Mediterraneo
Nel 1941 otto militari italiani sbarcano su una piccola isola dell'Egeo, con il compito di stabilirvi un presidio. L'isola appare deserta in quanto è stata
parzialmente abbandonata dalla popolazione greca dopo aver subito la precedente sanguinosa occupazione tedesca. I soldati si rivelano
assolutamente inadatti all'attività militare e presto, sfruttando l'isolamento geografico, l'impossibilità di comunicare con il comando dovuta alla radio
rotta e l'apparente solitudine dell'isola, incominciano tutti a dedicarsi ad attività del tutto estranee alla guerra. La popolazione presente sull'isola,
composta esclusivamente da donne, vecchi, bambini e da un prete ortodosso, sfuggiti alla deportazione che i tedeschi avevano inflitto ai maschi adulti,
compare all'improvviso uscendo dai nascondigli nei quali si era rifugiata nel corso dello sbarco degli italiani. Gli isolani, capendo che i soldati italiani
erano del tutto diverso da quelli tedeschi, iniziano a instaurare un rapporto di convivenza pacifica con gli italiani. Per i militari italiani, isolati dal resto del
mondo, la vita scorre tranquilla, animata dagli attriti causati dalla bella Vassilissa, la prostituta dell'isola, che si pone al servizio del plotone intero, ma
della quale finisce per innamorarsi profondamente uno dei soldati, Antonio Farina. Farina sposa Vassilissa nella chiesa affrescata da Montini (uno dei
soldati abile nella pittura). Un giorno, tre anni dopo lo sbarco dei soldati, un aereo da ricognizione italiano è costretto a compiere un atterraggio
d'emergenza sull'isola. Il pilota, esterrefatto, comunica ai soldati ciò che è avvenuto in Italia negli ultimi tempi: la caduta del fascismo, la fondazione
della RSI (Repubblica di Salò) e l'armistizio con gli anglo-americani firmato dall'Italia. I soldati italiani, a malincuore, lasciano l’isola, eccetto Farina che
per poter rimanere con Vassilissa diserta e si nasconde per non essere trovato. Molti anni dopo alcuni dei soldati, ormai vecchi, si recano nuovamente
sull’isola (delusi dall’Italia del dopoguerra) e lì si ritrovano con Farina che sfortunatamente aveva perso la moglie Vassilissa.
Un tocco di zenzero
Il professore di astronomia Fanis, greco di origine turca con l'hobby della cucina, in occasione della visita del nonno, ripercorre la sua vita attraverso i
ricordi. Quando era bambino, negli anni ’50, viveva ad Istanbul, dove il nonno Vassilis era proprietario di un piccolo negozio di spezie nel quale era
solito lavorare anche Fanis da piccolo. Il nonno educa il nipote all’amore e alla conoscenza delle spezie, dell’arte culinaria e dell’astronomia, tutte
passioni che poi Fanis conserverà da adulto. Nel 1964 Fanis e la sua famiglia, composta prevalentemente da greci, vengono costretti a lasciare
Istanbul e a trasferirsi ad Atene, lasciando il nonno che era rimasto in città. Ci si rifà ad un evento realmente accaduto cioè quando i greci di Istanbul
sono costretti a tornare in patria a causa del conflitto fra Turchia e Grecia per via degli interessi sull'isola di Cipro. Il ragazzo trova difficoltà
nell'ambientarsi ad Atene e continua a coltivare la speranza di poter cucinare per il nonno e per la sua amica Saime (di cui era innamorato e che era
rimasta in Turchia) quando verranno a trovarlo. Ritornando al presente, il nonno Vassilis in realtà non arriverà mai alla cena organizzata in suo onore
da Fanis perché malato. Fanis rincontra anche la sua amica d’infanzia Saime, ormai cresciuta, per scoprire che le loro strade, separate dalla
deportazione dei greci dalla Turchia, non potranno mai più rincontrarsi.
I due colonnelli
Il film è ambientato a Montegreco, al confine tra la Grecia e l'Albania. Nell'estate 1943 le truppe anglosassoni, guidate dal colonnello Henderson,
occupano per la trentesima volta il paese e lo governano secondo criteri democratici: lo stesso colonnello si accasa nell'abitazione di Iride, donna
giovane che diventa la sua amante. Nella stessa abitazione, in cui abita anche la madre della ragazza Penelope, il comandante delle truppe inglesi
stabilisce il proprio quartier generale. Successivamente Henderson abbandona la città ed ordina una ritirata perché ritiene preponderanti le forze
italiane, quando esse attaccano il paese. In realtà il battaglione degli italiani è una truppa sgangherata senza viveri e con pochissime munizioni rimaste,
in cui il severo colonnello Antonio Di Maggio (Totò) comanda tutti a bacchetta. Una volta entrato in paese anch'egli si reca da Iride dove stabilisce il suo
comando e di cui è amante, al pari del colonnello Henderson. La ragazza riesce infatti a fingersi amante di entrambi i colonnelli e, per di più riesce ad
ospitarli alternativamente nella sua casa. Il giorno seguente un soldato italiano cattura casualmente Henderson: Di Maggio lo fa suo prigioniero e tenta
di trattarlo in maniera non consona al suo grado di ufficiale. Il suo atteggiamento però si mitiga quando scopre che il sergente maggiore Quaglia, suo
sottufficiale, a suo tempo prigioniero dei britannici, era stato invece trattato benissimo. Il 25 luglio al comando italiano arriva via radio l'annuncio che
Mussolini si è dimesso ed il sovrano ha affidato il governo al maresciallo Badoglio, che ha dato ordine di proseguire il conflitto a fianco dell'alleato
germanico. Gli inglesi, avendo sentito l'annuncio, ne approfittano per attaccare e riconquistano Montegreco: stavolta dunque è Di Maggio ad essere
fatto prigioniero da Henderson. I due, divenuti a loro modo amici, scoprono che Iride è sposata, e che nasconde il marito in un rifugio nel pavimento, e
che in realtà non si era mai concessa sessualmente a loro: approfittando dell'oscurità era sempre stata la madre ad entrare nel letto dei due militari.
Per dimenticare la comune disavventura, si ubriacano ricordando amori passati, cantando e ballando: oltretutto Henderson salva la vita al collega,
impedendo alla popolazione locale di linciare pubblicamente il colonnello Di Maggio che durante le varie occupazioni non si era fatto ben volere al
contrario dei suoi soldati. Impossibilitato a trattenere i paesani, l'ufficiale inglese favorisce la fuga di Di Maggio, consegnandogli i suoi abiti. Travestito
da ufficiale inglese e salvatosi dai colpi di fucile dei suoi stessi soldati che non lo riconoscono al buio così abbigliato, Di Maggio riesce a tornare tra le
sue fila. Intanto, venuto a conoscenza delle difficoltà militari italiane a contrastare il battaglione inglese, l'esercito tedesco invia il maggiore Kruger,
insieme con una fornitura di potenti mortai da guerra. L'ufficiale tedesco non perde l'occasione per trattare gli italiani, ed in particolare il colonnello, con
sufficienza. Di Maggio però si ribella apertamente all'ordine dell'alleato di bombardare il paese ed uccidere donne, vecchi e bambini per stanare gli
inglesi e viene quindi condannato a morte per insubordinazione da una corte marziale tedesca. Di Maggio viene condotto sul luogo dell'esecuzione e
anche in quel frangente per sfregio l'ufficiale tedesco responsabile ordina agli stessi soldati italiani di fucilarlo. I soldati si rifiutano e vengono allora
allineati a fianco del loro colonnello per esser anche loro fucilati, ma è l'8 settembre, il giorno dell'armistizio, ed un attimo prima che i tedeschi sparino
arrivano gli inglesi, armi in pugno, a salvarli. Dato l'armistizio, Italia e Gran Bretagna sono ora forze alleate e quindi i due colonnelli Di Maggio ed
Henderson possono continuare la guerra insieme, finalmente da amici ed alleati.
MODULO C
KAVAFIS – Poesie
Konstantinos Kavafis nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1863 e muore nel 1933. Viene considerato un fenomeno letterario europeo, non solo greco. Ad
Alessandria c’era una fiorente comunità greca, era un coacervo di culture e popolazioni, una città cosmopolita. La madre di Kavafis aveva origine
fanariota: i fanarioti erano degli aristocratici legati ai vertici del potere che frequentavano il quartiere del Fanaro che si trovava nel Corno d’oro. Kavafis
era orgoglioso delle origini aristocratiche della madre. Kavafis da giovane perde il padre e si trasferisce così in Inghilterra, ma da quel momento in poi
la sua famiglia venne colpita dalla disgrazia infatti muore anche la madre e dopo tutti i suoi fratelli. Kavafis torna ad Alessandria e si trova a vivere solo
nella casa di Via Lepsious che non abbandonò mai, salvo per alcuni viaggi come quello in Inghilterra. Kavafis ha un ruolo simbiotico con la sua patria e
anche con la sua casa, in cui aleggiano i ricordi dei suoi cari. Chi fa conoscere Kavafis poeta in Grecia è Grigorios Xenopoulos, scrittore e
drammaturgo greco, che fa conoscere Kavafis anche al di fuori di Alessandria. Kavafis si pone all’opposto del gusto poetico del tempo, incarnato da
Palamas, che scrive una poesia elevata e altisonante, alla quale Kavafis si oppone completamente, scrivendo testi brevi ed essenziali. Pubblica poche
poesie, distribuiva le sue opere su dei foglietti volanti, non era attratto dalla pubblicazione, segno di riservatezza e del suo essere isolato e schivo
(Seferis in questo senso riconosce la novità di Kavafis e sottolinea che la sua poesia nasce dall’isolamento). Tra le poesie di Kavafis 154 sono state
pubblicate in fascicoletti e più di 100 mai pubblicate.
Kavafis dice “Io sono un poeta della vecchiaia. I fatti, anche i più vivi, non mi ispirano subito. Prima deve passare del tempo. In seguito, ricordandoli, mi
ispirano”. Poeta della vecchiaia perché pubblica il primo fascicolo a 41 anni; il tema del ricordo e della memoria cioè che per Kavafis non è importante il
fatto in sé, ma il ricordo di quel fatto.
In molte sue poesie infatti protagonisti sono persone incontrate per un attimo e che vengono immortalate come in una fotografia attraverso la poesia.
Kavafis dice pure “Io sono un poeta storico” cioè egli in molte poesie prende l’avvio da una frase di ispirazione storica (es. Plutarco). Cita la fonte e la
frase e la inserisce così com’è. Per il lettore colto greco, ovviamente, era immediato il riconoscimento.
Lo stile di Kavafis è caratterizzato da una lingua mista fra katharèvousa e demotico, con elementi della lingua costantinopolitana. La sua è una lingua
scarna, prosastica ed essenziale, parca di aggettivi che assumono quindi una rilevanza particolare. Uso di ironia sottile e senso della tragicità. Ricerca
della brevità. Cura della punteggiatura. Quasi totale assenza della rima.
Le poesie anteriori al 1911 hanno una impronta più simbolista: il 1911 è un anno spartiacque, dopo questa data infatti le poesie si distaccano dal
simbolismo e il poeta scrive anche poesie a carattere erotico e omosessuale. Prima del 1911 sicuramente la società non avrebbe capito e accettato,
infatti lui ha un rapporto di odio-amore con Alessandria, che è una città che lui ama, che lo rende fiero, ma che è anche una città in cui la società è
chiusa.
1) Un vecchio pag. 124
In questa poesia la vecchiaia viene vista come rimpianto di quanto non si è realizzato nella giovinezza. Si prova paura verso la vecchiaia. In questa
poesia non può avvenire il riscatto della vecchiaia attraverso la memoria perché si prova rimpianto. Il riscatto può avvenire solo quando c’è la memoria
di quanto si è realizzato (elemento positivo). Kavafis crea quasi quadri fotografici: all’inizio ci dà uno schizzo generale, poi è come se avvicinasse lo
zoom al vecchio e seguisse le sue riflessioni. Alla fine, ritorna, dopo il monologo, alla descrizione dell’inizio e mostra il quadro generale nuovamente. 2)
2) Il sole del pomeriggio pag. 130
Poesia di carattere erotico. Si vede la capacità di Kavafis di dare dei quadri fotografici e l’attivarsi della sua memoria, è come se lui fosse davanti a noi
e si ricordasse com’era fatta quella stanza. L’elemento erotico è filtrato dal tema della memoria e del ricordo. Ogni oggetto dentro quella stanza fa
attivare la memoria, ognuno è legato ad un ricordo (come il letto, legato ad un ricordo erotico). L’oggetto quindi è il mediatore tra poeta e ricordo.
3) Cesarione pag. 134
Cesarione è un personaggio storico, figlio di Cleopatra e Giulio Cesare. Le fonti ne parlano poco. Kavafis quindi riporta alla memoria personaggi minori
come lui. È questa una poesia storica. La memoria si attiva con la lettura di un volume d’epigrafi dei Tolomei. Ci dà il quadro di come si attiva il ricordo
e l’ispirazione per parlare di Cesarione, che vivrà attraverso la sua arte visto che la storia non lo ricorda. La grecità di Kavafis è quindi inclusiva di atre
culture, lontano dal nazionalismo (tipico di Palamas ad esempio), infatti dedica una poesia a Cesarione figlio di Giulio Cesare. Alla fine, cita
esplicitamente Plutarco dicendo “Meglio non avere troppi Cesari”, a sua volta cita l’Iliade.
4) Itaca pag. 155
Forse la poesia più famosa di Kavafis. C’è una ripresa del mito perché legato all’idea culturale di grecità, si crea un legame di fraternità con la
tradizione. Il mito viene qui rielaborato: nell’Odissea Itaca è il punto di arrivo, l’Odissea è tutta mossa dal desiderio di Ulisse di ritornare. Qui invece
Itaca è il punto di partenza, è quella che ispira il viaggio che dovrà durare per tutta la vita alla ricerca della conoscenza. Il desiderio di conoscenza è
una caratteristica di Odisseo, che è il rappresentante di quella grecità mossa dalla curiosità, dal desiderio di conoscere. L’obiettivo della vita è
l’avventura e la conoscenza. L’obiettivo cioè non è tornare ad Itaca, ma Itaca è il punto di partenza per colui che ha lo spirito di Odisseo di
intraprendere un viaggio straordinario.
MARKARIS – La balia
Kostas Charitos è un commissario della polizia di Atene, e si trova in vacanza a Istanbul con la moglie Adriana e una comitiva di greci per riprendersi
dalla delusione del matrimonio della figlia Caterina, che ha deciso di sposarsi in comune e non in chiesa, deludendo genitori e suoceri. La vacanza però
viene interrotta. Charitos viene contattato da uno scrittore della comunità dei romei (i greci che vivono ad Istanbul), preoccupato per le sorti della sua
balia novantanne, partita dalla Grecia giorni prima e mai arrivata in Turchia. Inizialmente il commissario decide di tenersi ben lontano dalla strana
storia, ma alla fine decide di collaborare con la polizia turca. Il commissario Charitos decide di chiamare un suo vecchio collega, commissario proprio a
Drama, il paesino da cui era partita Maria. L’uomo gli comunica che il fratello di Maria, Ioannis, era appena stato trovato morto. Secondo il medico
legale l’uomo era morto da circa sei giorni, avvelenato con un insetticida che era stato mescolato all’impasto di una tyròpita, una torta salata a base di
feta. Ben presto si scopre che era stata proprio Maria a compiere una serie di omicidi utilizzando sempre la stessa modalità, cioè avvelenando queste
torte salate. Assieme al collega turco-tedesco Murat, Charitos inizia ad indagare all'interno della minoranza romea rimasta a Istanbul, seguendo le
tracce della vecchia Maria Hambou. Alla fine, si scopre che la signora Maria, sapendo di essere vicina alla morte a causa di un cancro, aveva deciso di
dare un senso alla sua durissima vita fatta di abbandoni, solitudine e sfruttamento attraverso una missione: fare giustizia contro quelle persone che, in
modi diversi, nel corso del tempo avevano commesso azioni terribili verso di lei e premiarne altre, che hanno mostrato pietà e gentilezza. Così, il primo
morto è l'odioso fratello, che non si è mai curato di lei, abbandonata dai genitori, ma che l’aveva chiamata a vivere con sé per essere accudito, e che in
più la picchiava. Oppure il secondo cadavere è una donna vecchissima, una parente che l'aveva tenuta in casa quando i genitori l'avevano
abbandonata, per mandarla a lavorare e poi rubarle i soldi che guadagnava.
Non si tratta solo di un romanzo giallo, ma emerge una importante riflessione su cosa vuol dire far parte di una minoranza. Infatti, da una parte si parla
della minoranza turca emigrata in Germania (come Murat) e della minoranza greca in Turchia (i Romei, di cui anche Markaris stesso faceva parte). I
romei furono vittime di un evento tragico che avvenne a Costantinopoli (così continuavano a chiamare Istanbul i greci) tra il 6 e il 7 settembre del 1955,
cioè il progrom. Il progrom di Istanbul fu un saccheggio premeditato e tollerato dalle autorità, diretto principalmente contro la minoranza greca della
Città, composta da circa 100.000 persone. Alcuni morirono, altri rimasero gravemente feriti e tantissime proprietà greche vennero saccheggiate.