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L'Eredità

Troppo figo. Non posso descrivere in altro modo l'appartamento che mi ha lasciato mio zio.
Insieme a altra roba, ovviamente, e a un sacco di quattrini se è per questo. L'appartamento però è di
sicuro il giocattolino che riempie di più l'occhio. Tanto per cominciare è in una zona veramente vip,
al centro del centro del centro. Uno entra lì, e si sente, come te lo devo dire, importante ecco.

Inutile dire che mi ci sono trasferito subito, senza farmi tanti pensieri, come forse invece avrei
dovuto. D'altra parte, era stato un vero e proprio colpo di fortuna. Di lí a un paio di mesi mi sarebbe
finito il sussidio di disoccupazione, e davvero non sapevo che avrei fatto dopo, visto che tutti
tagliavano, riducevano, mandavano a casa, mettevano in cassa integrazione. Per me, comunque, il
problema non c'era più. Avevo tanti di quei quattrini che per finirli ci sarebbero volute tipo una
decina di vite, pure a uno come me che spendo un visibilio tra sigarette e videopoker.

Devo ammettere che non mi aspettavo tutto questo ben di dio. Intanto, con questo zio non è che
avessi granché di relazione. Ci saremo visti sì e no una decina di volte, una cosa del tipo
buongiorno-buonasera. Il notaio d'altronde m'aveva detto che di parenti non ne aveva più, il che
spiegava un po' tutto. Poi, non avrei mai pensato che fosse ricco sfondato a sta maniera. A vederlo
non gli davi due spicci. Stava sempre trasandato, spettinato, insomma pareva un poveraccio
esattamente come me. Sapevo pure che era un intellettuale, uno di questi mezzi matti che girano il
mondo e poi scrivono un sacco. M'han detto che aveva pubblicato diversi libri, ma francamente
non me ne sono interessato più di tanto, anche perchè dopo dieci minuti che leggo le notizie dello
sport mi gira la testa.

Di certo, quando entravi nell'appartamento ti rendevi conto che avevi a che fare con un pozzo di
scienza. C'erano libri dappertutto. Sugli scaffali, ovvio, ma anche sui tavoli, sulle sedie, per terra,
pure sul davanzale della finestrella del bagno. Era di certo la prima cosa a cui pensare. Avrei rifatto i
pavimenti, cambiato la mobilia. Insomma, tutta quella carta andava sbaraccata. A cominciare dal
salone. Levando di mezzo un paio di scaffali mi ci sarebbe entrato paro paro un televisorone da
cinquanta pollici.

Con mia grande sorpresa, non fu difficile trovare qualcuno che si prendesse la briga di portare via
tutto quel ciarpame. Un tipo, conoscente di un mio conoscente, si dimostrò anzi entusiasta, e fece
tutto a costo zero, in cambio del materiale. Un mio amico mi spiegò che probabilmente vendendo i
libri anche ad un inezia l'uno ci avrebbe guadagnato abbondantemente. Buon per lui, a me bastava
lo spazio sgombro.

Quella sera me ne andai a letto davvero soddisfatto. Mi feci una bella dormita sul lettone dello zio.
Naturalmente avrei cambiato anche quello. Ce ne voleva assolutamente uno con il materasso ad
acqua.
Però ammetto che mi ci trovai davvero bene. Magari ci potevo anche ripensare, e tenermelo. La
mattina mi svegliai riposato come non mi capitava da tempo. Certo, pensai. Adesso, con il mucchio
di quattrini che mi ritrovavo. di preoccupazioni ne avrei avute molte di meno. Stavo per alzarmi, ed
iniziare una giornata perfetta, quando mi resi conto che sul cuscino accanto al mio c'era un libro.
Tom Sawyer. Come diamine c'era arrivato? Ero straconvinto di averli buttati via tutti. Vabbè, si
rimedia facilmente. Apposta c'era un cassonetto della carta giusto giusto davanti al portone.

Nel frattempo, prendeva forma il mio appartamento ideale. Avevo ingaggiato il meglio arredatore
sulla piazza, ed è incredibile come tutti corrono quando sentono odore di soldi. La mattina seguente,
dopo aver sognato tutta la notte come mi sarei goduto il mio piccolo castello una volta che fosse
stato finito, appena sveglio mi resi conto che sul letto stavano due libri. Stavolta erano L'Idiota e
Pinocchio. Che presero pure loro la via del cassonetto.

Nei giorni seguenti, le cose presero una piega che più che strana definirei inquietante. Ogni mattina
trovavo dei libri sul letto. Furono quattro, poi otto, poi sedici. Insomma, ogni volta erano il doppio.
Fosse stato solo quello. La loro destinazione rimaneva pur sempre la raccolta differenziata. Ma ogni
volta era sempre più complicato. Non solo per la fatica fisica di portarli fin li'. E' che mi cresceva
dentro tipo una vocina. Mi diceva: guarda che stai facendo qualcosa di sbagliato. Arrivammo ad un
punto che a forza di raddoppiare, i libri non stavano più sul letto, e debordarono fin sul pavimento.
Nel contempo, mi trovai a considerare: dopotutto, che senso aveva buttarli via? In fondo potevano
servire come oggetti di arredamento. C'è chi li mette finti, io li avevo veri. Così comprai uno
scaffale, e ce li misi sopra.

L'altro giorno mi ha chiamato uno dei ragazzi del bar. Com'è che non t'abbiamo più visto? Aveva
ragione. Doveva scusarmi, ma ero troppo impegnato. A giorni partivo per l'Egitto? Sharm-el Sheik?
No no, Karnak. Del resto, qualche giorno prima stavo al cesso, quando di colpo mi resi conto che
stavo leggendo *I Miserabili* invece di *Palloni in tribuna*. E il mattone mi piaceva pure. Senza
contare che mi ero lasciato crescere la barba. E stava diventando bianca, proprio come quella dello
zio.

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