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za. È vero che la tecnologia porta sempre con sé un’aura che pro-
voca stupore e anche inquietudine. Ma quali sono i motivi per cui
questi sentimenti si generano? Probabilmente perché ciò che la
tecnologia è in grado di realizzare corrisponde a desideri antichi e
paure profonde. Se così non fosse le sue innovazioni non ci toc-
cherebbero davvero meravigliandoci o intimidendoci.
Internet è una realtà che ormai fa parte della vita quotidiana di
molte persone. Se fino a qualche tempo fa era legata all’immagi-
ne di qualcosa di tecnico, che richiedeva competenze specifiche
sofisticate, oggi è un luogo da frequentare per stare in contatto
con gli amici che abitano lontano, per leggere le notizie, per com-
prare un libro o prenotare un viaggio, per condividere interessi e
idee. Internet è uno spazio di esperienza che sempre di più sta di-
ventando parte integrante, in maniera fluida, della vita quotidia-
na: un «nuovo contesto esistenziale» lo definiscono in maniera
precisa i recenti Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano
per il decennio 2010-2020. Non, dunque, un «luogo» specifico al-
l’interno del quale entrare in alcuni momenti per vivere on line, e
da cui uscire per rientrare nella vita off line. La Rete è una realtà
che sempre di più interessa l’esistenza di un credente e incide sul-
la sua capacità di comprensione della realtà e, dunque, anche del-
la sua fede e del suo modo di viverla. Prosegue il documento del-
la Cei: «Agendo sul mondo vitale, i processi mediatici arrivano a
dare forma alla realtà stessa. Essi intervengono in modo incisivo
sull’esperienza delle persone e permettono un ampliamento delle
potenzialità umane. Dall’influsso più o meno consapevole che
esercitano dipende in buona misura la percezione di noi stessi,
degli altri e del mondo. Essi vanno considerati, senza pregiudizi,
come risorse, pur richiedendo uno sguardo critico e un uso sa-
piente e responsabile» 3.
L’uomo non resta immutato dal modo con cui manipola la real-
tà: a trasformarsi non sono soltanto i mezzi con i quali comunica,
ma l’uomo stesso e la sua cultura. I vari strumenti che nella storia
l’uomo ha «inventato» e ha avuto a disposizione su larga scala han-
no inciso sul suo modo di vivere e di essere se stesso. Componen-
do in sintesi quasi una storia dell’esperienza umana della tecnica,
Pierre Lévy, celebre studioso delle implicazioni culturali dell’infor-
3 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orienta-
menti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, n. 51.
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Teologico e tecnologico
La tecnologia dunque non è soltanto, come credono i più scet-
tici, una forma di vivere l’illusione del dominio sulle forze della
natura in vista di una vita felice. Sarebbe riduttivo considerarla
solamente frutto di una volontà di potenza e dominio. Essa, scri-
ve Benedetto XVI nella Caritas in veritate, «è un fatto profonda-
mente umano, legato all’autonomia e alla libertà dell’uomo. Nel-
4 P. LÉVY, Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Milano, Feltrinelli,
1999, 25 s. L’autore si è chiesto retoricamente in queste pagine: «Le tecniche vengono
forse da un altro pianeta, il mondo delle macchine, freddo, privo di emozioni, estraneo
a ogni significato e valore umano, come una certa tradizione di pensiero tende a sugge-
rire?». E la sua risposta è stata chiara: «Mi sembra, al contrario, che non solo le tecni-
che siano immaginate, realizzate e reinterpretate nell’uso da parte degli uomini, ma che
anzi sia proprio l’utilizzazione intensiva di utensili a costituire l’umanità in quanto ta-
le», o meglio a contribuire alla sua costituzione come noi la conosciamo in maniera de-
terminante. In un’espressione sintetica: «il mondo umano è per definizione tecnico».
5 Pensiamo all’invenzione dell’alfabeto che ha avuto un’importanza determinante a
tanti livelli, incluso quello della convivenza politica: è possibile essere cittadini in so-
cietà complesse perché si scrivono (e si leggono) le leggi.
6 A questo proposito bisognerebbe tornare alle ampie riflessioni del sociologo e ur-
banista statunitense Lewis Mumford che nel suo Tecnica e cultura (Milano, Il Saggiato-
re, 2005) nel 1934 scriveva una sorta di storia della macchina e dei suoi effetti sull’uo-
mo e sulle conseguenti relazioni tra sapere e saper fare.
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21 Cfr http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=436054
22 Cfr la relazione di mons. Bruno Forte tenuta il 30 ottobre 2006 al XLIV Con-
gresso della Società Italiana di Psichiatria dal titolo «To save, to convert, to justify. I lin-
guaggi della rete e la nostalgia di trascendenza», in http://bit.ly/9MD76s
23 Usiamo il termine «impatto» con una certa cautela e condividendo ciò che scrive
Lévy: «La tecnologia sarebbe dunque paragonabile a un proiettile (sasso, obice, missile?)
e la cultura o la società a un bersaglio vivente? Una simile metafora balistica è criticabile
per più di un aspetto. Non si tratta tanto di valutare la pertinenza stilistica di una figura
retorica quanto di mettere in luce lo schema di lettura dei fenomeni – a mio avviso ina-
deguato – che la metafora dell’impatto rivela» (P. LÉVY, Cybercultura..., cit., 25).
24 Cfr M. FULLER, «Science and Theology: Consonances», in Thinking Faith, 5 no-
vembre 2010, in http://www.thinkingfaith.org/articles/20101105_1.htm/
Cfr ID., Atoms and Icons. Discussion of the Relationships Between Science and
Theology, London, Mowbray, 1995.
22 VERSO UNA «CYBERTEOLOGIA»
25 J. ROSEN, «Il web non dimentica mai», in Internazionale, 17-23 settembre 2010, 43.
VERSO UNA «CYBERTEOLOGIA» 23
35 Cfr http://www.cybertheology.net/
36 C. FORMENTI, Incantati dalla rete..., cit., 59-107.
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