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P.O.V.

Gioco pomeridiano d’adolescente

Due attori. Una scena spoglia. L’incontro tra pornografia e teatro, nello spettacolo P.O.V.* di Pino Carbone
con protagonisti Fabio Rossi e Giovanni Dal Monte, si celebra anche attraverso un totale economia dei
mezzi. Allo spettatore non viene data altra scelta che sedersi e, dal suo punto di vista , osservare.

Come già ampiamente spiegato dal regista e dagli attori in diversi articoli e interviste l’argomento
pornografia non è quello centrale del lavoro teatrale P.O.V. (Point of View) di scena al Mulino Pacifico per la
rassegna “Obiettivo T”. L o spettacolo è costituito da una serie di pannelli, figli di un chiaro lavoro di scrittura
scenica, collegati tra di loro dall’energia che i due attori emanano in scena. Con le loro improbabili
parrucche ed il naso rosso, sono al tempo stesso dentro e fuori il gioco teatrale, sempre pronti a
commentare/criticare il lavoro del regista e a vivere il microcosmo che loro stessi che hanno generato sul
palco. Liberatorio, nel senso più assoluto del termine, l’inizio dello spettacolo, con gli attori/clown liberi di
danzare, piselli al vento, sulle note di Daddy Cool di Boney M.

Durante il susseguirsi delle scene affiorano, intrecciati, gli argomenti che costituiscono le fondamenta del
lavoro. Ecco allora la comicità disperata della figura del clown, tormento ed estasi e vera ossessione del
regista, ecco il piacere come dono a sé stessi, ecco il teatro come luogo abitato da fantasmi. Tra un dialogo
tratto da “La venere in pelliccia” e i ricordi dei pomeriggi passati ad esplorarsi, tra i turbamenti che pittura e
scultura, arti visive colpevoli di dare facilissimo accesso al mistero del corpo nudo, sapevano provocare e la
certosina ricerca delle scene facial di Lisa Ann, P.O.V. racconta di come un semplice puntamento luci sia un
elemento vitale per uno spettacolo teatrale.

Ottimo esempio di sintesi tra le varie anime del lavoro si è visto nella divertentissima (P.O.V. è uno
spettacolo che fa ridere di pancia e di testa) ricostruzione di una “normale ”scena di un film hard, dissacrata
e rivelata al pubblico per quello che è, ovvero il tentativo di ricostruire il non - narrabile per eccellenza.

Lo spettacolo, che scorre veloce segno di buon ritmo interno, vive della bravura e dell’affiatamento dei due
attori, tra di loro complementari per carattere, che trovano occasionale spalla comica in Riccardo Pisani,
aiuto regista, inaspettatamente protagonista di un vero e proprio un intermezzo alla maniera dell’opera del
settecento. La scelta di mostrare chiaramente le cesure trai vari quadri che compongono l’opera è un gesto
di profonda onestà intellettuale che però non deve rimandare un maggiore lavoro di limatura.

P.O.V. arriva in faccia allo spettatore. Muove dal piacere onanistico per indagare la macchina teatrale,
trasforma la soluzione tecnica dei fazzolettini in un numero da clown, celebra un pomeriggio di solitudine in
casa di un adolescente come momento di sublime trasfigurazione.

*La tecnica del Point Of View (P.O.V.) è stata adoperata per la prima volta nei film pornografici giapponesi
agli inizi degli anni 80. Alla fine della stessa decade diventerà uno degli elementi caratteristici del gonzo
americano.

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