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Italo Svevo

Italo Svevo nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 da una benestante famiglia borghese di origine ebraica.
Nel 1873 insieme ai due fratelli viene mandato in un collegio in Germania dove prosegue i suoi studi
per prepararsi alla carriera commerciale e dove si dedica anche alle letture di scrittori tedeschi.
Nel 1878 ritorna a Trieste. La sua aspirazione era di divenire scrittore: iniziò a comporre testi
drammatici e a collaborare con un giornale triestino.
Politicamente era vicino alle posizioni irredentistiche e manifestava anche interesse per il socialismo.
Nel 1880 l'azienda familiare fallisce. Svevo conosce così l'esperienza della declassazione, passando dal
benessere borghese ad una condizione di ristrettezza. Fu costretto a cercare lavoro e si impiegò presso
una Banca triestina. Il lavoro era per lui opprimente e cercava un evasione nella letteratura,
frequentando la biblioteca, leggendo i classici italiani e i narratori francesi dell'800.
Nel 1892 inizia a scrivere le prime novelle e pubblica il suo primo romanzo “Una vita”.
Nel 1895 muore la madre e incontra la cugina Livia Veneziani, che sposa l'anno successivo e da cui ebbe
una figlia. Il matrimonio segna una svolta fondamentale nella vita di Svevo: la figura dell'inetto svanisce
e fa un salto di classe sociale.
Svevo abbandona l'impiego in banca e inizia a lavorare nella ditta dei suoceri.Per lui fu un salto di classe
sociale, egli si trovò nel mondo dell’alta borghesia, e da intellettuale si trasformò in dirigente
d’industria. Viaggiò molto in Francia e in Inghilterra.
Nel 1898 pubblica il suo secondo romanzo “Senilità”. Ma a seguito dell’insuccesso del romanzo decise
di lasciare l’attività letteraria. In realtà Svevo non prese mai seriamente l’idea di abbandonare la
scrittura. Infatti vi furono due incontri che lo portarono a cambiare idea: quello con James Joyce e
quella con la psicoanalisi. Nel periodo in cui Joyce insegnava a Trieste, Svevo prese lezioni di inglese da
lui e fra i due nacque una grande amicizia. Joyce sottopose a Svevo le sue poesie e i suoi racconti e
Svevo fece leggere a Joyce i due romanzi pubblicati. L’altro evento fu l’incontro con la psicoanalisi che
avvenne verso il 1910: il cognato aveva sostenuto una terapia a Vienna con Freud e così Svevo ebbe
l’opportunità di entrare in contatto con le teorie psicoanalitiche. L’occasione definitiva che lo fece
ricominciare a scrivere avvenne quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale, poiché la fabbrica dei
suoceri venne requisita per ordine delle autorità austriache, così Svevo riprese l'attività letteraria.
Nel 1919 iniziò a scrivere il suo terzo romanzo “La coscienza di Zeno” ma quando venne pubblicato nel
1923 l’opera non riscontrò alcun successo. Così svevo decise di spedire a Parigi all’amico Joyce il
romanzo il quale lo fece leggere agli intellettuali francesi del tempo. Svevo ottenne una grande fama in
Francia e in Europa.
Nel 1928 Svevo muore in seguito ad un incidente d'auto vicino Treviso.

La cultura di Svevo
Nell’opera di Svevo si scorgono i riflessi di una vasta cultura filosofica, scientifica e letteraria:
• Ambito filosofico e scientifico:
◦ Schopenhauer → affermava un pessimismo radicale, indicando come unica via di salvezza
dal dolore la rinuncia alla volontà di vivere
◦ Nietzsche → sosteneva l’idea del soggetto come una pluralità di stati in fluido divenire
◦ Darwin → riteneva che il comportamento umano fosse il prodotto di leggi naturali
◦ Marx → sosteneva che il comportamento umano è influenzato dai rapporti sociali
◦ Freud e la psicoanalisi → non apprezzò la psicoanalisi come terapia, che permette di
guarire il malato di nevrosi, ma come strumento per poter indagare la realtà psichica.
• Ambito letterario:
◦ grandi romanzieri realisti francesi dell’Ottocento, Balzac, Stendhal e Flaubert: infatti il
Bovarismo è un aspetto che caratterizza gli eroi dei suoi primi due romanzi
◦ naturalisti francesi, soprattutto da Zola e si può notare nel primo romanzo
◦ romanzieri russi → Turgheniev e Dostoievskij
◦ umoristi inglesi fra i quali Dickens.

Struttura dei romanzi


Svevo nel romanzo presenta per la prima volta la figura centrale dei suoi romanzi. L’inetto è una
persona incapace di agire e di vivere con gli altri, che sfugge alla realtà perché non la sa affrontare, è
inadatto alla vita, non riesce a raggiungere i propri obiettivi ed è paralizzato nel momento della scelta. È
un uomo che non è completo, è un abbozzo.

All’inetto si contrappone una persona contraria che diventa l'antagonista, cioè un individuo che ha
tutte le caratteristiche positive per affermarsi e per ottenere l'oggetto del desiderio del protagonista.

Le figure femminili vengono idealizzate dal protagonista e rappresentano l'oggetto del desiderio
irraggiungibile. Il protagonista vede nella donna la figura della madre, sorella, amante.

Una vita
Una vita è il primo romanzo di Italo Svevo e venne pubblicato nel 1892. Il titolo inizialmente era “Un
inetto”, ma era stato rifiutato dall’editore, così Svevo scelse come titolo “Una Vita”. Con il titolo
precedente l’autore voleva evidenziare la natura del protagonista e il suo pessimismo. Si tratta della
storia di un giovane, Alfonso Nitti, che abbandona la madre e il paese per andare a lavorare a Trieste
presso la Banca Maller. Un giorno viene invitato a casa del banchiere insieme alla figlia di Maller,
Annetta, con la quale successivamente inizia una relazione amorosa.
Inoltre fa amicizia con Macario, un giovane ambizioso e sicuro di sé. Quando Alfonso è sul punto di
sposare Annetta, improvvisamente ritorna nel suo paese, in una sorta di fuga dalla sua nuova vita per
dedicarsi nuovamente all'aspirazione interiore e per assistere la madre malata, che muore poco dopo.
Al suo ritorno però le cose sono cambiate: Annetta sta per sposarsi con Macario, al protagonista viene
affidata una mansione meno importante in un altro ufficio e i suoi tentativi di riottenere il favore della
famiglia Maller falliscono. Alfonso ormai si sente odiato e perseguitato dai Maller, che pensano che
questo voglia ricattarli. Il protagonista chiede ad Annetta di poterla incontrare per chiarire la situazione,
ma all'appuntamento si presenta il fratello, che sfida l'uomo a duello. Alfonso, vittima della sua
inettitudine e credendo che Annetta desideri la sua morte, si suicida.
La notizia del suo decesso viene affidata dall’autore a una fredda, impersonale e ipocrita lettera dei
Maller, in cui viene dichiarata sconosciuta la ragione del gesto dell’impiegato.

Svevo in Una vita presenta per la prima volta la figura centrale dei suoi romanzi e di opere di altri autori
contemporanei o di poco successivi, l’inetto: incapace di vivere con gli altri, caratterizzato da un
continuo senso di inadeguatezza, dedito all’introspezione e paralizzato nel momento della scelta.
Alfonso Nitti incarna questo personaggio, non riuscendo ad integrarsi nel mondo alto-borghese che la
famiglia Maller incarna, impossibilitato a godere delle gioie che la vita gli concede, ma concentrato sulla
propria drammatica condizione di uomo. La realtà del protagonista, dopo il ritorno a Trieste, diventa
priva di ideali e desideri e culmina con la sua stanca resa di fronte alla propria inettitudine, il suicidio
finale. Tutta l’esistenza di Alfonso sembra caratterizzata da un pessimismo e una negatività di fondo,
sempre pronti ad esplodere e intaccare la superficiale serenità ottenuta.
“Le Ali del gabbiano” da Una Vita
L'episodio offre la prima raffigurazione della struttura che regge l’opera sveviana, ovvero l'opposizione
tra il protagonista (l’inetto) e l’antagonista (colui che è adatto a vivere). Infatti risalta l’inettitudine di
Alfonso, paragonata alle doti di Macario, cioè l’individuo adeguato alle esigenze della vita. Il confronto
si svolge durante una gita in barca a vela, un ambito adatto a far emergere i caratteri contrapposti. La
gita dimostra all’impacciato passeggero, Alfonso, la sicurezza e abilità del velista, Macario. Quest’ultimo
appare perfettamente conscio delle sue possibilità e della sua abilità nel governare la barca; invece
Alfonso è completamente passivo, in balia degli altri e delle onde.
Il rapporto che s’instaura fra i personaggi è molto complesso. I due sembrano infatti dipendere l’uno
dall’altro, sia pure per motivi opposti: Alfonso ammira Macario perché è sicuro di sé, perché lo vede
debole e spaventato. Al contrario, Alfonso, è indispensabile a Macario per far emergere la propria
superiorità.
Il senso del brano viene riassunto, nel finale, in una similitudine: una sorta di parabola, che raffigura la
lotta tra gabbiani e pesci. Macario fa osservare ad Alfonso la grande efficacia del volo dei gabbiani,
capaci di gettarsi nel modo più rapido e infallibile sulla preda: come se il piccolo cervello di quegli
uccelli fosse progettato solo a quello scopo. Alfonso (come la gita in barca a vela ha appena dimostrato)
possiede invece le qualità opposte a quelle dei gabbiani: il suo cervello, nutrito di studi e letture, gli è
d’impaccio, anziché d’utilità, nella lotta per la vita. I soli voli a cui è adatto, come ironicamente
commenta Macario, sono quelli poetici, cioè voli del tutto inutili.

Senilità
Senilità è il secondo romanzo di Svevo, scritto tra il 1892 e il 1897 e pubblicato l'anno successivo.
La trama ruota intorno alla storia d’amore tra Emilio Brentani e Angiolina. Emilio vive un’esistenza
monotona e grigia con la sorella Amalia.
L’insoddisfazione per la propria esistenza vuota e mediocre spinge Emilio ad un'avventura con una
ragazza del popolo, Angiolina. Egli si innamora perdutamente della ragazza (da donna di facili costumi
viene idealizzata e diventa una “donna angelo” e simbolo del comunismo). La donna, tuttavia, è meno
coinvolta ed è attratta da diversi uomini tra cui Stefano Balli, amico di Emilio e scultore, di cui è
innamorata pure la sorella Amalia. Emilio perciò allontana l'amico da casa sua e Amalia si ammala di
polmonite e successivamente muore. Egli interrompe la relazione con Angiolina e ritorna a vivere la sua
esistenza grigia e mediocre, rinchiudendosi nel guscio della sua senilità, guardando alla sua avventura
come un “vecchio” alla sua “gioventù” e ricordando le donne amate, Amalia e Angiolina, unendo nella
memoria l’aspetto dell’una con il carattere dell’altra.

Come il personaggio di Una Vita, anche Emilio Brentani incarna la figura dell’inetto, incapace di vivere
davvero, ma imprigionato nei suoi sogni e illusioni, in un continuo ed inconsapevole autoinganno. Sono
entrambi due sconfitti dalla realtà a cui non riescono appartenere. Il primo si suiciderà, ponendo fine al
senso di inutilità e inadeguatezza che lo attanaglia; fine simile a quella della sorella del protagonista di
Senilità, che illusa dell’amore di Stefano a causa delle sue stesse fantasie, nel momento della delusione
amorosa perde il contatto definitivo con la realtà, abbandonandosi all’abuso di etere, che la condurrà
alla morte. Per “senilità” Svevo intende proprio l’inettitudine del protagonista, che lo rende incapace da
affrontare la vita e la realtà stessa, chiuso nella sua interiorità.
Svevo espone il racconto secondo la coscienza e psicologia di Emilio, seguendo quindi i suoi sentimenti
e le sue considerazioni. Diventa centrale nel funzionamento del romanzo non più la struttura spazio-
temporale delle vicende, ma i moti dell’animo e le reazioni agli eventi dei personaggi.
“Il ritratto dell'inetto” da Senilità
Il dato essenziale che emerge dal testo è il fatto che il protagonista mente. Egli mente a due livelli:
• mente alla ragazza, non dicendole che procederà con cautela nella relazione e che per lui
Angiolina non può essere più di un giocattolo
• mente a sé stesso, adducendo la famiglia e la carriera come motivi per non intrecciare un
legame serio.
Si manifesta qui il tratto primario della personalità di Emilio: la sua falsa coscienza, che lo porta a
costruirsi maschere gratificanti ai propri stessi occhi. Emerge inoltre il senso della “senilità”: Emilio ha
paura di affrontare la vita, che gli appare piena di pericoli, perciò riununcia a vivere chiudendosi nel
nido familiare. Il protagonista si crea quindi una sua maschera superomistica, non avendo la lucidità per
vedersi nella sua effettiva mediocrità. Il personaggio di Angiolina, invece, appare carico di valenze
simboliche, offrendosi come emblema della giovinezza in opposizione alla senilità e alla mortificazione
vitale di Emilio. Il narratore interviene frequentemente per giudicare e commentare il protagonista,
smascherando i suoi alibi e facendo emergere la sua inettitudine. Il narratore costituisce così l’unica
prospettiva lucida e consapevole dell’opera.

“La trasfigurazione di Angiolina” da Senilità


Nell'ultimo capitolo del romanzo si esaurisce definitivamente ogni tentativo di cambiamento da parte
del protagonista. Emilio, precocemente invecchiato e prostrato dai tradimenti di Angiolina, prima
assiste al capezzale la sorella morente, le cui condizioni psichiche erano state aggravate dal suo
comportamento con Angiolina e con Balli. Poi, rimasto solo, in questo brano tenta di riannodare i fili
della sua vita quotidiana. La sua mente non riesce però a liberarsi del ricordo delle due donne: anzi, nel
sogno giunge a costruire una nuova, ibrida figura femminile, che combina le qualità di Angiolina (la
bellezza, la passionalità) e quelle di Amalia (la pudicizia, il riserbo, la timida dolcezza).

Emilio sta provando a esistere senza Angiolina. Torna perciò all'attività letteraria, come mezzo di
compensazione per sostituire ciò che gli manca. Talora si avvicina ad altre donne, ma senza effetti
positivi: non riesce a tornare alla vita, rimane un inetto. Quando gli viene comunicato che Angiolina è
fuggita con un altro uomo, sintetizza la sua situazione con una frase enfatica: “M'è fuggita la vita”.
Riassume così ciò che davvero è stata, per lui, Angiolina: non una persona con cui instaurare un
rapporto, ma una creazione immaginaria, l'incarnazione di un elemento vitale.
Negli ultimi capoversi Svevo ci svela le illusioni di Emilio per continuare la sua vita falsificando la realtà
dei ricordi. Ai suoi occhi, Angiolina continua a incarnare la simbologia legata alla vitalità, alla salute
(quella che manca a Emilio); contemporaneamente, però la donna subisce, sempre nella mente del
protagonista, una metamorfosi strana, in quanto assume anche altre due connotazioni:
• da una parte s'identifica con Amalia, appena scomparsa, assumendo quindi caratteri di
tristezza, purezza, come su un altare;
• dall'altra incarna gli ideali del socialismo: per quel suo sguardo sempre rivolto verso l'orizzonte,
cioè verso l'avvenire da cui ci partivamo i bagliori rossi.
Angiolina diviene la personificazione del pensiero e del dolore; e se prima si era detta avversa al
socialismo, ora ne diviene l'emblema. Il narratore smaschera così, senza concedere più alibi, tutte le
menzogne che Emilio si è costruito attorno alla figura di Angiolina.
Identificando Angiolina e Amalia, egli costruisce una figura in cui ammortizzare i due aspetti della
femminilità che apparivano inconciliabili ai suoi occhi: la passione e l'affetto, il godimento e la purezza.
La coscienza di Zeno
La coscienza di Zeno è il terzo romanzo di Italo Svevo scritto dal 1919 al 1922 e pubblicato nel 1923.
Raggiunge il successo nazionale e internazionale grazie a Eugenio Montale e a James Joyce, che fa
conoscere il romanzo in Francia. La struttura del romanzo è innovativa, costruito ad episodi e non
secondo una successione cronologica precisa e lineare. Il narratore è il protagonista, Zeno Cosini, che
ripercorre sei momenti della sua vita all'interno di una terapia di psicoanalisi. La Coscienza di Zeno si
apre con la Prefazione del dottore psicoanalista ("dottor S.", con unrichiamo al cognome dell'autore)
che ha avuto in cura Zeno e che l'ha indotto a scrivere la sua autobiografia. Il protagonista si è sottratto
alla psicoanalisi e il medico per vendetta decide di pubblicare la sue memorie. I sei episodi della vita di
Zeno Cosini sono: Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio, La moglie e l’amante,
Storia di un’associazione commerciale e Psico-analisi. Ogni episodio è narrato dal punto di vista del
protagonista, e il suo resoconto degli eventi risulta spesso inattendibile; egli presenta la sua versione
dei fatti, modificata e resa come un atto inconscio di autodifesa, per apparire migliore agli occhi del
dottor S, dei lettori e forse anche ai propri. Dopo una Prefazione e un Preambolo sulla propria infanzia,
nel terzo capitolo (Il fumo) Zeno scrive del suo vizio del fumo: fin da ragazzino il protagonista è dedito a
questo vizio, da cui cerca inutilmente di liberarsi con diversi tentativi infruttuosi, testimoniati dalle
pagine di diari e dai libri su cui vengono scritte la data e la sigla u.s. (ultima sigaretta). Infine per
liberarsi dal fumo il protagonista si fa ricoverare in una clinica, da cui fugge, corrompendo l’infermiera
che lo sorveglia. L’episodio del fumo permette a Zeno di riflettere sulla propria mancanza di forza di
volontà e sull'incapacità di perseguire un fine. Tale debolezza è attribuibile al senso di vuoto che egli
sente nella sua vita, e all’assenza nella sua infanzia di una figura paterna che fornisca regole e norme
comportamentali. Il secondo episodio (la morte di mio padre) è appunto incentrato sulla figura del
padre di Zeno. Il protagonista-narratore analizza il difficile rapporto con il genitore, che non riesce a
identificare come figura di riferimento e guida. Zeno infatti non ha mai tentato di stabilire un rapporto
affettivo e di reciproca intesa con il padre. Quando quest'ultimo è colto da paralisi, il figlio prova ad
accudirlo prima che sia troppo tardi. Ma durante la notte, il padre viene colpito da un edema cerebrale.
Ormai incapace di intendere e volere l’uomo è destinato a morte certa, e Zeno spera, per evitare
ulteriori sofferenze al padre e soprattutto fatiche per se stesso, in una fine rapida e indolore.
Nell’estremo momento della morte in un gesto incontrollato il padre schiaffeggia il figlio, per poi
spegnersi; gesto che segnerà irremediabilmente il protagonista e ne orienterà tutti i malcelati tentativi
di spiegare quel gesto, o di giustificare il proprio atteggiamento. Terzo evento del romanzo (la storia del
mio matrimonio) è la storia del matrimonio di Zeno. Il protagonista, dopo aver conosciuto Giovanni
Malfenti, uomo d’affari triestino, inizia a frequentare la sua casa e la sua famiglia. Zeno si innamora di
una delle quattro figlie di Malfenti, Ada, la più bella, che però è innamorata di un altro, Guido Speier. Il
protagonista si dichiara ad Ada, da cui viene rifiutato. Si rivolge allora anche alle tre sorelle con la stessa
proposta di matrimonio, ma tale proposta viene accolta solo dalla meno affascinante, Augusta, che
tuttavia garantisce all’uomo un matrimonio borghese ed felice, dato che entrambi i coniugi vedono
realizzati i loro desideri inconsci (cioè trovare una seconda "madre" per il protagonista o trovare un
marito per Augusta). In questo capitolo il personaggio appare come l’inetto dei due romanzi precedenti
(una vita e Senilità): immerso nelle sue fantasie, viene trascinato dagli eventi senza essere in grado di
scegliere. Il quarto episodio della vita di Zeno è la storia dell’amante (la moglie e l’amante): in un
desiderio di conformarsi a un costume sociale il protagonista trova una giovane amante, Carla. La
relazione con la donna si rivela ambigua per Zeno, che da una parte non vuole far soffrire la moglie,
mentre dall’altra è attratto dall'esperienza del tradimento coniugale. La storia con Carla si conclude,
quando la ragazza, stanca delle contraddizioni del protagonista, sposa il suo insegnante di canto,
mentre Zeno ritorna dalla moglie incinta. In storia di un’associazione commerciale si assiste invece al
fallimento dell’azienda messa in piedi da Zeno e Guido, marito di Ada.
Guido, dopo due tentativi di suicidio simulati per avere ulteriore denaro dalla moglie e salvare così
l'impresa, riesce a uccidersi. Zeno riscuote successo negli affari, ma ciò non serve a conquistargli le
simpatie di Ada, che ormai lo disprezza e parte per il Sudamerica. Infine nell’ultimo episodio, intitolato
Psico-analisi, Zeno riprende a scrivere le sue memorie, per ribellarsi al medico, esprimendo il suo
disprezzo e il suo rifiuto per la psicoanalisi. Ma in questo ultimo atto si rende conto che la malattia
interiore di cui si sentiva vittima e da cui riesce a curarsi è una condizione comune a tutta l’umanità e
che coincide con il progresso del mondo intero. Il romanzo si conclude con una drammatica profezia di
un’esplosione che causerà la scomparsa dell’uomo dalla faccia della Terra. Questo romanzo rientra
nell'ambito del romanzo psicologico, in quanto si esplora a fondo la personalità del protagonista del
romanzo, ovvero Zeno Cosini. Zeno, personaggio dalla personalità parecchio complessa, vivrà con un
senso di inadeguatezza e di inettitudine i rapporti umani sia in ambito lavorativo, amoroso e familiare e
lo vive come una vera e propria malattia. In realtà non è lui a essere malato, ma la società.

“La morte del padre” da La Coscienza di Zeno


In questo capitolo si affronta uno degli episodi più drammatici della vita di Zeno, la morte del padre.
Zeno non ha mai avuto un rapporto affettivo con il genitore, soprattutto dopo la morte della madre. Il
difficile rapporto tra i due viene accennato nel capitolo sul fumo: il fumare diventa per Zeno una
reazione al suo senso di vuoto e alla mancanza di una figura paterna. La morte del padre gli appare
come un momento decisivo della sua vita e un passaggio a una nuova età e a nuove responsabilità.
Segue poi il racconto sulla malattia e la morte dell’uomo. La vicenda inizia “una sera di fine Marzo”,
quando Zeno si reca a cena dal padre e una cameriera lo informa che il genitore ha il respiro affannoso
e balbetta. Zeno non si accorge subito della gravità della situazione e sembra invece omettere parti
della storia e cercare delle motivazioni per il proprio comportamento, tipica del resoconto memoriale
che Zeno consegna al dottor S., ed è così duplice indizio sia della insincerità del protagonista (che non a
caso altera alcuni dati del rapporto con la figura opprimente del padre) che della sua incapacità di
adeguarsi alla morale vigente, cosa che lo cotringe a simulare una commozione che non prova.
Il giorno seguente, dopo cena, la scena si ripete: Zeno viene svegliato dalla cameriera Maria poiché il
genitore si lamenta ancora. Il protagonista accorre nella stanza dell’uomo, trovandolo sofferente e
impotente. All’arrivo del medico, il dottore Coprosich, Zeno racconta ciò che era accaduto, omettendo
alcuni parti della cena del giorno precedente.
Il medico spiega che il padre ha subito un edema cerebrale e non c’è nessuna speranza che sopravviva,
ma che potrà riprendere conoscenza. Zeno è spaventato dal fatto che l’uomo possa riacquistare
coscienza, e che, risvegliandosi, possa accusarlo di aver voluto la sua morte. Il protagonista domanda al
dottore se non si può farlo morire in pace e privo di coscienza, ma l’uomo a quella richiesta si infuria,
ampliando il senso di colpa di Zeno.
La scena finale della "morte del padre" rientra perfettamente in questa casistica, e indica meglio
l'inaffidabilità di Zeno quale narratore, e la finzione che sta dietro il suo rimorso e il suo senso di colpa.
Il padre, ormai agonizzante, riesce ad alzarsi e a schiaffeggiare il figlio.
Zeno cerca di imputare la colpa al medico, che voleva obbligare il genitore a stare sdraiato, ma poi si
contraddice affermando che “era una bugia”. Ma il senso di colpa viene placato al funerale, quando il
protagonista si convince che lo schiaffo non era voluto e che lui era innocente. Zeno si riappacifica,
infine, con il padre solo nel momento in cui egli non può più controbattere e spaventare il figlio. Svevo -
che prende sempre accuratamente le distanze rispetto al suo personaggi d'invenzione - fa così capire al
lettore che per Zeno è possibile accettare la presenza del padre solo quando questi non gli può più
nuocere. Esplicita in tal senso la giustificazione, proiettata nel ricordo infantile, di un padre "debole e
buono"
UNA VITA SENELITA' LA COSCIENZA DI ZENO
Narratore Esterno Autodiegetico (coincide con il
protagonista)
Focalizzazione Interna, ma con interventi del narratore Interna, coincide con punto di
vista di Zeno personaggio e
narratore
Forma del discorso Forme tradizionali del discorso indiretto e diretto Monologo del protagonista-
narratore e forme tradizionali
Narrazione Terza persona Prima persona
Tempo Lineare Tempo misto: no sequenza
cronologica degli eventi
Ambiente sociale Descrizione della banca Ambiente come Protagonista aspira alla
sfondo, ma non normalità borghese, ma lo
descritto mette in dubbio
Protagonista Alfonso Nitti Emilio Brentani Zeno Cosini
Oggetto del Annetta Maller, figlia Angiolina, ragazza del Ada, Alberta e Augusta, figlie
Sistema desiderio del banchiere popolo rozza di Giovanni Malfenti
dei
Antagonista- Macario, giovane sicuro Stefano Balli, di cui si Guido Speier, marito di Ada,
personaggi
rivale di sé, sposa Annetta innamorano Angiolina sicuro di sé; muore suicida
e la sorella Amalia
Antagonista- Banchiere Maller, uomo Giovanni Malfenti
padre di successo e datore Padre di Zeno
di lavoro Dottor S.

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