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INFORMAZIONI

Prossime lezioni
Giorno Ora Dove
28/01 14:30 Laboratorio (via Loredan)
02/02 14:30 P50
08/02 14:30 P50 ?
09/02 14:30 P50
11/02 14:30 Laboratorio (via Loredan)
18/02 14:30 Aula informatica (Dip. di Astronomia)
22/02 14:30 P50
25/02 14:30 Aula informatica (Dip. di Astronomia)

– p. 1/4
INFORMAZIONI
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Giorno Ora Dove
28/01 14:30 Laboratorio (via Loredan)
02/02 14:30 P50
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25/02 14:30 Aula informatica (Dip. di Astronomia)
Raccolta adesioni e moduli per l’utilizzo dell’aula
informatica presso il Dp. di Astronomia.

– p. 1/4
IL NONIO
Nelle misure di lunghezza non è possibile aumentare a
piacere la sensibilità di un regolo, dato che una scala
graduata troppo fitta non sarebbe leggibile.

– p. 2/4
IL NONIO
Nelle misure di lunghezza non è possibile aumentare a
piacere la sensibilità di un regolo, dato che una scala
graduata troppo fitta non sarebbe leggibile.
Il nonio è un regolo sussidiario per aumentare la
sensibilità senza ulteriori suddivisioni della scala
principale.

– p. 2/4
COM’È FATTO

Sono presenti 2 scale: una scala principale incisa su


un’asta fissa e una scala secondaria, incisa su un
corsoio mobile.

– p. 3/4
COME FUNZIONA
Esempio: misurare con una precisione di 1/10 mm con
una riga graduata che ha una sensibilità S=1mm−1 .

– p. 4/4
COME FUNZIONA
Esempio: misurare con una precisione di 1/10 mm con
una riga graduata che ha una sensibilità S=1mm−1 .
Si considera una lunghezza
pari a Np = 9 tacche della riga
(9 mm)...

– p. 4/4
COME FUNZIONA
Esempio: misurare con una precisione di 1/10 mm con
una riga graduata che ha una sensibilità S=1mm−1 .
Si considera una lunghezza
pari a Np = 9 tacche della riga
(9 mm)...

...e si divide questa in Ns = 10 parti

– p. 4/4
COME FUNZIONA
Quindi se l’estremità della lunghezza l da misurare cade all’interno di
una divisione della riga si va a cercare la prima divisione del nonio
che coincide con una della riga pricipale

– p. 5/4
COME FUNZIONA
Quindi se l’estremità della lunghezza l da misurare cade all’interno di
una divisione della riga si va a cercare la prima divisione del nonio
che coincide con una della riga pricipale

In generale si considerano Np = Ns − 1 divisioni della scala


principale ognuna di ampiezza d (es d = 1 mm) e si divide la
lunghezza D = (Ns − 1) d del nonio in Ns parti. Qualora la n-esima
divisione del nonio coincide con una divisione della scala principale si

x = h − h′ =
ha: Ns − 1 nd
nd − n d=
Ns Ns

– p. 5/4
IL NONIO: FORMALISMO GENERALE
Sono presenti 2 scale: una scala principale e una scala
secondaria, la cui ampiezza totale è pari ad una
frazione prefissata di quella principale.

– p. 6/4
IL NONIO: FORMALISMO GENERALE
Sono presenti 2 scale: una scala principale e una scala
secondaria, la cui ampiezza totale è pari ad una
frazione prefissata di quella principale.
Per costruzione vale la relazione: Ns ∆ms = Np ∆mp

– p. 6/4
IL NONIO: FORMALISMO GENERALE
Sono presenti 2 scale: una scala principale e una scala
secondaria, la cui ampiezza totale è pari ad una
frazione prefissata di quella principale.
Per costruzione vale la relazione: Ns ∆ms = Np ∆mp
∆ms : Errore di sensibilità della scala secondaria
(nonio).

– p. 6/4
IL NONIO: FORMALISMO GENERALE
Sono presenti 2 scale: una scala principale e una scala
secondaria, la cui ampiezza totale è pari ad una
frazione prefissata di quella principale.
Per costruzione vale la relazione: Ns ∆ms = Np ∆mp
∆ms : Errore di sensibilità della scala secondaria
(nonio).
∆mp : Errore di sensibilità della scala principale.

– p. 6/4
IL NONIO: FORMALISMO GENERALE
Sono presenti 2 scale: una scala principale e una scala
secondaria, la cui ampiezza totale è pari ad una
frazione prefissata di quella principale.
Per costruzione vale la relazione: Ns ∆ms = Np ∆mp
∆ms : Errore di sensibilità della scala secondaria
(nonio).
∆mp : Errore di sensibilità della scala principale.
Ns : Numero totale di divisioni di ordine più basso sulla
scala secondaria.

– p. 6/4
IL NONIO: FORMALISMO GENERALE
Sono presenti 2 scale: una scala principale e una scala
secondaria, la cui ampiezza totale è pari ad una
frazione prefissata di quella principale.
Per costruzione vale la relazione: Ns ∆ms = Np ∆mp
∆ms : Errore di sensibilità della scala secondaria
(nonio).
∆mp : Errore di sensibilità della scala principale.
Ns : Numero totale di divisioni di ordine più basso sulla
scala secondaria.
Np : Numero di divisioni di ordine più basso sulla scala
principale corrispondenti ad una escursione completa
del nonio.

– p. 6/4
IL NONIO LINEARE
Posizionare il primo estremo della sbarretta coincidente con lo zero
della scala principale.

– p. 7/4
IL NONIO LINEARE
Posizionare il primo estremo della sbarretta coincidente con lo zero
della scala principale.
Posizionare il secondo estremo coincidente con lo zero del nonio. Lo
zero del nonio serve da indice per la scala principale.

– p. 7/4
IL NONIO LINEARE
Posizionare il primo estremo della sbarretta coincidente con lo zero
della scala principale.
Posizionare il secondo estremo coincidente con lo zero del nonio. Lo
zero del nonio serve da indice per la scala principale.
Trovare la prima tacca del nonio che coincide con qualunque tacca
della scala principale.

– p. 7/4
IL NONIO LINEARE
Posizionare il primo estremo della sbarretta coincidente con lo zero
della scala principale.
Posizionare il secondo estremo coincidente con lo zero del nonio. Lo
zero del nonio serve da indice per la scala principale.
Trovare la prima tacca del nonio che coincide con qualunque tacca
della scala principale.

Sia k la tacca della scala prin-


cipale ancora a contatto con
l’oggetto.

– p. 7/4
IL NONIO LINEARE
Posizionare il primo estremo della sbarretta coincidente con lo zero
della scala principale.
Posizionare il secondo estremo coincidente con lo zero del nonio. Lo
zero del nonio serve da indice per la scala principale.
Trovare la prima tacca del nonio che coincide con qualunque tacca
della scala principale.

Sia k la tacca della scala prin-


cipale ancora a contatto con
l’oggetto.

Sia n la tacca della scala del nonio che per prima coincide con una
tacca delle scala principale.

– p. 7/4
IL NONIO LINEARE

– p. 8/4
IL NONIO LINEARE
Sia k ′ = k + m la tacca della scala principale che coincide con la
tacca n del nonio. Ciò significa che in l′ sono comprese m divisioni
della scala principale.

– p. 9/4
IL NONIO LINEARE
Sia k ′ = k + m la tacca della scala principale che coincide con la
tacca n del nonio. Ciò significa che in l′ sono comprese m divisioni
della scala principale.

Sia x la lunghezza incognita, cioè


la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca k della scala
principale.

– p. 9/4
IL NONIO LINEARE
Sia k ′ = k + m la tacca della scala principale che coincide con la
tacca n del nonio. Ciò significa che in l′ sono comprese m divisioni
della scala principale.

Sia x la lunghezza incognita, cioè


la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca k della scala
principale.

Np
Dalla proporzione Ns : Np = n : m ottengo m = n
Ns

– p. 9/4
IL NONIO LINEARE
Sia k ′ = k + m la tacca della scala principale che coincide con la
tacca n del nonio. Ciò significa che in l′ sono comprese m divisioni
della scala principale.

Sia x la lunghezza incognita, cioè


la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca k della scala
principale.

Np
Dalla proporzione Ns : Np = n : m ottengo m = n
Ns
per convenienza scrivo m = νn, dove:

– p. 9/4
IL NONIO LINEARE
Sia k ′ = k + m la tacca della scala principale che coincide con la
tacca n del nonio. Ciò significa che in l′ sono comprese m divisioni
della scala principale.

Sia x la lunghezza incognita, cioè


la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca k della scala
principale.

Np
Dalla proporzione Ns : Np = n : m ottengo m = n
Ns
per convenienza scrivo m = νn, dove:
 
Np
ν = int + 1 corrisponde al numero di divisioni della scala
Ns
principale la cui lunghezza è immediatamente superiore ad una – p. 9/4
IL NONIO LINEARE
Np
Siano l = n∆ms = n ∆mp e l′ = νn∆mp
Ns
La lunghezza incognita è quindi data da:
n
x = l − l = (νNs − Np ) ∆mp

Ns

– p. 10/4
IL NONIO LINEARE
Np
Siano l = n∆ms = n ∆mp e l′ = νn∆mp
Ns
La lunghezza incognita è quindi data da:
n
x = l − l = (νNs − Np ) ∆mp

Ns
L’errore di sensibilità del metodo di misura consistente
nell’utilizzo del nonio si ottiene particolarizzando
l’equazione precedente per n = 1, ovvero:
 
Np
∆m = ν − ∆mp
Ns

– p. 10/4
IL NONIO LINEARE DECIMALE

 Ns= 10, Np =9, ∆m


Parametri  p = 1 mm
Np 9
ν = int + 1 = int +1=1
Ns n  10
Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 6 Risultato: 16 + 0.6 = 16.6 mm
10
– p. 11/4
IL NONIO LINEARE DECIMALE

 n
Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 0
10
Risultato: 16 + 0.0 = 16.0 mm

– p. 12/4
IL NONIO LINEARE DECIMALE

 n
Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 1
10
Risultato: 16 + 0.1 = 16.1 mm

– p. 13/4
IL NONIO LINEARE DECIMALE

 n
Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 2
10
Risultato: 16 + 0.2 = 16.2 mm

– p. 14/4
IL NONIO LINEARE DECIMALE

 n
Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 8
10
Risultato: 16 + 0.8 = 16.8 mm

– p. 15/4
IL NONIO LINEARE DECIMALE

 n
Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 9
10
Risultato: 16 + 0.9 = 16.9 mm

– p. 16/4
IL NONIO LINEARE DECIMALE

 n
Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 10
10
Risultato: 16 + 1.0 = 17.0 mm
Misuriamo ora!

– p. 17/4
IL NONIO LINEARE VENTESIMALE
In altri casi anzichè Np = Ns − 1 divisioni della scala principale se ne
considerano Np = 2Ns − 1. Ad esempio nel nonio ventesimale si
considerano Np = 39 divisioni della scala principale (e.g. ∆mp = 1
mm) come lunghezza del nonio e questa viene divisa in Ns = 20
parti.

– p. 18/4
IL NONIO LINEARE VENTESIMALE
In altri casi anzichè Np = Ns − 1 divisioni della scala principale se ne
considerano Np = 2Ns − 1. Ad esempio nel nonio ventesimale si
considerano Np = 39 divisioni della scala principale (e.g. ∆mp = 1
mm) come lunghezza del nonio e questa viene divisa in Ns = 20
parti.
 
39
ν = int +1=1+1=2
20

– p. 18/4
IL NONIO LINEARE VENTESIMALE
In altri casi anzichè Np = Ns − 1 divisioni della scala principale se ne
considerano Np = 2Ns − 1. Ad esempio nel nonio ventesimale si
considerano Np = 39 divisioni della scala principale (e.g. ∆mp = 1
mm) come lunghezza del nonio e questa viene divisa in Ns = 20
parti.
 
39
ν = int +1=1+1=2
20
L’errore si sensibilità del nonio ventesimale è:
 
Np 1
∆m = ν − ∆mp = ∆mp
Ns 20

– p. 18/4
IL NONIO LINEARE VENTESIMALE
In altri casi anzichè Np = Ns − 1 divisioni della scala principale se ne
considerano Np = 2Ns − 1. Ad esempio nel nonio ventesimale si
considerano Np = 39 divisioni della scala principale (e.g. ∆mp = 1
mm) come lunghezza del nonio e questa viene divisa in Ns = 20
parti.
 
39
ν = int +1=1+1=2
20
L’errore si sensibilità del nonio ventesimale è:
 
Np 1
∆m = ν − ∆mp = ∆mp
Ns 20

∆mp
In generale, la variazione minima apprezzata sarà ∆m = . Io
Ns
nonio si dirà decimale, ventesimale, trentesimale, a seconda che
Ns = 10, Ns = 20, Ns = 30, ecc.

– p. 18/4
IL NONIO LINEARE VENTESIMALE

 Ns= 20, Np =39, 


Parametri ∆mp = 1 mm
Np 39
ν = int + 1 = int +1=2
Ns 20
1  n
∆m = ∆mp = 0.05 mm Lettura: k + ∆mp k = 16, n = 13
20 20
Risultato: 16 + (13 · 0.05) = 16 + 0.65 = 16.65 mm
Misuriamo ora!

– p. 19/4
IL NONIO CIRCOLARE

Per costruzione: quando le es-


tremità si toccano il bordo grad-
uato della scala secondaria coin-
cide con lo zero della scala prin-
cipale; lo zero della scala sec-
ondaria coincide con la tacca
trasversale della primaria.

– p. 20/4
IL NONIO CIRCOLARE
Operativamente per misurare con un nonio circolare si deve:
Regolare la scala secondaria in modo da comprendere la lunghezza
incognita.

– p. 21/4
IL NONIO CIRCOLARE
Operativamente per misurare con un nonio circolare si deve:
Regolare la scala secondaria in modo da comprendere la lunghezza
incognita.
Lettura scala principale: in corrispondenza al bordo graduato della
scala secondaria.

– p. 21/4
IL NONIO CIRCOLARE
Operativamente per misurare con un nonio circolare si deve:
Regolare la scala secondaria in modo da comprendere la lunghezza
incognita.
Lettura scala principale: in corrispondenza al bordo graduato della
scala secondaria.
Lettura scala secondaria: in corrispondenza alla tacca trasversale
sulla scala principale.

– p. 21/4
IL NONIO CIRCOLARE
Operativamente per misurare con un nonio circolare si deve:
Regolare la scala secondaria in modo da comprendere la lunghezza
incognita.
Lettura scala principale: in corrispondenza al bordo graduato della
scala secondaria.
Lettura scala secondaria: in corrispondenza alla tacca trasversale
sulla scala principale.
Sia n la tacca della scala secondaria che più si avvicina alla tacca
trasversale sulla scala principale.

– p. 21/4
IL NONIO CIRCOLARE
Sia x la lunghezza incognita, cioè la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca n.

– p. 22/4
IL NONIO CIRCOLARE
Sia x la lunghezza incognita, cioè la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca n.
La lunghezza incognita è quindi data da:
Np
x = n∆ms = n ∆mp
Ns

– p. 22/4
IL NONIO CIRCOLARE
Sia x la lunghezza incognita, cioè la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca n.
La lunghezza incognita è quindi data da:
Np
x = n∆ms = n ∆mp
Ns
Si noti che il nonio circolare equivalente al nonio lineare dove lo zero
della secondaria coincide con l’ultima tacca della primaria ancora a
contatto con l’oggetto.

– p. 22/4
IL NONIO CIRCOLARE
Sia x la lunghezza incognita, cioè la distanza tra lo zero della scala
del nonio e la tacca n.
La lunghezza incognita è quindi data da:
Np
x = n∆ms = n ∆mp
Ns
Si noti che il nonio circolare equivalente al nonio lineare dove lo zero
della secondaria coincide con l’ultima tacca della primaria ancora a
contatto con l’oggetto.
Come prima, l’errore di sensibilità del metodo di misura consistente
nell’utilizzo del nonio circolare si ottiene particolarizzando
l’equazione precedente per n = 1, ovvero:
Np
∆m = ∆mp
Ns

– p. 22/4
IL CALIBRO CENTESIMALE

Parametri Ns = 50, Np = 1, ∆mp = 0.5 mm


Np 1
Sensibilità ∆m = ∆mp = 0.5 = 0.01mm
N s 50
 n 
Lettura: k + ∆mp k = 10, n = 24 Risultato: 5.0 + 0.24 = 5.24 mm
50
– p. 23/4
IL CALIBRO CENTESIMALE

Parametri Ns = 50, Np = 1, ∆mp = 0.5 mm


Np 1
Sensibilità ∆m = ∆mp = 0.5 = 0.01mm
Ns 50
 n 
Lettura: k + ∆mp k = 34, n = 25 Risultato:
50
17.0 + 0.25 = 17.75 mm

– p. 24/4
IL CALIBRO CENTESIMALE

Parametri Ns = 50, Np = 1, ∆mp = 0.5 mm


Np 1
Sensibilità ∆m = ∆mp = 0.5 = 0.01mm
Ns 50
 n 
Lettura: k + ∆mp k = 41, n = 12 Risultato:
50
20.5 + 0.12 = 20.62 mm

– p. 25/4
IL CALIBRO CENTESIMALE

Parametri Ns = 50, Np = 1, ∆mp = 0.5 mm


Np 1
Sensibilità ∆m = ∆mp = 0.5 = 0.01mm
Ns 50
 n 
Lettura: k + ∆mp k = 47, n = 43 Risultato: 23.5 + 0.43 = 23.93 mm
50
Misuriamo ora!

– p. 26/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa

SCOPO: Verificare l’insorgenza di errori casuali nella


misurazione di una grandezza fisica all’aumentare della
sensibilità dello strumento.

– p. 27/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa

SCOPO: Verificare l’insorgenza di errori casuali nella


misurazione di una grandezza fisica all’aumentare della
sensibilità dello strumento.
OPERAZIONI DI MISURA: 10 misurazioni di lunghezza di
una stessa dimensione di un solido per mezzo di 3
diversi strumenti: righello, nonio lineare e nonio
circolare (calibro). – p. 27/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa
ELABORAZIONE DEI DATI

– p. 28/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa
ELABORAZIONE DEI DATI
Trovare l’errore di sensibilità di ciascun strumento.

– p. 28/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa
ELABORAZIONE DEI DATI
Trovare l’errore di sensibilità di ciascun strumento.
Per ogni serie di misure dare la soluzione al problema della
misura, nella forma L ± ∆L.

– p. 28/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa
ELABORAZIONE DEI DATI
Trovare l’errore di sensibilità di ciascun strumento.
Per ogni serie di misure dare la soluzione al problema della
misura, nella forma L ± ∆L.
∆L = ∆m errore di sensibilità nel caso di strumenti poco sensibili

– p. 28/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa
ELABORAZIONE DEI DATI
Trovare l’errore di sensibilità di ciascun strumento.
Per ogni serie di misure dare la soluzione al problema della
misura, nella forma L ± ∆L.
∆L = ∆m errore di sensibilità nel caso di strumenti poco sensibili
Nel caso di strumenti sufficientemente sensibili, stimare la grandezza
fisica in esame con la media aritmetica
s e l’indeterminazione della
n
(mi −m̄)2
P
σ
media ∆L = σm̄ = √ , dove σ = i=1
n−1 è lo scarto
n
quadratico medio delle misure.

– p. 28/4
I Esperienza: Misure di lunghezza
con strumenti a sensibilità diversa
ELABORAZIONE DEI DATI
Trovare l’errore di sensibilità di ciascun strumento.
Per ogni serie di misure dare la soluzione al problema della
misura, nella forma L ± ∆L.
∆L = ∆m errore di sensibilità nel caso di strumenti poco sensibili
Nel caso di strumenti sufficientemente sensibili, stimare la grandezza
fisica in esame con la media aritmetica
s e l’indeterminazione della
n
(mi −m̄)2
P
σ
media ∆L = σm̄ = √ , dove σ = i=1
n−1 è lo scarto
n
quadratico medio delle misure.
Nell’uso del calibro due possibili errori sistematici e/o accidentali: a) esercitare troppa
pressione con le ganasce sull’oggetto da misurare, può provocare una deformazione
dell’oggetto e quindi, una stima errata delle sue dimensioni reali; b) la presenza di
piccoli corpi (polvere, limatura di ferro, ...) porta a misure sistematicamente maggiori
per dimensioni esterne e esistematicamente minori per dimensioni interne.
– p. 28/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
La relazione sull’esperienza fatta in laboratorio deve essere scritta
supponendo che chi la legge non sappia cosa avete fatto. Quindi
deve contenere tutte le informazioni necessarie a:
Capire cosa volevate fare e su quale strumento, oggetto,
circuito...
Capire come avete fatto.
Capire le misure fatte.
Capire le conclusioni ed il risultato finale.

– p. 29/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
La relazione sull’esperienza fatta in laboratorio deve essere scritta
supponendo che chi la legge non sappia cosa avete fatto. Quindi
deve contenere tutte le informazioni necessarie a:
Capire cosa volevate fare e su quale strumento, oggetto,
circuito...
Capire come avete fatto.
Capire le misure fatte.
Capire le conclusioni ed il risultato finale.

Sul primo foglio scrivere un’intestazione idenificativa contenente:

– p. 29/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
La relazione sull’esperienza fatta in laboratorio deve essere scritta
supponendo che chi la legge non sappia cosa avete fatto. Quindi
deve contenere tutte le informazioni necessarie a:
Capire cosa volevate fare e su quale strumento, oggetto,
circuito...
Capire come avete fatto.
Capire le misure fatte.
Capire le conclusioni ed il risultato finale.

Sul primo foglio scrivere un’intestazione idenificativa contenente:


Il nome dell’autore e quelli del gruppo relativo.

– p. 29/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
La relazione sull’esperienza fatta in laboratorio deve essere scritta
supponendo che chi la legge non sappia cosa avete fatto. Quindi
deve contenere tutte le informazioni necessarie a:
Capire cosa volevate fare e su quale strumento, oggetto,
circuito...
Capire come avete fatto.
Capire le misure fatte.
Capire le conclusioni ed il risultato finale.

Sul primo foglio scrivere un’intestazione idenificativa contenente:


Il nome dell’autore e quelli del gruppo relativo.
La data in cui è stata eseguita l’esperienza.

– p. 29/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
La relazione sull’esperienza fatta in laboratorio deve essere scritta
supponendo che chi la legge non sappia cosa avete fatto. Quindi
deve contenere tutte le informazioni necessarie a:
Capire cosa volevate fare e su quale strumento, oggetto,
circuito...
Capire come avete fatto.
Capire le misure fatte.
Capire le conclusioni ed il risultato finale.

Sul primo foglio scrivere un’intestazione idenificativa contenente:


Il nome dell’autore e quelli del gruppo relativo.
La data in cui è stata eseguita l’esperienza.
Il titolo dell’esperienza.

– p. 29/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
La relazione sull’esperienza fatta in laboratorio deve essere scritta
supponendo che chi la legge non sappia cosa avete fatto. Quindi
deve contenere tutte le informazioni necessarie a:
Capire cosa volevate fare e su quale strumento, oggetto,
circuito...
Capire come avete fatto.
Capire le misure fatte.
Capire le conclusioni ed il risultato finale.

Sul primo foglio scrivere un’intestazione idenificativa contenente:


Il nome dell’autore e quelli del gruppo relativo.
La data in cui è stata eseguita l’esperienza.
Il titolo dell’esperienza.

– p. 29/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
Quindi il corpo della relazione deve comprendere:

– p. 30/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
Quindi il corpo della relazione deve comprendere:
Lo scopo della misura, eventualmente corredato da brevi richiami
teorici.

– p. 30/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
Quindi il corpo della relazione deve comprendere:
Lo scopo della misura, eventualmente corredato da brevi richiami
teorici.
Una sintetica descrizione dell’apparato sperimentale.

– p. 30/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
Quindi il corpo della relazione deve comprendere:
Lo scopo della misura, eventualmente corredato da brevi richiami
teorici.
Una sintetica descrizione dell’apparato sperimentale.
Le misure effettuate.

– p. 30/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
Quindi il corpo della relazione deve comprendere:
Lo scopo della misura, eventualmente corredato da brevi richiami
teorici.
Una sintetica descrizione dell’apparato sperimentale.
Le misure effettuate.
Uno o piùgrafici e tabelle per visualizzare i dati sperimentali.

– p. 30/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
Quindi il corpo della relazione deve comprendere:
Lo scopo della misura, eventualmente corredato da brevi richiami
teorici.
Una sintetica descrizione dell’apparato sperimentale.
Le misure effettuate.
Uno o piùgrafici e tabelle per visualizzare i dati sperimentali.
L’elaborazione dei dati con tutti i dettagli necessari alla
comprensione di quanto ricavato.

– p. 30/4
Come svolgere una relazione di Laboratori
Quindi il corpo della relazione deve comprendere:
Lo scopo della misura, eventualmente corredato da brevi richiami
teorici.
Una sintetica descrizione dell’apparato sperimentale.
Le misure effettuate.
Uno o piùgrafici e tabelle per visualizzare i dati sperimentali.
L’elaborazione dei dati con tutti i dettagli necessari alla
comprensione di quanto ricavato.
Il risultato finale evidenziato ed eventuali conclusioni e commenti.

– p. 30/4
RAPPRESENTAZIONE DEI DATI
Quando si dispone di un alto numero di misure della
stessa grandezza fisica è opportuno organizzarle in
modo da rendere evidente il loro significato. Strumenti
di uso frequente sono: tabelle, diagrammi a barre,
istogrammi.

– p. 31/4
RAPPRESENTAZIONE DEI DATI
Quando si dispone di un alto numero di misure della
stessa grandezza fisica è opportuno organizzarle in
modo da rendere evidente il loro significato. Strumenti
di uso frequente sono: tabelle, diagrammi a barre,
istogrammi.
Consideriamo, ad esempio, due sperimentatori, A e B ,
che abbiano effettuato ciascuno 10 misurazioni di
tempo con strumenti a sensibilità diversa. I dati sono
registrati nella tabella:
tempo (in secondi)
A 1.4 1.7 1.4 1.6 1.5 1.5 1.4 1.6 1.6 1.7
B 1.52 1.50 1.51 1.53 1.51 1.50 1.50 1.51 1.52 1.51

– p. 31/4
FREQUENZE
FREQUENZA ASSOLUTA: ni numero di volte che si
PM
verifica un certo evento (dato). j=1 nj = N
M rappresenta il nu-
Misure A Freq. ass. Misure B Freq. ass.
mero di gruppi in cui si
1.4 3 1.50 3
sono suddivise le mis-
1.5 2 1.51 4
ure (M ≤ N ). M = N
1.6 3 1.52 2
solo in caso di misure
1.7 2 1.53 1
senza ripetizioni.

– p. 32/4
FREQUENZE
FREQUENZA ASSOLUTA: ni numero di volte che si
PM
verifica un certo evento (dato). j=1 nj = N
M rappresenta il nu-
Misure A Freq. ass. Misure B Freq. ass.
mero di gruppi in cui si
1.4 3 1.50 3
sono suddivise le mis-
1.5 2 1.51 4
ure (M ≤ N ). M = N
1.6 3 1.52 2
solo in caso di misure
1.7 2 1.53 1
senza ripetizioni.
FREQUENZA RELATIVA: rapporto tra frequenza
assoluta e il numero totale di prove (misure).
Misure A Freq. rel. Misure B Freq. rel.

PM nj 1.4 0.3 1.50 0.3


ni
fi = → j=1 =1 1.5 0.2 1.51 0.4
N N
1.6 0.3 1.52 0.2
1.7 0.2 1.53 0.1

– p. 32/4
DIAGRAMMI A BARRE
In ascissa i valori delle misure; in ordinata le freq.
assolute o relative.

– p. 33/4
DIAGRAMMI A BARRE
In ascissa i valori delle misure; in ordinata le freq.
assolute o relative.
Si utilizzano quando le grandezze che possono
assumere solo valori discreti.

– p. 33/4
DIAGRAMMI A BARRE
In ascissa i valori delle misure; in ordinata le freq.
assolute o relative.
Si utilizzano quando le grandezze che possono
assumere solo valori discreti.

Indicazione lampante: I dati di B sono molto


raggruppati intorno ad un valore prossimo a 1.5 mentre i
dati di A sono molto più dispersi. Qual è la serie di
misure più precisa? – p. 33/4
DIAGRAMMI A BARRE
Sperimentatore A: seconda serie di 100 misure.

diagramma in frequenze assolute diagramma in frequenze relative

– p. 34/4
DIAGRAMMI A BARRE
Sperimentatore A: seconda serie di 100 misure.

diagramma in frequenze assolute diagramma in frequenze relative

I diagrammi in freq. realtive si dicono normalizzati.


Sono utili per il confronto di dati diversi.

– p. 34/4
DIAGRAMMI A BARRE
Sperimentatore A: seconda serie di 100 misure.

diagramma in frequenze assolute diagramma in frequenze relative

I diagrammi in freq. realtive si dicono normalizzati.


Sono utili per il confronto di dati diversi.
All’aumentare del numero delle misure il diagramma
tende a diventare molto più “regolare”.

– p. 34/4
DIAGRAMMI A BARRE
Sperimentatore A: seconda serie di 100 misure.

diagramma in frequenze assolute diagramma in frequenze relative

I diagrammi in freq. realtive si dicono normalizzati.


Sono utili per il confronto di dati diversi.
All’aumentare del numero delle misure il diagramma
tende a diventare molto più “regolare”.
Precisione di un esperimento ↔ larghezza della
distribuzione di frequenza.
– p. 34/4
ISTOGRAMMI
Rappresentazione utile quando
La grandezza misurata si presenta con valori discreti, però può
essere trattata come continua.
Il numero dei dati è grande.

– p. 35/4
ISTOGRAMMI
Rappresentazione utile quando
La grandezza misurata si presenta con valori discreti, però può
essere trattata come continua.
Il numero dei dati è grande.
Si raggruppano i dati in intervalli successivi di valori.

– p. 35/4
ISTOGRAMMI
Rappresentazione utile quando
La grandezza misurata si presenta con valori discreti, però può
essere trattata come continua.
Il numero dei dati è grande.
Si raggruppano i dati in intervalli successivi di valori.
Nel caso delle misure, a causa della loro precisione finita (numero
finito di cifre significative), conviene raggrupparle in M intervalli
successivi di valori, la cui
ampiezza non potrà mai essere inferiore alla sensibilità
dello strumento.
In altre parole, la più piccola ampiezza dell’istogramma corrisponde
alla cifra significativa più piccola apprezzabile.

– p. 35/4
ISTOGRAMMI
L’asse delle ascisse suddiviso in K intervalli, detti classi
di frequenza. Queste possono essere uguali o diverse.

– p. 36/4
ISTOGRAMMI
L’asse delle ascisse suddiviso in K intervalli, detti classi
di frequenza. Queste possono essere uguali o diverse.
Frequenza: numero ni o frazione ni /N di dati compresi
nell’intervallo i-esimo. Se le classi sono di ampiezza diversa, le frequenze
non sono direttamente confrontabili!

– p. 36/4
ISTOGRAMMI
L’asse delle ascisse suddiviso in K intervalli, detti classi
di frequenza. Queste possono essere uguali o diverse.
Frequenza: numero ni o frazione ni /N di dati compresi
nell’intervallo i-esimo. Se le classi sono di ampiezza diversa, le frequenze
non sono direttamente confrontabili!

Densità di frequenza: rapporto tra la frequenza e


ni fi
l’ampiezza di una classe di = o di = .
∆xi ∆xi

– p. 36/4
ISTOGRAMMI
L’asse delle ascisse suddiviso in K intervalli, detti classi
di frequenza. Queste possono essere uguali o diverse.
Frequenza: numero ni o frazione ni /N di dati compresi
nell’intervallo i-esimo. Se le classi sono di ampiezza diversa, le frequenze
non sono direttamente confrontabili!

Densità di frequenza: rapporto tra la frequenza e


ni fi
l’ampiezza di una classe di = o di = .
∆xi ∆xi
Ad ogni classe è associato un rettangolo:
la base è pari all’ampiezza della classe ∆xi
(ascissa);
l’altezza è pari alla densità di frequenza di (ordinata) ;
l’area è per costruzione la frequenza (assoluta o
relativa) associata alla classe.
– p. 36/4
COME COSTRUIRE GLI ISTOGRAMM
Definire il numero K delle classi e le loro ampiezze ∆xi , i = 1, K

– p. 37/4
COME COSTRUIRE GLI ISTOGRAMM
Definire il numero K delle classi e le loro ampiezze ∆xi , i = 1, K
In un piano catesiano porre in
ascissa la variabile x evidenziando le suddivisioni delle classi;
ordinata la densità di frequenza.

– p. 37/4
COME COSTRUIRE GLI ISTOGRAMM
Definire il numero K delle classi e le loro ampiezze ∆xi , i = 1, K
In un piano catesiano porre in
ascissa la variabile x evidenziando le suddivisioni delle classi;
ordinata la densità di frequenza.

– p. 37/4
ISTOGR. IN FREQUENZE ASSOLUTE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
unitaria.

– p. 38/4
ISTOGR. IN FREQUENZE ASSOLUTE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
unitaria.
Area del rettangolo relativo all’intervallo i-esimo pari
alla frequenza assoluta ni

(xi − xi−1 ) · hi = ∆x · hi = ni

– p. 38/4
ISTOGR. IN FREQUENZE ASSOLUTE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
unitaria.
Area del rettangolo relativo all’intervallo i-esimo pari
alla frequenza assoluta ni

(xi − xi−1 ) · hi = ∆x · hi = ni

Area totale dell’istogramma

∆x1 · h1 + ∆x2 · h2 + · · · ∆xK · hK


= n1 + n2 + · · · + nK = N

– p. 38/4
ISTOGR. IN FREQUENZE RELATIVE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
pari a 1/N

– p. 39/4
ISTOGR. IN FREQUENZE RELATIVE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
pari a 1/N
Area del rettangolo relativo all’intervallo i-esimo pari
alla frequenza realtiva ni /N
ni
(xi − xi−1 ) · hi = ∆x · hi =
N

– p. 39/4
ISTOGR. IN FREQUENZE RELATIVE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
pari a 1/N
Area del rettangolo relativo all’intervallo i-esimo pari
alla frequenza realtiva ni /N
ni
(xi − xi−1 ) · hi = ∆x · hi =
N
Area totale dell’istogramma è unitaria
L’istogramma si dice normalizzato.
n1 n2 nK
∆x1 · h1 + ∆x2 · h2 + · · · ∆xK · hK = + +··· =1
N N K

– p. 39/4
ISTOGR. IN FREQUENZE RELATIVE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
pari a 1/N
Area del rettangolo relativo all’intervallo i-esimo pari
alla frequenza realtiva ni /N
ni
(xi − xi−1 ) · hi = ∆x · hi =
N
Area totale dell’istogramma è unitaria
L’istogramma si dice normalizzato.
n1 n2 nK
∆x1 · h1 + ∆x2 · h2 + · · · ∆xK · hK = + +··· =1
N N K
Se le classi di frequenza sono uguali → hi ∝ frequenza

– p. 39/4
ISTOGR. IN FREQUENZE RELATIVE
Ad ogni singola misura associato un rettangolo di area
pari a 1/N
Area del rettangolo relativo all’intervallo i-esimo pari
alla frequenza realtiva ni /N
ni
(xi − xi−1 ) · hi = ∆x · hi =
N
Area totale dell’istogramma è unitaria
L’istogramma si dice normalizzato.
n1 n2 nK
∆x1 · h1 + ∆x2 · h2 + · · · ∆xK · hK = + +··· =1
N N K
Se le classi di frequenza sono uguali → hi ∝ frequenza
Se le classi di frequenza sono diverse → hi ∝ densità di
frequenza – p. 39/4
Un errore frequente
Nel caso le classi di frequenza siano diverse occorre
prestare attenzione a come si costruisce l’istogramma.
Le altezze dei rettangoli non scalano come le
frequenze, ma come le densità di frequenza.

– p. 40/4
Un errore frequente
Nel caso le classi di frequenza siano diverse occorre
prestare attenzione a come si costruisce l’istogramma.
Le altezze dei rettangoli non scalano come le
frequenze, ma come le densità di frequenza.
Consideriamo i dati ISTAT 2001 sull’ età della
popolazione italiana.

– p. 40/4
Un errore frequente
Nel caso le classi di frequenza siano diverse occorre
prestare attenzione a come si costruisce l’istogramma.
Le altezze dei rettangoli non scalano come le
frequenze, ma come le densità di frequenza.
Consideriamo i dati ISTAT 2001 sull’ età della
popolazione italiana.

– p. 40/4
Un errore frequente... corretto
Calcoliamo l’ampiezza delle classi e la densità di
frequenza.

– p. 41/4
Un errore frequente... corretto
Calcoliamo l’ampiezza delle classi e la densità di
frequenza.

– p. 41/4
Un errore frequente... corretto
Calcoliamo l’ampiezza delle classi e la densità di
frequenza.

– p. 41/4
ISTOGRAMMI: il caso Old Faithful
La significatività di un istogramma dipende dalla scelta
dell’ampiezza delle classi di frequenza.

– p. 42/4
ISTOGRAMMI: il caso Old Faithful
La significatività di un istogramma dipende dalla scelta
dell’ampiezza delle classi di frequenza.
Consideriamo, come esempio, la variabile “durata
temporale delle eruzioni del geyser “Old Faithful”,
presso lo Yellowstone National Park.

– p. 42/4
ISTOGRAMMI: il caso Old Faithful
Le eruzioni seguono un andamento quasi regolare,
quindi per motivi turistici c’è interesse a studiare e
prevedere quando esse si manifesteranno e quanto
dureranno.

– p. 43/4
ISTOGRAMMI: il caso Old Faithful
Le eruzioni seguono un andamento quasi regolare,
quindi per motivi turistici c’è interesse a studiare e
prevedere quando esse si manifesteranno e quanto
dureranno.
Lo studio statistico ha dimostrato che esistono 2 gruppi
di eruzioni: “eruzioni brevi” (≤ 3 min) ed “eruzioni
lunghe” (> 3 min).

– p. 43/4
ISTOGRAMMI: il caso Old Faithful
Le eruzioni seguono un andamento quasi regolare,
quindi per motivi turistici c’è interesse a studiare e
prevedere quando esse si manifesteranno e quanto
dureranno.
Lo studio statistico ha dimostrato che esistono 2 gruppi
di eruzioni: “eruzioni brevi” (≤ 3 min) ed “eruzioni
lunghe” (> 3 min).
Costruiamo l’istogramma

– p. 43/4
ISTOGRAMMI: il caso Old Faithful
Le eruzioni seguono un andamento quasi regolare,
quindi per motivi turistici c’è interesse a studiare e
prevedere quando esse si manifesteranno e quanto
dureranno.
Lo studio statistico ha dimostrato che esistono 2 gruppi
di eruzioni: “eruzioni brevi” (≤ 3 min) ed “eruzioni
lunghe” (> 3 min).
Costruiamo l’istogramma
Ampiezze troppo piccole producono fluttuazioni troppo
forti non significative.

– p. 43/4
ISTOGRAMMI: il caso Old Faithful
Le eruzioni seguono un andamento quasi regolare,
quindi per motivi turistici c’è interesse a studiare e
prevedere quando esse si manifesteranno e quanto
dureranno.
Lo studio statistico ha dimostrato che esistono 2 gruppi
di eruzioni: “eruzioni brevi” (≤ 3 min) ed “eruzioni
lunghe” (> 3 min).
Costruiamo l’istogramma
Ampiezze troppo piccole producono fluttuazioni troppo
forti non significative.
Ampiezze troppo grandi nascondono la natura
bimodale dei dati (2 picchi).

– p. 43/4
Dipendenza dalla base dell’istogramma
100 misure del periodo di un pendolo con cronometro
digitale S=100 s−1 , ripetute in identiche condizioni.

– p. 44/4
Come suddividere i dati in classi?
La morfologia di un istogramma dipende dalla scelta delle classi.Non
esiste una legge rigorosa.

– p. 45/4
Come suddividere i dati in classi?
La morfologia di un istogramma dipende dalla scelta delle classi.Non
esiste una legge rigorosa.
Se le classi sono troppo ampie caratteristiche importanti possono
essere omesse.

– p. 45/4
Come suddividere i dati in classi?
La morfologia di un istogramma dipende dalla scelta delle classi.Non
esiste una legge rigorosa.
Se le classi sono troppo ampie caratteristiche importanti possono
essere omesse.
Se le classi sono troppo strette l’informazione può risultare poco
significativa, poichè essendo poco popolate, le classi sono soggette
a fluttuazioni statistiche.

– p. 45/4
Come suddividere i dati in classi?
La morfologia di un istogramma dipende dalla scelta delle classi.Non
esiste una legge rigorosa.
Se le classi sono troppo ampie caratteristiche importanti possono
essere omesse.
Se le classi sono troppo strette l’informazione può risultare poco
significativa, poichè essendo poco popolate, le classi sono soggette
a fluttuazioni statistiche.
È sempre meglio effettuare dei test, variando l’ampiezza delle classi
per verificare la sensibilità dei dati.

– p. 45/4
Come suddividere i dati in classi?
La morfologia di un istogramma dipende dalla scelta delle classi.Non
esiste una legge rigorosa.
Se le classi sono troppo ampie caratteristiche importanti possono
essere omesse.
Se le classi sono troppo strette l’informazione può risultare poco
significativa, poichè essendo poco popolate, le classi sono soggette
a fluttuazioni statistiche.
È sempre meglio effettuare dei test, variando l’ampiezza delle classi
per verificare la sensibilità dei dati.
Generalmente il numero di classi varia tra ∼ 5 − 20, ma dipende dal
caso specifico. Il numero degli intervalli K viene fissato, solitamente,

dell’ordine di N (errore quadratico medio della statistica di
Poisson).

– p. 45/4
FREQUENZA CUMULATIVA
Frequenza cumulativa F (x) (assoluta o relativa), per
ogni valore di x, è il numero (ass. o rel.) di volte per cui
il risultato della misura è stato minore o uguale a x.
X
F (x) = ni (frequenza cumulativa ass.) o
xi ≤x
X
F (x) = fi (frequenza cumulativa rel.)
xi ≤x

– p. 46/4
FREQUENZA CUMULATIVA
Frequenza cumulativa F (x) (assoluta o relativa), per
ogni valore di x, è il numero (ass. o rel.) di volte per cui
il risultato della misura è stato minore o uguale a x.
X
F (x) = ni (frequenza cumulativa ass.) o
xi ≤x
X
F (x) = fi (frequenza cumulativa rel.)
xi ≤x

funzione monotona non decrescente con uno scalino


pari rispettivamente ad 1 o a 1/N in corrispondenza di
ognuno degli N valori osservati.

– p. 46/4
FREQUENZA CUMULATIVA
Frequenza cumulativa F (x) (assoluta o relativa), per
ogni valore di x, è il numero (ass. o rel.) di volte per cui
il risultato della misura è stato minore o uguale a x.
X
F (x) = ni (frequenza cumulativa ass.) o
xi ≤x
X
F (x) = fi (frequenza cumulativa rel.)
xi ≤x

funzione monotona non decrescente con uno scalino


pari rispettivamente ad 1 o a 1/N in corrispondenza di
ognuno degli N valori osservati. 
N (ass.)
0 = F (−∞) ≤ F (x) ≤ F (+∞) =
1 (rel.)

– p. 46/4
FREQUENZA CUMULATIVA: un esempi
Massa in kg numero di studenti
59.5 − 62.5 5
Consideriamo N = 100 studenti 62.5 − 65.5 18
maschi dei quali si voglia studiare 65.5 − 68.5 42
la distribuzione dei pesi. 68.5 − 71.5 27
71.5 − 74.5 8

Le classi scelte siano M = 5 Totale 100


(59.5 − 62.5; 62.5 − 65.5; 65.5 − 68.5; 68.5 − 71.5; 71.5 − 74.5)

– p. 47/4
FREQUENZA CUMULATIVA: un esempi
Massa in kg numero di studenti
59.5 − 62.5 5
Consideriamo N = 100 studenti 62.5 − 65.5 18
maschi dei quali si voglia studiare 65.5 − 68.5 42
la distribuzione dei pesi. 68.5 − 71.5 27
71.5 − 74.5 8

Le classi scelte siano M = 5 Totale 100


(59.5 − 62.5; 62.5 − 65.5; 65.5 − 68.5; 68.5 − 71.5; 71.5 − 74.5)
frequenza assoluta (in ordine di classe): numero studenti per ogni
classe di pesi ni = {5, 18, 42, 27, 8}

– p. 47/4
FREQUENZA CUMULATIVA: un esempi
Massa in kg numero di studenti
59.5 − 62.5 5
Consideriamo N = 100 studenti 62.5 − 65.5 18
maschi dei quali si voglia studiare 65.5 − 68.5 42
la distribuzione dei pesi. 68.5 − 71.5 27
71.5 − 74.5 8

Le classi scelte siano M = 5 Totale 100


(59.5 − 62.5; 62.5 − 65.5; 65.5 − 68.5; 68.5 − 71.5; 71.5 − 74.5)
frequenza assoluta (in ordine di classe): numero studenti per ogni
classe di pesi ni = {5, 18, 42, 27, 8}
frequenza relativa: frequenza assoluta divisa per il numero di dati
fi = ni /N = {5/100, 18/100, 42/100, 27/100, 8/100}

– p. 47/4
FREQUENZA CUMULATIVA: un esempi
Massa in kg numero di studenti
59.5 − 62.5 5
Consideriamo N = 100 studenti 62.5 − 65.5 18
maschi dei quali si voglia studiare 65.5 − 68.5 42
la distribuzione dei pesi. 68.5 − 71.5 27
71.5 − 74.5 8

Le classi scelte siano M = 5 Totale 100


(59.5 − 62.5; 62.5 − 65.5; 65.5 − 68.5; 68.5 − 71.5; 71.5 − 74.5)
frequenza assoluta (in ordine di classe): numero studenti per ogni
classe di pesi ni = {5, 18, 42, 27, 8}
frequenza relativa: frequenza assoluta divisa per il numero di dati
fi = ni /N = {5/100, 18/100, 42/100, 27/100, 8/100}
frequenza cumulativa relativa: somma delle frequenze assolute delle
varie classi divisa per il numero di dati)
F (x) = {5/100, (5 + 18)/100, (23 + 42)/100, ecc.} – p. 47/4
FREQUENZA CUMULATIVA: un esempi

– p. 48/4
ISTOGRAMMA CUMULATIVO
È utile per determinare quanti o quale percentuale dei
dati (campione) sono al di sotto (o uguali) ad un certo
valore. Ad esempio per trovare la mediana.

– p. 49/4
ISTOGRAMMA CUMULATIVO
È utile per determinare quanti o quale percentuale dei
dati (campione) sono al di sotto (o uguali) ad un certo
valore. Ad esempio per trovare la mediana.
Vantaggi dell’istogramma cumulativo
1. Le fluttuazioni risultano ridotte rispetto
all’istogramma: scostamenti di segno opposto si
annullano sommando;
2. Non dipende dalla suddivisione in classi mentre
l’istogramma dipende dalla suddivisione scelta dello
sperimentatore

– p. 49/4
ISTOGRAMMA CUMULATIVO
È utile per determinare quanti o quale percentuale dei
dati (campione) sono al di sotto (o uguali) ad un certo
valore. Ad esempio per trovare la mediana.
Vantaggi dell’istogramma cumulativo
1. Le fluttuazioni risultano ridotte rispetto
all’istogramma: scostamenti di segno opposto si
annullano sommando;
2. Non dipende dalla suddivisione in classi mentre
l’istogramma dipende dalla suddivisione scelta dello
sperimentatore
Svantaggi dell’istogramma cumulativo
La forma di questa funzione non è utile per suggerirci
ipotesi sulla distribuzione della variabile

– p. 49/4

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