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MARIA DI MAGDALA MODELLO DI CONTEMPLAZIONE

LECTIO DIVINA SU GV. 20, 11-18

IL CHIAROSCURO DELLA FEDE


( Il contesto del brano)

MARIA INVECE STAVA ALL’ESTERNO DELSEPOLCRO E PIANGEVA


Il termine “invece” mi consente di fare riferimento al testo entro il quale questo brano è inserito.
All’inizio del brano vi è un’annotazione cronologica: “nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala
si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio”. La Maddalena è colta qui in un
momento di sofferenza, di buio, infatti è ancora buio. Una oscurità che certamente, come spesso
accade in Giovanni, non è semplicemente un dato di cronaca ma a uno stato dell’anima, allude
all’oscurità della fede. Giovanni descrive qui Maria di Magdala con tratti che ricordano quelli della
Sposa del Cantico dei Cantici: Sul mio giaciglio, lungo la notte ho cercato l’amato del mio cuore,
l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
L’Evangelista la oppone inoltre a Pietro e Giovanni i quali entrano nel sepolcro mentr’ella
indugia.

MENTRE PIANGEVA SI CHINO’ VERSO IL SEPOLCRO


Prima Maria sta fuori, poi si china e poi vede. Questa donna si china sulla tomba, ha cioè il
coraggio di guardare più in profondità quel mistero della morte che le fa paura (Martini)
Attraverso il coraggio di scrutare mediante la fede nel mistero della morte di Gesù Maria vede.
MARIA PASSA DALL’OSCURITÀ DELLA FEDE ALLA VISONE

E VIDE DUE ANGELI IN BIANCHE VESTI


Questi angeli preparano Maria all’ incontro col Signore l’aiutano ad uscire dal suo ripiegamento
diventando indicatori dei segni della risurrezione, del mistero di Cristo nella sua totalità; essi
infatti sono Seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi dove era stato posto il corpo di
Gesù.

MEDIANTE LA FEDE PASSARE OLTRE I SEGNI

Gli angeli indicano un segno di per sé oscuro. La tomba vuota significa solo un’assenza. Ma
l’invito divino attraverso il segno della tomba vuota è chiaro: andare oltre il segno e vedere in esso
non il trafugamento di un cadavere, come sarebbe giusto pensare, ma l’adempimento delle parole di
Gesù.

PASSARE OLTRE IL DOLORE

“DONNA PERCHÉ PIANGI? CHI CERCHI?”


Gesù riprende la domanda già fatta dagli angeli , facendo però risaltare il motivo personale di quel
pianto e insieme l’ atteggiamento di ricerca nel quale si trova Maria.
Gesù la spinge al superamento del suo dolore a riconoscere in Lui l’oggetto della sua ricerca (Maria
lo scambia infatti per il giardiniere). In tutte le apparizioni del Risorto gli evangelisti sottolineano
l’incapacità dei discepoli di riconoscere Gesù. Tutti restano increduli, ma il Signore restituisce loro
fiducia e gioia mostrando loro le piaghe: “Mostrò loro le mani e il costato ed essi gioirono nel
vedere il Signore” I segni della passione diventano i segni della gloria.

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CHIAMATA PER NOME

GESÙ LE DISSE “ MARIA ! “


Gesù le si rivela in modo personale, chiamandola per nome. Maria giunge alla conoscenza di Dio
nel momento in cui si sente conosciuta da Lui nella sua identità più profonda e personale;
come il proprio nome esprime. Sappiamo il grande significato che la bibbia attribuisce al nome.
Esso non è semplicemente un appellativo, esso è il rivelatore di una identità Nomen omen ,
dicevano latini il nome comprova ciò che significa e quando Dio chiama per nome è sempre come
se ricreasse una persona in quell’istante, è comunque un forte richiamo a essere presenti a se stessi .
Maria esce definitivamente dalla sua paralisi.

PASSARE DAI SEGNI ALLA PRESENZA

ALLORA DELLA VOLTATASI VERSO DI LUI DISSE “RABBUNI”


La ricerca di Maria si conclude col fissare finalmente lo sguardo su Gesù autore e perfezionatore
della fede. Non è più, il suo, un semplice voltarsi indietro, ma un voltarsi verso di lui. Rabbonì!
Un titolo solenne che gli ebrei sovente usavano rivolti a Dio, ma che significa Maestro mio! Quello
di Maria di Magdala è il grido della fede e insieme dell’affetto.
Tra i personaggi che in Giovanni, si muovono alla ricerca, attraverso i segni. della presenza del
Signore, Maria di Magdala “se è la meno illuminata è tuttavia la più intensa nell’affetto” “ Stando
al racconto Giovanneo, è la prima persona a cui il Signore va incontro, cosicché tra l’affettività di
Maddalena, l’intuitività del discepolo e la lentezza di Pietro, la dote di Maria Maddalena sembra
essere la preferita e meritare la prima manifestazione del Risorto” (Martini).

ADORARE IL SIGNORE

NON MI TRATTENERE
Il testo suppone che Maria si sia gettata ai piedi di Gesù per tenerli abbracciati. Un gesto di
adorazione quindi come è del resto espressamente narrato in Matteo “ Ed ecco Gesù venne incontro
a loro dicendo :” Salute a voi” Ed esse, avvicinatesi, gli strinsero i piedi e lo adorarono.

PASSARE DALLA PERSONA DI CRISTO ALLA TRINITÀ


Un adorazione tuttavia che ancora obbliga ad andare oltre a non fermarsi alla persona di Gesù Egli
è il Risorto ormai inscindibile dal Padre nel vincolo dello Spirito

NON SONO ANCORA SALITO AL PADRE


Maria Maddalena deve ancora comprendere che Cristo è relativo al Padre e soltanto nel ritorno
pieno al Padre si compirà definitivamente la sua opera.

IO SALGO AL PADRE MIO E PADRE VOSTRO


È l’invito di Gesù ai suoi, a guardare in alto alla vita eterna alla quale sono destinati . Ma non solo
questo: c’è in questo “ascendere” un aspetto, diremmo Trinitario. Colui che l’ha mandato, il Padre
suo, diventa ora il Padre di tutti coloro che nella fede e per la fede rimangono in lui. Tutti coloro
che si lasciano attrarre dal mistero di Cristo, come è stato per la Maddalena, entrano nel rapporto
d’amore trinitario ch’egli è venuto a rivelare.

PASSARE DALLA CONTEMPLAZIONE ALL’ANNUNCIO

VA’ DAI MIEI FRATELLI


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COMUNICARE UN’ESPERIENZA
Distogliendola da una contemplazione troppo intimistica, il Signore nel manifestarsi vivo e
Presente a Maddalena, le rivela nel contempo la sua missione: Ella sarà l’Apostola degli Apostoli;
titolo caro a San Tommaso e ripreso di recente da Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem.
Maria è chiamata ad annunciare il disegno globale di Dio: la Paternità divina e la fraternità degli
uomini in Cristo.

Andò ad annunziare ai discepoli “ HO VISTO IL SIGNORE” e anche ciò che LE AVEVA DETTO
La Maddalena è un’apostola dunque, inviata a comunicare la sua esperienza di fede : “ho visto il
Signore” ma anche ciò che il Signore le ha dato di comprendere del suo mistero “ciò che le aveva
detto.”

MEDITATIO

Passiamo ora alla meditatio.


Abbiamo detto all’ inizio come la nostra vocazione non escluda nulla del mistero pasquale , ma si
collochi meglio entro la cornice degli eventi della resurrezione. Possiamo allora anzitutto dire che
L’adoratrice è situata nel cuore mistero pasquale. Il nostro vivere è vivere pasquale. Pasqua lo
sappiamo significa passaggio.
Il nostro vivere è celebrare continuamente un passaggio.
Abbiamo visto come il brano è collocato in un clima di oscurità entro il quale Maria di Magdala si
muove alla ricerca del Maestro. Anche la Beata Maria Maddalena visse in un periodo oscuro, per la
storia della Chiesa e questo la spinse a cercare un punto di riferimento saldo e luminoso:
l’Eucaristia. Così, oggi l’Adoratrice cerca Dio nell’oscurità della storia mediante la Fede.
Come la Maddalena, e come del resto è compito della vita contemplativa nella Chiesa, noi
cerchiamo mediante la contemplazione di leggere la storia con gli occhi di Dio. Cerchiamo di
cogliere i segni dei tempi, tanto più che la nostra contemplazione si esprime anzitutto davanti
all’Eucaristia che è l’attuarsi del mistero della Redenzione nella storia degli uomini.
Anche l’Ostia è un segno oscuro. Un segno da leggere nella fede e con la fede. Ricordiamo le
prefigurazioni bibliche dell’Eucaristia. Di fronte al segno della manna il popolo si domanda: “ Man
hu?” Che cos’è? Nel discorso sul pane che Gesù tenne a Cafarnao nella sinagoga, anche i discepoli
si dissero l’un l’altro: “ Questo linguaggio è duro. Chi può intenderlo?”
Anche la tomba vuota è un segno oscuro che suppone la fede. L’esperienza spirituale
dell’Adoratrice è condotta dalla fede e nella fede. La fede è la virtù più citata da Madre Maria
Maddalena: “Oh fede santa occupa i nostri cuori!” (Esortazione)
“Io non vado dietro ai miei sensi che non possono vedere che le apparenze del Pane. La tua parola
o Verbo incarnato mi basta, tu hai detto questo è il mio corpo, null’altro cerco: io credo.” (Dir.
1814 pag.45)

La nostra vita è quindi un chinarsi sul segno del pane per scrutare il mistero di Dio.
È un PASSARE mediante la fede OLTRE I SEGNI.
Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione fu la prima tra noi a chinarsi sul mistero pasquale di
Gesù e sappiamo ciò che vide. Ancora giovane novizia nel refettorio del suo monastero di Ischia di
Castro ebbe un visione di Angeli che adoravano e lodavano l’Eucaristia. Essi furono per lei
indicatori della Presenza Reale di Gesù dell’ostia Tale visone di Angeli ebbe tanta presa nell’anima
di Madre Maddalena che continuamente ella assocerà la nostra vita a quella dei celesti spiriti.
“ Eccoci pertanto figlie mie benedette nella sorte dei Serafini adorando col lume della fede il nostro
Sposo Gesù Sacramentato.” ( Esort.)
“Imiterete ( gli angeli) particolarmente nell’esercizio della Presenza di Dio (qual esercizio procure-
rete di non mai perdere di vista” ( Dir.1814 pag. 9).

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Anche noi dunque siamo, come loro, INDICATORI DI UNA PRESENZA. È divenuto celebre tra
noi un episodio accaduto alla Madre Superiora del nostro monastero africano di Karema. Un
musulmano in visita alla missione rimase colpito dalla presenza delle nostre sorelle e vedendole
prostrate lungamente davanti all’Eucaristia ebbe a dire “Ci dev’essere veramente qualcuno in quel
pezzo di pane.”
Ecco PASSARE OLTRE IL SEGNO DEL PANE PER VEDERE DIO, ma anche PASSARE
OLTRE IL DOLORE è il senso del nostro contemplare
Abbiamo visto nella nostra lectio come la Maria di Magdala sia stata condotta da Gesù a superare il
dolore per la sua morte e aprirsi alla gioia della risurrezione. Nelle apparizioni del Risorto tutti i
discepoli compiono il passaggio dalla contemplazione dei segni della passione (le piaghe) alla
contemplazione della presenza del Risorto. Per Madre Maddalena l’Eucaristia è un “monumento
delle Piaghe di Gesù la reale espressione di quelle cicatrici che Egli conserva anche nella gloria”
(cfr Dir 1814 pag.56) Il nostro modo di vivere il mistero della passione e della morte di Gesù è
dunque una costante tensione a cogliere nei dolori della vita il rivelarsi dell’immenso amore di Dio
per noi. Modello supremo per noi di questo atteggiamento di fede nei confronti del dolore è Maria
Vergine Addolorata che abbiamo come patrona. Maria sotto la Croce non è la Madre dolorosa, ma
è la Madre della chiesa. Sappiamo che per Giovanni il momento della Croce è il momento della
Gloria, della Resurrezione, della Pentecoste. Giovanni per così dire sulla Croce condensa tutto il
mistero pasquale. Dalla Croce Gesù emette lo spirito sulla chiesa nascente rappresentata da
Giovanni e da Maria. Nell’Enciclica Redemptoris Mater Giovanni Paolo secondo traccia un
parallelo tra l’annunciazione di Maria a Nazareth e il momento della croce: nel dolore Maria riceve
il dono di una nuova maternità universale attraverso la persona di Giovanni. È il senso profondo
del dolore cristiano annunciato dal Signore nell’ultima Cena “Voi ora siete afflitti, ma presto la
vostra afflizione si trasformerà in gioia. Quando una donna sta per partorire è afflitta perché è
giunta la sua ora, ma quando il figlio è nato l’afflizione si tramuta in gioia perché un uomo è venuto
nel mondo”
Anche l’Adoratrice vive ogni suo dolore come dolore di parto sapendo che ad esso è legata una
misteriosa fecondità apostolica.

PASSARE DAL SEGNO DEL PANE ALLA PRESENZA

Per Maria di Magdala passare oltre i segni, oltre il dolore significa giungere a contemplare la
presenza del Risorto. Nel momento in cui Maria giunge a riconoscere il Maestro si sente conosciuta
nella sua identità personale più profonda. Chiamata per nome.
E’ l’esperienza fondamentale di Madre Maddalena e di ciascuna di noi; potremmo dire che qui ci
troviamo nel cuore del Carisma, nel cuore dell’Adorazione. L’Adorazione è l’ atto tipico dell’uomo
che viene a contatto col mistero di Dio, attraverso il quale mentre giunge alla conoscenza di Dio
giunge anche alla conoscenza di sé. La Madre traccia un racconto significativo a questo proposito,
un racconto che è quasi una parabola.
Si tratta della Parabola di un uomo che arde dal desiderio di entrare nelle grazie del suo Sovrano, di
vederlo spesso di parlargli. Un uomo che trasalirebbe di gioia scoprendo che non solo gli è
possibile colloquiare con il suo Re ogni volta che lo desidera, ma anche essere da lui conosciuto
così intimamente da vedersi scoperto nei suoi più reconditi sentimenti. Ecco questo Re è Gesù
Eucaristia - spiega Maddalena- il quale pur risiedendo in una infinità di ostie è totalmente presente
ad ogni uomo che si accinge ad Adorarlo presente nel Sacramento. E ricordando l’esperienza di
Maria Santissima , di San Giuseppe dei discepoli di Gesù e di tutti coloro che poterono
contemplare il suo volto terreno, la riconosce sì come unica e privilegiata, tuttavia asserisce che la
nostra esperienza di Gesù può essere infinitamente superiore a quella di tutti costoro.
Nel periodo della sua vita terrena infatti Gesù non si trovava che in un solo luogo e noi - cito le sue
parole- quanto siamo più fortunati degli uomini di quell’ età dopo questa sua ineffabile
degnazione di moltiplicare la sua presenza in tanti luoghi, in uno stesso tempo. Noi possiamo
ogni volta che a noi piace accostarci a Lui, parlargli a cuore a cuore senza che nessuno possa
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impedircelo. E alla fortuna di poter stare sempre alla sua presenza si aggiunge quella di essergli
presenti nella verità di ciò che noi siamo. Davanti a Lui tutto è scoperto, davanti a Gesù noi
possiamo essere veramente noi stessi, coi nostri difetti e i nostri pregi, poiché egli ci vede nella
verità di ciò che siamo. Ma noi - dice la Madre - in qualunque situazione ci troviamo la fede ci
fa vedere che è a noi realmente presente, Gesù Cristo ci vede sempre e noi siamo sempre a
Lui presenti.
La nostra vocazione risponde al desiderio del Padre il quale cerca veri Adoratori in spirito e verità.
E qui l’espressione “in spirito e verità” può essere intesa nel senso di totalità dell’essere: con tutto il
cuore con tutta l’anima e con tutta la mente. Come dice la nostra Madre: con tutta l’effusione del
nostro spirito (Dir 1814 pag.36) e nel silenzio lasciando liberi piuttosto gli affetti del cuore che i
pensieri della mente. Oppure la si può intendere anche in senso trinitario cioè: adorare il Padre nella
Verità che è Cristo sotto l’azione dello Spirito.
E la nostra adorazione è trinitaria. Anche noi contemplando Gesù presente nell’ Eucaristia siamo
educate a PASSARE DALLA PERSONA DI CRISTO ALLA TRINITÀ.

L’Eucaristia è un evento pneumatico che investe tutta la Trinità. Nell’Eucaristia ogni persona che
adora è alla Presenza della Trinità intera.
Anche a noi dunque Cristo dice: «Noli me tangere». «Non mi trattenere, entra nel mio essere
riferito al Padre; entra nel dialogo d’amore della Trinità!» E non solo, ma anche: «Non mi
trattenere - cioè - non tenermi per te non chiuderti in una contemplazione intimistica, ma Va e
annuncia ai miei fratelli quanto hai contemplato» Il Signore invita anche noi a PASSARE DALLA
CONTEMPLAZIONE ALL’ANNUNCIO

Se è vero che contemplazione e missione si toccano e che non esiste un Carisma contemplativo che
non sia anche apostolico, ciò è particolarmente vero per il nostro Carisma. Anzi, con la
testimonianza della presenza reale, la dimensione apostolica è l’aspetto più specifico del carisma di
Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione.
La bellezza che Maddalena gusta alla presenza di Dio, la beatificante del poter essere veri davanti a
Lui, non può tenerla per sé.
E’ straordinario notare come in quasi tutti i testi nei quali ella parla dell’ intuizione avuta di fondare
l’istituto menzioni i secolari e come sottolinei quindi l’aspetto apostolico che il nuovo ordine che
pur intende collocarsi entro la grande tradizione monastica possiede.
Quando Iddio Padre di tutti i lumi si degnò di farmi capire che facessi questa fondazione
sotto il titolo del Santissimo Sacramento, tenendolo esposto tutti i giorni e le notti dell’anno
l’anima mia gioì profondamente per il gran compiacimento che noi avremmo potuto dare a
Gesù con le nostre ininterrotte adorazioni e con quelle che con tal mezzo avrebbero potuto
fare davanti a Lui le persone del secolo ( Esort.).
Ti domandiamo o Gesù di dare a noi una viva fede della tua presenza reale in questo sublime
Sacramento, affinché essendone pienamente ...penetrate... possiamo propagare in tutto il
Cristianesimo l’Adorazione perpetua... affinché tanti che vivono nel mondo dimentichi di te
ti adorino in spirito e verità in questo sacramento dell’Amore (Dir. 1814 pg 62).

La Presenza reale di Gesù, di cui lei ha fatto esperienza, deve essere “da tutti conosciuta, amata,
adorata” e poiché Maddalena sa che un’esposizione perenne è possibile soltanto dove è perenne una
presenza umana, ecco che la Madre desidera rimanere perpetuamente presente davanti all’Eucaristia
affinché tutti, in qualunque momento nel corso delle loro frenetiche attività, possano facilmente
godere della sua luce.
Sulle orme di Maria di Magdala e di Madre Maddalena ciascuna di noi può dire “Ho visto il
Signore” e per dirla con San Tommaso “Contemplata aliis tradere “ insegnare agli altri le cose
contemplate. Oppure come vuole Sant’Agostino alla cui sapienza anche noi attingiamo “Chi ha
trovato per primo la Verità vi conduca anche gli altri” (cfr. Soliloqui 1, 20)

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Il fuoco d’amore che brucia per ogni uomo nell’Eucaristia passa incandescente per il cuore
dell’Adoratrice trasformandola in una apostola dell’Amore di Dio per il mondo.

Ma qual è la comunità alla quale Gesù invia Maria di Magdala? E’ la comunità del Cenacolo ed
eccoci allora alla seconda parte della nostra conversazione.

LA COMUNITÀ DEL CENACOLO


MODELLO DI TESTIMONIANZA

LECTIO DIVINA su AT 2,42-47

Si tratta di uno dei tre sommari di Luca. Brevi riepiloghi che l’evangelista pone dopo alcuni eventi
significativi: la grande pentecoste e la piccola pentecoste, per illustrare la bellezza e la qualità della
vita comunitaria che lo Spirito suscitava nei primi cristiani. Sono testi che andrebbero letti tutti
insieme e che in origine molto probabilmente, formavano un unico racconto. Alla comunità dei
primi discepoli la tradizione della Chiesa ha sempre guardato come a un modello diventando fonte
di ispirazione soprattutto per le forme di vita cenobitica. A questi sommari si ispirò come abbiamo
già detto anche Sant’Agostino nel fondare i suoi Monasteri.

Cogliamo caratteristiche di questa comunità, così come Luca la descrive.

ESSERE IN UNO STESSO LUOGO


E’ una comunità che vive in uno stesso luogo, nel cenacolo, nel cuore della città di Gerusalemme.
Ciò esprime l’unità degli animi e della vita “erano un cuor solo e un’anima solo”.

UNITI DALLA CARITÀ’


Vivono nell’unione fraterna, nell’Amore effuso in loro dallo Spirito Santo.
Metteno ogni cosa in comune e la comunanza dei beni materiali è segno della comunanza dei beni
spirituali. Lo spirito di povertà e la generosità di ciascun membro diventa fonte di ricchezza per
tutti. Nessuno è bisognoso di nulla.

NELLA FRAZIONE DEL PANE


Si tratta della fractio panis, l’Eucaristia. La comunità si raduna nella memoria del Signore.

NELLA PREGHIERA
La preghiera costante è una caratteristica della prima comunità cristiana. Erano perseveranti nella
preghiera con Maria la madre di Gesù.

NELL’ INSEGNAMENTO DEGLI APOSTOLI


La Scrittura letta alla luce degli avvenimenti cristiani sotto la guida degli Apostoli. Noi potremmo
dire oggi, la Parola letta nella tradizione. Il Magistero della Chiesa.

ESSERE SEGNO NEL MONDO


(= un senso di timore era in tutti / godendo la simpatia di tutto il popolo)
La comunità degli Atti è presenza misteriosa e viva nella città. I prodigi e i segni, il senso di timore
del versetto 49, sono un ‘allusione alla Pentecoste. È una comunità che nelle diverse lingue
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annuncia l’unico messaggio di salvezza; una comunità che, animata dallo spirito, diviene segno di
unità. In armonia con la Chiesa Istituzionale (tutti insieme frequentavano il tempio) essa è segno
manifesto della gioia e della santità che nascono dall’incontro con Cristo (letizia e semplicità di
cuore v 47).

MEDITATIO

I nostri Monasteri sono un Cenacolo, cioè un luogo di preghiera e di vita comunitaria al centro della
città per offrire agli uomini del loro tempo un aiuto opportuno per la preghiera e la vita spirituale
dando occasione possibilità di poter partecipare convenientemente alle loro stesse azioni liturgiche.

ESSERE NELLO STESSO LUOGO


Il fine per cui vi siete riunite è che viviate concordi nella medesima casa e che abbiate un’anima
sola e un sol cuore protese verso Dio. È la finalità dello stare insieme secondo la Regola di
Agostino: riunirsi per tendere a Dio, nel nostro caso, per vivere alla sua presenza.
La Sacra Congregazione approvando le regole dell’istituto a riguardo della nostra clausura si
espresse in questi termini: “Le Vergini stiano in casa” Rimanere nella casa per assicurare la
presenza costante davanti all’ Eucaristia. Per Sant’Agostino l’appellativo “monos” dal greco “uno”
“solo” normalmente applicato al singolo, al monaco, viene applicato alla comunità. E’ la comunità
che è chiamata ad essere “uno” nel Signore. La nostra Madre fondatrice traduce tale concetto
agostiniano dicendo che “noi tutte mosse dallo Spirito ci siamo qui riunite per adorare il
Signore senza sosta come fossimo una sola persona davanti a Lui” ( cfr Dir. 1814 pg 30 ).
Questo essere della comunità come una persona sola davanti all’Eucaristia rende la nostra
adorazione veramente perpetua. E ciò che realizza questa unità della comunità è la Carità. Citando
San Giovanni Crisostomo, Madre Maddalena scrive che “la carità è una virtù unitiva, di molte
persone che amano ne forma una sola.” Nessuna di noi può concretamente stare perpetuamente
in preghiera davanti all’Ostia, ma unite dalla carità ecco che possiamo rendergli veramente un culto
perpetuo. Coloro che fuori dall’adorazione nelle loro mansioni quotidiane si allontanano dalla carità
si allontanano anche dalla comunità e cessando di essere “uno” viene meno la perpetuità della loro
adorazione.
L’espressione più efficace di questo essere “uno” della comunità è la comunione dei beni.
Comunione dei beni materiali come principio della nostra povertà e comunione dei beni spirituali
come espressione del nostro “querere Deum” “cercare Dio” O per dirla ancora con S. Agostino
“Chi ha trovato per primo la verità la comunichi agli altri”

NELLA FRACTIO PANIS


L’adorazione, la vita di carità, la ricerca della sapienza, la messa in comune dei beni trovano la loro
sorgente nella Messa, nella fractio Panis. Questa è la fonte, la sorgente della nostra spiritualità Una
sorgente che esprime la sua inesauribile ricchezza proprio, nell’ostensione dell’Eucaristia quale
mezzo per perpetuare nel tempo la grazia di questo Santo Sacrificio.

NELLA PREGHIERA
Infatti “Il Sacrificio stesso della Messa, - scrive Madre Maddalena - che è l’omaggio più santo, il
più perfetto che si possa rendere a Dio ha il suo tempo limitato” Solo l’ Adorazione è perpetua.
L’anelito della preghiera continua della prima comunità cristiana si traduce per noi in adorazione
continua. “Considerino - le Adoratrici- ogni altra attività immediata alla quale devono
attendere - rapporti col prossimo, lavoro, distensione- come una adorazione continuata” Noi
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viviamo dunque costantemente alla presenza di Dio. vorrei qui cogliere un altro parallelo con la
spiritualità Agostiniana. I monaci agostiniani si salutano esclamando “Deo gratias!” ringraziando
Dio per il dono del fratello. Noi invece ci si saluta con la giaculatoria “ Sia lodato il Santissimo
Sacramento!” Riconoscendo così nella consorella la Presenza Reale del Signore “onorate
scambievolmente Dio in voi stesse perché ne siete templi” ci esorta Agostino nella Regola.

NELL’INSEGNAMENTO DEGLI APOSTOLI.


Una comunità che ha al suo centro il mistero del Corpo di Cristo non può non avere anche nel suo
centro la Parola di Cristo, la Parola di Dio. Una parola letta nella tradizione, ricevuta attraverso il
Magistero della Chiesa una Parola amata studiata, vissuta celebrata.
Ed è proprio nel culto che Pane e Parola plasmano la comunità ad essere un solo corpo e un solo
spirito nel Signore.
La celebrazione della liturgia delle ore davanti all’Eucaristia diventa il luogo dove si rende visibile
l’essere uno della comunità e anche il luogo per una preziosa testimonianza. Una recita che sarà
svolta “ con pausa e concordia tale da far eco ai celesti spiriti recando edificazione a coloro
che ascoltano.” E sappiamo anche dall’esperienza di Agostino quale mezzo di apostolato può
essere il Canto della liturgia Quanto piansi di profonda commozione al sentir risuonare nella tua
Chiesa il sereno modulo dei tuoi inni e cantici! Quelle voci si riversavano nelle mie orecchie, fluiva
la verità nel mio cuore; mi ardevano sentimenti di pietà, le lacrime scorrevano e mi facevano bene.
(Confes. 9, 6, 14)

SEGNO NEL MONDO


Abbiamo visto come le nostre comunità siano, volontà della Madre Maddalena. al centro delle città.
La Madre ci ha voluto segni vivi della presenza di Dio nel mondo soprattutto chiamando molti a
gustare la gioia e la bellezza della nostra vita di adorazione. Un segno vivo soprattutto nella Chiesa.
L’adorazione è in aiuto alla Chiesa sia per la fecondità di questa preghiera sia perché siamo un
centro di attrazione di irraggiamento. Madre Maddalena non si accontentò di porre i suoi monasteri
nei centri abitati, volle anche segnalare il cambio dei turni di adorazione delle monache attraverso il
suono della campane, per richiamare l’uomo immerso nei suoi mille affanni a una pausa
contemplativa; a rimettere Dio al centro del suo universo e non se stesso. Dunque il nostro servizio
alla Chiesa si esprime con l’offrire ai fedeli la possibilità di partecipare alle nostre azioni liturgiche
e attraverso la diffusione del culto eucaristico.
Un segno quello dei nostri monasteri che tuttavia varca i confini della Chiesa andando a
raggiungere i più lontani: “ Rimanga sempre vivo in voi il desiderio di veder presenti a questa
nostra Adorazione uniti in uno stesso spirito di Fede ... gli infedeli, i Musulmani, i fratelli separati
e gli altri tutti ...” “le Adoratrici implorano qui in terra, vera e stabile conversione ai nostri fratelli
separati, a coloro che vivono senza fede, ai Musulmani, agli Ebrei, ai non Credenti, ai peccatori..”
(Esortazione)
Il monastero, immerso nel cuore della città, come scrigno che racchiude il fuoco prezioso
dell’Eucaristia irradia luce e calore all’intorno, ovunque, fino a raccogliere tutti gli uomini in
unità.

IN LETIZIA E SEMPLICITÀ DI CUORE


La letizia e la semplicità di Cuore sono lo stile di vita delle Adoratrici, è il mezzo umile, eppur
concreto attraverso il quale il fuoco dell’Amore di Dio si diffonde. Come l’Eucaristia che adoriamo
siamo “azzime”, senza il lievito della malizia e della perversità; vivendo dell’ Eucaristia, viviamo
nell’ amore stesso di Dio e rimanendo nel suo amore godiamo della pienezza della gioia, secondo le
parole stesse di Gesù “ Rimanete nel mio amore perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia
piena” La nostra Madre Fondatrice ci ha lasciato in questo la più bella testimonianza che poteva
darci: andò incontro alla morte “cantando”, chiese a Madre Giuseppa un cembalo e lo suonò
davanti al fratello e alle consorelle raccolte attorno al suo capezzale.
Avanti dunque o Santi di Dio, ...uomini e donne...
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Continuate con perseveranza sino alla fine!
Lodate il Signore tanto più dolcemente
quanto più intensamente pensate a Lui.
Sperate in lui con tanta più felicità
quanto maggiore è lo zelo con cui lo servite
Nelle nozze dell’Agnello voi cantate un cantico nuovo...
sarà un canto che nessuno potrà cantare se non voi.
( La santa Verginità 27,27 )

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