Sei sulla pagina 1di 2

Le cose da vedere

Esposito stava morendo. Ormai se ne stava tutto il giorno a letto, il viso giallo,
le mani contratte sulla coperta, tormentato dal mal di schiena. Sapeva benissimo che
ormai non c'era più nulla da fare, eppure non lo sentivi mai lamentarsi. Del resto, non
era mai stata sua abitudine. Sosteneva che non servisse a nulla. Le cose hanno una
loro logica, diceva sempre. O sai cosa fare, e lo fai, oppure non lo sai, e allora aspetti
di mettere insieme un po' più di dati.

Io, in quanto figlio di amici di famiglia, e un po' anche suo personale, gli davo
una mano, che so io, portandogli un po' di spesa. Mia madre, nei ritagli di tempo, gli
dava un po' di pulita alla casa. Del resto, prima che si ammalasse avevamo passato
insieme ore ed ore. Finiti i compiti, correvo verso la sua bottega, e mi sedevo su uno
sgabello. Lui rimaneva chino sul suo desco, una lente incastrata nell'occhio sinistro a
scrutare qualcosa di molto molto piccolo. Parlavamo di tutto. E mi stupivo di quanta
conoscenza e cultura si potesse trovare in un uomo che, a sentire mia madre, non
aveva mai deviato dal percorso casa-bottega, duecento metri scarsi.

E qui scattò la mia curiosità. Noialtri, la nostra famiglia voglio dire, invece
eravamo sempre in movimento. Non c'era estate, pasqua, natale, primomaggio che
papà e mamma, fatte le valigie, non mi portassero in qualche posto, sempre diverso.
Ricordavo posti tipo Maurizius, Tonga, Sciarmelscèck. Papà diceva sempre: ci sono
tante di quelle cose da vedere. Lui invece stava sempre lì da un giorno all'altro, da
anni, decenni. Spesso mi veniva da chiedermi se non si fosse perso qualcosa. Volevo
domandarglielo, ma mi passava sempre di mente. Un giorno in cui pareva più lucido,
e che mi era sovvenuta l'idea, mi decisi.

“Sentite, Esposito, vi volevo fare una domanda”.

Poi, rimasì lì tipo stoccafisso.

“Guagliò, e fammela 'sta domanda, che sennò magari non ce la faccio a


risponderti”.
“Ecco, ma... avete mai pensato di andarvene un po' in giro per il mondo...
vedere un po' di cose...”

Per un po' non mi rispose, e pensai: non sarà che mi schiatta adesso. Ma
evidentemente stava soltanto pensando a come rispondermi.

“Ah, ma io mica sono sempre stato qui, sai? Da giovane ho girato, pure io. In
Belgio, in Germania, a fare il minatore. Poi in America, a costruire grattacieli. Ero
giovane e curioso, proprio come te. Poi, sai cosa ho scoperto? Che alla fine è proprio
vero che tutto il mondo è paese. In ogni posto trovi case gente strade negozi, oppure
negozi strade gente case, o anche gente negozi case e strade. Esattamente come qui.
Allora, tanto vale rimanerci, qui. Credi a me, tutta questa smania di girare, alla fine ti
riporta sempre al punto di partenza. Col tempo ci arriverai pure tu.”

Rimasi ancora una mezz'oretta, poi fu tempo di rincasare. Lungo la strada, ogni
singola parola di Esposito mi rimbalzava tra le pareti del cervello. Arrivato a casa, mi
fiondai subito nella mia cameretta. Sulla scrivania tenevo sempre aperto un enorme
atlante, dono di papà per il mio decimo compleanno. Cominciai a sfogliarlo con
frenesia. Sentivo impellente la necessità di distanze, ampi orizzonti.

Potrebbero piacerti anche