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A) Distinzioni terminologiche
«Psicologia del linguaggio» e «psicolinguistica» sono spesso due modi
differenti di denominare lo stesso campo di studi. Sebbene le due dizioni
siano di solito usate in modo intercambiabile, è possibile comunque distinguerle
facendo riferimento a diverse fasi cronologiche:
— la psicologia del linguaggio, intesa come lo studio dei fatti linguistici
da parte degli psicologi, può essere fatta risalire già agli inizi della psicologia
scientifica, dal momento che lo stesso Wilhelm Wundt, il quale
nel 1879 fondò a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale,
dedicò molti scritti agli studi sul linguaggio;
— il termine «psicolinguistica» ricevette invece l’investitura ufficiale ad
un convegno di studi cui parteciparono psicologi, linguisti, informatici e
antropologi culturali, che si tenne all’Università dell’Indiana, negli USA,
nel 1951.
B) I metodi ricerca
I metodi di ricerca utilizzati dalla psicolinguistica possono essere schematicamente
suddivisi nelle seguenti categorie generali:
— esperimenti di laboratorio, eseguiti con l’aiuto di un computer o altri
macchinari utilizzati in settori quali le neuroscienze e la psicofisiologia;
— quasi-esperimenti, che, pur rifacendosi ai metodi di analisi propri del
metodo sperimentale, non ne soddisfano tutte le esigenze di controllo;
— l’osservazione «naturalistica», che avviene quando il ricercatore si limita
ad osservare il comportamento dei soggetti senza interferire con
tale comportamento rendendosi visibile;
— l’osservazione «partecipante», che si ha quando l’osservatore si mescola
ai soggetti;
— la somministrazione di test, cioè di strumenti standardizzati che forniscono
misure o indicazioni obiettive su una (o più di una) caratteristica
del soggetto;
— le simulazioni, che sono proprie degli ambiti di ricerca del connessionismo
e dell’Intelligenza Artificiale.
C) Le tecniche di misurazione
Il controllo sperimentale di un’ipotesi dipende da una corretta misurazione
delle variabili. Uno degli assunti di base della psicolinguistica è la
possibilità di assegnare una misura alle proprietà del linguaggio sottoposte
alla ricerca. Con misurazione si intende la traduzione di eventi od oggetti in
valori numerici. La misurazione può avvenire sulla base di tecniche e parametri
diversi:
— misure basate sul calcolo dei tempi di reazione: si tratta di tempi calcolati
misurando l’intervallo che intercorre tra la presentazione di uno stimolo
(che può essere, ad esempio, una parola che appare sullo schermo
di un computer) e l’inizio della risposta ad esso collegata (come premere
un tasto se quella parola è parte della lingua italiana). Il tempo impiegato
dal soggetto per rispondere allo stimolo fornisce una misura della
complessità di elaborazione dello stimolo: più lungo è il tempo di reazione,
maggiore è la sua difficoltà d’elaborazione;
— misure basate sulla registrazione dei movimenti oculari: registrando i
movimenti degli occhi durante compiti di lettura è possibile ricavare
una misura dei processi cognitivi messi in atto nella lettura e nella comprensione
linguistica; si misurano le fissazioni (quando gli occhi permangono
su una certa porzione del testo, in media per poche centinaia
di millisecondi) e le saccadi (che sono degli spostamenti rapidissimi
degli occhi, della durata media da 10 a 30ms); la fissazione è costituita
dalla pausa tra due saccadi successive e rappresenta l’intervallo di tempo
durante il quale viene acquisita l’informazione visiva. La lettura normale
avviene con un’alternanza di fissazioni e saccadi verso destra, ma,
in caso di testi complessi, si registrano anche regressioni (quando lo
sguardo torna indietro verso un punto precedente del testo);
— misure basate sulle valutazioni soggettive dei parlanti: si fa affidamento
sulle intuizioni dei parlanti sulla loro lingua attraverso la richiesta
di opinioni e valutazioni su specifiche proprietà degli stimoli presentati
(per esempio si può chiedere ai soggetti di giudicare, su una scala di
valori che va da 1 a 7, il grado di familiarità che hanno con delle parole
presentate in una lista). Di solito i ricercatori fanno affidamento su questi
compiti solo nella prima fase della ricerca, quando si tratta di preparare gli stimoli
linguistici necessari per la successiva esecuzione dell’esperimento in laboratorio;
— misure basate sulla registrazione di osservazioni: si tratta di tutte quelle
misure relative alla frequenza con cui si ripete un certo fenomeno nel
corso di un’osservazione naturalistica o partecipante. Per esempio si può
studiare la struttura delle conversazioni rilevando il numero di interruzioni
o la durata delle pause durante una conversazione naturale (eventualmente
con l’ausilio di un registratore o di una videocamera);
— misure basate su rilevazioni elettrofisiologiche: le tecniche elettrofisiologiche
per lo studio delle attività mentali comprendono l’EEG (cioè
l’elettroencefalogramma che permette di registrare l’attività elettrica cerebrale
tramite elettrodi di superficie posizionati sulla testa), i potenziali
evocati (rappresentano modificazioni del segnale EEG, cioè variazioni
del potenziale elettrico, che fanno seguito ad un certo stimolo), e la
magnetoencefalografia (abbreviata con MEG, che registra la distribuzione
dei campi magnetici generati dall’attività elettrica dei neuroni cerebrali
e permette in tal modo di localizzare la loro sorgente);
— misure basate sulla registrazione di bioimmagini: la psicolinguistica
ha importato dalle neuroscienze una nuova metodologia di misurazione
basata sulle tecniche di neuroimaging. Tali tecniche consentono di generare
immagini dell’attività neuronale e servono quindi ad individuare
quali aree cerebrali svolgono una certa funzione. È anche possibile osservare
come diverse aree cerebrali siano coinvolte nello svolgimento di
uno stesso compito cognitivo. Le varie tecniche di neuroimaging rientrano
in due classi generali di metodi:
a) i metodi morfologici, che comprendono la tomografia computerizzata
o TC (che permette di formare un’immagine dell’encefalo
misurando i valori di assorbimento dei raggi X); e la risonanza
magnetica nucleare o RM (una tecnica radiografica complessa che,
senza utilizzare i raggi X, consente di produrre immagini di qualsiasi
sezione dell’encefalo);
b) i metodi funzionali, che comprendono la tomografia ad emissione
di positroni (PET), la quale permette di rilevare l’attività metabolica
nelle varie regioni cerebrali misurando le variazioni di concentrazione
locale di un radiotracciante precedentemente iniettato; la risonanza
magnetica funzionale (fMR), che è un’applicazione della RM
che permette di osservare il cambiamento del flusso sanguigno cerebrale
associato con l’attività neurale e di giudicare in tal modo
quali aree del cervello siano attivate durante l’esecuzione di compiti cognitivi.
D) I compiti sperimentali
I compiti sperimentali consentono di ottenere dati comportamentali
sul fenomeno linguistico oggetto della ricerca. La scelta del compito sperimentale
adeguato è di importanza cruciale. I compiti sperimentali utilizzati
nella ricerca sul linguaggio sono molteplici, di seguito riportiamo i più importanti:
— decisione lessicale: è un compito sperimentale in cui ai soggetti si richiede
di decidere nel minor tempo possibile se una certa sequenza di
lettere (di solito presentata sullo schermo di un computer) costituisce o
non costituisce una parola della lingua; tale compito può essere svolto in
vari modi: o unimodale, se gli stimoli sono presentati in un’unica modalità
(ad esempio solo visivamente) o in modo cross-modale, se la presentazione
dello stimolo coinvolge più modalità (visiva e uditiva);
— denominazione: al soggetto si richiede di leggere ad alta voce lo stimolo
presentato;
— riconoscimento di parole: al soggetto vengono presentate una o più
parole durante o subito dopo la lettura di un testo; il soggetto deve decidere
se queste parole erano presenti nel testo appena letto;
— monitoraggio di fonemi, rime o frasi: al soggetto si richiede di decidere
se un particolare fonema, rima o frase è presente nello stimolo;
— lettura: si richiede di leggere un testo che può essere presentato intero o
parola per parola; durante la lettura si possono studiare i movimenti oculari
del soggetto (i punti di fissazione e le saccadi);
— denominazione di immagini (picture naming): è un compito usato per
indagare i processi di produzione del linguaggio; il soggetto deve dire
ad alta voce il nome di una figura presentata su uno schermo.
B) L’approccio discontinuista
La posizione discontinuista (esemplificata da Chomsky) è quella secondo
cui il linguaggio è irriducibile alla comunicazione animale ed è descrivibile
come un caso di vera e propria «emergenza», cioè di apparizione
di un fenomeno qualitativamente differente rispetto agli stadi che lo hanno
preceduto. Su questa linea Piattelli-Palmarini critica l’ipotesi della continuità
graduale, sostenendo che fra due forme biologiche successive non
devono necessariamente essere esistite delle forme intermedie. Non ci sarebbe
dunque alcuna necessità di trovare gli antecedenti del linguaggio
umano nei primati, dal momento che «l’anello mancante» potrebbe non essere
mai esistito.
Il paleontologo Stephen J. Gould e il genetista Richard C. Lewontin hanno
sostenuto una teoria in cui le nozioni di adattamento e di gradualità, centrali nel
darwinismo classico, vengono ridimensionate a favore di una teoria dell’insorgenza
casuale e improvvisa di strutture; in questa ottica la facoltà del linguaggio viene
considerata una conseguenza secondaria dell’aumentata capacità cerebrale, piuttosto
che una semplice continuazione evolutiva a partire da grugniti e gesti ancestrali;
sarebbe dunque un caso di discontinuità, una forma del tutto nuova rispetto a
precedenti forme di comunicazione ed espressione.
Più specificamente, in un saggio classico del 1979 Gould e Lewontin
attaccano il programma dei neodarwiniani mettendo in guardia contro
l’«adattamentismo ingenuo», cioè contro l’uso improprio di teorie dell’adattamento
per spiegare tratti emersi per altri motivi. I due studiosi ritengono
che la selezione naturale, benché importante, non sia l’unica forza che
ha operato nel corso dell’evoluzione, e descrivono una serie di meccanismi
non adattivi che vengono spesso trascurati nelle spiegazioni genetiche:
— la deriva genetica (il mutamento genetico che può prodursi casualmente
in una piccola popolazione, indipendentemente dal valore di sopravvivenza
o dal vantaggio riproduttivo);
— le leggi dello sviluppo e della conformazione come le generali relazioni
allometriche tra misure del cervello e del corpo («allometria» si dice la
relazione tra la crescita d’una parte del corpo e quella di un’altra parte);
— l’«esattamento» (in inglese exaptation, neologismo coniato in analogia
con adaptation), che consiste nel riutilizzo di parti originariamente adattate
per un’altra funzione, o di strutture prive di qualsiasi funzione ma
presenti per motivi architettonici.
Gould e Lewontin paragonano questo processo ai mosaici che ornano la
cupola e i timpani della Basilica di San Marco a Venezia: i timpani (gli
spazi triangolari rastremati che si formano all’intersezione di due archi a
formare un angolo retto) sono dei sottoprodotti inevitabili del fatto che la
cupola è montata su archi, ma i mosaicisti li hanno utilizzati adattandovi
talmente bene i loro disegni che verrebbe quasi da pensare che la struttura
architettonica sia nata in funzione dei disegni.
La realtà, ricordano i due autori, è però opposta: i timpani dotati di forma
triangolare allungata preesistono ai disegni e li condizionano creando lo spazio
entro il quale i mosaicisti hanno dovuto lavorare; tutto il sistema nasce
dunque da un condizionamento di natura architettonica. Allo stesso modo
alcuni tratti biologici, che sono divenuti fondamentali per la specie umana,
possono essere derivati da cause puramente architettoniche ed essere stati
poi modificati e riutilizzati anche da fattori di tipo storico-culturale.
D) Conclusioni
La posizione prevalente nella psicolinguistica contemporanea è quindi
quella di considerare il linguaggio come costituito da un insieme di conoscenze
e abilità, alcune delle quali specifiche dell’essere umano. Per concludere,
si può affermare che sia il continuismo che il discontinuismo contengono
degli elementi di verità:
— il primo infatti mette giustamente in risalto il fatto che condividiamo
con gli altri primati molte strutture cognitive;
— il secondo sottolinea altrettanto giustamente il fatto che alcune strutture
cognitive sono unicamente umane.
Se il linguaggio affonda le sue radici in capacità che condividiamo con
altre specie, il suo pieno sviluppo è possibile solo in virtù di una dotazione
biologica che è esclusivo appannaggio dell’essere umano.