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Figura 3.1 - Campi di frequenza delle sorgenti meccaniche delle onde sismiche.
65
Figura 3.2 - Riflessione, rifrazione e verticalizzazione delle onde di volume.
questo;
● onde S (onde di taglio): producono vibrazioni polarizzate in direzione perpendicolare alla
direzione di propagazione e deformazioni di taglio; le onde S assumono una velocità Vs
66
Figura 3.3 - Onde di volume.
ir (3.2)
in cui:
i , Vi A angolo con la normale e velocità dell’onda A incidente
67
t , Vt A angolo con la normale e velocità dell’onda A trasmessa
● all’interfaccia con la superficie libera: generazione di onde superficiali (onde R e L), perché
il mezzo 2 (aria) non può trasmettere onde elastiche; le onde R sono caratterizzate da
componenti parallele e perpendicolari alla direzione dell’onda.
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2. ONDE DI SUPERFICIE. Nel caso di un mezzo semi-infinito (come il terreno), quando
le onde di volume (prodotte da una sorgente interna al mezzo) raggiungono la frontiera
generano le onde di superficie (fig. 3.5), che si propagano attraverso la superficie stessa. Le
onde di superficie sono di due tipi:
● onde di Love: producono vibrazioni orizzontali polarizzate nella direzione perpendicolare
alla direzione di propagazione e deformazioni di taglio; sono onde legate alla stratificazione
dei terreni e derivano dalla riflessione multipla tra superficie inferiore e superiore di uno
strato di terreno in cui rimangono intrappolate le onde S. Esse si producono in genere in
presenza in superficie di strati deformabili di ridotta potenza che sovrastano depositi di
rigidezza elevata.
● onde di Rayleigh: producono vibrazioni che sono la risultante di una vibrazione polarizzata
su un piano verticale, in direzione perpendicolare alla direzione di propagazione, e di una
vibrazione orizzontale polarizzata lungo la direzione di propagazione; il moto risultante è
ellittico retrogrado; la deformazione indotta è sia di taglio che di compressione.
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secondo una legge del tipo 1 r , mentre quelle di volume secondo una legge del tipo 1/r2
(fig. 3.6).
Figura 3.6 - Onde sismiche generate da una fondazione circolare con oscillazione verticale.
G
VS (3.5)
Eed E 1 1
VP VS (3.6)
1 1 2 0,5
0,87 1,12
VR VS (3.7)
1
Al variare del del terreno (fig. 3.7) risulta V p Vs f (= 1,5÷2,0 per terreni insaturi e
rocce) e Vr Vs 1 .
70
Figura 3.7 - Confronto tra i valori delle velocità.
L’ipotesi di onde non dispersive (validità delle relazioni precedenti) è accettabile nei
seguenti casi:
● attraversamento di roccia o di terreno omogeneo (poco smorzante): le onde si possono con
buona approssimazione considerare non dispersive nel campo delle piccole deformazioni
(dominio elastico lineare) e delle basse frequenze, e si possono quindi applicare le relazioni
precedenti;
● misure sismiche: le frequenze dell’eccitazione (1-10 Hz) e l’ampiezza massima delle
deformazioni indotte (< 0.0001%) sono tali da potere applicare tale modello.
Invece, nel caso di terreni stratificati o caratterizzati da altre forme di eterogeneità
(discontinuità, giunti, ecc.), la velocità delle onde sismiche non si può più ritenere
indipendente dalla frequenza.
Inoltre è utile definire la velocità delle onde di volume apparenti (velocità di Lysmer),
utilizzata nelle funzioni di impedenza dinamica di una fondazione di cui al par. 4.4 (fig. 3.8):
3, 4VS
VLa (3.8)
1
71
Figura 3.8 - Velocità di Lysmer.
Circa la dipendenza della velocità delle onde di volume dal grado di saturazione Sr del
terreno:
● la velocità delle onde S è scarsamente influenzata da Sr (non potendo l’acqua sostenere
sforzi di taglio); in sabbie grossolane pulite dove gli effetti della capillarità sono trascurabili
il grado di saturazione influenza il valore di Vs solo nel termine di densità ρ; in terreni con
72
Figura 3.9 - Variabilità di Vp con Sr per Sr = 99÷100%.
in cui:
ik tensione totale
73
Nei processi dinamici le velocità di caricamento sono così elevate che,
indipendentemente dalle proprietà del terreno, è sempre lecito assumere che le condizioni
siano non drenate (fig. 3.10).
Date le condizioni non drenate in cui si può ritenere si trovi un terreno sotto carichi
dinamici, risultano trascurabili gli effetti indotti da variazioni di tensioni isotrope in termini di
tensioni efficaci e quindi di deformazioni volumetriche. Di conseguenza il comportamento
dinamico e ciclico dei terreni è studiato in condizioni di carico tangenziale ed è
74
WD
D (3.11)
4 WS
75
È stato provato che, anche se esistono comportamenti diversi del terreno in ragione
della natura delle sollecitazioni applicate, la risposta sforzi-deformazioni è riconducibile ad un
unico modello reologico e non ha alcun significato definire le proprietà dinamiche in
contrapposizione a quelle statiche. In campo dinamico, bisogna sottolineare le distinzioni tra
processi ciclici e processi propriamente dinamici: per i primi – ai quali ci riferiamo – le forze
d’inerzia sono trascurabili, per i secondi sono di notevole entità. Data la complessità, sia
dell’azione sollecitante che della risposta del terreno (non lineare e non reversibile), è invalso
l’uso di caratterizzarne il comportamento per diversi livelli di deformazione a taglio . Sono
individuabili tre campi di comportamento (fig. 3.12):
● piccole deformazioni: l (convenzionalmente G l 0, 95G0 ):
□ lineare: G G0 costante;
□ reversibile: D D0 costante;
● grandi deformazioni: v :
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Figura 3.12 - Comportamento meccanico.
Allo stato attuale i modelli del legame tensione-deformazione (i quali non hanno certo
la pretesa di sostituirsi alla sperimentazione) sono (fig. 3.13):
● il modello iperbolico;
● il modello iperbolico modificato;
● il modello di Ramberg-Osgood.
Per ciascun modello τ-γ, lo smorzamento può essere associato col criterio di Masing oppure
indipendente.
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Figura 3.13 - Modelli meccanici.
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3.1.3 Parametri meccanici
G
G ( ) G0 G0 G (3.12)
G0
D D0 D (3.13)
in cui:
● per piccole deformazioni ( l ): G 1 , D 0 ;
esimo ciclo:
GN
G N 1 (3.14)
G 1
DN
D N 1 (3.15)
D 1
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Figura 3.14 - Soglie di deformazione l e v .
pa pressione di riferimento
OCR grado di sovraconsolidazione 'v max 'v 0 (= 1 per terreni a grana grossa)
S , n, m coefficienti dipendenti da f e e I P
Z , j, k coefficienti dipendenti da f e e I P .
80
Figura 3.15 - Dipendenza di G0 e D0 da storia e stato tensionali.
81
Figura 3.16 - Fattori di influenza di G e D .
3.17).
82
Figura 3.18 - Dipendenza della degradazione ciclica di G da e I P .
83
Figura 3.19 - Misura sperimentale dei parametri meccanici.
E 2 VS2 1 (3.21)
2
D 2 2
, (3.22)
4 V/f
Le componenti indispensabili per una misura consistono in:
● una sorgente S meccanica di impulsi di appropriata energia, direzionale e preferibilmente
reversibile;
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● due o più ricevitori R1, R2,… (geofoni) contenenti uno (1D) o più (3D) trasduttori di
velocità d’accelerazione di appropriata risposta dinamica; i geofoni devono essere dotati di
un sistema di connessione al terreno;
● un dispositivo A di acquisizione e registrazione dei segnali d’uscita dei trasduttori
(oscilloscopio);
● un trasduttore alloggiato nella sorgente (trigger), che segnali l’istante di partenza delle onde
dalla sorgente.
Le prove in sito, sulle quali ci soffermeremo nel seguito, si distinguono in (fig. 3.20):
● prove geofisiche: indagano le strutture del sottosuolo mediante la propagazione in superficie
od in foro delle onde P ed SH e misurano i tempi di arrivo di dette onde al fine di misurarne
le velocità;
● prove geotecniche: indagano le proprietà meccaniche del sottosuolo su piccola scala; poiché
la compressibilità volumetrica delle terre sciolte è inferiore a quella dell’acqua, la misura
delle V p è inefficace per la caratterizzazione delle proprietà meccaniche dei terreni saturi;
per tale motivo si fa riferimento a sorgenti unidirezionali ed alle onde di taglio, la cui
velocità non è influenzata dal grado di saturazione.
85
Le prove possono essere eseguite (fig. 3.21):
1) in foro (prove geotecniche): Cross-hole (CH), Down-hole (DH), ecc.;
2) in superficie:
□ metodi geofisici: prospezioni sismiche a riflessione o rifrazione;
□ metodi geotecnici: metodi basati sulle onde superficiali (SASW, MASW, Re.Mi, ecc.).
1. Le misure sismiche in foro richiedono l’ubicazione della sorgente e/o dei ricevitori
all’interno del terreno, alla profondità a cui si vuole effettuare la misura e per tale motivo
necessitano dell’esecuzione di un foro che può avvenire prima dell’esecuzione della misura
(prova cross-hole, down-hole, suspension velocity logging method) o contestualmente (cono
sismico, dilatometro sismico). Le onde sismiche generate sono onde di volume (onde P e S).
Le misure consistono nel provocare un disturbo meccanico (sorgente) in un punto nel terreno
(o in superficie) e nel determinare i tempi di arrivo t Ri delle onde sismiche così generate in
uno o più punti (ricevitori) allineati in superficie (o nel terreno). Nota la distanza tra i
ricevitori d RR (metodo di intervallo) e tra ricevitori e sorgente d SR (metodo diretto), l’istante
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di partenza (trigger) delle onde t0 , si può determinare la velocità delle onde sismiche
□ metodo di intervallo:
d R1R2
V z (3.24)
t R2 t R1
I segnali registrati ai ricevitori possono essere filtrati (per l’eliminazione di eventuali disturbi
ambientali) e interpretati per la determinazione dei tempi di arrivo delle onde con un’analisi
nel dominio delle frequenze: il segnale registrato dai ricevitori è composto da infinite
armoniche, ciascuna delle quali compie N c R1 R2 2 cicli tra le stazioni riceventi, ha
V z , f alla profondità z .
I risultati vengono restituiti sotto forma di valori puntuali della velocità a diverse profondità.
Dopodichè si può attribuire a ciascuno strato, individuato da due misure successive, un valore
costante pari al valore assunto nel punto superiore o al valore medio.
Nello schema CH (fig. 3.22), una sorgente meccanica è ubicata in profondità
all’interno di un foro; uno o due ricevitori sono ubicati alla stessa profondità nel terreno in
fori adiacenti e allineati. La prova consiste nell’abbassare o sollevare, a passi successivi di
1m, sorgente e ricevitori all’interno di fori verticali rivestiti, mantenendoli sempre alla stessa
profondità e in modo da non perdere l’allineamento dei trasduttori orizzontali; per ciascuna
posizione viene energizzata la sorgente (in genere producendo delle sollecitazioni verticali,
onde SV, onde SH o, mediante esplosioni, onde P) e vengono acquisiti i segnali
corrispondenti. Si ottiene la misura, con la profondità lungo la verticale esaminata, dei tempi
di arrivo (diretti, tra sorgente e ricevitore, e/o di intervallo, tra i due ricevitori) e quindi delle
velocità delle onde SV e/o SH e delle onde P (dirette) che si propagano in direzione
orizzontale.
87
Figura 3.22 - Misure sismiche in foro: prova CH
Nello schema DH (fig. 3.23), una sorgente meccanica è ubicata in superficie; uno o
due ricevitori sono ubicati nel foro. La prova consiste nel mantenere fissa la sorgente e,
all’interno del foro rivestito (ma non necessariamente verticale), abbassare o sollevare, a passi
successivi di 1m, i ricevitori, di cui è fissata la distanza e l’orientazione relativa dei
trasduttori; per ciascuna posizione viene energizzata la sorgente delle onde P (battute
verticali) e la sorgente delle onde S (battute orizzontali), eventualmente invertendone
l’orientazione, e vengono acquisiti i segnali corrispondenti. Si ottiene la misura, con la
profondità lungo la verticale esaminata, dei tempi di arrivo (diretti, tra sorgente e ricevitore,
e/o di intervallo, tra i due ricevitori) e quindi delle velocità delle onde SH e delle onde P
(dirette) che si propagano in direzione verticale.
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2. Le misure sismiche in superficie richiedono l’ubicazione della sorgente e dei
ricevitori in superficie e per tale motivo necessitano dell’esecuzione di prefori, non sono
invasive per il terreno, non comportano alcun impatto ambientale, sono anche più economiche
rispetto alle prove sismiche in foro, consentono di investigare aree molto estese. Le onde
sismiche generate sono di volume (sismica a riflessione o rifrazione) e superficiali R (SASW,
MASW, NASW, ReMi).
Le prospezioni sismiche a riflessione e rifrazione (fig. 3.24) consistono nell’allineare
in superficie sul terreno un certo numero (in genere 24) di geofoni 1-D (orizzontali o verticali)
e nel posizionare la sorgente (di vibrazioni verticali od orizzontali) al centro o all’estremità
dello stendimento, in linea oppure no. Effettuata l’energizzazione, dall’interpretazione dei
tracciati degli spostamenti verticali (od orizzontali) rilevati dai geofoni a partire dall’istante di
attivazione della sorgente (trigger), si determina l’istante di arrivo delle onde riflesse o
rifratte, che viene riportata in funzione della distanza progressiva dalla sorgente
(dromocrona). Dallo studio della dromocrona delle onde rifratte o riflesse, attraverso
considerazioni geometriche, si risale allo spessore dello strato o degli strati superficiali
attraversati dalle onde e alle relative velocità di propagazione (delle onde P o S). Si possono
effettuare più energizzazioni in corrispondenza della stessa configurazione, e poi ripetere le
misure facendo migrare nella direzione della linea di stendimento sorgente e ricevitori (di una
distanza pari a un terzo o un quarto della lunghezza dello stendimento).
Nei metodi basati sulle onde superficiali si ricava il profilo della velocità delle onde S
con la profondità (profilo di rigidezza) relativo ad un determinato sito in maniera indiretta,
utilizzando una sorgente meccanica e più ricevitori, disposti in superficie. Tali metodi si
articolano in due fasi:
89
1) monitoraggio della velocità di propagazione delle onde di Rayleigh lungo la superficie
(“field testing”) consisteva cui si deduce la curva di dispersione caratteristica del sito in
esame (velocità di fase delle onde di Rayleigh in funzione della frequenza);
2) adattamento di modelli empirici (sconsigliati) o numerici alle misure in sito per ricavare il
profilo di rigidezza (processo di inversione).
In particolare, la prova SASW (fig. 3.25) prevede l’utilizzo di una sorgente e due (o
più fino a 4) ricevitori (stazioni) disposti in superficie, allineati ed equidistanti, con la
sorgente da una parte rispetto ai ricevitori (common receivers midpoint geometry). La prova
si articola nelle seguenti operazioni:
a) vengono posizionati i due geofoni in superficie ad una piccola distanza (in genere 1 m) e
simmetricamente rispetto alla verticale che s’intende esaminare;
b) la sorgente viene ubicata ad una distanza pari all’interasse dei geofoni (1 m) allineata e da
una parte;
c) viene attivata la sorgente e con essa il trigger e l’acquisizione ai ricevitori;
d) viene ripetuta la sollecitazione più volte e i corrispondenti segnali mediati (per eliminare
eventuali disturbi ambientali);
e) la sorgente viene spostata dalla parte opposta rispetto ai ricevitori e si ripetono i punti c e
d (per eliminare l’effetto dell’eventuale inclinazione degli strati; il modello interpretativo
adottato considera gli strati orizzontali);
f) viene sostituita la sorgente (per investigare profondità maggiori producendo onde di
maggiore lunghezza) e distanziati i geofoni e ripetuti i punti precedenti (di solito con una
sequenza progressiva di 1, 2, 4, 8, 16 e 32 m).
Lo scopo della prova è quello di determinare un profilo di rigidezza (velocità di propagazione
delle onde S) per il terreno in esame.
90
Figura 3.25 - Misure sismiche in superficie: prova SASW.
3.2.1 Generalità
1) la sorgente M x, t , cioè dalla quantità di energia liberata, dai meccanismi focali, dalla
lunghezza della frattura, dagli scorrimenti di faglia, ecc.: quando le tensioni d’attrito nella
faglia superano la resistenza al taglio si hanno scorrimenti e rotture con liberazione di onde
sismiche di volume (onde P e onde S); queste onde si irraggiano con velocità diverse in tutte
le direzioni; si ha perciò una progressiva attenuazione dell’energia trasportata dalle onde
sismiche di natura geometrica (radiation damping);
2) il cammino di propagazione L h, t , cioè dalla distanza ipocentrale e dai processi fisici di
attenuazione dell’energia del movimento sismico: nel loro cammino le onde sismiche
subiscono anche altre modificazioni, che sono legate a fenomeni di riflessione e rifrazione
in corrispondenza dell’interfaccia tra strati di caratteristiche diverse (attenuazione per
scattering) e allo smorzamento interno dei terreni (material damping); ne consegue
un’ulteriore attenuazione del contenuto energetico con la distanza e una verticalizzazione
della direzione di propagazione delle onde sismiche;
91
Il moto sismico in superficie uFFM t dipende dalla trasformazione che il moto
3) azione di filtro H r , t , che gli strati di terreno superficiale operano sulle onde P e S a
Figura 3.26 - Trasformazioni subite dal moto sismico dalla sorgente alla superficie.
alla formazione rocciosa di base, subisce attraversando gli strati di terreno sovrastanti fino alla
superficie per diventare uFFM t .
Dal punto di vista tecnico, è significativa una valutazione della risposta sismica locale
che assuma come moto sismico di riferimento uR t , relativo ad un ipotetico (o reale)
92
I) al numero di dimensioni impiegate per la schematizzazione del problema (in tal caso si
parla di modelli monodimensionali, bidimensionali e tridimensionali);
II) al tipo di soluzione che propongono, cioè in forma chiusa (modelli analitici) o numerica
(modelli FEM);
III) allo schema fisico adottato per rappresentare il terreno (metodi della trave a taglio
continua o discretizzata) e, infine, alle leggi costitutive impiegate per il terreno (modelli
lineari, lineari equivalenti, non lineari ed elasto-plastici);
IV) al fatto che l’analisi della RSL venga condotta in termini di pressioni totali o di pressioni
efficaci.
I. La dimensionalità del modello (1D, 2D, 3D) da utilizzare in una applicazione reale
sarà condizionata da numerosi fattori quali:
● le eterogeneità morfologiche, stratigrafiche e geotecniche del deposito;
● l’intensità del terremoto e della scossa sismica di riferimento, nonché, la quantità e la
qualità delle conoscenze sulle caratteristiche geometriche, geologiche e geotecniche.
In particolare, la conoscenza di queste ultime, è fondamentale qualora si impieghino modelli
2D, ed a maggior ragione 3D, per i quali sono necessarie, al fine di realizzare un modello
“realistico”, conoscenze che generalmente non è possibile raggiungere ad un livello adeguato
alla complessità del problema. È quindi da sottolineare che, l’affidabilità dei risultati ottenuti
con modelli complessi è tanto minore quanto più il problema è complesso e le conoscenze
limitate. Qualsiasi sia la complessità del modello impiegato (ad esempio 2D o 3D), è sempre
importante il confronto dei risultati con quelli ottenuti mediante modelli più semplici (ad
esempio 1D). Ad eccezione dei codici di calcolo che permettono di analizzare l’interazione
terreno-struttura, l’analisi della RSL è sempre fatta in condizioni di superficie libera da
costruzioni (condizioni free field).
II. Solitamente i modelli che conviene utilizzare sono:
● analitici, se monodimensionali;
● FEM, se bi- o tridimensionali.
III. Nonostante i fenomeni dissipativi siano per lo più di carattere attritivo, cioè
tutt’altro che puramente viscosi, il modello visco-elastico offre notevoli vantaggi per
descrivere i fenomeni di smorzamento nei terreni: diffusione dell’energia sprigionata dal
terremoto su fronti d’onda di raggio crescente con la distanza dalla sorgente (smorzamento
geometrico); fenomeni di riflessione e rifrazione (smorzamento per scattering); fenomeni
dissipativi nei mezzi attraversati (smorzamento interno). Sia per un sistema discreto che per
un mezzo continuo, tale assunzione permette infatti di conservare inalterata la validità di
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tecniche di analisi lineare per sollecitazioni cicliche e dinamiche, alle basse così come alle
medie deformazioni (fig. 3.27).
visco-elastico visco-elastico
modello meccanico non lineare
lineare lineare equiv.
lineare, lineare equiv., incrementale,
metodo d’analisi
tensioni totali tensioni totali tensioni efficaci
Figura 3.27 - Modelli meccanici per diversi livelli deformativi.
WD cu 2p c
D ; (3.26)
4 WS 4 1 2 ku p 2k
2
● al continuo, per problemi di RSL; il legame costitutivo e l’equazione del moto per un
elemento di volume, sono:
2u 3u 2u
G 2 2 , (3.27)
z t z 2 t
in cui, se u z , t p z cos t , allora:
WD u 2p
D . (3.28)
4 WS 4 1 2 Gu p 2G
2
94
Figura 3.28 - Modello visco-elastico.
k 1 k (3.29)
con reale, positivo e opportunamente piccolo.
95
Figura 3.29 - Analisi lineare equivalente.
Per tener conto del fatto che il terreno agisca come un “filtro”, incrementando
l’ampiezza del moto in corrispondenza di alcune frequenze e riducendola per altre, si valuta la
funzione di trasferimento, la quale è una funzione complessa definita nel dominio delle
frequenze dal rapporto tra spettro di Fourier del moto sismico in superficie e quello del
basamento roccioso o dell’affioramento roccioso ipotetico (fig. 3.30):
uFFM max
H1 (3.30)
uRIM max
u FFM max
H 2 (3.31)
u R max
il cui modulo è la funzione di amplificazione (modulo della funzione complessa di
trasferimento), rispettivamente:
A1 Re 2 H1 Im 2 H1 (3.32)
96
A2 Re2 H 2 Im 2 H 2 (3.33)
97
c2) dal punto di vista ingegneristico, le sollecitazioni sismiche più significative nella
progettazione di strutture e infrastrutture antisismiche sono le onde SH.
Nel caso di sollecitazione armonica stazionaria orizzontale con frequenza circolare
u
2 f , dopo aver imposto la condizione al contorno 0, t G 0, t 0 , è possibile
z
dimostrare che:
u z , t U n z u 0, t (n = 0,1,2,3…) (3.34)
1
H1 (3.35)
cos H VS*
1
A1 (3.36)
cos H VS*
1
H 2 (3.37)
cos H V j 1 I * sin H VS*
S
*
1
A2max (n = 0,1,2,3…) (3.38)
1 I 2 n D
in cui:
Un z n-esima forma modale
I * rVr* V
s s
*
rapporto d’impedenza complesso (= ∞ per substrato rigido).
98
Figura 3.31 - Deformazioni relative alle prime quattro forme modali.
una delle frequenze fondamentali n dello strato. Quando si verifica tale condizione
99
Figura 3.32 - Funzione di amplificazione A1.
funzione di amplificazione assume i valori più alti. Fisicamente ciò avviene perché le onde
che si propagano nello strato verso il basso, a seguito della riflessione sul terreno, sono
completamente riflesse dal substrato. L’energia associata alle onde rimane quindi totalmente
“intrappolata” all’interno dello strato. Invece, nell’ipotesi di substrato deformabile ( I ),
queste stesse onde sono in parte riflesse all’interno dello strato e in parte trasmesse nella
roccia sottostante. Si ha quindi una dissipazione di energia (smorzamento per radiazione o per
scattering) che determina una minore amplificazione del moto sismico rispetto al caso di
substrato rigido ( A2 crescente con I ).
100
Figura 3.33 - Funzione di amplificazione A2.
101
3) effetti di bordo;
4) effetti topografici.
1. Sia per la presenza di strati di materiale diverso, sia per l’influenza delle condizioni
al contorno sulle proprietà meccaniche dei terreni, e in particolare della tensione efficace, si
assiste ad una variazione in direzione verticale, senza soluzione di continuità, di alcuni
parametri tra cui la rigidezza G e lo smorzamento D.
Gli effetti della variabilità di G con la profondità sono stati oggetto di un maggior
numero di ricerche. Vinale e Simonelli (1983) hanno analizzato la variabilità del moto
sismico in superficie riferendosi ad un deposito di spessore H, densità ρ costante e velocità di
propagazione delle onde di taglio variabile con la profondità con legge (fig. 3.34):
(3.40)
in cui:
V0 velocità delle onde S in corrispondenza della superficie
102
Figura 3.34 - Variazione delle prime quattro forme modali col rapporto di eterogeneità VH/V0 per m = 1.
103
Qualitativamente, l’influenza della non linearità del comportamento del terreno su
alcuni fattori (deformazione di taglio massima max , modulo di taglio G, rapporto di
Figura 3.35 - Variazione dei fattori del comportamento meccanico con l’accelerazione max sul bedrock.
(fig. 3.36) mostra i seguenti effetti della non linearità (Lanzo e Silvestri, 1999):
● al crescere del livello deformativo raggiunto, si ha un’attenuazione della funzione di
amplificazione inversamente proporzionale al rapporto di smorzamento;
● al crescere dei livelli energetici del moto sismico di riferimento, si ha uno spostamento delle
frequenze naturali del deposito a valori minori e, a livelli deformativi elevati ( >0.01%), si
assiste a fenomeni di attenuazione del moto sismico.
104
3. Nei depositi reali, per via della loro forma caratterizzata da chiusure laterali e quindi
mal assimilabili a schemi monodimensionali, si verificano i così detti effetti di bordo. Gli
effetti di amplificazione ai bordi dei depositi, sono riconducibili a due tipi di fenomeni:
● focalizzazione delle onde sismiche: in aree in prossimità dei bordi delle valle alluvionali si
può verificare l’interferenza costruttiva di onde riflesse ed onde rifratte;
● generazione di onde superficiali: le onde incidenti in corrispondenza dell’interfaccia non
orizzontale tra strato lapideo di base e terreno al bordo della valle, generano onde di
superficie con direzione di propagazione orizzontale (fig. 3.37).
105
vibratorio, caratterizzato cioè da più picchi relativi, delle funzioni di amplificazione ottenute
con i modelli 2D. Inoltre, queste ultime, sottostimano i fenomeni di amplificazione rispetto ai
modelli 1D in prossimità del bordo della valle (stazione 2); viceversa, avvicinandosi al centro
della valle (stazioni 4, 6 e 8), il modello 2D sovrastima, rispetto ai modelli 1D, i fenomeni di
amplificazione alle frequenze più alte.
Figura 3.38 - Analisi 1D e 2D delle amplificazioni di una valle superficiale e di una valle profonda.
106
Figura 3.39 - Focalizzazione delle onde sismiche .
107
Figura 3.40 - Focalizzazione delle onde sismiche .
108
Figura 3.41 - Definizione del fattore di amplificazione.
classifica i sottosuoli in base alla rigidezza via via decrescente, a partire dal tipo A, costituito
da roccia affiorante, al tipo E; definisce poi i sottosuoli S1 ed S2, molto deformabili e
suscettibili di rottura sotto azione sismica per i quali si impone di effettuare studi specifici per
la determinazione dell’azione sismica stessa. I primi 5 tipi di sottosuoli (da A ad E) sono
definiti dal valore di alcuni parametri geotecnici, il più significativo dei quali è la velocità
equivalente delle onde di taglio nei primi 30m di sottosuolo, calcolata come (fig. 3.42):
30
VS ,30 (3.43)
i hi VSi
in cui:
hi spessore (in m) dell’i-esimo strato di sottosuolo
109
VSi velocità delle onde di taglio (in m/s) a piccole deformazioni ( 105 ) dell’i-esimo
strato di sottosuolo.
A differenza dell’EC8, l’OPCM 3274 definisce il parametro VS30 facendo riferimento ai primi
30m di sottosuolo a partire dal piano di posa delle fondazioni del manufatto (il che appare più
razionale ai fini della valutazione del moto di input alla base della struttura).
Il contributo degli effetti topografici ST è definito sinteticamente dalla normativa in
base alla morfologia del terreno su cui è fondata la struttura (fig. 2.11).
Inoltre la normativa sismica (EC8, OPCM) fornisce velocità e spostamento massimi in
superficie sempre in funzione dei parametri introdotti in precedenza:
uFFM max 0, 025 S TC TD ag (3.44)
110
uFFM max 0,16 S TC ag . (3.45)
3.3 LIQUEFAZIONE
111
Tali sovrappressioni abbassano ed al limite annullano le tensioni tangenziali di rottura
(fig. 3.44):
c ' u tg (3.46)
in cui:
tensione tangenziale di rottura
c ' coesione drenata
tensione normale
u pressione neutra
' angolo di attrito.
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● contenuto in argilla superiore al 20% con indice di plasticità >10;
● contenuto di limo superiore al 35% e resistenza N1(60) > 20;
● frazione fine trascurabile e resistenza N1(60) > 25.
Viceversa, occorre costruire un criterio di liquefacibilità e, a tal fine, è necessario
definire operativamente la liquefazione (fig. 3.45):
'v 0 u 1 (3.47)
in cui:
'v 0 tensione normale efficace iniziale
u pressione neutra corrente.
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I grafici che esprimono e 'v 0 in funzione di Vs (fig. 3.46), sono molto promettenti per la
In tutti i grafici in questione è rappresentata una curva limite di resistenza ciclica, che
separa la regione in cui non si verifica liquefazione (a destra) da quella in cui la liquefazione è
possibile (a sinistra e sopra la curva). Viene talora fornita più di una curva, per esempio con
riferimento a terreni con diverso contenuto di fine (%), oppure a diversi valori di magnitudo
M del terremoto. Ad eccezione dei criteri che fanno uso della resistenza penetrometrica
statica (CPT), è preferibile non applicare i metodi empirici di verifica alla liquefazione
quando i terreni potenzialmente liquefacibili si presentino in strati o lenti di spessore non
superiore a poche decine di cm. In presenza di un contenuto rilevante di ghiaia, la
suscettibilità a liquefazione non può essere esclusa; tuttavia in questo caso le osservazioni
sperimentali sono tuttora insufficienti a costruire correlazioni empiriche affidabili.
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