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TP
414 , Illlllllll
P6 º "-

Manuale sulla maniera di


estrarre lo zucchero dellº
uva l808.
THE LIBRARY
OF
THE UNIVERSITY
OF CALIFORNIA
DAVIS
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MANUA LE
SULLA MANIERA DI ESTRARRE

LO ZUCCHERO DELL'UVA
D I G. G. PO C C I

PIA C E N TI N O.

- e - - - - - - - - - - - - Questo frutto
Non ci dà solo il vin, ma molti ancora
Per chi li sa trovar, profitti apporta.
A LA MA N.

IP I A C E N Z A
DA I TO RC HJ DE L MI A J NO

MDCCCVIII.

LIBRARY
UNIVERSITYDAVIS
OF CALIFORNIA

AVVISO
A L IL E T T O R E .

EIo composto un Trattato compiuto


sullo Zucchero e su i mezzi di suppli
re a questa derrata straniera all'Eu
ropa, che le circostanze attuali ren
dono oltremodo costosa. Non avendo

potuto far comparir l'Opera al Pub


blico prima della vendemmia, mi so
no affrettato d'estrarre da essa il Ca

pitolo che risguarda lo Zucchero del


l'uva. Non offro quì però che la sola
parte pratica, omettendo ogni ragiona
mento e tutte le riflessioni che, quan
tunque utili, non avrebbero potuto -
che imbarazzare il più gran numero
de'Leggitori; ho cercato solo di con
durre immediatamente all'opra l'in
dustre coltivatore del suo podere, il
padre di Famiglia intelligente ed ac
corto. L'anno essendo felice, egli è
troppo giusto approfittarne per rica
var dalla vigna un secondo prodotto, l
così importante oggidì come quello
del vino. . -

ſi
- - - a - -

-
M A NU A LE
SULLA MANIERA DI ESTRARRE

Lo ZUCCHERO DELL'UVA.
Ge»

I N TR O D U Z I O N E
-

Trovai zucchero in tutte le parti delle piante. I frut


ti polposi, sugosi e dolci ne contengono abbondevol
mente. Tra questi l'uva primeggia. Essa è il frutto
da vino per eccellenza, e tutti oggi mai sanno o saper
devono, che il solo zucchero è la sostanza generatrice
del vino, cioè a dire, d'un liquor fermentato e spiri
toso. Dopo la canna indiana, trasportata in America
con esito sì felice, la vite è la pianta che meglio può
servirle di supplemento. -

La vite d'Italia non è certamente l'ultima delle Eu


ropee: e se già la Francia s'accinge a trarre da cotal
pianta il dolce prodotto, non deve il bel paese che
Apennin parte, restar da meno, ricevuto avendo dalla
natura il diritto di cogliere la prima palma.
L'estrazione di questo zucchero è sommamente age
vole. Il signor Proust, Chimico Francese rinomatis
simo, è stato il primo in Europa a far conoscere i
convenevoli precetti di quest'arte. Noi li seguiremo
con alcune modificazioni ed aggiunte. - -

Preparare un mosto del più scelti e de più dolci;


distruggere intieramente l'acido o l'agro che sempre
in esso ritrovasi ; schiarirlo, concentrarlo e come di
cesi, farlo cuocere; versare infine il mosto, o sugo
cotto, in vasi acconci, perchè lo zucchero si separi ,
si consolidi e si purghi ; ecco in brieve a che riducon
si tutte le operazioni necessarie all' intento. - e

Prima però di svolgere queste successive operazioni,


gioverà indicare lo stato di composizione del mosto -
L'acqua ne costituisce la parte dominante; viene in
seguito la materia zuccherina, tanto più abbondante
quanto più l'uva è matura; quindi una, due o più
sostanze acide, tanto più copiose, quanto più l'uva è
lontana dalla maturità; vi hanno inoltre un po' di gom
ma, alcuni sali (fra quali il tartaro soventi assai con
siderevole) la materia del fermento e quella del colo
re; vi si trovano infine le fecole o feccie, provenien
ti dal tessuto membranoso del frutto. Queste ultime
non istanno che mescolate e sospese nel liquido, e
sono tanto più abbondanti quanto più l'uva è stata
fortemente compressa.
La materia zuccherina dell'uva è di due specie, o
per meglio dire, ritrovasi nel frutto sotto due diverse
modificazioni. Vi è in istato di zucchero capace di di
venir solido, e in istato di zucchero che si conserva
mai sempre liquido. Alcune uve non contengono che
zucchero liquido, con pochissimo zucchero solidificabi
le. Tali sono le uve o di cattiva qualità o de paesi
freddi, che non meritano la pena d'esser trattate, quan
do dalle medesime non si volesse estrarre che uno sci
loppo. Altre uve sono nella circostanza opposta: quan
to più sono esse di buona qualità, e maturate in cli
ma caldo, tanto più abbondano di zucchero solidifica
bile. Il buon moscato bianco, in Spagna, fornisce cir
ca 22 libbre di zucchero solido, e 8 o 9 di liquido, per
ogni 1oo d'uva, che hanno dato da 87 a 89 libbre di
m0sto . - -

Le uve di buona qualità hanno inoltre il vantaggio


di contenere meno acqua, poco acido, poco tartaro,
pochissima gomma. -

Non tutte le uve sono dunque atte a servire all'e-


strazione dello zucchero, nè l'operazione può conve .
nire a tutti i paesi.
Da questa brieve notizia sulla natura del mosto, già
si capirà la ragione delle indicate operazioni. E 1.° Si
vedrà la necessità di preparare un mosto de più dol
ci e scelti: certa cosa essendo che devesi allora ri
trovare in esso molta materia zuccherina. 2.º S'inten
derà la necessità di distruggere l'acido, capital nemico
dello zucchero, sia pel suo sapore contrario, sia per
chè concorrendo a tener disciolto lo zucchero, lo im
pedisce dal riunirsi e solidificarsi. L'acido favorendo
poi anco la dissoluzione del tartaro, lo ritiene dal se
pararsi e dal precipitare. La distruzione dell'acido, che
in termine di scienza chiamasi saturazione, si opera,
come vedremo, con una specie di terra ben secca
che assorbe nel tempo stesso un po' dell'acqua del
mosto; quindi la saturazione serve ancora felicemente
a precipitare una porzione di tartaro. 3.” La necessità
di schiarire il mosto sarà sentita al solo riflettere che
questa operazione, puramente meccanica, tende a ragu
nare e a separare le feccie. 4.” Sarà intesa egualmente
la necessità di concentrare il sugo, vale a dire, di eva
porare mediante il fuoco, facendo così partire l'ecces
so dell'acqua, che si oppone alla solidificazione e cri
stallizzazione dello zucchero. La concentrazione pro
duce ancora il buono effetto di separare intieramente
il tartaro che a certa epoca non potendo più rimane
re disciolto nel liquore, si precipita sul fondo del va
so. 5.” Si riconoscerà infine quanto sia convenevole
versare il sugo cotto, o lo sciloppo, in vasi acconci per
ottenere in essi la più pronta separazione de due zuc
cheri, liquido e solido, facendo scolare e partire il
primo, tosto che il secondo ritrovasi nello stato a cui
esso tende naturalmente. Ma passiamo all'esame di
queste operazioni.
S. I.

Preparazione del Mosto:

La preparazione del mosto comprende due operazio


mi: la scelta dell'uva e la sua spremitura.
1.° Scelta dell'uva. Le uve più convenevoli ritro
vansi tra il 3o.° e il 48.º grado di latitudine. In quest'
ampia zona però le uve che vengono nei terreni bas
si ed umidi, o da vite selvaggia, meritano di essere
risguardate presso a poco come quelle dei climi fred
di; le uve esposte al Nord, o crescenti nei giardini,
o condotte sui pergolati, sono meno atte di quelle di
vigna ed esposte al Mezzodì. In generale, devonsi pre
ferire le uve che formar sogliono un vino o de più
generosi o del più dolci, quando questa dolcezza sia
franca, e provenga dalla poca fermentiscibilità natu
rale del mosto, come nei vini di Malaga e di Cipro.
L'uva deve esser perfettamente matura : ciò è in
dispensabile. La bianca è preferibile alla rossa, sia
pel colore, sia perchè contiene più zucchero. Quella
di cui la corteccia è più fina, ha un pregio di più. Sa
rà bene scegliere i grappoli ad acini o grani rari.
Si vendemmia quest'uva il più tardi possibile, in
tempo secco, e in ora che sia stata abbandonata dalla
rugiada. Convien trasportarla con attenzione.
Dopo raccolta, sarà utilissimo esporla per qualche
giorno al sole, o lasciarla in luogo asciutto e caldo,
ed anco, se abbisogni, passarla in forno mediocremente
riscaldato. Per tali mezzi l'uva appassisce, il suo aci
do diminuisce, la massa del suo zucchero aumenta, e
una porzione d'acqua se ne diparte. Questa spontanea
desicazione non deve per altro essere spinta troppº ol
tre, per non esporsi ad avere un mosto troppo denso
che scolando difficilmente, lascierebbesi addietro una
porzione dello zucchero del frutto.
2.° Spremitura dell'uva. Condotto il frutto allo sta
to convenevole, si osserva se vi hanno acini o grani
guasti: questi si gettano, indi si sgranellano i grap
poli, o colle mani o con opportuna forchetta di legno,
facile a prepararsi.
I grani si possono stiacciare in più modi: il più ac
concio mi sembra il seguente. Avendosi torchio da vi
no, prendesi un sacco di tela assai forte, trasparente,
ben mondo, della grandezza circa del torchio; si riem
pie la sua metà dei grani d'uva, si lega alla sua estre
mità, si spiana il sacco sotto il torchio e si compri
me: questa compressione dev'essere abbastanza discre
ta; ne uscirà un sugo dolcissimo, il migliore che il
frutto contiene, quello, in somma, che chiamasi mosto
vergine o lagrima.
- -
-

6 -

- Quando la stiacciatura de grani si fa colle mani


o co' piedi che vogliono esser ben puliti, sarà essa
pure assai moderata ; ma allora converrà ricevere il
mosto che gronda, a traverso d'uno staccio di crine
assai fitto: e ciò per liberarlo, quanto è mai possibile;
dalla materia delle feccie.
- Il mosto sarà ricevuto o versato in una tinozza aven
te, a due pollici dal fondo, un foro munito di cannel
lo, come è di costume. Si lascia quivi il mosto alcune
ore in riposo e in luogo fresco, perchè deponga: e non
abbiasi timor soverchio di fermentazione.
Sarà bene aver pesato l'uva, e pesar quindi il mo
sto, per poterne da ultimo calcolare il prodotto, ed
anco per condur meglio l'operazione. º

Non ho bisogno di avvertire che il secondo sugo,


e i residui della stiacciatura possono essere adoperati
utilmente ad uso di vino. : -

Ecco preparato in tal foggia il mosto da zucchero.


s

S. II.

. Distruzione dell'Acido, e chiarificazione del Mosto.

- 1.º Distruzione dell'Acido. Dalla tinozza si travasa


il mosto in una caldaja, o prendendolo dall'alto con
un secchio, o ritirandolo dal basso pel cannello. Sarà
utile, nell'atto stesso, farlo passare per un fino staccio
di crine; ma è indispensabile che la parte vicina al
fondo della tinozza, miscugliata con un sedimento
qualunque, sia versata sopra un feltro di lana ( Vedi
S. 6 osserv. 4). Queste diligenze si praticano per aver
in caldaia un liquore possibilmente sgombro di feccie.
La caldaja deve esser di rame: quanto più essa è
larga e poco profonda ( Vedi S. 6 osserv. 3 ), è tanto
più conveniente. Le si dà fuoco, si spinge il mosto
all'ebollizione, e si schiuma. Levate le prime schiu
me, si sottrae intieramente il fuoco, e si passa alla sa
turazione dell'acido nel modo seguente.
Abbiasi pronta della cenere ben ben lavata all'acqua
bollente, e secca (ibidem osserv. 5 ); la si prende a
piccoli pugnelli, e la si getta successivamente nel mosto,
cui fa duopo agitare con una lunga spatola di legno.
Importa assai che la giusta dose della cenere non
venga oltrepassata. Conviene sospenderla, allorchè si
conosce che ogni acido è distrutto. Questa conoscen
za si ha 1.º Quando la cenere più non produce nel
mosto movimento alcuno di effervescenza, consistente
in certe bolle e schiume che appaiono alla superficie
del liquido. 2.º Quando assaggiandosi il liquore, in
vece del gusto di mosto, trovasi in esso un sapore pu
ramente dolce, e come di acqua inzuccherata. 3.º Quan
do, immergendo nel liquido la carta turchina, prepa
rata colla tintura di tornasole, cui deve ogni Speziale
conoscere, la cartuccia non addiviene rossa. 4.º In fine
quando, facendosi bollire un pò di tal mosto col latte,
questo non si coagula. La pratica, del resto, insegna
in breve a far senza di queste prove.
È stato calcolato che l'uva più matura richiede me
mo d'un mezzo kilogramma di bianco di Spagna per
ogni cinquanta di mosto (che è quanto dire, meno di
una libbra da 16 oncie per 1oo ), e che l'uve meno
mature, o che contengono più acido, non addimandano
mai più d'un kilogramma di bianco per ogni cinquan
ta di mosto ( 2 libbre per 1oo ); ma se si adopera la
8
cenere lavata, in vece di bianco di Spagna, si può es
ser più generosi senza timore.
Si possono impiegare da 3 a 5 kilogrammi di ce
nere ( 6 a 1o libbre ) sopra cinquanta kilogrammi o
cento libbre di mosto. Del resto, non si può assegnar
su di ciò una regola fissa. Bisogna attenersi all' espe
Yienza, e limitarsi ai segni sopraindicati.
Distrutto in tal guisa l' acido, si lascia riposare il
liquore sino all'indomane, o nella stessa caldaia, o
piuttosto versandolo nella sopraddetta tinozza : in questo
intervallo il mosto depone, e sovente addivien chiaro.
2.° Chiarificazione del mosto. Il giorno dopo ritirasi
dalla tinozza la parte superiore e limpida del liquido:
si feltra alla lana la parte del fondo: si riversa il tutto
nella caldaia, e si fa fuoco: ricomparendo nuove schiu
me, si levano.
Da questo momento si potrebbe riguardare il liquo
re, come sufficientemente chiarificato; io stimo tut
tavia convenevole una chiarificazione nelle forme.
Lasciandosi coagulare il sangue di Bue, se ne sepa
ra, come è noto, la parte sierosa. Prendesi questo siero
e si mesce con un po' del mosto della Caldaja dopo
averlo lasciato raffreddare; si versa indi il miscuglio
nella stessa Caldaja, e si schiuma.
Un kilogramma (2 libbre) di siero di sangue, che
equivale a 36 bianchi d'uova, basta per chiarificare
cinquanta kilogrammi (1oo libbre) di mosto. Dopo
mezz'ora di leggier bollimento, si leva la Caldaja dal
fuoco, e si fa passare la totalità del liquore a traver
so del feltro di lana. Quindi si rimette di nuovo nella
Caldaja.
Con ciò la distruzione dell'accido e la chiarifica
zione del mosto sono eseguite.
-
S. III.

Concentrazione e cottura del Sugo.

In questo stato il liquido non merita più il nome


di mosto. Esso non è più che un sugo che si può
riguardare come un composto d'acqua o di zucchero,
che contiene però una certa quantità più o meno ab
bondante di tartaro.
Vi hanno strumenti con cui si possono determinar
facilmente le quantità rispettive di quest'acqua e di
questo zucchero. Tale è l'areometro, o pesa liquore
di Beaumé, e altro simile. Ma io non ne parlerò, per
non ingombrare la testa de meno esperti (Vedi S. 6
osservazione 6).
Si tratta qui dunque di concentrare e di cuocere il
sugo. -

1.° Concentrazione del Sugo. Si concentra median


te l'evaporazione dell'acqua; perciò si fa fuoco sotto
la Caldaja. -

S'incomincia con un fuoco abbastanza vivo, per


ispingere il sugo a moderata ebollizione. Si può con
tinuare in tal guisa finchè il sugo trovasi ridotto pres
so alla metà ; è facile il vederlo; dopo di che è neces
sario diminuire progressivamente il fuoco. -

Havvi una operazione da farsi, allorchè il sugo è


portato a meno della metà. A questo punto il tartaro
si separa spontaneamente, come ho già detto. Convien
adunque sottrarlo al sugo. A tale effetto, si ritira la
Caldaja dal fuoco, si versa il sugo nella tinozza, e si
lascia ivi riposare e raffreddare. Tutto il tartaro pre
cipita sul fondo del vaso. Si trae allora il sugo, e si
E - I

IO

feltra, come sopra, un'altra volta alla lana, si ripone


di nuovo nella Caldaja, e si prosiegue ad evaporar più
lentamente a misura che s'avvicina alla cottura. Bisogna
rimuovere di continuo colla spatola di legno, per impe
dire che il sugo non s'attacchi al fondo della Caldaja.
2.° Cottura del Sugo. Si tratta ora di determinare
il grado di evaporazione a cui convenga arrestarsi: ter
mine che volgarmente dicesi cottura o cuocitura. Non
si può dare una regola fissa per questo termine. Non
vi sarebbe che il pesaliquore che potrebbe indicarlo,
usando di questo stromento e prima e dopo l'evapora
zione ; ma non essendo conosciuto abbastanza, il la
scio, come ho già detto, da parte. -

In generale, si può dire che più l'uva è perfetta e


contiene meno acqua, meno il sugo dev'esser evapo
rato; e viceversa. E stato fissato che cento parti di
perfetto mosto non devono esser ridotte che a qua
ranta; e così se il mosto fosse più acquoso, potrebbe
esser ridotto a 36, 34 od anco a 32 parti delle cento.
Si può avere questa misura in un bastone graduato a
taglio di coltello. - - - - - .

Altri ha detto che il sugo è cotto, quando pesa cir


ca un terzo di più di egual volume d'acqua pura. Si
empie un bicchiere d'acqua; se questa pesa, per esem
pio, 4 oncie, sostituendo il sugo all'acqua, questo sa
rà cotto, se peserà 6 oncie in vece di 4. Questa regola
è ancora facile a praticarsi. . -

La regola seguita nella pratica ordinaria, è di pren


dere fra due dita una goccia del sugo evaporato, e di
osservare se faccia bene il filo : e se questo filo rom
pendosi, le due parti troncate ritiransi lentamente, al
lora il sugo è cotto.
i r

Del resto, l'esperienza insegnerà facilmente quale sia


il grado convenevole di cottura da darsi al sugo.
Questo grado ottenuto, il sugo prende il nome di
sciloppo (non permanente) º si ritira dal fuoco, e si
versa in uno o più recipienti per farlo raffreddare.
Termina qui, se vuolsi, l'operazione. Lo sciloppo raf
freddato si chiude in vasi di terra non verniciati e si
conserva. Nello spazio di 8, 15 o 2o giorni addiviene
denso e consistente a cagione dello zucchero solidifi
cabile che passa al suo stato naturale; lo zucchero
liquido vi si condensa pure col tempo, ma si può an
cora separarlo nei primi due o tre mesi.
Così questa sostanza è un compito miscuglio dello
zucchero solido collo zucchero liquido dell'uva, e può
darglisi il nome di moscovata sapa.
Il suo colore, se l'uva impiegata era bianca, è il
biondo tirante più o meno al rossiccio; il suo sapore
è dolce ed aggradevole, ma attacca un pocolino il pa
lato. L'interno della massa è granoloso, e ad interval
li riempiuti d'un liquido viscoso. Si può, in certa
guisa, rassomigliare al mele giallo. Secondo i calcoli
fatti, contiene tre quarti di zucchero solido e cristal
lizzato, e un quarto di zucchero liquido o scilopposo.
Questa sostanza può servire in tutti gli usi della
domestica economia, e può convenire ad ogni classe
di cittadini, ma specialmente alla meno agiata. Essa
è infinitamente migliore della moscovata di canna,
chiamata volgarmente zucchero rosso. e,

Ma chi aver brama lo zucchero solido dell'uva, se


parato dal liquido e quasi bianco, aggiungerà l'opera
zione seguente.

s. Iv. -
Consolidazione e purgazione dello Zucchero.

Havvi chi vuol purgare lo zucchero qui sopra de


scritto, due o tre mesi dopo la sua preparazione. Lo
versano in un feltro di tela a tasca conica. Lo zuc
chero liquido passa, e il solido rimane. Finiscono di
farlo gocciolare , spremendolo fortemente in una tela
forte, e lo fanno seccare. Ma vede ognuno che que
sto zucchero deve ancora ritrovarsi imbrattato di molto
zucchero scilopposo. Io credo che si debba purgare lo
zucchero nell'atto medesimo che esso si consolida: ed
GCCO COIme ,

Allorchè lo sciloppo che dalla caldaja si è versato


nel recipiente, per farlo raffreddare, è tuttora discreta
mente caldo, si piglia e s' introduce in altro recipien
te che son qui per descrivere . e

Si fa preparare una cassa di legno, il fondo della


quale deve comporsi di due piani inclinati l'uno ver
so l'altro in guisa che formino per la loro riunione
una specie di grondaja nel mezzo del maggior diame
tro della cassa. Questa grondaia porta da un capo
all'altro una serie di fori, più o meno numerosi, che
si otturano con lunghi cavicchi i quali si elevano col
le loro punte nell'interno della cassa. Darò più sotto
le dimensioni più convenevoli di questo attrezzo ( S. 6
osserv. 8 ).
Si versa adunque lo sciloppo ancor caldo in questa
cassa, ma a più riprese : non converrebbe riempirla
che nello spazio di 24 ore, con due cotture almeno di
sugo. Riunendo la seconda dose alla prima, si rimuo
ve leggiermente il liquido con una spatola, facendo
attenzione di sollevare alla superficie lo zucchero che
si è già consolidato e deposto sul fondo della cassa.
TDopo alcune ore la solidificazione dello zucchero ad
divien generale, e dopo altre poche ore, tutta la mas
sa trovasi perfettamente raffreddata. Allora ritiransi i
cavicchj; lo zucchero scilopposo scola pei fori, si ri
ceve in adatti recipienti e lo zucchero solido rimane
nella cassa. Si lasciano aperti i fori ; e in pochi gior
ni lo zucchero si purga quant'è possibile.
Si lascia indi la cassa per qualche giorno all'aria
secca, o si ripone in istufa ; con ciò lo zucchero per
de la sua umidità; e si potrà far seccare compiutamen
te ritirandolo dalla cassa. Chi opera un po' in grande,
deve aver più d'una cassa, per meglio condur l'opera
21One e

Chi opera sopra piccola quantità, può servirsi di cas


se più anguste, od anco di vasi di terra non vernicia
ti, e che abbiano il fondo convesso e pertugiato. Qua
lunque sia la dimensione del vaso, s'abbia sempre
l'attenzione di non mai riempirlo di sciloppo in una
sola volta.
. Così adoperando, si avrà una moscovata che varrà
iene un'eccellente cassonata; non sarà bianchissima,
ma potrà servire a qualunque uso del più delicati.
Lo sciloppo che scola dalle casse o dai vasi, con
tiene ancora zucchero solidificabile. Non si ha dun
que che a riporre un tal liquido nella caldaja, chia
rificarlo con siero di sangue o bianco d' uova, eva
Porarlo convenevolmente, lasciarlo alquanto raffred
ºare, e versarlo ancor caldo nelle casse o vasi per
ºgiati, per ottenerne, come sopra, lo zucchero solido.
2,

14
Si ripete due o tre volte l'operazione. L'ultimo sci
loppo che otterrassi, sarà permanente, cioè formato di
solo zucchero liquido che mai non si consolida. Ma
questa sostanza è ancora utilissima negli usi domesti
ci: essa è più dolce dello zucchero solido, e corrispon
de alla melaccia di canna, ma è molto migliore di
essa per tutti i titoli.

- S. V.

Purgazione ulteriore dello Zucchero.

Lo zucchero, come sopra, purgato, contiene ancora


una porzione di zucchero liquido, il solo che in se
racchiude alcune materie straniere, segnatamente la
materia del colore e del sapore un po' irritante.
Quando pertanto si voglia avere uno zucchero scevro
affatto di liquido , e quinci perfettamente bianco,
s'aggiunga l'operazione seguente.
Allorchè vedesi che nulla più scola dalle casse o
vasi sopra descritti, in vece di porre lo zucchero ad
asciugare all'aria, come si è detto, si lava rapidamen
te con acqua la più fredda possibile. Si può fare que
sta abluzione, o versando l'acqua sullo zucchero po
sto sopra un piano inclinato, o ricevendo lo zucchero
in un cribro formato di filo o di lastra d'ottone a ma
glie o buchi finissimi; s'immerge il cribro nell' ac
qua, si aggira per brieve istante, e si ritira immedia
tamente; indi si pone lo zucchero a gocciolare e ad
asciugare alquanto. Lo zucchero così lavato ha perduto
una porzione del suo sciloppo. Si colloca allora in al
tra simil cassa o nella istessa di prima, che si avrà in
tanto pulita, comprimendolo alcun poco, e riunendo
soprattutto, calcando e spianando la sua superficie.
Preparasi allora una pasta molle d'argilla, volgar
mente appellata terra creta. Nel formar questa pasta,
conviene batterla fortemente e generosamente lavarla,
sinchè l'acqua che da essa scola, sia limpida; quanto
più questa terra sarà bianca, sarà tanto più opportu
na. Si riduce poscia a consistenza di pappa.
Spiegasi sulla superficie dello zuccchero una tela fi
ma e densa di cotone, umida appena : sopra questa tela
s'applica la pasta d'argilla. I buchi della cassa devo
no esser aperti. L'umidità della pasta passa nello zuc
chero e tragge seco lo zucchero liquido, come più so
lubile del solido. Allorchè vedesi che la pasta si sec
ca, si rinnovella, e ciò tre o quattro volte successi
ve, oppure si rinfresca solo la prima pasta con un po'
d'acqua versata di tempo in tempo. L'operazione ad
dimanda 24 o 3o giorni di tempo.
Il liquore che scola quasi insensibilmente dai bu
chi della cassa, è ricevuto in vasi opportuni: dappri
ma esso non contiene che zucchero liquido, sull'ulti
mo apporta anche zucchero solidificabile. Ma facendo
evaporare di nuovo nella Caldaja questo liquore, chia
rificandolo, e trattandolo come si è detto dello sci
leppo scolato dalle casse, se ne ricava tutto lo zuc
chero solido che contiene. -

Ritirata del tutto la pasta d'argilla colla tela sotto


posta, si lascia ancora circa venti giorni lo zucchero
i
nella cassa per dare il tempo allo sciloppo di goccio
lare perfettamente. Dopo si leva e si espone per qual
che giorno al sole sopra una tela ben secca.
In seguito si porta lo zucchero in istufa per alcuni
- -

- -

16
giorni, e quindi si può passarlo in un forno poco ri
scaldato, per farlo perfettamente seccare. Questa ope
razione esige alcune settimane; poichè conviene che
lo zucchero si secchi lentamente: un troppo forte ca
lore lo fa divenir rosso. Si otterrà per questo mezzo
uno zucchero bianchissimo, che non avrà nulla ad
invidiare alla più bella cassonata. p

Ho aggiunto quest'ultima purgazione, più per lus


so che per necessità. È però bene il conoscerla; e chi
vorrà tentarla ne otterrà effetto lodevole. l

Non parlo dell'affinaggio dello zucchero d'uva, per


non aggiungere altre operazioni ancor meno necessarie.

S. VI.

o ss E RV Az I o N I.

1.” Il metodo sin qui descritto, aon ha altro og


getto che di ritrarre dall'uva il suo zucchero solido
o mescolato con tutto il liquido, od anco più o me
no isolato.
Si può per altro ridurre il mosto al semplice stato
di sciloppo permanente, che cioè mai non si solidifi
ca. La cosa è facilissima. In vece di evaporare e cuo
cere il sugo sino al punto che ho indicato, si evapo
ra e si cuoce meno. Si arresta il fuoco quando il
sugo ha diminuito circa della metà.
Lo sciloppo permanente è fatto, quando lasciandone
cadere dall'alto qulche goccia sopra un piatto, essa
non risalta nè si stende, e separandola in due, le par
ti non si ravvicinano che lentamente, -

Allorchè lo sciloppo è perfettamente freddo, si versa


- I
in bottiglie ben asciutte, e si conserva in luogo fio.
La bottiglia di cui si è incominciato a far uso, deve
esser tenuta a collo rovesciato, perchè lo sciloppo non
degeneri.
Giova anco sapere che per preparare uno sciloppo
permanente, non si ha bisogno di esser molto difficili
nella scelta dell'uva. Ogni specie d'uva bianca ben
matura è opportuna all'uopo. La ragione è chiara;
per fare un tale sciloppo, basta che l'uva contenga zuc
chero liquido; è questo assai abbondante in tutte le
uve. Del resto poi devonsi porre in pratica le avver
tenze descritte per preparare lo zucchero solido.
2.° I vasi, sia di rame sia di legno, gli stacci, i
feltri e gli altri utensili che servono alle diverse ope
razioni, devono esser mai sempre ben tersi e mondi.
3.° La Caldaja deve esser posta sopra fornello, per
risparmiare il combustibile, ed anco per meglio con
durre l'operazione.
Converrebbe conoscere le migliori proporzioni della
Caldaja e i fornelli di economia, per produrre colla
minor quantità di combustibile l'evaporazion la più
forte; ma credo inutile, pel momento, questa disami
na. Basterà solo osservare che la Caldaja la più ac
concia, sarebbe quella che avesse 7 o 8 piedi parigini
di superficie, e 6 o 7 pollici di profondità.
4.° Il feltro di lana necessario nella chiarificazione
del mosto (S. 2), dev'esser fatto con flanella o stami
gna bianca. La sua forma può variare. Può darglisi
quella d'un sacchetto puntuto, di cui l'apertura, lar
ga circa 12 pollici, sarà attaccata ad un cerchio di
il
legno. Si può formarlo con quattro assicelle, riunite
in telajo quadrato, il vuoto del quale sarà chiuso dalla
18 -

flanella inchiodata sul contorno di esso telajo. Si può


farlo ancora di forma circolare e alla foggia di stac
cio. Finalmente è da avvertire che, in luogo di la
na, si può usare d'una tela di cotone un po' chiara.
5.° Ho proposto le ceneri lavate per distruggere l'a-
cido (S. 2), come quelle che trovansi da per tutto, e
che si possono adoperare senza molta circospezione.
Basta che esse non abbiano cattivo odore. La loro pre
parazione è analoga a quella della lisciva pel bucato,
allorchè questa si fa con cenere. Le ceneri si passano
per un fino crivello o per uno staccio, si fanno, ov
ver si lasciano macerare alcun tempo nell'acqua bol
lente, si cangia l'acqua, e si lavano così più e più
volte successive. La prima acqua, come ognuno sa,
è utile per l'uso domestico. Si fanno asciugare que
ste ceneri al sole, essendo più vantaggioso adoperarle
secche, che umide; giacchè servono a saturar l'acido,
e nel tempo stesso ad assorbire una porzione dell'ac
qua del mosto. -

In vece delle ceneri, si può usare la creta, cioè il


bianco di Spagna, o il marmo pesto, od anco vecchia
calce, stata lunga pezza esposta all'aria umida, e che
perciò ha perduta la sua causticità , essendo passata
allo stato di carbonato Calcareo ; non conviene mai
far uso di calce viva; ma si lavano queste materie
prima di usarne, e si fanno seccare.
Il loro uso però addimanda un'attenzione particola
re; non bisogna versarle in eccesso; sono più attive

delle ceneri, e ne occorre una quantità assai minore


per distruggere gli acidi. Ho già dato le regole per
ben condursi in questa operazione.
6.° Ho dato altresì le regole per la cottura del sugo.
- - e

ºr

. (S. 3). Chi volesse determinarla coll'areometro o


pesaliquore di Beaumé, dovrà distinguere quand'egli
vuole ottenere sciloppo permanente, da quando ei vo
glia avere zucchero solido. Per lo sciloppo, il sugo è
cotto, allorchè marca 31 gradi al pesaliquore; per lo
zucchero solido, si ha la cottura, quando il sugo mar
ca gradi 52. Ma a questo proposito ho osservato anco
ra che il pesaliquore può essere con sommo vantaggio
adoperato prima dell'evaporazione, per conoscere la
quantità di zucchero e di acqua che ritrovansi nel mo
sto o nel sugo. In questo altro caso, ecco la regola
generale: se il sugo marca 1o o 12 gradi all'istromen
to, ciò vuol dire che esso non contiene che 18 o 2o
di materia zuccherina per 1oo: se il medesimo marca
14 o 15 gradi, esso può allora contenere 24, 25 o
26 di zucchero per 1oo : finalmente, se marca 16 o
17, ciò indica un sugo di ottima qualità, che può
dare da 3o a 32 di zucchero per 1co.
7.° Si può ancora far uso del termometro nell'e-
vaporazione del sugo, non già per giudicare della
cottura dal grado di calore a cui il sugo deve esser
portato, come a torto han pensato alcuni maestri del
l'arte; ma bensì per fissare il grado di calore cui non
conviene oltrepassare, per non alterar la materia. Da
principio si può spingere il mosto all'ebollizione, ma
ridotto che sia esso alla metà, è necessario diminuire
progressivamente il fuoco, come ho gia detto ; poichè
da una parte si sa che meno la materia contiene di ac
qua, più si riscalda: e dall'altra parte è noto che lo zuc
chero liquido e specialmente la materia del colore si
alterano e bruciano con somma facilità. Presso la cot
tura, il sugo non dovrebbe marcare più di 60 o 7o
2O

gradi al termometro di Reaumur. Si può ancora ado


perare utilmente il bagno-maria.
8.° Ho parlato della cassa per far consolidare e pur
gare lo zucchero (S. 4). Questo vaso mi sembra del
la più grande necessità. Non si può dubitare della sua
utilità. Il Sig. Dutrone che lo ha inventato o perfe
zionato, se n'è servito coll'esito il più felice per lo
zucchero della canna: egli è giunto a purgarlo quanto
è mai possibile, nello spazio di 6 o 8 giorni. Ma sic
come lo zucchero solidificabile dell'uva è meno solu
bile, ed in conseguenza più disposto ad abbandonare
il suo zucchero liquido, che nol sia quello della can
na, come ha dimostrato il Sig. Proust, ne viene per
conseguenza che il medesimo deve ancora solidificarsi
e purificarsi più prontamente di quello di canna.
Perchè dunque attenderemo noi tre mesi per ese
guire questa operazione ? -

Le dimensioni le più convenienti di questa cassa


per ottenere la cristallizzazione o solidificazione la più
pronta dello zucchero, sono, giusta lo stesso Dutrone,
di 5 piedi parigini di lunghezza, di 3 piedi in lar
ghezza, di 9 pollici in profondità laterale, e di 15
pollici nel punto che corrisponde alla grondaia. Lun
go questa ritrovansi 12 o 15 fori di un pollice circa
di diametro. Ma per cominciare, si devono formare cas
se più piccole. La loro costruzione non è punto diffi
cile nè dispendiosa. Questo attrezzo è forse l'unica
spesa da farsi in una casa di campagna, che possiede
già tutti gli altri stromenti necessari al lavoro. La
cassa sostiensi elevata da terra sopra quattro piedi per
potervi sotto riporre i vasi destinati a ricevere lo sci
loppo che scola.
z 2

9.° Ho detto qual partito convenga trarre da questo


sciloppo : esso è atto a fornire nuovo zucchero solido.
Ma si deve trar partito anche dalle schiume. Ritiran
dole dalla caldaja, convien riporle in un vaso di terra,
capace di esser posto al fuoco. Quando il lavoro del
lo zucchero è finito, si versa in tal vaso la quantità
convenevole di bianchi d'uova, battuti in sufficie te
quantità d'acqua; si pone il vaso al fuoco; si fa cuo
cere; si feltra alla lana ; si concentra : e se ne ottie
ne un eccellente sciloppo.
1o. È facile calcolare il prodotto di questa mani
polazione e il prezzo dello zucchero che se ne ottiene.
Ho già detto che il buon moscato in Spagna fornisce
da 3o a 32 libbre di zucchero per ogni cento d'uva.
Un uva qualunque di buona qualità e ben matura,
può fornire in Italia più d'una libbra di zucchero per
ogni quattro di sugo, cioè più di 25 per 1oo. Un quar
to, o tutto al più, un terzo di questo zucchero è li
quido: il rimanente è solido e si può avere in stato
di bella cassonata (S. 4). Si può dunque ottenere
da 18 a 22 libbre di cassonata per ogni 1oo d'uva.
Non havvi altra spesa che quella del combustibile e
del lavoro. Ognuno potrà dunque rilevare l'importo
dello zucchero. Questa manipolazione può senza dub
bio recare all' Europa un nuovo ramo di commercio,
assai considerevole, che negli anni d' abbondanza non
farebbe alcun torto a quello del vino.
11.° Quanto alla proprietà ed al merito dello zuc
chero d'uva, bisogna distinguere. Lo zucchero formato
dal miscuglio del liquido e del solido, o la moscovata-sapa
(S. 3), essendo una sostanza saporitissima e dolcifican
te per eccellenza, è desso una vera risorsa per la classe
22

la più numerosa. Il colore non gli fa alcun torto; e la


leggiera sua asprezza si renderà insensibile, qualora
gli ultimi periodi dell'evaporazione siano stati con
dotti a fuoco lentissimo.
Lo stesso zucchero ottenuto in istato di sciloppo per
mamente ha le medesime proprietà; ed essendo men
cotto, non ha nulla di aspro.
Lo zucchero purgato nel modo descritto (S. 4), è
una eccellente moscovata, superiore a quelle del com
mercio, che può servire a tutti gli usi domestici del
le famiglie cittadine le più delicate. Zucchera un pò
meno della moscovata-sapa, è un pò meno solubile
nell'acqua; ma è quasi senza colore, e il suo gusto
è più puro e più franco. - - -

Lo zucchero ancor più purgato mediante la pasta


d'argilla (S. 5 ), è una cassonata bianca che può es
sere portata sulle più scelte mense. Si presenta sotto
la forma d'una massa granolosa, porosa, pulverolen
ta, che imita in certo modo le grana del cavolo fiore:
il suo sapore è perfetto. Zucchera meno ed è ancora
meno solubile dello zucchero precedente, ma questi
difetti correggonsi facilmente. Si rimedia al primo,
versandone maggior dose ; è stato osservato che due
cucchiai e mezzo di questa cassonata equivalgono a
due di quella di canna. Il secondo difetto della solu
bilità scompare affatto, quando la sostanza da inzuc
cherare è bollente, come, a cagion d'esempio, il caffè.
12.º Non tacerò finalmente un vantaggio sommo che
lo zucchero d'uva può offrire nella fabbricazione dei
vini. Negli anni piovosi e poco caldi, e in certi luo
ghi bassi ed umidi, le uve, anche di ottima specie, non
possono arrivare a perfetta maturità; e il vino che se
23
ne ritrae, è aspro, acquoso, freddo, e senza gusto.
Il difetto di materia zuccherina, e quindi l'eccesso
d'acido, unito a quello dell'acqua, sono la cagione
delle imperfezioni di cotal vino.
Per rimediare a questo difetto si è in ogni tempo
aggiunto al tino il mosto più o meno cotto; e gli eno
logisti moderni con tutte le loro ricette non han fat
to che ripetere antiche pratiche conosciutissime. Co
loro pure che hanno consigliato la conserva d'uva o la
sapa, non han detto nulla di nuovo. Ma è facile avve
dersi che questi rimedi non sono i più acconci; poi
chè il mosto cotto, qualunque esso siasi, sempre con
tiene gli acidi e il tartaro, e se è molto cotto, quasi
tutti i suoi elementi vi si trovano alterati. a

Qualche persona ha consigliato il mele o la mos


covata e la melaccia della canna. Questo rimedio che
gli antichi non ignoravano, potrebbe adottarsi, se le
materie proposte non fossero capaci di portare nel vi
no un odore e un gusto poco gradevoli, e se il loro
prezzo potesse convenire. e -

Il miglior correttivo de vini di cui parlo, è dunque


lo zucchero dell'uva, come già lo ha proposto il Sig.
Proust. Questo si usa o tratto di fresco da una por
zione della stessa uva destinata a fare il vino, o pre
parato l'anno innanzi e conservato.
Per meglio riuscire in questa operazione, s'inco
mincia dal distruggere una sola porzione dell'acido
del mosto, mediante le ceneri lavate, come ho già
detto ( osserv. 5 ), e gettate a misura che si versa il
mosto nel tino: nel tempo stesso s'agita con un le
gno. Si discioglie quindi in un pò di mosto la quan
tità convenevole di zucchero, e si versa nella massa.
so
i" zucchero opportuno all'uopo, è quello che con
tiene il liquido e il solido, e che ho chiamato mosco
vata sapa ( S. 3 ); poichè in esso ritrovansi tutti gli
elementi del vino, eccetto quelli che non possono che
nuocere, come gli acidi, il tartaro e l'acqua. Può
adoperarsi egualmente lo zucchero in istato di sciloppo
permanente (osserv. 1): ma questo contiene dell'acqua.
E da avvertire nullameno che preparando lo zucche
ro pel vino, sarà bene di non cuocere sino al grado
che richiedesi per ottenere lo zucchero cristallizzabile. Il
mosto così preparato fermenta, e se ne ottiene un vino
eccellente. - - -

Non mi estendo più oltre su questo argomento: tac


cio ancora gli altri usi molti a cui può servire lo zuc
chero di uva: ne parlo diffusamente nel mio Trattato.
Sappiasi solo che si può applicare a questo zucchero,
ciò che con minore ragione disse il poeta del mele
Atto a dolcir con esso acerbe frutta, - - e
e .

Nespole e sorbe, e l'agro umor dell'uva.


- , i RUcEL.
I N D I C E
DEL L E MI AT E R. I E.

seC>->(S) S -sose.

Avertimento dell'Autore.
Introduzione. . . . . . . . . . . pag.
S. I. Preparazione del mosto . . . 22

1.” Scelta dell'uva. . . . . . . . . 22

2.° Spremitura dell'uva . . . . . . .” 22

S II. Distruzione dell'acido, e chiarificazione


del mosto . . . . . . . . . 22

1.° Distruzione dell'acido . . . 22

2.” Chiarificazione del mosto . . . . . ,


S III. Concentrazione e cottura del sugo. . ,
1.° Concentrazione del sugo. . . . . . ,,
2.” Cottura del sugo . . . . . • 22

S. IV. Consolidazione e purgazione dello zuc


chero . . . . . e - e
22

S. V. Purgazione ulteriore dello zucchero. . 29

S. VI. Osservazioni . . . . . . . . . 72
-
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--- -
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Poggi, G-G- P6
Manuale sulla maniera
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