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Walras e la teoria dell' equilibrio economico generale

Se si desiderano dei raccolti veloci, allora occor-


re piantare carote e insalata, ma se si ha 1'ambi-
zione di piantare delle querce, allora occorre
avere il buon senso di dire a se stessi: i miei ni-
poti mi saran'p0 debitori per quest'ombra.
Léon Wairas

1. Il sistema di equilibrio economico generale


Già nel settimo capitolo abbiamo introdotto l'opera di Jevorrs, Menger
e Walras, ossia degli autori che condussero 1'attacco teorico del
marginalismo contro l'economia politica classica, mentre nell' ottavo
capitolo abbiamo visto come l'analisi marginalista si fosse estesa fino
ad includere i mercati dei fattori della produzione. Nel corso di questo
capitolo ci concentreremo su uno dei due modi in cui il lato della
domanda e il lato dell' offerta vennero integrati fra loro, e nel fare
questo ci avvicineremo con maggiore attenzione al contributo di uno
dei padri dell' analisi marginalista, Léon Walras.
L'impiego da parte di Walras dell' analisi marginalista rappresenta
comunque soltanto una parte di quello che fu il suo effettivo contributo
alla scienza economica moderna. Anche se la sua esposizione del
marginalismo è per molti aspetti più raffinata di quella di Jevons e di
Menger, i suoi meriti teorici vennero in qualche modo sottovalutati per
il fatto che egli scrisse in francese, e di conseguenza non poté
esercitare sui suoi colleghi economisti la stessa influenza che ebbero
invece gli altri due. La nostra scelta di dedicare a Walras un intero
capitolo è motivata dalla convinzione, da un lato, che la sua teoria
dell'equilibrio economico generale abbia avuto un impatto enorme
sulla scienza economica e sul suo insegnamento, e, dall' altro, che la
medesima teoria lo candidi, insieme a Marshall, alla posizione di padre
fondatore di una delle due branche in cui si può dividere la moderna
economia neoclassica.-

La teoria dell' equilibrio economico generale


La teoria dell'equilibrio economico generale è un'analisi del
funzionamento del sistema economico nella quale tutti i diversi settori
sono considerati in modo simultaneo: in questo modo essa prende in
considerazione tanto gli effetti diretti quanto quelli indiretti di un
qualsiasi shock che colpisca il sistema economico, così come gli effetti
incrociati tra i diversi mercati, che sono esaminati contestualmente agli
effetti di tipo diretto. Questa interdipendenza tra i settori del sistema
economico è un concetto relativamente semplice da afferrarsi a livello
descrittivo, ma è anche enormemente complicato quando lo si voglia
esprimere in modo formalmente rigoroso. La validità del contributo di
Walras consistette proprio nella capacità di concepire un modello
formale del sistema di equilibrio economico generale.

I primi precursori della teoria dell' equilibrio economico generale


Dal momento che l'equilibrio economico generale è un fenomeno
relativamente semplice da concettualizzare, non desta sorpresa il fatto
che esso non rappresentasse una novità assoluta quando, nel 1874;
Walras pubblicò i suoi Elementi di economia politica pura. V\ erano già
stati, infatti, autori a lui precedenti che aveyano dimostrato di
possedere una chiara visione di un sistema economico costituito da
molte parti tra loro interconnesse. Quesnay, ad esempio, aveva dato
forma a questa intuizione per mezzo del suo Tableau économique, che
riportava il flusso della produzione annuale tra i vari settori del sistema
economico; similmente Adam Smith, nella sua limpida descrizione dei
processi di mercato, aveva dimostrato di possedere una profonda
comprensione delle relazioni intercorrenti tra le varie parti del sistema
economico. Entrambi questi autori, nonostante avessero spiegato
l'esistenza dell'Interrelazione, non giunsero tuttavia a rappresentarla in
termini di modelli formalizzati. ,,_
Nel 1838 Antoine- Augustinl.Cournot\( 180 1-1877) compì un passo
importante ih questa direzione proponendo, nel corso' dell' analisi di
alcuni problemi di natura microeconomica, una particolare
formalizzazione dell'interdipendenza esistente in un sistema
economico: egli infatti riuscì ad esprimere alcuni dei problemi della
teoria dell'impresa in linguaggio matematico, utilizzando il calcolo
differenziale per dimostrare che i profitti sono massimizzati quando il
costo marginale è uguale al ricavo marginale. Nell'elaborare questi
concetti egli fece per la teoria dell'impresa ciò che Jevons e Menger
fecero successivamente per la teoria della scelta, proponendone una
formulazione nel linguaggio e con gli strumenti del marginalismo. Ma
Cournot seppe spingersi anche oltre Jevons e Menger, le cui trattazioni
(basate su argomentazioni di natura euristica ed esempi aritmetici)
hanno finito, di fatto, per porre un limite all' approfondimento delle
loro intuizioni: egli infatti, grazie alla sua inclinazione per la
normalizzazione matematica, poté giungere a comprendere le relazioni
esistenti all’interno di un sistema economico, anticipando in un certo
senso l'opera di Walras. La sua conclusione, correttamente, fu la
seguente: «sembra dunque che, per la soluzione completa e rigorosa
dei problemi relativi a qualche settore del sistema economico, non ci si
possa dispensare dall' abbracciare l'intero sistema»".
Cournot si accorse tuttavia anche che l'analisi matematica non era
sufficientemente sviluppata per permettere la formulazione di un
modello di equilibrio economico generale. Anche Johann Heinrich von
Thunen (1783-1850) applicò il cllcolo differenziale alla soluzione di
alcuni problemi di teoria economica e, come nel caso di Cournot,
l'impostazione matematica lo condusse a vedere la possibilità di
esporre un modello di equilibrio economico generale come un sistema
di equazioni simultanee. Forse proprio in conseguenza del fatto che
entrambi questi autori fossero matematici di levatura superiore rispetto
a Walras (il quale non era stato accettato nella prestigiosa École
Polytechnique avendo fallito proprio nella sessione matematica degli
esami di ammissione, mentre Cournot era invece considerato un
matematico brillante), Cournot e von Thiinen non tentarono nemmeno
di risolvere il problema delle complicate interrelazioni che
contraddistinguono la
teoria dell' equilibrio economico generale, sia per il numero di ipotesi
che era necessario introdurre al fine di rendere il problema trattabile,
sia per l'incapacità di pervenire a una misurazione delle grandezze
implicate.
Qualunque sia stata la ragione, resta il fatto che Walras avanzò a passo
di corsa laddove gli altri due ebbero paura di camminare: e così
avvenne che Léon Walras fu il primo autore capace di trattare con
chiarezza e precisione la nozione di equilibrio economico generale
tramite la formulazione di un modello di un sistema economico
espresso in notazione matematica. In virtù di questo risultato egli è
giustamente considerato come un predecessore importante della
moderna teoria economica, caratterizzata tanto da una notevole enfasi
posta sulla costruzione di modelli astratti, quanto dall'uso della
matematica.

In questo capitolo cercheremo per prima cosa, di descrivere


intuitivamente il modello walrasiano e di discutere alcune delle
questioni teoriche ad esso collegate, e poi di presentare un modello
formalizzato che possa dare anche al lettore poco preparato dal punto
di vista matematico un'idea della natura fortemente astratta della teoria
'walrasiana. Prima di addentrarci nella trattazione, però, riteniamo utile
prendere in considerazione la differenza esistente tra un modello di
equilibrio, generale e uno di equilibrio parziale.

' L’ analisi dell' equilibrio parziale e di quello generale

Per loro stessa natura i modelli e le teorie prevedono che alcuni loro
elementi siano mantenuti costanti così da non influenzare il
comportamento delle altre variabili prese in considerazione. Nelle
scienze fisiche, ad esempio, dove il metodo di laboratorio si è
dimostrato così ricco di risultati, il ricercatore spesso ~onduce ripetuti
esperimenti in cui tutte le variabili, tranne due, sono mantenute
costanti. Operando in tali condizioni si può dunque isolare una
grandezza - quale può essere il calore applicato a una massa di acqua -
e farla variare liberamente, potendo così osservarne gli effetti sull' altra
variabile che non è stata vincolata: per esempio, se dopo una serie di
esperimenti si osserva che l'acqua bolle a una temperatura pari a 100
gradi Celsius, allora si conclude che, mantenendo costanti alcune
grandezze (in questo caso mantenere costante la pressione è un
elemento cruciale dell'esperimento), l'acqua bolle a quella temperatura.
Vale la pena ricordare a questo proposito che l'espressione latina
ceteris paribus è un'espressione abbreviata impiegata dagli economisti
per indicare il fatto che la validità di proposizioni relative agli effetti di
una variabile indipendente su una dipendente è subordinata all'ipotesi
che tutti gli altri fattori si mantengono costanti: ceteris paribus, infatti,
significa letteralmente «fermo restando tutto il resto».
Gli economisti sono soliti distinguere tra modelli di equilibrio
parziale e modelli di equilibrio generale a seconda del grado di
astrazione del modello: vi è un numero maggiore di fattori ipotizzati
costanti nelle analisi di equilibrio parziale di quanti ve ne siano nell'
analisi dell' equilibrio generale. In un' analisi di equilibrio parziale si
lascia infatti libero di variare soltanto un numero limitato di variabili e
si mantiene costante tutto il resto; mentre un' analisi di equilibrio
generale consente la variazione di molte più grandezze, anche se non di
tutte: in particolare, sono mantenute costanti quelle variabili che si
considerano come non rientranti nel dominio della scienza economica.
Ad esempio, i modelli di equilibrio economico generale assumono
come date le preferenze o i gusti degli agenti economici, la tecnologia
disponibile per la produzione dei beni e la.struttura istituzionale del
sistema economico e dell'intera società. Dal momento che lo scopo
della scienza economica, in quanto scienza sociale, è stato
storicamente limitato dalla teoria ortodossa a quelle variabili che
appaiono essere suscettibili di quantificazione, a tali condizioni la
trattazione matematica di un modello di equilibrio economico generale
sembra essere fattibile.
La maggior parte dei modelli di equilibrio parziale, seguendo la
tradizione iniziatasi con Alfred Marshall, si limitano invece all' analisi
di un particolare consumatore, di una particolare impresa o di una
particolare industria. Supponiamo, per esemplificare, di voler
analizzare l'influenza sui prezzi della carne bovina di una riduzione dei
costi nell'industria che la. produce: secondo l'approccio dell'equilibrio
parziale dovremmo assumere che l'industria si trovi inizialmente in una
situazione di equilibrio, quindi dovremmo «disturbare» questa
posizione introducendo la riduzione dei costi che intendiamo
considerare e infine dedurre qual è la nuova posizione di equilibrio.
Nel corso di questo tipo di analisi tutte le altre forze operanti nel
sistema economico si intendono prefissate, e quindi se ne esclude
l'influenza sull'industria della carne bovina. Impostato il problema in
questi termini, una riduzione dei costi in questa industria si traduce in
un incremento dell' offerta e in una riduzione del prezzo fino al nuovo
livello di equilibrio. Supponiamo ora di rendere meno restrittivo il
nostro modello e di includere nella nostra analisi sia l'industria della
carne bovina che l'industria della carne suina. L'effetto immediato di
una riduzione dei costi nell'industria della carne bovina è quello di
ridurre i prezzi all'aumentare dell' offerta; tuttavia la caduta del prezzo
della carne bovina influenzerà anche la domanda di carne suina, perché
il prezzo più conveniente della prima rispetto
alla seconda farà sì che la domanda di carne suina diminuisca all'
aumentare della domanda di carne bovina: i consumatori, detto
altrimenti, sostituiranno il consumo di carne suina con quello di carne
bovina. La caduta della domanda di carne suina provocherà anche una
diminuzione del prezzo corrispondente, che a sua volta determinerà
una diminuzione della domanda di carne bovina e un'ulteriore caduta
del prezzo di quest'ultima. Di nuovo, la caduta del prezzo della carne
bovina ridurrà la domanda di carne suina e ne deprimerà ulteriormente
il prezzo, e l'interazione tra i prezzi e le curve di domanda dei due
beni in questione proseguirà con spostamenti via via minori nei prezzi
e nelle quantità, fino a che si siano ristabilite nuove condizioni di
equilibrio in entrambe le industrie.

Nel nostro modello di equilibrio parziale l'industria della carne


bovina viene considerata isolatamente dal resto del sistema economico.
Data questa ipotesi è possibile tracciare un grafico molto semplice per
illustrare le conseguenze di una riduzione dei costi in quell'industria
per mezzo delle curve di domanda e di offerta: la curva di offerta della
carne bovina, infatti, si sposta verso destra determinando una nuova
posizione di equilibrio sul mercato. Se però intendiamo mostrare le
interazioni esistenti tra le industrie della carne bovina e della carne
suina, i grafici corrispondenti risultano più complicati ..

La figura 9.1 indica lo spostamento nella curva di offerta della carne


bovina da 5 in 51 in seguito alla diminuzione dei costi in questa
industria; la conseguente diminuzione del prezzo comporta
un'immediata diminuzione della domanda di carne suina da d a d., che
abbassa il prezzo in quel mercato. Questo fenomeno a sua volta fa
diminuire la domanda di carne bovina, che si sposta così da D a DI; e
le successive interazioni tra i prezzi e le domande di questi due
prodotti sono indicate dallo spostamento verso il basso
(progressivamente minore) delle due curve di domanda fino a che non
venga raggiunta una posizione finale di equilibrio.

Figura

L'esempio precedente lascia intuire che l'analisi di equilibrio


parziale costituisce un tentativo di ridurre un problema complesso a
uno di più facile trattazione, isolando un settore del sistema
economico, ad esempio un'industria, e ignorando l'interazione tra quel
settore e il resto del sistema economico; si tratta dunque di uno
strumento utile per un' argomentazione contestualizzata. Si deve
comunque aggiungere anche che quel che si guadagna in chiarezza
espositiva e in immediatezza analitica è ottenuto a spese del rigore e
della completezza teorica. D'altra parte, se ci dovessimo muovere
verso un modello di equilibrio più generale aggiungendo al nostro
esempio una terza e una quarta industria, l'analisi diventerebbe così
complessa che la rappresentazione in termini diagrammatici
genererebbe più confusione che chiarezza. Il grande merito attribuibile
al contributo di Walras è proprio quello di aver riconosciuto che la
complessa interdipendenza che caratterizza i diversi mercati di un
sistema economico può essere meglio compresa e studiata per mezzo
del linguaggio matematico. La sua analisi di equilibrio economico
generale è dunque utile per un'argomentazione di tipo non
contestualizzato.

Prima di procedere nello studio del modello walrasiano di equilibrio


economico generale proviamo a pensare al modo in cui si imposta in
forma matematica un problema di equilibrio parziale. Supponiamo che
ci interessi determinare il prezzo e la produzione di equilibrio
nell'industria della carne bovina: la domanda e l'offerta possono essere
espresse per mezzo di due equazioni che legano j1 prezzo, in un caso,
alla quantità offerta e, nell'altro, alla quantità domandata. Benché nel
modello siano presenti tre variabili(il prezzo, la quantità offerta, la
quantità domandata) nel punto di equilibrio le incognite sono soltanto
due, poiché in quel caso la quantità offerta è uguale per definizione a
quella domandata. Il problema di identificare il prezzo di equilibrio
nell'industria della carne bovina consiste allora nella soluzione di un
sistema di due equazioni, una per l'offerta e una per la domanda, in due
incognite.

Offerta dei beni finali


Offerta dei fattori produttivi

Il fenomeno dell'interdipendenza fra i settori del sistema economico.

Spostiamo ora la nostra attenzione da un modello siffatto di


equilibrio parziale a uno, più complesso, di equilibrio economico
generale. Anche in questo caso è necessario trascurare alcuni aspetti di
un sistema economico complesso, e quindi noi assumeremo che esso
sia formato da due soli settori, quello delle imprese e quello dei
consumatori, ignorando il settore pubblico e quello estero.
Assumeremo inoltre che le imprese non scambino. tra loro beni
intermedi, che le preferenze dei consumatori non si modifichino nel
corso dell' analisi, che il livello della tecnologia sia dato, che esista
piena occupazione e che tutte le industrie siano perfettamente
concorrenziali. Una rappresentazione schematica di un sistema
economico di questo tipo è riportata nella figura 9.2

Mentre i consumatori si presentano sui mercati dei diversi beni


finali con le loro preferenze (date) e con i loro redditi in qualche modo
limitati, ed esprimono una domanda' in termini monetari per questi
beni, le imprese, si presentano sugli stessi mercati desiderose di offrire
beni, e dunque 1'offerta di beni finali è rappresentabile mediante un
flusso di merci che va dalle imprese in direzione dei consumatori. Su
questi mercati, rappresentati dalla parte superiore della figura 9.2, si
determinano i prezzi e le quantità (offerte e domandate) dei beni finali:
perché in essi vi sia equilibrio occorre evidentemente che la quantità
offerta e quella domandata siano uguali per ogni merce particolare.
Analogamente a quanto detto a proposito dei mercati dei beni finali,
nella parte inferiore della figura sono rappresentati i mercati dei fattori
produttivi. In tali mercati le imprese-domandano terra, lavoro e capitale
ai loro possessori (le famiglie), generando in questo modo flussi
monetari che vanno dalle imprese alle famiglie. Sulla base di quanto i
consumatori offrono su tali mercati dei fattori della produzione in loro
possesso si determinano i rispettivi prezzi di mercato. Perché vi sia
equilibrio occorre che in tutti i mercati le quantità offerte siano uguali
a quelle domandate per ciascuno dei fattori. ,
Analizzando la posizione dei consumatori si può facilmente
constatare come essi percepiscano i loro redditi sui mercati dei fattori e
li spendano sui mercati dei beni finali, come, per massimizzare la
soddisfazione che traggono dal consumo (dati i loro redditi limitati),
essi debbano distribuire le loro spese in modo tale che l'ultima unità di
moneta spesa per un qualunque bene particolare arrechi la medesima
utilità marginale dell'ultima unità di moneta spesa per qualsiasi altro
bene (in base alla seconda legge di Gossen). Il flusso di reddito tra
imprese e consumatori rappresenta il reddito nazionale di un sistema
economico, e perché quest'ultimo sia in equilibrio Occorre che i con-
sumatori spendano tutti i redditi che percepiscono. La distribuzione
(personale) del reddito è determinata sui mercati dei fattori e dipende
dai prezzi dei vari fattori e dalle quantità vendute da parte di ciascun
consumatore.
Esaminando ora la posizione delle imprese in un' economia di mercato,
si può constatare che quando esse guadano in direzione dei mercati di
sbocco hanno di fronte a sé i prezzi dei beni finali, mentre quando
guardano nella direzione opposta hanno di fronte a sé i prezzi dei vari
fattori della produzione. Dati questi insiemi di prezzi, ed il livello della
tecnologia disponibile, esse dovranno pertanto combinare gli input e
produrre l' output in modo tale da massimizzare i profitti, ovvero
combinare gli input per .produrre un dato output al minore costo
possibile e produrre quel livello di output che massimizza i loro
profitti. Le forze concorrenziali faranno inoltre in modo di determinare
una situazione di equilibrio di lungo periodo nella quale il prezzo dei
beni finali sia esattamente uguale al costo medio della produzione.
Affinché il reddito nazionale si trovi al livello di equilibrio occorrerà
allora che le imprese spendano sui mercati dei fattori tutti i ricavi che
hanno ottenuto sui mercati dei beni finali.

Il primo e più ovvio insegnamento che si può trarre da questa


rappresentazione piuttostò stilizzata di un sistema economico è che le
varie parti che lo compongono sono tra loro interrelate. È fuorviante
pensare che una variabile nel sistema stia determinando un'altra
variabile, perché, in equilibrio, tutte le variabili sono determinate
simultaneamente. Supponiamo ad- esempio di disturbare l'equilibrio
modificando il prezzo di un singolo bene finale: questo cambiamento
avrà delle ripercussioni su tutto il sistema economico, dal momento
che i consumatori modificheranno le loro abitudini di spesa e le
imprese modificheranno i loro piani di produzione. Tali modifiche si
renderanno evidenti in seguito anche sui mercati dei fattori, quando le
imprese modificheranno la loro domanda di fattori della
produzione, conducendo per questa via a una nuova configurazione dei
prezzi degli input e a una nuova distribuzione del reddito.
Smith, Quesnay ed altri autori avevano già riconosciuto
l'interdipendenza delle varie parti di un'economia di mercato, ma per
poter procedere oltre la semplice constarazione ché...:agni cosa
dipende da qualsiasi altra, era essenziale che si specificassero con
maggiore dettaglio le relazioni esistenti tra i vari settori. A questo
compito provvide la genialità di WaIras, che gettò le fondamenta per
questa più esatta specificazione attraverso il ricorso al linguaggio
matematico: e che si trattasse di un compito imprescindibile è
dimostrato dal fatto che, rappresentando il funzionamento' di un
sistema economico con I'ausilio di un modello walrasiano
formalizzato, si evidenziano questioni teoriche che altrimenti
rimarrebbero nascoste in un'analisi puramente verbale e intuitiva, quale
quella che abbiamo condotto noi a scopo di introduzione al suo
modello.
Le domande dei consumatori per beni finali possono essere espresse
come una serie di equazioni che pongono in relazione i prezzi con le
quantità domandate da parte di ciascun consumatore. La domanda
complessiva di mercato per un dato bene finale, allora, può a sua volta
essere espressa come un'equazione, ottenuta sommando tra loro le
equazioni relative ai singoli consumatori; l'offerta di mercato di beni
finali può essere ricavata in modo analogo, sommando tra loro le
equazioni che collegano il prezzo alla quantità offerta da parte delle
singole imprese; l'equilibrio sui mercati dei beni finali richiede infine
che la quantità offerta uguagli quella domandata per ciascuno dei beni
scambiati nel sistema economico. Le. equazioni della domanda e
dell'offerta di mercato possono essere ricavate, in modo del tutto
analogo, anche per i mercati dei fattori, e anche qui la condizione di
equilibrio per il sistema è che tutti i mercati siano
contemporaneamente in equilibrio. Per quanto riguarda i consumatori è
possibile stabilire una relazione sotto forma di equazione matematica,
in cui .un lato indichi il reddito (la sommatoria dei prezzi di ciascun
fattore venduto moltiplicati per la corrispondente quantità venduta) e
1'altro lato indichi la spesa complessiva (la sommatoria dei prezzi di
ciascun bene finale acquistato moltiplicati per la corrispondente
quantità acquistata). In questo modo, perché ciascun consumatore si
trovi ' in equilibrio, il reddito deve uguagliare le spese e le spese
devono essere tali da massimizzare l'utilità. Anche la condizione di
equilibrio dell'impresa, verificata quando essa massimizza i profitti e i
costi medi eguagliano i prezzi per l'operare della concorrenza, può
essere espressa sotto forma di equazione.

Operando in questo modo si giunge a costruire un sistema di equazioni


simultanee che riproduce I'interdipendenza tra i vari settori del sistema
economico. La formulazione walrasiana del modello di funzionamento
di un'economia di mercato dà però adito anche ad alcune nuove
questioni: ad esempio y’è possibile una soluzione di equilibrio
economico generale? Oppure, le condizioni di equilibrio determinate
dal mercato all'interno dei vari settori sono compatibili con l'equilibrio
generale valido per l'intero sistema economico? Come si colloca la
produzione
all'interno del modello? Noi sappiamo che le incognite determinate dal
mercato e risolte da una soluzione di equilibrio economico generale,
sulla base della supposta tendenza all' equilibrio dei mercati, sono 1) i
prezzi dei. beni finali; 2) i prezzi dei fattori; 3) le quantità' dei beni
finali òfferte e domandate; 4) le quantità dei fattori della produzione
offerte e domandate. Esiste allora un unico insieme di prezzi e'di
quantità che risulterà come soluzione di equilibrio per l'intero sistema
economico, o invece sono possibili diverse posizioni di equilibrio? Se
anche si identifica un'unica soluzione, che cosa ci assicura che si tratti
di una soluzione economicamente significativa (ovvero che non
implichi prezzi o quantità negative)? La soluzione che si
determina rappresenterà un gqJd:,ilibrio stabile o un equili- brio instabile?
Il sistema di equazioni simultanee è un sistema determinato? Vi sono
diverse possibilità a quest'ultimo proposito. Lo stesso meccanismo di
funzionamento del mercato può implicare una configurazione delle
funzioni analitiche e matematiche tale da non garantire una posizione
finale di equilibrio. Un' altra possibilità è che sia possibile raggiungere
una posizione finale di equilibrio, ma che tale posizione dipenda
strettamente dal percorso seguito dalle variabili rilevanti del sistema
economico, il che suggerisce che siano possibili diversi valori finali
dell'equilibrio a seconda dei diversi possibili percorsi. Infine, come si
raggiungerà la posizione di equilibrio? Chi fissa i prezzi? Cosa accade
quando si verifica un disequilibrio? Non deve stupire che di tutta
questa serie di problemi Walras avesse un livello di consapevolezza
soltanto parziale: per alcuni di essi infatti la soluzione, o anche la
semplice individuazione, dovette farsi attendere per quasi sessant'anni
dopo il 1874. Il vero problema nell' analisi di Walras è che egli non
seppe rispondere in modo soddisfacente a nessuna delle domande che
abbiamo elencato. n giudizio storico che se ne può dare, quindi, è che
se anche egli fu il padre della moderna scienza economica neoclassica,
va anche detto che non seppe condurla nella terra promessa che essa
prefigurava: al contrario, egli da un lato promise molto, ma dall' altro
consegnò alla storia del pensiero soltanto uno schema astratto con
molte lacune. Nonostante questo giudizio negativo, anche il critico più
severo non può tuttavia non essere d'accordo sul fatto che il modello
presentato da Walras permise un notevole avanzamento nella
comprensione del funzionamento di un sistema di mercato, che riuscì
senz'altro utile come base per i successivi sviluppi teorici. Si apprezza
appieno l'importanza dell'impatto che egli esercitò sulla scienza
economica solo ponendosi in una posizione retrospettiva e
considerando lo sviluppo conosciuto dalla teoria economica nei
novant' anni che seguirono la sua morte.

capoverso

Insegnando agli studenti dei primi anni di università, i professori di


economia utilizzano solitamente esempi in cui compaiono soltanto due
beni, così che essi siano suscettibili di una sernplice rappresentazione
geometrica (come avviene, per esempio, rappresentando la scelta
individuale per mezzo delle curve di indifferenza). In esempi di questo
tipo le ipotesi di razionalità del comportamento sono, intuitivamente,
ragionevoli. Fatto questo, gli stessi professori, con un semplice gesto
della mano, estendo- no l'analisi a «n» beni senza ricordare che in
realtà, per ogni bene addizionale, le capacità di calcolo necessarie a un
soggetto che deve prendere tali decisioni economiche aumentano in
modo esponenziale. È un po' come se prima dimostrassimo che una
persona può saltare, e poi assumessimo che è capace anche di volare,
In realtà, per poter raggiungere un equilibrio economico generale in
presenza di molti beni, gli agenti economici dovrebbero disporre di un
cervello con capacità e potenza di calcolo assai superiori a quelle di cui
essi possono effettivamente disporre, e anche nel caso ne disponessero,
nel tempo a loro disposizione non potrebbero svolgere altra attività se
non elaborare le informazioni necessarie per poter agire razionalmente.
Il punto è che, se pensare è un atto costoso, impiegare troppa
«razionalità» non è sicuramente conveniente, così che,
paradossalmente, quando le persone si comportano in modo irrazionale,
forse agiscono in modo veramente razionale.
Studi recenti sull'analisi dei sistemi complessi suggeriscono che nei
casi in cui vi è una notevole complessità dei processi decisionali, si
modifica la natura stessa del 'sistema e di conseguenza l'approccio al
problema della comprensione di questi sistemi complessi deve essere
fondamentalmente diverso. Se questa conclusione è corretta, potrà
accadere in futuro che il fondamento teorico per l'analisi economica,
rappresentato dall' equilibrio economico generale walrasiano, venga
soppiantato da qualche altro approccio teorico più idoneo alla
rappresentazione dei fenomeni economici.

Uno sguardo retrospettivo

Il posto di rilievo occupato da Walras nella storia della teoria


economica è certamente in parte dovuto alla sua scoperta, fatta in
modo indipendente da altri pensatori, della teoria dell'utilità marginale,
ma soprattutto alla sua rappresentazione dell'interdipendenza esistente
tra i vari settori di un'economia di mercato. Benché già altri autori
prima di lui avessero percepito che vi fossero relazioni reciproche tra
consumatori, imprese, prezzi dei beni finali e prezzi dei fattori della
produzione, quantità offerte e domandate di tutti i beni sia intermedi
che finali, nessuno era però mai stato capace di rielaborare questa
percezione in un modo così preciso come Walras, che la espresse
addirittura per mezzo di un sistema di equazioni simultanee.
. Grazie al suo apporto fu possibile accertare la compatibilità tra
equilibrio del consumatore e equilibrio sui mercati dei beni finali, da
una parte, e equilibrio dell'impresa e equilibrio' sui mercati dei fattori,
dall' altra. I tentativi compiuti da Jevons e Menger, volti a identificare
una semplice relazione causale tra utilità marginale, prezzi dei beni
finali e prezzi dei fattori della produzione manifestano tutta la loro
ingenuità quando li si metta a confronto con il mo-
dello di equilibrio economico generale formulato da Walras.
Quest'ultimo dimostrò in modo lampante le potenzialità dello
strumento matematico per l'analisi economica; anche se tale aspetto
della lezione walrasiana non fu recepito che con qualche decennio di
ritardo, nel pieno del ventesimo secolo, mentre l'estensione e le
modalità dell'impiego della matematica sono ancora oggi messe. in
discussione da diversi autori.
L'analisi marginalista di Walras è più sofisticata rispetto a quella sia
di Jevons che di Menger, dato che egli non si limitò a individuare una
semplice ed univoca direzione causale dall'utilità soggettiva al valore,
ma concepì piuttosto un sistema caratterizzato da interrelazioni
complesse.
Il fatto di concentrare la propria attenzione sull'interdipendenza tra i
vari settori del sistema economico e di risalire, per così dire, a ritroso
fino alla domanda, gli impedì d'altro canto di cadere in alcune delle
trappole nelle quali erano finiti Jevons e Menger. Laddove questi
ultimi si accontentarono di individuare un legame unidirezionale di
causa ed effetto tra l'utilità, i prezzi dei beni finali e i prezzi dei fattori
della produzione, il modello di equilibrio economico generale
walrasiano dimostrò che tutti questi elementi sono tra loro
interdipendenti, che tutti i prezzi sono quindi de- terminati
simultaneamente e che non è possibile identificare alcun rapporto di
causalità in nessuna direzione: i prezzi dei beni finali influenzano e
sono contemporaneamente influenzati dai prezzi dei fattori della
produzione, poiché in uri modello di equilibrio generale ogni cosa
dipende da tutte le altre. Non è del tutto evidente, in Walras, se
un'esposizione così sofisticata fosse il risultato di una consapevolezza
e di una padronanza del fenomeno di cui trattava o piuttosto una
conseguenza della maggiore attenzione da lui dedicata all'equilibrio
generale rispetto all'utilità (che in effetti non è al centro della sua
analisi). Per Walras l'utilità era semplicemente qualcosa che occorreva
ipotizzare per poter ottenere quelle curve di domanda di cui aveva
bisogno. Sarebbe quindi scorretto dire che Walras si preoccupasse di
fornire un solido fondamento teorico, in termini dell'utilità,all'analisi
della domanda, poiché in realtà egli si limitò semplicemente ad
accennarlo senza modellarlo compiutamente.

Produttività marginale e interdipendenza all' interno del sistema


economico
La teoria dell'equilibrio economico generale di Walras non riposa
soltanto sull' analisi della domanda, e quindi sul presupposto
dell'utilità, ma anche sull'analisi dell'offerta, e quindi sul presupposto
della produttività marginale decrescente, Anche questo è un tema sul
quale l'esposizione di Walras si rivelò di una certa ambiguità. Nella
Lezione 20 delle prime tre edizioni degli Elementi di economia pura il
suo modello prevede l'impiego di coefficienti di produzione costanti, il
che equivale a dire che non vi è alcun prodotto marginale, poiché in
questo caso nessun fattore può essere fatto variare indipendentemente
dagli altri. In tal modo alla sua iniziale spiegazione della teoria dell'
equilibrio economico generale veniva a mancare anche il secondo
fondamento teorico che avrebbe dovuto giustificare un modello
completo di equilibrio economico generale. Ciò nonostante egli
afferma che 1'analisi può essere estesa ed approfondita fino ad
includere coefficienti di produzione non più costanti ma variabili, e al
lettore è lasciata la sola possibilità di credere sulla fiducia a tale
affermazione.
Walras riconobbe la necessità di risolvere il problema, e sul finire del
secolo domandò a un collega come potesse modificare la sua analisi
per includervi coefficienti di produzione variabili. Fu così che nel
1900, nella quarta edizione degli Elementi di economia pura, egli adottò
questa nuova ipotesi, fornendo in tal modo all'analisi dell'offerta il
supporto che le veniva dalla teoria della produttività marginale. Quel
che è certo è che questa inserzione avven-ne ben sei anni dopo che
Philip Wicksteed aveva formalmente sviluppato il concetto di
produttività marginale, pubblicizzandone l'importanza, e in tal senso il
contributo di Walras all'analisi marginalista sul fronte dell'offerta esce
ridimensionato, D'altro canto, proprio come era già avvenuto nel caso
dell'utilità marginale, quel che gli interessava veramente era una
funzione di offerta adatta al suo modello di equilibrio economico
generale, non la funzione di produzione a essa sottostante.
Come abbiamo già avuto modo di ricordare, Walras era
consapevole soltanto di alcune delle lacune presenti nel suo modello:
altri problemi, infatti, non furono identificati o risolti che parecchi
decenni successivi, e alcuni di essi sono tuttora irrisolti. Per
comprendere la natura di alcuni di questi problemi si considerino le
seguenti domande.
È possibile una soluzione di equilibrio generale? Alcuni sostenevano che
basta semplicemente contare il numero di equazioni e di incognite per
poter dedurre l'esistenza di un equilibrio economico generale, ma
Abraham Wald (nel 1933) dimostrò che le cose non stanno in questo
modo, e che la dimostrazione dell' esistenza di una soluzione è assai
più complessa. Fu soltanto nel 1954 che Gérard Debreu e
Kenneth Arrow riuscirono a dimostrare sotto certe condizioni
resistenza di una soluzione di equilibrio economico generale.

Se una soluzione esiste, si tratta di una soluzione economicamente


significativa o è possibile che essa implichi prezzi e/o quantità negative? Il
solo fatto che sia possibile dimostrare matematicamente resistenza di
una soluzione di equilibrio economico generale non basta per
concludere che essa sia rilevante a fini pratici. Dato che la connessione
tra equilibrio economico generale e mondo reale è così tenue, non è
affatto chiaro quanto sia rilevante la' pura dimostrazione matematica,
al punto che talvolta si è detto che la matematica dell'equilibrio
economico generale equivale alla «meccanica celeste di un mondo
inesistente»,

Come è trattata la produzione? Benché il sistema walrasiano sembri


includere la sfera della produzione, un esame più attento rivela che
esso è in primo luogo un modello basato sullo scambio e che la
produzione vi è inclusa in modo inappropriato. Finché vi sono
rendimenti costanti di scala, questo non crea alcun problema, ma in
presenza di rendimenti crescenti di scala il modello soffre di alcune
serie contraddizioni.
Le condizioni di equilibrio generate dal mercato all'interno dei vari settori
del sistema economico sono compatibili con l'equilibrio generale valido per
l'intero sistema economico? Walras pensava di aver trovato la risposta a
questa difficile domanda, ma di fatto non è così: vi sono condizioni
rigorose che devono essere soddisfatte perché tale compatibilità sia
assicurata.

Le incognite determinate dal mercato e ottenute come soluzione di


equilibrio generale sono: 1) i prezzi dei beni finali, 2) i prezzi dei fa tto ri,
3) le quantità offerte e domandate dei beni finali; 4) le quantità offerte e
domandate dei fattori della produzione. Esiste un unico insieme di prezzi e di
quantità che soddisfa l'equilibrio per il sistema economico nel suo complesso,
o è invece possibile che si uerificbi una molteplicità di equilibri? Walras
riconobbe la possibilità di equilibri multipli, e l'analisi aell'equilibrio.
economico generale, per la verità, deve ancora fare i canti con questo
problema. Gli economisti teorici che si rifanno. a questa approccio
riescano. infatti a dimostrare le condizioni sotto le quali l'unicità è
garantita, ma non riescano. a dimostrare che quelle siano. proprio le
condizioni che ci si aspetterebbe di vedere verificate nei sistemi
economici reali. La questione diventa ancora più complicata quando. si
cerca di includere nel modello il fenomeno delle aspettative, come
avviene nei cosiddetti modelli sunspot (letteralmente: a macchie solari),
che sana caratterizzati da un'abbondanza di equilibri multipli. La
possibilità di equilibri multipli rappresenta senz' altro una delle maggiori
limitazioni per possibili applicazioni del ma della di equilibrio.
economico generale. In che senso. essi passano. rappresentare un
problema? Nel senso. che anche qualora la soluzione di
mercato. sia una soluzione di equilibrio, non necessariamente si tratta
della miglia re tra tutte le soluzioni di equilibrio. passibili: potrebbe
sempre esistere una soluzione che le è preferibile. Per di più, se anche
esistesse un equilibrio. preferibile, una posizione che fosse di
disequilibrio rispetta ad essa potrebbe eventualmente essere anch'essa
preferibile all' equilibrio. prodotto autonomamente dal mercato.

L’equilibrio è stabile o instabile? Una posizione di equilibrio. non


necessariamente è una posizione stabile, nel senso. che se all'interna di
un modello la posizione iniziale di equilibrio. viene disturbata casa si
può dire sulla passibilità che essa venga in seguita ripristinata? A
questa problema venne data una risposta relativamente tempestiva,
dimostrando le condizioni necessarie alla stabilità. Il punta è che non è
stata dimostrato che quelle condizioni fossero realistiche, per cui vi
sano parecchi elementi che, in realtà, potrebbero tranquillamente
compromettere la stabilità del modello. La stessa processa implicita nel
funzionamento del mercato. potrebbe provocare una spostamento delle
funzioni a delle loro proprietà matematiche tale da impedire un
equilibrio. finale; avvera, in un diversa scenario, un equilibrio. finale
potrebbe anche essere raggiunta, ma la sua posizione potrebbe
dipendere strettamente dal percorso seguita dalle variabili del sistema,
in ma da che divengano possibili diversi valori di equilibrio. finale a
seconda dei diversi passibili percorsi.

. Come si raggiunge l'equilibrio? Chi fissa i prezzi, e cosa accade quando vi


è disequilibrio? Questa domanda, che ha attualmente assunta malta
importanza nell' ambita della macroeconomia, mise a dura prova
Walras, il quale arrivò a proporre numerosi schemi basati su garanzie
scritte a verbali, nonché un processo per tentativi ed errori
(tatonnement) nel quale un banditore (che da allora ha presa il nome di
banditore walrasiano) raccoglie tutte le afferte e le proposte di acquista e
di vendita, quindi determina quali sana i prezzi che assicurano.
l'equilibrio. su tutti i mercati e sala allora permette l'effettuazione degli
scambi. Donald Walker, che ha esaminata approfonditamente il
funzionamento di questi schemi, è giunta alla conclusione che il
meccanismo. di raggiungimento dell' equilibrio. prevista dal ma della
presenta irrimediabili lacune per il fatta che Walras non è riuscito a
identificare modalità praticamente credibili: si tratta di un giudizio. che,
se corretto, sarebbe estremamente negativa per la corrente di pensiero
della nuova macroeconomia classica, la quale fanda la propria analisi
propria sulla ragionevolezza dell'ipotesi del banditore.

Per quanta i problemi che abbiamo. illustrata siano. di fandamentale


importanza teorica, essi non sana tali da compromettere la bontà dei
risultati attenuti da Walras: egli infatti ebbe la capacità di costruire un
modello attor- no. al quale malte delle migliori menti della moderna
scienza economica si sana paste traguardi di ricerca. I temi dell'
esistenza e della stabilità dell' equilibrio. economico generale hanno.
tenuta occupati gli economisti fina agli anni cinquanta di questa secolo,
e altri interrogativi li stanno. ancora mettendo. alla prava. Nonostante
la formulazione walrasiana fosse matematicamente imperfetta, essa ha
costituito il modello di riferimento per la ricerca avanzata fin dagli anni
cinquanta.
L'origine del successo di Walras, cioè l'uso della matematica, è stato
al tempo stesso la causa di alcuni dei fallimenti della teoria
dell'equilibrio economico generale. Grazie all'estrema astrattezza del suo
modello, infatti, WaIras poté cogliere in tutta la sua portata il fenomeno
dell'interdipendenza del sistema economico, ma non fece poi alcuno
sforzo per poter misurare empiricamente le grandezze presenti nel suo
modello. Queste ultime, d'altronde, non erano state concepite per essere
misurate. Si tratta di una teoria senza applicazione empirica, e tale
difficoltà di misurazione delle grandezze implicate dal modello è rimasta
come una delle critiche più importanti alla teoria dell' equilibrio
economico generale anche in epoca più recente. Sebbene tale teoria
mostri le relazioni esistenti all'interno di un sistema economico quando
questo si trova in equilibrio, essa non riesce a spiegare che cosa accade
nel medesimo sistema economico quando variano i fattori che Walras
considerò fissi.
La conclusione della maggior parte degli studiosi è che, malgrado il
modello di equilibrio economico generale abbia potenzialità smisurate ai
fini della valutazione delle conseguenze di politiche economiche
alternative, tali potenzialità devono ancora essere pienamente sfruttate.
Frank Hahn.i un teorico dell' equilibrio economico generale, ha scritto:

Fu Adam Smith il primo ad avvertire il bisogno di spiegare perché


questo tipo di ordinamento sociale non conduce al caos. Milioni di
individui avidi, egoisti, che cercano soltanto il soddisfacimento dei
propri obiettivi e sono per lo più liberi di farlo senza il controllo dello
stato, assomigliano, dal punto di vista del buon senso; a una ricetta
infallibile per l'anarchia. Smith non si limitò a porre una questione che
era palesemente importante, ma ci spinse anche sulla strada che
conduce alla risposta. La teoria dell'equilibrio economico generale,
nella classica formulazione che ne diedero Arrow e Debreu [1954 e
1959], è praticamente la fine di quella strada. Ma ora che siamo giunti
a quel punto lo troviamo meno illuminante di quello che ci eravamo
aspettati'.

Le posizioni metodologiche di Walras e di Marshall

Un confronto anche breve tra l'approccio metodologico walrasiano e


quello marshalliano può rivelare aspetti interessanti circa la concezione
che i due economisti avevano della propria disciplina: Walras, al quale
interessavano soprattutto gli aspetti di tecnica e di forma dell' analisi, si
preoccupò di identificare una rappresentazione matematica del modello
del sistema economico che fosse la più generale possibile. Marshall
concepiva invece la teoria economica come uno strumento utile
all'analisi: essa avrebbe quindi dovuto riferirsi al mondo reale oppure
sarebbe stato meglio che fosse dimenticata, o forse semplicemente
conservata in un angolo della propria mente così da reinserirla
nell'analisi solo nei casi in cui si fosse dimostrata effettivamente
rilevante.
Si tratta, come si vede, di due approcci che non potrebbero essere più
differenti tra loro: il fatto curioso, che esamineremo nel quattordicesimo
capitolo, dedicato alla moderna teoria microeconomica, è che
1'economia marshalliana, costituisce l'impianto dominante in molti corsi
introdurtivi, mentre quella waIrasiana è diventata la microeconomia
ortodossa per eccellenza a livello di ricerca avanzata. Dunque,
nonostante il suo successo, i problemi che l'approccio waIrasiano porta
con sé sono problemi rilevanti e tali da rendere la moderna
microeconomia vulnerabile nei confronti di una serie di critiche.

La posizione di Walras sulla politica economica

Walras considerava la teoria economica pura (come da lui


sintetizzata) come uno strumento utile per la formulazione di misure di
politica economica. In questo senso egli si considerava un socialista, pur
contestando vigorosamente le posizioni di Marx e dei socialisti utopisti
come Saint-Simon, e giunse ad affermare che la teoria economica aveva
fallito l'obiettivo di dimostrare in modo rigoroso che in '
condizioni di concorrenza perfetta avesse luogo un' allocazione ottima
delle risorse. Nelle Lezioni 8, 22, 26 e 27 dei suoi Elementi di economia
pura egli discusse questi temi e concluse comunque che «su un mercato
retto dalla libera' concorrenza la produzione è un'operazione con la quale i
servizi possono combinarsi coi prodotti in maniera e quantità
idonee a dare la massima soddisfazione possibile dei bisogni. La libertà
procura, in certi limiti, il massimo di utilità». Pur considerando con
favore l'idea che lo stato tentasse di creare un sistema di mercati
perfettamente concorrenziali per mezzo di un intervento legislativo, al
tempo stesso evitò di diventare un sostenitore acritico di una politica di
laissez faire, individuando anzi molte aree nelle quali riteneva
desiderabile l'intervento dello stato: per questo - motivo egli potrebbe
essere ragionevolmente considerato come un sostenitore del socialismo
di mercato. Non a ~so seguì l'impostazione di j ohn Stuart Mill,
ritenendo che la rendita fondiaria rappresentasse un reddito non
guadagnato e dovesse quindi essere incamerata dal governo: il suo
ragionamento, infatti, era che in condizioni di mercati perfettamente
concorrenziali e con l'abolizione della rendita come fonte di redditi
privati, la distribuzione del reddito che ne sarebbe conseguita non
avrebbe comportato vistose iniquità. Da un punto di vista più generale,
si può dire che egli tentò di seguire una linea di politica economica che
fosse a mezza strada tra il socialismo di sinistra e la rigorosa
applicazione dellaissez faire. Per quanto riguarda invece il tentativo
walrasiano di dimostrare che la soluzione di equilibrio economico
generale ottenuta nell'ipotesi di mercati perfettamente concorrenziali
risulta nella massimizzazione dell'utilità per la società nel suo insieme,
va detto che esso è stato largamente ignorato o addirittura dimenticato
dagli economisti. Ma è pur vero che Knut Wicksell (1851-
1926) avrebbe più tardi dimostrato che la conclusione cui era giunto
Walras vale solo nel caso particolare in cui tutti gli individui hanno la
medesima funzione di utilità e lo stesso livello di reddito'.

Le posizioni socialiste di Walras circa le implicazioni del suo


nodello furono poi approfondite, negli anni trenta ed oltre, da un
gruppo di teorici impegnati in quello che è divenuto famoso come il
«dibattito sul calcolo socialista», ovvero il confronto teorico tra
socialismo e capitalismo, del quale ci occuperemo in maggior dettaglio
nel corso del dodicesimo capitolo.

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