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MONEY MANAGEMENT E RISK/REWARD

Aspetto fondamentale dell'attività di un investitore è quello di adottare un money


management corretto, ma prima di tutto: cos'è il money management?
Spesso utilizzato nel linguaggio degli investimenti in Borsa come "gestione del rischio", è
un’espressione che si riferisce alle tecniche di "gestione del denaro" mirate alla
massimizzazione dei profitti e alla riduzione potenziale delle perdite. Si può pertanto
definire come il complesso di regole atte alla gestione efficiente del patrimonio.

Il money management si compone di due ambiti


fondamentali e inscindibili tra loro: risk management
("gestione del rischio") e position sizing. La prima analizza
il rischio legato alla posizione assunta sul mercato; la seconda
individua il capitale da investire in ogni singola operazione
aperta sul mercato e la ripartizione del capitale tra i vari asset
di portafoglio.

Tale argomento viene spesso snobbato e visto come noioso, chi si avvicina al mondo degli
investimenti è quasi sempre attratto dalla ricerca della “formula magica”, dal segreto
nascosto, dalle parole infallibili di qualche guru di turno, si tende cioè a non considerare
quella del risparmio e dell'investimento come un'attività, ma come un qualcosa di artistico,
fascinoso e misterioso, e che nasconda misteri accessibili solo a qualche talento inarrivabile,
al quale ci si debba rivolgere per carpire qualche brandello di “magia”.
Non funziona così.

Investire, allocare i propri risparmi, fare trading è un'attività a tutti gli effetti, difatti il
termine “trading” significa commercio, quindi è il caso di togliersi dalla mente concetti
troppo astrusi o legati a dimensioni insondabili, e cominciare a preparare un piano di lavoro.
Potrà sembrare più noioso di quanto ci si immaginasse inizialmente, ma un'attività seria
necessita di una gestione seria del proprio capitale, cioè di un corretto money management.

Un aspetto spesso trascurato è che curare, preparare, perfezionare il proprio money


management è una delle armi fondamentali per scendere nell'arena del mercato e combattere
con una solida armatura: non siamo in grado di prevedere con certezza cosa farà domani il
nostro indice di borsa, il titolo azionario del quale conosciamo tutti i dati di bilancio, la
valuta oltreoceano, non siamo in grado di prevedere con certezza se il Dollaro Statunitense
sarà gravato da un aumento dei tassi o se Bank of America distribuirà un lauto dividendo.

E se anche per magia sapessimo questi dati, non sapremmo comunque come reagirebbe il
mercato: quante volte le agenzie battono una notizia che sembra disastrosa, e nonostante ciò
il mercato vola?

Spesso le cattive notizie per l'economia, sono ottime notizie per i mercati che “leggono” la
new funesta come uno stimolo per le banche centrali, le quali faranno qualcosa per
rilanciare l'economia, e dunque i mercati salgono…..
Non sappiamo niente di quello che accadrà tra 15 minuti sui mercati !

L'unica cosa che sappiamo è quanto investiremo nella nostra operazione (cioè la position
sizing), e sappiamo che perdita siamo disposti a sopportare e sappiamo infine qual'è il target
al quale uscire prendendo profitto.
Ma troppo spesso l'investitore non si rende conto di questa “armatura” che può indossare
prima di scendere nell'arena, e preferisce lottare contro il mercato a petto nudo, finendo in
un bagno di sangue…
Nello specifico, quali errori più frequentemente si commettono?

Non ci si rende conto che differenti mercati hanno differenti volatilità: le valute hanno
delle oscillazioni più contenute rispetto agli indici azionari, e a loro volta gli indici azionari
hanno oscillazioni più contenute rispetto ai titoli azionari, ad esempio l'Euro potrà oscillare
dello 0,7% nei confronti del Dollaro Usa durante una sessione giornaliera, mentre l'indice
tedesco Dax nella medesima sessione potrà registrare un'oscillazione del 2% e a sua volta il
titolo azionario Banca Mediolanum, sempre nella medesima sessione, magari a causa di una
notizia importante, potrà aver avuto un'oscillazione del 5%

Ovviamente ci sono le eccezioni, ma mediamente le valute sono meno volatili degli indici, e
gli indici sono meno volatili dei titoli azionari.
Addirittura tra gli stessi titoli azionari vi sono alcuni più volatili rispetto ad altri, i cosiddetti
titoli “difensivi” come le utilities e gli alimentari, cioè quei titoli anticiclici, che scontano
meno di altri le forte oscillazioni dei mercati: un titolo alimentare subirà ribassi meno
pesanti in una fase di recessione perché si tenderà a risparmiare su altri beni e non sui beni
alimentari, per cui in una fase recessiva i titoli di beni non primari (lusso, tecnologia…)
normalmente subiranno maggiori ribassi.

Ma torniamo al centro del problema: se abbiamo compreso che la valuta Euro ( o Yen, o
Pound o Dollaro...) si muove solitamente con oscillazioni più contenute rispetto a un titolo
azionario, allora debbo rendermi conto che per operare in maniera bilanciata, dovrò
investire cifre diverse a seconda che io acquisti una valuta piuttosto che un indice o piuttosto
che un titolo azionario.
Sui nostri portafogli dedicato agli investimenti di 20.000 euro dedichiamo per ogni
operazione sulle valute 1.000 euro, per ogni operazione sugli indici 600 euro e per ogni
operazione sui titoli azionari 250 euro, al fine di ripararci dal rischio della volatilità.
Sarebbe delittuoso per noi investire 1000 euro su di una valuta e altri 1000 su di un titolo: se
la valuta ci desse un profitto dell'1% guadagneremmo 10 euro, mentre se la volatilità del
titolo scelto ci desse una perdita del 3% ne perderemmo 30.
Questa semplice e fondamentale regola viene spesso disattesa !!!
Se sei un investitore non esperto, probabilmente ti sembreranno cifre troppo basse quelle
investite rispetto al capitale, ma non è così: il capitale va conservato e non esposto al
rischio folle, non esistono titoli “sicuri” sui quali tentare il colpo grosso.
Il colpo grosso lo fa solo il mercato, noi dobbiamo centrare i colpi piccoli ma con regolarità,
e minimizzando le perdite.
Non ci si prepara un piano per operare, si fanno operazioni su dritte di amici, su notizie
sentite in tv, e siccome ci si sente “sicuri”, si punta una cifra di molto maggiore rispetto ad
operazioni precedenti, e non si fissa un punto di uscita in caso di errata valutazione…..
Questa considerazione ci porta a un altro aspetto del money management: la size
dell'operazione deve essere sempre la stessa!

Quindi noi investiamo 1000 euro quando apriamo un'operazione sulle valute, sempre
inderogabilmente 1000 euro. Anche quando la nostra analisi ci sembra infallibile,
convincente, perfetta; sappiamo che il mercato non regala “pasti gratis” e non è prevedibile,
quindi per limitare i rischi ed essere profittevoli nel lungo periodo, occorre indossare la
famosa armatura, quella del money management e ci ricordiamo che ogni operazione deve
essere aperta sempre con la stessa quantità di denaro, cioè con la stessa “size” (taglia).
Eppure, anche questa semplice regola matematica troppo spesso non viene seguìta:
l'investitore è sicuro che “questa volta andrà bene quindi ci metto più soldi così recupero le
perdite di prima”, ed è un atteggiamento che in termini matematico/statistici porta alla
rovina. E in breve tempo.

Il money management, dandoci delle regole fisse che il mercato non può toglierci, ci offre
anche il vantaggio di fare degli investimenti non dettati dalle emozioni: se sappiamo che su
un capitale di 50.000 euro devo investire 600 euro sull'indice tedesco Dax e non un euro in
più, a me non deve importare quale notizia, aspettativa, previsione sia in circolazione: noi
investiremo 600 euro. Questo approccio ci dà una serenità incredibile.

L'altro aspetto fondamentale per operare in maniera serena, e soprattutto profittevole nel
lungo periodo, è quello di adottare un corretto “risk manaement”.
Attraverso il risk management (letteralmente "gestione del rischio") saremo in grado di
costruire un'adeguata strategia d'uscita dal mercato quando le cose non vanno così come
auspicato e riusciremo a lasciar correre i profitti quando la posizione da noi assunta ha preso
la giusta direzione.

Riconoscendo tempestivamente gli errori commessi sarà possibile chiudere una posizione
senza subire perdite consistenti in grado di alterare negativamente il prosièguo della nostra
attività. Ogni trader o investitore deve essere provvisto di un piano d'uscita dal mercato allo
scopo di avere una triplice funzione:
1- limitare il rischio assunto in ogni trade;
2- rischiare soltanto una piccola percentuale del capitale a propria disposizione in ogni
trade;
3- ridurre il rischio totale di portafoglio in modo tale che un'eventuale perdita sia più
facilmente recuperabile.

Nel momento in cui un trader decide di assumere una posizione sul mercato,
indipendentemente dall'arco temporale, deve pianificare il proprio intervento in varie
sequenze:
1- entrare in acquisto (o con una vendita allo scoperto) su uno strumento finanziario in base
a determinate regole e filtri operativi, nonché sulla base di un rapporto rischio/rendimento
accettabile (minimo 1:2, meglio 1:3);
2- piano d'uscita per limitare eventuali perdite;
3- piano d'uscita per far correre i profitti.
Gli strumenti operativi che ci consentono di mettere in pratica un appropriato sistema di
uscita dal mercato, sia per limitare le potenziali perdite sia per conseguire gli eventuali
profitti, sono lo stop loss, il profit target ed il trailing stop.

STOP LOSS

Lo strumento fondamentale che aiuta il trader ad evitare forti perdite in conto capitale è lo
stop loss (letteralmente "ferma la perdita"), cioè il livello massimo di perdita accettabile
raggiunto il quale siamo disposti a chiudere una determinata operazione speculativa.

Attraverso lo stop loss andremo ex ante a definire un "limite" alla perdita potenziale.
Supponiamo di aver acquistato un titolo a 20 euro aspettandoci un rialzo fino a 25 euro. Se,
anziché salire, i prezzi scendono è probabile che siamo nella direzione sbagliata. Uno stop
loss fissato ex ante a 18 euro avrebbe contenuto le perdite derivanti da una discesa del titolo.

Esistono varie tipologie di stop di protezione in base alla tecnica con cui essi vengono
calcolati. Non esiste certamente la metodologia universalmente valida, per cui spetterà al
trader fissare lo stop loss in base al proprio piano di lavoro delle perdite.

Normalmente gli stop loss possono essere determinati in base ad una percentuale o a un
precisa somma monetaria, giunti alla quale si chiude l'operazione in perdita, e in questo caso
si parla di “stop loss economico”.

Con questo sistema non si va ad intaccare il proprio livello "limite" di sopportazione delle
perdite, preservando tra l'altro il capitale totale a disposizione. Supponiamo che un
investitore abbia un grado di sopportazione delle perdite pari a 100 euro per ogni trade. Ciò
vuol dire che se egli ha aperto una posizione in acquisto su 1000 azioni ABC a 20 euro, il
suo livello di stop loss sarà 19,90 euro. Questo metodo porta ad inconvenienti analoghi allo
stop in percentuale.
Esistono altri tipi di stop loss basati su altri fattori (volatilità, pattern, tempo etc, etc), ma il
nostro trading system preferisce adottare poche regole, e chiare, e abbiamo scelto uno
stop loss di tipo economico, fissando in 100 euro la perdita massima per ogni operazione.

Una volta aperta la posizione sul mercato, oltre a definire l'entità dello stop loss, dobbiamo
identificare un target, cioè un punto d'arrivo dove presumibilmente prenderemo profitto.

Vi sono varie strategie basate sia sul livello grafico dei prezzi, che su un target stabilito
tramite percentuale fissa o somma monetaria fissa. Un buon modo, invece, di proteggere
almeno una parte dei profitti teorici conseguiti è quello di liquidare metà posizione in
prossimità di supporti e resistenze. In questo modo mettiamo da parte un discreto guadagno
in attesa di sapere se il mercato rompa o meno il livello critico con cui si sta confrontando.

Una strategia che può contenere ancor di più il rischio è certamente quella del 2*1, cioè si
liquida metà posizione al livello di prezzo dove si realizza un guadagno pari all'entità del
rischio iniziale assunto. Una volta raggiunto questo primo obiettivo di prezzo si solleva lo
stop a pareggio, cioè si porta lo stop loss al livello con cui siamo entrati in posizione.

E' in ogni caso fondamentale che il target minimo fissato all'apertura della posizione sia
almeno doppio in termini di profitto rispetto alla possibile perdita derivante dallo stop loss.

Questa rapporto tra stop loss e target deve offrire sempre una prospettiva matematica
favorevole.

Faremo un esempio pratico per spiegarne meglio il motivo:


se avessimo un'attività che vende dell'ottimo olio, L avremmo senz’altro pagat il giusto
prezzo avendo ottenuto delle ottime condizioni di pagamento. Il tutto per rivenderlo
sicuramente ad un prezzo che di minima ripaga il costo dell'olio stesso, più i costi fissi che
abbiamo più un margine che ci aspettiamo di incassare.
Se le paghiamo dunque 3 euro al litro come minimo il prezzo di vendita sarebbe almeno il
doppio ! minimo…!
Sarebbe corretto venderle a 1 euro o a 3 euro andando nella migliore ipotesi a pareggiare il
prezzo d’acquisto ? Assolutamente no ! il semplice pareggio del prezzo d’acquisto non ti
ripagherebbe dei costi d’esercizio e cosi’ via…
Nel trading chissà perché si perde questo contatto con la semplicità delle cose e si rischiano
magari 100 euro andando poi senza motivo a chiudere l’operazione appena la si vede in
profitto di 10 euro, riuscendo magari anche a convincersi di aver realizzato un buon profitto.
Ma non è cosi’, la gestione di un’operazione di trading, esattamente come nella la gestione
della nostra rivendita di olio, deve essere vista nel lungo periodo ed i rendimenti devono
essere superiori ai costi.
Potrà anche sembrare di non aver perso incassando 10 euro a fronte di un rischio di 100 ma
prima o poi il mercato ci presenterà il conto cosi’ come il nostro fornitore di olio prima o poi
ci manderà la fattura dei litri che ci ha consegnato in negozio.
Se incassiamo sempre meno di quanto rischiamo la cassa sarà vuota quando andremo in stop
e ci ritroveremo in perdita dovendo metter mano ad altri risparmi per alimentare
nuovamente il conto di trading .
E’ per questo motivo che nelle nostre operazioni cerchiamo sempre di avere un
rapporto rischio/rendimento almeno di 1 a 2 ovvero mettendo a rischio una certa somma
per incassare almeno il doppio. Ed è sempre per questo motivo che gestiamo un’operazione
di trading con un unico scopo:
“portare l'operazione a target incassando almeno il doppio del rischio assunto”
Se si comprende questo meccanismo si cominceranno a scegliere quelle operazioni in cui é
possibile tecnicamente proteggere lo stop con supporti e resistenze e si cercheranno target
prendibili dal prezzo quindi NON difesi da supporti e resistenze e si farà in modo che il
numero di spazio sul grafico di guadagno atteso sia superiore allo spazio di possibile
perdita.
Quando arriverà la fattura del mio fornitore di olio (lo stop loss) la cassa non sarà vuota e
potremmo onorarla tranquillamente con le spese pagate (spread, slippage e commissioni) e
ritrovarci in utile (profitto di lungo periodo).
Infine vediamo il trailing stop:
la tecnica del trailing stop serve per seguire la posizione man mano che essa inizia a
svilupparsi sollevando o abbassando lo stop loss, a seconda che siamo rispettivamente in
posizione d'acquisto o in posizione di vendita allo scoperto. Si tratta, dunque, di livelli di
uscita "dinamici". Ipotizziamo di aver acquistato un titolo a 50 euro e di aver fissato uno
stop loss iniziale a 48 euro. Il trailing stop verrà sollevato progressivamente verso 50, 52,
55, ecc. dal momento in cui i prezzi aumentano di valore.

Siamo certi che tali aspetti fondamentali, raramente vengono studiati e adottati in maniera
rigorosa, eppure sono la prima difesa contro le avversità dei mercati, e sono parte integrante
di una strategia che miri in primis alla protezione del capitale.

Saper prevedere il prezzo, ma non saper gestire l'operazione in termini di size e di obiettivi,
equivale ad avere la patente di guida senza saper guidare.
Enrico Gei

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