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«Cette secte se fortifie par ses ennemis plus que par ses amis...»
Pascal, Pensées
1
Per «variante pirroniana» intendo la tradizione filosofica inaugurata da Pirrone di
Elide in opposizione alla variante presentata dalla Nuova Accademia, basata su Carneade
e Arcesilao. Questa scuola negava la possibilità di una conoscenza vera ed era guidata da
un criterio di verità supportato dall’idea di pithanón (il probabile). Le argomentazioni
avanzate dallo Scetticismo pirroniano furono esaminate in due opere di Sesto Empirico
(circa 200 d. C.), gli Schizzi Pirroniani (Pyrroneioi Hypotyposeis) e Contro i matematici
(Adversus Mathematicos).
2
Cfr. Sextus Empiricus, Outlines of Pyrrhonism, Cambridge-London, Harvard Uni-
versity Press-William Heinemann, 1976, I, pp. 16-17. D’ora in poi PH.
nella ricerca dell’ataraxia, che egli considerava come il bene più grande.
L’indirizzo pratico del pirronismo è stato confermato da Mario dal Pra,
secondo il quale Pirrone stabilì due temi permanenti dello scetticismo:
l’enfasi sui fenomeni e le apparenze e, sul piano morale, il riferimento ai
costumi e alla tradizione4.
4
Cfr. M. Dal Pra, Lo scetticismo greco, Roma-Bari, Laterza, 1989 (ed. or. 1950), p.
82.
5
Cfr. P. Couissin, L’origine et l’évolution de l’epoché, in «Revue des Études Grecques»,
XLII, 1929, pp. 64-82.
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Gli scettici antichi credevano che una vita senza credenze, ottenuta grazie
all’epoché, fosse possibile, e che rappresentasse una forma di esistenza
superiore: si tratta forse di una delle idee più notevoli e singolari presenta-
tesi nella storia della filosofia. Il modo di vita scettico è guidato da quattro
principi. Esso impone di seguire: le regole della Natura, l’impulso delle
passioni, i costumi e le leggi comuni, e le risorse della techne. La regola
dottrinale dello scetticismo impone l’accettazione delle apparenze e una
forma di vita che aderisce a ciò che è considerato comune e normale.
Tuttavia, tale assenso è adoxastos – privo di opinione – e si fonda su affetti
e sentimenti involontari (PH I, 22). Così, nella varietà di fenomeni che
caratterizza la vita normale, lo scettico crede che sia possibile vivere tra gli
altri esseri umani senza sostenere alcuna credenza o dogma.
Un altro modo scettico di definire le credenze si può trovare nell’in-
troduzione al decimo modo di Enesidemo sull’epoché, il dispositivo anti-
etnocentrico dello scetticismo antico. Secondo la sua formulazione, tra le
società umane vige una grande varietà di forme di vita, che si fondano su
abitudini, leggi, dogmata e credenze leggendarie (mitikaì pisteis) diverse.
In netta opposizione allo spirito di Erodoto, che riteneva che gli egiziani
violassero i principi fondamentali dell’umanità in tutte le loro pratiche
sociali, Enesidemo presenta il suo decimo argomento come un ostacolo
a ogni forma di giudizio transculturale6. Nei suoi termini, tutte le forme
di vita umana appaiono «vere»; nessuna di esse può essere presa a fonda-
mento per rifiutare le altre forme di vita (PH, I, 145-163). Secondo questa
argomentazione, pisteis e dogmata sono presentati come normali compo-
nenti della vita sociale. In questo senso, sembra impossibile non avere
a che fare con le credenze, persino per uno scettico. Contrariamente a
Ulrich – l’uomo senza qualità di Robert Musil – il nostro scettico ha delle
6
Il riferimento a Erodoto è tratto dallo straordinario libro di Arnaldo Momigliano,
Alien Wisdom. The Limits of Hellenization, Cambridge, Cambridge University Press, 1975
(tr. it. Saggezza straniera. L’ellenismo e le altre culture, Torino, Einaudi, 1980).
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7
Sul ritorno dello scetticismo nel mainstream della filosofia occidentale, si vedano Ch.
Schmitt, The Recovery of Ancient Skepticism in Modern Times, in The Skeptical Tradition, a
cura di M. Buernyeat, Berkeley, University of California Press, 1983, pp. 225-251; R. Popkin,
The History of Scepticism from Savonarola to Bayle, Oxford, Oxford University Press, 2003;
G. Paganini, Skepsis. Le débat des modernes sur le scepticisme, Paris, Vrin, 2008.
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esili che non c’è da meravigliarsi se queste persone che pesano tutto e lo riporta-
no alla ragione, e non ammettono nulla per autorità e a credito, abbiano giudizi
spesso lontanissimi dai giudizi. (E, II, XII) 9.
9
Montaigne, Saggi, a cura di F. Garavini, 2 voll., Milano, Adelphi, 1966, vol. I, p.
775.
10
Cfr. F. Brahami, Le travail du scepticisme: Montaigne, Bayle, Hume, Paris, Puf, 2001,
p. 33.
11
Cfr. F. Brahami, Des «Esquisses» aux «Essais», l’enjeu d’une rupture, in Le retour des
philosophies antiques à l’âge classique, Tome II: Le scepticisme au XVIe et au XVIIe siècle, a
cura di P.-F. Moreau, Paris, Albin Michel, 2001, pp. 121-131.
12
Cfr. R. Ellmann, James Joyce, Oxford, Oxford University Press, 1983, p. 648.
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13
D. Hume, A Treatise of Human Nature, a cura di L.A. Selby-Bigge, Oxford, Oxford
University Press, 1978, II, ii, pp. 187-218.
14
Cfr. B. Williams, Problems of the Self, Cambridge, Cambridge University Press, 1973,
cap. 9. Si veda anche J. Passmore, Hume and the Ethic of Belief, in David Hume. Bicente-
nary Papers, a cura di G.P. Morice, Austin, University of Texas Press, 1977, pp. 77-92.
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Di fronte a questo complicato mondo infero, le mie idee sono confuse; sarà
proprio necessario elaborare un sistema e praticarlo? O non sarà più salutare
prendere coscienza di non avere sistema?20
18
Cfr. R. Antelme, L’Espèce Humaine, Paris, Gallimard, 1957, p. 81.
19
P. Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 1973, p. 66.
20
Ibidem, p. 57.
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Evocando l’Inferno di Dante (XXI, 48), Levi non lascia adito al dubbio:
la frase «qui non c’è perché» è simile alla distruzione di ogni legame signi-
ficativo tra esperienze passate e presenti, e di ogni senso di familiarità. La
frase significa che nel campo di sterminio Levi si confronta con un mondo
privo delle sue basi ontologiche fondamentali: un sistema di regolarità che
dia senso all’allucinatoria richiesta umana di ordine e stabilità. In questo
senso, il mondo del campo di sterminio, secondo la testimonianza di Levi,
appare come la più forte e ripugnante confutazione dell’idea di costume
analizzata da David Hume nel Treatise on Human Nature. Il costume è
una credenza naturale – un comune strumento allucinatorio – che ren-
de possibile la vita sociale e umana. Nella sua dimensione fondamentale,
sempre secondo Hume, il costume è la forza che permette agli esseri uma-
ni di avere aspettative riguardo al futuro. Perciò, la risposta «Qui non c’è
perché» è l’annientamento radicale delle procedure causali e cognitive. La
testimonianza di Levi equivale alla descrizione di un mondo radicalmente
non-humeano, segnato dal disordine ontologico, dalla soppressione del
futuro e dall’inutilità delle comuni credenze e abitudini. In poche parole,
è l’esperienza di un processo di disintegrazione del mondo.
21
Ibidem, p. 40.
22
Ibidem.
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23
Cf. J.-D. Nasio, La douleur physique: une théorie psychanalytique de la douleur corpo-
relle, Paris, Payot & Rivages, 2006.
24
Cf. E. Scarry, The Body in Pain. The Making and the Unmaking of the World, Oxford,
Oxford University Press, 1985.
25
Ibidem, p. 4.
26
S. Beckett, Proust, New York, Grove Press, 1960.
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University Research Institute of Rio de Janeiro, Brazil
rlessa@iuperj.br
27
Lettera di Wells a Joyce, cit. in Ellmann, James Joyce, cit., p. 608.
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