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Italo Calvino, Palomar, Torino, Einaudi, 1983.
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Appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo colui che non coincide
perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma
proprio per questo attraverso questo scarto e anacronismo, egli è capace più degli altri di percepire e
afferrare il suo tempo.2
Si tratta di una nuova interpretazione di un vecchio dipinto, ma contiene distorsioni mai avutesi
prima. Poiché l’arte è tuttavia atemporale, l’impiego di un simbolo ha tuttora la sua piena
giustificazione, indipendentemente da quanto sia vecchio.4
2
Giorgio Agamben, Che cos’è il contemporaneo?, Roma, Nottetempo, 2008, p. 9.
3
Ibidem.
4
Jacob Baal-Teshuva, Mark Rothko (1903-1970) Il dipinto come dramma, cit., p. 37.
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in prima istanza attraverso la citazione di una poesia di Osip Mandel’štam, poi
con una riflessione diretta sulla funzione dello sguardo:
Vorrei a questo punto proporvi una seconda definizione della contemporaneità: contemporaneo è
colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percepirne non le luci, ma il buio. Tutti i tempi
sono, per chi ne esperisce la contemporaneità, oscuri. Contemporaneo è appunto colui che sa
vedere questa oscurità, che è in grado di scrivere intingendo la penna nella tenebra del presente.5
La luce è interpretata dal filosofo, allo stesso modo di Pasolini, come visione
unificante della realtà, mentre l’oscurità, come il buio flebile delle lucciole, è
ricondotto alla capacità individuale di ognuno di noi di disporsi nei confronti
di questa realtà fenomenica, di portare la propria individualità all’interno del
processo percettivo. Il buio, infatti, non va avvertito come tale; il soggetto
percettivo deve percepirlo come: “Qualcosa che lo riguarda e non cessa di
interpretarlo”.6 Il nostro lavoro prende in considerazioni diverse modalità
espressive e diversi tempi storici, tale scelta è giustificata dalla volontà di
seguire il motto che Agamben pone alla fine del suo breve saggio:
Il contemporaneo non è soltanto colui che, percorrendo il buio del presente, ne afferra l’inesitabile
luce; è anche colui che, dividendo e interpolando il tempo, è in grado di trasformarlo e di metterlo
in relazione con gli altri tempi, di leggerne in modo inedito la storia.7
OGGETTI SIGNIFICATIVI
5
Ivi, p. 13.
6
Ivi, p. 15.
7
Ivi, p. 24.
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marmo, ben più difficile è convincere il nostro interlocutore del medesimo
concetto, davanti ad un’anonima brocca di vetro. La motivazione di questa
evidente disparita è dovuta al retroterra che tali oggetti hanno assunto nel
senso comune e nella coscienza, sia collettiva sia individuale. Nessuno sarebbe
disposto a dire che un altro uomo è semplicemente un ammasso di carne,
ossa, tendini ecc., eppure davanti a una brocca di vetro non abbiamo alcun
problema a eludere persino la domanda. A nostro giudizio il problema
dell’immagine è equivalente nei due casi, ma esistono oggetti in cui questo
problema è più stridente, poiché con maggior difficoltà è raggirata la nostra
naturale predisposizione alla semplificazione della realtà, di matrice biologica.
L’opera d’arte è per sua natura uno dei massimi esempi di oggetto
significativo, anche se al suo interno ci sono numerose sfaccettature; ogni
individuo è colpito maggiormente da un tipo di espressione artistica in
particolare e all’interno di quell’espressione anche da un determinato stile e da
una determinata tecnica esecutiva. Questo non significa che è consigliabile
ignorare le altre forme artistiche; il compito del critico dovrebbe rendere
evidente questa frattura, propiziando un maggior coinvolgimento emotivo e
viscerale nei confronti dell’immagine.
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superi il giudizio, in un rapporto in cui: “Mentre l’Altro di manifesta,
l’interrogante si svela”.8
L’IMMAGINE E IL VOLTO
Il rapporto di reciprocità è alla base della relazione tra gli uomini ed è lo stesso
che deve essere utilizzato nella valutazione degli oggetti, in particolar modo
nell’analisi di un’opera d’Arte, poiché: “ l’immagine è, si può dire, l’allegoria
dell’essere”.9 Anche Marguerite Duras accomuna l’umanità con gli oggetti nel
suo teso L’uomo atlantico:
Voi e il mare; siete una cosa sola, per me, un unico oggetto, quello della mia parte in questa
avventura. Anch’io guardo il mare. Voi dovete guardarlo con me, come io lo guardo, con tutte le
mie forze, al vostro posto.10
8
Emmanuel Lévinas, Nomi propri, cit., p. VI.
9
Ivi, p. 181.
10
Marguerite Duras, Testi segreti (L’uomo seduto nel corridoio, L’uomo atlantico, La malattia della
morte), cit., p. 31.
11
Fiorella Nicosia, Edvard Munch, Firenze-Milano, Giunti, 2005.
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La ricerca dell’ambivalenza delle immagini è la via per la comprensione
dell’individuo e dell’opera d’arte, che dell’individuo è emanazione. Tale
concetto è espresso in modo mirabile da un’affermazione di Mario
Giacometti:
La grande avventura, consiste nel veder sorgere qualcosa di ignoto ogni giorno, nello stesso volto:
un’avventura più grande di qualsiasi viaggio intorno al mondo.12
Anche questo lavoro è stato per me una grande avventura, nella quale ho
cercato sempre di lasciarmi tentare dagli aspetti perturbanti dell’immagine. Vi
ringrazio per la cortese attenzione.
12
Alberto Giacometti, Conversazione con André Parinaud, cit.
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