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LA ROMA MEDIEVALE

Trastevere, una altra città, con le sue testimonianze medievali: l’antica Sinagoga,
la casa di Ettore Fieramosca, i possedimenti degli Anguillara, il labirinto
medievale dei vicoli.

(…) Ah , essere diverso – in un mondo che pure, è in colpa – significa non essere
innocente… Va, scendi, lungo le svolte oscure, del viale che porta a Trastevere:
ecco, ferma e sconvolta, come, dissepolta da un fango di altri e farsi godere da
chi può strappare, un giorno ancora alla morte e al dolore, ha ai tuoi piedi Roma…
Scendo, attraverso Ponte Garibaldi, seguo la spalletta con le nocche, contro l’orlo
rosicchiato della pietra, dura nel tepore che la notte, teneramente fiata, sulla
volta, dei caldi platani. Lastre d’una smorta, sequenza, sull’altra sponda,
empiono, il cielo di lavato, plumbei, piatti, gli attici dei caseggiati giallastri.
(…) (“Serata romana”, Pier Paolo Pasolini)

Già in epoca romana la zona indicata come “Trans Tiberim”, era popolata più di
quanto si sia sempre detto. Un rione o come insisteva a dire mia madre con
orgoglio: “No, Trastevere non è un Rione ma un Quartiere!”. Mi sono sempre chiesto
il perché di tale distinguo. Probabilmente per quartiere Marisa intendeva una area
più ampia ed autonoma che non il cosiddetto rione, definizione che lo faceva
appartenere immediatamente alla città. Senza più la sua fiera autonomia. Trastevere
era già una realtà autonoma ed era il teatro privilegiato delle performaces, non
solo di Marisa ma di tutti i bonari galeotti, le seducenti Erinni, i saggi Alfredo
che lo popolavano. Spesso gli anziani trasteverini, raccontandomi del Rione,
pardon, del quartiere, nominavano con atteggiamento sacrale e gli occhi chiusi il
grande Giulio Cesare, che qui aveva avuto i suoi terreni, lambenti il Tevere.
Alcuni scavi fatti in passato hanno portato alla luce una antica domus con
affreschi raffiguranti Iside ciò che li fece, sul momento, ricollegare al soggiorno
di Cleopatra, sposa di Cesare. Si racconta che gli Horti di Cesare, anche chiamati
Horti Tiberini, fossero un luogo ameno e pieno di folti alberi, tempietti, fontane
e statue. Si estendevano tra il fiume Tevere e le pendici del Gianicolo. Nel 49 a.
C. Cesare acquistò tutta la proprietà per farvi pascolare i suoi cavalli
considerati ormai sacri, visto che lui stesso era considerato “Divo”. Ed erano
addirittura i cavalli che avevano attraversato il Rubicone. Agli albori di Roma,
l’epoca dei re, il fiume costituiva una frontiera naturale tra la città e il
territorio etrusco. L'area di Trastevere era allora chiamata Litus Tuscus, oppure
Ripa Veiens, ed era considerata zona etrusco-romana. Il collegamento tra il resto
della città di Roma e i territori di Trastevere era affidato al ponte Sublicio. Con
l’avvento di Augusto la zona divenne la 14 ma regione, fuori delle mura Aureliane.
Trastevere sarà incluso nella cinta muraria con un bastione costruito sul
Gianicolo. Già quando ero bambino percepivo il quartiere come fosse diviso in due
zone ben distinte: una parte meridionale, da sempre designata con il nome di
Trastevere, molto urbanizzata e vicina alle rive del Tevere e una parte a nord, il
Trastevere-Gianicolo, la bellissima collina citata sovente da poeti e scrittori
latini che in epoca romana, durante l’inverno, come raccontavano, si imbiancava di
neve. Nel Medioevo Trastevere era un intrico di viuzze, un vero e proprio labirinto
che in molte parti è rimasto pressoché intatto. Tuttavia era tale l’intreccio che
già all’epoca di Sisto IV, alla fine del XV secolo, si operò una ristrutturazione
viaria per permettere il più agevole passaggio dei carri. Esisteva comunque un
enorme contrasto tra le sontuose e possenti case delle classi aristocratiche e le
piccole ed umili case delle classi popolari, di cui Trastevere era zeppo. Grazie ad
una specie di isolamento di cui il quartiere godette sin dall’antichità e al fatto
che i “trasteverini”, già nella Roma antica, erano da sempre stati una popolazione
multiculturale, il quartiere aveva sviluppato una sua propria cultura della quale
andava fiero. A Roma le testimonianze di epoca medievale sembrano rare perché sono
inglobate nel resto dei più opulenti edifici rinascimentali, barocchi e
ottocenteschi o allora perché situate in luoghi poco frequentati dal turismo di
massa. Gli stessi abitanti di Roma ignorano questi suggestivi monumenti. Anche se
Trastevere, più d’ogni altro rione, conserva numerosissimi edifici, sia civili che
religiosi, del periodo medievale. Già precedentemente abbiamo parlato della zona di
Santa Cecilia e di piazza in Piscinula con la Basilica, i mosaici, gli affreschi e
le Case dei Mattei. Sempre nella zona sud, che lambisce il Tevere, troviamo l’Arco
de’ Tolomei, risalente al XIV secolo e appartenente alla antica famiglia senese,
conosciuta da Dante e trasferitasi a Roma nella prima metà del ‘300. L’arco era
anche chiamato “De Bondiis”, nome della famiglia romana che era stata precedente
proprietaria. A destra dell’arco si vede una costruzione in laterizi, si tratta
della antica Torre de’ Tolomei risalente al 1200. E’ difficile notarla oggi - ecco
un esempio di inglobamento degli edifici medievali - a causa dei palazzi adiacenti
più alti, ma che nel Medioevo doveva apparire più alta degli altri edifici. Questa
parte di Trastevere mi era particolarmente cara, in quanto piacevolmente straniera
a me che venivo dalle pendici del Gianicolo. E poi perché fu uno dei luoghi dove
fiorì la mia prima grande passione per una romantica ed esile fanciulla di nome
Patrizia. Come da lunga tradizione romana, la madre di Patrizia - una donna
energica e possente, con ambizioni ben più alte in serbo per la sua figliola -
osteggiò sin dall’inizio il nostro amore, miracolosamente reciproco. Ed intanto
passeggiavo avanti e indietro da vicolo dei Salumi a via dell’Atleta, ammirato
dalla suggestività arcaica del luogo, così evocativo da rimandarmi ai grandi amori
veronesi. Suggestioni possibili solo in quel periodo di stordimento e di passione
continua che è la prima adolescenza. Passeggiavo nervoso ed aspettavo l’arrivo
fugace di Patrizia che, grazie alla complicità del fratello Cristiano, mentiva a
sua madre per raggiungere i miei timorosi baci sulle guance. Proprio vicino al
luogo d’amore c’è via dell’Atleta, dove è possibile vedere la più antica sinagoga
ebraica di Roma, sopravvissuta nel quartiere, nel medioevo popolato da una folta
comunità di ebrei. Poco più avanti si trova uno dei luoghi più suggestivi di
Trastevere, la zona di Santa Cecilia, piazza de’ Mercanti. Qui si trova la casa che
la tradizione racconta essere stata il soggiorno romano di Ettore Fieramosca, conte
di Miglionico e Mignano Monte Lungo, barone di Aquara e signore di Camigliano, il
celebre eroe della Disfida di Barletta del 1503 che visse a Roma per qualche tempo.
L’edificio ha mantenuto integro il suo aspetto medievale. Tutt’intorno, sulla
piazza dei Mercanti, ci sono edifici risalenti al 1300 e si può ancora godere una
romantica atmosfera arcaica, uno sguardo indietro nel tempo. Ritornando verso la
parte nord del quartiere, sul grande boulevard di Trastevere - il viale di
Trastevere - si trovano le suggestive costruzioni degli Anguillara, oggi chiamate
Casa di Dante, in quanto da decenni luogo di lettura e studio dell’opera del grande
poeta. Anche qui, come del resto per le case dei Mattei, è stato attuato un
rimaneggiamento nel periodo rinascimentale, ma rimangono comunque evidenti le linee
e le architetture medievali come la bellissima torre, risalente al XIII secolo. Sia
la torre che il palazzetto, costituiscono un unico complesso, appartenuto appunto
alla potente famiglia degli Anguillara (che poi mi sono ritrovato fortunosamente
anche qui a Capranica). Fu proprio il conte Everso degli Anguillara a risistemare
dalle fondamenta il vecchio edificio, nel 1455 ed apporre lo stemma di famiglia con
le due Anguille incrociate. Il complesso, dopo gli Anguillara, passò ad Alessandro
Picciolotti da Carbognano, amanuense della corte pontificia e vassallo degli
Anguillara. In seguito, dopo un terribile terremoto, l’edificio cadde in rovina e
divenne stalla, macello, cantina. Il degrado era giunto a tal punto da portare i
trasteverini a dargli i nomignoli di Carbognano e Palazzaccio. Nell’Ottocento, la
struttura passò ai Forti, una famiglia della borghesia trasteverina, finché il
Comune di Roma acquisì l’immobile e lo restaurò integralmente. Dal 1921 è sede
dell'Ente Morale Casa di Dante.

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