Sei sulla pagina 1di 35

39 interviste 39

SAPER CREDERE IN ARCHITETTURA


Nato nel 1941. Toyo Ito è laureato SAPER CREDERE
ISBN 978-88-8497-146-3

allʼUniversità di Tokyo nel 1965 e ha


fondato il suo studio nel 1971. Le sue IN ARCHITETTURA
opere principali sono White U (1976),
Silver Hut (1984), la Mediateca di
Sendai (2001), il Brugge Pavilion trentasette domande a
(2002), il Serpentine Gallery Pavilion
2002 a Londra (2002), TODʼS
Omotesando Building (2004),
lʼHospital Cognac-Jay di Parigi
Toyo
(2006). Attualmente, è impegnato in
numerosi progetti in Giappone e
allʼestero. La Mediateca di Sendai,
costruita nel 2001, è da molti
ITO
considerata un progetto

Toyo
sensazionale che ha influenzato
notevolmente i giovani architetti di

ITO
tutto il mondo. Ha ricevuto il Leone
dʼOro alla carriera durante lʼ 8a
Mostra Internazionale di Architettura
alla Biennnale Venezia nel 2002 e il
RIBA Royal Gold Medal nel 2006.
Superando la purezza del
modernismo, Toyo Ito ricerca nuove
direzioni per unʼarchitettura del XXI
secolo che rispecchi la natura,
emergendo da processi autopoietici
e da geometrie organiche per creare a cura di Matteo Belfiore e Salvator John Liotta
spazi piacevoli, divertenti e pieni di
vita.
CLEAN EDIZIONI

euro 6,00
Toyo ITO

interviste 39
coordinamento di
Francesco Cirillo

collana di ricerca
curata da studenti e giovani architetti, che
interrogano protagonisti dell’architettura
contemporanea sulle ragioni e il futuro della
disciplina
interviste pubblicate: SAPER CREDERE
IN ARCHITETTURA
1. Bruno ZEVI • 2. Henri E. CIRIANI
3. Massimiliano FUKSAS • 4. Francesco VENEZIA
5. Franco PURINI e Laura THERMES
6. Jean NOUVEL • 7. Mario BOTTA
8. James Wines president of SITE trentasette domande a
9. Christian de PORTZAMPARC • 10. Renzo PIANO
11. Peter EISENMAN • 12. Alessandro ANSELMI
13. Paolo PORTOGHESI • 14. Eduardo SOUTO DE MOURA
15. Alvaro SIZA • 16/17. Vittorio GREGOTTI
Toyo
18. Carlo AYMONINO • 19. Fumihiko MAKI
20. Arata ISOZAKI • 21. Kazuyo SEJIMA e Ryue NISHIZAWA
22. Umberto RIVA • 23. Ugo SASSO
24. BRAGHIERI/GRAVAGNUOLO/MAGNANI/MONESTIROLI
25. Steven HOLL • 26. David CHIPPERFIELD
ITO
27. VSBA Venturi, Scott Brown & A
28. Luciano SEMERANI • 29. Luigi SNOZZI
30. Guido CANELLA • 31. Oriol BOHIGAS
32. Rafael MONEO • 33. Guillermo VAZQUEZ CONSUEGRA
34. Alessandro MENDINI • 35. Tobia SCARPA
36. Carlos FERRATER • 37. Hans HOLLEIN
38. Wiel ARETS • 39. Toyo ITO 40. Tadao ANDO

a cura di Matteo Belfiore e Salvator John Liotta


Copyright © 2010 CLEAN Nota dei curatori
via Diodato Lioy 19, 80134 Napoli Matteo Belfiore e Salvator John Liotta
telefax 0815524419-5514309
www.cleanedizioni.it
info@cleanedizioni.it
A fine intervista Toyo Ito ci invita a posare con lui
mentre solleva il Leone d’Oro vinto alla Biennale
Tutti i diritti riservati di Venezia, come se anche noi fossimo stati in
E vietata ogni riproduzione qualche modo coinvolti nella sua vittoria.
ISBN 978-88-8497-120-3 Questa è forse l’immagine che meglio rappre-
senta la forza di questo maestro dell’architettura
Editing
Anna Maria Cafiero Cosenza
moderna: giocare in team, rendere partecipi gli
altri dei processi progettuali, pensare che l’ar-
Grafica chitettura sia una disciplina fondamentale nel
Costanzo Marciano definire le sorti di una società. In lui traspirano
una continua tensione verso soluzioni avanguar-
diste e un’ottima qualità dell’immaginazione.
Questa stessa qualità ritroviamo nella sua pre-
disposizione a vivere una vita che è anche un
Referenze fotografiche progetto di vita. Ringraziamo Miki Uono, Takumi
Le immagini sono di Toyo Ito & Associates, Architects Kimura, Keiko Sasahara Abe, Shiori Ito, Taketo
Ohta per il prezioso aiuto e la consulenza tecni-
Nacàsa & Partners Inc., pp. 22-23, 35, 44-45
ca prestataci.
Ishiguro Photographic Institute, p. 11
HORM s.r.l., p. 15 Matteo Belfiore (1979) è dottore di ricerca in Progettazione
Architettonica e Urbana e dal 2010 Postdoc Researcher presso il
laboratorio di Kengo Kuma all’Università di Tokyo. Alla pratica
professionale affianca una costante attività di ricerca sui temi del-
l’architettura contemporanea.
Salvator-John A. Liotta (1976) è ricercatore presso il laboratorio
in copertina: di Kengo Kuma all’Università di Tokyo. Ha collaborato con
Gia Domus, Compasses e Area. Suoi progetti sono stati esposti alla
in retrocopertina: Biennale di Architettura di Venezia, alla Biennale d’Arte di Berlino,
?????? al Museo di Arte Moderna di Varsavia.

5
Una sua grande passione è il baseball. In che
modo lo sport ha formato ed influenzato il suo
carattere?
Il baseball mi piace moltissimo, l’ho praticato
fino al completamento delle scuole superiori ma
adesso lo guardo solamente perché non ho più
il tempo di praticarlo. È uno sport formativo per-
ché si gioca in team e questo impone uno spiri-
to di collaborazione a chi lo pratica. Mi ha aiuta-
to molto a confrontarmi con gli altri, ha avuto
un’influenza positiva sul mio carattere.

Come ha iniziato il mestiere dell’architetto e


quali sono state le sue prime esperienze pro-
fessionali?
Ho aperto il mio studio quando avevo 29 anni.

7
Di solito, i primi incarichi professionali riguarda- volmente, la cultura tradizionale giapponese in
no case private, architetture piccole di vario me si manifesta spontaneamente, senza che io
genere, bar, arredamenti di negozi. Personal- possa oppormi. Eppure io la posso filtrare,
mente, ho progettato le case di alcuni amici interpretare con la mia contemporaneità.
miei e dei miei genitori e qualche edificio com-
merciale di piccole dimensioni. Per lungo tempo Quale è il rapporto tra teoria e pratica nel
ha fatto questo tipo di lavori. Ho costruito il mio nostro mestiere?
primo edificio pubblico nel 1988, quando avevo Sono convinto che una teoria che non sia fon-
47 anni. data sulla pratica non abbia un vero significato.
Per quanto mi riguarda, ogni volta che metto in
Toyo Ito (1941) e Tadao Ando (1941) rappre- pratica una teoria, mi rendo conto della differen-
sentano le due punte di diamante della attuale za enorme che vi è rispetto all’idea originaria
scena architettonica giapponese. Il primo che avevo avuto e alla sua realizzazione.
sembra incarnare lo spirito della contempora- La struttura teorica della mia attività è basata
neità, il secondo quello della tradizione… sulla messa in pratica della teoria, cioè sulla rea-
Potrei dire che io sono ciò che dico e ciò che lizzazione di un pensiero teorico. Una volta rea-
penso, io sono le mie parole e i miei pensieri. lizzato, rifletto intensamente sull’esperienza che
Nei miei pensieri e nelle mie parole c’è la mia ho fatto e da qui nasce un nuovo pensiero teori-
modernità, ma si annida anche in modo incon- co. È un processo continuo di feedback e anali-
sapevole lo spirito tradizionale del Giappone. si incrociate. Se questo non avviene, allora è
Proprio perché è dentro di me in modo involon- come se ci fosse qualcosa che non sta andan-
tario, questo spirito della tradizione lotta per do nella direzione giusta.
venire fuori anche quando tendo a ricacciarlo
indietro, dentro di me. Gli stili di vita contempo- Secondo lei le teorie di Deleuze e Guattari sulla
ranei tendono a presentare dei tratti comuni a nomadologia hanno influenzato in suo lavoro?
livello mondiale. È ciò che si definisce omologa- Non ritengo che il concetto di nomadologia di
zione. Per quanto mi riguarda sono nato e cre- Deleuze e Guattari mi abbia influenzato in modo
sciuto in Giappone e quindi, anche inconsape- diretto. Ad ogni modo, riconosco che la vita

8 9
degli abitanti nelle nostre città è caratterizzata Tama Art University Library, 2002-2007
da ritmi che non conoscono soste, è scandita
da un movimento continuo che si può parago-
nare forse a quello dei nomadi.
I legami familiari sono diventati più labili, la con-
sapevolezza dell’identità regionale o nazionale si
è assottigliata, lasciando spazio all’emergere di
relazioni individuali. Per di più, queste relazioni si
intrattengono dentro un sistema dinamico che
non smette mai di muoversi.
Penso che questo tipo di flusso continuo che
coinvolge così tante persone sia un fenomeno
nuovo, di indubbio interesse, del quale ancora
non comprendiamo gli effetti. E ciò rappresenta
per me fonte di continuo stimolo. Mi spinge a
riflettere su quale tipo di spazio, su quale tipo
architettura possa aver bisogno gente profon-
damente immersa nel flusso continuo della vita
moderna.
Ed è per questo che, facendo salva l’importan-
za che devono avere i sentimenti della famiglia,
non ho molto interesse per un’architettura fon-
data esclusivamente sulla coscienza e sulla
conoscenza del passato. Ciò mi porta quasi
naturalmente a pensare architetture che guarda-
no alle nuove forme di relazione che le persone
intrattengono. Perciò progetto spazi dove siano
la leggerezza e la fluidità a rappresentare il con-

10 11
tinuo movimento nel quale sono immerse le cio, tra anima e tecnologia. La tecnologia è
nostre vite. secondo me un’ “astrazione naturale” che negli
ultimi tempi ha avuto uno straordinario sviluppo.
Le “Lezioni americane” di Italo Calvino posso- La differenza sostanziale esistente tra il sistema
no averla influenzata sulla definizione di temi delle macchine e il sistema elettronico consiste,
quali la leggerezza e la trasparenza che carat- a mio parere, nel fatto che l’era delle macchine
terizzano la sua produzione architettonica? era definita da un sistema basato sull’uso di sin-
Non ho letto “Lezioni Americane” di Calvino, gole parti assemblate assieme.
però ho un ricordo molto vivo de “Le città invisi- Queste singole parti rendevano efficiente la pro-
bili”, e il modo fantastico con il quale in quel duzione, ma tutto il sistema si basava sulla
libro si entra da posti reali e si esce da luoghi autonomia degli elementi che erano scissi dal
immaginari. È un libro che fa sognare, con una sistema superiore al quale davano vita.
concentrazione e una densità incredibili di fanta- Nell’era dell’elettronica assistiamo invece al
sia. Non so rispondere con esattezza alla nascere del concetto di network: quell’elemento
domanda che lei mi pone. Posso però dire che che prima era scisso, adesso viene messo a
è un libro che mi ha sicuramente molto divertito. sistema, fa parte di qualcosa di più grande, e ha
anche cominciato a emettere segnali. E questo
Quali sono i caratteri della sua proposta per in qualche modo lo fa rassomigliare e lo avvicina
una architettura dell’era elettronica? al funzionamento complesso della natura. In
Si dice che il XX secolo sia stato il secolo dell’e- buona sostanza, mi sembra che la tecnologia
lettricità e che adesso invece siamo entrati in dell’era elettronica si stia, e ci stia, avvicinando
quella dell’elettronica. Noi sappiamo che le al mondo della natura dal quale si era tempora-
macchine esistono e rappresentano l’astrazione neamente allontanata quando mostrava il suo
all’interno del complesso sistema della natura. carattere meramente meccanico.
Sono elementi solo apparentemente non-natu-
rali e ci aiutano a rendere efficiente il nostro Nella sua visione del futuro, natura e tecnolo-
sistema di produzione. In altri termini, sto par- gia saranno una cosa sola. Ci chiarisce questo
lando del frequente dibattito tra natura e artifi- suo pensiero?

12 13
Provo a dare una spiegazione partendo dai Ripples, 2003
sistemi biologici. Se guardiamo al mondo della realizzato da HORM s.r.l.
natura, come l’acqua che scorre, o i flussi del
vento, o alla forma degli alberi, o alle forme
viventi ci rendiamo conto che non vi è la presen-
za di angoli retti. Allora mi chiedo: perché i fiumi
non scorrono in linea retta? Perché i rami degli
alberi non si diramano usando angoli a novanta
gradi? L’architettura invece usa quasi sempre gli
angoli retti e quando non lo fa, usa le forme cir-
colari facendo uso di una geometria elementare,
di una geometria spontanea, ingenua potremmo
dire. Per quanto mi riguarda, ritengo che la vita
degli uomini sia stata influenzata dal mondo del-
la natura. Più mi avvicino alla complessità del
sistema naturale, più spontaneamente cerco di
usare una geometria che esprima una architet-
tura vicina al mondo della natura. Ed è per que-
sto che l’uso del computer, con il quale si pos-
sono compiere dei calcoli complessi, ci ha dato
maggiori possibilità di avvicinarci di più a un’e-
spressione “naturale” che appartiene più al XXI
secolo che a quello precedente. Trovo questo
pensiero particolarmente eccitante.

L’artista coreano Nam June Paik afferma che


la video arte imita la natura, non nel suo
aspetto o nella sua dimensione, ma nella sua

14
intrinseca struttura temporale. In che modo la un palazzo è come se piantassero un palo all’in-
sua architettura imita la natura? terno del tessuto urbano che si può assimilare
Il primo problema riguarda il trascorrere del tem- al grande flusso d’acqua che scorre.
po. Ciò significa che il mondo della natura non Certo, esso è più lento nel trasformarsi e non ha
ferma mai la sua evoluzione, pulsa sempre, in la stessa fluidità della corrente. Sicuramente,
essa tutto si muove e muovendosi cambia di non arrivo a pensare che i palazzi che costruia-
continuo. Quando e come l’architettura si inseri- mo possano muoversi. Per analogia con il palo
sce in questa situazione? Innanzitutto, ritengo e la corrente del fiume, voglio dire che quel
che in questo processo l’architettura non vi palazzo inserito in un tessuto urbano determina
rientra sempre e a priori, ma acquista una sua un cambiamento in quel posto mentre tutto il
ragione d’esistere solo quando riesce ad instau- resto resta immutato. Io sono interessato al
rare relazioni con la natura, ogni qual volta la cambiamento del tessuto urbano in quel punto,
natura stessa pone all’architettura dei problemi. ai mulinelli. Sono interessato alle relazioni con il
Concedetemi un esempio che permetterà di contesto, ai flussi che danno forma alla natura e
capire facilmente cosa intendo dire. alla vita.
Sappiamo che l’acqua di un fiume scorrendo
dentro gli argini determina una corrente. La cultura giapponese riconosce i tratti dell’e-
Se provo a mettere dentro questa corrente un ternità in ciò che vive e perisce rapidamente.
palo, si cominceranno a formare dei piccoli Alcuni templi vengono ciclicamente abbattuti
mulinelli in quella particolare zona del fiume. e ricostruiti, così come molti edifici civili. Ciò
Ancor più della corrente - che rappresenta la che si vuole tramandare non è la sostanza fisi-
condizione dinamica iniziale - come architetto ca ma lo stile, il senso celato dietro ogni ope-
sono interessato a questi vortici che si vengono ra. Che rapporto hanno i suoi edifici con il
a formare attorno al palo, a ciò che la presenza tempo?
del palo è capace di produrre e mutare nella I templi scintoisti vengono distrutti e ricostruiti
condizione originaria, nella immagine del fiume più volte, ed è nella ripetizione di questo gesto
che comunque continua a scorrere. che lo scintoismo rivela ai propri fedeli il rito del-
In generale, quando gli architetti costruiscono la trasformazione della vita in morte e della mor-

16 17
te in rinascita a nuova vita. La continua ricostru- Relaxation Park
zione simbolizza l’esperienza di ciò che è eterno in Torrevieja, 2002
e la comprensione del senso dell’eternità è affi-
data alla reiterazione del gesto di ricostruzio-
ne...L’architettura tradizionale giapponese ha
usato il legno come materiale di costruzione, il
suo ciclo di vita è sempre stato particolarmente
breve, soprattutto se lo paragoniamo alle
costruzioni europee in pietra. Ma come riuscire
a far vivere a lungo un’architettura? Credo che
conosciate la tecnica usata nel santuario di Ise.
Lì vi sono due terreni sacri contingui, su uno di
essi vi si trova il santuario che ogni 15 anni viene
abbattuto per essere immediatamente ricostrui-
to nel recinto sacro contiguo. In questo modo si
procede alla purificazione della casa sacra degli
dei che viene ricostruita immediatamente accan-
to per ospitare i tesori sacri della religione scin-
toista. In questo modo, attraverso la sua ciclica
ricostruzione, il tempio comunica un messaggio
alle generazioni future. In Oriente, non è la mate-
ria che conserviamo ma la tecnica.
Per quanto riguarda le mie architetture, non
voglio che vivano per 100 o 200 anni. Se anche
durassero molto meno, tanto quanto la vita di
una persona,10, 20 o 30 anni, ciò non sarebbe
per me motivo di sconforto perché non è la
durata ciò che desidero per le mie opere.

18 19
Se dovessi rappresentare i valori di una società adotta lo stesso modo di “vivere”. Per me, l’ar-
in un determinato periodo, preferirei comunicarli chitettura usa lo stesso processo perché è stata
con un’architettura provvisoria, che sia legata a capace di instaurare diversi collegamenti fluidi
quel momento. Ciò non significa che quando con la natura, perché non si è separata dalla
progetto penso a durate molto limitate; so inve- natura per esistere, ma anzi è proprio assieme
ce che quando una mia architettura scompare ad essa che sta prolungando il processo di tra-
non provo alcun rimpianto. In questo mio modo sformazione dell’esistenza.
di pensare, scorgo un certo legame con il bud- Un’altra ragione è data dal fatto che l’uomo fa
dismo. Vi è una frase del linguaggio comune parte della natura perchè le somiglia nel suo
che sentiamo spesso ripetere e che non ritenia- essere e nel suo non-essere: l’uomo nasce,
mo vera fino in fondo. Invece per me è un punto scompare e poi ritorna a vivere ancora una vol-
di riferimento importante: “l’uomo fa parte della ta. Questo è un modo di riflettere proprio del
natura” (la scandisce, come se stesse pronun- buddismo. Dopo esser morti, si ritorna a vivere
ziando questa frase per la prima volta, ndr). E ancora una volta: il reincarnarsi, il ricircolare, si
se ne fa parte l’uomo, di conseguenza anche attaccano addosso all’esistenza e sembrano
l’architettura ne fa parte. non volersene staccare.

In che modo l’uomo fa parte della natura? Ci sono edifici che restano moderni per sem-
In diversi modi, ma per farle capire ciò che pre, altri che lo sono per un periodo limitato.
intendo dire, pensi all’analogia tra lo scorrere Come deve essere un edificio per essere con-
dell’acqua nei fiumi e lo scorrere del liquido nelle siderato eternamente moderno?
vene. L’uomo ha sempre avuto bisogno di Ho già detto come 10 o 20 anni di vita per le
immettere acqua dentro il proprio corpo e ciò mie architetture vadano piuttosto bene. Pur non
“dà vita” a tanti piccoli fiumi interni. Ma questo è avendo una “coscienza volontaria” della tradi-
anche il modo con il quale il mondo, il territorio zione giapponese, ho però un grande interesse
del mondo, è segnato, solcato, attraversato e, per i modi di vita contemporanei e penso che
in ultima analisi, connesso dall’acqua dei fiumi e noi stiamo sempre più esprimendo al meglio lo
dei mari. L’uomo fa parte della natura perché ne spirito della modernità.

20 21
in queste pagine
Sendai Mediatheque,
2000-2008

22 23
Non si tratta di far tornare il passato in vita, si durre. Forse è per questo che voglio che il pas-
tratta forse più di captare le energie della con- sato non ritorni o che, comunque, non si torni al
temporaneità, del tempo nel quale viviamo, passato.
semplicemente perché queste energie sono
oggi le più intense. Come si cattura l’essenza delle contempora-
Il problema è quello di canalizzare queste espe- neità per trasformarla in teorie e progetti?
rienze e trasformarle in espressioni architettoni- Quando cammino per la strada, guardo come la
che, sapendo che magari queste stesse gente si veste, da quali cose sono attratte. Se
espressioni che oggi sono così pregnanti, dopo vedo qualcosa di veramente fashionable, più
dieci anni cambieranno forma. Ad ogni modo, che su me stesso, penso alla reazione che que-
queste energie rimangono all’interno dell’archi- sto oggetto produce sugli altri. Se essa in quel
tettura, e quindi la miglior architettura moderna momento si rende manifesta in qualche modo e
è quella che contiene lo spirito della modernità. se io percepisco questa reazione, essa istanta-
Sembra un gioco di parole, un paradosso, ma neamente si traferisce su di me e diviene un mio
lo spirito è ciò che anima sia il nostro tempo “problema”. Per esempio mi chiedo come mai i
che le nostre architetture, e di conseguenza gli giovani di oggi vivano con i loro genitori e non
edifici moderni sono quelli che comunicano pensino a farsi una vita propria. Come mai non
questo spirito del tempo. vogliono diventare più liberi? Se solo loro voles-
Quando guardo la villa di Katsura, essa oggi sero diventare più indipendenti e avere un loro
appare “moderna” perché quando fu costruita spazio, quanti architetti, invece che sprecare le
era un’opera di avanguardia. È stata una loro energie a disegnare case per famiglie tradi-
costruzione realizzata con grande coraggio ed è zionali, potrebbero esprimersi in modo nuovo
questo spirito che si sente ancora. Forse è pro- tenendo conto di questo fenomeno sociale?
prio questo che impressiona e la fa ammirare Ma più che questo, mi chiedo cosa occorra per
per la sua modernità. Se oggi volessimo imitare rendere più profonde le relazioni delle “famiglie”
la villa di Katsura, ciò non sarebbe possibile e fra le “famiglie” composte da una sola perso-
perché qualcosa o molto della vita di quel tem- na. E mi domando: per non far pesare il fatto di
po è andato perso e noi non lo possiamo ripro- vivere da soli, da un punto di vista sia di consu-

24 25
in queste pagine
Forum for Music, Dance and Visual Culture,
Ghent, 2004

27
mi energetici che di relazioni sociali, che tipo di fanno proseguire alla storia un percorso già
case dovremmo costruire oggi? Quando penso avviato da altri, ed in relazione all’eredità ricevu-
a questo problema, ritengo che si profilino tan- ta cercano di mantenere la stabilità e l’ordine.
tissime possibilità. Ed è questo il tema su cui mi Lo scorrere dell’esistenza ci mostra sempre
piace riflettere, perché è un tema importante qualche nuovo aspetto della realtà ma ritengo
della modernità. che fra la vita moderna e l’architettura vi sia un
Quando guardo i giovani di oggi, cerco di capire gap. Per questa ragione cerco di far coincidere
i loro modi di relazione, cerco di capire cosa la mia visione dell’architettura con la modernità.
conti davvero nella loro vita. Ma attenzione, non si tratta di voler essere nuo-
vi a tutti i costi. Anzi penso che voler essere
Sembra che oggi a fare la differenza tra archi- interpreti del proprio tempo debba essere qual-
tetti comuni ed archistar sia la capacità di cosa di spontaneo e non una forzatura. Perciò,
essere “avanguardia”: comprendere dove sta quando progetto, cerco di diventare un po’ più
andando la società, anticipare i gusti e creare libero. Come si fa a divenire “famosi” non lo so,
le necessità. È d’accordo con questa afferma- ma so che l’architettura ha il vizio di relegare la
zione? Come si diventa famosi secondo lei? gente in spazi chiusi invece che di aprirla al
Mah! A dire il vero, tutto posso pensare di me mondo e regalarle la libertà.
tranne che io sia un’archistar! (ride). Penso che “Proporre la libertà” penso che sia la cosa più
l’architettura convenzionale sia molto più con- importante. Questa volontà riguarda soprattutto
servatrice e reazionaria rispetto a quella pratica- la produzione di architettura pubblica.
ta dalle avanguardie. E quindi è per questo che
la vita moderna sembra essere in ritardo, sem- Oggi si dice spesso che bisogna dimenticare
bra attardarsi dietro questa architettura conven- Vitruvio, per dire che firmitas, utilitas e venu-
zionale. È forse per questo che le forme genera- stas non sono più sufficienti a progettare e
te dalla vita del passato continuano a vivere descrivere l’ architettura contemporanea. Lei è
anche oggi. L’architettura viene pensata come d’accordo con questa idea?
ordinatrice della società, un’attività che aiuta a Non penso che sia un bene dimenticarlo, per-
conservare l’ordine costituito. I vecchi palazzi ché si tratta di un grande insegnamento. Ciò

28 29
in queste pagine
Taichung Metropolitan
Opera House, 2005

30
non di meno, il suo insegnamento appartiene natura”. Perciò quando “faccio architettura”,
ad un’altra epoca, dove il problema delle strut- cerco di capire cosa ha di bello il paesaggio
ture e delle forze in gioco erano differenti. Sono intorno alla costruzione che sto progettando e
interessato alla struttura architettonica, e cerco cerco di capire come farlo sembrare ancora più
di sapere tutto sull’evoluzione dei nuovi sistemi bello. Ciò sembra semplice da ottenere ma non
costruttivi e strutturali. Questa è la ragione per lo è. È per questo che ritengo interessante que-
la quale fin dalle prime fasi di un nuovo progetto sto atteggiamento progettuale.
cerco di lavorare a stretto contatto con gli inge- All’estero adesso ho molti lavori. Quando vado
gneri strutturisti con i quali avanziamo confron- in Europa, per esempio in Belgio o in Spagna,
tandoci ripetutamente. Nel XX secolo è cambia- gli architetti che vivono in queste nazioni ne
to sensibilmente il concetto di funzione. Tra l’al- sanno sicuramente più di me sulla storia dei
tro, non è una parola che amo usare. Non mi luoghi, sui contesti, sui problemi che vi sono.
piace pensare che devo costruire un certo Quelli come me che non conoscono questi luo-
numero di spazi in accordo con un certo nume- ghi possono tuttavia essere capaci di far emer-
ro di funzioni. Preferisco pensare che sto gere una personale conoscenza delle nuove
costruendo per le persone e non una funzione realtà e dei nuovi contesti con i quali entrano in
prevista dal programma. In definitiva, penso che contatto. Questo è il metodo che uso e da que-
il senso di queste tre parole sia profondamente sto metodo deriva l’architettura che mi piace
cambiato da quando sono state pronunciate la progettare. In Belgio, a Bruges per esempio, ho
prima volta. Ciò non esclude che abbiano un’e- costruito un piccolo padiglione. Bruges è una
norme importanza perché esprimono l’essenza deliziosa città medievale e più di una volta ho
dell’architettura. riflettuto su cosa avrei potuto progettarvi. Ho
capito che costruirvi qualcosa di simile all’archi-
In che modo le sue architetture si relazionano tettura già presente in città, sarebbe stata una
al contesto? decisione sbagliata. Ad ogni modo, si sarebbe
Penso che non vi sia una relazione diretta tra trattato di una costruzione leggera, con una vita
l’architettura e il suo intorno. Più che fare archi- non lunga davanti a sé e quindi, anche se fosse
tettura, il mio obiettivo è quello di “produrre apparsa come proveniente da un altro mondo e

32 33
atterrata lì come una libellula, quando sarebbe New Real in Architecture,
scomparsa del tutto avrebbe comunque lascia- Exhibition at Tokyo Opera City Art Gallery
to una leggera, passeggera impressione. Mi
piace pensare che gli abitanti di Bruges, veden-
do costruire il padiglione, esclamassero “…ma
cosa sta accadendo nella mia città?”. Questa è
l’architettura che mi piace progettare.

Lei ha scritto in una intervista: “The thing that


worries me the most is that everyone wears
the same things, eats the same things, lives in
the same environments…”. In che modo l’ar-
chitettura può combattere la globalizzazione e
la massificazione?
Partiamo dalla considerazione che oggi è diven-
tato possibile costruire la stessa architettura in
tutto il mondo. Il risultato è che anche le città
più distanti per cultura e fattori climatici hanno
cominciato ad assomigliarsi, almeno per ciò che
riguarda le costruzioni. Per quanto riguarda il
linguaggio, dopo la cosiddetta globalizzazione,
la mia città che città sarà? Che lingua vi si par-
lerà? Che tipo di ambiente ci presenterà? Que-
sti sono problemi con i quali d’ora in poi
dovremmo confrontarci. Per esempio, quando
costruisco una mia architettura a Tokyo, cerco
di fare emergere il sentimento, l’anima delle
feste, la gioia e l’esuberanza che vi erano

35
durante il periodo Edo (nome precedente di completamente differenti. Questo perché “l’o-
Tokyo, ndr). In tutto il mondo si mangiano gli dore” di una nazione, per quanto tempo possa
stessi hamburger di Mc Donald, indossiamo gli passare, non va via facilmente. Perché alla fine
stessi vestiti, usiamo gli stessi oggetti nelle è il sentimento “animale” quello che sottostà alla
nostre case, ma le parole con le quali comuni- cultura. E anche se oggi passiamo le nostre
chiamo sono comunque differenti, così come giornate dentro i grattacieli a lavorare davanti ad
sono diversi i nostri caratteri e forse anche i un computer, quello che continuo a cercare tra-
nostri sentimenti. E quindi mi chiedo ancora una mite la mia architettura è proprio di spazializzare
volta: in che modo esprimeremo un’auspicabile l’istinto e progettare luoghi dove risvegliare l’i-
diversità in ambito architettonico? stinto che ognuno di noi porta dentro di sé.
È qui che mi rivolgo alla struttura del linguaggio
per cercare le differenze alle quali ispirarmi. Per Ci racconta come nasce un suo progetto pas-
quanto mi riguarda, non posso dire di parlare un so dopo passo? È vero che fate dei concorsi
inglese impeccabile. La lingua che parlo meglio interni allo studio?
è il giapponese e la sintassi di questa lingua è Nel mio ufficio, di solito metto assieme team
strettamente connessa con lo spazio nel quale composti da 3 a 6 persone, sia che si tratti di
è nata. Questa è una cosa molto importante, progettare per un concorso che per altri tipi di
ma c’è un’altra sintassi altrettanto importante, incarichi. Per prima cosa si studia il programma
quella del corpo. Quello che si pensa con l’intel- e quindi si propongono delle immagini sulla
letto potrebbe anche arrivare ad essere simile base delle prime idee. Poi facciamo una sorta di
per un gran numero di persone, ma ciò che si concorso interno, che però non ha le rigidezze
sente col corpo risulta di volta in volta differente di un vero e proprio concorso.
per ognuno di noi. Per questo, ritornando alla Comunque, io e lo staff più giovane partecipia-
produzione dello spazio, diventa importante mo in modo parallelo e paritetico ad elaborare
esprimersi anche tramite “il corpo dell’architet- la proposta. Di solito, vista la differenza di espe-
tura” e non solo con il suo linguaggio. rienza, sono io “a vincere” (ride), ma ogni tanto
Guardate come si muovono gli spagnoli e gli capita che la spunti qualcuno dello staff più gio-
italiani o come si muovono i giapponesi. Sono vane. E quando ciò capita, da parte mia non c’è

36 37
in queste pagine
Meiso no mori Municipal Funeral Hall, 2004-2006

38 39
nessun tipo di ostruzionismo e si procede trollare che tutto vada come deve andare e non
seguendo l’idea approvata. Si producono dei allento l’attenzione fino a che non vedo alzati i
plastici di studio che molto spesso inducono a muri secondo le mie decisioni. Se ci pensate,
cambiare idea e a far emergere cose sempre tutto ciò somiglia un po’ al modo di vivere delle
nuove. E quindi senza sosta si continua a lavo- persone: non so cosa farò fra dieci anni, però
rare ogni giorno sul progetto, a cambiarlo conti- so chi incontrerò domani, e così, un po’ alla vol-
nuamente e sondarne le potenzialità. Questa ta, la mia vita cambia e si inoltra nel futuro.
fase del lavoro di gruppo ritengo sia quella più Quando la mia vita va avanti in questo modo,
interessante, perché l’architettura non è qualco- senza una forma precostituita, allora sono felice.
sa che si fa da soli, e quegli architetti che lo fan- Preferisco quella architettura che nasce a va
no stanno forse semplicemente “schizzando” avanti senza una forma precostituita.
l’immagine di se stessi. Per questo metodo di
lavoro non ho molto interesse. Il lavoro di team Come si presenta un progetto al cliente?
va oltre e si deve confrontare con gli ingegneri Quanto contano psicologia e persuasione?
strutturisti e meccanici, ma non dimentichiamo- All’inizio del rapporto con il mio cliente, gli pro-
ci mai del cliente. E mentre discuto con tutte pongo qualcosa di morbido, di flessibile perché
queste persone, le idee che ho avuto sul pro- non mi viene mai di pensare ad una forma già
getto cambiano di continuo. perfettamente strutturata. All’inizio la mia imma-
Questo del cambiamento è il momento per me gine del progetto somiglia a una nebulosa.
più interessante perché prendo atto che ciò che Poi, poco a poco, si inseriscono delle condizioni
avevo pensato all’inizio spesso non ha nulla a e dei limiti che automaticamente cominciano a
che vedere con il risultato finale. Se le prime delineare una figura. Non mi piace che questo
idee, le prime soluzioni, le prime immagini sono avvenga subito, che subito nasca una forma.
ancora lì alla fine del lavoro, allora trovo che il Mi piace ancora pensare a qualcosa che abbia
processo ideativo non ha avuto nulla di eccitan- la vaghezza di una nuvola che mi piacerebbe
te e per me è fallito. Così mi piace pensare della “acchiappare”. Vorrei mantenere la mia architet-
mia architettura. Poi, quando procedo nell’inse- tura sempre così, morbida, leggera (ride).
rimento del progetto nella realtà, sono lì a con- So però che questa nebulosa morbida ad un

40 41
certo punto deve prendere forma e ritorniamo Fino a che punto viene portato avanti questo
così alla domanda precedente a proposito della processo?
libellula. Quella domanda era importante per Fino a quando il morbido di cui ho parlato
spiegare il processo che stiamo descrivendo. scompare. Le immagini morbide servono per
La larva della libellula si squaglia morbidamente fantasticare e affinare sempre più la soluzione,
fino al punto da sembrare liquida e questo ma quando poi le cose devi realizzarle, sai che
momento è veramente affascinante perché devi dare consistenza di materia al tutto e la
ancora non è chiaro che forma acquisirà. morbidezza scompare.
Questo momento è veramente intrigante, anzi è
quello che forse mi attrae di più in assoluto. È possibile parlare di architettura forte e debo-
E quando il tutto mi si materializza davanti agli le? Una che si impone e l’altra che si espone?
occhi, dico: “Wow, guarda come è diventato!”. Un modo maschile o femminile di interpretare
C’è anche un po’ di delusione in questa frase le forme? Vi è una relazione fra linee curve del
perché penso anche che il gioco delle trasfor- corpo e dei palazzi? La sua opera si ispira alla
mazioni sia terminato. Per esempio a Sendai, i natura, solo a lei, o anche a “madre natura”?
tubi della struttura erano così morbidi da sem- In primis non penso che si possa parlare della
brare acqua che scorre, ma quando li ho visti relazione fra il corpo delle donne e l’architettura
nella loro durezza ho esclamato “Ehi! Chi sono come di un problema formale. Per me la sen-
questi?” (ride). Ritornando a ciò che mi si chie- sualità è qualcosa che valuto molto e ho in alta
deva, quando presento le mie proposte al clien- considerazione. Mi allontano un pò dalla
te per me è come se gli tirassi una palla che lui domanda e dico qualcosa sull’amore, argomen-
maneggia per un po’ e me la ritira. to che normalmente gli architetti tacciono, o for-
Sulle base di ciò che mi ritorna, cambio il pro- se sul quale nessuno li interroga. Per esempio
getto. E siccome questa palla va e ritorna tra quando faccio l’amore, per me è come avere a
me e il cliente numerose volte, numerose volte che fare con l’aria. (ride). È difficile da spiegare,
intervengo sul progetto per cambiarlo. ma comunque ci provo. Per esempio, quando
Così cerco di far appassionare il cliente al gioco bevo del sake e sono con un donna, una certa
e quindi al progetto. immagine di vaghezza, di spirito indefinito si

42 43
in queste pagine
TOD’S Omotesando
Building, 2004

44 45
impadronisce di me, e quindi facendo l’amore zo fotografico è stato possibile formulare un
mi proietto in una dimensione di estasi: questa diverso modo di pensare alle immagini e alla
è una cosa nella quale mi trovo a mio agio, è consistenza della realtà. Per esempio, la foto-
così morbida, così sensuale, che rispecchia grafia permette, ancora più dell’architettura rea-
l’immagine e lo spirito che governano e inspira- le, di comunicare determinate impressioni sui
no maggiormente l’architettura che vorrei realiz- temi della trasparenza e della leggerezza.
zare. Che dirvi: non lo so se vi sia una relazione Non v’è dubbio che l’immagine fotografica rie-
diretta fra forme e sentimenti, forse è un tema sca ad essere più bella della realtà stessa e for-
che andrebbe indagato maggiormente, però so se è per questo motivo che i fotografi lavorano
che quando parlo con degli italiani e siamo in con queste cose impalpabili che sono la sen-
compagnia femminile, non conoscendo la lin- sualità e i sentimenti. Grazie al particolare “filtro”
gua italiana, non ho la più pallida idea di cosa si che di volta in volta usa il fotografo, noi vediamo
stia dicendo. Ad ogni modo, quando ascolto voi le cose nella loro opacità, o nella loro trasparen-
italiani, mi sembra di sentir leggere sempre un za, o nella indeterminatezza dei confini dell’im-
libro di poesie che produce in me estasi e mi magine che sfumano. Il lavoro sulla fotografia mi
rilassa. Questo accade perché la lingua italiana influenza in modo particolare.
risulta molto sensuale alle mie orecchie.
Il concetto di cornice/frame, già fortemente
Noi viviamo nella società dell’immagine. Ogni presente nell’opera corbusiana, è comune alle
edificio è pensato per apparire il più fotogenico arti visive. L’architettura può ricoprire il ruolo
possibile, per essere pubblicato ed ammirato in di macchina fotografica, discretizzando il reale
libri e riviste. In che modo la fotografia può attraverso il filtro fornitole dal suo fotografo,
influenzare la composizione architettonica? l’architetto. In che modo le sue opere filtrano
Ci sono tanti strumenti capaci di influenzare la la realtà circostante?
composizione di un progetto, ciò nonostante Questa domanda è interessante ma richiede
non ritengo che un edificio venga esclusivamen- tempo per la risposta! (ride). Quanto mi piace-
te progettato per ragioni legate alla fotogenicità. rebbe poter veramente progettare qualcosa che
Non va però dimenticato che attraverso il mez- non preveda di essere condizionato da un fra-

46 47
me! Allo stesso tempo, penso che l’architettura Di recente, ho fatto una mostra in Giappone e
non riesca a farlo, perché si finisce sempre per mi sono chiesto quali sarebbero stati i media
inserire l’architettura dentro una o un’altra corni- più opportuni con i quali raccontare i miei pro-
ce: sociale, culturale, strutturale, ecc. Nella mia getti. Ne ho provati tanti ma la verità è che non
architettura cerco di andare sempre al di là del sono bravo con nessuno di essi! A dire il vero,
frame nel quale sono stato costretto, di far tra- se confrontati con l’opera originale, sia le imma-
sbordare il progetto al di là dei limiti. Cerco di far gini di un video, sia gli schizzi che i disegni, non
andare il paesaggio al di là dello spazio che ho vanno per niente bene e forse anche le stesse
dovuto ritagliare, di far progredire la realtà verso foto non vanno bene. Rappresentare il senso di
un’ immagine che sfumi poco a poco. Chiamo un’opera è più difficile di quanto si possa imma-
questo modo di procedere graduation. ginare. Allo stesso tempo fra tutti questi media,
penso che il più efficace in termini comunicativi
Ci potrebbe spiegare meglio questo concetto? sia proprio la fotografia.
Penso alla graduation come a un processo nel
quale gli oggetti con una forma ben definita Mi pare di capire che lei crede molto nella
cominciano a liquefarsi. È un pò il discorso inver- capacità emotiva dell’architettura che è una
so a quello che abbiamo fatto prima, quando forma d’arte e come tale agisce sui sentimen-
dicevamo che l’immagine degli oggetti morbidi a ti. Qual è il suo rapporto con l’arte?
poco a poco prende forma. Prendendo quel pro- Non so se possiamo parlare a stretto rigore di
cesso e invertendolo abbiamo qualcosa che, qualcosa di artistico. Come dicevo prima, le mie
grazie al mezzo fotografico, ha una forma che si architetture mirano a rendere le persone più
liquefa, una forma che si sfoca poco a poco. Per libere rispetto all’ordine costituito. E quando uso
me, ha molto interesse questo passaggio da uno questa pratica di vita ispirata alla libertà, vedo
stato all’altro e poi viceversa. Per me la gradua- che si riesce a comunicare più direttamente con
tion esprime proprio questo cambiamento. le persone, con maggiore efficacia, perché si
instaura una simpatia comune, un sentimento
Quale è il mezzo espressivo più adatto a rap- empatico tra spazio e persone. Quindi, la prima
presentare il senso delle sue opere? cosa che mi interessa non è la bellezza. “Mi pia-

48 49
in queste pagine
Les Voiles des Halles

50 51
cerebbe che la biblioteca dove mi trovo adesso, architettura innovativa. Nel caso del luogo pub-
sia in futuro una biblioteca più libera”. “Mi piace- blico, mi devo un po’ limitare nelle idee innovati-
rebbe che si possano fare più cose liberamente ve visto che lo spazio che andrò a progettare
nello spazio che andremo a progettare”. Sono sarà usato da più persone. I committenti pubbli-
questi i pensieri che mi risuonano nella testa ci, i burocrati insomma, generalmente preferi-
quando progetto. È questo il sentimento che ho scono qualcosa di più convenzionale rispetto
avvertito nelle persone per le quali ho progettato alle mie proposte, e così cominciamo a scon-
la mediateca di Sendai, è questo il valore che trarci. Questo chiaramente non avviene quando
intendo promuovere con la mia architettura. progetto una casa. Se le cose si fanno con vero
piacere, penso che sia un bene per tutti. Quan-
Nella recente mostra tenutasi in Italia dal titolo do pensiamo a cosa rende differente le varie
1 to 200 erano presenti modelli dei suoi lavori scale, non si tratta solo di misure geometriche
in scala 1:200 e proiezioni in scala 1:1. Le ma anche di fatti emozionali. Quando sono
Corbusier parlava di una struttura della forma sull’1:100 o 1:200, penso al concetto nella sua
comune al dettaglio ed alla totalità. Che lega- interezza e la costruzione diventa la cosa più
me c’è nei suoi progetti tra la piccola e la importante. Quando scendo di scala e passo
grande scala? ad 1:50, 1:30, 1:10 il riferimento diventa meno
Anche se progetto cose di qualsiasi dimensio- concettuale e mi comincio ad approssimare ad
ne, la mia preferenza va a quelle che presenta- una scala più umana: qui il problema da risolve-
no una piccola scala, ed in definitiva pensare in re diviene il rapporto con il corpo. Per esempio,
piccola scala. Se progetto la casa per un cliente che rapporto ci sarà fra me e il telaio della fine-
o se progetto un luogo pubblico, nel primo caso stra? Che texture applicare al pavimento sul
ho a che fare con le particolari richieste del quale mi siederò? Mentre rifletto su questi det-
cliente, nel secondo caso no. Nel primo caso tagli, penso anche a che cosa si possa provare
faccio di tutto per testare le possibilità di appli- a starvi nel mezzo. Ad ogni modo, non è questo
care nuovi concetti spaziali al progetto e lo fac- il tipo di conoscenza che richiedo allo staff più
cio confrontandomi e comunicando con il clien- giovane del mio studio. A loro chiedo innanzitut-
te, ricevendone gli input per dare vita ad una to un concetto generale in scala 1:200, poi

52 53
magari chiedo anche qualcosa in scala 1:50 ma questo succedeva anche sia con l’entrata e
perché non v’è dubbio che cambi molto nel sia con l’“oku-no-ma”: in ognuno si potevano
passaggio dal 100 al 50. esprimere spazialmente più cose, senza per
questo avere una risoluzione definitiva del layout
Gli architetti occidentali immaginano lo spazio della spazio in questione. A me questo modo di
come strettamente connesso alla funzione che pensare piace in relazione al fatto che siamo in
accoglierà. In Giappone la concezione dello presenza di uno spazio dove la flessibilità pre-
spazio è differente. Potrebbe chiarirci meglio domina: ritengo ciò un fattore positivo. Sendai,
questo aspetto ed illustrarci in modo in cui per esempio, si ispira a questo concetto perché
esso è declinato nel suo lavoro? a qualunque piano si vada ci sono sempre sia la
Senza dubbio, il concetto di modernità del XX biblioteca che la galleria che il posto dove guar-
secolo ha dei profondi legami con la funzione: dare i video. Basta prendere in prestito gli stru-
da una parte, v’è stata l’idea che lo spazio menti necessari e tutti gli spazi di Sendai pos-
segua la funzione, ma v’è anche la possibilità sono essere usati per svolgere tutte le funzioni
inversa, ovvero che la funzione segua lo spazio. che ho appena elencato. Questo è il grado di
Se considerate l’architettura tradizionale giap- flessibilità che cerco di raggiungere. Ho basato
ponese, in un solo spazio come l’“oku-no-ma”, la mia visione della mediateca sulla facilità con
potevano avere luogo più funzioni, senza per cui cambiano le immagini trasmesse nei video-
questo dover dividere questo spazio in tante clip e sul grado di accessibilità che regala Inter-
stanze e ad ognuna assegnare un ruolo specifi- net. Tra l’altro, quest’anno la mediateca compie
co. In concordanza con le stagioni, si divideva sei anni e stiamo già pensando a rinnovarla,
in un certo modo, in concordanza con certi perché comincia a non rispondere con la
eventi si aprivano delle porte e se ne chiudeva- necessaria celerità ai cambiamenti.
no altre, incidendo così soltanto temporalmente
sulla definizione generale di un volume. Gli spazi Dopo appena sei anni ha veramente bisogno
che davano verso nord erano pensati rispetto a di essere rinnovata?
questa specificità, così come in modo peculiare Dopo averla usata intensamente in questi anni,
venivano pensati quelli che davano verso sud, penso di sì, che sia arrivato il momento di cam-

54 55
Sistema spaziale in queste pagine
e spazio espositivo The University of California,Berkley Art Museum and
di arte contemporanea Pacific Film archive, 2006

56 57
biare. Ora che abbiamo acquisito una certa spazio diventa qualcosa che nega la libertà per-
esperienza, abbiamo capito che certi spazi van- ché lì si può fare soltanto ciò per cui è stato
no ripensati nella funzione. Stiamo lavorando pensato, una sola funzione per un solo spazio,
sulla possibilità di assimilare gli spazi della appunto. Vorrei invece che i miei progetti potes-
mediateca a quelli di un parco: potersi riparare sero dare ad ognuno la possibilità di scegliersi
sotto un albero se c’è troppo sole, oppure, cosa fare in uno spazio in accordo con la sensi-
potersi sedere sull’erba se non ha piovuto. bilità, i desideri, le emozioni d’un certo momen-
Insomma, stiamo ripensando ad essa come ad to. Per questo voglio che Sendai assomigli ad
un qualcosa che faccia “sentire” la natura. un parco, ad un posto che, anche se chiuso,
possa regalare lo stesso feeling di un parco di
Lei ha parlato di architettura sensoriale. In che natura che invece è aperto.
modo un edificio può reagire ai sensi dell’uo-
mo o provocarne reazioni? Può farci un esem- Nell’arte marziale si dice che quando si diven-
pio di come agiscono i suoi edifici? ta maestri non si sfida più il nemico ma se
Quando un certo numero di persone si incontra stessi. Ora che in architettura lei è un maestro,
in un posto, immagino che lo spazio che li ospi- qual è la sua sfida?
ta sia di dimensioni conformi al numero e ben A dire il vero, non penso di essere maestro in
illuminato. Se invece una coppia si incontra per niente (ride). In più non ho mai nemmeno prati-
un appuntamento galante, allora forse è meglio cato il judo. Però, come sapete, sia in questa
avere uno spazio più piccolo e tranquillo e con disciplina che nel Kendo, se sono io che attac-
una luce soffusa. D’altronde, è l’istinto che gui- co, per vincere devo “sovrastare” l’energia del
da gli animali a muoversi verso spazi differenti, mio avversario. Ma se ad attaccare è l’avversa-
in accordo con il bisogno che hanno in quel rio, allora in questo caso, per vincere sono io
dato momento. Tutto ciò avviene quando ci tro- che devo “tirare” a me la sua energia, sono io
viamo nel mezzo alla natura. Quando siamo che devo usare la sua energia. Questo è il signi-
invece dentro a un’architettura dove in un certo ficato più importante del kendo e del judo:
posto si può soltanto leggere un libro e in un saper raccogliere ed usare la potenza e la forza
altro si può soltanto guardare dei video, allora lo dell’avversario.

58 59
Più specificamente e con riferimento al pro- metria. Fino ad adesso abbiamo progettato e
getto, qual è la sua sfida oggi? costruito usando la geometria euclidea, ma d’o-
Progettare in un modo nuovo. Mi piacerebbe ra in poi forse ce ne servirà una con meno linee
cambiare proprio l’idea generale del fare archi- e solidi perfetti. Diviene quindi fondamentale
tettura. Anche se adesso non ho una risposta sapere come produrre nuovi tipi di spazio aven-
definitiva, so che da qualche parte la risposta do coscienza di nuovi strumenti geometrici.
esiste. Cercherò di esporre la mia idea in modo Ho una certa età e non so come andranno le
semplice. Oggi sembra che l’uomo stia fermo, cose nel futuro, ma invito i giovani che lavorano
sembra che stia in posa, la sua forma è statica. nel mio studio ad insistere in questa direzione.
L’architettura che produciamo è ispirata a que- Certo, non vi è solo questo: non vanno dimenti-
sto tipo di uomo “pietrificato”. Secondo me cati l’uomo e il comunicare, soprattutto un
invece, tutto ciò che ci circonda è instabile, comunicare con chiarezza.
dinamico, e gli uomini oggi si muovono e viag-
giano più che mai. Sono interessato alla ricerca Ci parla dei suoi famosi quaderni delle idee
non della stabilità ma dell’equilibrio, che è qual- dove appunta tutto ciò che le viene in mente?
cosa di diverso. Il primo termine presuppone la Potrebbe mostrarcene uno?
stasi, l’altro il movimento. Sono alla ricerca di Mi dispiace ma i miei quaderni non li mostro a
un’architettura che coniughi questi due aspetti: nessuno (ride), nemmeno allo staff con cui lavo-
il movimento e la ricerca. ro ogni giorno gomito a gomito. Comunque, si
tratta di quaderni di grandezza B5 che usano i
Ha in mente una lista di temi nuovi per l’archi- ragazzi quando hanno 10 anni. Qui vi scrivo tutti
tettura? Una lista da offrire ai giovani architetti i miei concetti, le cose che mi passano per la
contemporanei? Che consigli darebbe ad un mente, vi appunto delle idee, ad ogni modo si
giovane all’inizio della carriera di architetto? tratta di cose appena abbozzate. Quando
Un nuovo tema in architettura penso che oggi abbiamo i meeting con lo staff, disegno un po’
sia la complessità dei flussi che attraversano lo meglio qualche concetto su di un foglio A4 e lo
spazio. E per produrre questo tipo di spazio passo ai miei collaboratori. Preferisco tuttavia
credo che sia necessario un nuovo tipo di geo- non disegnare per loro più di tanto.

60 61
Ci elenchi quelli che lei ritiene 5 capolavori e 5 amo che si chiama Toru Takemitsu. Peccato
maestri dell’architettura italiana. che lui sia già morto da circa dieci anni, perché
Se si tratta di architetti che appartengono alla con le sue composizioni riusciva a travalicare le
vostra storia, mi piace Palladio. Il suo San Gior- frontiere dell’emozione. In particolare, mi piace-
gio è veramente fantastico ed anche la Villa Mal- vano le musiche per film che componeva. Ogni
contenta. Ogni volta che sono stato a vederla mi tanto scriveva anche delle canzoni più pop e
ha sempre impressionato. Poi c’è la meravigliosa per la mia recente mostra “New Real in Archi-
Biblioteca Laurenziana di Michelangelo. Fra le tecture” ho fatto uso proprio di una sua canzo-
cose più recenti, fra quelle di quando ero più gio- ne come musica di sotto fondo. Per quanto
vane, vi sono alcune cose del Superstudio. I loro riguarda i film, di recente non riesco a trovare
progetti degli anni Settanta mi lasciavano senza più il tempo per vederne. Ma quando ero più
parole, erano proprio eccezionali. Era il periodo in giovane, una trentina di anni fa, mi piaceva tan-
cui anch’io avevo aperto lo studio. Fra gli archi- to andare a vedere i film al cinema e mi incanta-
tetti contemporanei, quello che mi piace adesso vano in particolare quelli di Godard.
è Andrea Branzi che aveva cominciato con lo
studio Archizoom per poi mettersi in proprio. Di Una frase che lei ripete spesso e se stesso.
recente assieme abbiamo fatto delle cose in Bel- Più che a me stesso c’è un frase che ripeto
gio per una sala concerti a Gand. Ricordo quel spesso allo staff : “ganbare!”, che significa: for-
periodo con piacere perché il progetto stesso era za ragazzi, andiamo avanti! A me stesso dico:
entrato a fare parte della nostra essenza. Il modo “Cerca di vivere allegramente, per favore”.
di pensare di Branzi era molto fantasioso e mi
interessava molto.

Un libro, un film, una canzone che hanno


cambiato il suo modo di vedere.
Più che singole canzoni è la musica che ha
cambiato il mio modo di vedere la vita. C’è un
compositore giapponese contemporaneo che

62 63
Finito di stampare a Napoli
nel mese di ottobre 2010
per conto delle edizioni CLEAN
nelle Officine grafiche Francesco Giannini e figli s.p.a.

64 65
66

Potrebbero piacerti anche