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ARCHEOBOTANICA

Inquadramento
ambientale e storico

Analisi
Morfobiometria
semi/frutti/annessi fiorali

Ricostruzioni Paletnobotanica Paesaggio


tafonomiche e fonti storiche culturale
ambientali

Confronto con l’attuale


I SITI STUDIATI

9 km

10
km 28
km

Montegibbio
PIANTE UTILI
ALCUNE EVIDENZE SIGNIFICATIVE

Casa di Giulia Felice - Pompei Casa del bracciale d’oro - Pompei


Museo Archeologico di Napoli

Informazioni di carattere paletnobotanico e sull’agricoltura


Mutina - colonia romana
fondata nel 183 a.C., è un centro di grande importanza dal
punto di vista strategico-militare e per la sua solida economia

Pomponio Mela (Corographia , II, 60)- opulentissimae

Cicerone (Philippicae, V, 24,26) - firmissimam et splendidissimam


populi romani coloniam

meritevole di essere studiata dal punto di vista


archeobotanico per accostare alle conoscenze
storico-letterarie latine sul mondo vegetale quanto
può venire dallo studio dei documenti biologici.
numero
SITO datazione basi datazione contesto generale
progressivo
II sec. a.C. - archeologiche sistema regimazione acque
Viale Amendola - MO SITO 1
post II sec. d.C. e 14C e strati alluvionali

Palazzo Vaccari - MO SITO 2 III -VI sec. d.C. archeologiche domus

II sec. a.C. -
Area Ex Cinema Capitol - MO SITO 3 archeologiche domus
IV sec. d.C.
I sec. a.C. - santuario e livelli di
Cittanova - MO SITO 4 archeologiche
II sec. d.C. frequentazione
Baggiovara (MO) - II a.C. -
SITO 5 archeologiche fossa di scarico e tombe
Podere Fossa Buracchione VI sec. d.C.
Poggio di Montegibbio - II sec. a.C. -
SITO 6 archeologiche insediamento
Sassuolo (MO) VI sec. d.C.

Ex Cassa di Risparmio - MO SITO 7 15-40 d.C. archeologiche canale bonificato


I FASE II FASE
Infrastruttura per successione di depositi
regimentare le acque: alluvionali che interessano
acquedotto e canaletta una zona boschiva

VIALE AMENDOLA
area periurbana

I FASE - I sec. d.C.


II FASE - media-tarda Età Imperiale
Come per i siti del centro di Mutina
troviamo più reperti riguardanti ruderali, alimentari e ornamentali,
Viale Amendola è un sito importante dal punto di vista naturale

PRIMA DEL SISTEMA DI REGIMAZIONE


netta presenza di piante di ambiente umido
Epilobium hirsutum
1,1% (1) 1,035 mm

16,9% (6)

3,4% (2)

6,7% (4) Sparganium erectum


71,9% (7)
3,979 mm
Piano altimetrico relativo alle fasi
iniziali della città romana di Mutina

Potamogeton pusillus
3,241 mm

Callitriche sp.
1,181 mm
Zannichellia palustris subsp. polycarpa
3,361 mm

Piante di ambienti acquatici/umidi Piante ruderali/infestanti Piante con frutti eduli Piante di altri ambienti altre piante
FASE DI OCCUPAZIONE E FREQUENTAZIONE
Relativo aumento della frequentazione antropica, documentata dalla presenza di noce, vite e ruderali;
continua presenza di piante di ambiente umido accompagnate da piante di margine e di prato umido.
La mancanza di commensali/infestanti indicano che l’area non era utilizzata dal punto di vista agricolo.

Sambucus nigra
3.185 mm
Vitis vinifera
5,987 mm Prunella vulgaris
Ajuga genevensis 1,583 mm
1,485 mm

5,6% (14)
6,8% (16)
Cyperus longus
1,4% (11) 1,100 mm

38,3% (45)

47,7% (30)
Chenopodium album
1,103 mm
Nasturtium officinalis
1,061 mm

Silene flos-cuculi
1,157 mm

Atriplex sp.
1,454 mm Carex pilulifera
2,773 mm

Piante di ambienti acquatici/umidi Piante ruderali/infestanti Piante con frutti eduli Piante di altri ambienti altre piante
La presenza di certe tipologie di piante di ambiente umido
(Zannichellia palustris, Chara sp., Nitella sp., Myriophyllum)
da indicazioni sul tipo d’acqua:
Chara
Nitella
oogonio calcificato -
oogonio calcificato -
0,96 mm
0,85 mm
 da risorgiva o fontanile fortemente calcarea
 ricca di carbonati e bicarbonati in soluzione
 non eutrofica, ma oligotrofica o leggermente mesotrofica

acqua limpida, chiara Myriophillum spicatum


Achenio - 1,69 mm
Zannichellia palustris
Achenio - 3,36 mm

testimonia operazioni di pulitura per evitare


l’impaludamento delle strutture

ipotesi molto probabile che queste acque Baldellia ranunculoides


achenio/seme - 1,186 mm
dovessero arrivare in città
flora fontanili attuali
(Bertolani Marchetti, 1959)
Le strutture idriche sfruttavano
sorgenti affioranti naturalmente del terreno
FONTANILE simile
flora fontanile
Viale Amendola
La crisi dell’impero romano e l’arrivo delle alluvioni sono probabilmente le cause della
trascuratezza del sistema di regimazione delle acque e dell’abbandono dell’area

SVILUPPO DEL BOSCO


L’entità dominante è l’ontano bianco/nero, albero tipico degli ambienti umidi.
Difficilmente distinguibile dai soli reperti, probabilmente Alnus glutinosa poiché attualmente
Alnus incana vive collina e non in pianura

Si assiste a una netta e progressiva riduzione delle erbacee


di ambiente umido e soprattutto delle idrofite

Analisi Xilologiche
Conferma dell’ontano come
entità principale,
seguono pioppo, quercie
caducifoglie, farnia, e in
tracce, olmo e frassino

entità importanti nel


querceto planiziario padano,
ancora abbastanza diffuso
in età romana.
Area vasta domus
prospiciente la via Aemilia

dal I sec. a.C. al V-VI sec d.C

PALAZZO VACCARI

Realizzata in età repubblicana, la


domus subisce varie trasformazioni
nel tempo, fino all’ abbandono e
alla sua defunzionalizzazione.

Nel IV secolo vasti settori periferici


di Mutina non ospitano più edifici di
edilizia privata, ma vengono
utilizzati come spazi aperti,
parzialmente abbandonati ed
utilizzati come discarica di materiale
eterogeneo.
INFORMAZIONI DI CARATTERE AMBIENTALE
FOSSATO NON BEN
 discreta frequentazione e colture in atto REGIMENTATO
 presenza di ambiente umido
specie adattate a fluttuazioni dell’apporto di acqua (es. Ranunculus sceleratus e Rumex palustris)
specie che preferiscono acque calme e stagnanti (es. Lemna e Eleocharis palustris/uniglumis)

Ranunculus sceleratus
achenio - 1, 03 mm Eleocharis palustris/uniglumis
achenio - 1,42 mm

51 taxa – piante ambiente umido


AREA EX CINEMA CAPITOL
domus cittadina
II sec. a.C. - dopo il III sec. d.C.

Durante la ristrutturazione di un ex cinema in pieno centro storico, sono


venuti alla luce i resti di una ricca domus romana.

La grande quantità di materiale archeologico e alcune evidenze significative


hanno indicato che questa domus era grande, sfarzosa e probabilmente
dotata di un impianto termale.
pre DOMUS

2406; 32%
32; 0%
48; 1%
INFORMAZIONI SULLA VITA URBANA
1359; 18%
3614; 49%  pre Domus:
DURANTE LA DOMUS area ampiamente frequentata con colture in atto (fruttiferi, orti),
piante utili ruderali s.l. entità di ambienti umidi piante diqualche
altri ambienti ornamentale,
alia fra cui platano (introduzione etrusca) e mirto
(inserimento romano); ambienti umidi di modesta entità
fasi DOMUS
 fasi Domus:
153; 26% attenuarsi delle aree umide; utilizzo altre ornamentali, come cipresso
2; 0%
 post Domus:
11; 2%
calo piante alimentari e ornamentali; ampliarsi degli ambienti umidi
49; 8%
368; 64%

ABBANDONO DELLA DOMUS


piante utili ruderali s.l. entità di ambienti umidi piante di altri ambienti alia PIANTE ORNAMENTALI
post DOMUS

260; 38% 2; 0%
1; 0%

105; 15%

316; 47%
Myrtus communis
Pianta nativa del sud Europa e del Vicino Est,
vegeta allo stato spontaneo in Italia lungo le coste peninsulari,
nelle isole e in Liguria

considerata introdotta nella Regione,


si rinviene allo stato subspontaneo solo verso le coste adriatiche Myrtus communis
seme - 2,34

in pianura è in grado di vegetare in aree riparate sotto cure antropiche

i primi documenti
archeocarpologici in Regione

numero dei semi scarso


 no impiego dei frutti
 inserimento precoce nell’area di Mutina
come ornamentale
CITTANOVA
Santuario

fine III sec. a.C. - I/inizi II sec d.C.

Resti di un santuario con diverse fasi edilizie


comprese tra il III sec. a.C. e il I sec. d.C.,
perfettamente orientato con la via Aemilia, al cui
interno si affacciano alcuni ambienti, forse
collegati da percorsi acciottolati.

Nella prima età imperiale il santuario viene


abbandonato e nell'area sono costruite strutture a
carattere produttivo e artigianale.
• quasi totale assenza di resti di Prunoideae e generale scarsità di reperti di grande taglia - interpretabili
come resti di pasto: strutture non utilizzate come immondezzai.
• povertà di indicatori di latrina (notevole l’assenza di acheni di Ficus carica, di solito ubiquitari, e di
endocarpi di Rubus, insieme alle contenute presenze di vinaccioli): nessuno di questi depositi fu adibito
nemmeno occasionalmente a scarico di liquami umani
• presenza di colture di Panicoideae e orzo e il consumo occasionale di noci (Juglans regia)
• discrete presenze di ruderali s.l. suggeriscono ambienti nitrofili, ampiamente frequentati e sottoposti a
calpestio
• possibili attività orticole, ad es. Origanum majorana, Portulaca oleracea, Rumex acetosella, Physalis alkekengi;
specie spontanee nella regione, ma di possibile mantenimento negli orti per gli utilizzi già noti in età
romana.
- Consumo occasionale di frutta

Scarsità di reperti - naturale “pioggia dei semi”

Origine abbastanza casuale e involontaria - indicatori di ambienti calpestati


- entità acquatiche in tracce derivate probabilmente
all’utilizzo di limo per le attività edilizie
BAGGIOVARA (MO)
PODERE FOSSA BURACCHIONE
Insediamento e necropoli
II sec a.C. - metà VI sec d.C.
Nonostante la scarsa quantità di reperti e la ridotta
lista floristica si sono ottenute informazione a corredo
del quadro archeologico.

Nella fase tardo-antica i reperti associati a combustioni


rituali e a tombe hanno rivelato aspetti interessanti legati
alla ritualità romana.

Alcuni reperti compaiono solo nelle tombe e nelle


combustioni rituali come Amaranthus lividus/graecizans
(semi) e Picea excelsa (foglie di abete rosso)
L’amaranto nel mondo classico era investito di un significato esoterico assai importante,

quello dell’immortalità “…e gli immortali amaranti…”,


Columella (De Re agricultura, Liber X)

Semi di Amaranthus lividus/graecizans


(d medio - 2,5 mm)

L’associazione simbolica ha la sua probabile origine nella infiorescenza che resta integra
conservando intatti i calici e le robuste brattee dei singoli fiori.
Così anche quando la pianta stessa, un erbacea annuale, sta per completare il ciclo vitale, l’infiorescenza
permane immutata assumendo un colore marrone - rossiccio che la rende assai vistosa.
Anche pensando a una sua maggiore presenza appenninica in periodo tardo-antico, i
reperti di abete rosso di Baggiovara sono da collegarsi non a piante presenti Picea excelsa
(L - 17,5 mm)
naturalmente in posto, a quota planiziale, ma più probabilmente a rami raccolti
altrove e appositamente portati sul sito o a piante presenti in loco perché
coltivate a scopo ornamentale/rituale, come cita Plinio.

“La picea predilige le montagne e i climi freddi; albero


che simboleggia la morte, viene collocato sulla porta in
segno di lutto e cresce rigogliosa per essere destinata alle
esequie funebri: tuttavia è ormai stata accolta anche nei
giardini delle case…..”
Plinio (Naturalis Historia, Liber XVI)
POGGIO DI MONTEGIBBIO
SASSUOLO (MO)
Area di culto e villa rustica
con impianti produttivi

II sec a.C. - VI sec d.C.

INFORMAZIONI SULLE COLTURE


E SULL’AMBIENTE VEGETALE

Sito collinare (350m s.l.m.),


il primo studiato dal punto di vista
archeobotanico nell’area modenese
La villa è caratterizzata da quattro fasi insediative comprese tra il II sec. a.C. ed il V-VI sec. d.C.
La prima fase dell’insediamento, databile al I secolo a.C. è riferibile al rinvenimento dei resti di una
villa romana formata da ambienti lussuosi, con un bellissimo pavimento in opus signinum, ed
ambienti di tipo rurale.

A causa di un evento sismico, citato anche da Plinio il Vecchio, la Villa andò


distrutta e l’area rimase inutilizzata per circa 2 secoli; successivamente l’area venne
riutilizzata fino al V-VI secolo d.C. con un insediamento abitativo di tipo rurale.
“E' ricercata soprattutto come pianta ornamentale da far crescere vicino alle
abitazioni, per l’esuberanza dei suoi rami che a partire dal tronco diffondono un
ampio tratto d’ombra, e spesso invadono anche lo spazio dei giardini contigui…
Nessun albero ha una scorza più bella e più piacevole da guardare,
rami più lunghi e più robusti o più numerosi, al punto che li si direbbe
altrettanti alberi...”
Plinio (Naturalis Historia, Liber XVI).

“L’ideale per gli allevamenti dei maiali sono i boschi che si


vestono di quercia, di sughero… e di tutti gli alberi da frutto
selvatici, come il biancospino… il loto…
Tutti questi alberi, infatti, maturano i loro frutti in epoche
diverse e servono a saziare il gregge quasi per tutto l’anno”
Columella (De Re Agricoltura, Liber VII).
Reperti di Celtis australis

I rinvenimenti potrebbero indicare:

- piante coltivate/mantenute per ornamento e per l’ombra nell’ambito dell’insediamento,

- presenze spontanee nei querceti che indubbiamente interessavano l’area

-segnalare la raccolta sullo spontaneo dei frutti come aggiunta occasionale alla dieta umana
dato il sapore dolce degli endocarpi delle piccole drupe
EX CASSA DI RISPARMIO
canale bonificato

prima metà del I sec. d.C. (15-40 d.C.)

il più ricco tra quelli esaminati

canale bonificato con l’apporto di materiali


di larga provenienza urbana/periurbana

ambiente urbano e peri-urbano della città


di Mutina, nel momento del massimo
fulgore dell’Impero e della stessa città
Attraverso sondaggi per la realizzazione di un interrato, è stato messo in luce uno strato
alluvionale che ricopriva livelli romani datati età imperiale (15-40 d.C.)

Gli strati interessanti dal punto di vista archeobotanico sono quelli relativi
alla I fase (UUSS 29 - 30 - 31)

Nelle UUSS 30 - 31 sono presenti decine di anfore


utilizzate per colmare una canalizzazione con
interposto materiale di scarto ricco di reperti vegetali

L’ US 29 è un terreno di riporto anch’esso ricco di


reperti vegetali
I FASE
LIVELLI ROMANI
Età Imperiale

Periodo Repubblicano
Buona parte dei reperti appartiene
a piante coltivate/utilizzate come alimento

Cucumis melo
frutta da coltura Vitis vinifera

come meloni (Cucumis melo ), loto (Dyospiros lotus), fichi (Ficus carica),
noci (Juglans regia), gelso nero (Morus nigra), pinoli (Pinus pinea),
ciliegie (Prunus avium), susine (Prunus cerasifera), mandorle (Prunus dulcis),
pesche (Prunus persica), vite (Vitis vinifera subsp. Vinifera)

Ficus carica

Pinus pinea -
Juglans regia Prunus persica pinolo Diospyros lotus
frutta da raccolta sullo spontaneo o incerta coltura

come nocciole (Corylus avellana), corniole (Cornus mas),


prugnoli (Prunus spinosa), rovo (Rubus fruticosus aggr.)

Cornus mas Corylus avellana Prunus spinosa Rubus fruticosus


cereali con farro (Triticum dicoccum) dominante e orzo (Hordeum vulgare)

Triticum dicoccum Hordeum vulgare

legumi con fave (Vicia faba) e cicerchia (Lathyrus sativus)

Lathyrus sativus

Vicia faba
Ortive s.l. tra cui:
ortaggi veri e propri con bietole (Beta
vulgaris), carote selvatiche (Daucus carota),
zucche da vino (Lagenaria siceraria),
porcellana (Portulaca oleracea)
Daucus carota
Beta vulgaris

Portulaca oleracea Lagenaria siceraria

aromatiche/medicinali con sedano (Apium


graveolens), romice (Rumex acetosella),
santoreggia domestica (Satureja hortensis)
e verbena (Verbena officinalis)
Satureja hortensis Apium graveolens
abbondante è la presenza di piante di ambiente umido come carici (Carex elata e Carex
paniculata), giunghiglia (Eleocharis palustris/uniglumis), ranuncoli (Ranunculus batrachium),
falasco (Cladium mariscus), che presumibilmente vivevano nella canaletta o nelle vicinanze

Cladium mariscus

presenza di ruderali/infestanti come


agrimonia (Agrimonia eupatoria),
bugula (Ajuga reptans), amaranto (Amarantus
lividus), cardo campestre (Cirsium arvense),
Cirsium arvense gallinella dentata (Valerianella dentata). Agrimonia eupatoria

Ajuga reptans
Valerianella dentata
IL CANALE
canale con acque piuttosto basse, probabilmente alimentato da un fontanazzo,
con acque tendenzialmente oligotrofiche e piuttosto ferme.

AREE MARGINALI

formazioni prative
improntate a una certa
umidità ma anche prati più
aridi

 numerose nitrofile,
dei macereti e ruderi
 infestanti/commensali
alcune frequenti nei coltivi a
cereali, altre presenti in orti e
vigne

 ben rappresentati gli


indicatori di luoghi calpestati
e bordi di vie

TERRITORIO CIRCOSTANTE
variate colture, “frutteti”, vigneti, orti, colture da fibra e da coloranti,
qualche “giardino” e, sullo sfondo, campi di cereali.
Prunus
persica
(Rosaceae)

FRUTTI CARNOSI - DRUPA


Le pesche sono il secondo frutto in ordine di importanza
nelle zone temperate comprese tra 30,8 S lat. e 45,8 N lat.
La pianta Il pesco fa parte della piccola
schiera di piante (103 specie)
che contribuiscono al 90%
dell’alimentazione / pro capite
mondiale.
E’ una specie diploide (2n =
16), autoimpollinata. Produce
i frutti dopo 3-4 anni.
P. persica è originario del NO Cina ed è coltivato da 4000 anni, anche come
ornamentale. Neppure in Cina esistono oggi individui selvatici, ma il pesco dimostra
una certa propensione a rinselvaltichire, rifugiandosi in aree fra 1500-2200 m di
quota.

La Cina è il luogo dove è più diversificato il pool genetico della specie: gli ecotipi
colturali sono oltre 800, il germoplama è conservato in tre siti: Beijing (N China),
Zhengzhou (C China), and Nanjing (E China).

Pechino- Peschi ornamentali in fiore


Il viaggio del pesco

La coltura del pesco, datata al 2000 a.C., si diffonde nei paesi asiatici, presumibilmente
fino in Persia, della quale durante l’età classica si riteneva fosse originaria.

Giunse in Grecia forse al seguito di una spedizione di Alessandro Magno (IV sec.
a.C.), che era arrivato sino alle soglie della Cina.
Alessandro giunse ai confini
dell'odierno Turkestan cinese,
dove fondò nel 329 a.C. Alessandria
Eschate, o "Ultima" (oggi Chodjend,
nella regione del Xinjiang).

In Cina si riconoscono tre gruppi


distinti di pesche: quello a Sud è
sito lungo lo Yangtze, quello a
Nord lungo il Fiume Giallo e il
terzo si colloca proprio nell’arido
nord-ovest della China.
In realtà il pesco poteva essersi
allontanato dalla Cina ben prima delle
spedizioni di Alessandro, se è vero che
è citato dagli Egizi ca. 3400 anni fa
(Rouche, 1985). E in ogni caso,
indipendentemente da Alessandro,
poteva aver percorso le vie della seta,
dalla Cina, verso il Kashmir, attraverso
le aree montuose dell’Asia centrale,
all’Iraq e paesi vicini.

La via verso l’Europa, attraverso


l’Asia Minore, era così aperta.

Foglio miniato –
Iran XVIII sec.
I Romani favorirono la
diffusione del pesco in
Europa e nel Nord Africa.
Nonostante non fosse un
prodotto “della romanità”
...... cercarono comunque di
trovarsi un merito.

“E i pomi che pregni dei loro


veleni, come ci narra la fama, i
Persi mandarono un giorno, ma
ora a breve distanza dalla
minaccia mortale, ambrosio
sugo ci offrono……… “
(Columella, De Re Rustica, Liber X,
405-408) Alessandro attraversa il mare, XV sec., Fiandre
I Romani non ebbero
alcun merito particolare sul
pesco, tranne quello di
selezionare ecotipi colturali,
non diversamente da
quanto avveniva anche negli
altri paesi.

Infatti la diffusione del pesco


avvenne principalmente per seme
e questo favorì la selezione di
differenti ecotipi colturali nelle
diverse regioni, sia in Nord Africa
che in Europa.

Renania – XV sec.
Ma in Italia dove, quando e come arrivò il pesco ?
I primi reperti sono stati rinvenuti a Modena (centro storico), in un canale
bonificato, datati al 15-40 AD
Questa è la datazione certa più antica per l’Italia, più antica rispetto ai reperti
dell’Italia centro-meridionale (SADORI et al., 2009). Quest’ultima area poteva
rappresentare quella più probabile per l’arrivo di tale specie esotica, nativa della Cina
occidentale.

L’antichità e la consistenza del ritrovamento (118 sf) pongono


interrogativi cronologici, poiché se l’introduzione del pesco è
databile nel corso del I sec. d.C., già nei primi decenni del sec. la
pesca appare ben attestata a Mutina.
introdotto per vie marittime, direttamente dalla Grecia, verso Roma

 introdotto via terra attraverso i Balcani nel nord Italia, e poi verso sud attraverso la Via Aemilia

il pesco potrebbe aver percorso una rotta diversa da quella da sempre


considerata, ed essere giunto attraverso i Balcani, come sembra essere
avvenuto in Francia durante il I sec. d.C. (BASSI & PIAGNONI, 2008)
Ciò può suggerire che:

- l’introduzione della pesca, che si propagava allora per seme, deve essere
antedatata alla tarda età repubblicana (I sec. a.C.) o al massimo ai primi
anni del I sec. d.C.;

- le pesche di Mutina potrebbero rappresentare un prodotto importato dal


centro-sud Italia e non raccolto da piante coltivate in situ. Infatti Apicio
suggerisce ricette per la loro conservazione attraverso l’uso di una sorta di
salamoia (GENTILINI, 2004).
Alcune considerazioni fanno propendere per queste due ipotesi:

pesche sono state rinvenute in più siti emiliano-romagnoli con varia


datazione: Necropoli Ferrovia Modena-Sassuolo (una decina di endocarpi; I sec.
a.C.-II sec. d.C.); Villa rustica di Russi (108 endocarpi; I-IV sec. d.C.), Palazzo Vaccari
(1 endocarpo; III-IV sec. d.C.), Pozzo Casini di Bazzano (una decina di endocarpi;
IV-VI sec. d.C.) e infine Pozzo di Rubiera (una decina di endocarpi; VI sec. d.C.),
portando prove di un’indubbia diffusione nella Regione

nel Canale sono presenti oltre agli endocarpi, numerosi pedicelli, che, di grossa
taglia e facilmente asportabili, fanno pensare al consumo di pesche raccolte
in loco e non “conservate”.

il numero di endocarpi del sito del Canale (118) è da solo superiore al numero
globale (81) di quelli rinvenuti in tutto il nord-est dell’Europa (Inghilterra
compresa) in Periodo Romano e, pur con qualche dubbio di coltura locale,
giudicati per lo più di importazione (LIVARDA, 2011).
Analisi morfobiometriche sugli endocarpi di Pesco

Valutazione densità rilievi


Ampiezza e loro aspetto
dell’angolo apicale

MODENA - IMOLA - well


small channel (Piazza
(Cassa di Matteotti)
Risparmio)
Valutazione del profilo: chronology 15-40 A.D. 1400-1480 A.D.
asimmetrico/ non nr. endocarp 106 92
(mm) mean max min mean max min
simmetrico lenght 25,5 30,1 18,0 25,6 31,3 15,1
Ampiezza della breadth 19,6 23,0 12,6 20,3 25,7 13,0
cresta thickness 15,3 18,3 10,5 15,6 22,5 10,1
Altezza (h)
omogeneità riscontrata negli endocarpi
Larghezza (l)

Spessore (s)
stadi abbastanza iniziali di messa a coltura
che ancora non hanno dato luogo a selezioni locali di landraces

arrivo di un'unica forma colturale brevità dell’intervallo trascorso tra l’arrivo del pesco “esotico”
nell’area emiliano-romagnola a Mutina e le prime raccolte da colture locali delle pesche

il pesco ha trovato
nell’area di Modena
terreno favorevole per
prosperare.
Il pesco continua a viaggiare ………

……… verso l’America


Verso la metà del XVI secolo il Nel 1562, esploratori francesi introdussero il
pesco fu introdotto in America pesco nella regione del Golfo, in Alabama. Le
Latina dai coloni Spagnoli e tribù indiane diffusero il pesco, tanto che i
Portoghesi, fino alla Florida. coloni nel XVII sec. lo ritenevano una pianta
nativa americana.
Il Capitano John Smith scrive
dei peschi che crescevano a
Jamestown, Virginia nel 1629.

William Penn ricorda nel 1683 i


densi nuclei di peschi “selvatici”,
carichi di frutti, che crescevano un
poco a nord di Philadelphia,
Pennsylvania.

Francia: 1503-08
Il pesco “romano” può rappresentare
una delle tradizioni colturali, e
culturali, più vecchie per l’Emilia
Romagna, che, attraverso la continuità
dei numerosi reperti medievali/
rinascimentali (SADORI et al., 2009;
BOSI et al., dati inediti), è oggi una delle
prime tre in Italia per la coltura e
produttività delle pesche
(FIDEGHELLI, 2008) ed ha ottenuto
l’Indicazione Geografica Protetta - IGP
(DELLA CASA, 2008).

Francia: 1503-08
FRUTTA COLTIVATA

Olea europaea
specie stenomediterranea presente oggi
sporadicamente sulle colline modenesi
come pianta coltivata

Grande abbondanza di reperti di Olea,


caso infrequente nei siti romani dell’Emilia Romagna,
documenta un impiego e una conoscenza abituale
Olea europaea
endocarpo - 1,31 cm e 1,28 cm

Atena - dea a cui era sacro


l’olivo (Plinio, Liber XII, 3)

unico nume che viene strettamente collegato a


Mutina venerata nei pressi della città Cassio Dione
(III sec. d.C., Historia Romana, XLVI)

Spinta a incentivarne la coltura


nelle colline prossime alla città ?
Numerosi parametri per identificare

13,1 mm
le forme coltivate (O. europaea var. europaea) da quelle spontanee (O. europea var. sylvestris)

Misure
Numero reperti altezza (L), Media delle dimensioni (mm),
Taxa Tipo di reperto
misurati larghezza (l), minimo e massimo (mm)
spessore (s)
L 8,6 (6,0 - 13,4)
l 5,9 (4,0 - 8,0)
Olea europaea L. endocarpo 183 s 5,5 ( 4,0 - 7,0)

Le olive, consumate come tali, rappresentano

 frutta locale, proveniente da olivi coltivati nelle aree collinari intorno alla città
 frutta importata per la consumazione
“olivae novi fracte” - olive giovani
raccolte prima del cambio di colorazione
e leggermente schiacciate e salate
Zucca da vino Lagenaria siceraria
Molina Standley

FRUTTI CARNOSI - PEPONIDE


Lagenaria siceraria

Zucca da vino, “cucurbita” per i Romani


origine africana (Zimbabwe)
domesticata per la prima volta in Asia,
presumibilmente in Cina (lavori citaz.)

Lagenaria siceraria
“… odiano l’inverno e amano i terreni ben seme - 14,53 mm; 14,08 mm; 14,48 mm
irrigati e concimati…
Plinio (NH, Liber XIX, 69).

“… e la zucca quando c’è abbondanza d’acqua


hanno bisogno di meno cure; godono moltissimo,
infatti, dell’acqua”.
Columella (RA, Liber XI, 48-50)

territorio di Mutina ideale per la


coltura di questa specie

COLTIVATA?
E’ la zucca nota ai Romani
e utilizzata prima della
scoperta del Nuovo Mondo.

Il frutto (peponide) è edule immaturo;


quando maturo, svuotato, diviene un pratico
contenitore, come ricordano i nomi volgari
di “zucca da vino” o “zucca del pellegrino”,
ed anche un salvagente.

Da sottolineare alcune virtù di


Lagenaria: lunga vitalità dei semi,
grande facilità al galleggiamento,
grande resistenza della porzione
esterna del frutto maturo.

XV sec. Francia
Ambedue hanno diversificato
un’infinita forma di frutti, da quello
a fiasco a quello assai allungato
(es. “cocuzzi”, consumato in Italia
Meridionale)

L. siceraria ssp. siceraria:


la africana

L. siceraria ssp. asiatica:


la asiatica
seeds L/l L/l > 2

1 1,82

2 2,04 x

3 1,91
7,12 mm semi di colore giallo mai scuro 4 2,05 x

14,48 mm
5 2,1 X
“auricole” basali evidenti 6 1,92

7 1,91
coppia di linee prominenti
8 2,06 x

L/l 12 seeds > 2 9 2,03 x

10 2,15 x

11 1,85

forme domesticate asiatiche 12 2,06 x

13 2,03 x
(L. siceraria susp. asiatica)
14 2,12 x
(TEPPNER, 2004; ERICKSON et al., 2005;
15 1,66
SCHLUMBAUM & VANDORPE, 2010) 16 2,04 x

17 2,07 x
Semi perfettamente formati
18 2,01 x

 pronti per la semina 19 1,79

20 2,04 x
 scartati da un frutto giunto a maturazione
da: Janick et al., 2007
La pianta “globetrotter”

2) Cina e Giappone:
9000/8000 BP - domesticata
da 12.000-13000 BP

1) Messico:
10000 -9000 BP
224 giorni

In America come ci è arrivata la zucca da vino ?


In America la zucca sarebbe giunta da sola, non portata dall’uomo,
galleggiando sull’Atlantico; il tempo di percorrenza è pari a 224 giorni; la
diffusione americana della pianta si ha intorno a 40° di latitudine Nord.
Il viaggio è compatibile
col gioco delle correnti
marine del Nord Pacifico

La zucca è partita
dall’Asia orientale:
galleggiando ha seguito la
corrente fredda del Nord
Pacifico, verso le coste
dell’America, più o meno
all’altezza del parallelo
40° N, corrispondente ai
siti dei più antichi reperti
americani.

I reperti americani, hanno


tipologia simile alla
sottospecie asiatica e non a
quella africana.
Lagenaria: un enigma vegetale
Lagenaria sembra rappresentare la
prima pianta domesticata
dall’uomo (=trasferire le piante
da una situazione naturale di
crescita spontanea alla
condizione di pianta coltivata),
precedendo i “grani” e quasi
coeva alla domesticazione del cane.

Quale interesse fu fondamentale per l’uomo


tra 13000 - 12000 anni BP ?
Il contenere e trasportare acqua quando non era
diffusa, o lo era poco, la ceramica, le cui prime evidenze
risalgono a ca. 10.000-7000 B.C., in siti delle province
meridionali di Zhejiang e Guangxi, nell’ambito del
Neolitico iniziale.
In Cina, patria della domesticazione della
pianta, la zucca da vino è un antico, intenso e
onnipresente simbolo, immortale ricettacolo
dell’elisir di lunga vita, trasportato dai saggi
taoisti proprio in una zucca.

La pianta mistica

“Nella circonferenza
di una zucca si può
trovare l’intero
universo”
Il mistero di
Diospyros lotus
Originario del Medio Oriente e dell’Asia
Centrale, da fonti botanico-storiche, risulta
introdotto e coltivato in Italia
solo a partire dal XVI secolo d.C.

Il nome “loto” = lotus


compare già negli scritti latini, ma talora associato:
al Celtis australis (il bagolaro),
al loto d’Egitto (una ninfea),
al ginestrino (Lotus sp. pl.), genere di piante spontanee delle Leguminose,
a Zizyphus lotus, pianta cespugliosa a frutto edule comune in Africa.
Columella riporta:

L’ideale per l’allevamento dei maiali sono i boschi che si vestono di quercia, di sughero, di
faggio, di cerri, di elci, di oleastri, di terebinti, di noccioli e di tutti gli alberi da frutto
selvatici, come sono il biancospino, il carrubo, il ginepro, il loto, la vite, il corniolo, il
corbezzolo, il prugno selvatico, il marrobbio e il pero selvatico.
Sono possibili due spiegazioni del suo ritrovamento
in un contesto archeologico

1) i Romani potevano conoscere la pianta, che ad es. cresce spontanea in Anatolia,


e avrebbero potuto piantarla in Italia, dove D. lotus si trova a proprio agio tanto
da essersi naturalizzato, sfuggendo alle colture;

2) i Mutinensi avrebbero potuto importare i frutti, conservati


per essiccamento, come i datteri. Ancora oggi in Turchia
vengono seccati, acquistando un sapore molto vicino a quello
dei datteri, venduti nei mercatini locali, ancora provvisti del
calice.

1,5 cm
Calici persistenti delle bacche
rinvenuti nella canaletta romana di Modena
Linum usitatissimum
(Linaceae)

FRUTTI SECCHI DEISCENTI - CAPSULA


Il lino è specie domesticata intorno al 7000 a.C.
Linum bienne/usitatissimum

I romani conoscevano il significato


economico e sociale del lino

Plinio - “in qua non occurrit vitae parte?”


libro XIX, 2)

IN QUALI CONTESTI DELLA VITA NON


OCCORRE?

MORFOLOGIA DEI SEMI

1) Linum usitatissimum L. - coltivato


2) Linum bienne Mill. - antenato selvatico della forma
coltivata e facente parte con lui del complesso di
forme coltivate/coltivabili (Zohary & Hopf, 2004)
Linum seeds length (mm) breadth (mm) Linum seeds length (mm) breadth (mm)
1 2,49 1,39 51 2,62 1,36
2 2,74 1,42 52 2,68 1,51
3 2,72 1,43 53 2,56 1,44 5214 semi - 163 frammenti di capsule
4 2,50 1,34 54 2,71 1,45
5 2,62 1,42 55 2,40 1,43
6 2,77 1,38 56 2,67 1,46
7 2,59 1,38 57 2,61 1,40
8 2,82 1,32 58 2,33 1,30
9 2,54 1,45 59 2,55 1,59
10 2,64 1,38 60 2,68 1,42
11
12
2,43
2,65
1,34
1,51
61
62
2,63
2,66
1,41
1,40
Lunghezza media = 2,6 mm (min 2,3 - max 2,9 mm)
13 2,63 1,36 63 2,56 1,40
14 2,67 1,49
15 2,60 1,32
64
65
2,64
2,61
1,43
1,35 Linum bienne (valore soglia di L. usitatissimum = 3 mm)
16 2,64 1,36 66 2,74 1,53
17 2,72 1,49 67 2,73 1,35
18 2,62 1,35 68 2,66 1,48
19 2,70 1,40 69 2,46 1,34
20 2,72 1,39 70 2,71 1,46
21 2,60 1,57 71 2,60 1,44
22 2,63 1,44 72 2,58 1,30
23 2,77 1,61 73 2,56 1,45
24 2,73 1,38 74 2,62 1,41
25 2,59 1,39 75 2,59 1,53
26 2,75 1,39 76 2,82 1,56
27 2,61 1,43
77 2,70 1,49
28 2,51 1,35
78 2,51 1,47
29 2,58 1,46
79 2,63 1,58
30 2,59 1,38
80 2,60 1,38
31 2,55 1,41
81 2,68 1,33
32 2,75 1,69
82 2,69 1,63
33 2,56 1,38
83 2,53 1,31
34 2,62 1,56
84 2,62 1,40
35 2,62 1,27
85 2,63 1,38
36 2,40 1,35
86 2,62 1,47
37 2,68 1,47
87 2,58 1,33
38 2,52 1,51
88 2,81 1,51
39 2,49 1,44
89 2,56 1,41
40 2,63 1,51
90 2,44 1,50
41 2,62 1,44
91 2,55 1,43
42 2,58 1,45
92 2,63 1,44
43 2,61 1,54
93 2,50 1,44
44 2,58 1,45
45 2,94 1,70 94 2,73 1,41
46 2,81 1,48 95 2,66 1,37
47 2,59 1,42 96 2,66 1,43
48 2,52 1,37 97 2,63 1,38
49 2,62 1,37 98 2,86 1,74
50 2,63 1,55 99 2,64 1,45
100 2,66 1,51
mean 2,63 1,44
12 specie presenti per il genere Linum in Regione, 5 vegetanti nell’area planiziale

L. usitatissimum naturalizzato, ma rarissimo e in via di scomparsa


è stato in queste zone a lungo e intensamente coltivato

L. bienne discretamente rinvenuto in prati aridi

Attribuire i reperti a presenze casuali prodotte dalla vegetazione naturale prossima al Canale contrasta
con l’attuale ecologia nell’area del lino selvatico che vegeta in zone aride

i reperti della vegetazione naturale circostante il Canale indicano principalmente ambienti e prati umidi

Ipotesi:
1) L. bienne coltivato a scopo di fibra

2) L. usitatissimum coltivato e raccolto


precocemente per ottenere una fibra molto fine

una consolidata tecnica attuata già nell’Antico Egitto è


infatti quella di tagliare le piante poco dopo la
comparsa dei semi (VOGELSANG-EASTWOOD,
2000), per ottenere una fibra più raffinata.
FRUTTI SECCHI DEISCENTI - CAPSULA
Reseda luteola
1625 reperti

Specie rara in Emilia Romagna


e intorno a Modena,
notissima al mondo romano

Reseda luteola
seme - 0,95 mm

Utilizzata per ottenere un pigmento giallo,


particolarmente stabile, utile per lana e seta.

COLTIVAZIONE
per utilizzo tintorio, attività praticata a Mutina

OGGI: coltivata in Iran, India e Thailandia


per tale scopo
La reseda in tutte le sue parti aeree produce COMPONENTE LIPIDICA

flavonoidi, il più importante dei quali è la luteolina,


un pigmento molto stabile usato per la
colorazione dei tessuti dai tempi antichi fino ai
nostri giorni, ma che non è stato possibile
evidenziare nei reperti dal punto di vista chimico e
per confronto con semi attuali commerciali, per il luteolina

livello di degradazione delle strutture interne del


seme, almeno con metodi routinari, che ha lasciato
visibile solo parte dello spettro della componente
COMPONENTE LIPIDICA
lipidica endospermica.

La raccolta della pianta deve avvenire


preferibilmente durante la maturazione dei luteolina

frutti, quando il pigmento è più abbondante.

ANALISI CHIMICHE degradazione delle strutture interne


Nonostante Mutina sia spesso ricordata per le attività agricole e per la produzione ceramica, aveva
come elementi più forti della sua economia l'allevamento ovino e il settore tessile.

Molte fonti riportano il primato di Mutina per l'allevamento ovino:

Strabone ricorda che i luoghi intorno a Modena forniscono “una lana


morbida e molto più bella di tutte” (Geographia V, 1, 12 - C 218) e
anche Columella ricorda come pregiate le pecore “che popolano i
Campi Macri fra Parma e Modena” (Res rustica VII, 2,3), luogo vicino
alla città dove si svolgeva una fiera annuale con un mercato bestiame
famoso in tutta la penisola (Strabone, Geographia V, 1, 11 - C 217).

Lanarii e vestiarii sono anche attestati spesso nelle steli


funerarie modenesi, testimonianza della grande diffusione di queste
attività nel territorio come nel caso della stele di C. Purpurarius
Nicephor (fine I sec. d.C.) che segna l'area di sepoltura dello stesso e di
tutta la sua famiglia, compresi gli schiavi: il purpurarius si occupava
principalmente della tintura, dopo le fasi di sgrassatura e
candeggio della lana

Stele di C. Purpurarius Nicephor, tintore


Una testimonianza concreta relativa al tessuto di lino proviene da un prezioso sarcofago romano
di una figura altolocata (di epoca più tarda rispetto al Canale - III sec. d.C.), rinvenuto sempre
nell’attuale centro storico di Modena e che ha restituito inumati avvolti in bende di lino
(ARIAS, 1948), quasi a confermare il carattere “nobile” di questa fibra tessile.

impartisce velocemente ai tessuti,


derivanti da fibre animali e
vegetali, un colore giallo che può
arrivare dal pienamente dorato
all’oliva, a seconda del
mordenzante utilizzato

Editto di Diocleziano
(301 d.C.):

“lana modenese, di colore dorato,


lavata, una libbra denari 300”

Stele di L. Rubrius Stabilio, tosatore di pecore

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