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Gli angeli indicano un segno di per sé oscuro. La tomba vuota significa solo un’assenza. Ma
l’invito divino attraverso il segno della tomba vuota è chiaro: andare oltre il segno e vedere in esso
non il trafugamento di un cadavere, come sarebbe giusto pensare, ma l’adempimento delle parole di
Gesù.
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CHIAMATA PER NOME
ADORARE IL SIGNORE
NON MI TRATTENERE
Il testo suppone che Maria si sia gettata ai piedi di Gesù per tenerli abbracciati. Un gesto di
adorazione quindi come è del resto espressamente narrato in Matteo “ Ed ecco Gesù venne incontro
a loro dicendo :” Salute a voi” Ed esse, avvicinatesi, gli strinsero i piedi e lo adorarono.
Andò ad annunziare ai discepoli “ HO VISTO IL SIGNORE” e anche ciò che LE AVEVA DETTO
La Maddalena è un’apostola dunque, inviata a comunicare la sua esperienza di fede : “ho visto il
Signore” ma anche ciò che il Signore le ha dato di comprendere del suo mistero “ciò che le aveva
detto.”
MEDITATIO
La nostra vita è quindi un chinarsi sul segno del pane per scrutare il mistero di Dio.
È un PASSARE mediante la fede OLTRE I SEGNI.
Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione fu la prima tra noi a chinarsi sul mistero pasquale di
Gesù e sappiamo ciò che vide. Ancora giovane novizia nel refettorio del suo monastero di Ischia di
Castro ebbe un visione di Angeli che adoravano e lodavano l’Eucaristia. Essi furono per lei
indicatori della Presenza Reale di Gesù dell’ostia Tale visone di Angeli ebbe tanta presa nell’anima
di Madre Maddalena che continuamente ella assocerà la nostra vita a quella dei celesti spiriti.
“ Eccoci pertanto figlie mie benedette nella sorte dei Serafini adorando col lume della fede il nostro
Sposo Gesù Sacramentato.” ( Esort.)
“Imiterete ( gli angeli) particolarmente nell’esercizio della Presenza di Dio (qual esercizio procure-
rete di non mai perdere di vista” ( Dir.1814 pag. 9).
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Anche noi dunque siamo, come loro, INDICATORI DI UNA PRESENZA. È divenuto celebre tra
noi un episodio accaduto alla Madre Superiora del nostro monastero africano di Karema. Un
musulmano in visita alla missione rimase colpito dalla presenza delle nostre sorelle e vedendole
prostrate lungamente davanti all’Eucaristia ebbe a dire “Ci dev’essere veramente qualcuno in quel
pezzo di pane.”
Ecco PASSARE OLTRE IL SEGNO DEL PANE PER VEDERE DIO, ma anche PASSARE
OLTRE IL DOLORE è il senso del nostro contemplare
Abbiamo visto nella nostra lectio come la Maria di Magdala sia stata condotta da Gesù a superare il
dolore per la sua morte e aprirsi alla gioia della risurrezione. Nelle apparizioni del Risorto tutti i
discepoli compiono il passaggio dalla contemplazione dei segni della passione (le piaghe) alla
contemplazione della presenza del Risorto. Per Madre Maddalena l’Eucaristia è un “monumento
delle Piaghe di Gesù la reale espressione di quelle cicatrici che Egli conserva anche nella gloria”
(cfr Dir 1814 pag.56) Il nostro modo di vivere il mistero della passione e della morte di Gesù è
dunque una costante tensione a cogliere nei dolori della vita il rivelarsi dell’immenso amore di Dio
per noi. Modello supremo per noi di questo atteggiamento di fede nei confronti del dolore è Maria
Vergine Addolorata che abbiamo come patrona. Maria sotto la Croce non è la Madre dolorosa, ma
è la Madre della chiesa. Sappiamo che per Giovanni il momento della Croce è il momento della
Gloria, della Resurrezione, della Pentecoste. Giovanni per così dire sulla Croce condensa tutto il
mistero pasquale. Dalla Croce Gesù emette lo spirito sulla chiesa nascente rappresentata da
Giovanni e da Maria. Nell’Enciclica Redemptoris Mater Giovanni Paolo secondo traccia un
parallelo tra l’annunciazione di Maria a Nazareth e il momento della croce: nel dolore Maria riceve
il dono di una nuova maternità universale attraverso la persona di Giovanni. È il senso profondo
del dolore cristiano annunciato dal Signore nell’ultima Cena “Voi ora siete afflitti, ma presto la
vostra afflizione si trasformerà in gioia. Quando una donna sta per partorire è afflitta perché è
giunta la sua ora, ma quando il figlio è nato l’afflizione si tramuta in gioia perché un uomo è venuto
nel mondo”
Anche l’Adoratrice vive ogni suo dolore come dolore di parto sapendo che ad esso è legata una
misteriosa fecondità apostolica.
Per Maria di Magdala passare oltre i segni, oltre il dolore significa giungere a contemplare la
presenza del Risorto. Nel momento in cui Maria giunge a riconoscere il Maestro si sente conosciuta
nella sua identità personale più profonda. Chiamata per nome.
E’ l’esperienza fondamentale di Madre Maddalena e di ciascuna di noi; potremmo dire che qui ci
troviamo nel cuore del Carisma, nel cuore dell’Adorazione. L’Adorazione è l’ atto tipico dell’uomo
che viene a contatto col mistero di Dio, attraverso il quale mentre giunge alla conoscenza di Dio
giunge anche alla conoscenza di sé. La Madre traccia un racconto significativo a questo proposito,
un racconto che è quasi una parabola.
Si tratta della Parabola di un uomo che arde dal desiderio di entrare nelle grazie del suo Sovrano, di
vederlo spesso di parlargli. Un uomo che trasalirebbe di gioia scoprendo che non solo gli è
possibile colloquiare con il suo Re ogni volta che lo desidera, ma anche essere da lui conosciuto
così intimamente da vedersi scoperto nei suoi più reconditi sentimenti. Ecco questo Re è Gesù
Eucaristia - spiega Maddalena- il quale pur risiedendo in una infinità di ostie è totalmente presente
ad ogni uomo che si accinge ad Adorarlo presente nel Sacramento. E ricordando l’esperienza di
Maria Santissima , di San Giuseppe dei discepoli di Gesù e di tutti coloro che poterono
contemplare il suo volto terreno, la riconosce sì come unica e privilegiata, tuttavia asserisce che la
nostra esperienza di Gesù può essere infinitamente superiore a quella di tutti costoro.
Nel periodo della sua vita terrena infatti Gesù non si trovava che in un solo luogo e noi - cito le sue
parole- quanto siamo più fortunati degli uomini di quell’ età dopo questa sua ineffabile
degnazione di moltiplicare la sua presenza in tanti luoghi, in uno stesso tempo. Noi possiamo
ogni volta che a noi piace accostarci a Lui, parlargli a cuore a cuore senza che nessuno possa
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impedircelo. E alla fortuna di poter stare sempre alla sua presenza si aggiunge quella di essergli
presenti nella verità di ciò che noi siamo. Davanti a Lui tutto è scoperto, davanti a Gesù noi
possiamo essere veramente noi stessi, coi nostri difetti e i nostri pregi, poiché egli ci vede nella
verità di ciò che siamo. Ma noi - dice la Madre - in qualunque situazione ci troviamo la fede ci
fa vedere che è a noi realmente presente, Gesù Cristo ci vede sempre e noi siamo sempre a
Lui presenti.
La nostra vocazione risponde al desiderio del Padre il quale cerca veri Adoratori in spirito e verità.
E qui l’espressione “in spirito e verità” può essere intesa nel senso di totalità dell’essere: con tutto il
cuore con tutta l’anima e con tutta la mente. Come dice la nostra Madre: con tutta l’effusione del
nostro spirito (Dir 1814 pag.36) e nel silenzio lasciando liberi piuttosto gli affetti del cuore che i
pensieri della mente. Oppure la si può intendere anche in senso trinitario cioè: adorare il Padre nella
Verità che è Cristo sotto l’azione dello Spirito.
E la nostra adorazione è trinitaria. Anche noi contemplando Gesù presente nell’ Eucaristia siamo
educate a PASSARE DALLA PERSONA DI CRISTO ALLA TRINITÀ.
L’Eucaristia è un evento pneumatico che investe tutta la Trinità. Nell’Eucaristia ogni persona che
adora è alla Presenza della Trinità intera.
Anche a noi dunque Cristo dice: «Noli me tangere». «Non mi trattenere, entra nel mio essere
riferito al Padre; entra nel dialogo d’amore della Trinità!» E non solo, ma anche: «Non mi
trattenere - cioè - non tenermi per te non chiuderti in una contemplazione intimistica, ma Va e
annuncia ai miei fratelli quanto hai contemplato» Il Signore invita anche noi a PASSARE DALLA
CONTEMPLAZIONE ALL’ANNUNCIO
Se è vero che contemplazione e missione si toccano e che non esiste un Carisma contemplativo che
non sia anche apostolico, ciò è particolarmente vero per il nostro Carisma. Anzi, con la
testimonianza della presenza reale, la dimensione apostolica è l’aspetto più specifico del carisma di
Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione.
La bellezza che Maddalena gusta alla presenza di Dio, la beatificante del poter essere veri davanti a
Lui, non può tenerla per sé.
E’ straordinario notare come in quasi tutti i testi nei quali ella parla dell’ intuizione avuta di fondare
l’istituto menzioni i secolari e come sottolinei quindi l’aspetto apostolico che il nuovo ordine che
pur intende collocarsi entro la grande tradizione monastica possiede.
Quando Iddio Padre di tutti i lumi si degnò di farmi capire che facessi questa fondazione
sotto il titolo del Santissimo Sacramento, tenendolo esposto tutti i giorni e le notti dell’anno
l’anima mia gioì profondamente per il gran compiacimento che noi avremmo potuto dare a
Gesù con le nostre ininterrotte adorazioni e con quelle che con tal mezzo avrebbero potuto
fare davanti a Lui le persone del secolo ( Esort.).
Ti domandiamo o Gesù di dare a noi una viva fede della tua presenza reale in questo sublime
Sacramento, affinché essendone pienamente ...penetrate... possiamo propagare in tutto il
Cristianesimo l’Adorazione perpetua... affinché tanti che vivono nel mondo dimentichi di te
ti adorino in spirito e verità in questo sacramento dell’Amore (Dir. 1814 pg 62).
La Presenza reale di Gesù, di cui lei ha fatto esperienza, deve essere “da tutti conosciuta, amata,
adorata” e poiché Maddalena sa che un’esposizione perenne è possibile soltanto dove è perenne una
presenza umana, ecco che la Madre desidera rimanere perpetuamente presente davanti all’Eucaristia
affinché tutti, in qualunque momento nel corso delle loro frenetiche attività, possano facilmente
godere della sua luce.
Sulle orme di Maria di Magdala e di Madre Maddalena ciascuna di noi può dire “Ho visto il
Signore” e per dirla con San Tommaso “Contemplata aliis tradere “ insegnare agli altri le cose
contemplate. Oppure come vuole Sant’Agostino alla cui sapienza anche noi attingiamo “Chi ha
trovato per primo la Verità vi conduca anche gli altri” (cfr. Soliloqui 1, 20)
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Il fuoco d’amore che brucia per ogni uomo nell’Eucaristia passa incandescente per il cuore
dell’Adoratrice trasformandola in una apostola dell’Amore di Dio per il mondo.
Ma qual è la comunità alla quale Gesù invia Maria di Magdala? E’ la comunità del Cenacolo ed
eccoci allora alla seconda parte della nostra conversazione.
Si tratta di uno dei tre sommari di Luca. Brevi riepiloghi che l’evangelista pone dopo alcuni eventi
significativi: la grande pentecoste e la piccola pentecoste, per illustrare la bellezza e la qualità della
vita comunitaria che lo Spirito suscitava nei primi cristiani. Sono testi che andrebbero letti tutti
insieme e che in origine molto probabilmente, formavano un unico racconto. Alla comunità dei
primi discepoli la tradizione della Chiesa ha sempre guardato come a un modello diventando fonte
di ispirazione soprattutto per le forme di vita cenobitica. A questi sommari si ispirò come abbiamo
già detto anche Sant’Agostino nel fondare i suoi Monasteri.
NELLA PREGHIERA
La preghiera costante è una caratteristica della prima comunità cristiana. Erano perseveranti nella
preghiera con Maria la madre di Gesù.
MEDITATIO
I nostri Monasteri sono un Cenacolo, cioè un luogo di preghiera e di vita comunitaria al centro della
città per offrire agli uomini del loro tempo un aiuto opportuno per la preghiera e la vita spirituale
dando occasione possibilità di poter partecipare convenientemente alle loro stesse azioni liturgiche.
NELLA PREGHIERA
Infatti “Il Sacrificio stesso della Messa, - scrive Madre Maddalena - che è l’omaggio più santo, il
più perfetto che si possa rendere a Dio ha il suo tempo limitato” Solo l’ Adorazione è perpetua.
L’anelito della preghiera continua della prima comunità cristiana si traduce per noi in adorazione
continua. “Considerino - le Adoratrici- ogni altra attività immediata alla quale devono
attendere - rapporti col prossimo, lavoro, distensione- come una adorazione continuata” Noi
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viviamo dunque costantemente alla presenza di Dio. vorrei qui cogliere un altro parallelo con la
spiritualità Agostiniana. I monaci agostiniani si salutano esclamando “Deo gratias!” ringraziando
Dio per il dono del fratello. Noi invece ci si saluta con la giaculatoria “ Sia lodato il Santissimo
Sacramento!” Riconoscendo così nella consorella la Presenza Reale del Signore “onorate
scambievolmente Dio in voi stesse perché ne siete templi” ci esorta Agostino nella Regola.