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Quaderni FNE
Collana Ricerche, n. 55 – giugno 2009

L’ITALIA DELLE IMPRESE


Rapporto 2009

a cura di Daniele Marini

Carlo Bergamasco, Davide Girardi, Daniele Marini, Fabio Marzella,


Silvia Oliva, Gianluca Toschi
Sommario

LE AZIENDE OLTRE LA CRISI: GLOBALI CONTRO MICROLOCAL


Daniele Marini

TAGLIO AI COSTI E HI-TECH PER VEDERE LA RIPRESA


Silvia Oliva

PERDE QUOTA LA CRESCITA ATTRAVERSO LE FUSIONI


Silvia Oliva

IL FRONTE ESTERO RESISTE AL TEST


Carlo Bergamasco

L’ATTIVITÀ DELOCALIZZATA ELEVA LE PROFESSIONALITÀ


Carlo Bergamasco

L’EURO GARANTISCE STABILITÀ


Gianluca Toschi

PRIMA LA CASSA, POI GLI INVESTIMENTI


Gianluca Toschi

PIÙ DIFFICILE IL CREDITO A BREVE


Gianluca Toschi

IL NORD DIVISO IN DUE DAL PESO POLITICO


Davide Girardi

PIÙ CONSENSI AL QUIRINALE E ALLA BCE


Fabio Marzella

SÌ AL FEDERALISMO, BOCCIATI GLI STUDI DI SETTORE


Fabio Marzella

IL METODO E LA RESPONSABILITÀ DELLA RICERCA

Fondazione Nord Est - 2


LE AZIENDE OLTRE LA CRISI: GLOBALI CONTRO MICROLOCAL

Daniele Marini

Un sistema produttivo sicuramente segnato dalle difficoltà, che sente i morsi della crisi
globale, e avverte pienamente su di sé i riflessi di un quadro internazionale ancora molto
incerto. Tuttavia, chi pensasse a imprenditori ripiegati su se stessi o fermi in attesa di una
schiarita sbaglierebbe rappresentazione.
L’ottava edizione della ricerca nazionale realizzata dalla Fondazione Nord Est, promossa
da UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, mette in luce un quadro inatteso, ben
oltre le aspettative. È un’Italia delle Imprese inaspettatamente più fiduciosa e solida di
quanto la discussione pubblica e i dati istituzionali ci abbiano mostrato in questi mesi.
Certo, si tratta di un sondaggio volto a raccogliere le opinioni, le aspettative e le
condizioni avvertite, che non può contraddire i dati di fatto. Ciò non di meno, aiuta ad
articolare meglio la visione di una crisi profonda, che non può essere letta esclusivamente
sotto il profilo quantitativo. Perché, com’è noto, le percezioni e le rappresentazioni sono
il veicolo che guida e orienta le azioni, anche oltre l’oggettività dei fatti. Rilevare
l’esistenza di un sistema industriale combattivo, che reagisce alle difficoltà e che – dopo
un iniziale disorientamento – ha preso le misure rapidamente alla crisi, ricercando nuovi
mercati e nuovi prodotti da offrire, non serve ad alimentare false immagini. Ma a
comprendere le risorse (motivazionali) sulle quali fare leva per avviare interventi e
politiche. L’Italia delle Imprese, soprattutto, non ha perso la risorsa immateriale più
importante: la fiducia. Nei confronti delle proprie energie, in particolare, ma anche verso
le istituzioni e verso l’azione del Governo, nei confronti dell’euro e dell’Europa. Tutto
ciò non deve nascondere l’esistenza di aspetti problematici individuabili, una volta di più,
nella nostra connaturata difficoltà di fare sistema, di reagire in modo coeso e strategico.
Rimane minoritario, ma cresce costantemente, l’orientamento degli imprenditori a cercare
risposte alla competitività in modo individualistico, all’insegna del fai-da-te. Così come
sul piano dell’internazionalizzazione non diminuisce la quota di quanti varcano i confini
senza trovare un interlocutore che li sostenga in questo processo. Insomma, si agisce in
assenza di un quadro condiviso, di un sistema-paese in grado di offrire risposte coerenti
in tempi utili alle necessità di imprese che devono fare i conti tutti i giorni con agguerriti
competitori internazionali. Dunque, meglio muoversi rapidamente per linee autonome,
piuttosto che aspettare un intervento coordinato. Dinamismo creativo o programmazione
ragionata resta così un dilemma difficilmente risolvibile, considerati i pro e i contro di
ciascuna delle due opzioni. In ogni caso, il fattore tempo diventa sempre più un aspetto
discriminante, soprattutto in momenti di crisi e di incertezza. Sullo sfondo rimangono –
amplificandosi e complicandosi rispetto a quanto rilevato nel 2007 – le questioni
territoriali del nostro Paese. Da un lato, le imprese del Nord aumentano ulteriormente la
consapevolezza del peso svolto per l’economia nazionale, con un gap rispetto al peso
politico che si riduce, ma che nel Nord Est in particolare rimane elevato. Dunque, esiste
una “questione settentrionale” legata alla percezione di una forbice fra l’importanza
giocata in ambito economico (elevata), da un lato, e il peso (minore) di cui gode sotto il
profilo della rappresentanza degli interessi nella sfera politica. Ma il Nord non è tutto
uguale. Esistono “i” Nord. Se i lombardi percepiscono una significativa centralità sia
nell’economia che nella politica, così non avviene per il resto del Nord Ovest e, in misura

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decisamente minore, per il Nord Est. Dunque, la questione settentrionale appare
composita nei suoi elementi. All’opposto, la “questione meridionale” si acuisce,
soprattutto sotto il profilo dell’economia. Le imprese del Mezzogiorno vedono aumentare
la propria percezione di marginalità soprattutto per l’aspetto economico. Aumenta così
ulteriormente la distanza fra “i” Nord e il Mezzogiorno. Ma, nel mezzo, le imprese delle
regioni del Centro – più vicine al Nord che al Mezzogiorno – manifestano la sensazione
di una perdita di terreno sia sotto il profilo del peso economico, sia politico. Sembra
complicarsi, dunque, il quadro delle questioni territoriali del nostro Paese che da bipolare
(Nord/Sud), diventa tripolare con una “questione Centro” che appare emergere
aumentando la propria sofferenza.
L’analisi dei risultati, volta a individuare le tipologie (cluster analysis) di comportamenti
messi in atto dal sistema imprenditoriale italiano per fronteggiare l’attuale situazione, fa
emergere tre gruppi prevalenti. Due gruppi fra questi, che complessivamente
rappresentano quasi la metà del campione (48,2%), evidenziano un orientamento
proattivo rispetto alle difficoltà. Sono le aziende soprattutto del settore industriale di
taglia media e grande: sono le PMI e le medie imprese (oltre i 50 dipendenti) industriali a
funzionare da “attori reagenti”. Il primo (30,5%), presente soprattutto fra quelle del Nord
Est (41,1%), è costituito da imprese che negli anni hanno sviluppato processi spinti di
internazionalizzazione e che ritengono utile realizzare forme di alleanze e aggregazioni
per aumentare la propria competitività. Tuttavia, non sono disponibili ad aprire la
proprietà ad altri soci o a fondi, complice plausibilmente le vicende finanziarie recenti. Si
caratterizzano così per essere imprese “self made globali”, internazionalizzate e che
vogliono contare solo su se stesse, sulle proprie forze. Il secondo gruppo (17,7%) conosce
una leggera prevalenza nella componente industriale, fra quelle di dimensione media e
grande (oltre i 50 dipendenti), per poco più della metà aperte sui mercati esteri, molto
disponibili a ricercare forme di alleanze e aggregazioni con altre imprese e assolutamente
pronte ad aprirsi a nuovi capitali per aumentare la propria competitività. In questo caso,
abbiamo a che fare con imprese “in ridefinizione”, che intuiscono la necessità di crescere
e incrementare le proprie performance e capacità.
Per converso, il terzo gruppo rappresentato da una quota leggermente superiore (51,8%)
al precedente è costituito dalle imprese di più piccola dimensione (fino a 49 dipendenti),
prevalentemente appartenenti al settore del commercio e del terziario, anche se non
mancano alcuni segmenti di manifatturiero. Si tratta di aziende il cui mercato principale è
quello domestico e locale, che di fronte alle sfide poste dalla competizione sono orientate
a una mobilitazione individualistica e assolutamente indisponibili ad aprire la proprietà a
capitali esterni o a managerializzare l’organizzazione. È l’imprenditoria diffusa “micro-
local”, soprattutto quella insediata nel Centro e nel Mezzogiorno a esprimere un
orientamento di tipo conservativo, e che plausibilmente rischia di soffrire di più gli effetti
a lungo termine della crisi. Quindi, quanto più le imprese sono aperte ai mercati
internazionali, maggiore è la propensione a vivere l’attuale fase di crisi come
un’opportunità, una sfida da cogliere per accrescere la propria competitività. Viceversa,
la dimensione prettamente domestica del mercato fa prevalere un’inclinazione alla
resistenza di fronte ai cambiamenti necessari per fronteggiare la crisi, a ricercare
soluzioni da sé, in modo disordinato.
Considerate le strategie delle imprese per favorire la loro competitività, è possibile
rintracciare all’interno dei risultati emersi dalla ricerca alcuni elementi chiave.
Una prima evidenza è relativa alla dimensione della fiducia. Diversamente da quanto
traspare dai mezzi di comunicazione, dalla discussione pubblica e dall’immaginario

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collettivo, l’Italia delle Imprese riverbera una sensazione prevalente di fiducia, di
aspettative positive, ben di più di quanto si potesse attendere. Sul piano delle prospettive
congiunturali, gli indicatori – pur portando davanti un segno meno – ciò non di meno
sono meno negativi dello scorso anno, quando ancora la crisi non si era palesata, come
nel caso delle previsioni dell’economia italiana e internazionale. Come a dire: il fondo è
stato toccato e dal livello raggiunto si deve risalire. Le difficoltà si avvertono nei sistemi
produttivi regionali e per la propria impresa, per quanto il 45,5% preveda per i prossimi 6
mesi un andamento stabile dell’azienda e un quarto (26,1%) si aspetti una crescita.
Ovvero, la maggioranza (quasi i ¾) intravede per sé una prospettiva di stabilità e di
crescita, mentre aumenta (poco meno di 1/3: 28,4%, era il 19,4% nel 2008) la quota di
imprese che prevede una flessione. Quindi, è in corso una polarizzazione fra imprese che
sono in grado di reggere e altre che rischiano di uscire dai mercati. Non si tratta, però, di
una fiducia di facciata o di un ottimismo della speranza. C’è una solidità generata dai
processi di metamorfosi che hanno interessato il sistema industriale negli anni trascorsi,
nella sua capacità di essere presente sui mercati esteri. Basti considerare che, rispetto allo
scorso anno, la quota di imprese che internazionalizzano le proprie produzioni non sono
diminuite in modo consistente. Poco più di due imprese su cinque (41,9%, erano il 45,8%
nel 2008) ha rapporti produttivi e commerciali con altre nazioni e ben il 35,0% fra queste
dispone di una propria rete commerciale e di distribuzione nei paesi in cui sono presenti.
Ma oltre a un’attesa di ripresa, è assai significativo l’incremento dei livelli di fiducia non
solo rispetto allo scorso anno, ma anche al 2007 (anno in cui si respirava una leggera
ripresa dell’economia). La fiducia è soprattutto verso il ceto produttivo dei molti piccoli e
medi imprenditori (82,1%), ben distante ma in costante crescita quella verso i titolari
delle grandi imprese (43,9%). Aumenta su tutti il livello di fiducia nei confronti del
Presidente della Repubblica Napolitano (61,9%, dieci punti in più rispetto al 2008), in
prima posizione fra le istituzioni politiche e collocato al secondo posto della graduatoria
generale. Ma aumentano i consensi pure per l’UE, la BCE, la Banca d’Italia, le Regioni.
A dieci anni dalla sua introduzione, anche l’euro viene assolutamente rivalutato.
Rimangono al palo e in fondo alla classifica la Borsa e le banche. L’esecutivo ottiene
un’approvazione rilevante (56,7%), su analoghi livelli di consenso ottenuto dal governo
Berlusconi nella sua legislatura precedente a un anno dall’insediamento (60,9% nel
2002). Di più, l’esecutivo ottiene una sostanziale promozione sulle politiche finora messe
in atto. Su tutte, in particolare, l’azione in politica estera, la gestione della crisi e gli
ammortizzatori sociali, il federalismo fiscale e la sicurezza, ottengono consensi superiori
al 60%. Una bocciatura, invece, viene sui temi delle politiche sull’immigrazione e, in
particolare, sul tema della giustizia e degli studi di settore. Come si può ben intuire,
questioni che in misura diversa stanno a cuore alle imprese per la loro vita quotidiana
(permessi di soggiorno, manodopera, contenziosi, fisco e tasse).
Una seconda evidenza, in questo caso problematica, attiene alla capacità di fare sistema ai
diversi livelli, fra imprese e come Paese. Non è un tema nuovo, in realtà, quasi
connaturato al nostro stile di azione. Ciò non di meno, in una fase di crisi strutturale come
l’attuale è necessario rimettere in discussione i comportamenti tradizionali. Da un lato,
una quota non marginale fra le imprese, soprattutto fra le più piccole, appare
impermeabile all’apertura ai nuovi capitali che le possano aiutare nella crescita. Così
come appaiono restie a ipotizzare forme di alleanze o di aggregazione per essere più
competitive. Viceversa, per affrontare la crisi serve mettere in campo anche schemi
nuovi, comportamenti non tradizionali, superare la cosiddetta soglia psicologica del 51%.
Dall’altro lato, rimane il vincolo di un sistema-paese che fatica a organizzare un quadro

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condiviso di interventi. Emerge dalla questione dell’internazionalizzazione che vede la
maggioranza delle imprese non trovare interlocutori ritenuti utili a favorire questo
processo; da un sistema bancario che (sebbene in misura più contenuta rispetto a quanto
emerge dalla discussione pubblica) ha eretto soglie più elevate per l’erogazione del
credito, a fronte di una crescita di sofferenza di liquidità delle imprese; da una
divaricazione progressiva fra le diverse aree dell’Italia che fa emergere in misura
crescente le diverse “questioni territoriali”; oltre che da un gap fra la dimensione
economica e la rappresentanza politica, fra il contributo alla crescita e le risposte ottenute
dalla politica per mantenere e accrescere la competitività delle imprese e del Paese.
L’Italia delle Imprese del 2009 mostra, di fronte alla crisi, di non avere perso una risorsa
fondamentale: la fiducia. Soprattutto nelle proprie capacità di reazione, in virtù delle
trasformazioni realizzate negli anni trascorsi in particolare dal sistema industriale.
Nonostante la consapevolezza delle difficoltà reali e diffuse, pare guardare al futuro con
un ragionevole ottimismo. E auspicando in un sistema-paese alleato nella ricerca di una
migliore competitività.

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TAGLIO AI COSTI E HI-TECH PER VEDERE LA RIPRESA

Silvia Oliva

Il vento della crisi, per sei imprenditori su dieci, soffierà ancora sull’economia mondiale
fino ai primi mesi del 2010. Tuttavia, il punto più basso della curva che disegna
l’andamento della crisi, sia essa a V o a U, sembra ormai essere stato raggiunto. Tanto
che le previsioni dei titolari d’impresa italiani per l’economia nazionale e
internazionale, pur presentando un valore negativo, sono migliori rispetto a quanto
rilevato un anno fa, quando ancora il crollo finanziario ed economico non si era
palesato. Il peggioramento registrato a livello regionale e di singola impresa evidenzia
quanto siano ancora forti le tensioni in atto, ma rende anche esplicita come sia
diversificata la capacità delle aziende di vivere, superare e interpretare questa fase.
Percorrendo a ritroso i risultati delle precedenti edizioni dell’indagine, si osserva come i
saldi sintetici, calcolati come differenza tra opinioni di crescita e opinioni di flessione,
registrati nel 2009 per le economie regionali (-21,2) e nazionale (-9,6%) siano migliori
rispetto a quelli del 2005 (rispettivamente -28,5 e -36,1). Viceversa, per l’economia
internazionale (-6,4) e per le imprese (-2,3) si tratta del primo dato negativo rilevato, a
conferma che, se certamente la crisi attuale ha avuto origine a livello internazionale, in
Italia si è sommata ad una situazione già presente di debolezza e difficoltà cui le aziende
locali avevano risposto anche aprendo sempre più lo sguardo alle occasioni presenti su
quei mercati esteri, oggi in flessione.
Le proiezioni sui prossimi sei mesi per quanto riguarda le imprese italiane mostrano una
polarizzazione tra aziende che indicano una crescita (26,1%) e quelle che, invece,
lamentano un’ulteriore flessione (28,4%), a fronte di una quota prevalente di attività che
si attende una sostanziale stabilità (45,5%). La lettura dei risultati in base alle
dimensioni, ai settori e alla cluster analysis suggerisce che questa crisi investe
trasversalmente i settori – solo i servizi presentano un saldo leggermente positivo (2,3) -
ma, viceversa, premi le imprese che hanno assunto in questi anni una dimensione e un
comportamento strategico innovativo e attento sia alle proiezione internazionale, sia alla
capacità di aprirsi a nuove relazioni e nuove reti. Così, il saldo di opinione per le
imprese sopra i 50 addetti si attesa a +7,3, mentre quello delle imprese meno strutturate
a -4,2. Allo stesso modo le imprese self made globali, ovvero le imprese
internazionalizzate, pronte ad allearsi o aggregarsi, registrano un dato sintetico pari a
+6,0. Faticano, invece, ancora a intravedere la ripresa le altre aziende, sia le imprese in
ridefinizione (-7,4) - internazionalizzate, poco propense alle alleanze per accrescere la
competitività, ma pronte ad aprire a terzi il proprio capitale - sia le micro-local (-4,7%),
fortemente legate al territorio ed estremamente individualiste.
In questo contesto, anche l'incertezza sulla durata della crisi permette di valutare con più
attenzione il grado di ripresa della fiducia da parte del sistema produttivo nazionale.
Infatti, se l'intensità della crisi è ormai evidente, la sua durata rimane ancora argomento
di stime e previsioni. Poco meno di ¼ degli imprenditori italiani intervistati (23,3%)
ritiene che già a fine 2009 si assisterà alla fine della fase recessiva dell'economia
mondiale. Un altro 40% invece, ritiene che sarà necessario attendere la prima metà del
2010. Il 28,2% si attende che la flessione dell'economia internazionale si protragga
ancora per almeno un anno e mezzo. Infine, si conta anche un 7% di imprese che

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intravede già i segnali di una ripresa. Questo dato sale al 16,3% se si prendono in
considerazione le risposte degli imprenditori che prevedono una crescita per la propria
azienda nei prossimi sei mesi, mentre scende al 2,9% per chi attende una flessione.
La durata della crisi non è certo un fattore indipendente per quanto riguarda la capacità
delle imprese di saper reggere e affrontare questa fase di rallentamento del commercio
mondiale. Infatti, una flessione particolarmente lunga potrebbe mettere in difficoltà
anche aziende sane, ma poco capitalizzate, oppure rendere ingestibile il progressivo
allungarsi dei tempi di pagamento, o costringere le imprese a ridimensionamenti degli
organici, con effetti negativi sui consumi finali.
Diventa, quindi, ancor più indispensabile che le imprese affrontino la crisi non con un
atteggiamento di attesa, ma piuttosto con strategie pro-attive utili ad “aggredire il
mercato”, per trovare nuove occasioni di business, nuovi vantaggi competitivi. Nel
complesso gli imprenditori intervistati dimostrano di cogliere questa esigenza, senza
differenze rilevanti in base a dimensioni, settori o prospettive più o meno positive.
Accanto alla priorità di ridurre i costi di produzione, indicata come tale dal 25,5% del
campione, le imprese affiancano come strategie principali la necessità di aumentare la
tecnologia impiegata (20,0%) per assicurare la qualità e l'innovazione dei prodotti e
servizi e la volontà di allargare la gamma della propria offerta (19,3%), così da aprirsi
nuove opportunità di mercato.

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Tab. 1 - Le previsioni per l’economia. Per i prossimi sei mesi quale futuro prevede
per… (val. % al netto delle non risposte)
Saldo
Crescita Stabile Flessione Totale
d’opinione
… l’economia della Sua regione
2002 55,4 35,5 9,1 100,0 +46,3
2003 32,8 39,9 27,3 100,0 +5,5
2004 24,0 41,7 34,3 100,0 -10,3
2005 16,2 39,1 44,7 100,0 -28,5
2006 40,3 42,9 16,8 100,0 +23,5
2007 37,7 46,8 15,6 100,0 +22,1
2008 26,9 40,5 32,6 100,0 -5,7
2009 21,1 36,6 42,3 100,0 -21,2
… l’economia dell’Italia
2002 61,0 28,8 10,2 100,0 +50,8
2003 31,7 39,3 29,0 100,0 +2,7
2004 21,9 39,8 38,3 100,0 -16,4
2005 13,6 36,7 49,7 100,0 -36,1
2006 39,9 39,7 20,4 100,0 +19,5
2007 41,9 36,7 21,4 100,0 +20,5
2008 27,5 34,5 37,9 100,0 -10,4
2009 28,2 34,0 37,8 100,0 -9,6
… l’economia internazionale
2002 58,8 30,0 11,2 100,0 +47,6
2003 32,8 40,0 27,2 100,0 +5,6
2004 31,8 41,0 27,2 100,0 +4,6
2005 30,6 42,3 27,1 100,0 +3,5
2006 53,8 34,9 11,3 100,0 +42,5
2007 53,1 36,3 10,6 100,0 +42,5
2008 26,0 38,6 35,4 100,0 -13,0
2009 30,0 33,6 36,4 100,0 -6,4
… la Sua impresa
2004 37,1 43,9 19,0 100,0 +18,1
2005 28,1 50,5 21,4 100,0 +6,7
2006 48,7 41,1 10,2 100,0 +38,5
2007 48,3 41,5 10,2 100,0 +38,1
2008 35,1 45,5 19,4 100,0 +15,7
2009 26,1 45,5 28,4 100,0 -2,3
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1.227)

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Tab. 2 - Le previsioni per l’economia. Per i prossimi sei mesi quale futuro prevede
per… (saldi di opinione)
… l’economia … l’economia … l’economia … la sua
regionale nazionale internazionale impresa
TUTTI -21,2 -9,6 -6,4 -2,3

Area geografica
Nord Ovest -10,2 -10,5 -3,8 -2,9
Nord Est -21,8 -28,6 -24,2 -0,9
Centro -27,8 -12,0 -12,5 -7,3
Sud e Isole -29,6 +6,2 +7,3 +1,9
Classe dimensionale
10-49 addetti -21,9 -8,6 -6,2 -4,2
50 e + addetti -16,7 -14,2 -5,0 +7,3
Settore
Industria -21,8 -9,0 -4,8 -4,0
Commercio -24,9 -17,0 -10,9 -3,6
Servizi -17,5 -6,2 -7,0 +2,3
Internazionalizzate
Sì -23,7 -12,9 -9,1 -2,8
No -19,4 -7,3 -4,4 -2,0
Cluster
Self made globali -14,8 -7,5 -5,4 +6,0
In ridefinizione -31,6 -9,6 -5,7 -7,4
Micro-local -18,7 -8,2 -4,8 -4,7
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1.227)

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Tab. 3 - Secondo Lei, su quale strategia dovrà puntare, nei prossimi anni, la Sua
impresa per rimanere competitiva? (val. %)

Aumentare la tecnologia

Utilizzare il marketing e
collaborazione con altre
Allargare la gamma di
prodotti/servizi offerti

Cercare forme di
Ridurre i costi di

prodotti/servizi
Diversificare i

la pubblicità
produzione

impiegata

imprese

Totale
TUTTI 25,5 20,0 19,3 14,0 13,1 8,1 100,0

Area geografica
Nord Ovest 28,9 19,3 20,5 12,8 12,1 6,4 100,0
Nord Est 23,2 18,8 19,3 17,9 15,0 5,8 100,0
Centro 23,1 22,0 17,0 17,0 13,1 7,8 100,0
Sud e Isole 25,0 20,1 19,8 10,1 13,0 12,0 100,0
Classe dimensionale
10-49 addetti 25,6 20,1 19,6 14,1 12,7 7,9 100,0
50 e + addetti 23,9 19,9 17,9 13,9 14,9 9,5 100,0
Settore
Industria 27,1 22,6 18,0 11,7 13,2 7,4 100,0
Commercio 24,6 12,3 25,6 20,5 6,7 10,3 100,0
Servizi 22,3 18,8 18,1 15,3 17,1 8,4 100,0
Previsioni sull’impresa
Crescita 23,2 20,8 17,9 15,7 12,8 9,6 100,0
Stabilità 28,1 19,0 20,7 12,6 12,2 7,4 100,0
Flessione 23,8 20,8 18,1 14,8 14,8 7,7 100,0
Internazionalizzate
Sì 22,6 21,2 21,0 12,4 13,0 9,8 100,0
No 27,7 19,2 18,1 15,0 13,2 6,8 100,0
Cluster
Self made globali 23,0 20,3 20,3 13,2 12,5 10,7 100,0
In ridefinizione 14,6 25,2 18,7 11,7 22,8 7,0 100,0
Micro-local 19,1 21,8 17,1 17,1 15,3 9,6 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1.227)

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PERDE QUOTA LA CRESCITA ATTRAVERSO LE FUSIONI

Silvia Oliva

Gli imprenditori italiani confermano la propria propensione ad agire in autonomia,


confidando sulle proprie risorse per sviluppare e mantenere i vantaggi competitivi
necessari per rimanere sul mercato. Il 31,6% ritiene che le piccole e medie imprese
debbano continuare ad agire da sole e l'82,1% pensa che non sia opportuno o non abbia
senso per la propria attività aprire il capitale a terzi.
Sebbene prevalga quale strategia competitiva quella di formare consorzi (42,1%), si
registra un progressivo aumento della quota di chi ritiene che sia da privilegiare la scelta
di continuare ad agire autonomamente. Dal 2003 ad oggi, cresce la scelta di operare in
autonomia (dall’11,9 al 31,6%), mentre quella della crescita dimensionale, attraverso
consorzi, fusioni o acquisizioni, perde consensi (dall’86,7 al 64,7%). La fase di crisi
conferma tale andamento: la scelta di “fare da soli” in un anno passa dal 25,6 al 31,6%.
Proprio questa momento di difficoltà può offrire ad alcune imprese l’occasione di
acquisire altre imprese. Tale strategia viene colta come opportunità di aumentare la
propria competitività dal 9,6% delle imprese più grandi, dall’8,9% di quelle nordestine e
dall’8,6% delle aziende che prevedono di crescere nei prossimi sei mesi. Viceversa, le
attività che attendono una ulteriore flessione, considerano l’ipotesi di cedere l’attività ad
altri nel 6,8% dei casi, rispetto ad un dato generale pari a 3,7%.
A Nord Ovest si osserva una maggiore volontà di autonomia (35,8%), cui corrisponde
un minore interesse per i consorzi (37%), privilegiati nel Sud e nelle Isole (47,9%). La
dimensione gioca un ruolo importante nella definizione delle migliori strategie
competitive: sopra i 50 addetti, un’impresa su due sceglie l’opzione aggregativa;
mentre, solo il 22,8% ritiene migliore quella di agire da soli.
Anche a livello di propensione ad aprire il capitale a terzi gli imprenditori confermano
la forte spinta all’autonomia. Infatti, il 28,9% dichiara che l’apertura della proprietà ad
altri non sia una scelta opportuna per aumentare la competitività. A questo si aggiunge
un 53,2% che ritiene che questa opzione non abbia senso per la propria attività. Più
propense ad aprire i propri capitali sono le imprese internazionalizzate (22,6% rispetto
al 17,9% generale) e quelle con più di 50 addetti (27,8%). La motivazione più diffusa
per spiegare la contrarietà all’apertura del capitale (54,8%) è legata all’opportunità che
la proprietà resti nelle mani del fondatore e della famiglia per garantire la gestione
dell’impresa, mentre il 36,8% dichiara che non sussiste una reale necessità di allargare
la compagine sociale.
Le imprese che, viceversa, hanno già allargato o ipotizzano di allargare il proprio
capitale scelgono la strada dell’ingresso di nuovi soci nel 63,8%, il 12,4% fa riferimento
a fonti di finanziamento innovative e il 12,0% alla Borsa.

Fondazione Nord Est - 12


Tab. 4 – Con quale strategia le piccole e medie imprese devono oggi affrontare il
mercato per rimanere competitive? (val. %)

Formare consorzi
con altre imprese

con altre aziende

Cedere l’attività
Acquisire nuove
agire da sole sul
Continuare ad

Creare fusioni
mercato

aziende

ad altri

Totale
TUTTI 31,6 42,1 16,7 5,9 3,7 100,0

Serie storica
2003 11,9 61,3 18,8 6,6 1,4 100,0
2004 18,6 56,2 17,4 5,4 2,4 100,0
2005 22,6 50,3 16,6 4,7 5,8 100,0
2006 24,0 51,8 17,3 4,5 2,4 100,0
2007 25,6 45,1 19,3 7,0 3,0 100,0
Area geografica
Nord Ovest 35,8 37,0 18,4 5,0 3,8 100,0
Nord Est 29,3 41,4 17,3 8,9 2,1 100,0
Centro 30,6 43,0 16,2 4,2 6,0 100,0
Sud e Isole 28,3 47,9 14,7 6,8 2,3 100,0
Classe dimensionale
10-49 addetti 33,6 40,4 16,8 5,3 3,9 100,0
50 e + addetti 22,8 50,4 15,2 9,6 2,0 100,0
Settore
Industria 33,4 40,0 16,7 5,1 4,8 100,0
Commercio 31,4 41,4 15,2 8,4 3,6 100,0
Servizi 27,7 47,8 17,5 6,3 0,7 100,0
Previsioni sull’impresa
Crescita 29,6 44,7 14,5 8,6 2,6 100,0
Stabilità 32,0 43,6 17,0 5,7 1,7 100,0
Flessione 32,9 37,7 18,3 4,3 6,8 100,0
Internazionalizzate
Sì 31,2 39,5 18,4 7,2 3,7 100,0
No 32,0 43,8 15,5 5,3 3,4 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1.227)

Fondazione Nord Est - 13


Tab. 5 – Secondo Lei, per aumentare la propria competitività è opportuno che la
Sua impresa apra il capitale a terzi? (val. %)
Non ha senso
Sì l’ha già per la
Sì No Totale
fatto propria
attività
TUTTI 3,8 14,1 28,9 53,2 100,0

Area geografica
Nord Ovest 4,6 15,3 29,1 51,1 100,0
Nord Est 3,2 14,4 25,4 56,9 100,0
Centro 3,5 12,3 33,1 51,1 100,0
Sud e Isole 3,6 13,7 27,5 55,2 100,0
Classe dimensionale
10-49 addetti 3,2 12,7 29,9 54,3 100,0
50 e + addetti 7,3 20,5 24,9 47,3 100,0
Settore
Industria 3,3 16,0 28,2 52,5 100,0
Commercio 5,0 6,6 29,3 59,1 100,0
Servizi 4,5 14,1 30,6 50,9 100,0
Previsioni sull’impresa
Crescita 3,2 13,8 29,6 53,4 100,0
Stabilità 4,5 11,8 31,5 52,2 100,0
Flessione 2,9 17,9 24,3 54,9 100,0
Internazionalizzate
Sì 4,5 18,1 30,9 46,5 100,0
No 3,4 11,1 27,6 57,9 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1.227)

Fondazione Nord Est - 14


IL FRONTE ESTERO RESISTE AL TEST

Carlo Bergamasco

La presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali nonostante la crisi sembra
sostanzialmente resistere rispetto, pur segnando nel 2009 un moderato arretramento. Il
41,9% di esse (era il 45,8% nel 2008) afferma di intrattenere rapporti con l’estero, a
fronte del 53,3% che al contrario si dichiara attivo esclusivamente sul mercato italiano.
Il 4,1% ha invece riportato in Italia i propri affari dopo avere in passato operato oltre
confine e lo 0,7% afferma di essere in procinto di intraprendere affari con l’estero.
A ben vedere, su tratta di una contrazione che, se rapportata alla grave crisi economica e
finanziaria diffusa su scala globale, appare di dimensioni contenute. Dopo il picco nel
grado di internazionalizzazione raggiunto nel 2007 (47%), le imprese tornano a livelli
analoghi a quelli del 2006 (41,7%). Anche il numero di aziende che affermano nel 2009
di non operare più all’estero (4,1%) è sostanzialmente in linea con quanto già emerso
negli anni precedenti (3% nel 2008, 4,1 nel 2007).
Il rallentamento della spinta verso l’internazionalizzazione si configura dunque come
effetto della crisi dell’economia mondiale. Il contesto economico internazionale rilevato
da Eurostat ne dà conferma: il Pil della Germania, tradizionale mercato di riferimento
per le imprese italiane, ha subito nel primo trimestre del 2009 una discesa del 6,9%
rispetto al primo trimestre del 2008. Lo stesso arco temporale ha visto per gli Stati Uniti
un calo del 2,5%, mentre per il Giappone del 9,1%.
La macroregione italiana con il maggior numero di imprese attive all’estero risulta il
Nord Est, dove il 53,3% delle aziende è internazionalizzato. Seguono il Nord Ovest con
il 45,2%, il Centro con il 39,5% e il Sud e Isole con il 31,9%. Quest’ultimo territorio è
anche quello con il più alto numero di imprese i cui rapporti con l’estero non sono più
attivi (6,1%). L’internazionalizzazione è marcatamente più diffusa tra le aziende con più
di 50 dipendenti (58,5%), le più attrezzate per risorse economiche e umane.
Decisamente meno frequente tra quelle che non superano i 49 addetti, tra le quali solo il
38,4% è internazionalizzata.
Tra le modalità di rapporti con l’estero, la vendita di prodotti e servizi è la più diffusa,
con l’86,2% delle aziende internazionalizzate che la praticano. In questo contesto si nota
la stabilità delle esportazioni come tipologia di internazionalizzazione nel confronto con
gli anni trascorsi: 85,6% nel 2008, 87,6% nel 2007.
All’utilizzo di una rete commerciale estera ricorre invece il 35% delle aziende
internazionalizzate. Tale modalità risulta più comune tra le imprese con più di 50 addetti
(54,9%) e tra quelle dell’industria (41,1%). La tipologia che segue per diffusione è la
commissione all’estero di prodotti o servizi (32,2%), pratica in leggero calo rispetto al
2008 (37,4%), ma ancora piuttosto frequente tra le aziende internazionalizzate del Nord
Est (38,4%).
Registrano infine una sostanziale tenuta rispetto al 2008 le due modalità di internazio-
nalizzazione che richiedono gli investimenti più onerosi: la produzione all’estero
attraverso strutture preesistenti (dal 12,9% del 2008 al 10% del 2009) e l’apertura
all’estero di un nuovo stabilimento produttivo (dal 13,1% del 2008 all’11,1% del 2009).

Fondazione Nord Est - 15


La seconda tipologia più frequente è il ricorso a fornitori esteri (66,5%, 69,3% nel
2008). Essa riguarda soprattutto le imprese di maggiori dimensioni (73%) e, in maniera
piuttosto spinta, quelle attive nel commercio (84,4%).
Le imprese italiane che affermano di aver sostituito tutti i propri fornitori italiani con dei
fornitori esteri sono solo il 2,9% del campione, mentre per il 41,3% di esse si è invece
prodotta una sostituzione parziale. In quest’ultimo contesto si profila una differenza tra
le imprese fino a 49 addetti e quelle al di sopra dei 50 (38,8% le prime, 50% le
seconde). L’indagine delinea un panorama di complessiva tenuta del sistema delle
imprese fornitrici italiane: a rivolgersi ancora in forma esclusiva a fornitori italiani è il
55,8% delle imprese, in maniera non troppo dissimile da quanto emerso nel 2008
(59,5%) e nel 2007 (55,1%). Consuetudine, quest’ultima, che nella macroregione Nord
Est viene riferita dal 63,3% delle aziende.
In quasi la metà dei casi, l’internazionalizzazione risulta ancora un processo sviluppato
e perseguito in totale autonomia. Il 49% delle aziende che intrattiene rapporti con
l’estero afferma, infatti, di non essersi appoggiata a soggetti terzi per aprire rapporti con
l’estero. Abitudine che si dimostra fortemente sedimentata se si mette in relazione
questo dato con quanto emerso negli anni precedenti: 49,1% nel 2008, 45,6% nel 2007,
49,9% nel 2006. Essa sembra inoltre più diffusa nel Nord Est (56,1%) e nel Centro
(52,2%).
Tra gli enti e le istituzioni che più frequentemente hanno fornito il proprio supporto
all’internazionalizzazione delle imprese si segnalano le associazioni di categoria, per il
15,9% delle aziende rispondenti all’indagine, l’Istituto per il Commercio Estero per il
7,3%, le Camere di Commercio per il 6,3% e le banche per il 5,9%.

Tab. 6 - Con la Sua attività Lei intrattiene, o ha intrattenuto in passato, rapporti


con altri Paesi europei o extraeuropei? (val. % per ripartizione territoriale)
Nord Nord Sud
Centro Italia
Ovest Est e Isole
Sì 45,2 53,3 39,5 31,9 41,9
Al momento no ma
1,0 0,0 0,4 1,3 0,7
prossimamente avvierò
In passato sì, ma ora non più 2,6 2,9 4,9 6,1 4,1
No 51,2 43,8 55,2 60,7 53,3
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 16


Tab. 7 - Con la Sua attività Lei intrattiene, o ha intrattenuto in passato, rapporti
con altri Paesi europei o extraeuropei? (val. % per settore )
Industria Commercio Servizi Tutti
Sì 48,6 38,7 27,5 41,9
Al momento no ma
0,4 0,0 2,4 0,7
prossimamente avvierò
In passato sì, ma ora non più 5,2 3,0 1,7 4,1
No 45,8 58,3 68,4 53,3
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 8 - Con la Sua attività Lei intrattiene, o ha intrattenuto in passato, rapporti


con altri Paesi europei o extraeuropei? (val. % al netto delle non risposte)
2009
2003 2004 2005 2006 2007 2008 Fino 50 e
a 49 più Tutti
addetti addetti
Sì 43,4 47,1 35,5 41,7 47,0 45,8 38,4 58,5 41,9
Al momento no
ma
0,9 0,4 0,2 1,0 1,2 0,7 0,9 0,5 0,7
prossimamente
avvierò
In passato sì,
5,2 3,4 3,8 3,1 4,1 3,0 4,4 2,4 4,1
ma ora non più
No 50,5 49,1 60,5 54,2 47,7 50,5 56,3 38,6 53,3
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 9 - Di che tipo saranno questi rapporti? (val. % per ripartizione territoriale)
Nord Nord Sud e
Centro Italia
Ovest Est Isole
Vende prodotti o servizi 87,0 91,1 86,0 79,8 86,2
Commissiona la produzione o servizi 27,6 38,4 29,8 36,9 32,2
Produce utilizzando strutture preesistenti 12,0 9,0 8,8 8,7 10,0
Ha aperto uno stabilimento o un ufficio
9,9 12,5 15,7 6,7 11,1
operativo ex novo
Ha una rete commerciale estera 34,9 36,3 45,6 22,1 35,0
Utilizza dei fornitori esteri 69,3 62,5 54,4 78.8 66,5
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 17


Tab. 10 - Con la Sua attività Lei intrattiene, o ha intrattenuto in passato, rapporti
con altri Paesi europei o extraeuropei? (val. % al netto delle non risposte)
2009
2003 2004 2005 2006 2007 2008 Fino 50 e
a 49 più Tutti
addetti addetti
Vende prodotti
92,1 83,1 87,2 88,8 87,6 85,6 85,2 89,3 86,2
o servizi
Commissiona
la produzione o 34,2 32,9 30,3 32,4 38,3 37,4 30,8 37,2 32,2
servizi
Produce
utilizzando
13,0 10,7 12,6 16,2 16,3 12,9 7,3 19,7 10,0
strutture
preesistenti
Ha aperto uno
stabilimento o
un ufficio 9,4 10,2 10,0 8,4 10,0 13,1 6,5 27,0 11,1
operativo ex
novo
Ha una rete
commerciale - - - - - - 29,1 54,9 35,0
estera
Utilizza dei
61,8 70,8 66,6 65,0 67,6 69,3 64,4 73,0 66,5
fornitori esteri
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 11 - Di che tipo saranno questi rapporti? (val. % per settore)


Industria Commercio Servizi Tutti
Vende prodotti o servizi 89,9 63,6 90,8 86,2
Commissiona la produzione o servizi 31,9 24,7 40,2 32,2
Produce utilizzando strutture preesistenti 12,6 3,9 4,5 10,0
Ha aperto uno stabilimento o un ufficio
14,8 5,2 2,3 11,1
operativo ex novo
Ha una rete commerciale estera 41,1 19,5 23,9 35,0
Utilizza dei fornitori esteri 67,6 84,4 47,7 66,5
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 18


Tab. 12 - I fornitori esteri hanno sostituito i fornitori italiani? (val. % al netto delle
non risposte)
2009
2003 2004 2005 2006 2007 2008 Fino 50 e
a 49 più Tutti
addetti addetti
Sì, del tutto 3,9 5,7 4,8 5,6 5,6 2,4 3,2 2,3 2,9
Sì, in parte 41,1 42,2 44,8 39,6 39,1 38.1 38,8 50,0 41,3
No 55,0 52,1 50,4 54,8 55,3 59,5 58,0 47,7 55,8
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 13 - I fornitori esteri hanno sostituito i fornitori italiani? (val. %)


Sì, del tutto Sì, ma solo in parte No Totale
TUTTI 2,9 41,3 55,8 100,0

Ripartizione geografica
Nord Ovest 1,5 40,6 57,9 100,0
Nord Est 4,2 32,4 63,4 100,0
Centro 6,5 41,9 51,6 100,0
Sud e isole 2,5 49,4 48,1 100,0
Settore
Industria 2,5 41,4 56,1 100,0
Commercio 1,6 48,4 50,0 100,0
Servizi 7,1 28,6 64,3 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 14 - A chi si è appoggiato per gli investimenti all’estero? (val. %)


Nord Nord Sud e
Centro Italia
Ovest Est isole
A nessuno 48,4 56,1 52,2 39,6 49,0
Alle associazioni di categoria 18,6 15,9 12,4 15,8 15,9
All’Ice-Istituto per il Commercio Estero 4,8 1,9 9,7 12,9 7,3
Alla camera di commercio 4,8 7,5 7,1 7,9 6,3
A banche / istituti di credito 5,9 6,5 8,0 2,0 5,9
A società di consulenza 5,9 4,7 4,4 6,9 5,5
Altri enti pubblici 1,6 0,9 2,7 2,0 1,6
Società finanziarie (Simest, Finest) 0,5 0,0 0,0 0,0 0,2
Ambasciate 0,5 0,0 0,0 0,0 0,2
Altro 9,0 6,5 3,5 12,9 8,1
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 19


Tab. 15 - A chi si è appoggiato per gli investimenti all’estero? (val. % al netto delle
non risposte)
2009
2003 2004 2005 2006 2007 2008 Fino 50 e
a 49 più Tutti
addetti addetti
A nessuno 37,1 48,8 45,9 49,9 45,6 49,1 50,1 45,4 49,0
Alle associazioni
18,0 15,4 14,4 14,1 14,0 14,2 17,0 12,6 15,9
di categoria
All’Ice-Istituto
per il Commercio 6,4 6,0 7,2 5,2 6,7 4,3 6,7 9,2 7,3
Estero
Alla camera di
9,2 9,1 9,2 9,2 9,5 5,9 6,9 4,2 6,3
commercio
A banche / istituti
11,8 7,7 9,4 8,7 9,6 9,5 5,4 7,6 5,9
di credito
A società di
8,8 6,5 6,8 6,4 6,9 6,3 4,6 8,4 5,5
consulenza
Altri enti pubblici 1,5 0,9 0,5 0,5 0,8 0,7 1,8 0,9 1,6
Società
finanziarie 0,8 1,3 0,7 1,1 0,4 0,6 0,0 0,8 0,2
(Simest, Finest)
Ambasciate 0,9 0,8 0,2 0,7 0,6 0,5 0,0 1,7 0,2
Altro 5,5 3,5 5,7 4,2 5,9 8,9 7,5 9,2 8,1
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 20


L’ATTIVITA’ DELOCALIZZATA ELEVA LE PROFESSIONALITA’

Carlo Bergamasco

Per le imprese italiane l’internazionalizzazione si afferma sempre più come strategia di


crescita. Una netta maggioranza di aziende (66%) afferma, infatti, di intraprendere
rapporti con l’estero con l’obiettivo di presidiare i “mercati strategici”, i più promettenti
per lo sviluppo del business dell’azienda.
L’obiettivo del contenimento dei costi di produzione segue a distanza con il 23,6% delle
indicazioni. Per il 10,4% è stata invece una combinazione di entrambe che ha indotto ad
aprire rapporti con l’estero. Guardando alle differenze rispetto a quanto emerso nel
2008, la tendenza appare ancora più consolidata: il presidio dei mercati strategici
incrementa il numero di preferenze (+5,7%), mentre la ricerca di costi di produzione più
vantaggiosi ne raccoglie un numero inferiore (- 8,4%).
La differenza nelle scelte tra le due opzioni rispecchia verosimilmente due differenti
modi di rapportarsi al mercato. Da una parte, i rapporti con l’estero si traducono
maggiormente in una strategia assertiva e nella ricerca di nuovi spazi per l’output
aziendale. Dall’altra, essi sembrano rispondere a necessità difensive, o comunque di
contenimento dei rischi, per mezzo dell’abbassamento dei costi di manodopera, materie
prime, servizi.
La crisi finanziaria, che ha preso corpo nella seconda metà del 2008 e che ha causato a
livello globale una fase economica recessiva, non sembra dunque avere mutato
l’orientamento delle imprese rispetto all’internazionalizzazione: i rapporti con l’estero
risultano sempre più un’opportunità per la crescita futura dell’azienda, piuttosto che una
mera ricerca di ricavi maggiori sull’unità di output.
La necessità di presidiare i mercati strategici viene indicata in maniera ancora più
marcata dalle imprese del Nord Est (70,1%) e, per quanto riguarda la ripartizione in
settori dai servizi (77,7%).
Passando all’analisi delle conseguenze dell’internazionalizzazione per il sistema
economico locale delle aziende, al primo posto si trova la richiesta di figure
professionali più elevate (44,9%). Al secondo, viene la perdita di occupazione per i
lavoratori meno qualificati (26,3%), mentre la chiusura delle imprese di subfornitura
locali è la terza per indicazioni (22,9%). Meno visibile la richiesta di servizi come
marketing e pubblicità (5,9%).
Rispetto al 2008 la questione della mancanza di risorse umane adeguate diventa ancora
più prioritaria (+7%). Tale conseguenza viene lamentata in preponderanza dalle imprese
del Sud e isole (54,3%), mentre è avvertita meno da quelle del Nord Est (40,2%). Le
aziende dei servizi sono quelle per cui si sente più nettamente la necessità di figure
professionali più elevate (54,1%). Meno comune è tra le imprese industriali (40,1%).
Diminuisce a distanza di un anno chi vede nella chiusura delle subfornitrici il primo
effetto dell’internazionalizzazione (-5,6%). Essa è più frequente tra le imprese
industriali (25,8%) e tra le imprese fino a 49 dipendenti (24%), mentre è più ridotta tra
quelle che superano i 50 addetti (17,9%).
Per quanto riguarda infine gli effetti che ha prodotto la delocalizzazione produttiva
(l’apertura all’estero di un nuovo stabilimento, oppure l’utilizzo di una struttura
preesistente) sugli stabilimenti che l’impresa detiene in Italia, emerge come la chiusura

Fondazione Nord Est - 21


totale di questi ultimi abbia riguardato il 3,2% delle aziende. Tra le imprese con più di
50 addetti il numero di quelle che hanno chiuso i loro stabilimenti in Italia sale al 4,8%.
Si tratta di livelli contenuti, che indicano un numero molto esiguo di aziende. Tuttavia,
nel caso delle imprese di dimensioni più elevate, essi possono avere causato problemi
occupazionali a livello locale, ulteriormente acuiti dall’attuale fase di congiuntura
recessiva, con la conseguente necessità di mettere mano agli strumenti pubblici di
intervento come la cassa integrazione.
Chi dichiara come effetto dell’apertura di stabilimenti produttivi all’estero un forte
ridimensionamento dell’organico è il 2,6%. Le considerazioni possono essere analoghe
a ciò che è stato visto per la chiusura degli stabilimenti, in quanto anche queste ultime
sembrano più presenti nella classe con più di 50 addetti (4,8%). Da notare comunque
che rispetto a quanto rilevato nel 2008, quest’ultimo fenomeno mostra una incidenza
inferiore (-6,1%). La chiusura totale degli stabilimenti risulta aver riguardato in misura
maggiore le imprese del Centro (9,1%) e quelle appartenenti al commercio (14,3%).

Tab. 16 - I Suoi rapporti con l’estero rispondono soprattutto a… (val. %)


… esigenze di … presidio
contenimento dei di mercati Entrambe Totale
costi di produzione strategici
TUTTI 23,5 66,2 10,3 100,0

Classe dimensionale
10 - 49 addetti 25,1 65,5 9,4 100,0
50 e più addetti 19,1 67,8 13,0 100,0
Ripartizione geografica
Nord Ovest 26,5 63,3 10,2 100,0
Nord Est 19,6 70,1 10,3 100,0
Centro 25,9 65,7 8,4 100,0
Sud e isole 19,5 67,8 12,7 100,0
Settore
Industria 22,1 67,0 10,9 100,0
Commercio 39,1 51,6 9,4 100,0
Servizi 14,3 77,7 7,9 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 17 - I Suoi rapporti con l’estero rispondono soprattutto a… (val. % al netto


delle non risposte)
2009
2005 2006 2007 2008 Fino 50 e
a 49 più Tutti
addetti addetti
… esigenze di contenimento dei
23,4 25.0 29,2 32,0 25,1 19,1 23,6
costi di produzione
… presidio di mercati strategici 68,5 61,7 56,9 58,3 65,5 67,8 66,0
Entrambe 8,1 13,3 13,9 9,7 9,4 13,1 10,4
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 22


Tab. 18 - Qual è, secondo Lei, la principale conseguenza dei processi di
internazionalizzazione per il sistema economico locale? (val. %)
Nord Nord Sud e
Centro Italia
Ovest Est Isole
La perdita di occupazione per i lavoratori
28,2 26,1 22,9 27,0 26,3
meno qualificati
La chiusura delle imprese di subfornitura
24,3 26,6 27,6 14,3 22,9
locali
Una maggiore richiesta di servizi come
4,9 7,1 8,4 4,4 5,9
marketing, pubblicità, etc
La richiesta di figure professionali più
42,6 40,2 41,1 54,3 44,9
elevate
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 19 - Qual è, secondo Lei, la principale conseguenza dei processi di


internazionalizzazione per il sistema economico locale? (val. % al netto delle non
risposte)
2009
2006 2007 2008 Fino 50 e
a 49 più Tutti
addetti addetti
La perdita di occupazione per i
38,6 35,7 26,4 25,9 28,1 26,3
lavoratori meno qualificati
La chiusura delle imprese di subfornitura
22,8 20,1 28,5 24,0 17,9 22,9
locali
Una maggiore richiesta di servizi come
12,9 12,5 7,2 6,0 5,6 5,9
marketing, pubblicità, etc
La richiesta di figure professionali più
25,7 31,7 37,9 44,1 48,4 44,9
elevate
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 20 - Qual è, secondo Lei, la principale conseguenza dei processi di


internazionalizzazione per il sistema economico locale? (val. %)
Industria Commercio Servizi Tutti
La perdita di occupazione per i lavoratori
28,4 27,7 20,1 26,3
meno qualificati
La chiusura delle imprese di subfornitura
25,8 19,0 18,4 22,9
locali
Una maggiore richiesta di servizi come
5,7 4,9 7,4 5,9
marketing, pubblicità, etc
La richiesta di figure professionali più
40,1 48,4 54,1 44,9
elevate
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 23


Tab. 21 - L’apertura di un nuovo stabilimento o l’utilizzo di strutture preesistenti
ha comportato nei Suoi stabilimenti in Italia… (val. % al netto delle non risposte)
2009
2003 2004 2005 2006 2007 2008 Fino 50 e
a 49 più Tutti
addetti addetti
… una chiusura
9,1 6,2 11,8 9,2 3,6 1,4 2,2 4,8 3,2
totale
… un forte
ridimensionamento - - - - - 8,7 0,0 4,8 2,6
dell’organico
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit Corporate Banking per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 24


L’EURO GARANTISCE STABILITA’

Gianluca Toschi

L’apprezzamento verso l’Euro da parte degli imprenditori italiani continua a crescere e


ritorna sui valori registrati nel periodo prossimo alla sua introduzione. Alla moneta
unica europea si attribuisce il merito di aver contribuito alla stabilità monetaria e di aver
reso più agevoli gli scambi internazionali.
Quasi un imprenditore su quattro (23,4%) dichiara che l’Euro ha prodotto e produrrà
solo vantaggi, una percentuale che sale tra le imprese del Nord Est (30,0%), tra quelle di
dimensioni maggiori (29,7%) e tra le imprese internazionalizzate (26,9%). Il dato
appare particolarmente interessante considerando che solamente quattro anni fa la
percentuale di “Euro-soddisfatti” superava di poco il 10% e che, nello stesso anno
(2005), si registrò la percentuale più alta (22,5%) di imprenditori che indicavano l’Euro
come una fonte di complicazioni (oggi si attestano al 12,7%). Gli imprenditori convinti
che l’Euro abbia creato qualche complicazione, ma ciò nonostante sia necessario
all’Europa, continuano a costituire il gruppo più rilevante (63,9%), pur in netto calo
rispetto all’ultima rilevazione (71,4% nel 2006). In merito agli imprenditori soddisfatti
dell’Euro, va inoltre rilevato come, rispetto al dato medio nazionale (23,4%), si
riscontrano percentuali più basse al Sud e nelle Isole (19,4%) e tra le imprese che
abbiamo definito Micro-local (19,3%): quelle che si rivolgono prevalentemente a un
mercato domestico e locale, orientate a una mobilitazione individualistica e
assolutamente indisponibili ad aprire la proprietà a capitali esterni.
Secondo gli imprenditori intervistati, infine, l’introduzione dell’Euro ha condotto a una
maggiore stabilità monetaria (39,3%), ha agevolato gli scambi internazionali (22,4%),
ha favorito una bassa inflazione e tassi di interessi ridotti (14,1%) e rappresenta un
simbolo concreto dell’identità nazionale (13,8%). Agli ultimi posti tra gli effetti prodotti
dall’Euro si collocano l’integrazione dei mercati finanziari (8,1%) e il miglioramento
delle finanze pubbliche (2,3%).

Fondazione Nord Est - 25


Tab. 22 - Dal primo gennaio 2002 è stato introdotto l’Euro. Secondo Lei la moneta
unica… (val. %)
…ha …ha creato …comporta Totale
prodotto e qualche solo
produrrà complicazione ma complicazioni
solo è necessaria
vantaggi all'Europa
TUTTI 23,4 63,9 12,7 100,0

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 21,7 63,4 14,9 100,0
Nord Est 30,0 60,0 10,0 100,0
Centro 25,5 64,9 9,6 100,0
Sud e Isole 19,4 66,1 14,5 100,0
Classe dimensionale
10 – 49 addetti 22,2 64,3 13,5 100,0
50 e più addetti 29,7 61,4 8,9 100,0
Internazionalizzazione
Sì 26,9 59,6 13,5 100,0
No 20,9 67,0 12,1 100,0
Profilo di impresa
Micro local 19,3 68,6 12,1 100,0
In ridefinizione 29,2 59,9 10,9 100,0
Self made globali 25,8 59,0 15,2 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 22.1 - Serie storica


2002 2003 2004 2005 2006 2009
… ha prodotto solo vantaggi 51,3 24,4 18,0 10,1 13,0 23,4
… sta creando qualche complicazione,
45,3 61,7 67,1 67,3 71,4 63,9
ma è necessaria all'Europa
… comporta solo complicazioni 3,4 13,9 14,9 22,6 15,6 12,7
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fondazione Nord Est - 26


Tab. 23 - Secondo Lei, qual è il principale effetto portato dall’Euro? (val. %)

Una bassa inflazione

dell'identità europea
Un simbolo concreto
Finanze pubbliche
mercati finanziari
e tassi di interesse

commerciali più
integrazione dei

internazionali
Una maggior
La stabilita
monetaria

più sane
Scambi

agevoli

Totale
ridotti
TUTTI 39,3 14,1 8,1 2,3 22,4 13,8 100,0

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 36,9 14,8 7,3 3,0 22,4 15,6 100,0
Nord Est 45,9 13,3 9,2 1,0 19,9 10,7 100,0
Centro 38,8 14,0 10,4 1,9 24,5 10,4 100,0
Sud e Isole 38,4 13,7 6,2 2,6 22,3 16,8 100,0
Settore
Industria 39,3 13,9 6,9 2,3 23,5 14,1 100,0
Commercio 44,4 13,2 9,0 2,2 18,0 13,2 100,0
Servizi 35,7 15,2 10,5 2,2 22,7 13,7 100,0
Classe dimensionale
10 – 49 addetti 39,2 13,8 7,5 2,6 22,0 14,9 100,0
50 e più addetti 40,1 15,3 10,9 1,5 23,3 8,9 100,0
Internazionalizzazione
Sì 41,4 12,1 6,6 2,8 26,4 10,7 100,0
No 37,6 15,6 9,2 1,9 19,6 16,1 100,0
Profilo di impresa
Micro local 36,8 16,0 9,1 1,1 19,2 17,8 100,0
In ridefinizione 45,6 12,3 8,7 3,7 21,0 8,7 100,0
Self made globali 39,5 11,1 6,9 3,3 26,5 12,7 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 27


PRIMA LA CASSA, POI GLI INVESTIMENTI

Gianluca Toschi

Problemi sul fronte della liquidità e, in misura minore, l’esigenza di finanziare nuovi
investimenti hanno spinto, negli ultimi tre mesi, le imprese a chiedere al sistema
bancario nuovi finanziamenti. Nella maggior parte dei casi (sei su dieci) le banche
hanno accolto le richieste applicando le condizioni abituali ma, in un caso su cinque, il
credito non è stato concesso e in altrettanti casi le imprese sono riuscite ad ottenere
finanziamenti a condizioni più gravosi di quelle abituali. I dati che emergono da
“L’Italia delle imprese” parrebbero quindi confermare che gli istituti di credito, in una
situazione di crisi che ha aumentato il rischio delle operazioni legate ai finanziamenti
alle imprese, abbiano adottato soglie più elevate per l’erogazione dei prestiti.
Negli ultimi tre mesi il 35,4% delle imprese ha presentato al sistema bancario una nuova
richiesta di credito o un ampliamento di quelli già concessi. Rispetto alla media le
imprese “in ridefinizione”, quelle accomunate dall’ampia disponibilità a ricercare forme
di alleanze e aggregazioni e pronte ad aprirsi a nuovi capitali per aumentare la propria
competitività, evidenziano una maggior propensione alla richiesta di credito: il 47,5% di
tali imprese si è rivolta, infatti, al sistema creditizio per ottenere nuovi finanziamenti,
motivati sia da esigenze di cassa che dalla necessità di finanziare nuovi investimenti. Un
quadro coerente per un gruppo di imprese che si dichiarano desiderose di crescere e
incrementare le proprie performance e capacità, come coerente appare il fatto che siano
le imprese che hanno prospettive positive per il futuro prossimo a chiedere con maggior
intensità credito al sistema bancario (41,2%). Considerando la distribuzione geografica,
si rileva come siano le imprese del Sud e delle Isole a richiedere con maggior frequenza
nuovi finanziamenti (38,7%). Differenze rilevanti si riscontrano nell’analisi del macro-
settore di appartenenza delle imprese oggetto d’indagine: negli ultimi tre mesi, quelle
attive nel commercio si sono rivolte al settore bancario per richiedere nuovo credito in
misura minore rispetto a quelle dell’industria, rispettivamente 30,7% e 38,1%.
Le richieste di credito provenienti dalle imprese sono motivate soprattutto da esigenze
di cassa (69,8% dei casi), che si fanno più pressanti (77,1%) tra quelle che hanno le
aspettative peggiori per il futuro e che presumibilmente si trovano in una situazione di
difficoltà. Per quasi la metà delle imprese (48,6%) l’ampliamento dei finanziamenti
richiesto alle banche trova motivazione nella necessità di effettuare nuovi investimenti:
una percentuale che aumenta tra le imprese più grandi (56,7%), tra quelle che
intravedono prospettive di crescita in un futuro prossimo (54,7%) e tra quelle del Centro
(52,9%) e del Nord Est (52,1%). Considerando i comportamenti strategici delle imprese,
la necessità di finanziare nuovi investimenti è citata come motivazione della richiesta di
ampliamento del credito soprattutto dalle imprese “in ridefinizione” (52,1%).
A fronte della richiesta di nuovo credito, quasi sei imprese su dieci riescono ad ottenerlo
alle condizioni abituali; una percentuale che cresce tra le imprese del commercio
(64,9%) e tra quelle del Nord Est (64,8). Tra le imprese del Centro, invece, si evidenzia
il più elevato tasso di rifiuto da parte delle banche: 23,7% contro il 20,1% generale.
Ancora più elevata la percentuale tra le imprese “in ridefinizione” (28,7%), alle quali le
banche attribuiscono probabilmente tassi di rischio elevati che inducono a rifiutare
nuovi finanziamenti. Le imprese più grandi sono quelle che, invece, riescono ad

Fondazione Nord Est - 28


ottenere i finanziamenti richiesti, ma a condizioni più gravose rispetto a quelle abituali
(28,6% contro il 19,5% generale).

Tab. 24 - Negli ultimi 3 mesi la Sua azienda ha presentato alle banche una nuova
richiesta di credito o di ampliamento di uno già esistente? (val. %)
Sì No Totale
TUTTI 35,4 64,6 100,0

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 32,7 67,3 100,0
Nord Est 35,3 64,7 100,0
Centro 35,5 64,5 100,0
Sud e Isole 38,7 61,3 100,0
Settore
Industria 38,1 61,9 100,0
Commercio 30,7 69,3 100,0
Servizi 31,8 68,2 100,0
Classe dimensionale
10 – 49 addetti 35,8 64,2 100,0
50 e più addetti 32,7 67,3 100,0
Previsioni sull’impresa
Flessione 34,4 65,6 100,0
Stabile 32,7 67,3 100,0
Crescita 41,2 58,8 100,0
Profilo di impresa
Micro local 32,1 67,9 100,0
In ridefinizione 47,5 52,5 100,0
Self made globali 34,1 65,9 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 29


Tab. 25 - Se sì, il credito richiesto… (val.)

…è stato concesso ma a
condizioni più gravose
…non è stato concesso

…è stato concesso alle

per condizioni troppo


rinunciato al prestito
condizioni usuali

…l’azienda ha
delle usuali

gravose

Totale
TUTTI 20,1 58,2 19,5 2,2 100,0

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 16,4 60,9 21,9 0,8 100,0
Nord Est 14,1 64,8 16,9 4,2 100,0
Centro 23,7 53,6 19,6 3,1 100,0
Sud e Isole 24,6 55,3 18,4 1,7 100,0
Settore
Industria 22,3 55,8 18,9 3,0 100,0
Commercio 10,5 64,9 22,8 1,8 100,0
Servizi 20,2 60,7 19,1 0,0 100,0
Classe dimensionale
10 – 49 addetti 21,6 57,9 17,9 2,6 100,0
50 e più addetti 12,7 58,7 28,6 0,0 100,0
Profilo di impresa
Micro local 17,7 64,5 17,2 0,6 100,0
In ridefinizione 28,7 47,1 21,8 2,4 100,0
Self made globali 16,8 58,4 22,1 2,7 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 30


Tab. 26 - Quali sono stati i motivi di tale richiesta di nuovo credito da parte della
Sua azienda? (val. %)
Esigenze di Nuovi
cassa investimenti
TUTTI 69,8 48,6

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 69,6 44,9
Nord Est 67,1 52,1
Centro 70,9 52,9
Sud e Isole 70,6 47,1
Classe dimensionale
10 – 49 addetti 70,3 46,8
50 e più addetti 68,2 56,7
Previsioni sull’impresa
Flessione 77,1 40,7
Stabile 67,0 49,7
Crescita 67,2 54,7
Profilo di impresa
Micro local 68,3 43,9
In ridefinizione 70,8 52,1
Self made globali 69,5 51,3
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 31


PIU’ DIFFICILE IL CREDITO A BREVE

Gianluca Toschi

Credito più difficile da ottenere, ma meno costoso che in passato: è questa l’immagine
che l’Italia delle Imprese permette di ricostruire rispetto al rapporto tra aziende e
banche. Quasi un’impresa su tre segnala, infatti, che negli ultimi tre mesi la concessione
di credito (soprattutto di finanziamenti a breve termine) si è fatta più restrittiva che in
passato. Una restrizione che ha interessato anche il credito già concesso, visto che
un’impresa su dieci ha ricevuto la richiesta, da parte delle proprie banche, di rientro
degli affidamenti. A fronte della maggior difficoltà ad ottenerlo, il credito risulta meno
costoso che in passato: diminuiscono i tassi di interesse per due imprese su cinque, e per
altrettante rimangono stabili.
Per il 29% delle imprese, negli ultimi tre mesi la concessione del credito da parte delle
banche si è fatta più restrittiva che in passato. A soffrire maggiormente sono le imprese
“in ridefinizione”, accomunate dall’ampia disponibilità a ricercare forme di alleanze e
aggregazioni e pronte ad aprirsi a nuovi capitali per aumentare la propria competitività
(35,3%), e quelle del Centro (32,6%). Rispetto al dato medio, invece, la situazione
appare meno difficile per le imprese del commercio (24,0%) e per quelle del Nord
Ovest (24,4%).
Oltre la metà delle imprese (57,6%) dichiara che la restrizione del credito sta colpendo
principalmente i finanziamenti a breve termine (quelli inferiori ai 12 mesi), un
fenomeno che interessa soprattutto le imprese “in ridefinizione” (68,8%), quelle del
Nord Ovest (65,5%) e del Commercio (63,4%). Il 42,4% segnala invece un
rallentamento nella concessione di crediti a medio-lungo termine, con una percentuale
che aumenta tra le imprese del Centro (52,8%) e del Nord Est (49,0%).
Ad oltre il 10% delle imprese le banche hanno chiesto, negli ultimi tre mesi, di rientrare
gli affidamenti concessi in passato, totalmente (2,7%) o parzialmente (7,4%). Ancora
una volta sono le aziende “in ridefinizione” quelle più colpite dal fenomeno (14,3%),
con una percentuale di imprese cui è stato richiesto un rientro totale degli affidamenti
molto elevata (4,1%) rispetto alla media (2,7%). Le richieste di rientro delle banche
hanno interessato con minor intensità le imprese del commercio (6,6%) e quelle di
dimensioni maggiori (7,2%).
Per oltre quattro imprese su cinque (82,5%) i tassi di interesse applicati dalle banche
sono, negli ultimi tre mesi, diminuiti (42,6%) o rimasti stabili (39,9). Una diminuzione
che viene segnalata soprattutto dalle imprese del Nord Est (51,8%), da quelle che negli
anni hanno sviluppato processi spinti di internazionalizzazione e ritengono utile
realizzare forme di alleanze e aggregazioni per aumentare la propria competitività, ma
che non sono disponibili ad aprire la proprietà ad altri soci o a fondi, (le “Self made
globali” 48,8%) e dalle imprese del Commercio (48,4%). Le segnalazioni di aumento
dei tassi di interesse provengono con maggior intensità dalle imprese “in ridefinizione”
(23,2%) e da quelle del Sud e delle Isole (23,1%). Sono invece le imprese del Centro
(46,5%) e le “Micro local” (43,3%), aziende di piccola dimensione che si rivolgono ad
un mercato locale e che si dimostrano indisponibili ad aprire la proprietà a capitali
esterni, a dichiarare la stabilità dei tassi di interesse.

Fondazione Nord Est - 32


Tab. 27 - In generale, negli ultimi 3 mesi, la concessione del credito da parte delle
banche alla Sua azienda è stata più restrittiva? (val. %)
Sì No Totale
TUTTI 29,0 71,0 100,0

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 24,4 75,6 100,0
Nord Est 29,2 70,8 100,0
Centro 32,6 67,4 100,0
Sud e Isole 31,6 68,4 100,0
Settore
Industria 31,5 68,5 100,0
Commercio 24,0 76,0 100,0
Servizi 25,9 74,1 100,0
Profilo di impresa
Micro local 26,7 73,3 100,0
In ridefinizione 35,3 64,7 100,0
Self made globali 28,1 71,9 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 28 - Se sì, la restrizione del credito è stata maggiore… (val. %)


…per i finanziamenti a …per finanziamenti Totale
breve termine a medio-lungo
(<12 mesi) termine
TUTTI 57,6 42,4 100,0

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 65,5 34,5 100,0
Nord Est 51,0 49,0 100,0
Centro 47,2 52,8 100,0
Sud e Isole 61,9 38,1 100,0
Settore
Industria 55,9 44,1 100,0
Commercio 63,4 36,6 100,0
Servizi 58,1 41,9 100,0
Classe dimensionale
10 – 49 addetti 57,1 42,9 100,0
50 e più addetti 61,4 38,6 100,0
Profilo di impresa
Micro local 55,9 44,1 100,0
In ridefinizione 68,8 31,2 100,0
Self made globali 54,3 45,7 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 33


Tab. 29 - Negli ultimi 3 mesi, in media, i tassi di interesse applicati dalle banche
alla Sua azienda sono andati … (val. %)
…aumentando …rimanendo …diminuendo Totale
stabili
TUTTI 17,5 39,9 42,6 100,0

Ripartizione territoriale
Nord Ovest 15,9 39,4 44,7 100,0
Nord Est 14,2 34,0 51,8 100,0
Centro 16,5 46,5 37,0 100,0
Sud e Isole 23,1 38,1 38,8 100,0
Settore
Industria 19,0 38,9 42,1 100,0
Commercio 14,1 37,5 48,4 100,0
Servizi 16,0 44,4 39,6 100,0
Profilo di impresa
Micro local 16,5 43,3 40,2 100,0
In ridefinizione 23,2 36,8 40,0 100,0
Self made globali 15,2 36,0 48,8 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 30 - Negli ultimi 3 mesi le banche hanno chiesto alla Sua azienda un rientro
degli affidamenti? (val. %)
Sì, totale Sì, ma solo in No Totale
modo parziale
TUTTI 2,7 7,4 89,9 100,0

Settore
Industria 2,8 8,4 88,8 100,0
Commercio 2,0 4,6 93,4 100,0
Servizi 2,9 7,2 89,9 100,0
Classe dimensionale
10 – 49 addetti 2,9 7,9 89,2 100,0
50 e più addetti 1,5 5,7 92,8 100,0
Profilo di impresa
Micro local 2,4 6,9 90,7 100,0
In ridefinizione 4,1 10,2 85,7 100,0
Self made globali 2,4 6,7 90,9 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 34


IL NORD DIVISO IN DUE DAL PESO POLITICO

Davide Girardi

Insiemi poco sovrapposti, tendenzialmente separati: così appaiono le dimensioni


politica ed economica nell’analisi dei risultati emersi dall’ottava indagine “Italia delle
Imprese”, condotta dalla Fondazione Nord Est per Il Sole 24 Ore – Unicredit Corporate
Banking. Le traiettorie delle differenti macro-aree del Paese, nondimeno, si confermano
lontane. Gli imprenditori del Nord Ovest e del Nord Est consolidano la percezione di
rilevanza economica ma, sia pure in crescita rispetto al 2007, quella di rilevanza politica
si discosta ampiamente rispetto alla prima: se l’89,4% degli imprenditori del Nord
Ovest (l’88,5% nel 2007), infatti, ritiene che la propria regione sia “abbastanza” o
“molto” rappresentata sotto il profilo economico, il valore scende al 70% considerando
il profilo politico. Tra i piccoli e medi imprenditori del Nord Est, lo scarto è molto più
consistente: dall’86,7% di rispondenti consapevoli della propria centralità economica
(83,6% nel 2007), si scende al 43,6% sul versante della rappresentanza politica; in
significativa crescita, tuttavia, rispetto al 32,6% del 2007. Per un Nord che “tiene”, vi
sono un Centro e un Sud e Isole che peggiorano la percezione di rilevanza economica:
con scarti percentuali marcati sia per il Centro (dall’82,1% del 2007 all’attuale 76,1%)
che per il Sud e Isole (dal 30,2% al 23,5%). Quest’ultime, inoltre, politicamente
riconfermano la percezione di marginalità (passando dal 28,7% del 2007 al 31,9% del
2009). Un notevole decremento nell’autopercezione di rilevanza politica investe, poi, il
Centro del Paese, pari ad oltre dodici punti percentuali (dal 62,5% del 2007 al 50,4%).
All’interno di simile quadro, qual è l’attenzione che gli imprenditori ritengono riservata
dal Governo a ciascuna macroarea? Secondo gli interpellati, al Nord Ovest il Governo
riserva “abbastanza” o “molta” attenzione per oltre otto intervistati su dieci (83%) tra
quelli residenti nel Sud/Isole, per oltre sette su dieci tra quelli del Nord Est (76,4%) e
del Centro (71,6%) e per sei intervistati su dieci tra quelli dello stesso Nord Ovest
(59,5%). Anche il Nord Est raccoglie valutazioni maggiormente positive tra i
rispondenti delle altre macroaree: ad esso il governo dedica “abbastanza” o “molta”
attenzione per l’84,7% degli imprenditori del Sud/Isole, per il 78,5% di quelli del
Centro e per il 68,5% di quelli del Nord Ovest. Gli imprenditori del Nord Est forniscono
una valutazione meno generosa, con il 49,8% di risposte. Se il Centro raccoglie
valutazioni migliori, di nuovo, tra gli imprenditori delle altre macroaree (81,4% a Nord
Ovest e 76,1% a Nord Est, fino al 65% nel Sud/Isole e al 52% del Centro), il Sud/Isole
polarizza un “gioco di specchi”: tra gli imprenditori del Nord Ovest e del Nord Est
cumula una percezione di centralità per quasi sette intervistati su dieci, ma viene al
contrario interpretato marginalmente da quelli del Centro (44,7%) e del Sud/Isole
medesimo (20,2%). L’indicatore di centralità politico-economica, elaborato per
sintetizzare i risultati, conferma le valutazioni fino a ora svolte. Tra i “centrali”
(rilevanti sia economicamente che politicamente), il Nord Ovest testimonia la maggiore
“simmetria”, con il 67,7% di risposte (57,4% nel 2007). Pur crescendo la sensazione di
centralità politico-economica del Nord Est, che passa dal 30,7% del 2007 al 41,2% del
2009, permane tuttavia consistente quella d’uno squilibrio sul versante economico: tra
quanti si ritengono economicamente centrali, lo stesso Nord Est cumula il valore più
alto, con il 45,1% di risposte. Rispetto a due anni fa, il Centro perde oltre otto punti (dal

Fondazione Nord Est - 35


54,4% al 46,2%) tra i “centrali”, mentre il Sud/Isole evidenzia il peso maggiore in
corrispondenza della modalità (“marginali”), che contempera marginalità economica e
marginalità politica: 59,8%. In conclusione, i dati individuano uno spazio ancora
consistente per colmare non tanto “un” deficit, quanto piuttosto “i” deficit di
rappresentanza.

Tab. 31 - Secondo Lei, quanto conta oggi su scala nazionale la Sua regione sotto il
profilo economico? (val. %)
Molto + abbastanza 69,1
Poco + per nulla 30,9
Totale 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 32 - Secondo Lei, quanto conta oggi su scala nazionale la Sua regione dal
punto di vista politico? (val. %)
Molto + abbastanza 51,1
Poco + per nulla 48,9
Totale 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 33 - In che misura, secondo Lei, gli interessi delle seguenti aree geografiche
del nostro Paese sono presi in considerazione dal Governo nazionale? (val. %)
Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole Italia
Molto + abbastanza 71,1 71,8 69,0 48,8 71,7
Poco + per nulla 28,9 28,2 31,0 51,2 28,3
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 36


Tab. 34 - Secondo Lei, quanto conta oggi su scala nazionale la Sua regione sotto il profilo economico? Per ripartizione territoriale,
settore di appartenenza, classe dimensionale, indice “futuro” e internazionalizzazione (val. %)
Classe
Ripartizione territoriale Settore di appartenenza Futuro (indice) Internazionalizzazione
dimensionale
Nord Nord Sud e
Centro Industria Commercio Servizi 10-49 >50 Flessione Stabile Crescita Sì No
Ovest Est Isole
Molto +
89,4 86,7 76,1 23,5 71,0 69,5 63,7 68,4 72,7 72,6 67,6 67,8 71,8 67,0
abbastanza
Poco + per
10,6 13,3 23,9 76,5 29,0 30,5 36,3 31,6 27,3 27,4 32,4 32,2 28,2 33,0
nulla
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi 1227)

Tab. 35 - Secondo Lei, quanto conta oggi su scala nazionale la Sua regione dal punto di vista politico? Per ripartizione territoriale,
settore di appartenenza, classe dimensionale, indice “futuro” e internazionalizzazione (val. %)
Classe
Ripartizione territoriale Settore di appartenenza Futuro (indice) Internazionalizzazione
dimensionale
Nord Nord Sud e
Centro Industria Commercio Servizi 10-49 >50 Flessione Stabile Crescita Sì No
Ovest Est Isole
Molto +
70,0 43,6 50,4 31,9 51,0 54,4 49,1 51,2 51,2 53,8 51,7 47,9 51,3 50,9
abbastanza
Poco + per
30,0 56,4 49,6 68,1 49,0 45,6 50.9 48,8 48,8 46,2 48,3 52,1 48,7 49,1
nulla
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi 1227)
Tab. 36 - In che misura, secondo Lei, gli interessi delle seguenti aree geografiche del nostro Paese sono presi in considerazione dal
Governo nazionale? Per ripartizione territoriale, settore di appartenenza, classe dimensionale, indice “futuro” e
internazionalizzazione (sole risposte “molto” + “abbastanza”) (val. %)
Classe
Ripartizione territoriale Settore di appartenenza Futuro (indice) Internazionalizzazione
dimensionale
Nord Nord Sud e
Centro Industria Commercio Servizi 10-49 >50 Flessione Stabile Crescita Sì No
Ovest Est Isole
Nord
59,5 76,4 71,6 83,0 69,3 73,5 73,9 69,9 76,3 68,5 73,6 70,1 65,6 74,9
Ovest
Nord
68,5 49,8 78,5 84,7 69,6 70,5 78,0 71,3 73,5 66,4 73,6 74,9 67,6 74,7
Est
Centro 81,4 76,1 52,0 65,0 67,7 72,2 70,3 68,2 73,5 66,9 69,9 69,6 71,7 67,1
Sud e
66,7 65,7 44,7 20,2 51,1 50,8 41,7 48,2 52,1 50,0 49,3 45,9 54,3 44,8
Isole
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi 1227)

Tab. 37 - Indicatore di centralità politico-economica per ripartizione territoriale, settore di appartenenza, classe dimensionale e
internazionalizzazione (val. %)
Ripartizione territoriale Settore di appartenenza Classe dimensionale
Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Industria Commercio Servizi 10-49 >50
Marginali 9,0 11,3 20,4 59,8 23,0 24,4 30,4 25,2 23,2
Centralità solo economica 21,1 45,1 29,5 8,3 25,9 21,8 20,3 23,7 25,3
Centralità solo politica 2,3 2,5 4,0 16,9 6,2 6,7 7,0 6,9 4,5
Centrali 67,6 41,1 46,1 15,0 44,9 47,1 42,3 44,2 47,0
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi 1227)

Fondazione Nord Est - 38


PIU’ CONSENSI AL QUIRINALE E ALLA BCE

Fabio Marzella

La ripresa della fiducia, come possibile prodromo per una ripresa economica, pare
permeare l’ambito istituzionale oltre a quello previsionale. Le imprese italiane
dichiarano un aumento diffuso della fiducia rispetto a tutti i soggetti istituzionali
sondati. In particolare guadagnano in termini di fiducia il Presidente della Repubblica,
le istituzioni europee, la Banca d’Italia figure di riferimento per la stabilità istituzionale
ed economica in ambito italiano ed europeo.
Prendendo come indicatore la somma di risposte “molta o moltissima fiducia”, la media
delle 10 istituzioni rilevate sia nel 2008 che nel 2009 (quindi escluso il governo
insediatosi nella primavera del 2008) aumenta di 5 punti percentuali. Sono il Presidente
della Repubblica Napolitano (61,9%, +10,3 punti percentuali) e le due istituzioni
bancarie principali: la Banca d’Italia (43,7%, +10 punti percentuali) e la Banca Centrale
Europea (48,0, +12,9 punti percentuali) ad avere l’aumento prevalente di fiducia. Il
Presidente recupera il calo di fiducia verificatosi nei due anni precedenti e ritorna al
secondo posto della classifica, la BCE risale rispetto al minimo raggiunto nel 2008 e la
Banca d’Italia raggiunge il livello di fiducia massimo finora registrato. Ulteriori
aumenti significativi vi sono per le Associazioni degli imprenditori e per la Regione .
Un aumento di fiducia generale che fa ben sperare per la solidità del sistema Italia e per
la credibilità dell’istituzione europea al di là degli andamenti ciclici di innamoramento o
disamoramento verso l’Europa. I risultati possono essere letti come in apparente
contraddizione con quanto espresso dagli elettori nell’ultima tornata di voti per il
parlamento europeo, segnata dal record negativo di astenuti, ma occorre distinguere tra
le esigenze della popolazione europea con quelle delle imprese, le quali, soprattutto in
momenti di crisi come questo, godono della presenza di una istituzione sovranazionale
che garantisca stabilità monetaria.
Si confermano al primo posto, della particolare classifica di fiducia, i piccoli e medi
imprenditori con un livello di fiducia pari all’82%. Il cuore del sistema imprenditoriale
italiano rimane un punto saldo tra i dati dell’indagine. Fiducia elevata anche per il IV
Governo Berlusconi che si attesta attorno ai livelli registrati nelle indagini del 2002 e
del 2003, anni in cui era iniziato il III governo Berlusconi, e supera la “zona grigia” del
2004 e 2005, oltre che la quota inferiore attribuita al Governo Prodi nel 2007. Una
considerazione particolare va riservata per le Associazioni di rappresentanza degli
imprenditori, che si attesta sempre su livelli di fiducia maggioritari (50,3%), istituzione
particolarmente gradita dalle aziende con più di 50 addetti. Gli organi di rappresentanza
paiono avere un maggiore appeal tra le aziende medio-grandi, superare questo gap può
essere una delle politiche adeguate per accrescere il gradimento delle Associazioni di
categoria anche tra le imprese medio-piccole d’Italia. Discorso analogo va fatto per i
titolari delle grandi imprese che riscontrano un indicatore di fiducia maggiore tra le
imprese con 50 addetti o più (50,5% rispetto al 44% sul totale degli intervistati). Le
banche (18,7%) e la borsa (12,0%) sono le istituzioni che più hanno sofferto in termini
di credibilità per la crisi economica internazionale, e pur rimanendo i due organismi che
maggiormente soffrono il più basso livello di fiducia tra la imprese italiane, non
registrano ulteriori cali di fiducia tra i rispondenti.

Fondazione Nord Est - 39


Un profilo particolare emerge dall’analisi della fiducia segmentata per aree geografiche.
Gli imprenditori del Sud Italia e delle isole paiono trascinare la crescita della fiducia
verso le istituzioni europee in primo luogo, sia per l’Unione Europea (56,2%) sia per la
BCE (54,8%), sono particolarmente soddisfatti inoltre dell’operato del Governo
(61,3%) e del Presidente della Repubblica (68,4%). Gli imprenditori del Centro si
situano sostanzialmente nella media dell’intero campione sondato, ma sono i
rispondenti del Nord Italia a manifestare scostamenti parzialmente omogenei. In
particolare vi è l’apprezzamento degli imprenditori del Nord per la Regione (Nord
Ovest 57,4% e Nord Est 52,7%). Gli imprenditori del Nord Italia manifestano un
atteggiamento favorevole verso l’Ente locale più vasto, contrariamente agli imprenditori
del sud che dichiarano una fiducia significativamente minore per tale istituzione
(24,7%). E’ significativa anche la minore fiducia accordata dagli imprenditori del Nord
Ovest verso la Banca d’Italia (34,6%). Un’Italia delle imprese che si differenzia
territorialmente nell’approccio verso le istituzioni, da un lato il Mezzogiorno esprime un
più forte legame (o aspettativa) con l’Europa, dall’altro le imprese del Nord rivolgono il
loro sguardo anche verso gli enti regionali.

Tab. 38 - Qual è la Sua fiducia nell'operato de: (val %, somma di risposte molta e
moltissima al netto delle non risposte)
2004 2005 2006 2007 2008 2009
I piccoli e medi imprenditori 89,0 74,6 80,7 79,5 80,9 82,1
Il Presidente della Repubblica 84,5 67,6 72,4 52,4 51,6 61,9
Le Associazioni degli imprenditori 58,3 42,7 50,5 47,7 49,9 50,3
Il Governo 49,0 30,7 NS 17,0 NS 56,7
L’Unione Europea 71,5 44,4 50,8 51,7 44,1 48,0
I titolari delle grandi imprese 30,5 31,9 36,1 37,5 42,9 43,9
La Regione 51,1 38,5 45,2 39,7 38,6 44,2
Banca Centrale Europea NS 38,2 46,6 46,3 35,1 48,0
La Banca d’Italia 32,8 26,1 37,5 39,1 33,7 43,7
Le banche 19,4 17,0 14,5 20,7 17,4 18,7
La Borsa 9,9 14,1 18,9 22,3 12,4 12,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 39 - Qual è la Sua fiducia nell'operato de: (val %, somma di risposte molta e
moltissima al netto delle non risposte)
da 10 a 49 addetti oltre i 50 addetti Totale
I piccoli e medi imprenditori 81,2 86,3 82,1
Il Presidente della Repubblica 61,4 63,5 61,9
Il Governo 56,1 58,8 50,3
Le Associazioni degli imprenditori 49,0 57,0 56,7
L’Unione Europea 47,7 50,2 48,0
Banca Centrale Europea 48,0 47,2 43,9
La Regione 43,6 46,6 44,2
I titolari delle grandi imprese 42,7 50,5 48,0
La Banca d’Italia 42,6 48,3 43,7
Le banche 19,0 17,6 18,7
La Borsa 11,4 14,7 12,0
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 40


SI’ AL FEDERALISMO, BOCCIATI GLI STUDI DI SETTORE

Fabio Marzella

Il Governo viene promosso dagli imprenditori, ottiene la maggioranza di valutazioni


positive (la somma di voti da 6 a 10 su una scala 1-10) su quasi tutti i settori di
intervento sondati. Particolarmente apprezzati gli ambiti di politica estera (74,4%) e di
intervento a contrasto della crisi economica (68,1%). Non raggiungono la maggioranza
di voti positivi gli interventi sugli studi di settore (36,7%), l’immigrazione (48,1%) e la
giustizia (39,2%), giudizi negativi che ricalcano comunque i livelli espressi già agli inizi
del III governo Berlusconi. Come riscontrato anche per le indicazioni di fiducia nelle
istituzioni, le opinioni delle imprese rispetto al IV Governo Berlusconi sono
mediamente elevate e rispecchiano l’andamento mostrato agli inizi del II Governo del
Centrodestra. Sono perciò valutazioni medio-alte e superiori a quelle espresse tra il
2004 e il 2007 il cui andamento è discendente fino al 2007 e risale ora con
l’insediamento del nuovo Governo. Le imprese italiane esprimono un atteggiamento
positivo verso un governo più affine politicamente, rimane da valutare se alle decisioni
adottate finora seguiranno azioni altrettanto in linea con il sentire delle aziende.
L’indagine di quest’anno ha sondato in profondità due ambiti specifici di azione del
Governo, quello economico e quello sociale. Per entrambe, gli imprenditori esprimono
una soddisfazione maggioritaria per quanto fatto sinora, le comparazioni temporali sono
possibili solamente con gli ambiti sondati nelle edizioni precedenti. L’ambito
economico registra ai primi posti della scala di valutazioni positive le azioni in Politica
Estera, come anticipato, seguite da quelle sul decentramento ed il federalismo (65,8%) e
dalle infrastrutture (58,4%), tutte voci che riscuotono una valutazione maggiore rispetto
a quelle già fornite in passato. Sono positive perciò le valutazioni e le aspettative degli
imprenditori per i rapporti con l’Estero, in particolare sono gli imprenditori del Sud e
delle Isole a gradire tali iniziative del Governo (80,1%). Particolarmente favorevoli
sono i giudizi espressi per gli sviluppi che avrà la riforma in senso federalista avviata
dall’attuale Governo. La legge delega per il federalismo fiscale, che pure deve essere
definita e specificata nei modi e nei termini, incontra le attese degli imprenditori. Anche
il tema infrastrutture piace agli intervistati che sperano di poter contare su questo asse
come fattore di rilancio economico. Le imprese italiane credono che vi siano buone
prospettive per gli interventi sulle liberalizzazioni, voce che aveva ottenuto il punteggio
più alto con il II governo Prodi (46,2%) nel 2007 e che incrementa ulteriormente fino a
raggiungere il 52,4%, anche se si dichiarano significativamente meno soddisfatti per
quanto fatto in questa materia gli imprenditori del Nord Est che esprimono indicazioni
positive solo per il 42,5% dei rispondenti. L’unica valutazione negativa in materia
economica sono gli studi di settore (36,7%), strumento fiscale la cui applicazione fa
discutere in situazioni economicamente sfavorevoli come questa: in particolare sono gli
imprenditori del Nord Est ad essere meno soddisfatti (28,9%). Da questi due
scostamenti significativi pare delinearsi una particolare categoria di imprenditori, quella
del Nord Est, che si esprime in misura leggermente più critica verso il Governo, le cui
attese probabilmente puntano a interventi di maggiore efficacia.
Passando al versante delle politiche in ambito sociale, sono le azioni intraprese per
fronteggiare la crisi economica (68,1%), gli ammortizzatori sociali (66,2%) e le

Fondazione Nord Est - 41


politiche sulla sicurezza (62,0%) a superare il 60% di valutazioni positive per l’operato
dell’attuale Governo. Seguono altre tre sfere, comunque valutate positivamente dalla
maggioranza delle imprese rispondenti, che sono il sostegno al reddito delle famiglie
(58,7%), la scuola (57,2%) e le pensioni (54,8%). Chiudono due argomenti
particolarmente difficili da fronteggiare, il primo, l’immigrazione, per la crescente
difficoltà nella regolazione dei flussi e per il carattere ormai cronico di emergenza
sociale che ha assunto negli anni. In questo ambito le risposte positive non raggiungono
la maggioranza degli intervistati (48,1%) anche se nel confronto temporale si nota come
i livelli di gradimento siano piuttosto omogenei, tranne che per il 2007, anno in cui gli
imprenditori hanno valutato negativamente le iniziative del Governo Prodi bis. Le stesse
valutazioni valgono per la giustizia (39,2%), settore che comunque mette in luce il
valore più elevato dal 2002.

Tab. 40 - Se dovesse valutare l’azione dell’attuale Governo in ambito economico,


che voto darebbe (da 1 a 10) a quanto finora realizzato nelle seguenti materie: (val
%, voti maggiori o uguali a 6)
2002 2003 2004 2005 2007 2009
Gestione della crisi NS NS NS NS NS 68,1
Federalismo fiscale 60,4 56,8 43,9 49,5 29,5 65,8
Infrastrutture 57,5 54,6 42,5 48,2 24,3 58,4
Liberalizzazioni NS NS NS NS 46,2 52,4
Credito alle imprese NS NS NS NS NS 51,0
Fisco 62,6 54,8 39,0 40,5 22,8 50,5
Studi di settore NS NS NS NS NS 36,7
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 41 - Se dovesse valutare l’azione dell’attuale Governo in ambito sociale, che


voto darebbe (da 1 a 10) a quanto finora realizzato nelle seguenti materie: (val %,
voti maggiori o uguali a 6)
2002 2003 2004 2005 2007 2009
Politica Estera 68,9 69,0 61,6 68,8 34,6 74,4
Ammortizzatori sociali NS NS NS NS NS 66,2
Sicurezza NS NS NS NS NS 62,0
Sostegno al reddito delle
NS NS NS NS NS 58,7
famiglie
Scuola/università 57,7 57,4 50,6 55,3 29,0 57,2
Pensioni NS NS NS NS NS 54,8
Immigrazione 47,3 52,3 42,9 40,5 22,8 48,1
Giustizia 37,3 36,2 34,8 32,3 NS 39,2
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Fondazione Nord Est - 42


Tab. 42 - Se dovesse valutare l’azione dell’attuale Governo in ambito economico,
che voto darebbe (da 1 a 10) a quanto finora realizzato nelle seguenti materie: (val
%, voti maggiori o uguali a 6)
Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Italia
Gestione della crisi 68,5 62,3 67,3 72,0 68,1
Federalismo fiscale 65,1 64,8 68,7 64,7 65,8
Infrastrutture 62,8 61,3 57,5 51,3 58,4
Liberalizzazioni 54,7 42,5 52,3 55,8 52,4
Credito alle imprese 51,5 48,5 51,4 51,5 51,0
Fisco 50,2 46,6 49,3 54,4 50,5
Studi di settore 33,9 28,9 38,3 43,8 36,7
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

Tab. 43 - Se dovesse valutare l’azione dell’attuale Governo in ambito sociale, che


voto darebbe (da 1 a 10) a quanto finora realizzato nelle seguenti materie: (val %,
voti maggiori o uguali a 6)
Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Italia
Politica Estera 72,6 68,8 75,0 80,1 74,4
Ammortizzatori sociali 68,7 66,7 65,1 63,6 66,2
Sicurezza 60,1 63,4 59,3 65,9 62,0
Sostegno al reddito delle famiglie 60,4 53,7 56,5 61,4 58,7
Scuola/università 59,9 56,3 56,4 55,0 57,2
Pensioni 56,8 58,0 57,6 47,7 54,8
Immigrazione 41,7 52,5 48,2 53,6 48,1
Giustizia 36,6 31,5 42,1 45,0 39,2
Fonte: Fondazione Nord Est – UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore, maggio 2009 (n. casi
1227)

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IL METODO E LE RESPONSABILITÀ DELLA RICERCA

- La popolazione oggetto di campionamento è costituita dall’insieme degli


imprenditori, titolari di imprese con 10 e più addetti, attivi in Italia. Il campione
ammonta a 1.227 unità.
- Le imprese sono state estratte fra quelle iscritte alle CCIAA (esclusi i settori
"agricoltura, caccia e silvicoltura" e "pesca, piscicoltura e servizi connessi").
- Il campione è stato ripartito per regione, settore di attività economica (“Industria”,
“Commercio” e “Altri Settori”) e classe dimensionale (“10-19 addetti”, “20-49
addetti”, “50-99 addetti”, “oltre i 100 addetti”)
- Al fine di disporre di numerosità sufficienti all’interno dei vari sottocampioni di
interesse è stato aumentato il peso delle unità di maggiori dimensioni, oltre a quello
dei settori e delle aree con un numero inferiore di imprese. Tali distorsioni sono state
poi bilanciate in fase di elaborazione, attraverso procedure di ponderazione che
riconducono la distribuzione di queste variabili alla reale struttura dell’universo.
- Le interviste sono state realizzate telefonicamente con il sistema C.A.T.I. (Computer
Assisted Telephone Interviewing), nel periodo 24 aprile-15 maggio 2008, dalla
società di rilevazione Demetra.
- L’indagine, progettata e realizzata dalla Fondazione Nord Est, è stata promossa da
UniCredit Corporate Banking, per Il Sole 24 Ore.
- Daniele Marini ha impostato e diretto la ricerca. Carlo Bergamasco, Davide Girardi,
Fabio Marzella, Silvia Oliva e Gianluca Toschi hanno partecipato alle fasi di
discussione e analisi dei risultati. Fabio Marzella ha curato gli aspetti metodologici e
l’elaborazione dei dati. Cinzia Piovesana ha curato l’editing dei testi su web
(www.fondazionenordest.net)
 Documento completo sul sito www.agcom.it

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