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sistema immunitario

Sistema immunitario: sistema di cellule e molecole implicato nell’individuazione e


contrasto di elementi estranei all’organismo (principalmente agenti infettivi, ma
anche elementi di altra natura), capaci di comprometterne il benessere (omeostasi
dell’organismo).

Argomenti:

➢ Come i sistemi cellulari e molecolari descritti nell’infiammazione (immunità


innata) attivano i sistemi cellulari e molecolari dell’immunità adattativa.

➢ Come agiscono i sistemi dell’immunità adattativa e come sono controllati

➢ Quali sono le cause e le conseguenze del malfunzionamento del sistema


immunitario (immunopatologia).
Le malattie infettive

▪ Aspetti epidemiologici
• Importante causa di morbilità e mortalità (a livello globale, > 1/3 dei decessi nel 2009 sono
stati causati da malattie infettive).
• Negli USA, la polmonite è al 5° posto come causa di morte, ed è la più comune causa di
morte fra le malattie infettive.
• > 35 milioni di persone nel mondo sono attualmente affette dal virus HIV, e l’AIDS è
attualmente la principale causa di morte nell’Africa sub-Sahariana.

▪ Malattia infettiva (definizione)


• Condizione morbosa associata alla moltiplicazione di microbi (dai virus ai parassiti
multicellulari) nei tessuti dell’ospite.
• A volte, i microbi si moltiplicano sulla superficie o nel lume di organi cavi e producono
malattia producendo tossine che danneggiano le cellule (senza «invadere» i tessuti).
• A volte, i microbi possono causare malattia senza entrare di fatto in contatto con l’ospite,
ma attraverso le loro tossine (ad es. la tossina botulinica presente in alimenti non
correttamente manipolati).
Il nostro organismo è in realtà un meta-organismo
il numero totale di cellule microbiche (microbiota) presenti sulla cute e in altre zone anatomiche è
≈ 10 volte più alto del numero totale delle cellule che compongono il nostro corpo.

Quali sono le funzioni del microbiota?


Ancora largamente inesplorate; fra quelle
finora individuate:

▪usare i nutrienti disponibili e occupare una


nicchia ecologica → competizione con
agenti patogeni.

▪produrre sostanze antibatteriche tossiche


per gli agenti patogeni.

▪indurre una risposta immunitaria crociata


nei confronti di agenti patogeni.

▪contribuire al corretto sviluppo della


risposta immunitaria
Le malattie infettive sono causate da microbi «patogeni» e/o da microbi «opportunisti»

▪ Relativamente poche specie microbiche possono essere considerate «patogene».


▪ Fra le specie patogene, relativamente pochi cloni provocano malattia (ad es. streptococcus
pneumoniae penicillino-resistente, attualmente diffuso in tutto il mondo, deriva da pochi cloni
originatisi in Sudafrica e in Spagna).

▪ Le specie patogene hanno caratteristiche che favoriscono:


▪ la trasmissibilità
▪ la capacità di aderire alle superfici biologiche conferiscono la capacità di
▪ la capacità di invadere i tessuti determinare malattia
▪ la capacità di eludere le difese dell’ospite
fattori di virulenza
▪ Le specie opportuniste
▪ provocano malattia nell’ospite in cui i sistemi di difesa sono compromessi
▪ Modalità di infezione
▪ Contatto diretto (ad es. stafilococco)
▪ Via aerea (microbi responsabili delle malattie infettive dell’app. respiratorio)
▪ Acqua contaminata (ad es. giardia, febbre tifoide)
▪ Alimenti (ad es. tossine di stafilococcus aureus)
▪ Sangue (ad es. virus epatitici, HIV)
▪ Via sessuale (treponema, neisseria, clamidia)
▪ Altre (trasmissione in utero, trasmissione via artropodi,...)
Schema riassuntivo della risposta immunitaria: l’immunità innata

cellula tumorale;
cellula infettata da
microbi intracellulari

▪Le cellule NK riconoscono


direttamente ed eliminano
cellule anomale.
▪Si ritiene che sviluppino una
specifica modalità di
memoria, ponendosi al
confine fra immunità innata e
adattativa
natural killer

macrofago mastocita neutrofilo eosinofilo basofilo Cellula dendritica

▪Qualora l’ingaggio sia più severo,


▪Macrofagi e mastociti «residenti» sono le
▪I leucociti circolanti, principalmente assume maggiore rilievo il ruolo
prime cellule del sistema immunitario capaci
neutrofili, rispondono agli agenti patogeni in delle cellule dendritiche.
di rispondere all’ingaggio da parte di agenti
modo simile a quello di macrofagi e mastociti ▪Le DC, infatti, fagocitano gli agenti
patogeni.
e, in aggiunta, sostengono il reclutamento di patogeni e li degradano in modo
▪La risposta consiste nella fagocitosi, e nella
altri leucociti circolanti. da esporre sulla propria superficie
degranulazione di molecole con azione
strutture molecolari del patogeno
citotossica.
(antigeni).
▪Qualora l’ingaggio sia più severo, la risposta
▪Nella loro funzione di «cellule
di macrofagi e mastociti determina il
presentanti l’antigene» (APC), le
reclutamento di leucociti circolanti.
DC attiveranno le cellule
dell’immunità adattativa.
Schema riassuntivo della risposta immunitaria: l’immunità adattativa

-cellula tumorale
-cellula infetta da
microbo intracellulare
-batterio
Le cellule TCD8+ diventano CTL (linfociti T
citotossici)

Le DC migrano nei linfonodi, Le cellule TCD4+ (Th) attivate diventano Th1, Th2, Th17 e
dove attivano le cellule TCD8+ producono vari segnali molecolari (ad es. interleuchine,
(Tc) e le cellule TCD4+ (Th) chemochine) che influenzano il comportamento delle
cellule TCD8+ e delle cellule B.

Le DC migrano nei Le cellule B attivate Gli anticorpi hanno varie funzioni


linfonodi, dove diventano plasmacellule effettrici nei confronti degli agenti
attivano le cellule B produttrici di anticorpi patogeni
...com’è organizzato il sistema immunitario?

Nella situazione operativa più comune (agenti infettivi), sono presenti tre livelli che
operano in sequenza e in modo integrato ai fini della difesa e contrasto.

1. BARRIERE FISICHE: rivestimenti epiteliali superficiali; muco e altre secrezioni


contenenti molecole anti-microbiche; barriere anatomiche interne (pleura, peritoneo,
fasce etc). Modo d’azione: esclusione e/o confinamento.

2. IMMUNITÀ INNATA: i) cellule dell’immunità innata residenti nei tessuti e provenienti


dal sangue; ii) mediatori solubili (ad es. complemento, proteine fase acuta).
Modo d’azione: risposta pre-programmata e rapida, con ampia specificità conferita dal
riconoscimento PAMP/DAMP-PRR, (infiammazione acuta).

3. IMMUNITÀ ADATTATIVA: cellule dell’immunità adattativa (linfociti B e T).


Modo d’azione: le cellule B e T per mezzo di specifici recettori (BCR e TCR) riconoscono
strutture molecolari (antigeni) dell’agente patogeno. La risposta viene memorizzata.
barriere fisiche (anatomo-funzionali)

fattori meccanici: barriera fisica delle superfici epiteliali; ruolo delle ciglia, della peristalsi,
lacrime, saliva, muco.

fattori chimici: varie sostanze con attività antimicrobica presenti in


▪ sudore: acidi grassi e pH acido
▪ saliva, lacrime e secrezioni nasali: lisozima e fosfolipasi
▪ succo gastrico: pH acido
▪ apparato respiratorio: defensine (1) e surfattante (2).

fattori biologici: la normale flora (cutanea, gastroenterica) previene la colonizzazione da


parte di patogeni.

(1) piccole proteine cationiche che interagiscono con la membrana cellulare microbica, alterandola.
(2) complesso fosfolipoproteico secreto dalle cellule alveolari (classe II) che riduce la tensione
superficiale alveolare.
Cellule dell’immunità innata, e principali funzioni.
Fagociti circolanti, rapidamente reclutabili dal sangue; macrofagi
Neutrofili e monociti residenti. Via interazioni PAMP/DAMP-PRR riconoscono, fagocitano e
distruggono agenti infettivi e altro materiale.
Presenti nella maggior parte dei tessuti, hanno una ricca serie di
PRR. Funzione APC (antigen presenting cells): catturano materiale
Cellule dendritiche proteico, lo trasformano in antigeni peptidici posizionati sulla propria
superficie, e lo “presentano” alle cellule T per il riconoscimento da
parte dei TCR (T cell receptor).
Cellule natural killer Azione citotossica nei confronti di cellule infettate da virus e batteri
(NK) intracellulari, e di cellule tumorali.
Mastociti, cellule
In risposta ad agenti infettivi e segnali di danno rilasciano segnali
endoteliali, cellule
molecolari (mediatori dell’infiammazione).
epiteliali
Cellule ILC (innate Cellule simili a linfociti, ma con funzioni prevalenti di immunità
lymphoid cells) innata.
Sistemi molecolari dell’immunità innata, e principali funzioni
complemento lisi delle cellule bersaglio, opsonizzazione, effetti pro-infiammatori.
Proteine della fase Proteine plasmatiche la cui concentrazione varia in presenza di
acuta infiammazione.
Recettori dell’immunità innata

PRR. Fagociti, cellule dendritiche (e anche molti


tipi di cellule epiteliali) esprimono varie classi di
PRR capaci di rilevare la presenza di agenti
microbici (PAMP) e prodotti del danno cellulare
(DAMP).

Le quattro principali classi di PRR comprendono:


▪ TLR (Toll-like receptors), membrana plasmatica
ed endosomi, recettori di vari prodotti
microbici
▪ NLR (NOD-like receptors), recettori citosolici
per peptidoglicani e vari DAMP
▪ CLR (C-type lectin receptors), recettori di
membrana per polisaccaridi microbici
▪ RLR (RIG-like receptors), recettori citosolici per
acidi nucleici.

Nell’insieme, sono stati identificati circa 100 diversi PRR capaci di riconoscere circa 1000 PAMP/DAMP.
Nell’immunità adattativa, come si vedrà, ci sono solo due tipi di recettori (BCR e TCR), ma sono
presenti in milioni di varianti capaci di riconoscere altrettanti antigeni.
Interazioni PAMP-PRR
(pathogen-associated molecular patterns – pattern recognition receptors)

PAMP PRR localizzazione funzione


Recettori toll-like
Acidi lipoteicoici TLR2 Monociti, macrofagi, Attivazione dei fagociti,
LPS batterico TLR4 neutrofili, DC immature, produzione di citochine pro-
Flagellina batterica TLR5 cellule NK, alcune cellule T e infiammatorie, preparazione
Lipopeptidi di micoplasma TLR6 B, alcune cellule non immuni delle DC
ssRNA virale TLR7,8
dsRNA virale TLR3
DNA batterico (CpG non TLR9
metilate)

Monociti, macrofagi, DC,


Componenti parete batterica Recettori scavenger endotelio epatico Attivazione dei fagociti

Antigeni di cellule infette, Cellule NK Lisi cellula bersaglio,


stressate o tumorali Recettore NK produzione di citochine pro-
infiammatorie
Antigeni di cellule infette, cellule Tγδ Lisi cellula bersaglio,
stressate o danneggiate TCRγδ produzione di citochine pro-
infiammatorie
Antigeni glicolipidici Recettore NKT Cellule NKT produzione di citochine
PRM (solubili)

Polisaccaridi microbici Collectine (MBL), Proteine di plasma Attivazione del


fase acuta complemento, Fagocitosi

Peptidoglicani batterici Proteine NOD Citoplasma cellulare Produzione di citochine


...cosa accade in una cellula dell’immunità innata quando un PRR è
ingaggiato dal corrispondente PAMP/DAMP?

Si producono distinte risposte preprogrammate, che dipendono dalla tipologia dell’interazione PAMP-
DAMP/PRR e dal tipo di cellula.

TLR. Nel caso dell’attivazione


TLR, vengono avviati segnali
molecolari che portano
all’attivazione del programma
trascrizionale NFkB (produzione
di citochine e di molecole di
adesione ai fini del
reclutamento e dell’attivazione
di leucociti), e IRF (produzione
di citochine antivirali come IFN
di tipo I).
Recettori NLR e inflammasoma

Inflammasoma. Complesso proteico


che si forma nel citosol a seguito della
presenza di materiale da cellule morte
e di alcuni microbi. É costituito da una
proteina NLR, una proteina adattatrice
e dalla pro-caspasi 1, che viene attivata.
La caspasi 1 taglia la pro-IL1β (trascritta
a seguito dell’attivazione NFkB),
producendo la forma attiva IL1β.

Rilevanza patologica.
▪ Sindromi autoinfiammatorie
(condizione febbrile periodica
associata a mutazioni dominanti in
NLR).
▪ Urati (gotta), lipidi (obesità e diabete)
e cristalli di colesterolo (aterosclerosi)
possono attivare NLR, così
contribuendo all’infiammazione
associata a tali condizioni.
Infiammazione: Citochine, frammenti del complemento (e altri mediatori) prodotti
durante le reazioni dell’immunità innata attivano le modificazioni
vascolari e cellulari dell’infiammazione. I leucociti reclutati
eliminano i microbi e le cellule danneggiate.

Difesa antivirale: IFN di tipo I prodotti in risposta all’infezione virale agiscono su


cellule infette e non, determinando l’attivazione di enzimi che
degradano gli AN virali e inibiscono la replicazione virale: “stato
antivirale”.

Avvio e regolazione Produzione di segnali molecolari che avviano e stimolano la


della risposta risposta immunitaria adattativa.
adattativa
denominazione protagonisti azione

Contrasto di microbi
Umorale anticorpi (o immunoglobuline), e
extracellulari e delle loro
(o anticorpale) linfociti B (o cellule B)
tossine.

Cellulare Contrasto di microbi


Linfociti T (o cellule T)
(o cellulo-mediata) intracellulari.

Il riconoscimento dell’agente patogeno è effettuato da recettori delle cellule B (BCR) e T (TCR),


capaci di riconoscere una varietà pressoché illimitata di strutture molecolari chiamate antigeni.

Antigene: entità molecolare che si può legare a BCR o TCR.


É costituito generalmente da pochi residui peptidici o glicidici (epitopo) che fanno parte di
strutture molecolari più grandi appartenenti a un agente infettivo, a cellule tumorali, a materiale
inerte dannoso, o a un tessuto proprio (self).
Linfociti B Linfociti T
Riconoscono antigeni di varia natura (proteica, Riconoscono antigeni peptidici associati a molecole
glicidica, lipidica...) sia in fase fluida sia sulla MHC (pMHC) sulla superficie cellulare.
superficie cellulare.
▪ In particolare, in base alla tipologia di riconoscimento,
▪ Nelle condizioni appropriate, si attivano e si distinguono:
proliferano (espansione clonale). ▪ linfociti Th (T helper)
▪ linfociti Tc (T citotossici)
▪ Si differenziano in cellule effettrici, ▪ Nelle condizioni appropriate, si attivano, proliferano
plasmacellule, che producono anticorpi. (espansione clonale) e si differenziano in cellule
effettrici:
▪ Gli anticorpi:
▪ Th1 Produzione di citochine per la
▪ neutralizzano agenti microbici e tossine
Th ▪ Th2 regolazione della funzione di altre
▪ facilitano la fagocitosi cellule dell’immunità (T, B, MØ).
▪ Th17
▪ attivano il sistema complemento
CTL (linfociti T citotossici): eliminano cellule infette da
Tc
microbi intracellulari.

▪ Quando una cellula B o T viene attivata per la prima volta (risposta primaria), sarà prodotto un
clone di cellule effettrici che verranno eliminate al termine della risposta, e cellule B o T della
memoria a lunga vita.
▪ Quando una cellula B o T della memoria sarà attivata a seguito di un successivo incontro con
l’antigene (risposta secondaria), verrà di nuovo prodotto un clone di cellule effettrici e cellule B
o T della memoria.
TCR è formato da un eterodimero αβ (o γδ) e possiede una regione variabile (VDJ) ed una regione costante (C). La
regione variabile con le porzioni CDR1 e CDR2 riconosce MHC, mentre con la porzione CDR3 riconosce l’antigene
(p). Il complesso del TCR è formato dalle molecole CD3 e dalla coppia ζζ. Il BCR (o immunoglobulina di
membrana) è formato da due catene pesanti e due catene leggere. Ci sono 5 tipi possibili di catene pesanti
(α,γ,δ, μ,ε), e due tipi di catene leggere (κ e λ). Anche nel caso di BCR c’è il complesso del BCR, costituito da Igα e
Igβ. La regione Fab (sulle catene pesanti e su quelle leggere) riconosce l’antigene.
Come si genera una varietà pressoché illimitata di recettori BCR e TCR?

Il processo ha luogo durante la maturazione delle cellule B e T: Ricombinazione somatica. I geni che codificano
per BCR e TCR (≈400) sono presenti in tutte le cellule dell’organismo, ma solo i linfociti T e B contengono geni
ricombinati che derivano dall’azione di enzimi RAG-1 e RAG-2 -recombination activating genes).

Ricombinazione V-D-J (finalizzata alla sintesi di una


porzione del recettore BCR (catena pesante). Si noti
come il prodotto finale Vh-Dk-Jp-Cμ deriva da una
selezione casuale operata su molteplici segmenti che
vengono riarrangiati.

La combinazione fra molteplicità dei segmenti a


disposizione e scelta casuale è sufficiente a generare la
diversità recettoriale (107-109).

Ogni singola cella B o T prodotta (e le cellule che da essa


deriveranno, cioè nell’insieme il «clone» linfocitario), è
caratterizzata da una singola e specifica tipologia di
mRNA Vh-Dk-Jp-Cμ BCR (catena pesante) recettore BCR o TCR, presente in numerose copie sulla
superficie cellulare, e capace di riconoscere uno
Recettore BCR (catena pesante): ricombinazione V-D-J specifico antigene.
TCR, complesso del TCR, e co-recettori CD4 e CD8.

TCR. Il 90% delle cellule T ha recettori TCRαβ. Le catene α e β hanno


domini costanti C e variabili V (in questi ultimi sono presenti le regioni
ipervariabili derivanti dalla ricombinazione genica).

Complesso del TCR. É costituito da CD3 (catene γ, δ ed ε) e dalle


catene ζ. Il complesso trasmette all’interno della cellula il segnale
generato dal riconoscimento fra TCR e peptide antigenico associato
a MHC.

co-recettori CD4 e CD8


Ai fini dell’attivazione della cellula T, il
segnale trasmesso dal complesso del TCR
deve essere amplificato dall’interazione dei
co-recettori CD4 o CD8, rispettivamente con
le molecole MHC di classe II o di classe I alle
quali è associato il peptide antigenico.
Delle cellule T, il 60% esprime il recettore TCRαβ
assieme al co-recettore CD4, e riconosce peptidi
antigenici associati a MHC di classe II: cellule
TCD4+ o Th (a sinistra).

Il 30% delle cellule T esprime il recettore TCRαβ


assieme al co-recettore CD8, e riconosce peptidi
antigenici associati a MHC di classe I: cellule Tc o
TCD8+ (a destra).
cellula Th o TCD4+ cellula Tc o TCD8+
I segnali co-stimolatori e l’attivazione delle cellule Th *
▪ TCR, complesso del TCR e co-recettori CD4
determinano nell’insieme il riconoscimento
dell’antigene (segnale 1).
▪ Tuttavia, ai fini dell’attivazione ottimale delle cellule T,
è necessario il contributo di segnali co-stimolatori,
rappresentati dall’interazione fra recettore co-
stimolatore CD28 (sulla cellula T) e recettore
CD80/CD86 sulla cellula che presenta l’antigene pMHC
(APC) (segnale 2).
▪ Il segnale di co-stimolazione CD28-CD80/CD86
induce nella cellula T la sintesi di fattori di crescita e
proliferazione, e di Bcl2 anti-apoptotiche.
▪ Se al posto di CD28 la cellula T esprime CTLA-4 o PD-1,
queste competeranno per CD80/CD86 e l’effetto sarà
l’inibizione dell’attivazione della cellula T.
▪ NB: vi sono anche altre interazioni di co-stimolazione
(ad es fra CD2 della cellula T e LFA3 di APC):
nell’insieme, è la «sinapsi immunologica».

*L’attivazione delle cellule Tc avviene in modo simile, con la differenza che il segnale 1 è costituito
dal TCR che riconosce pMHC classe I, e dal co-recettore CD8 che riconosce MHC classe I.
linfociti T: generalità, principali tipi e funzioni

▪ Le cellule T si sviluppano nel timo, da precursori di derivazione midollare.


▪ Rappresentano il 60-70% dei linfociti circolanti.
▪ Riconoscono antigeni presentati da altre cellule mediante il recettore TCR (eterodimero αβ, con
porzione costante e porzione variabile).
▪ Il TCRαβ riconosce esclusivamente peptidi antigenici associati a molecole MHC (major
histocompatibility complex) sulla superficie di altre cellule (restrizione MHC).

Linfociti T helper (Th, ▪ Sono attivati da cellule APC che presentano pMHC di classe II
o TCD4+) ▪ Stimolano i linfociti B a produrre anticorpi
▪ Attivano la funzione microbicida dei fagociti professionali

Linfociti T citotossici (Tc, o ▪ Sono attivati da cellule APC che presentano pMHC di classe I
TCD8+) ▪ Uccidono le cellule infettate da microbi intracellulari

Linfociti T regolatori (Treg) Limitano la risposta immunitaria, e prevengono la risposta


immunitaria verso antigeni propri.
Cellule T, in base alle strutture molecolari impegnate nel riconoscimento antigenico
co- antigene quantità
TCR funzione
recettore riconosciuto relativa
Th (citochine per la
peptide associato a
cellule Th (TCD4+) TCRαβ CD4 60% funzione delle cellule B
MHC classe II
e dei MØ)

Tc (CTL) (uccidono
peptide associato a
cellule Tc (TCD8+) TCRαβ CD8 30% cellule infette da
MHC classe I
microbi intracellulari)

lipidi e glicolipidi
associati a MHC-
cellule Tγδ TCRγδ - - Immunità mucosale
like, o anche non
processati

TCRαβ glicolipidi associati


cellule NK-T - - Immunità mucosale
(invarianti) a CD1
linfociti B. Si sviluppano da precursori midollari, e sono il 10-20% dei linfociti circolanti.

• I recettori BCR sono IgM associate


alla membrana
• I recettori BCR riconoscono
antigeni peptidici, lipidici e
polisaccaridici sia solubili sia
associati alla superficie cellulare.
• Dopo l’attivazione, i linfociti B
daranno luogo alla formazione di
plasmacellule produttrici di
anticorpi.

Struttura dei BCR. Il BCR è costituito da una immunoglobulina (Ig) di membrana di tipo IgM (o IgD) che
riconosce l’antigene, e da un dimero associato (Igα-Igβ), con funzioni simili a quelle di CD3 delle cellule
T. CD21 (o CR2) è il co-recettore per frammenti del complemento derivati da C3, e promuove
l’attivazione delle cellule B (segnale 2).
Nel sistema immunitario più tipi cellulari denominati APC (cellule
presentanti l’antigene) sono capaci di catturare antigeni e presentarli
ai linfociti. Le cellule più importanti implicate nella presentazione di
antigeni peptidici alle cellule T sono le cellule dendritiche (DC).

▪ Le DC originano nel MO, e i precursori immaturi raggiungono tutti i


tessuti, dove risiedono come DC immature (iDC). Hanno molti
prolungamenti citoplasmatici, dotati di un’ampia varietà di PRR, che si
estendono a coprire un’ampia area.

▪ Le iDC campionano continuamente l’ambiente in cui risiedono (endocitosi e fagocitosi mediate dalle
interazioni PAMP-DAMP/PRR). In presenza di un agente infettivo, le iDC internalizzano il microbo e lo avviano
alla degradazione fagolisosomiale.
▪ Contemporaneamente, le iDC si muovono entrando nei vasi linfatici e migrano verso i linfonodi tributari
(seguendo il gradiente di chemochine come CCL19 e CCL21). Durante il viaggio, le iDC, dette DC convenzionali
migratorie, vanno incontro a maturazione:
▪ Elaborano pMHC (p = peptidi provenienti dalle proteine microbiche degradate) e li posizionano sulla
superficie cellulare.
▪ Elaborano e posizionano sulla superficie cellulare i segnali necessari per la co-stimolazione (ad es.
CD80/CD86).
▪ Le mDC raggiungono i linfonodi e, nella zona paracorticale, «presentano» pMHC alle cellule T.
▪ Altre popolazioni di DC (in aggiunta alle DC convenzionali migratorie)
▪ DC follicolari risiedono nei follicoli linfoidi, e catturano antigeni legati ad anticorpi o al complemento (hanno
recettori FcR per IgG e recettori per il frammento C3b). Presentano l’antigene alle cellule B, e selezionano le cellule
B con la più alta affinità fra BCR e antigene.
▪ DC plasmacitoidi, presenti in circolo e negli organi linfoidi sono la fonte principale di IFN di tipo I (risposta
antivirale).
Macrofagi nella risposta adattativa

Anche i macrofagi sondano il


microambiente del tessuto in cui si
trovano, avendo anch’essi un’ampia
varietà di recettori PRR.
▪ Come le DC, anche i MØ
fagocitano microbi, e producono
pMHC classe II (p = peptide di
provenienza microbica),
associandoli alla propria
superficie.
▪ I pMHC classe II saranno
presentati a cellule Th (effettrici o
della memoria).
▪ si iperattivano in risposta a
citochine di T attivati, e con le
citochine prodotte amplificano le
risposte di cellule T e B
(reciprocità)
Sistema MHC (sistema maggiore di istocompatibilità), noto anche come HLA (nell’uomo)
(sistema molecolare per la presentazione di antigeni peptidici alle cellule T)

- complessi proteici altamente polimorfici


- codificati da ≈200 geni sul cromosoma 6, raggruppati in tre classi:
- MHC classe I (HLA-A, HLA-B, HLA-C)
- MHC classe II (HLA-DP, HLA-DQ, HLA-DR)
- MHC classe III (componenti solubili: fattori del complemento, citochine)

L’elevato polimorfismo (migliaia di varianti), fa sì che le molecole MHC (classe I e II) di


ciascun individuo abbiano un certo grado di diversità rispetto alle molecole MHC di
ogni altro individuo (da grandi diversità fra soggetti non consanguinei, a diversità più
moderate fra consanguinei, fin quasi alla mancanza di diversità nei gemelli identici).
MHC classe I. Proteine espresse su tutte le cellule
nucleate (e sulle piastrine).
▪ eterodimeri formati da una catena α (codificata da
HLA-A, HLA-B, e HLA-C) e da β2-microglobulina. Il
peptide antigenico (in rosso) è associato alla
porzione extracellulare della catena α; il
polimorfismo in questa regione è alla base della
capacità di MHC classe I di legare peptidi diversi.

Funzione: presentazione di peptidi provenienti da proteine intracitoplasmatiche (normali e non). Le


proteine del citosol sono degradate nel sistema proteasomico → i peptidi risultanti sono trasportati nel
RE ed associati a MHC classe I e quindi a β2-microglobulina → il complesso p-MHC classe I è trasportato
sulla superficie cellulare → pMHC classe I è “ispezionabile” dalle cellule TCD8+.
Implicazioni:
▪ tutte le cellule nucleate possono essere infettate da virus, e quando le cellule infette presentano
sulla propria superficie p-MHC classe I (p = polipeptide derivante da una proteina virale), vengono
riconosciute dalle cellule TCD8+ ed eliminate.
▪ tutte le cellule nucleate possono diventare tumorali. Le cellule TCD8+ possono riconoscere le cellule
tumorali per la presenza di p-MHC classe I (dove p = polipeptide derivante da una proteina espressa
solo o prevalentemente dalla cellula tumorale).
MHC classe II. Espresse sulle APC (cellule presentanti
l’antigene) (DC, macrofagi, linfociti B). Eterodimeri α e β
codificati da HLA-DP, HLA-DQ, e HLA-DR. Il peptide
antigenico (in rosso) è associato sia ad α che a β. Il
polimorfismo in questa regione è alla base della capacità
di associare peptidi diversi.

Funzione: presentazione di antigeni che derivano da materiale proteico


internalizzato dalla cellula. Il materiale presente in fagosomi ed endosomi è digerito a
seguito della fusione lisosomiale; nelle vescicole stesse i peptidi risultanti sono
associati a MHC classe II e quindi trasportati sulla superficie, per essere presentati a
cellule TCD4+.
Implicazioni: quando una DC (o un macrofago) internalizza un microbo, la presenza di
p-MHC classe II sulla sua superficie è in grado di attivare una cellula TCD4+ che, con la
sua azione successiva, ottimizzerà l’eradicazione degli agenti infettivi.
Processazione dell’antigene,
formazione dei complessi pMHC, e
presentazione dell’antigene.

pMCH classe I. Le proteine del citosol


sono degradate nel proteasoma e
trasportate da TAP nel RE. Dopo la loro
formazione, pMHC classe I
pervengono sulla superficie cellulare
(tutte le cellule nucleate).
pMHC classe II. Il materiale proteico di
provenienza extracellulare viene
internalizzato in endosomi o in fagosomi
dalle APC (DC, MØ, B). Con la riduzione
del pH, le proteasi di derivazione
lisosomiale digeriscono le proteine in
corti polipeptidi. Dopo la fusione con
vescicole contenenti MHC II, si formano
pMHC II, e i complessi sono trasportati
sulla superficie cellulare.
Linfociti NK. 5-10% dei linfociti circolanti, uccidono cellule anomale (ad es. tumorali) e/o
infette (ad es. da virus). Sono capaci di riconoscere le cellule da eliminare, ma non lo fanno
tramite recettori BCR o TCR.
Linfociti NK: caratteristiche e funzioni
Regolazione Dipende dall’equilibrio fra recettori
dell’attività di attivazione (ad es. NKG2D) e
citotossica recettori di inibizione (recettori per
MHC di classe I). La cellula normale,
esprimendo MHC classe I sulla
propria superficie, ingaggia i
recettori di inibizione, e non viene
uccisa. Al contrario, una cellula
infettata da virus (e anche le cellule
tumorali) aumenta l’espressione di
ligandi per i recettori di attivazione
delle NK, e riduce l’espressione di
MHC classe I sulla superficie,
venendo così uccisa.
citochine Producono IFN-γ (attivazione dei
MØ), e proliferano in risposta a varie
citochine
Recettori Citotossicità cellulo-mediata
per Fc di anticorpo-dipendente.
IgG
Organi, cellule, e organizzazione generale del sistema immunitario adattativo
2 x1012 linfociti (1), distribuiti in organi linfoidi primari e secondari, capaci di riconoscere
107-109 strutture antigeniche diverse.

organi linfoidi primari


midollo, e timo, dove i progenitori linfoidi
proliferano e si differenziano in linfociti B (midollo)
e linfociti T (timo) maturi (naive, o vergini), dotati
di recettori di membrana (BCR, TCR) per specifici
antigeni. Attraverso la circolazione, i linfociti B e T
maturi raggiungono gli
organi linfoidi secondari
linfonodi, milza, e tessuti linfoidi associati a varie
sedi anatomiche. Qui, i linfociti maturi possono
NALT (nasal-associated lymphoid tissue). SALT (Skin-associated incontrare l’antigene specifico che sono abilitati a
lymphoid tissue). GALT (gut-associated lymphoid tissue). BALT
(bronchial-associated lymphoid tissue riconoscere, e attivarsi.

(1) massa paragonabile a quella del fegato o del cervello, necessaria per l’ampiezza delle superfici da
presidiare (cute, 2 mq; mucose respiratorie e intestinali, 100 e 400 mq).
il viaggio dei linfociti fra sangue e tessuti linfoidi: la ricircolazione linfocitaria

Il numero dei linfociti naive per un dato antigene è molto basso (1/105-106); per aumentare la
probabilità di incontro, i linfociti continuamente ricircolano fra sangue e organi linfoidi (dove
avviene il contatto con l’antigene).
distribuzione dei linfociti B e T nei linfonodi

Incontro con l’antigene e attivazione A seguito dell’incontro con l’antigene, le cellule B


o T mature si attivano, proliferano, e si differenziano in cellule effettrici (a vita breve) e
cellule della memoria (a vita lunga).
citochine nella risposta immunitaria

cellule produttrici effetti funzionali


citochine
(principali) (principali)
TNF, IL-1, IL-12, MØ, DC, NK, cellule
Immunità Indurre l’infiammazione e inibire la
innata
IFN tipo I, IFN-γ, e endoteliali e cellule
replicazione virale
chemochine epiteliali

Promuovere proliferazione e
IL-2, IL-4, IL-5,
TCD4+ attivati differenziazione dei linfociti, e
Immunità IL-17, e IFN-γ
adattativa attivare cellule effettrici.
Limitare e terminare la risposta
IL-10, TGF-β MØ, Treg
immunitaria.

Implicazioni: la conoscenza dei segnali molecolari coinvolti nella determinazione della


risposta immunitaria ha importanti implicazioni terapeutiche: molti farmaci che
antagonizzano l’attività di citochine sono attualmente progettati (alcuni usati) per il
controllo di patologie su base immuno-infiammatoria.
Schema generale delle fasi della risposta immunitaria adattativa
Presentazione ▪ le APC (DC) presentano pMHC alle cellule T, selezionando e attivando il clone
dell’antigene cellulare che tramite TCR riconosce specificamente l’antigene presentato.
▪ le cellule B riconoscono antigeni di varia natura chimica, sia liberi sia associati a
cellule.
Attivazione linfocitaria ▪ Durante la risposta innata, le DC a seguito dell’interazione PAMP-PRR presentano
sulla propria superficie molecole di costimolazione (ad es CD80/CD86), che saranno
riconosciuti da recettori di superficie delle cellule T (ad es CD28) naive. Per
l’attivazione di una cellula T sono quindi necessarie le interazioni: pMHC-TCR (segnale
1), e segnali di costimolazione (segnale 2). Si noti che la DC presenta il segnale 2 solo
se è stata attivata da PAMP/PRR (cioè ha riconosciuto un’infezione microbica). Nella
risposta nei confronti di cellule tumorali, il segnale 2 può derivare dall’interazione
DAMP/PRR.
▪ Attivazione dei linfociti B, e produzione di anticorpi.

Eliminazione ▪ attivazione dei linfociti T, espansione clonale, ed eliminazione dell’antigene (microbi


dell’antigene intracellulari; immunità cellulo-mediata o cellulare).
▪ Attivazione dei linfociti B, espansione clonale, ed eliminazione dell’antigene (microbi
extracellulari; immunità umorale).

Declino della risposta ▪ le cellule effettrici prodotte durante la risposta muoiono dopo l’eliminazione del
immune, e memoria microbo (apoptosi).
immunitaria. ▪ Memoria immunologica: l’iniziale attivazione linfocitaria genera anche cellule a
lunga sopravvivenza (in pratica, aumenta il numero dei linfociti capaci di riconoscere
l’antigene incontrato). Inoltre, nell’eventualità di un incontro successivo con
l’antigene, le cellule della memoria rispondono con maggior rapidità ed efficacia
rispetto alle cellule naive.
Attivazione e funzione delle cellule TCD4+: aspetti di maggiore rilievo

Espansione clonale, con Nel processo di attivazione le TCD4+ secernono IL2 e al contempo espongono
produzione di cellule sulla propria superficie IL2R: l’effetto è quello della proliferazione con aumento
effettrici e cellule della del numero di cellule TCD4+ capaci di riconoscere l’antigene attivante.
memoria.

cellule effettrici ▪ svolgono funzioni nell’organo linfoide (vedi)


▪ entrano in circolo, raggiungono la sede del processo che ne ha originato
l’attivazione, e agiscono ai fini della distruzione dell’antigene.

sottotipi di cellule ▪ Th1


effettrici ▪ Th2
▪ Th17

Interazione del ▪ TCD4+ naive-DC: effetto di costimolazione per la TCD4+, e di completamento


recettore CD40L (cellula della maturazione della DC (DC autorizzata).
TCD4+) con il recettore ▪ TCD4+ effettrice-cellula B: completamento dell’attivazione della cellula B
CD40 (cellula partner)* (switch isotipico e maturazione dell’affinità).
▪ TCD4+ effettrice-macrofago: in aggiunta all’azione di IFNγ, determina
attivazione (classica) dei macrofagi.

* si ricordi che questa interazione si aggiunge a quella fra TCR e pMHC classe II e a quella fra CD4 e MHC classe II
In relazione:
▪ alla modalità con cui la DC è stata
attivata ed è maturata
▪ alle citochine prodotte dalla DC al
momento dell’attivazione della
cellula T
possono svilupparsi tre tipi di Th,
funzionalmente distinti:
Th1, Th2, Th17.

citochine inducenti IFNγ, IL12 IL4 TGFβ, IL1, IL6, IL23

citochine prodotte IFNγ IL4, IL5, IL13 IL17, IL22, chemochine


attivazione di macrofagi, e attivazione di mastociti e di
risposte effettrici produzione di IgG eosinofili, produzione di IgE
reclutamento PMN

contrasto di microbi contrasto di microbi


ruolo benefico intracellulari contrasto di elminti
extracellulari, e funghi

ruolo patologico
(in caso di reazione infiammazione cronica infiammazione cronica
immuno-mediata (spesso allergie immuno-mediata (spesso
eccessiva / non autoimmunità) autoimmunità)
controllata)
Dopo l’attivazione da parte di una DC autorizzata, una
cellula TC naive prolifera e si differenzia in cellule pre-
CTL, che lasciano il linfonodo per dirigersi al sito di
attacco dell’agente patogeno.
In tale sede, IL12, IL6 e IFNγ (da macrofagi e DC)
inducono la differenziazione dei pre-CTL in CTL
«armati». Questo processo si compie in 24-48 h
dall’attivazione della TC naive.

I CTL «armati» che incontrano l’appropriato pMHC classe


I sulle cellule dell’ospite le identificano come bersaglio e
ne determinano la morte (apoptosi)
▪ rilasciando il contenuto di granuli (perforina e serin-
proteasi)
▪ ingaggiando il recettore Fas
▪ rilasciando TNF
Dopo attivazione, le cellule B naive diventano plasmacellule (PC), che possono produrre vari tipi di
anticorpi (Ab) con distinte funzioni.

Immunità umorale. Un linfocita B naive riconosce l’antigene e –sotto l’influenza di Th (o di altri stimoli)- prolifera e
si differenzia in PC anticorpo-secernenti. In alcuni casi, le PC producono Ab IgM, con catena pesante uguale a quella
del BCR (IgM). In altri casi, durante il processo di differenziazione, la cellula B attivata modifica la catena pesante del
recettore BCR, che diventa IgG (switch isotipico) e così diventerà una PC che produce IgG. Durante il processo di
maturazione, la B attivata può migliorare l’affinità del proprio recettore per l’antigene, producendo IgG con più alta
affinità per l’antigene (da queste cellule deriveranno le cellule della memoria). Il cambiamento isotipico può dare
luogo a IgA (Ab secretori, immunità mucosale) e a IgE (Ab per l’attivazione di mastociti ed eosinofili (non mostrato).
Una cellula B naive può riconoscere antigeni peptidici, lipidici e polisaccaridici sia solubili sia
associati alla superficie cellulare: che tipo di PC diventerà dopo l’attivazione dipende
largamente dal tipo di antigene responsabile.

tipo di antigene meccanismo di attivazione effetto


Antigeni polisaccaridici e lipidici Per la loro struttura, epitopi ripetuti La cellula B produrrà PC a vita
(spesso costituiti da più epitopi ingaggiano più BCR sulla cellula B, breve, produttrici di IgM.
identici ripetuti, non possono attivandola (attivazione T-
essere riconosciuti da cellule T). indipendente)

Antigeni proteici ▪ La cellula B riconosce un epitopo ▪ Nel coniugato B-T, per effetto
peptidico tramite BCR dell’interazione CD40-CD40L e
▪ internalizza l’intera proteina dell’azione di citochine (IFNγ e
(endosoma) e la processa per IL4), avranno luogo i processi di
produrre pMHC classe II sulla switch isotipico e di maturazione
propria superficie. dell’affinità, allo scopo di variare
▪ una cellula Th effettrice riconosce e migliorare la qualità della
pMHC classe II, e si formerà così risposta anticorpale.
un coniugato B-T (attivazione T- ▪ Le PC che deriveranno saranno a
dipendente). vita lunga, migreranno nel MO e
per molto tempo produrranno
Ab.
▪ Si produrranno anche cellule della
memoria.
come la cellula B risponde
ad antigeni Td

altre cellule B modificano la struttura del BCR, aumentandone


alcune cellule B si differenziano l’affinità per l’antigene (ipermutazione somatica e maturazione
in PLASMACELLULE A VITA BREVE dell’affinità). Sopravvivono le cellule che hanno un’affinità
(t/2= 4 gg), che producono IgM aumentata nei confronti dell’antigene. Inoltre, le cellule
e non formano cellule della eseguono anche lo scambio isotipico (cioè cambiano la natura
memoria (analogamente alle dell’anticorpo prodotto: da IgM a IgG, IgA, IgE). Da queste
cellule B attivate da antigeni Ti) cellule derivano: (i) plasmacellule a vita lunga (terminali), e (ii)
cellule B della memoria.

Le PLASMACELLULE A VITA LUNGA migrano (in Le CELLULE B DELLA MEMORIA (a vita lunga) hanno BCR
genere nel MO) e producono (anche per con un’affinità maggiore per l’antigene, un maggior
diversi mesi) anticorpi ad alta affinità. numero di molecole di adesione, e possono
funzionare da APC per cellule Th di memoria. Di
conseguenza, la risposta immunitaria secondaria è
molto più rapida ed efficace di quella primaria.
Fab Struttura degli anticorpi: catene leggere (rosa) e
catene pesanti (azzurro).
Le regioni più chiare, costituite dai domini variabili,
interagiscono con l’antigene. Le regioni più scure
(domini costanti), sostengono le funzioni effettrici
degli anticorpi.

Fc

Funzioni effettrici degli anticorpi

neutralizzazione Alcuni virus, tossine batteriche, e veleni producono un danno legandosi alla
superficie cellulare. Un anticorpo neutralizzante impedisce fisicamente
all’agente patogeno di interagire con la cellula e di provocare un danno.

attivazione del complemento Se un agente patogeno è rivestito da anticorpi IgG o IgM, si avvia l’attivazione
(via classica) del complemento, con formazione di MAC e reazione infiammatoria.

opsonizzazione Gli anticorpi rivestono l’antigene e facilitano il riconoscimento dell’agente


patogeno da parte dei fagociti (che sono dotati di recettori FcR)

citotossicità cellulo-mediata Un agente patogeno troppo grande per essere fagocitato è ucciso da cellule con
anticorpo-dipendente (ADCC) capacità citotossica (NK, eosinofili) che possiedono recettori FcR.
proprietà delle principali classi di anticorpi (isotipi) umani

IgM IgD IgG IgA IgE


catene pesanti μ δ γ α ε

% Ig circolanti 10 <1 75 15 <1

attraversamento
no no sì no no
placenta

legano macrofagi e
no no sì no no
neutrofili*

legano mastociti e
no no no no sì
basofili*

*Le cellule indicate hanno recettori per il frammento Fc (catena pesante)


La memoria immunitaria (cellule Th, Tc, e B)

Cellule Th e Tc
della memoria

meccanismo di formazione
▪ modello lineare: derivano da una (piccola) quota di cellule effettrici che resistono all’apoptosi.
▪ modello divergente: seguono una via maturativa diversa da quella delle cellule effettrici.

La risposta al riconoscimento antigenico è più veloce ed efficiente della risposta alle cellule naive, grazie a
varie caratteristiche fenotipiche:
▪ lunga sopravvivenza: diversamente dalle cellule effettrici, la sopravvivenza delle cellule della memoria
non dipende dal riconoscimento antigenico, ma è legata all’effetto di citochine come IL7 e IL15 che
aumentano l’espressione di proteine anti-apoptotiche.
▪ capacità di autorinnovamento (citochine?)
▪ modificazioni epigenetiche: accessibilità dei loci genici coinvolti nella risposta immunitaria
▪ dislocazione anatomica: le cellule della memoria possono localizzarsi nei tessuti periferici, nelle sedi di
attivazione della risposta immunitaria.

Cellule B della
memoria

▪ Derivano dalle cellule B che, sotto la guida di Th, hanno effettuato la maturazione dell’affinità
(ipermutazione somatica), e quindi sono in grado di riconoscere con molta più efficienza l’antigene che ha
determinato l’attivazione della corrispondente cellula naive.
Mancata risposta del sistema adattativo ad un determinato antigene, causata da una
tolleranza immunitaria
precedente esposizione allo stesso.

Principi della tolleranza, e loro basi biologiche

Regola generale: I linfociti con BCR/TCR capace di riconoscere antigeni propri (autoreattivi) vengono:
gli antigeni self sono tollerati ▪ eliminati
▪ inattivati
▪ indotti a modificare la propria specificità (cellule B )

La tolleranza viene generata ▪ Tolleranza centrale: i linfociti autoreattivi vengono eliminati nel MO o nel timo.
negli organi linfoidi centrali ▪ Tolleranza periferica:
durante il processo di ▪ i linfociti autoreattivi vengono eliminati o resi incapaci di attivarsi in un
maturazione, e in quelli incontro successivo con l’antigene (anergia).
periferici. ▪ i linfociti Treg inibiscono attivamente i linfociti autoreattivi.

Alcuni antigeni self sono In alcune sedi, specifiche barriere anatomiche (santuari) sequestrano gli antigeni
nascosti al sistema self (occhio, testicolo).
immunitario

La tolleranza (periferica) può La presentazione di antigeni non-self in assenza di segnali di costimolazione può
essere indotta anche da indurre tolleranza periferica (microbi, alcuni tumori).
antigeni non-self

Rilevanza clinica della ▪ alterazioni dei meccanismi della tolleranza determinano malattie autoimmuni.
tolleranza ▪ i meccanismi della tolleranza possono essere sfruttati terapeuticamente ai fini
del contenimento di reazioni immunitarie eccessive.
Sviluppo delle cellule T nel timo, e
tolleranza centrale.
Precursori della linea T arrivano nella
corticale timica e iniziano il
riarrangiamento dei geni TCR.
Selezione positiva: sopravvivono solo
le T immature CD4+CD8+ (doppio-
positive) con recettori capaci di
riconoscere MHC self sulle cellule
epiteliali corticali.
Selezione negativa: a livello della
giunzione cortico-midollare, le cellule
T sondano antigeni self pMHC I e
pMHC II presentati da DC e MØ. Nel
caso di riconoscimento ad alta affinità
le cellule T muoiono per apoptosi.
Il riconoscimento a bassa affinità del
self, assieme alla repressione
dell’espressione di CD4 o di CD8,
produce cellule T naive CD4+ o CD8+
capaci di “tollerare” gli antigeni self, e
di riconoscere antigeni non-self
presentati dal MHC.
Si ritiene che solo l’1% delle T superi i
processi selettivi.
Tolleranza centrale e tolleranza periferica
Nella tolleranza centrale, il processo di selezione negativa nel timo elimina i linfociti immaturi che riconoscono con
forza l’antigene self presentato....

Ma da dove vengono gli antigeni self presentati dalle cellule del timo, e come vengono eliminati i
linfociti immaturi che li riconoscono?

Gli Ag self provengono:


▪ dalle proteine circolanti, internalizzate dalle DC del timo e presentate come pMHC classe II
▪ dalle stesse cellule del timo che hanno la specifica proprietà di presentare pMHC di classe I in cui
«p» deriva anche da proteine espresse usualmente in altre sedi dell’organismo (programma
trascrizionale AIRE).
▪ I linfociti immaturi che riconoscono con forza l’antigene self muoiono per apoptosi.

Ma che succede nel caso che Ag self non


vengano presentati alle T immature, e
quindi T mature e capaci di riconoscere
Ag self (autoreattive) escono dal timo?
Tolleranza periferica!

Anergia Se il TCR di una TCD4+ è stimolato in modo persistente (segnale 1) ma mancano


segnali di costimolazione, la TCD4+ diventa anergica (non responsiva nei confronti
dei segnali provenienti dal TCR).

Delezione (morte Le cellule T che riconoscono antigeni self con alta affinità (o che sono
cellulare) ripetutamente stimolati da Ag persistenti), muoiono per apoptosi in assenza di
segnali di costimolazione.

Inibizione da Treg ▪ Le cellule Treg nascono nel timo e hanno un TCR con affinità intermedia per Ag
self
▪ in alternativa, le Treg si formano in periferia incontrando antigeni self o non self
in assenza di attivazione dell’immunità innata.
▪ le Treg:
▪ inibiscono la capacità di presentazione dell’antigene delle DC (via CTLA-4)
▪ producono citochine immunosoppressive (TGFβ e IL10).
Le cellule Treg: modello di funzionamento

Th naive con TCR Th naive con TCR Th naive con TCR ad


ad alta affinità per ad alta affinità per affinità intermedia
pMHC self pMHC non self per pMHC self (Treg)

Attivazione in Th Attivazione delle Treg


effettrici da parte a seguito dell’incontro
di mDC con pMHC self

Le Th effettrici Le Treg effettrici


agiscono riconoscendo inibiscono la funzione
pMHC non self delle Th effettrici

Quando pMHC non self è


Le Th effettrici inibiscono le Treg eliminato, le Th effettrici
fino a quando è presente pMHC rilasciano l’inibizione sulle Treg, e
non self. queste inibiscono le Th effettrici.
IMMUNOLOGIA & IMMUNOPATOLOGIA

BENEFICI POTENZIALI DANNI


Analogamente a quanto
▪ Se la risposta
detto per
immunitaria non è
l’infiammazione, la
adeguatamente
risposta immunitaria
controllata e/o è
ottimizza l’eradicazione
diretta verso i tessuti
dei patogeni, ed è
propri è responsabile
controllata per non
di danno immuno-
provocare eccessivi
mediato.
danni ai tessuti
dell’ospite.
▪ Se la risposta immunitaria è
deficitaria, insorgono gravi
malattie (immunodeficienza).
Il danno immuno-mediato: La risposta immunitaria è innescata o mantenuta in modo improprio

a) nei confronti di ANTIGENI MICROBICI


- reazioni eccessive o persistenza di antigeni microbici
-gli anticorpi, legandosi agli antigeni, possono dar luogo alla formazione di «complessi immuni» che si localizzano nei tessuti
e inducono infiammazione;
-le risposte cellulo-mediate nei confronti di antigeni persistenti danneggiano i tessuti e inducono infiammazione.
-reattività crociata: la risposta umorale/cellulare nei confronti di antigeni microbici colpisce anche antigeni dell’ospite.

b) nei confronti di ANTIGENI AMBIENTALI


Nel 20% della popolazione, c’è una predisposizione genetica a sviluppare una forte risposta immunitaria verso comuni
antigeni presenti nell’ambiente (pollini, acaro della polvere etc).

c) nei confronti di AUTOANTIGENI


una deficienza dei meccanismi di tolleranza è alla base di reazioni immunitarie contro cellule e tessuti del proprio stesso
organismo (malattie autoimmuni).

In tutte le condizioni sopra descritte, è difficile (o impossibile) eliminare gli antigeni

Le malattie associate a danno immuno-mediato tendono ad essere croniche (e debilitanti).


Componente fondamentale del quadro patologico è l’infiammazione cronica (MALATTIE
INFIAMMATORIE SU BASE IMMUNITARIA).
Danno immuno-mediato: i meccanismi (1).
I meccanismi effettori finali dell’immunità adattativa sono quelli dell’immunità innata, e quindi il danno
immuno-mediato è conseguente ad un’attivazione inappropriata dei sistemi dell’immunità innata da
parte di....

anticorpi
Un anticorpo è in pratica una
molecola adattatrice che lega
l’antigene al recettore di una
cellula effettrice, che dirigerà la
sua risposta nei confronti del
bersaglio. La capacità di
attivare il complemento (IgM e
IgG) migliorerà la capacità di
identificazione del bersaglio.

I recettori FcR delle cellule dell’immunità innata hanno un ruolo centrale:*


▪ FcγR (recettore per la catena pesante γ delle IgG)
▪ classe ampia di recettori espressi su fagociti (PMN, MØ), piastrine, mastociti, eosinofili e NK.
▪ i complessi IgG- FcγR avviano un programma ampio (non univoco) di risposte cellulari che vanno dalla fagocitosi
(PMN e MØ), alla citotossicità (NK), all’aggregazione piastrinica e trombosi (piastrine).
▪ FcεR (recettore per la catena pesante ε delle IgE)
▪ recettori espressi su mastociti, basofili, ed eosinofili attivati.
▪ legano IgE monomeriche che -ingaggiate da antigeni multivalenti- avviano risposte effettrici (allergia).

*Si consideri che le cellule dell’immunità innata esprimono sia FcR attivatori che FcR inibitori, per cui la risposta
cellulare ad uno stimolo deriva in realtà dal bilancio dell’azione di recettori attivatori e recettori inibitori.
Danno immuno-mediato: i meccanismi (2).

I meccanismi effettori finali dell’immunità adattativa sono quelli dell’immunità innata, e quindi il danno
immuno-mediato è conseguente ad un’attivazione inappropriata dei sistemi dell’immunità innata da
parte di....

cellule T le cellule T (in aggiunta agli anticorpi) possono provocare un danno tessutale:
▪ quando una T di memoria è esposta all’antigene, rilascia citochine e chemochine che attivano le
cellule endoteliali e reclutano e attivano cellule dell’immunità innata.

▪ Il danno tessutale può derivare dalle citochine prodotte dalle cellule effettrici (e quindi dalle
cellule dell’immunità innata da esse attivate), o dall’azione diretta di CTL.

▪ Th1: mediante la produzione di IFNγ attivano i macrofagi (attivazione classica), con


conseguente danno tessutale.

▪ Th2: mediante la produzione di IL4, IL5 ed eotassina, reclutano e attivano eosinofili, con
conseguente danno tessutale.

▪ Th17: producono IL17, che recluta e attiva PMN, con conseguente danno tessutale.

▪ Tc: differenziandosi in CTL possono determinare danno tessutale uccidendo direttamente


le cellule identificate come bersaglio
Il danno immuno-mediato: REAZIONI DI IPERSENSIBILITÀ
«Ipersensibilità» è un termine generico che indica una risposta immunitaria adattativa eccessiva e
dannosa; le reazioni di ipersensibilità sono classificate in base ai meccanismi effettori implicati (ovvero
in base ai meccanismi prevalenti con cui si determina il danno).
reazioni di ipersensibilità tipo I-IV
tipo tipo I tipo II tipo III tipo IV
(altri nomi) (immediata, allergia) (da anticorpi) (da immunocomplessi) (ritardata, cellulo-mediata)
agente
IgE IgG o IgM IgG o IgM cellule T, macrofagi
effettore

insorgenza dei
< 1- 30 min 5-8 h 4-6 h 24-72 h
sintomi

meccanismo IgE legate sulla IgG o IgM legano Si formano cellule T effettrici
superficie di mastociti antigeni sulla immunocomplessi che producono IFNγ e (e altre
e basofili reagiscono superficie attivano il complemento; citochine) che iperattivano i
con allergeni e cellulare. la cellula attivazione dei fagociti; macrofagi.
determinano muore per produzione di mediatori
degranulazione. fagocitosi e/o per dell’infiammazione.
azione del MAC
e/o per ADCC.

esempi asma, febbre da


AR, LES (alcune
fieno, orticaria, anemia emolitica tubercolosi, lebbra.
forme)
allergie alimentari.

ADCC, citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente; AR, artrite reumatoide; LES, Lupus eritematosus sistemico.
Ipersensibilità di tipo I
(ipersensibilità immediata, ipersensibilità IgE-mediata)

Gli allergeni (in genere proteine


Più nota come allergia, si determina in solubili) appartengono a sostanze più
grandi (pollini, forfora di animali )
soggetti che -per motivi ignoti- effettuano
un’intensa risposta Th2 con produzione di IgE
contro antigeni (detti allergeni) presenti Api m 1 veleno d’api
nell’ambiente e normalmente innocui per la Ara h 2 arachidi
maggior parte degli individui. (1)
Bet v 1 polline di betulla
Nei mastociti, le IgE determinano il rilascio Can f 1 peli di cane
dei mediatori responsabili delle
Der p 1 acaro della polvere
manifestazioni cliniche della reazione.
Pen a 1 gamberetti

manifestazioni cliniche delle reazioni di ipersensibilità di tipo I


▪ reazioni locali
▪ Cute: dermatite atopica (eczema); orticaria atopica
▪ Mucose: febbre da fieno, congiuntivite allergica, gastroenterite
allergica, asma bronchiale
▪ Reazione sistemica: anafilassi (la reazione interessa l’intero organismo)

(1) La maggior parte degli individui produce anticorpi IgM, IgG o IgA nei confronti degli allergeni con cui viene in
contatto, rimuovendoli in modo asintomatico.
Ipersensibilità di tipo I (ipersensibilità immediata)
(nell’esempio, allergia a pollini)
Attivazione dei linfociti Th2 con produzione di IgE. Gli
allergeni attivano una forte risposta Th2. I linfociti Th2
attivati secernono varie citochine: IL-4 stimola lo scambio
isotipico che determina la produzione di IgE; IL-5 attiva gli
eosinofili che vengono reclutati nella sede di reazione; IL-13
agisce sulle cellule epiteliali stimolando la secrezione
mucosa (l’azione di IL5 e IL13 non è mostrata in figura).
Sensibilizzazione dei mastociti da parte delle IgE. I mastociti
(spesso residenti in prossimità di vasi sanguigni e nervi e in
localizzazioni subepiteliali) esprimono il recettore FCεRI che
lega le IgE, e diventano “sensibilizzati” a reagire se
l’allergene si lega all’anticorpo.

Attivazione dei mastociti e rilascio di mediatori. Quando un


soggetto precedentemente sensibilizzato dall’esposizione ad un
allergene viene ad esso nuovamente esposto, l’allergene lega più
molecole di IgE allergene-specifiche presenti sulla membrana dei
mastociti localizzati nella sede d’ingresso dell’allergene o in
prossimità di essa. Il legame delle IgE attiva nei mastociti una
catena di segnali biochimici intracellulari che culmina nella
secrezione di vari mediatori.

Risposta immediata e reazione tardiva. I mediatori rilasciati sono


responsabili di una risposta immediata (entro 5-30 min) e di una
reazione tardiva (entro 2-8 h). La risposta immediata termina
entro 60 min, quella tardiva può persistere per giorni.
Attivazione dei mastociti e rilascio dei mediatori

mediatori rilasciati da depositi granulari


▪ istamina: vasodilatazione, aumentata permeabilità
vasale, spasmo delle cellule muscolari lisce, e aumentata
secrezione di muco.
▪ adenosina: broncospasmo, e inibizione dell’aggregazione
piastrinica.
▪ fattori chemiotattici: per neutrofili (NCF) ed eosinofili
(ECF)
▪ proteasi neutre: danno tessutale, attivazione chinine e
attivazione del complemento.

mediatori lipidici neosintetizzati


▪ prostaglandina D2: intenso broncospasmo ed aumentata
secrezione di muco.
▪ LTC4, LTD4: aumento della permeabilità vasale e
broncospasmo.
▪ LTB4: chemiotassi di neutrofili, eosinofili e monociti.

citochine
I mastociti secernono citochine che causano le reazioni
della fase tardiva:
▪ TNF, e chemochine: reclutamento di leucociti.
▪ IL-4, IL-5: amplificazione delle reazioni immunologiche
iniziate dai linfociti Th2.
▪ IL-13: stimola la secrezione mucosa nelle cellule
epiteliali.
Ipersensibilità di tipo II (da anticorpi)

Il danno è sostenuto da anticorpi (IgG o IgM) che, legando antigeni in genere presenti sulla superficie
cellulare, determinano nella maggior parte dei casi un effetto citotossico (citotossicità anticorpo-
dipendente).

▪ Natura dell’antigene
• molecola non self (ad es. metabolita di un farmaco, catturato sulla sede interessata)
• molecola self (normale costituente della sede interessata, malattia auto-immunitaria)
▪ Localizzazione dell’antigene
• su cellule in movimento (globuli rossi, leucociti, piastrine)
• su cellule fisse (o su componenti non cellulari dei tessuti)
1
Meccanismi patogenetici del danno anticorpo-mediato

antigene su cellule citotossicità anticorpo-dipendente


in movimento (opsonizzazione e fagocitosi)

antigene su cellule attivazione del complemento e


fisse infiammazione

(1) in alcuni casi, il danno non è mediato da citotossicità, ma consiste in disfunzioni cellulari (miastenia
grave, morbo di Graves).
(A) antigene su cellule mobili
(ad es. globuli rossi).

IgM riconoscono antigeni sui GR (1),


attivano il complemento e C3b si
accumula sui GR (2), con lisi cellulare da
MAC (3) ma soprattutto, eliminazione
per fagocitosi da parte delle cellule di
Kupffer del fegato (4) o per ADCC da
parte dei macrofagi della milza (5).

(B) antigene su cellule fisse


(ad es. cellule renali).

IgG attivano il complemento (1), con


citolisi (MAC)(2), e rilascio di mediatori
(C3a e C5a) che richiamano e attivano
neutrofili che determinano citotossicità
mediante ADCC (3). Anche le cellule NK
possono determinare ADCC (4).
esempi di malattie mediate da reazioni di ipersensibilità di tipo II
malattia antigene patogenesi caratteristiche cliniche
anemia emolitica proteine di membrana dei opsonizzazione e
anemia emolitica
autoimmune GR (ad es. Rh) fagogitosi
porpora
proteine di membrana delle opsonizzazione e
trombocitopenica emorragia
piastrine (ad es. GpIIb/IIIa) fagogitosi
autoimmune
proteine della membrana
sindrome di attivazione del nefrite, emorragia
basale (glumeruli renali e
Goodpasture complemento polmonare
alveoli polmonari)
antigeni parietali di
febbre reumatica streptococco (gli anticorpi
infiammazione miocardite
acuta cross-reagiscono con
antigeni del miocardio)
gli anticorpi inibiscono il debolezza muscolare,
miastenia grave* recettore dell’acetilcolina
legame dell’acetilcolina paralisi
gli anticorpi attivano il
morbo di Graves* recettore di TSH ipertiroidismo
recettore
diabete insulino- gli anticorpi inibiscono il iperglicemia,
recettore dell’insulina
resistente*, ** legame dell’insulina chetoacidosi
riduzione
fattore intrinseco (cellule anemia da ridotta
anemia perniciosa* dell’assorbimento di vit
parietali gastriche) produzione
B12
* In questi casi, gli anticorpi patologici non determinano citotossicità, ma alterano una funzione
recettoriale cellulare. ** forma rara di diabete su base autoimmunitaria.
Ipersensibilità di tipo III (da immunocomplessi)

Nel corso di una normale reazione immunitaria


fra antigeni solubili e anticorpi presenti in
circolo, i complessi formati rimangono solubili
grazie alla componente C1q del complemento
che lega la frazione Fc. Il legame, avviando la
via classica (ma anche la via alternativa è
coinvolta), determina il deposito di C3b sul
complesso Ag/Ab e ne mantiene la solubilità
impedendo la formazione di immunocomplessi.

▪ Un’aumentata formazione di complessi antigene-anticorpo e/o una ridotta efficienza di rimozione


favoriscono la formazione di reticoli molecolari, detti immunocomplessi.

▪ Gli immunocomplessi, di grandi dimensioni e scarsamente solubili, si accumulano nei piccoli vasi e
precipitano innescando una risposta infiammatoria che danneggia le cellule circostanti.

▪ Le conseguenze cliniche sono generalmente sistemiche, anche se spesso ci sono siti preferenziali di
deposizione (glomeruli renali → glomerulonefrite; vasi sanguigni → vasculite; articolazioni → artrite).
patogenesi delle reazioni di ipersensibilità di tipo III
1. La natura degli antigeni 2. Cosa favorisce la formazione degli immunocomplessi
▪ agenti infettivi (ad es. plasmodio, meningococco, ▪ prolungata persistenza dell’antigene
virus epatitici) ▪ caratteristiche chimico-fisiche dell’antigene
▪ metaboliti di farmaci
▪ antigeni self solubili (proteine, DNA)
3. Come gli immunocomplessi provocano danno
Coppie antigene-anticorpo (1) formano IC insolubili che
rimangono intrappolati a livello capillare (2).
L’attivazione del complemento determina la
deposizione di C3b sugli IC e sulle EC. Il danno delle EC
(MAC) (3) aumenta la permeabilità e favorisce la
fuoriuscita degli IC nello spazio interstiziale (4). Nello
spazio interstiziale, gli IC attivano il complemento; C3b
si deposita sia sugli IC sia sulle cellule tessutali (5) che
vengono distrutte da MAC (6). I mediatori derivanti dal
complemento attivano i mastociti (7) che rilasciano a
loro volta mediatori infiammatori (8). Neutrofili e
monociti sono reclutati nella sede di danno (9) e,
attivati dagli IC o da C3b, producono mediatori che
danneggiano le cellule del tessuto (10-12).

NB: Il danno da immunocomplessi può essere


aggravato dall’attivazione dell’emostasi nella sede
del danno endoteliale, con formazione di trombi e
conseguente ischemia (non mostrato in figura).
esempi di malattie mediate da immunocomplessi
malattia antigene manifestazioni cliniche
lupus eritematoso Nefrite lupica, lesioni
antigeni nucleari
sistemico (LES) cutanee, artrite
antigeni della parete di
glomerulonefrite post- streptococchi (anche
glomerulonefrite
streptococcica possibile l’impianto sulla
MB)
antigeni virus epatite B
poliarterite nodosa vasculite sistemica
(in alcuni casi)
antigeni batterici (ad es.
artrite reattiva artrite acuta
Yersinia)
Ipersensibilità di tipo IV (ipersensibilità ritardata o cellulo-mediata)
Nella reazione di ipersensibilità ritardata (DTH), il danno è provocato da cellule T effettrici e da macrofagi
e avviene dopo 24-72 h dal contatto con l’antigene.

esempi e meccanismi di reazioni DTH: reazioni DTH croniche

Nelle DTH croniche, gli antigeni


appartengono ad agenti resistenti
all’eliminazione (ad es. TBC, lebbra,
leishmaniosi, silicosi).

Nell’esempio, il patogeno penetra


nella cute di un individuo
sensibilizzato (1) e infetta la cellula
ospite. Gli antigeni del patogeno
rilasciati dalla cellula ospite sono
catturati dalle APC (2), processati e
presentati alle TH di memoria (3).
Contemporaneamente, i macrofagi
attivati dal patogeno producono
IL12 e IL8 (4) che concorrono all’attivazione e alla differenziazione delle TH di memoria in cellule effettrici TDTH (5). Le
cellule TDTH producono citochine che attivano i macrofagi (7). I macrofagi attivati danneggiano la cute che si arrossa (8). Se
i macrofagi diventano iperattivati, inducono la formazione di un granuloma attorno all’agente che non riescono ad
eliminare (9). La formazione di un granuloma in un organo interno (polmone, fegato) può produrre lesioni che ne
compromettono la funzionalità.
esempi e meccanismi di reazioni DTH: ipersensibilità da contatto (dermatite da contatto)

Risposta a piccole molecole (veleno di quercia


o edera, farmaci, metalli, cosmetici, prodotti
chimici di varia natura) che si legano
covalentemente a proteine self negli strati
superiori della cute. L’interazione con la
proteina self genera un’entità molecolare
non-self (neoantigene). A volte la
modificazione può consistere nell’ossidazione
della proteina self.

Nell’esempio, l’urusciolo contenuto nell’edera


velenosa (1) si lega a proteine self delle
cellule epiteliali (2) che, attivandosi, rilasciano
citochine e chemochine (3) che richiamano
leucociti (4). I neoantigeni catturati dalle DC
(6) sono presentati a cellule TC della memoria
(prodotte dalla sensibilizzazione precedente).
Sono così generati CTL che danneggiano le
cellule della pelle che espongono il
neoantigene (7). I CTL e i macrofagi attivati (5)
producono IFNγ, che attiva basofili e mastociti
al rilascio di mediatori infiammatori.
esempi di malattie mediate da reazioni di ipersensibilità di tipo IV

malattia antigeni meccanismo di danno manifestazioni cliniche


risposta infiammatoria artrite cronica con
artrite reumatoide collagene (?) mediata da risposte distruzione della
Th1 e Th17 cartilagine
risposta infiammatoria
componenti della
sclerosi multipla mediata da risposte malattia demielinizzante
mielina
Th1 e Th17
risposta infiammatoria
componenti cellule β
diabete mellito tipo I mediata da risposte iperglicemia
pancreatiche
Th1 e Th17, e da CTL.
malattie risposta infiammatoria
batteri intestinali;
infiammatorie mediata da risposte enterite cronica
autoantigeni (?)
croniche dell’intestino Th1 e Th17.
LE MALATTIE AUTOIMMUNI
In ogni individuo è presente un certo grado di autoimmunità (reazioni immunitarie nei confronti di
antigeni propri). Autoanticorpi sono presenti nel siero di individui normali (anziani), e si possono
anche formare dopo danni ai tessuti (forse coinvolti nella rimozione dei prodotti del danno).

Una malattia autoimmune si ha quando si è in presenza di reazioni


autoimmunitarie responsabili di un danno tessutale, in assenza di altre cause.

Eventi necessari per la determinazione di una malattia autoimmune


▪ evasione di un clone autoreattivo dal timo

▪ incontro fra clone autoreattivo e antigene self


▪ mancato funzionamento della tolleranza periferica
▪ evidenza di un danno sostenuto dal clone autoreattivo attivato

Le malattie autoimmuni dovute ad elusione dei meccanismi della tolleranza centrale sono rare.
Nella maggior parte dei casi, le malattie autoimmuni sono associate ad una compromissione del
funzionamento della tolleranza periferica.
Patogenesi delle reazioni autoimmunitarie e del danno tessutale

Stimoli ambientali, come


infezioni e altre condizioni
numerosi geni possono infiammatorie promuovono
conferire suscettibilità l’attivazione di APC tessutali e
alle malattie l’arrivo di linfociti T
autoimmunitarie, autoreattivi.
influenzando l’efficacia
dei meccanismi di
tolleranza.

L’attivazione dei linfociti T


autoreattivi determina danno
tessutale.
modelli di patogenesi delle Nella maggior parte dei casi, i modelli patogenetici delle malattie
malattie autoimmunitarie autoimmunitarie si basano su alterazioni dei meccanismi dell’anergia
(tolleranza periferica).

Attivazione ▪ Nel corso di un processo infiammatorio, componenti microbiche e componenti di cellule


inappropriata di DC necrotiche possono attivare i recettori PRR espressi dalle DC, facendole maturare.
migratorie ▪ Le mDC esprimono pMHC non self (derivazione microbica) e segnali di costimolazione
▪ Se le mDC esprimono anche pMHC self possono attivare eventuali linfociti autoreattivi naive
presenti nell’organo linfoide.

Espressione ▪ Di regola, CD80/CD86 sono molecole ristrette alle APC e la loro produzione aumenta nelle
aberrante di APC attivate. Tuttavia, sono state riportate circostanze in cui altre cellule (ad es. cellule
molecole di co- epiteliali) possono esprimere molecole di costimolazione.
stimolazione da
parte di APC non
professionali
Complessi ▪ In questo caso, linfociti B autoreattivi capaci di riconoscere la componente self del
molecolari costituiti complesso molecolare potrebbero ricevere l’aiuto Th dalla risposta T nei confronti della
da antigeni self componente non self.
modificati da
antigeni non self.

Mimetismo ▪ In questo caso, un antigene non-self è “abbastanza diverso” da un self, tanto da avviare una
molecolare risposta immunitaria, ma allo stesso tempo è “abbastanza simile” a un self verso il quale
cellule B e T attivate avviano risposte effettrici. Ad esempio, nella malattia reumatica
cardiaca, antigeni streptococcici sono simili ad antigeni del tessuto cardiaco.
Espansione di ▪ Un danno tessutale può determinare l’esposizione di epitopi self di regola non accessibili,
epitopi verso i quali non si è sviluppata la tolleranza.
MALATTIE SU BASE AUTOIMMUNITARIA

ORGANO-SPECIFICHE SISTEMICHE

▪ anemia emolitica autoimmune ▪ Lupus eritematoso sistemico (LES)


▪ trombocitopenia autoimmune
mediate ▪ gastrite atrofica dell’anemia perniciosa
da anticorpi ▪ miastenia grave
▪ morbo di Graves
▪ sindrome di Goodpasture

mediate da ▪ diabete mellito tipo I ▪ artrite reumatoide (RA)


cellule T ▪ sclerosi multipla ▪ Sclerodermia
(e anche da
▪ tiroidite di Hashimoto ▪ sindrome di Sjogren
anticorpi)
▪ morbo di Chron
▪ primitive: conseguenti a difetti congeniti dello
Sindromi da immunodeficienza sviluppo del sistema immunitario.
(inadeguatezza della risposta immunitaria) ▪ secondarie: conseguenti ad altre patologie (ad
es. infezioni, malnutrizione, autoimmunità,
chemioterapia, immunosoppressione).

Quadro clinico: aumentata suscettibilità alle infezioni e ad alcuni tumori.

natura generale del difetto conseguenze cliniche

▪ risposta anticorpale
▪ sistema del complemento* infezioni ricorrenti
▪ fagocitosi* principalmente da batteri piogeni

infezioni ricorrenti
▪ immunità cellulare principalmente da virus, funghi, e
batteri intracellulari.

*difetti della risposta immunitaria innata


Sindromi da immunodeficienza primitive

Vie di sviluppo dei linfociti e principali alterazioni genetiche responsabili di immunodeficienza primitiva (fra parentesi i
geni coinvolti). ADA (adenosina deaminasi), CD40L (ligando di CD40), CVID (immunodeficienza comune variabile), SCID
(immunodeficienza combinata severa).
immunodeficienze primitive: natura del difetto e caratteristiche cliniche (1)
difetto caratteristiche cliniche

Agammaglobulinemia legata alla X Si manifesta all’età di 6 mesi (deplezione Ig materne) con


(mancata differenziazione dei linfociti infezioni batteriche ricorrenti (faringiti, sinusiti, polmoniti, etc)
pre-B in linfociti B) causate da batteri generalmente eliminati per opsonizzazione
anticorpo-dipendente e fagocitosi.

carenza isolata di IgA Le IgA sono le principali Ig secretorie; i pazienti sono in genere
asintomatici, ma la carenza di IgA a livello delle mucose li
predispone a infezioni seno-polmonari e a diarree ricorrenti.

sindrome da iper-IgM Di regola nella risposta immune si producono prima IgM, seguite
da IgA, IgE, IgG (scambio isotipico). In questi pazienti, lo scambio
isotipico non ha luogo (mutazione di CD40L). I pazienti maschi
(l’alterazione è legata alla X) sono soggetti a infezioni ricorrenti
da piogeni (difetto di opsonizzazione).

ipoplasia del timo (sindrome di DiGeorge) Un difetto di sviluppo del timo compromette la maturazione dei
linfociti T. I pazienti sono vulnerabili a varie infezioni da patogeni
intracellulari.

immunodeficienza combinata grave Nel 50% dei casi, difetto di una subunità condivisa dei recettori
(SCID) IL2, IL4, IL7, IL9, IL15. In altri casi, una mutazione ADA
(adenosina deaminasi) determina accumulo di metaboliti
purinici e inibizione della sintesi di DNA. Caratterizzata da severe
infezioni ricorrenti.
(1) elenco parziale
Virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)

www.unaids.org/

I virus HIV-1 (ubiquitario) e HIV-2


(quasi esclusivo dell’Africa) sono
retrovirus citopatici della classe
dei lentivirus (persistono
nell’ospite nonostante la risposta
immunitaria, a lungo
clinicamente silenti).

HIV-1 e HIV-2 infettano cellule T


CD4+, determinando le principali
conseguenze dell’infezione, ma
anche macrofagi e cellule
dendritiche.
Ciclo vitale del virus HIV (cellula T CD4+)

(1) Il virione si lega a CD4 e a un


recettore per chemochine, (2)
viene internalizzato e (3) privato
degli strati esterni da enzimi
cellulari. (4) Nel citoplasma, la RT
virale agisce sul genoma virale e
sulle proteine associate
producendo una copia di DNA
virale che viene associato
all’enzima virale integrasi. (5) Il
complesso DNA-integrasi è
trasportato nel nucleo e (6)
inserito nel genoma cellulare
(provirus).
Dopo un tempo anche
considerevole in cui il provirus
non è trascritto, (7) la trascrizione
viene attivata e (8) si producono
nuove copie di RNA virale; (9)
alcuni RNA virali sono genomi, e
(10) altri sono tradotti in proteine
virali, per (11) l’assemblaggio
della progenie di virioni. (12) I
virioni gemmano attraverso la
membrana, così acquisendo
l’involucro, e diventano infettivi.
struttura di HIV geni *e proteine di HIV
gene proteina funzione
strutturali
o enzimatiche
p17 proteina della matrice, impalcatura dell’involucro.
gag
p24 proteina del capside, protegge il genoma.

RT transcriptasi inversa
pol integrasi inserisce il DNA virale nel DNA cellulare

proteasi (PR) taglia il precursore trascritto da gag e pol in due proteine più
piccole
gp41 parte transmembrana della punta dell’involucro
env
gp120 parte della punta dell’involucro

regolatrici

tat TAT sostiene la trascrizione del DNA provirale

rev REV promuove il trasporto e la traduzione dell’mRNA provirale

accessorie

vif VIF promuove la sintesi di cDNA inibendo una proteina dell’ospite


facilita il trasporto del DNA virale nel nucleo; induce arresto
vpr VPR
del ciclo cellulare; serve all’espressione di DNA virale non
integrato.
vpu VPU (forse) promuove la gemmazione

nef NEF promuove la sopravvivenza cellulare e la sintesi di DNA virale

* genoma di HIV: ssRNA (due copie); cDNA, 9 geni.


infezione da HIV e AIDS: gli eventi molecolari

recettori cellule infettabili ceppo virale

CD4 – CCR5 Th, MØ > DC R5


CD4 – CXCR4 Th > DC X4
Nella maggior parte dei pts, nelle prime fasi di infezione sono generati virioni
R5. con il progredire dell’infezione, si determinano mutazioni che producono
ceppi X4 o R5X4.

ingresso del virus ▪ gp120 interagisce con CD4, cambiando conformazione ed esponendo la regione di
interazione con CCR5 o CXCR4.
▪ L’interazione favorisce il contatto di gp41 con la membrana cellulare, e l’involucro
virale si fonde con la membrana cellulare.

formazione del ▪ Il capside virale è rimosso da proteasi cellulari, liberando il complesso virale di
provirus e preintegrazione
replicazione virale ▪ la RT associata all’RNA sintetizza cDNA; questo viene trasportato dalle proteine
della matrice nel nucleo assieme alla INT e ad altre proteine virali.
▪ il provirus viene integrato nel DNA genomico, e rimane in forma latente.
▪ Se la cellula T è stimolata da antigeni o citochine, viene attivata anche la
trascrizione del virus, e comincia la produzione della progenie del virione.
infezione da HIV e AIDS: gli eventi clinici
vie di contagio via sessuale (microlesioni delle mucose vaginale e rettale) / via parenterale (aghi contaminati
da sangue infetto) / via perinatale / allattamento.

infezione iniziale ▪ Il virus infetta TCD4+, macrofagi, e DC residenti a livello delle mucose, e viene trasportato ad
(malattia simile alla altre cellule TCD4+ naive residenti nei linfonodi locali.
mononucleosi) ▪ Il virus si replica vigorosamente, ed entro 2-6 settimane dal contagio il paziente presenta una
sintomatologia simil-mononucleosica (febbre, astenia, linfoadenopatia), con alta viremia.
▪ I linfociti infettati trasportano virioni ad altri tessuti linfoidi (il soggetto infetto è altamente
contagioso).
▪ A 4-8 settimane dall’infezione, il normale rapporto 2:1 fra TCD4+ e TCD8+ si abbassa per la
diminuzione dei TCD4+ (morte cellulare) e il relativo aumento dei TCD8+ (CTL) della risposta
antivirale.
contenimento ▪ L’infezione è contenuta (non eliminata) da CTL e dalla risposta anticorpale (entro 3-8
dell’infezione iniziale settimane compaiono anticorpi neutralizzanti anti-HIV).
▪ La sintomatologia si attenua. Tuttavia, macrofagi e cellule T sono infettati su larga scala; il
provirus è integrato, e viene trascritto in caso di attivazione cellulare (TCD4+).
▪ Nei linfonodi, alcuni virioni sono associati sulla superficie delle DC (via frammenti del C),
possono facilmente infettare cellule T CD4+ (e macrofagi) con cui vengono in contatto.

fase di latenza clinica ▪ Per mesi, o anche anni, pur venendo gradualmente a mancare una grande quantità di cellule
TCD4+, il loro numero totale è mantenuto stabile grazie ad una risposta compensativa
midollare.
▪ L’assenza di segni clinici si mantiene fino a quando il numero delle cellule TCD4+ è > 200
cellule /mm3 (ca. 25% del normale).

AIDS conclamata ▪ La riduzione dei TCD4+ (<200 cellule /mm3), del titolo anticorpale, dei CTL e delle DC
compromette la capacità di effettuare risposte adattative nei confronti di patogeni
opportunisti.
Trapianti: nomenclatura
trapianto singenico (o isotrapianto) trapianto fra individui geneticamente identici

trapianto allogenico (o allotrapianto) trapianto fra individui con alleli differenti in più loci genetici

trapianto autologo lo stesso paziente è donatore e ricevente

xenotrapianto trapianto fra specie diverse (ad es. maiale-uomo)

Il rigetto del trapianto è determinato dal


riconoscimento delle differenze alleliche
A meno che il donatore e il ricevente di un delle proteine MHC (sistema maggiore di
trapianto siano geneticamente identici, il istocompatibilità). Anche altre proteine
tessuto donato è riconosciuto dal sistema (diverse da MHC) possono mostrare
immunitario del ricevente come non proprio, e variazioni alleliche (antigeni minori di
viene distrutto dal sistema immunitario: istocompatibilità), ma sono in genere
RIGETTO DEL TRAPIANTO associate a risposte immunitarie più
moderate.
Meccanismi di rigetto del trapianto renale
Patogenesi e aspetti clinici del rigetto di trapianto (renale)
riconoscimento diretto DC del donatore migrano nei linfonodi tributari dell’organo trapiantato, e
presentano pMHC (MHC non compatibile) a cellule Th e Tc naive del ricevente.

riconoscimento indiretto DC del ricevente processano cellule morte dell’organo trapiantato e presentano
peptidi derivanti da MHC del donatore a cellule Th naive del ricevente.

ASPETTI CLINICI
rigetto iperacuto ▪ il ricevente ha anticorpi preformati nei confronti di Ag del donatore, ciò
indicando un precedente contatto (precedenti trapianti, trasfusioni,
gravidanza).
▪ gli anticorpi preformati del ricevente riconoscono antigeni espressi sulle EC
dei vasi dell’organo trapiantato. L’attivazione del complemento provoca
entro pochi minuti la distruzione della rete vascolare.

rigetto acuto cellulare ▪ quasi sempre dovuto al riconoscimento diretto, il rigetto è mediato da CTL
effettori.

rigetto acuto umorale ▪ quasi sempre dovuto al riconoscimento indiretto, è mediato da Th effettrici
che attivano le cellule B a produrre anticorpi.
▪ gli anticorpi distruggono il trapianto mediante ADCC e attivando il
complemento.
rigetto cronico ▪ parecchi mesi dopo il trapianto, si determina una condizione di
insufficienza associata ad alterazioni vascolari (ispessimento dell’intima,
infiammazione) e fibrosi.

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