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12 giugno 2020 - 14:26 > Versione online

Fragilità e ricchezza del Patrimonio


marchigiano
Opere restaurate dai luoghi del sisma del 2016 nel complesso di
San Salvatore in Lauro

Roma. Presso il Pio Sodalizio dei Piceni nel Complesso di San Salvatore in Lauro fino a dicembre
si potranno ammirare gratuitamente trentasei opere provenienti dai territori marchigiani
duramente colpiti dal terremoto del 2016. Dopo una prima tappa al Forte Malatesta di Ascoli
Piceno, la mostra «Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma», a
cura del direttore dei Musei Civici di Ascoli Piceno Stefano Papetti e del funzionario della
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche Pierluigi Moriconi, è approdata
nel cuore marchigiano della capitale, sede della storica Fondazione dei Piceni dal 1600. È prevista
anche una terza tappa nel Palazzo del Duca di Senigallia da gennaio a marzo 2021.

Le opere esposte sono state scelte fra quelle custodite negli otto depositi allestiti dal Mibact dopo
il sisma nella zona del cratere tellurico e restaurate da restauratori marchigiani e dalla Scuola di
restauro dell’Università degli Studi di Urbino grazie al generoso finanziamento dello stesso Pio
Sodalizio dei Piceni e dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (Anci Marche).

Il progetto si è svolto in collaborazione con la Regione Marche e con l’apporto scientifico della
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche e dello Spin-off A.R.T.&Co srl
dell’Università degli Studi di Camerino (per la parte diagnostica).

Si tratta di tele, tavole e sculture lignee policrome databili fra il ‘400 e il ‘700 e appartenenti a 17
istituzioni museali ecclesiastiche e pubbliche delle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata,
recuperate dai vigili del fuoco e dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale insieme a
circa 14mila pezzi (fra cui dipinti su tavola e su tela, sculture e crocifissi lignei, arredi liturgici,
dipinti a fresco ecc.) salvati da chiese, pinacoteche, musei e palazzi.

Quella sul Rinascimento marchigianoè decisamente una mostra coraggiosa perché le opere non
sono solo sommi capolavori noti al grande pubblico, ma anche oggetti fortemente legati alla
religiosità popolare marchigiana, quali i crocifissi lignei e le Vesperbilderdi ambito tedesco, opere

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commoventi e terribilmente fragili un tempo custodite nelle chiese e nei santuari più remoti, che
oggi sono purtroppo ridotti a cumuli di macerie e non più ricostruibili.

Tra le opere di rilievo spiccano la magnifica tavola con la «Madonna adorante, il Bambino e
angeli musicanti» di Vittore Crivelli, conservata nella Pinacoteca di Sarnano, le sei tavolette
dipinte a tempera con Scene della vita di Santa Lucia di Jacobello del Fiore provenienti dal
Palazzo dei Priori di Fermo (alle quali si aggiungeranno altre due tavolette attualmente in restauro
che si potranno finalmente ammirare nella tappa di Senigallia) e altre opere di pittori importanti
come Nicola Filotesio detto Cola dell’Amatrice, Bernardino Cesari (fratello minore del Cavalier
d’Arpino), Giovanni Baglione, Giovanni Serodine e Ludovico Cardi detto il Cigoli.

In un sapiente e felice connubio, i curatori hanno accostato alcuni fra i manufatti più significativi
delle terre marchigiane ferite, opere di grande rilievo storico-artistico, a oggetti di culto, umili
strumenti di devozione popolare che testimoniano con fierezza la straordinaria ricchezza della
cultura adriatica.

Una volta terminata la mostra itinerante, i numerosi manufatti che non potranno essere
riconsegnati alla devozione locale saranno conservati come orfani senza dimora nei depositi del
Ministero visitabili dal pubblico. Nonostante il plauso per la certosina azione di recupero e
valorizzazione di pregiati manufatti danneggiati, rimane l’amara constatazione che molti di essi,
purtroppo strappati dal loro contesto sociale, perderanno per sempre la loro intrinseca
connotazione religiosa e, pertanto, la loro identità culturale.
Daphne De Luca, edizione online, 12 giugno 2020

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