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CAPITOLO 17 La Seconda rivoluzione industriale e l’imperialismo

1 Trasformazioni nelle campagne


Per secoli le campagne europee erano cambiate assai poco,anche se dal Settecento si diffusero nelle
zone più avanzate d’Europa importanti trasformazioni delle tecniche di coltivazione e dei rapporti di
produzione. In Inghilterra queste trasformazioni erano state uno dei fattori della Rivoluzione industriale
ma al di fuori del Regno Unito,i processi di modernizzazione dell’agricoltura avevano interessato solo le
Fiandre, la Pianura padana, una parte della Francia e ben poche altre aree del vecchio continente. Nel
complesso le tecniche e la produttività agraria di gran parte dell’Europa erano rimaste tradizionali.Fin
oltre la metà dell’Ottocento, il contadino restò assai povero e aggrappato alla piccolissima proprietà, che
gli forniva il fabbisogno essenziale. Oltre che sulla propria terra, nella maggior parte dei casi il contadino
lavorava in cambio di un salari nelle grandi aziende agricole che producevano per il mercato.Vi erano
grandi differenze da uno Stato all’altro.In Svizzera, relativamente egualitaria, si contavano 300.000
proprietari terrieri, in tutta Italia appena 400.000.Il divario fra grandi e piccolissime aziende non si
riduceva, poiché dove non regnava più il latifondo si svilupparono le grandi imprese capitaliste. Meno di
un quarto della terra era suddivisa fra la maggioranza della popolazione agricola, che ne traeva il
proprio sostentamento; il resto apparteneva a medi o grandi proprietari che rifornivano i mercati
cittadini. In vaste zone dell’Europa centro-orientale e meridionale, la maggior parte della proprietà
terriera si concentrava addirittura nelle mani di poche decine di famiglie.
I rapidi cambiamenti alla fine del XIX secolo
A causa dello sviluppo dei mezzi di trasporto e soprattutto della ferrovia il mondo rurale perse
importanza e peso in confronto a quello urbano e industriale. Per tutti divenne economicamente
conveniente specializzare le colture, facendo produrre a ogni terreno ciò per cui era più adatto: la
ragione stava nel fatto che i costi del trasporto non incidevano più sul prezzo dei prodotti agricoli in
modo tale da costringere ogni porzione di territorio all’autosufficienza. La terra veniva così sfruttata in
maniera più intensiva e in relazione con le richieste di un mercato che andava allargandosi. Queste
condizioni cominciavano a valere anche per i piccoli produttori, che costituivano la maggioranza della
popolazione agricola e in molti Paesi la quasi totalità​.​. La famiglia contadina non era più costretta a
produrre tutto o quasi tutto quello di cui aveva bisogno, ma ciò per cui la terra era più adatta, e da cui
ricavava un profitto. Così facendo aveva più facile e largo accesso al mercato.​Un cambiamento
importante derivò dal fatto che l’agricoltura andava differenziandosi dall’allevamento, mentre da
sempre le due attività erano state fortemente integrate. ​Conseguenza di tale cambiamento fu che
venne meno la possibilità di concimare i campi col letame, e a questa mancanza, si riuscì perchè a
partire dalla metà dell’Ottocento, lo sviluppo della navigazione oceanica fu tale che si poterono
importare quantità enormi di guano. ​Ma poiché il guano non era una risorsa inesauribile, ci si rese
tuttavia conto ben presto che era necessario un prodotto più stabile, sicuro ed economico, che poteva
venire solo dall’industria: a fine secolo, grazie al suo sviluppo scientifico e tecnologico, l’industria
chimica si mise in condizione di soddisfare la domanda crescente di concimi creandone di artificiali.
Nel frattempo, nei Paesi più avanzati l’industria meccanica cominciò a produrre numerose nuove
macchine per i lavori agricoli, determinando, alla fine del XIX secolo, una connessione stretta fra
agricoltura e altri settori dell'economia.
La minore importanza dell’agricoltura nell’economia globale
Paradossalmente, proprio l’accresciuta produttività del settore agricolo contribuì a ridurre il suo peso
nell’economia e nella società.​ Infatti sempre meno agricoltori erano necessari per sfamare il resto della
popolazione: l’agricoltura, proprio perché si modernizza, crea una sovrabbondanza di manodopera.
Quantità crescenti di contadini si trasferirono nelle città o cercarono fortuna nelle Americhe.A partire dal
1873, quando si verificò una crisi economica, la situazione nelle campagne europee peggiorò
gravemente​. Le esportazioni agricole americane e russe, sempre più concorrenziali per la diminuzione
dei costi di trasporto, provocarono una caduta del prezzo del grano, dei redditi dei contadini e del valore
delle terre. Il fenomeno dell’abbandono delle campagne accelerò e per l’Italia venne il momento della
prima grande ondata di emigrazione.​Due conseguenze fondamentali derivarono dalle imponenti
trasformazioni delle campagne e all'arretramento di queste ultime di fronte all’industria​. La prima fu la
perdita di potere e di prestigio dei proprietari terrieri aristocratici.La seconda conseguenza fu la
crescente organizzazione cooperativa, sindacale e politica dei contadini.​Nel complesso, quindi, a
prezzo dell’emigrazione e dell’inurbamento, la condizione dei contadini che rimanevano in campagna
lentamente migliorava: i tetti di tegole sostituivano quelli di paglia, l’illuminazione a gas faceva la sua
comparsa anche nelle case contadine, la carne non era più del tutto marginale nella dieta e
l’analfabetismo cominciava a regredire. ​E anche i salari aumentano, proporzionalmente, più dei prezzi.
Par 2 Trasformazioni nell’industria: l’elettricità,la chimica e il motore a scoppio
L’industria ottocentesca dipendeva dal carbone, praticamente l’unica fonte energetica. La Rivoluzione
industriale era partita dal settore tessile. Ma l’industria aveva poi continuamente accresciuto il proprio
fabbisogno di energia investendo nella metallurgia e nella meccanica, le quali producevano le
macchine, i mezzi di trasporto e gli impianti che avevano radicalmente cambiato il volto di molte zone
d’Europa.​.A partire dall’ultimo ventennio del secolo una Seconda rivoluzione industriale cominciò a
trasformare ancora più radicalmente la vita quotidiana, oltre che il modo stesso di lavorare, e quindi la
dinamica dei rapporti sociali.​. Questa seconda Rivoluzione prese l’avvio dall’uso su vasta scala
dell’elettricità, dalle applicazioni dell’industria chimica e dall’invenzione del motore a scoppio.
Alessandro Volta (1745-1827), che aveva realizzato la prima pila. Ma la sua utilizzazione pratica
dipendeva dalla produzione in grande quantità e la disponibilità per le fabbriche e le città.Risultarono
decisive in proposito le invenzioni della turbina, della dinamo e dei materiali isolanti​. La turbina ​è un
congegno che permette di trasformare, con minime dispersioni di energia, la forza dell’acqua o del
vapore in un movimento rotatorio​;.L’invenzione della dinamo (1867) rese possibile applicare la
scoperta,del rapporto fra elettricità e magnetismo, per realizzare i primi impianti capaci di trasformare il
movimento rotatorio in energia elettrica. Ma una volta prodotta, l’energia elettrica doveva essere
trasportata senza pericoli né dispersioni​;questo risultato fu reso possibile verso la fine del secolo
dall’uso delle prime gomme sintetiche isolanti prodotte dall’industria chimica, con le quali furono rivestiti
i primi cavi ad alta tensione.
Nel 1882 sorse la prima centrale elettrica ​destinata a illuminare il centro di New York. Da allora i
progressi nella produzione e nella distribuzione dell’elettricità permisero di sfruttare l’energia pulita delle
cascate, con una diminuzione della dipendenza dal carbone. L’Italia produceva un milione di kilowattora
dai suoi impianti idroelettrici, una quantità che copriva peraltro solo una piccola parte del fabbisogno.
I profondi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro
Questa nuova forma di energia cambiò anche la natura della fabbrica e l’organizzazione del lavoro,
determinando importanti ripercussioni sociali. L’utilizzo dell’elettricità mise a disposizione dell’industria
una fonte di energia che offriva straordinari vantaggi: l’elettricità poteva essere trasportata a grandi
distanze con bassa dispersione ed era facilmente convertibile in diversi tipi di energia (luce, calore,
movimento).Il motore elettrico sostituì la macchina a vapore e trasformò completamente la produzione
industriale. I macchinari divennero più sofisticati e precisi. Le macchine stesse cominciarono a essere
prodotte industrialmente, montando parti costruite in serie e intercambiabili.Muta il rapporto fra l’operaio
e il posto di lavoro,perché l’abilità professionale non era più richiesta come in passato e i lavoratori
diventavano molto più anonimi e intercambiabili. ​Negli anni Dieci del Novecento, l’ingegnere Frederick
W. Taylor teorizzò un sistema secondo cui, per ottenere la massima resa produttiva, le varie mansioni
andavano frammentate in singoli gesti, ognuno dei quali doveva essere eseguito da un operaio che lo
ripeteva indefinitamente, in tempi e modi prestabiliti, rispondenti ai ritmi produttivi della macchina. Il
«taylorismo» fu largamente applicato nella lavorazione a catena di montaggio, introdotta per la prima
volta nella fabbrica di automobili Ford, a Chicago, nel 1913, e diffusasi poi in tutto il mondo nel corso del
XX secolo: i pezzi da montare venivano fatti scorrere su un binario, e a ciascun operaio era assegnata
l’esecuzione di una sola operazione, sempre la stessa. ​Gli operai venivano così completamente asser-
viti alle macchine: addetti al loro regolare funzionamento, erano ridotti a membri di una massa
indifferenziata​.
Le applicazioni dell’elettricità nella vita quotidiana:
L’elettricità modificò radicalmente, oltre alle tecniche di produzione, molti aspetti della vita quotidiana e
delle relazioni sociali. Fondamentale fu l’illuminazione elettrica su larga scala, resa possibile dalla
lampadina a incandescenza inventata dallo statunitense Thomas A. Edisonnel 1879. La luce elettrica,
progressivamente sostituì le tradizionali lampade e torce a olio e quelle pericolose e inquinanti a gas.
Illuminare artificialmente significava, permettere alle classi popolari di utilizzare le ore dopo il lavoro per
attività sociali o ricreativo-culturali, per l’organizzazione politica, per l’istruzione.​Il telegrafo elettrico
consentiva la trasmissione di impulsi con cui si potevano comporre e decodificare messaggi. Nel 1858
ebbe luogo il primo contatto telegrafico fra la regina d’Inghilterra e il presidente degli Stati Uniti, grazie a
un cavo sottomarino di 3.700 chilometri che attraversava l’Atlantico. Novità di ancora maggiore impatto
fu ​la trasmissione diretta della voce​, il cui merito va all’americano Alexander G. Bell, che brevettò nel
1876 il telefono. Alla vigilia della Grande Guerra molte città cominciavano a disporre di impianti
telefonici in rete, con i quali le abitazioni private potevano essere messe in contatto fra di loro.
Guglielmo Marconi:inventò nel 1899 la trasmissione senza fili per mezzo della radio.Via cavo o via
etere, la voce e il pensiero degli uomini potevano ormai viaggiare con una velocità assolutamente
impensabile per le generazioni precedenti. Le reti di rapporti interpersonali e le possibilità di influenzare
un pubblico potenzialmente sterminato risultarono improvvisamente aumentate, in misura almeno
paragonabile a quella determinata dall’invenzione della stampa.
Gli sviluppi nel campo della chimica:​ ​Lo sviluppo delle applicazioni dell’elettricità svolse un ruolo
importantissimo anche nella trasformazione della materia, grazie all’industria chimica, ​l’altro grande
pilastro della Seconda rivoluzione industriale. La chimica rese disponibili prima il gas da illuminazione,
nuovi esplosivi (la dinamite, inventata da Alfred Nobel nel 1887), i primi fertilizzanti artificiali, capaci di
potenziare enormemente la produttività agricola, ​Con la ricerca sui medicinali e i disinfettanti nacque la
moderna​ industria farmaceutica, ​che consentì di combattere con nuove armi la lotta contro le malattie.
La chimica industriale incise anche nella metallurgia. La chimica fece compiere un balzo alla produzione
di alluminio importantissimo nella metallurgia moderna.L’industria chimica permise inoltre di creare
materiali completamente nuovi. Per le manifatture tessili nacquero sete artificiali di basso prezzo, create
dalla cellulosa di cotone o dalla polpa di legno.Divennero per esempio possibili le coperture
pneumatiche delle ruote, fondamentali per la nascente industria dell’automobile.​Nasce il cinematografo.
Il meccanismo ottico dell’animazione, che fu gradualmente messo a punto negli anni Ottanta e Novanta
dai fratelli Lumière che realizzarono la prima proiezione pubblica in una sala parigina. Stava per
nascere la nuova grande industria cinematografica, di cui gli Stati Uniti avrebbero assunto la leadership.
In diversi casi i nuovi prodotti dell’industria chimica si ricavavano a partire dal carbone, che serviva
anche a produrre energia elettrica. Il carbone mantenne quindi ancora per decenni un ruolo primario
nella produzione industriale. ​Ma la grande novità fu il petrolio: che ben presto divenne la principale fonte
energetica dell’umanità e la materia prima essenziale per l’industria chimica. Dagli 8 milioni di tonnellate
di greggio del 1890, la produzione mondiale passò a 56 milioni nel 1914, di cui 34 nei soli Stati Uniti
.Il motore a scoppio e la rivoluzione dei trasporti:
L’ultima fondamentale innovazione della Seconda rivoluzione industriale fu la realizzazione di un motore che
permettesse una flessibilità molto maggiore di quella della macchina a vapore: il motore a scoppio​.Nel 1865 ​le
prime automobili dotate di un m ​ otore a scoppio dalla struttura simile a quella odierna venivano prodotte
dai tedeschi Daimler e Benz. Il motore a ​scoppio si dimostrò più efficace e versatile della macchina a
vapore.Negli stessi anni venne inventato da Rudolf Diesel il motore a diesel che si adattava
perfettamente come propulsore per le navi e fu ampiamente utilizzato in quest’ambito.Le automobili ben
presto cominciarono ad assumere una linea diversa e originale e a imporsi nella concorrenza con la
trazione animale. Allo scoppio della Grande Guerra circolavano nel mondo duemilioni di vetture, metà
delle quali negli Stati Uniti.​Il motore a scoppio permise infine la realizzazione di un antico sogno
dell’umanità, quello del volo​.Nel 1903 i fratelli americani ​Wright riuscirono a percorrere 260 metri a tre
metri di altezza dal ​suolo a bordo di un piccolo aeroplano dotato di un motore a scoppio molto leggero.
Da allora l’evoluzione fu rapidissima: nel 1909 si superò in aereo la Manica, n ​ el 1910 le Alpi, nel 1913 il
Mediterraneo. ​Nella guerra mondiale che stava per scoppiare, gli uomini erano per la prima volta in
grado di battersi in cielo
3 La nascita della finanza moderna:​Tra gli anni Ottanta del XIX secolo e la Prima guerra mondiale,
soprattutto negli Stati Uniti e in Germania, si formarono le prime grandi ​concentrazioni di imprese(trust)​,​.
Nasceva così la struttura della finanza moderna, caratterizzata da società quotate in borsa che
detenevano pacchetti azionari di altre società, che a loro volta ne controllavano altre​. ​I consigli di
amministrazione divennero i luoghi dove venivano prese decisioni di politica industriale in grado di condizionare il
mercato mondiale. Il mercato puro, non esisteva più: il liberalismo ottocentesco appariva superato dallo sviluppo
capitalista.​Oltre ai trust nacquero i cartelli, accordi fra imprese dello stesso settore finalizzati a evitare la
concorrenza e a controllare in tal modo i prezzi sul mercato.L​’uomo simbolo del nuovo capitalismo monopolista fu
l’americano ​John D. Rockefeller ​(1839-1937), che, partito negli anni Sessanta da una raffineria di petrolio, arrivò
a creare la ​Standard Oil Company, un gigantesco cartello di società che controllava più del 90% del mercato
petrolifero americano. Nel 1911 la nuova legislazione antitrust degli Stati Uniti impose alla Standard Oil di
dividersi. In ogni caso, le società uscite da quel colosso continuarono ad accordarsi e riuscirono a
condizionare l’intero mercato mondiale.​Soprattutto nei Paesi di recente industrializzazione l’intreccio fra
grandi interessi finanziari e potere politico si faceva sempre più forte: in Italia il blocco degli «interessi
protetti» era alla base della politica crispina; in Germania e in Giappone grandi gruppi privati vantavano
legami politici tali da minacciare gravemente l’autonomia dei pubblici poteri.
Relazioni fra Banche e industrie.​Le trust in alcuni casi era​no controllate da banche di nuovo tipo,
che prestavano denaro a lungo termine al fine di finanziare investimenti industriali​. Le nuove banche
d’affari finalizzavano la propria azione all’investimento industriale,rischioso, ma che poteva risultare
molto remunerativo.​Si affermava anche la banca mista, che operava con prestiti sia a breve sia a lungo
termine, cioè serviva tanto la piccola clientela quanto l’investimento industriale. ​Queste banche
utilizzavano il capitale depositato dai piccoli risparmiatori per acquistare portafogli azionari enormi, che
consentivano loro di controllare le imprese;Questo sistema di relazioni tra mondo industriale e mondo
finanziario,era sia potentissimo che fragile. Lo Stato si trovava a intervenire sugli assetti della grande
proprietà privata e sugli equilibri produttivi.
4 Il declino del liberalismo e gli inizi della democratizzazione:
Il liberalismo ottocentesco si fondava su due princìpi essenziali: la non interferenza dello Stato negli
equilibri economici e sociali e l’esclusione delle masse popolari dalla vita politica, a cui poteva accedere
solo chi avesse requisiti minimi di cultura e di reddito. La libera iniziativa dell’individuo doveva essere
salvaguardata dall’invadenza dei poteri pubblici e dalla richiesta di protezione sociale delle masse.
Dopo la crisi del 1873 lo Stato cominciò a intervenire sempre più pesantemente nell’economia. Se la
sfera dell’intervento pubblico cresceva in misura enorme nella produzione, cresceva anche nell’ambito
dell’amministrazione.Cominciavano a essere costruite le prime metropolitane: a Londra nel 1863, a New
York nel 1867, a Parigi nel 1900. Gli acquedotti, le fognature, i sistemi di smaltimento dei rifiuti
dovevano essere messi a punto e non tutti questi servizi potevano essere appaltati all’iniziativa privata,
perché difficilmente erano in grado di produrre profitti.​Non potevano essere affidati per intero al settore
privato le poste e le ferrovie.​L’intervento statale si rendeva necessario, in molti casi fino alla
nazionalizzazione totale, che per le ferrovie italiane avvenne nel 1905​.Giustizia e polizia gravavano
esclusivamente sulle spalle dello Stato e di fronte ai crescenti problemi di ordine pubblico si trattava di
un impegno sempre più complesso. Ancora più gravoso era il peso delle spese militari, imposto da
eserciti sempre più grandi e armamenti sempre più sofisticati.​Lo stesso valeva per la ​pubblica
istruzione: l’analfabetismo cominciava a essere avvertito come una barbarie da eliminare e l’istruzione
primaria diventava in tutti i Paesi europei un grande compito dello Stato, che su questo terreno venne a
scontrarsi con il predominio delle Chiese.
La nascita del settore terziario e di un nuovo ceto sociale:
Per far fronte alle nuove spese, lo Stato doveva intervenire con un prelievo fiscale sempre più oneroso.
La tassazione indiretta,venne accantonata e venne adottata un’imposizione progressiva sul reddito.
Secondo gli oppositori l’imposta progressiva non era altro che un strumento di ridistribuzione della
ricchezza, poiché prelevava dal ricco in proporzione assai maggiore che dal povero.L’esercito crescente
di addetti ai servizi municipali e statali per i ceti dirigenti liberali rappresentava una necessità negativa,
perché ritenuto invadente e costoso.Inoltre il massiccio reclutamento di dipendenti pubblici creava una
novità sociale e politica: una massa di servitori dello Stato in cui i governanti potevano trovare un
serbatoio del consenso.​Nasceva un nuovo settore dell’economia,il «settore terziario», fatto in larga
misura di pubblico impiego. Si trattava di una novità capace di acquistare grande rilevanza perchè
modificava la composizione dei ceti popolari.Il terziario arrivò aoccupare circa un terzo della
popolazione attiva.Cambiarono le dinamiche sociali: ​un ceto di impiegati che vivevano del proprio
salario sostituiva la piccola borghesia ed era destinato a far sentire il proprio peso nello scontro con il
proletariato. ​Gli impiegati godevano di un ruolo e di una dignità sociale, dell’integrazione in un sistema
socio-politico dal quale si sentivano promossi. Questo ceto sociale,si sarebbe rivelato conservatore e
nazionalista.
Il processo di democratizzazione delle masse:
In questo periodo furono varati i primi abbozzi di ​legislazione sociale. Nella maggior parte Paesi
europei,l​o Stato intervenne nelle dinamiche sociali con una legislazione a tutela dei lavoratori.​In
Germania le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, contro le malattie e la vecchiaia furono rese
obbligatorie fin dagli anni Ottanta; gli altri Paesi imitarono questo modello.​Costringere il datore di lavoro
ad assicurare l’operaio significava intervenire pesantemente nella domanda e nell’offerta di lavoro; ​ma,
si promuove la sicurezza sociale e la dignità umana dei ceti più umili​.​Il sempre più frequente passaggio
dal lavoro agricolo a quello urbano, l’alfabetizzazione, la crescita del pubblico impiego, la tutela sociale
erano fattori potentissimi di democratizzazione delle masse. ​Oltre a raggiungere un miglioramento delle
condizioni materiali di vita, ​una parte rilevante della popolazione acquisiva, attraverso il lavoro, una
posizione più dignitosa, ​che le permetteva di contrastare l’esclusione sociale​.​Tra la fine dell’Ottocento e
gli inizi del Novecento, milioni di uomini ottennero la cittadinanza politica attraverso l’allargamento del
suffragio. In Inghilterra si arrivò nel 1884-85 a un suffragio molto allargato, mentre in Italia per il
suffragio universale maschile si dovette aspettare il 1912​. Per il suffragio femminile la rivendicazione si
fece sempre più forte.​Il primo movimento femminista che seppe guadagnarsi l’attenzione dell’opinione
pubblica nacque in Gran Bretagna agli inizi del XX secolo e di lì si estese progressivamente al resto
dell’Europa​. Le sue militanti presero il nome di «suffragette» ​Il movimento delle donne diede un
contributo importante alla democratizzazione di fine Ottocento, ponendo già all’ordine del giorno un
problema ancora oggi irrisolto e di grande rilevanza: quello dell’uguaglianza nel rispetto della differenza.
Lo sviluppo del pensiero democratico chiamava lo Stato a risolvere il problema del rispetto della
differenza nella parità.
5 Il Congresso di Berlino e l’apice dell’imperialismo: ​Nella seconda metà dell’Ottocento i rapporti
politici europei erano diventati instabili, dopo la pace prodotta dal Congresso di Vienna. Le grandi
potenze erano le solite cinque (Germania, Austria, Russia, Francia e Inghilterra) ma ​il loro accordo si
era fatto difficile.Ogni stato si muoveva autonomamente e senza vincoli, tessendo di volta in volta
alleanze diverse a seconda dei vantaggi ​che riteneva di poter ricevere.Il primo ​problema internazionale
che si pose fu la ​«questione orientale», cioè l’instabilità dell’Impero ottomano dilaniato dalla crescita dei
nazionalismi nei suoi territori europei. A metà degli anni Settanta del XIX secolo scoppiarono violente
rivolte anti turche in Bosnia, Serbia e soprattutto nell’attuale Bulgaria, dove i turchi reagirono con una
terribile repressione.Intervenne allora la Russia, che dichiarò guerra ai turchi (aprile 1877) spingendosi
fino alle porte di Istanbul. Il vecchio Impero ottomano non crollò ma,dovette rinunciare alla Bulgaria, che
divenne ​indipendente con la pace di Santo Stefano nel marzo 1878.​Nel 1878 Bismarck, spinto dal timore
che il crollo dell’Impero turco nei Balcani rafforzasse eccessivamente la Russia creando una situazione di
tensione internazionale, convocò a Berlino un congresso per affrontare tutta la complessa questione balcanica​. A
Berlino furono disegnati i confini del Principato di Bulgaria, i cui territori furono ridotti rispetto alla pace di Santo
Stefano; all’interno del nuovo Stato restarono importanti minoranze ognuna delle quali parlava la propria lingua e
professava la propria religione. Serbia,Romania e Montenegro ingrandirono i loro territori, a spese dell’Impero
ottomano​.​Il Congresso di Berlino ​concesse poi all’Impero asburgico, come compensazione della crescita della
presenza russa nei Balcani, il protettorato sulla Bosnia-Erzegovina (di fatto già occupata militarmente dagli
austriaci). Gli ottomani inoltre cedettero Cipro al Regno Unito come compenso per l’intervento della flotta inglese
contro la minaccia rappresentata dalla Russia, che vide così ridimensionate le proprie ambizioni.Il congresso di
Berlino non si occupò delle altre questioni internazionali anche se i problemi non mancavano. I rapporti tra
Francia e Germania erano ancora tesi per la questione dell’Alsazia-Lorena. Nel 1873, si era formata la Santa
Alleanza, dei tre imperatori,fra Germania, Austria e Russia, benché Austria e Russia fossero schierate l’una
contro l’altra nei Balcani. Restava poi da definire la collocazione internazionale dell’Italia, che si stava
avvicinando alla Germania e quindi all’Austria benché restasse irrisolta la questione di Trento e Trieste, che
rimanevano austriache. L’Europa si stava dividendo in fronti contrapposti e il risultato sarebbe stato, nel 1914, lo
scoppio della Prima guerra mondiale
L’espansione coloniale ottocentesca- T ​ ra le questioni che dividevano le potenze europee c’era
soprattutto il problema dell’espansione coloniale. Dal 1880 al 1910 gli stati avevano conquistato
militarmente e politicamente anche se non interamente l’Oceania, l’Africa e l’Asia.L’obiettivo delle
potenze europee era quello di conquistare i grandi mercati del pianeta e cioè di vendere dovunque le
merci che venivano prodotte su vasta scala e a costo ridotto dalle industrie europee.Per esempio il
movimento dei tessuti di cotone fra l’India e l’Inghilterra subì un’inversione: ora erano i prodotti in cotone
britannici a imporsi sul mercato indiano.I flussi economici ora riguardavano in misura crescente anche i
capitali finanziari. ​Gli occidentali iniziarono a investire direttamente e in misura massiccia nelle colonie​:
in imprese commerciali, in infrastrutture, in mezzi di trasporto e in impianti industriali, soprattutto
minerari. Dalle colonie non giungeva più in Europa soltanto un flusso di merci, ma anche di profitti,
ricavati sia dalla vendita dei prodotti europei sia dall’investimento in servizi e strutture produttive​.Per
questo occorreva un controllo capillare del territorio, quindi ampie amministrazioni coloniali gestite
direttamente dagli Stati. ​Nel 1877 la regina inglese Vittoria si proclamò «imperatrice delle Indie», cioè
dell’immenso dominio coloniale britannico nel mondo intero. Quest’età fu chiamata, già dai
contemporanei​, «età dell’imperialismo»​.​Questa concezione fortemente sbilanciata dei rapporti fra i
diversi Stati trovava per gli occidentali la propria giustificazione morale nella supposta funzione
«educativa» che la civiltà europea aveva il dovere di esercitare nei confronti degli altri popoli.​In molti
casi le potenze imperialiste dovettero costruire dal nulla le strutture fondamentali dell’apparato
statale.Ma naturalmente imposero le loro lingue, le loro leggi, la loro cultura. ​I missionari
diffusero le Chiese cristiane e fondarono scuole e ospedali. Gli esploratori penetrarono negli ultimi
luoghi dove l’uomo bianco non era ancora giunto, all’interno dell’A​frica, dell’Amazzonia, dell’Australia,
nelle regioni polari.
La spartizione dell’Africa e dell’Asia-L ​ ’Inghilterra altre alla Nigeria a ovest, occupò la maggior
parte dell’Africa orientale e intorno al 1900 il suo Impero giunse a comprendere l’Egitto, il Sudan, il
Kenya, la Rhodesia, il Sud Africa. Dalla foce del Nilo al Capo di Buona Speranza si poteva attraversare
l’intera Africa, da nord a sud,quasi sempre sul suolo dell’Impero britannico.​Nell’ultimo ventennio del
secolo la Francia occupò l’Africa occidentale (eccetto la Nigeria) e parte di quella equatoriale, cioè il
Senegal, la Costa d’Avorio, il Gabon, il Ciad e il Congo francese, oltre all’isola di Madagascar
nell’oceano Indiano.In Asia, già negli anni Sessanta, la Francia aveva sottomesso la Penisola
indocinese, dalla quale sperava di penetrare nella Cina meridionale.
L’Olanda, che da secoli aveva basi a Giava, occupò sistematicamente l’Indonesia ​e nello stesso modo
agì il Portogallo,che estese il suo controllo all’intera Angola e al Mozambico, rispettivamente sul-
la costa atlantica e su quella indiana dell’Africa meridionale.​Il Belgio si impadronì del Congo nel 1885 e
la Germania, alla fine degli anni Ottanta, del Camerun e del Tanganica.​La Russia estese il suo dominio
in Asia Centrale confrontandosi con l’Inghilterra per il controllo dell’Afghanistan e inserendosi nella
competizione per l’egemonia sulla Cina.​Perfino l’Italia e il Giappone si affrettarono a costruire un impero
coloniale con quello che restava: l’Italia occupò l’Eritrea, la regione costiera della Somalia e, più tardi, la
Libia, mentre il Giappone estese la sua influenza alla Cina settentrionale e alla Corea.
I conflitti militari per le colonie-A ​ lcune di queste occupazioni furono facili e indolori, altre invece
comportarono sforzi militari consistenti, non sem​pre vantaggiosi​.I francesi, in Indocina, dovettero
schiacciare il Vietnam,uno Stato di grandi tradizioni politiche e culturali, che seppe opporre una
resistenza formidabile: fu un’operazione in pura perdita.​ Gli italiani, in Africa orientale,incontrarono
difficoltà molto gravi, subendo anche ripetute sconfitte. ​Anche gli inglesi dovettero superare notevoli
difficoltà per imporre il loro controllo sul Sudafrica, colonizzato dagli olandesi, che prima di loro si erano
spinti all’interno assoggettando le popolazioni indigene. Nel Sud Africa erano stati scoperti ricchi
giacimenti d’oro e di diamanti,e gli interessi economici in gioco erano molto grandi.I boeri,si opposero
alla colonizzazione britannica con una guerra (1899-1902) che richiese alla Gran Bretagna l’invio di un
corpo di spedizione enorme.​ La pace di Pretoria (1902) sanzionò la vittoria degli inglesi, nonché l’inizio
di una politica di integrazione fra i loro coloni e i boeri a danno della maggioranza nera e asiatica
immigrata, costretta a vivere in un regime di segregazione razziale che sarebbe durato fino al 1992.
Le potenze coloniali si trovarono vicine al confronto militare, come accadde per l’Afghanistan, conteso
da inglesi e russi, e per la Tunisia oggetto delle mire di italiani e francesi, che se ne assicurarono il
controllo nel 1881.​ La guerra combattuta nel 1904-05 fra i russi e i giapponesi per il controllo del
Pacifico settentrionale fu particolarmente violenta e rappresentò la​ prima guerra interimperialista
moderna,​ una tragica prova generale della Prima guerra mondiale. ​Anche gli Stati Uniti combatterono
una breve guerra contro la Spagna nel 1898, per il controllo delle Antille e di importanti rotte oceaniche.
La Spagna, sconfitta, perdette le sue ultime colonie: dovette cedere le Filippine agli americani e ritirarsi
da Cuba che passò sotto il controllo degli Stati Uniti​.​L’imperialismo diventerà non più soltanto una
necessità economica, ma l’espressione diretta della politica di potenza perseguita dagli Stati colonizza-
tori e ciò non fece che incrementare le occasioni di attrito e di scontro, innescando quella tragica spirale
di tensioni che sfocerà nella Prima guerra mondiale nel 1914.
L’apice dell’imperialismo europeo-F ​ u costruito il canale di Suez nel 1869 per collegare il Mar Rosso
al Mar Mediterraneo esso divenne il primo incentivo per l'occupazione inglese dell'Egitto. Negli stessi
anni fu progettato il taglio dell’istmo di Panama, ma la sua realizzazione tardò fino agli inizi del nuovo
secolo. Furono gli americani a impadronirsi del progetto e della sua realizzazione provocando
addirittura una rivoluzione nella zona dell’istmo contro il governo colombiano: questo avvenimento portò
alla nascita della piccola Repubblica di Panama. Quest’ultima diede in concessione direttamente agli
Stati Uniti il territorio sul quale realizzare il canale, inaugurato nel 1914
Il nazionalismo razzista e l’antisemitismo-P ​ er giustificare le imprese coloniali volte ad assicurare al
proprio Paese alcuni vantaggi nella spartizione del mondo​,il colonialismo e l’imperialismo si servirono
anche di una nuova forma di nazionalismo che stava sorgendo sulle ceneri del nazionalismo
democratico di Mazzini.Il nazionalismo adottò l’idea che l’appartenenza nazionale implicasse
necessariamente un atteggiamento aggressivo nei confronti dei vicini in molti casi considerati inferiori
per «razza».​ Esso servì anche a dotare i regimi di una solida base di massa, oppure a creare nuovi
Stati, dotandoli di un collante ideologico e culturale capace di coinvolgere i popoli. ​In un’Europa
che scivolava verso la guerra, il nazionalismo esasperato, aggressivo e razzista, serviva dunque a
garantire il sostegno di massa alle avventure imperialistiche​. Serviva anche a inquadrare l’inclusione
delle masse popolari all’interno di regimi politici spesso apertamente illiberali.​Il Paese nel quale questo
tipo di nazionalismo si manifestò più precocemente e in maniera più virulenta fu la Germania, do-
ve aveva fatto la sua comparsa già prima del 1848.​ Vennero istituite feste nazionali per celebrare il
popolo germanico, erigendo monumenti agli eroi nazionali o in ricordo di battaglie memorabili che
avevano reso grande e unita la nazione.Si fondavano associazioni di sportivi e di ginnasti, di tiratori
scelti militarmente inquadrati​: il tutto per diffondere nelle masse popolari il sentimento di appartenenza
alla comune patria tedesca, la disciplina e lo spirito di corpo.​Nella maggior parte dei Paesi europei si
seguì la medesima strada. In Italia si ripescano dalla memoria storica la grandezza degli antichi romani,
l’orgoglio dei Comuni medievali in lotta contro Barbarossa, l’insurrezione dei Vespri siciliani contro
l’occupazione francese,​ ossia tutto quello che poteva dimostrare la presunta superiorità del popolo
italiano.Il 20 settembre (data della presa di Roma) venne proclamato festa nazionale, in nome
dell’amore di patria.
Vi era un’esaltazione dello scontro con lo straniero. Lo scopo era di assicurare al proprio popolo un
maggiore «spazio vitale» da conquistare, in Europa e al di fuori, con la politica imperialista.
Le teorie razziste e l’antisemitismo-
Non si poteva trovare migliore argomento per proclamare la superiorità nei confronti dello straniero di
quello razzista.​ Si Cominciava a credere all’esistenza di razze superiori ed elette. Si tendeva a esaltare
le virtù dell’europeo nordico, dipinto come conquistatore nato.Gesti di intolleranza nei confronti degli
immigrati e leggi restrittive contro l’accoglienza di lavoratori stranieri si moltiplicavano ogni giorno. Negli
Stati Uniti la Corte suprema riconobbe agli Stati razzisti del Sud, il diritto di escludere i neri dal voto.I
coloni inglesi del Sud Africa decisero che i neri sarebbero stati confinati in territori a loro riservati, i più
poveri.​In molti Paesi europei il pregiudizio razziale cominciava a prendere i contorni di un vero e proprio
odio rivolto principalmente contro una comunità rimasta isolata,soprattutto per motivi religiosi: gli ebrei.
Ciò avvenne proprio a ridosso del periodo in cui diversi Stati avevano revocato le secolari
discriminazioni di legge contro gli ebrei, equiparandoli nei diritti giuridici e politici agli altri cittadini.
L’emancipazione era stata sancita in Gran Bretagna nel 1854, in Italia nel 1870, in Germania nel 1871,
mentre negli Stati Uniti e in Francia datava già dalle rispettive Costituzioni rivoluzionarie (1787 e 1791).
L’ostilità nei confronti degli ebrei era alimentata da fattori molto diversi e perfino contraddittori. Secondo
gli​ antigiudaisti cristiani​, gli ebrei sarebbero stati responsabili del deicidio.Gli ebrei che in alcuni casi si
erano molto arricchiti con il commercio e la finanza erano visti come un popolo di speculatori e di
capitalisti parassiti delle comunità nazionali che li «ospitavano». ​Questo tipo di antisemitismo contaminò
la sinistra rozzamente anticapitalista. ​Per l’estrema destra, al contrario, gli ebrei, popolo di emarginati,
costituivano per natura una stirpe di pericolosi rivoluzionari: non a caso Marx era ebreo.
L’«affaire Dreyfus» e la nascita del sionismo
Gesti di intolleranza contro gli ebrei si diffusero in vari Paesi, a cominciare dai terribili pogrom russi, ma
l’episodio più inquietante e clamoroso del clima d’intolleranza antisemita di fine secolo si verificò
in Francia,nel 1894, vennero scoperti episodi di spionaggio militare a favore dei tedeschi. Le indagini
portarono all’arresto di Alfred Dreyfus, ufficiale ebreo, che venne condannato alla deportazione a vita.
Due anni dopo, tuttavia, gli avvocati e la famiglia di Dreyfus riuscirono a trovare il vero colpevole e
chiesero la revisione del processo, che, malgrado l’evidente innocenza dell’ufficiale, la giustizia militare
rifiutò. Da una parte, si schierarono gli innocentisti favorevoli alla revisione del processo,tra i quali la
maggioranza degli intellettuali, dei socialisti e dei repubblicani;dall’altra l’esercito, la Chiesa cattolica e i
nazionalisti e anche settori del movimento operaio. Per dieci anni l’«affaire Dreyfus»spaccò l’opinione
pubblica francese. Alla fine, nel 1899, Dreyfus fu graziato, anziché assolto, e solo sette anni dopo, nel
1906, fu reintegrato nell’esercito. Tuttavia l’intero affaire lasciò in Francia uno strascico di divisioni.​Nel
1898 sorse anche il primo dei movimenti che poi sarebbero confluiti nell’esperienza fascista​, l’Action
française,​fondata da Charles Maurras, ​che sosteneva un «nazionalismo integrale», nemico
non solo degli ebrei ma anche dei tedeschi, dei diritti individuali liberali e della Costituzione
repubblicana.​L’antisemitismo montante provocò come reazione la crescita di un movimento che
cominciava a prendere piede nelle comunità ebraiche europee:​ il sionismo,​ la cui aspirazione principale
era il ritorno degli ebrei in Palestina. Benché questi ultimi si fossero sempre più integrati, soprattutto
nell’Europa occidentale, i fatti dimostravano che l’odio nei loro confronti perdurava anche dopo
l’assimilazione e che, anzi, poteva assumere forme sempre più violente. Non restava dunque che
cercare di costituire uno Stato ebraico in Palestina.​Il sionismo prese i tratti di un preciso progetto politico
nel primo Congresso mondiale sionista di Basilea (1897), anche se la maggioranza delle comunità
ebraiche restava favorevole all’integrazione nei diversi Paes​i
La grande Germania del cancelliere Bismarck-​La centralità politica della Germania di Bismarck
poggiava su solide fondamenta economiche e demografiche. Negli ultimi due decenni del secolo la
Germania stava superando tutti gli altri concorrenti ed era all’avanguardia in ogni aspetto della Seconda
rivoluzione industriale,anche se non aveva ancora raggiunto il livello di benessere della GranBretagna.Lo
sviluppo economico si accompagnava inoltre a un forte incremento demografico. ​Anche nella politica
sociale la Germania era all’avanguardia​,era una politica a concezione paternalistica,con un progetto di
integrazione della classe operaia nella struttura socio-politica.Il Secondo Reich era in piena corsa agli
armamenti e la sua marina si stava rafforzando al punto da minacciare la supremazia inglese sui mari. La
Germania proponeva la sua candidatura all’egemonia sull’Europa continentale.​Bismarck aveva perseguito
una politica nazionalista ma moderata, che mirava a consolidare la posizione di potenza raggiunta dalla
Germania attraverso un’attenta strategia diplomatica. Ma nel 1890 fu costretto alle dimissioni dal giovane
imperatore Guglielmo II (1888-1918),che preferiva una politica più spregiudicata e aggressiva, affidandosi
a cancellieri di statura politica drammaticamente inferiore​.

La monarchia paternalista tedesca-I​ l modello politico tedesco non era liberale, ma la Germania era
comunque uno «Stato di diritto», nel senso che le leggi venivano rispettate e applicate, la magistratura
era indipendente, la burocrazia incorruttibile e l’ordinamento federale ( la Germania era composta di
venticinque Stati, rappresentati nel Bundesrat, il Consiglio federale) controbilanciava il potere
dell’imperatore e del governo.Il modello costituzionale era ancora quello della monarchia autoritaria. Il
Kaiser sceglieva il capo del governo, e il Parlamento non aveva alcun potere di indirizzo politico e di
controllo sull’operato del governo e neppure quello di approvare il bilancio dello Stato.Era un
«parlamento-fantasma», che aveva solo poteri consultivi.I socialisti,non avevano peso nella direzione
dello Stato ma furono perseguitati, anche attraverso leggi speciali. Il divario sociale e l’accaparramento
del potere da parte delle élite erano qui molto più accentuati che in Gran Bretagna o in Francia.La
socialdemocrazia tedesca, che anzi andò sempre più rafforzandosi;I socialisti tedeschi si erano in
maggioranza schierati con i riformisti di Kautsky.Il sistema politico tedesco rappresentava nella maniera
più compiuta un modello costituzionale «di destra» secondo il quale la sovranità risiede nello Stato.
L’Impero tedesco rappresentava la monarchia paternalista.
L’Impero austriaco e la soluzione dualista-A ​ sud-est della Germania si estendeva l’Impero austriaco.
Anch’esso retto da una monarchia paternalista ma​ non aveva unità nazionale e inoltre era uscito
sconfitto dalle guerre del 1859 e del 1866, perdendo la sua antica supremazia sull’Italia e la Germania.
L’imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo (1848-1916​)si impegnò in una politica di equilibrio fra le
diverse nazionalità dell’Impero.​ Vi erano forti tensioni tra slavi,tedeschi e magiari.​ Nel 1867 si giunse a
una soluzione «dualista»: l’Impero diventava austro-ungarico,cioè risultava composto di due Stati,
l’Austria e l’Ungheria, uniti nella persona del monarca e da alcune funzioni generali: l’esercito, la
diplomazia e il bilancio statale,a cui la più ricca Austria contribuiva per il 70% e l’Ungheria per il 30%.
Il «compromesso del 1867» non aveva però risolto il problema delle nazionalità, perché la componente
slava, complessivamente maggioritaria all’interno dell’Impero, non aveva avuto alcun riconoscimento.
Nel 1878 la questione si complicò con l’occupazione austro-ungarica della Bosnia-Erzegovina, regione
strappata all’Impero ottomano. Il nuovo territorio, a prevalenza musulmana, era stato affidato in
amministrazione temporanea all’Austria-Ungheria, che l’avrebbe ufficialmente annesso nel 1908.
Le politiche differenti nelle due parti dell’Impero austro-ungarico-L ​ a monarchia asburgica era
indebolita dalle profonde differenze esistenti fra le sue due componenti principali. Nello Stato austriaco
vivevano tedeschi,cechi, polacchi, ucraini e sloveni, croati e italiani. Il Parlamento austriaco veniva
eletto con un suffragio che fu gradualmente esteso, fino a renderlo universale maschile nel 1907. Le
circoscrizioni elettorali erano tracciate in modo da rispecchiare abbastanza fedelmente le diverse
comunità etniche: in teoria, ogni deputato aveva acquisito il diritto di esprimersi in Parlamento nella
propria lingua, così come ogni comunità aveva proprie scuole. Il paternalismo viennese voleva
presentarsi come accogliente e tollerante.L’Austria era meno ricca della Germania, molto meno
industrializzata,e anche più chiusa e conservatrice, meno aggressiva rispetto al Secondo Reich, ed era
l’unica potenza europea a non perseguire una politica coloniale. Lo Stato era austero, efficiente e non
transigeva sulle richieste di libertà politica, di autodeterminazione e di autogoverno.I nazionalismi delle
diverse etnie si sviluppavano e monopolizzavano i programmi dell’opposizione. Perfino il movimento
socialista, in Austria assunse un carattere nazionalista.Soprattutto nella metà ungherese mancava di
libertà costituzionali,.Non riusciva a rinnovarsi nella classe di governo e nelle istituzioni.In Ungheria ben
pochi diritti erano riconosciuti alle nazionalità diverse da quella magiara;Ad eccezione dei croati,a tutti le
altre etnie era imposto di parlare l’ungherese.Il Parlamento era eletto a suffragio censitario molto
ristretto,solo i grandi latifondisti avevano accesso al potere. In Ungheria le voci dell'opposizione non
venivano tollerate.
La divisione tra repubblicani e monarchici in Francia-T ​ utt’altra era la situazione delle due grandi
potenze occidentali, la Francia e la GranBretagna.Il sistema politico, era parlamentare, cioè fondato
sulla sovranità popolare trasmessa al Parlamento.I governi venivano nominati dal capo dello Stato, ma
sulla base dei risultati delle elezioni, e dovevano ottenere la fiducia della Camera. Se non ci riuscivano,
erano tenuti a dimettersi:​ il consenso del Paese era quindi obbligatorio, non facoltativo come negli
Imperi centrali o privo di qualsiasi rilevanza come in Russia.​La Francia era uscita umiliata dalla sconfitta
inferta nel 1870 dalla Germania e traumatizzata dalla repressione parigina. I monarchici erano ancora in
maggioranza ma nacque la Terza Repubblica.​Nel 1873 Adolphe Thiers fu costretto alle dimissioni dalla
maggioranza monarchica del Parlamento e fu nominato presidente della Repubblica il generale Patrice
Mac Mahon,​un monarchico che aveva comandato la repressione della Comune.La Francia rimase
politicamente in bilico ancora per alcuni anni, fino al​ 1879, quando si consolidò definitivamente la vittoria
della repubblica grazie alla netta affermazione elettorale delle sinistre. ​Mac Mahon dovette riconoscere
che il governo rispondeva al Parlamento e non a lui, e si dimise.
In Francia il conflitto politico fondamentale era di natura ideologica e contrapponeva i repubblicani laici
ai monarchici clericali.L​a scuola divenne terreno di scontro fra i due schieramenti. I repubblicani
dedicarono grande attenzione allo sviluppo dell’istruzione, promuovendo una scuola pubblica e laica. ​Il
ministro Jules Ferry arrivò a decretare l’espulsione dei gesuiti dal sistema scolastico per eliminare i più
potenti rivali dello Stato nell’istruzione superiore.
Dal «boulangismo» ai governi radicali-​Un secondo momento di pericolo per la sopravvivenza delle
istituzioni liberali fu legato al successo politico del generale Georges Boulanger, portato dalla sinistra
radicale alla carica di ministro della Guerra nel 1886. Intorno a Boulanger si raccolse un’opinione
pubblica nazionalista, scontenta della corruzione e della mediocrità dei partiti.​ Il «boulangismo»
diventò un movimento di massa imponente, capace di promuovere enormi manifestazioni di piazza che
minacciavano di diventare eversive.Fra il 1888 e i primi mesi del 1889 il generale si presentò a tutte le
elezioni parziali e ogni volta le vinse nettamente, ma non osò tentare il colpo di Stato a cui i suoi
seguaci lo spingevano. Accusato di tradimento contro la Repubblica abbandonò la Francia;Boulanger
morì suicida in Belgio. Il boulangismo aveva dimostrato che una parte della destra e una parte della
sinistra potevano convergere su un programma nazionalista, aggressivo e antiparlamentare.Il terzo
momento di scontro, il più grave, fu causato,dall’«affaire Dreyfus». Il«blocco repubblicano» dei
dreyfusardi, favorevole alla revisione del processo,difendeva i diritti dell’uomo proclamati dalla
Rivoluzione del 1789, la democrazia e l’integrazione razziale; esponenti prestigiosi di questo
schieramento erano lo scrittore Émile Zola, il leader socialista Jean Jaurès e il senatore radicale
Georges Clemenceau. Al gruppo dei nazionalisti antidreyfusardi, che si appellavano invece all’autorità e
all’onore dell’esercito, aderì gran parte della destra, mobilitata contro la finanza ebraica.Con l’«affaire
Dreyfus» il nazionalismo acquistò il terribile cemento emotivo dell’antisemitismo. Comunque le
istituzioni liberali in Francia sopravvissero. Dagli inizi del nuovo secolo il Paese fu guidato da governi ra-
dicali, il cui esponente di maggiore spicco fu Clemenceau (1906 al 1909), che era stato tra i più accesi
dreyfusardi e che più di ogni altro voleva la riscossa nazionale contro la Germania.
L’alternanza tra liberali e conservatori in Inghilterra-
Qualcosa di simile accadde anche in Inghilterra, dove il progressivo allargamento del suffragio spinse i
due partiti tradizionali, liberale e conservatore, a una gara per assicurarsi il voto popolare. ​I liberali,
guidati da William Gladstone, erano più vicini al movimento operaio per la loro sensibilità alle ingiustizie
sociali. La loro mentalità religiosa li spingeva alla simpatia per i poveri, ma il loro individualismo li
allontanava dalle lotte operaie.Nel 1871 le Trade Unions furono legalmente riconosciute, ma nello
stesso anno i liberali votarono anche una legge di fatto antisindacale, che vietava i picchettaggi durante
gli scioperi.Nella successiva tornata elettorale del 1874 in seguito ai contrasti sorti in Parlamento a
causa del progetto di legge presentato da Gladstone per l’autonomia irlandese (Home Rule) persero la
maggioranza parlamentare e i conservatori, guidati da Benjamin Disraeli, tornarono al potere.
I conservatori difensori dell’imperialismo britannico e della gerarchia sociale,promossero una
legislazione sulla tutela del lavoro e sulla sicurezza sociale. Inoltre promossero un allargamento del
diritto di voto, che fece quasi raddoppiare il corpo elettorale.Sotto la leadership di Disraeli i conservatori
si trasformarono in un grande partito nazionale con una solida base popolare. La regina Vittoria, molto
vicina alle loro idee, era una figura molto popolare, amata e rispettata dalla gente comune, e
la grandezza imperiale dell’Inghilterra impressionava profondamente la sensibilità popolare e i
conservatori ne ricavavano prestigio politico​.In Inghilterra I due partiti che concorrevano per il potere,
pur nell’asprezza della lotta politica, si andavano assomigliando sempre di più e si rispettavano
profondamente, sceglievano in maniera trasparente i candidati per le competizioni elettorali e, chiunque
vincesse, la comunità intera si sentiva rappresentata dal vincitore.In Inghilterra si arrivò assai più tardi
che in Germania al suffragio universale.Furono i conservatori,a promuovere l’inclusione delle masse
nella cittadinanza politica, nella convinzione che i ceti umili costituiscono sempre il supporto naturale
delle gerarchie sociali

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