Sei sulla pagina 1di 10

MONDO AGRARIO E CAPITALISMO ORGANIZZATO: RECENTI LIBRI TEDESCHI

Author(s): Domenico Conte


Source: Quaderni storici , settembre / dicembre 1978, Vol. 13, No. 39 (3), Azienda agraria
e microstoria (settembre / dicembre 1978), pp. 1122-1130
Published by: Società editrice Il Mulino S.p.A.

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/43777631

JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide
range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and
facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org.

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at
https://about.jstor.org/terms

Società editrice Il Mulino S.p.A. is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend
access to Quaderni storici

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
MONDO AGRARIO E CAPITALISMO ORGANIZZATO:
RECENTI LIBRI TEDESCHI

La più recente produzione storiografica tedesca ha vist


tuirsi al suo interno un gruppo abbastanza omogeneo. Tal
non forma una vera e propria scuola, sebbene in parti de
rama storiografico tedesco circoli questa convinzione, esp
raltro con valenza critica. Costituisce invece una corrente, molto
vivace del resto, i cui protagonisti sono accomunati dalla somi-
glianza delle matrici culturali, degli interessi e del tipo di approc-
cio metodologico rispetto a determinati problemi.
Si tratta di quella «leva» di storici (tra cui H. U. Wehler,
J. Kocka, H. J. Puhle, H. Winkler), che nel 1975 dà vita alla
rivista «Geschichte und Gesellschaft», la quale programmatica-
mente si presenta come rivista interdisciplinare; come auspi-
cato punto di contatto tra «Geschichtswissenschaft» (a volte
nelle parole dei redattori «kritische Geschichtswissenschaft»,
e «systematische Sozialwissenschaften». Scopo di un approccio del
genere dovrebbe risultare una «Sozialgeschichte» o «Gesellschafts-
geschichte» che polemizza con le metodologie (o non metodologie)
tradizionali di stampo storicistico, predicando l'uso di modelli e
di concetti generalizzanti che rendano possibili ricerche di storia
comparata all'interno delle moderne società industriali.
Al di là della rivista, l'esperienza di lavoro di questi storici
e la loro tensione verso una strumentazione concettuale ed em-
pirica che renda possibile la scrittura di una storia sociale e cri-
tica confluiscono in ima importante collana pubblicata dagli edi-
tori Vandenhoeck und Ruprecht, che reca l'indicativo titolo di
«Kritische Studien zur Geschichtswissenschaft». All'interno di
questa collana compare il libro molto significativo di Hans-Jürgen
Puhle sui Politische Agrarbewegungen in kapitalistischen Indus-
triegesellschaften (1975), dal quale si prenderà qui lo spunto per
un esame sia del testo in sé, e nelle sue più importanti conclu-
sioni o considerazioni, sia di questioni che dal testo sono affron-
tate, ma che è opportuno inserire in un contesto più ampio, che

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
La storia sociale in Germania 1123

tenga conto perlomeno del livello della discussione r


l'interno di questa corrente di studi.
L'opera si dichiara un contributo di «politische Sozialge-
schichte». Già a partire da questo primo dato è interessante veri-
ficare come Puhle tenti (e riesca) a trasfigurare un approccio po-
litico ai problemi della storia dell'agricoltura in una prospettiva di
storia ¡sociale comparata (Germania, Stati Uniti e Francia dall'ul-
timo quarto del XIX secolo fino al secondo dopoguerra). Questa
trasfigurazione non si risolve in uno scioglimento e quindi in un
annullamento della dimensione politica in una non meglio definita
e presumibilmente più ampia dimensione sociale, bensì nello spo-
stamento dell'analisi politica stessa dal piano della «grande po-
litica» a quello degli sforzi politici che il mondo dell'agricoltura
compie per organizzarsi e per darsi una rappresentazione - po-
litica - che ne garantisca e ne tuteli la sopravvivenza. La storia
dell'agricoltura quindi, al di là dell'analisi tecnica del modo di
produzione, diviene la storia delle grandi leghe di interessi agrari
che si costituiscono nei paesi presi in esame da fine Ottocento
in poi. Questa tendenza all'organizzazione nel mondo dell'agri-
coltura è, nella prospettiva di Puhle, della massima importanza.
Essa significa infatti un tentativo di reazione e di difesa del mon-
do agrario nel suo complesso di fronte alla sua relativa perdita
di importanza economica causata dal processo di industrializza-
zione.

Di fatto in Germania e negli Stati Uniti, i luoghi fondamen-


tali dell'analisi di Puhle, la perdita di importanza relativa del
settore agricolo nell'ambito economico si evidenzia in un massic-
cio abbassamento percentuale della quota della popolazione attiva
impiegata in agricoltura rispetto alla popolazione totale, in una
massiccia diminuzione della quota del prodotto lordo agricolo ri-
spetto al prodotto lordo generale e, (a lungo, però, nella sola
Germania) in una diminuzione della quota di esportazione
agricola.
Il tentativo di risposta del mondo agrario a questa congiun-
tura economicamente negativa è politico: determina, appunto,
l'organizzazione di grandi unioni. In Germania la Bund der
Landwirte (1839-1920), la Reichslandbund (1920-1933), il Reichsnähr-
stand nazista, la Deutscher Bauernverband sorta dalle rovine del
dopoguerra: negli Stati Uniti Y American Farm Bureau Federation
(fondata nel 1919) rappresentano degli enormi gruppi di pressio-
ne, con addentellati che giungono a prolungarsi massicciamente

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
1124 Domenico Conte

sin nel Reichstag e nel Congresso. Son


per un grosso sowenzionismo agrario, che si concretizza, a se-
conda dei casi, in tariffe doganali, in premi di produzione, in
facilitazioni fiscali, nello sgravamento dai debiti, nella stessa ga-
ranzia da parte della domanda statale dell'assorbimento di parte
della produzione, in prezzi garantiti a prescindere dai meccanismi
di mercato. Beninteso, le differenze tra lo sviluppo dell'agricol-
tura tedesca e quello dell'agricoltura statunitense sono molte-
plici e profonde (basti pensare che l'una è in posizione difensiva,
tesa a tutelare il proprio mercato, mentre l'altra è in posizione
offensiva, tesa alla conquista di mercati nuovi); ma qui importa
rilevare la comune tendenza all'organizzazione in istituzioni che,
sebbene effettivamente dominate dai grandi agrari, si nutrivano
di una ideologia nazionalpopolare che aveva una notevole forza
di integrazione. Capitalismo e organizzazione: il tema è di pri-
mario interesse. Alla sua base c'è la constatazione delle grandi
differenze, a livello di influsso sociale e politico e a livello di
rapporti di mercato, fra settori organizzati e non.
Come si è già accennato, per Puhle questa tendenza all'orga-
nizzazione che il settore agrario avrebbe, primo fra gli altri, svi-
luppato per fini difensivi, è di fondamentale importanza. Essa rap-
presenta il primo passo verso il «capitalismo organizzato», fase
qualitativamente differente dal primo capitalismo industriale,
tentativo di superare le contraddizioni e le tensioni del sistema
andando oltre le leggi naturali della dimensione puramente eco-
nomica. Anzi, il dibattito s'x'Y Organisierter Kapitalismus è stato
centrale negli ultimi anni in Germania1. Ed il concetto è giunto
ad un buon grado di elaborazione se Puhle, con soddisfacenti
risultati, lo può assumere come categoria basilare per il suo ten-
tativo di storia comparata.
Di fatto {e programmaticamente) 1 'Organisierter Kapitalismus
si presenta come una idealtypische Definition nel senso squisita-
mente maxweberiano del termine. Concetto da laboratorio quindi,
dotato di un significato esclusivamente euristico; strumento per
valutare le differenze della realtà dal concetto. Il primo ad usarlo
fu Rudolf Hilferding, ma oggi nell'elaborazione degli storici della
corrente in esame, molto ha perso quel concetto della sua origi-
naria valenza armonicistica e weimariano-socialdemocratica, come
molto ha perso del suo significato di Kampf begriff politico, mentre
ha mantenuto la sua capacità - o la pretesa di porsi come ten-
tativo - di spiegare le possibilità del sistema di superare con
movimento autonomo i suoi confiniģ

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
La storia sociale irt Germania 1125

Jürgen Kocka ha compiuto uno sforzo sintetico nell


nizione dei caratteri dell' Organisierter Kapitalismus . Egli scrive:

«La concentrazione e centralizzazione nella sfera economica, la sistematizzazione


e la specificazione dei rapporti di lavoro e di potere nelle grosse aziende; la forma-
zione di nuovi gruppi di funzioni e l'aumento della popolazione impiegatizia;
l'organizzazione del mercato del lavoro, del conflitto di classe e della rappresen-
tanza degli interessi; la crescente connessione della sfera socio-economica e di
quella politico-statale; l'aumento di capacità operativa dell'apparato statale e
lo sviluppo di nuove ideologie e modi di pensare che attribuivano all'azione collet-
tiva e al momento dell'organizzazione maggior peso - questi erano gli elementi
che connotavano dagli anni '90 in America e in Germania il capitalismo organizzato
che si andava costituendo. Fino alla prima guerra mondiale in ambedue i paesi
questo sviluppo non andò oltre i primi passi; in ambedue i paesi la prima guerra
mondiale significò un'accentuata accelerazione di queste tendenze, che negli Stati
Uniti subirono un processo di ridimensionamento maggiore che non in Germania,
prima che la crisi economica e le reazioni da essa provocate causassero un chiaro
sviluppo, e anche negli Stati Uniti la finale affermazione del capitalismo organiz-
zato» 2.

Lo stesso Kocka, in un altro suo scritto, riaddensa lo spessore


della problematica in esame introducendo un'altra questione:
quella del raffronto critico fra il concetto di Organisierter Kapi-
talismus e quello leniniano di capitalismo monopolistico di stato
( Staatsmonopolistischer Kapitalismus )3. Per Kocka quest'ultimo
concetto tematizza più o meno gli stessi aspetti del capitalismo
organizzato, tra cui la centralizzazione, la concentrazione, la com-
penetrazione di economia e politica. Presuppone, inoltre anch'esso
una teoria dei gradi o delle fasi del capitalismo.
Kocka ammette che grazie al lavoro degli scienziati sociali te-
desco-orientali per ora il concetto di capitalismo monopolistico di
Stato (si ricordi che Lenin parlava di statizzazione della produ-
zione in tempo di guerra)4 è più sviluppato di quello di capitalismo
organizzato. Ma ciò nonostante Kocka, e gli storici tedesco-occi-
dentali in genere, preferiscono l'uso del concetto di capitalismo
organizzato a quello di capitalismo monopolistico di Stato. Per
loro infatti nel concetto leninista la connessione di economia e
politica si risolve nel dominio dei monopoli sulla società e lo
Stato è visto quindi esclusivamente come strumento di dominio
della classe egemone. Ciò compromette per Kocka e per gli storici
convenuti a Regensburg la considerazione della relativa indipen-
denza dell'apparato statale, come maschererebbe anche la com-
prensione dei conflitti reali fra gli interessi capitalistici e gli
organi statali.

This content downloaded from


93ffff:ffff:ffff:ffff:ffff on Thu, 01 Jan 1976 12:34:56 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
1126 Domenico Conte

Ma la discussione s'x'Y Organisierter K


ma a questo punto, altri elementi vanno presi in considerazione.
Sempre a Regensburg, ad esempio, Feldman e Maier parlano di
due varianti del capitalismo organizzato: una basata sull'organiz-
zazione prevalentemente statale dell'economia e della società, l'al-
tra invece fondantesi su una organizzazione autonoma di deter-
minati settori (e forse non è azzardato vedere in una distin-
zione del ¡genere la ripresa - mutatis mutandis - di tesi care e
Barrington Moore Jr. che del resto è costantemente tenuto pre-
sente in questa atmosfera di storia comparata. E che alcune sug-
gestioni di Barrington Moore abbiano forse influenzato lo stesso
Puhle è possibile: si pensi all'importanza che lo storico tedesco
attribuisce al settore agrario come settore che esplica una fun-
zione di battistrada nell'affermazione del capitalismo organizzato,
e al ruolo che nell'eventuale sviluppo di movimenti fascisti può
avere la presenza o l'assenza di determinate tradizioni impian-
tatesi nel mondo agrario, e le si confrontino al significato che il
sociologo americano attribuisce ai «Lords' and peasants in the
making of the Modem World»).
Chiudendo questa parentesi vale la pena anche di ricordare,
sempre a proposito del concetto di capitalismo organizzato e dal
tentativo di renderlo abbastanza flessibile da poterlo applicare
a diversi paesi, il contributo di Volker Sellin, che si riferisce
specificamente all'Italia s. In questo contesto non è però il caso
di esaminare nel dettaglio le posizioni di Sellin, in quanto la sua
argomentazione si differenzia nettamente da quella degli altri
studiosi, non accettando in pratica egli il passaggio da una fase
non organizzata ad una organizzata del capitalismo, essendo anzi
a suo parere l'aspetto dell'organizzazione comunque presente nella
storia di questo sistema. È però il caso di ricordare una obiezione
mossa a Sellin da Heinrich Winkler, il curatore del volume
Organisierter Kapitalismus cui più volte si è fatto cenno in nota.
Scrive infatti Winkler, riferendosi oltre che all'Italia anche alla
Russia del XIX e XX secolo, che il sottosviluppo socio-economico
rende probabilmente necessaria un'alta quota di intervento sta-
tale per sbloccare la società dal suo stato di inerzia. Il concetto
originariamente elaborato da Hilferding, sempre per Winkler,
non va però applicato ad uno Stato che aiuta a mettere in moto
l'industrializzazione, ma a interventi che debbono servire alla
stabilizzazione di un sistema minacciato. Di fatto è facile notare
come qui si affrontino due concezioni, quella fatta propria da
Puhle e da Winkler, quella invece attribuibile a Sellin, le quali

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
La storia sociale in Germania 1127

non sono facilmente mediabili. In effetti, ¡pur volen


l'acuta distinzione di Feldman e di Maier, è sempre possibile con-
siderare la tendenza organizzativa del capitalismo, sia che venga
dall'alto, cioè dallo Stato, sia che sorga indipendentemente all'in-
terno degli stessi ambiti economici, come un tentativo di stabi-
lizzazione sociale, dove gli eventuali costi economici sono compen-
sati da ima diminuzione degli attriti e delle frizioni. Nell'impo-
stazione di Sellin è proprio l'aspetto qualitativo dell'intervento
statale a mutare radicalmente nel caso Italia, il quale non po-
trebbe, se non con grande difficoltà, rientrare in un discorso
sull' Organisiert er Kapitalismus.
Esaminati questi punti, tenendo presenti le difficoltà che sus-
sistono ancora nell'ambito della storiografia tedesca al fine di
una elaborazione concettuale dell' Organisier ter Kapitalismus , è
opportuno, per chiudere la presentazione di alcuni temi attinenti
alla problematica di questa definizione di un «tipo ideale», ricor-
dare un'altra considerazione di Kocka, fatta in quello che si può
considerare l'articolo programmatico e di presentazione della già
citata rivista «Geschichte und Gesellschaft»6. In questo luogo lo
storico tedesco rammentava appunto che il capitalismo organiz-
zato era un concetto ancora in via di elaborazione, suscettibile
di miglioramenti, e in conseguenza di ciò, causa possibile di di-
scussioni e di dispute.
Ma volendo toccare rapidamente qui un altro tema, anch'es-
so centrale nel libro di Puhle e nei lavori degli altri Sozial-
historiker , prendo in considerazione alcune delle loro tesi rispetto
al problema fascismo.
La storia sociale comparata svolta dal Puhle degli Agrarbe-
wegungen come dal Kocka degli Angestellte zwischen Faschismus
und Demokratie si pone di fronte a questo problema: come mai
in Germania e negli Stati Uniti, con una situazione che sotto il
profilo della struttura economica si mostra abbastanza simile
(capitalismo organizzato, appunto), si verificano delle situazioni
che da un punto di vista politico sociale sono radicalmente diffe-
renti? Perché, insomma, in Germania ci sarà Hitler e negli Stati
Uniti Roosevelt? Perché lì ima caduta in un regime totalitario,
mentre qui le istituzioni democratico-rappresentative si dimo-
strano abbastanza forti da resistere alla crisi del '29? La risposta
di Puhle e Kocka è sostanzialmente la stessa, e trova probabil-
mente uno dei suoi antecedenti in un libro molto noto e molto
discùsso di Hans Ulrich Wehler7. La risposta a questo interro-
gativo va cioè per i nostri autori ricercata nelle diverse tradi-

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
1128 Domenico Conte

zioni e nella diversa cultura politica che improntavano i due


paesi. (Il concetto di politische Kultur è molto usato. Esso do-
vrebbe connotare elementi non istituzionali, che si rapportano
ad una serie di norme, valori, modi di comportamento: esso do-
vrebbe «scoprire» l'ambiente fra le istituzioni e le azioni indi-
viduali).
La presenza in Germania di elementi di tipo pre-borghese,
pre-capitalistico, feudale, assenti invece nel new world d'America,
è determinante. Ancora più specificamente, è l'urto di queste
tradizioni con le tendenze di mutamento del capitalismo indu-
striale sviluppato, con le tensioni che ne derivano, a favorire, e
quasi a determinare, il sorgere e l'affermazione del nazionalso-
cialismo. Una società come quella statunitense invece, libera da
questo tipo di tradizioni, e nutrita magari di tradizioni diverse e
di tipo schiettamente democratico (quelle populistico-jeffersonia-
ne), con un grado di cultura politica qualitativamente differente,
alla crisi può far seguire uno sviluppo di tipo democratico.
Un approccio di questo genere, per il quale i diversi sviluppi
politici delle società moderne sono determinati dai fattori pre-
industriali, al di là di Wehler, è da rinvenire già nelle opere di
Barrington Moore e di Alexander Gerschenkron. Essa contraddice
la tesi che il capitalismo nella sua fase organizzata debba neces-
sariamente condurre al fascismo. Afferma al contrario la poliva-
lenza politica del capitalismo organizzato, e per quel che riguarda
gli oggetti specifici degli studi di Puhle e di Kocka (il mondo
agrario e quello impiegatizio), dimostra in maniera convincente
come per la Germania strati sociali importanti come lo Junkertum
prussiano e il piccolo e medio Angestellt entum si facessero carico
di elaborare o di lasciarsi integrare all'interno di ideologie e di
modi di comportamento che larga affinità avevano con alcune
delle caratteristiche del nazionalsocialismo.
In queste brevi note su alcune tendenze della storiografia te-
desca contemporanea conviene infine prendere in esame alcune
posizioni che in termini molto critici (come già all'inizio accenna-
to), hanno tentato una definizione del tipo di storiografia comples-
sivamente prodotto dai Sozialhistoriker presi in esame8. Recente-
mente proprio sulle pagine di «Geschichte und Gesellschaft» sono
stati ospitati alcuni interventi metodologici in questo senso. È
stato rimproverato a Wehler ed ai suoi compagni spirituali di
essere i dogmatici continuatori della lezione di Eckart Kehr, di
funzionalizzare quindi al presunto primato della politica interna
anche avvenimenti, come l'imperialismo tedesco, a come le guerre

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
La storia sociale in Germania 1129

della seconda metà dell'Ottocento, che in tal modo non possono


assolutamente essere spiegati. A Wehler specificamente è stata
mossa l'accusa di essersi comportato, data la sua pedagogia po-
litica, come un Treitschke redivivo. Su questi temi, che al di là
dei riferimenti specifici tendono ad abbracciare un po' l'intera
corrente, la polemica è aperta e molto vivace, spesso dura. Essa
comunque sembra testimoniare della validità e della serietà degli
sforzi compiuti da storici e da scienziati sociali per superare limiti
disciplinari troppo angusti, e per scrivere una storia che lungi
dall'essere ima pallida e alla fin fine impossibile fotografia della
realtà passata (histoire totale ), si muova invece nella direzione
di una comprensiva history of the society . Questo nell'ambito di
una metodologia che confessa e afferma apertamente il suo eclet-
tismo {il reale è per questi storici troppo complesso per essere
affrontato con singole strumentazioni), ma che ama anche collo-
carsi fra Marx e Weber. Laddove il riferimento a Weber appare
di particolare importanza, non solo per la positiva valutazione
dell' ideali y pus come strumento euristico, ma per la sostanziale
accettazione di uno dei più profondi insegnamenti del Weber
scienziato storico-sociale: quello secondo cui le Kulturwissens-
chaften , se debbono assolutamente astenersi dai giudizi di valore,
pena la loro non oggettività, (' Wertfreiheit ), pure hanno assoluto
bisogno di un riferimento ai valori, pena la scomparsa della loro
reale possibilità di esistere ( Wertbeziehung ).
Domenico Conte

NOTE AL TESTO

1 Cfr. il volume Organisierter Kapitalismus, Vandenhoeck und Ruprecht, 1974,


a cura di H. Winkler. Si tratta di diversi contributi che illustrano i temi svolti
da un gruppo di lavoro nel 1972 a Regensburg, al 29° congresso degli storici te-
deschi.

2 J. Kocka, Angestellte zwischen Fascismus und Demokratie, Vandenhoeck und


Ruprecht, 1977, p. 77.
3 J. Kocka, Organisierter Kapitalismus oder Staatmonopolistischer Kapitalismus.
Begriffliche Vorbemerkungen, in Winkler, Organisierter Kapitalismus, cit.
4 Per un tentativo di messa a punto del problema cfr. E. Sereni, Fascismo,
capitale finanziario e capitalismo monopolistico di Stato nelle analisi dei comunisti
italiani, in «Critica Marxista», a. X, n. 2, 1972. Qui si trova la frase di Lenin,
estratta dalla Risoluzione sul momento attuale in cui è scritto: «il capitalismo mo-

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
1130 Domenico Conte

nopolistico trapassa in capitalismo monopolistico di St


stanze impone la regolamentazione sociale della produzione e della distribuzione
in diversi paesi [. . .] la tendenza crescente al monopolio e alla statizzazione della
produzione [. . .]».
s V. Sellin, Kapitalismus und Organisation . Beobachtungen an der Industria-
lisierung Italiens , in Winkler, Organisierter Kapitalismus, cit.
6 J. Kocka, Theorien in der Sozial - und Gesellschaftsgeschichte, in «Geschichte
und Gesellschaft», n. 1, 1975.
7 H. U. Wehler, Das Deutsche Kaiserreich : 1870-1918.
8 Per lo Stato della polemica attuale cfr. J. Puhle, Zur Legende der Kehrschen
Schule, in «Geschichte und Gesellschaft», n. 4, 1977.

This content downloaded from


93.44.48.113 on Sat, 14 Nov 2020 16:22:14 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms

Potrebbero piacerti anche