interno
di una logica di solidarietà, implicherebbero necessariamente, in quanto
espressione dell'autorità pubblica e della sovranità popolare, dei dispositivi
democratici di decisione e di controllo.
I beni pubblici si definiscono mondiali quando la loro esistenza e la loro
funzione sono strettamente legate all'universalità della condizione umana e
alla globalità del loro campo d'azione181.
In questo senso, essi superano le particolari condizioni di vita, individuali
e collettive. Tra i beni pubblici segnaliamo quindi l'aria, l'acqua, la pace,
l'ambiente atmosferico ed extraplanetario, le foreste, il clima, la sicurezza
(compresi i crimini contro l'umanità), la stabilità finanziaria, l'energia, il
sapere, l'informazione e la comunicazione182.

181
Cf. U. MATTEI - A. QUARTA, Punto di svolta. Ecologia, tecnologia e diritto privato. Dal capitale ai beni comuni,
Sansepolcro (AR), 2018.
182
Cf. R. PETRELLA, Nel nome dell’umanità. Un patto sociale mondiale tra tutti gli abitanti della terra, Trento 2017.
170
La promozione e lo sviluppo della comunanza dei beni pubblici mondiali
presupporrebbe un sistema finanziario globale che metta la finanza al
servizio al diritto di tutti alla vita.
Una concezione ecologica del diritto è l’unica rivoluzione possibile. Attraverso la cultura e un genuino
impegno civile, può superare le descrizioni dominanti dell’ordine giuridico, basate su gerarchia e
competizione. Ricorrendo alla metafora della rete e della comunità aperta e unita da un obiettivo condiviso,
essa cerca di cogliere le complesse relazioni tra la parte e il tutto, tra titoli individuali, obblighi, diritti, potere
e legge Occorre, in ultima analisi, che intervenga un cambiamento paradigmatico, una critica totale che, nel
nome del recupero di Gaia, situi nuovamente la terra vivente al centro della prospettiva giuridica, restituendo
il diritto alle comunità attive….Si tratta di ammettere il fatto che diritto pubblico e privato, così come
concepiti oggi, rappresentano false alternative, dato che sono entrambi metafore di esclusione e
concentrazione di potere, nel proseguimento della crescita. Dobbiamo dotarci invece di una nuova visione
giuridica, in cui una comunità ecologica negozia le proprie leggi nel corso di un autentico dibattito politico
lungimirante e scevro del bagaglio ideologico della modernità 183.

Proprio in quest' ottica si deve davvero piegare ed orientare la finanza ai


parametri del bene comune togliendola dal piedistallo degli idoli
intoccabili sul quale oggi l'economia globale l'ha posta.
La finanza infatti è sempre più svincolata dall'economia reale ed ha come
punto di riferimento la rendita di denaro nel minor tempo possibile.
Indispensabile risulta poi essere l’impegno per una economia circolare
effettiva, ovvero un sistema ecologico capace di rigenerare continuamente
i materiali scartati, utilizzando solo dall’esterno l’energia necessaria 184.
Non si tratta di non produrre, non investire, non cercare innovazione, ma
di fare tutto questo avendo come finalità il dare un lavoro degno che
rispetti le persone e non sottoponga la natura a stress incontrollati che poi
si ritorcono nei confronti del genere umano185 come esorta il Papa nella sua
enciclica Laudato si’ (193-198).
Si tratta di fare scelte di vita felice, una sorta di “conversione ecologica”
come ancora suggerisce la Laudato si’ (nn. 216-221), orientata soprattutto
alla ricostruzione di rapporti umani veri che sostituiscano la
mercificazione del mondo e la sua riduzione a mercato, attraverso un uso
razionale dell'energia, nella ricerca di fonti alternative compatibili con
183
Cf. F. CAPRA- U. MATTEI, Ecologia del diritto. Scienza, politica, beni comuni. Sansepolcro (AR), 2017, 171.
184
Cf. E. BOMPAN – I. N. BRAMBILLA, Che cosa è l’economia circolare, Milano, 2016; A. MASSARUTTO, Un
mondo senza rifiuti. Viaggio nell’economia circolare, Bologna 2019.
185
Cf. AA.VV., Oser un nouveau développement. Au-delà de la croissance et de la décroissance, Montrouge, 2010.
171
l’ambiente, nella difesa dei beni comuni e nel liberarsi dalla schiavitù del
consumare ad ogni costo.
Noi immaginiamo che il benessere coincida con quanto più denaro e cose
abbiamo a disposizione e da accantonare. Significa invece mettere al
primo posto il rispetto per le persone e la natura, ritrovando la capacità di
distinguere tra merci e bene, tra denaro e vita pienamente realizzata.
Il cristiano annuncia senza timore la necessità di costruire una cultura della
vita che porti alla condivisione dei beni, e la gioia di vivere dentro la
creazione riconosciuta come dono. Agisce per il rispetto totale della vita
di ciascuna persona e del creato intero.
Essi valgono infinitamente di più delle leggi del mercato, dei profitti,
della competitività, della globalizzazione, della delocalizzazione e di ogni
altra decisione o strategia umana che non abbia come fine proprio dare
vita in abbondanza come ha fatto e ci ha insegnato il Figlio di Dio morto e
risorto per ridarci pienezza di vita sconfiggere le potenze della morte.
Si deve assolutamente difendere l'integrità del creato come ha segnalato
Papa Francesco, in quanto spazio e presenza dello stesso mistero della
Trinità che viene a noi e per essere testimoni del regno di amore e di
grazia, di bontà e di fraternità donatoci in Gesù.
Non può esservi nuova esistenza senza sentire prima il dolore degli altri
e della terra, come propri, quel dolore che Gesù ha sentito nella sua carne.
Gesù ci ha fatto capire cosa voglia dire essere figli. Nella storia umana egli
ha esercitato concretamente la sua figliolanza divina inserendola
totalmente nella storia e nella realtà ambientale. Avviene spesso una
criminalizzazione dei difensori della terra, sino a giungere alla loro
eliminazione fisica. Si stima una media di tre persone assassinate a
settimana perché in prima linea nella difesa ambientale186.

186
Cf. Spotlight on Criminalisation of Land and Environmental Defenders, in www.globslwitness. org, 30 luglio 2019.
172
La speranza di un mondo nuovo non tramonta, viene alimentata dallo
stesso Cristo che ha vinto per sempre il peccato e morte, nella cui Pasqua
siamo inseriti e che ci invita a seguirlo.
Rimane sempre di grande attualità nel cristianesimo la dimensione della
imitazione di Cristo187.
Si tratta di seguire Gesù vivo e provocante, essere suoi testimoni gioiosi e
tenaci nell'annuncio del regno di Dio.
L'agire misericordioso di Gesù si è manifestato nella preferenza data alle
vittime e agli scartati dalla società e alla creazione infranta.
Nella comunità dei credenti si deve dare ascolto questo doppio grido,
troppo spesso inascoltato o sepolto nel cinismo di massa, eco attuale del
grido del crocifisso che ci chiama a toglierlo dalla croce in coloro che
anche oggi portano il peso ingiusto dell’ingiustizia, schiodando dal legno
maledetto anche il pianeta.
Vivere da discepoli di Gesù significa trasformare la storia, incidere in
essa i segni del regno di Dio che non saranno mai quelli del potere o della
forza, ma avranno la misteriosa fecondità salvifica dei chiodi della croce di
Gesù.

5. Grideranno le pietre
Di fronte alla situazione di crisi ecologica, davvero grave non solo per
l’ambiente ma di riflesso per il genere umano, i cristiani, a partire dalla
propria fede nel Dio Trinità, creatore e salvatore, presente nella chiesa,
nella storia e nella natura, non possono tacere. Altrimenti, come dice Gesù,
nel vangelo di Luca, grideranno le pietre (Lc 19, 40).
187
Cf. L. BOFF - TOMMASO DA KEMPIS, Imitazione di Cristo e sequela di Gesù, S. Pietro in Cairano (Vr), 2018;
L. BOFF, Liberare la terra. Un’ecoteologia per un domani possibile, Bologna 2014.
173
La natura stessa in verità già sta gridando: i disastri ambientali a volte
irrimediabili, le conseguenze sulla vita e salute dell’umanità e degli
ecosistemi, sono strepiti di allarme che dobbiamo assolutamente recepire
per rispondervi nella responsabilità e nella cura delle relazioni ambientali.

La riflessione etica deve allargare l'attenzione oltre la sola umanità e


comprendere tutta la realtà vivente.

Papa Francesco ce l’ha ricordato nella sua incisiva enciclica Laudato si’ e
in ulteriori sollecitazioni che da questa enciclica partono e ne sono
continua attualizzazione:
Date e vi sarà dato vale anche nei confronti del creato. Se continuiamo a sfruttarlo, ci darà una lezione
terribile. La stiamo già vedendo. Se ce ne prendiamo cura, avremo una casa anche domani. Nel vostro
cammino vi siete immersi nella natura. Bello! Avete notato che il creato non ha frontiere? Il creato non ha
frontiere: è di tutti e per tutti. Le piante, i boschi, gli animali crescono senza confini, senza dogane. Il creato è
un libro aperto che ci dà un insegnamento prezioso: siamo al mondo per incontrare gli altri, per creare
comunione, perché siamo tutti collegati. Il creato è fatto per collegarci con Dio e tra di noi, è il social di Dio.
Ma se partiamo dai preconcetti sugli altri, da idee prestabilite, vedremo sempre limiti e barriere. Se invece
incominciamo a incontrare l’altro, con la sua storia, con la sua realtà, scopriremo un fratello col quale
abitare la casa comune, abitare il creato che non ha frontiere 188.

Dobbiamo amore e giustizia non solo all'umanità ma a tutto il creato e


trasformare la mente e il cuore nella prospettiva del regno di Dio che è già
in mezzo a noi.

Tre sfide che ci permetteranno di vivere come partner di Dio nella


creazione, piuttosto che essere, come spesso accade, distruttori del suo
dono189.

La prima è quella della contemplazione. Dobbiamo scrutare la terra con


sguardo di tenerezza piuttosto che con occhi arroganti e utilitaristici. Non
salveremo ciò che non amiamo.

La Bibbia ci ricorda sempre che la creazione è specchio della bellezza


divina. Noi lo incontriamo dentro la realtà in cui viviamo. Aver perso il
188
Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’ “Euromott” dell’Unione Internazionale delle Guide e
Scouts d’Europa (UISGE), 3 agosto 2019, in www.vatican.va.
189
Cf. D. EDWARDS (ed.), Earth Revealing – Earth Healing. Ecology and Christian Theology, Collegeville,
Minneapolis, 2001.
174
senso di Dio, ci fa perdere anche questo sguardo contemplativo necessario
per capire chi siamo e quale è il significato della nostra esistenza. La
dimensione contemplativa fa elevare la mente e il cuore a Dio, fonte di
ogni nostra gioia e relazione d’amore.

Egli è rifugio di ogni sua creatura: “Anche il passero trova una casa e la
rondine il suo nido dove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari” (Sal 84, 4).
Questo ci aiuta a vivere nuove esperienze di trasformazione, rinnovamento
della vita personale, comunitaria ed ecologica.

L'esperienza di essere coinvolti nel totale bellezza del mondo naturale e di


imparare a vedere quello che abbiamo davanti a noi con un occhio
amorevole ci chiama alla conversione ecologica e ci conduce a considerare
le creature della terra nell’ottica della fraternità, riconoscendo che ognuna
ha il suo valore e la propria integrità.
Siamo giustamente allarmati dalla complessità della crisi del pianeta, ci
pare di essere vicini alla disperazione, ma non vogliamo perdere speranza.
Come discepoli di Gesù, dobbiamo far nostro l'impegno per il bene e per la
conservazione del mondo naturale a favore delle generazioni future
riconoscendolo possibile per pura grazia190.
Vi è poi la sfida dell'ascetismo 191. Dobbiamo modificare il nostro sfrenato
consumismo per proteggere la terra. Un ascetismo moderno ci porta a
vivere più semplicemente; con sobrietà, per attuare scelte ecologiche
quotidiane, sopportando qualche sacrificio, rinunciando a qualcosa, per
condurre le nostre attività pensando ecologicamente e confrontandole con
il possibile impatto ambientale. Facciamo questo non per soffrire ma per
renderci conto di quanto siamo schiavi dal mercato e per compensare il
suo effetto spesso deleterio sul pianeta.

Infine è ineludibile la sfida della profezia. E’ necessario intraprendere


un'azione critica a favore della sopravvivenza del pianeta. La continua
distruzione della terra attraverso atti umani di ecocidio e biocidio, è una

190
Cf. M. VAN EYK McCAIN, What is Green Spirituality?, London, 2016.
191
Cf. BARTHOLOMEOS I, Nostra madre terra, Mangano (BI), 2015.
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profanazione profondamente peccaminosa del dono che Dio con immensa
bontà ci ha fatto.

Nella tradizione della profezia biblica e nello spirito di Gesù, è


inderogabile contrastare questa distruzione, agendo per la cura, la
protezione, la guarigione della natura, anche se questo va contro potenti
interessi economici e politici192.

Se la natura è catalogabile nella categoria degli impoveriti, allora la nostra


passione e impegno per stabilire giustizia per i poveri e gli oppressi deve
estendersi per includere anche la sofferenza dei sistemi di vita e di altre
specie minacciate.

Salvare l’Amazzonia ad esempio, diventa una concreta applicazione


morale del comandamento "non uccidere"193. L'obiettivo morale diventa
assicurare una vita degna e sostenibile per tutti.

La fede in Gesù Cristo può fornire ricche risorse per un'etica ecologica
che è criticamente necessaria in questo momento di angoscia della terra.
In unione con l'amore divino che si è rivelato cosmocentrico e biocentrico,
non solo antropocentrico.

L’'amore che abbiamo visto concretamente realizzato nell'incarnazione,


nel ministero, nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, deve plasmare la
vita cristiana e generare autentica responsabilità ecologica.

Per citare di nuovo il vangelo di Giovanni, Gesù afferma che “Dio ha


tanto amato il mondo da dare il su Figlio unigenito” (Gv 3, 15). In greco,
il termine utilizzato per il mondo è kosmos: l'intero cosmo, prezioso,
bello, che geme e si evolve194.

Si cammina così verso il futuro di Dio, il quale si rivela proprio attraverso


un cammino e si manifesterà pienamente al termine della storia, quando
192
Cf. D. G. HORREL, The Bible and the Environment. Towards a critical Ecological Biblical Theology, London –
Oakville, 2010.
193
Cf. C. HUMMES, Il Sinodo per l’Amazzonia, Cinisello Balsamo (Mi), 2019.
194
Cf. J. CHRYSSAVGIS, Creation as Sacrament. Reflections on Ecology and Spirituality, London – New York, 2019.
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sarà tutto in tutti, vincendo ogni negatività e peso delle croci ancora
presenti nel creato.
Il patire delle vittime e della creazione lacerata, si creda in Dio o si dubiti
o lo si bestemmi, richiede sempre l’esigenza assoluta di toglierli dalla
croce. Dalle vittime poi si riceve grazia e luce per comprendere che è bene
ed è buono camminare al loro servizio.
Il nostro amore e la nostra azione per il pianeta e per tutte le creature in
esso contenute, sono la risposta alla nostra figliolanza divina e alla
vocazione di essere custodi del creato con Cristo, nuovo Adamo e
giardiniere eterno.
Se, per paura, interessi, cinismo, non alzeremo la voce per difendere i
poveri e la terra, certamente Dio permetterà che gridino le pietre e il loro
assordante rumore sarà un atto di accusa contro il nostro peccato e la
nostra indifferenza.

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