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Received: 27th August 2011 Accepted: 10th September 2011

UNA «SIBILLA» NEI PAPIRI MAGICI?


PER UNA RILETTURA DI PGM VI*
MARIANGELA MONACA
Università di Messina
SOMMARIO
In PGM VI viene descritta un’’operazione magica nalizzata ad ottenere un oracolo
da Apollo. In esso si legge prima una preghiera -che il mago dovrà recitare- nella quale
il dio viene invocato come Helios, Febo coronato d’’alloro. Segue l’’invocazione a Selene,
alla vergine Dafne compagna di Febo, afnchè il mago possa udire il canto dei ““precetti
divini nella notte oscura””. Alla riga 20-21 si legge il frammentario [ –– į]ĮȝȐࣂĮ[Ȟ]įȡĮ ȝҕ.......
ĮȞįȡĮ: Cassandra, Alessandra, Taraxandra? può forse trattarsi di un richiamo al personaggio
profetico femminile per eccellenza, una ““Sibilla”” ispirata da Apollo?
PAROLE CHIAVE: SIBILLA, PAPIRI MAGICI GRECI

A «SYBIL» IN THE MAGICAL PAPYRI? FOR A NEW READING OF PGM VI


ABSTRACT
PGM VI describes a magical operation designed to obtain an oracle from Apollo. The papyrus
begins with a prayer that the magician will perform, in which the god is invoked as Helios, Phoebus
crowned with laurel. It follows the invocation to Selene, the virgin Daphne Phoebus companion,
so that the magician can hear the singing of ““god’’s precepts in the dark night””. The lines 20-21
contain the fragmentary [ –– į]ĮȝȐࣂĮ[Ȟ]įȡĮ ȝҕ.......ĮȞįȡĮ: Cassandra, Alexandra, Taraxandra? It is
perhaps a reminder of the prophetess par excellence, a ““Sybil ““ inspired by Apollo?
KEY WORDS: SYBIL. GREEK MAGICAL PAPYRI.

Gli Epigoni presa la città la saccheggiarono ed essendo caduta in loro mani


Dafne, la glia di Tiresia, essi per voto, come primizia del bottino di guerra, la
consacrarono a Del. Questa fanciulla non fu meno valente del padre nell’’arte
divinatoria; e mentre stette in Del fece in essa grandi progressi, essendo
veramente l’’indole sua mirabile ed avendo iniziato a scrivere varii oracoli. Da
essi non pochi carmi prese Omero, trasportandoli ad ornamento della sua poesia.
E visto che spesso prediceva le sorti invasata, ebbe soprannome di Sibilla; infatti
l’’essere inspirata da un nume si dice, in uno dei dialetti greci, far la Sibilla1.
*
Desidero esprimere la mia gratitudine al professore ed amico Aurelio Pérez Jiménez per avermi
invitato a partecipare a questo volume dedicato al prof. J. L. Calvo Martínez, cui mi lega una sincera
stima. Il tema di questa breve nota nasce da alcune suggestioni offerte in una lezione messinese dal
Prof. Emilio Suárez de la Torre, che qui ringrazio.
1
Diod. Sic., IV 66.6,9 - 67.1,1: ਥȞșİĮȗȠȪıȘȢ į’’ Į੝IJોȢ ʌȠȜȜȐțȚȢ țĮ੿ ȤȡȘıȝȠઃȢ ਕʌȠijĮȚȞȠȝȑȞȘȢ, ijĮı੿Ȟ
ਥʌȚțȜȘșોȞĮȚ ȈȓȕȣȜȜĮȞǜ IJઁ Ȗ੹ȡ ਥȞșİȐȗİȚȞ țĮIJ੹ ȖȜ૵IJIJĮȞ ਫ਼ʌȐȡȤİȚȞ ıȚȕȣȜȜĮȓȞİȚȞ. Cfr. Paus., X 5.
ISSN: 1578-4517 MHNH, 11 (2011) 360-370
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In questo breve passo della Bibliotheca Historica, Diodoro Siculo ci mette a co-
noscenza di una tradizione riguardante la profetessa Dafne, glia dell’’indovino Tire-
sia: questa fanciulla consacrata a Del quale bottino di guerra, ha ereditato dal padre
particolari doti profetiche, che la rendono capace di predire le sorti in virtù di una
particolare possessione divina. Tali doti le procurano il soprannome stesso di Sibilla,
poichè la rendono capace di far la Sibilla -secondo un’’espressione già tipica delle
commedie aristofanee2- e la spingono a scrivere oracoli in versi, tanto antichi da poter
essere utilizzati da Omero per ornamento della sua poesia3. Essa è connessa ad un luo-
go oracolare per eccellenza, Del4: l’’autore afferma che Dafne è sacerdotessa a Del,
lasciando trapelare un’’analogia -fondata sulla sovrapposizione di personaggi- con una
Sibilla in particolare, quella Delca. Tale sovrapposizione -assente nel mondo classi-
co, come testimoniano le commedie di Aristofane ed i dialoghi platonici- si manifesta
come fenomeno piuttosto tardo (è nota, infatti, ad autori quali Varrone5 e Plutarco6)
e si compone con la tradizione di una pluralità di Sibille, ispirate da Apollo, libere di
vagare e annunziare le parole del dio7.
«La Sibilla rappresentava un modello di mantica alternativo a quello dei centri
apollinei8»: essa offriva liberamente predizioni spontanee in virtù di innate capacità
profetiche (senza essere cioè né interrogata né inserita tra il personale addetto al
culto del dio, come invece accadeva per la Pizia), ma allo stesso tempo si mostrava
legata alla religione apollinea ed, in alcune particolari circostanze, all’’ambito del-
co. Del tutto originale e utile a chiarire tale ““moltiplicazione”” di personaggi profetici
al femminile è il catalogo proposto da Pausania che, nel X libro della sua ȆİȡȚ੾ȖȘıȚȢ
IJોȢ ਬȜȜ੺įȠȢ, dopo aver descritto il centro oracolare delco ed offerto notizie sulle
sue origini, introduce una elencazione delle varie Sibille, traendo spunto da un rife-
rimento ad un luogo particolare, la roccia presso la quale la prima Sibilla sostò. Se-
condo il Periegeta, le Sibille sarebbero state quattro, libere di vagare e spostarsi da un
2
Nella sua seconda commedia, I Cavalieri Aristofane si occupa largamente dell’’importanza degli
oracoli. Il personaggio centrale, Damos, un vecchio malforme, è descritto dal suo servo, come uno
che ““fa la Sibilla”” in contrapposizione ad un altro personaggio, il Paagone, che invece ““canta degli
oracoli”” (Aristof., Eq. 61). Aristofane usa il verbo ıȚȕȣȜȜȚ੺Ȧ che ––afferma E. SUÁREZ DE LA TORRE,
2007, p. 66- signica anche ““essere ossessionato dalle profezie sibilline””.
3
Sul rapporto Sibilla/Omero: Varr. in Lact., Div. Inst. I 6; Or. Sib., III 419 ss.
4
Sul ruolo del santuario apollineo delco si legga E. SUÁREZ DE LA TORRE, 2005, pp. 60-65.
5
Varrone offre un dettagliato ““catalogo”” delle dieci Sibille note nell’’antichità di cui la terza è la
Delca, in Lact., Div. Inst. I 6.
6
Plut., Pyth. or. 397a-b.
7
Si veda sul tema M. MONACA, 2005 e E. SUÁREZ DE LA TORRE, 2007.
8
E. SUÁREZ DE LA TORRE, 2007, pp. 63-64.
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luogo all’’altro9: la prima, la più antica, sarebbe originaria della Libia, glia di Zeus e
Lamia, della discendenza di Poseidone; la seconda, ““Erole, soprannominata Sibilla””,
più giovane ma ““nata prima della guerra di Troia””10, sarebbe giunta da Delo (originaria
sede apollinea11) a Del per ““cantare oracoli”” trovandosi ““in uno stato di possessione
da parte del dio, come invasata””. Lei stessa avrebbe reso note le sue radici familiari in
un oracolo di tipo ‘‘teologico’’12, un oracolo che tenta di denire lo status della profetes-
sa in un orizzonte intermedio tra il divino e l’’umano. Avrebbe poi trascorso parte della
sua vita quale addetta al culto di Apollo Sminteo nella Troade, avrebbe visitato Samo,
Claro per convergere nuovamente a Delo ed alla rupe di Del, da dove ““pronunziò i
suoi canti””. Sarebbe poi tornata in patria, nella Troade, per morire13.
Di seguito, Pausania riferisce un’’altra tradizione secondo cui Erole sarebbe in
realtà la Sibilla Eritrea e, riportando con dovizia di particolari quali fossero le ragioni
addotte a convalida dagli Eritrei, afferma che essi avevano eliminato quei versi in
cui la Sibilla si diceva originaria di Marpesso (altra sede della profetessa). Quindi,
facendo riferimento ad una fonte storico-letteraria locale di età ellenistica, Iperoco di
Cuma14, introduce la gura della terza Sibilla, colei che non può essere confusa con
le altre, poiché la sua localizzazione occidentale e la sua connessione ad altro tipo di
9
Paus., X 12.
10
Il riferimento alla profezia sibillina della guerra di Troia tende a evidenziare l’’antichità della profetessa.
L’’autore sottolinea, come già Varrone, che Erole ““era più antica della guerra troiana””: ella aveva
predetto che Elena sarebbe cresciuta a Sparta per la rovina dell’’Asia e dell’’Europa e che per sua colpa
Ilio sarebbe stata presa dai Greci. Il tema della profezia di Troia doveva quindi essere comune alle
diverse Sibille, dalla Delca (cfr. Diod. Sic., IV 66, supra) all’’Eritrea (cfr. Apoll. Er., FGrH. 422.1).
11
Erole, Sibilla Delca, è collegata anche con Delo, isola che secondo la più comune tradizione diede
i natali ad Apollo e fu la prima sede di un oracolo del dio. Il personaggio avrebbe inoltre composto
un inno per il dio. Pausania (che trasmette ex novo questa notizia) sottolinea un legame di parentela
tra la Sibilla ed Apollo: essa è identicata con Artemis, la sorella del dio, ed è anche detta sua sposa e
glia (cfr. Clem., Strom. I 21, che menziona la presenza a Del di una Sibilla chiamata Artemis). Tale
intreccio vuole stabilire la profonda connessione tra il dio oracolare Apollo e la sua profetessa.
12
«Io sono di nascita per metà mortale e per metà divina. Una ninfa immortale fu mia madre, mio
padre un mangiatore di grano. Per parte di mia madre sono di nascita Idea, ma la patria paterna
era la rossa Marpesso, sacra alla madre ed il ume Aidoneo». In questo oracolo compare un altro
villaggio della Troade, Marpesso, quale sede di un’’altra Sibilla (cfr. Varr. in Lact., supra).
13
«Tuttavia la morte sopraggiunse allorché si trovava nella Troade e la sua tomba è nel bosco di
Apollo Sminteo, dove ci sono dei versi elegiaci scolpiti sulla sua stele funeraria: -Qui sono io, la
Sibilla di Febo che chiaramente parla, nascosta sotto questa pietra tombale. Una fanciulla che un
tempo ha avuto il dono della voce profetica ma che ora ha sempre una capacità di parola sebbene
sia stata come domata dal destino. Ma io sono sepolta vicino alle Ninfe e a questo Ermes, godendo
anche nel mondo sotterraneo di quella facoltà di potere che io ho avuto anche un tempo-».
14
Iper., FGrH. 576 (cfr. LLOYD-JONES - PARSONS, Suppl. Hell., pp. 498-500).
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tradizioni legate ai culti ufciali romani ed ai Libri Sibillini rendevano possibile il


mantenimento di una sua specica individualità: l’’altra donna capace di pronunziare
oracoli alla stessa maniera di Erole fu chiamata «Demo e venne a Cuma dal terri-
torio degli Opici. I Cumani non fanno riferimento ad alcun oracolo dato da questa
donna ma mostrano una piccola urna di pietra in un santuario di Apollo, nella quale
essi dicono erano poste le ossa della Sibilla15». Fu questa terza Sibilla a manifestar-
si, in seguito, agli Ebrei, con il nome di Sabbe, dando forma ad un’’ultima Sibilla, la
quarta, che conclude il quadro n qui delineato e instaura una linea di continuità tra
la rivelazione sibillina romana e la sibillistica giudaica16.
«L’’originalità della testimonianza di Pausania consiste nel fatto che egli fa di
Erole una Sibilla itinerante17»: è alla sua descrizione che il periegeta dedica più
spazio ed interesse appropriandosi di alcuni referenti propri della tradizione epica
omerica, da un lato, e della religione apollinea, dall’’altro. Erole è colei che è vissuta
nei molti centri apollinei, offrendo i suoi oracoli a Samo, a Claro, a Delo e nalmente
a Del; è la profetessa ““amata”” dal dio ed è Artemis, sua sorella sposa e glia; ma
è anche colei che -come Cassandra- vaticinò che Elena sarebbe stata la causa della
rovina di Asia e di Europa e della guerra di Troia, è colei che -ȞİȦțંȡȠȢ di Apollo
Sminteo- interpretò il sogno di Ecuba18.
Questa gura femminile, eterna compagna di Apollo, è dunque gura dai molti
nomi e dai molti luoghi: la Persiana, la Libica, la Delca (chiamata Erole, Dafne,
Artemis), la Cimmeria e l’’Eritrea, ed ancora la Samia, e poi la settima la Cumana, chia-
mata Amaltea ed anche Erole o Demole, e per alcuni Taraxandra (nome che si legge
nel Prologo alla raccolta giudaica degli Oracoli Sibillini), e poi l’’Ellespontica nata in
agro troiano, e inne la Frigia (detta Artemis) e la Tiburtina chiamata Albunea19.
Figura dai molti nomi, dunque, e dalle molte somiglianze: come Sibilla è Dafne,
fanciulla amata da Apollo dalle capacità profetiche ed insieme profetessa Delca;

15
Come già Varrone, Pausania chiama Sibilla Demo (probabilmente forma abbreviata di Demole)
e cita un aneddoto: racconta di una piccola urna di pietra, una hydria, contenente le reliquie della
Sibilla Cumana. Si trattava probabilmente della stessa tradizione ricordata in Ps. Just, Coh. ad
graecos 37 ed in Petr., Sat. 48.8: Nam Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla
pendere, et cum illi pueri dicerent: Ȉ઀ȕȣȜȜĮ, IJ઀ ș੼ȜİȚȢ ... respondebat illa ਝʌȠșĮȞİ૙Ȟ ș੼ȜȦ.
16
Si tratta della Sibilla Ebraica, che viene qui per la prima volta ricordata. Sul tema si veda M.
MONACA, 2008.
17
E. SUÁREZ DE LA TORRE, 2007, p. 64-65.
18
Sull’’interpretazione dei sogni di Cassandra si veda M. VINCI, 2007.
19
Oltre i cataloghi di Varrone e Pausania si vedano Isid., Origines 8.8; J. Lydus, Mens. 4.47; Sch.
Phedr. 244b; Teos. Tub. 121; Or. Sib., ȆȡިȜȠȖȠȢ 30-100.
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come Sibilla è Cassandra, fanciulla amata da Apollo condannata a vaticinare (al-


teram mentis incitatione et permotione divina20) senza essere creduta da alcuno21.
E’’ proprio in virtù di tale particolare modalità oracolare sibillina che le gure
femminili possono essere oggetto di fusioni, poiché «comme les femmes, les Si-
bylles sont des émanations de la sagesse divine, elles sont les dépositaires de la
révélation. Du parler différent des Sibylles, de ce parler-femme, émane la sagesse
divine»22. In effetti, le afnità tra le fanciulle-profetesse sono rintracciabili tanto nel
loro particolare rapporto con il dio Apollo quanto nelle caratteristiche delle loro ma-
nifestazioni mantiche23. Numerosi sono i paralleli tra Cassandra e le Sibille24, oriti
in virtù sia dell’’elemento comune costituito dal ““problematico”” rapporto con il dio
Apollo (di cui esse hanno riutato l’’amore) sia delle particolari doti profetiche, come
è confermato dalla ricchezza delle narrazioni poetico-letterarie ad esse ispirate.
Emblematico in tal senso il testo dell’’ ݃Ȝİȟ‫ޠ‬ȞįȡĮ di Licofrone che, in 1474 trime-
tri giambici, contiene -in una sorta di monologo tragico- le profezie di Alessandra/
Cassandra al re Priamo sulle sorti dei troiani. Essa può essere considerata un’’opera
considerevolmente debitrice dello stile e del contenuto degli oracoli sibillini25, pre-
sentandosi nella forma di un lungo (e oscuro) oracolo enunciato da Cassandra (in
preda al furor profetico) dopo la partenza di Paride per la Grecia, alla presenza di un
servo del re Priamo che -ritto sulla porta della casa di pietra- cerca di cogliere (per
poi riferire) ogni parola che esce dalla bocca «mangia-alloro» dalla vergine invasata:
Ti dirò tutto, punto per punto, ciò che vuoi sapere n dal principio, ma il discorso
––perdonami, padrone- forse non sarà breve. La ragazza non sciolse la mobile
bocca agli oracoli, calma, come altre volte, ma riversando un gemito indistinto
––impossibile descriverlo!- dal fondo della gola mangia-alloro (įĮijȞȘij੺ȖȦȞ),
effondeva la voce oracolare simile al suono della Snge oscura. Quelle cose le ho
dentro, puoi ascoltarle le ricordo signore. Tu percorri, e rigira enumerandole ben
intento, dentro di te, le strade inesprimibili degli enigmi, dove una traccia facile a
distinguersi per un tracciato diritto è guida passo passo nelle tenebre26.

20
Cic., Div. I 66; Licoph., Alex. 349 ss., 1451 ss.; Ennio, Alex. 18-29.
21
Hom., Il. XIII 366; Sch. Il. VII 44.
22
M. MAUXION, 1987, p. 9.
23
E. SUÁREZ DE LA TORRE, 2005, pp. 42 ss.
24
S. MAZZOLDI, 2002, pp. 99 ss. Cfr. E. BARRA, 1993. Spesso sono state invece sottolineate le differenze
tra Cassandra o le Sibille ––dotate di particolari qualità profetiche- e le Pizie fanciulle scelte tra la
popolazione delca, chiamate a parlare in nome di Apollo. Sul tema P. AMANDRY, 1997.
25
Cfr. G. AMIOTTI, 1993. Testo e traduzione di V. GIGANTE LANZARA, 2000.
26
Lycoph., Alex. 1-11.
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(riprende la parola il servo) Così parlava e ritornava dentro la prigione e pianse


dentro il cuore l’’ultimo canto della Sirena, la ministra baccante del dio Claro,
voce parlante della glia di Neso, Melancrera, o mostro del Ficio, che emette
oscuramente dalla bocca tortuosi suoni. Ed io signore, vengo ad annunciarti ciò
che narra la vergine invasata dal dio, poiché tu mi facesti sorvegliante della casa di
pietra e mi ordinasti di ritornare come messaggero a dire e a riferire i suoi discorsi
punto per punto. Volgano le sue voci al miglior ne e vi provveda il dio che si dà
cura del tuo trono salvando l’’antica eredità dei Bebrici27.
Nelle parole ––poste all’’inizio ed alla ne del poema- rivolte al re dallo schia-
vo ritroviamo la tipica descrizione della profetessa, invasata dal dio, che pronuncia
oracoli oscuri e percorre le ““strade inesprimibili”” degli enigmi. Ella parla in uno
stato di furor perché la sua gola emblematicamente ““si ciba”” dello stesso Apollo, la
sua bocca è įĮijȞȘij੺ȖȦȞ. Nella descrizione del messo appare una triplice metafora
che accosta la rivelazione della vergine Cassandra a quella di una Menade, di una
Sibilla, di una Snge: mania, profezia, catastofe, enigma. Si avverte la localizzazio-
ne a Claro ––sede apollinea- della profetessa invasata, che parla in preda a un furor
paragonabile a quello bacchico. Il quadro, poi, si scioglie attraverso una genealogia
che ci riconduce alla Sibilla Eritrea, chimanta Melancrera, glia di Neso e Dardano:
«dicono che Dardano, giunto da Samo di Tracia, sposò le glie del re Teucro, Neso
e Bateia. E da Neso ebbe come glia Sibilla, la profetessa, dalla quale le altre donne
che erano profetesse furono dette Sibille, non essendo del suo stesso sangue, ma
avendo ottenuto il soprannome a causa di una simile ispirazione divina28».
Il monologo di Cassandra si presenta, dunque, come un lungo oracolo sibillino
trasformato dall’’autore ellenistico in ‘‘alta’’ letteratura, attraverso l’’uso di metafore
e di vaghi enigmi propri della rivelazione sibillina, da un lato, e di parole rare e
riferimenti a leggende poco conosciute, dall’’altro. A ciò si aggiungono gli elementi
tipici della prassi sibillina29: Cassandra parla in prima persona, come invasata, co-
mincia la sua narrazione con un avvenimento passato e la conclude con i riferimenti
““alla storia contemporanea””, dai romani come discendenti dei Troiani, al conitto
tra l’’Asia e l’’Europa, alla vittoria di Roma contro Pirro, all’’alleanza con Tolomeo
27
Lycoph., Alex. 1460 ss.
28
Arr., Byth. Fr. 32.
29
In un brano del VI libro dell’’Eneide, scritto a proposito della Sibilla Cumana, Virgilio ci offre una
immagine particolarissima di questo stato di possessione. Egli descrive nei tratti e nell’’aspetto
sico la profetessa in preda al furor: il petto si gona, il cuore si riempie di frenesia, la statura quasi
cresce, la voce diviene disumana; segue quindi l’’agitazione furente attraverso la quale la donna
accede allo stato di calma, in cui il dio parla (Aen. VI 9-82). Un’’altra descrizione della tipologia
dell’’invasamento sibillino ci è offerta da Lucano (Bell. Civ. V 97-120) in cui si narra la consultazione
della profetessa di Del e la si paragona alla Sibilla in virtù del suo stato di possessione.
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Filadelfo. Il suo è un lungo e oscuro poema oracolare, così enigmatico da ricordare


ciò che Eraclito e Plutarco indicavano come peculiare delle opere della Sibilla30: «La
Sibilla con bocca furente, parlando senza sorrisi, senza ornamenti e senza profumi,
raggiunge con la voce mille anni per volere del dio»31. L’’enigmaticità delle profezie
sibilline unita alla drammaticità dei temi trattati costituiscono del resto un ulteriore
trait d’’union, un castigo comminato da Apollo alle donne per il non corrisposto amo-
re: Flegonte di Tralles riporta un lungo oracolo in cui Sibilla si denisce ““sventura-
ta”” poiché costretta dal glio di Leto a mandare voci profetiche ““miste ad intricati
enigmi”” per l’’altrui sofferenza32; mentre in Or. Sib. III. 809-829 una Sibilla Eritrea
(ormai divenuta profetessa dell’’unico Dio) così canta:
Dopo aver abbandonato le alte mura dell’’assira Babilonia, queste cose ti
dico come un fuoco scagliato contro l’’Ellade, in preda al furore, annunciando
a tutti i mortali le profezie di Dio, perchè è stabilito che io annunci ai mortali
gli enigmi divini. In Grecia i mortali diranno che sono di un’’altra patria,
sfrontata nativa di Eritre; glia di Circe, mia madre, e di Indovino, mio padre,
mi diranno, Sibilla, la pazza menzognera. Ma quando tutto ciò accadrà, allora
di me vi ricorderete e nessuno più mi chiamerà pazza, ma grande profetessa
di Dio. Perché, in verità, Egli non mi rivelò quello che già aveva rivelato
ai miei antenati, ma ciò che successe prima, ciò Dio mi raccontò, e ciò che
sarebbe successo dopo, ciò Dio depositò nell’’animo mio, cosicché io potessi
annunciare il futuro e il passato e rivelarlo ai mortali.
Dafne, Artemis, Cassandra, …… tante Sibille e profetesse apollinee, tante ““sventu-
rate”” custodi del passato, del presente, del futuro.
E veniamo ora al nostro PGM.
Si tratta di un breve papiro di 47 versi, contenente una domanda oracolare rivolta
ad Apollo-Helios per ottenere una rivelazione in sogno. Nel testo sono presenti alcuni
branni innici di richiesta al dio, invocato insieme alla vergine Dafne (qui identicata
con la fanciulla che, per sfuggire all’’amore del dio Apollo, chiese al padre si essere
trasformata in alloro, l’’albero che per questo sarà da Apollo a se stesso consacrato, le
cui foglie orneranno i capelli, la faretra e la lira del dio33). Così si legge nel papiro:
[Pratica di comunicazione oracolare con Helios e Selene] Si realizza
l’’unione [del mago] con Helios nel 2° giorno. L’’invocazione propriamente

30
Cfr. H.W. PARKE, 1992, pp. 28-29.
31
Heracl., fr. 92 Diels, in Plut., Pyth. or. 397a-b.
32
Phleg., FGrH. 257; cfr. Or. Sib. VII 151-162.
33
Cfr. Ovid., Metam. I 452-567. Il mito anche in Parten. Nic., Amor. XV; Hygin., Fab. 203; Paus.,
VIII 20.1-4. Un’’antologia di testi su http://www.iconos.it/index.php?id=37.
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detta si effettua quando c’’è la Luna piena. Sorgendo il Sole realizzerà la sua
unione più favorevole, nel 4° giorno della dea nel quarto crescente, dal piano
terra della casa. Ora dì al Sole nascente la seguente orazione: ““Alloro, pianta
sacra alla divinazione d’’Apollo (įȐijȞȘ, ȝĮȞIJȠࣂȪȞȘࣂ ੂİȡઁȞ ijȣIJઁȞ ਝʌȩȜȜȦȞȠࣂ,
……Febo e coronato con rami, con il capo dai folti capelli, ……che porta lo scettro
tra le mani [10], sulle alture tra le molte valli, alto…… ai suoi, profetizza ai
mortali…… il vero Apollo…… la fanciulla terribile (Ș ʌĮȡșȑȞİ įİȚȞȒ), ……verso
cui corre con i sacri sandali, ……tenendo nelle mie mani un germoglio d’’alloro
(į੺ijȞȘࣂ șĮȜȜઁȞ) e manda il sacro oracolo, temendo ciò che è ovvio, e che
sarà compiuto, avendo sso lo sguardo su tutto ciò che è intorno, …… [ –– į]
ĮȝȐࣂĮ[Ȟ]įȡĮ ȝҕ.......ĮȞįȡĮ [10], vieni in mio soccorso (vocali) Peana (vocali),
dai molti nomi, ȧȠĮȣ[.ĮțȡĮț]ĮȞĮȡȕĮ, ĭȠ૙ȕİ, che soccorri con i tuoi oracoli,
Febo, Apollo, arciere glio di Leto, profeta (șİȠʌȡંʌİ), vieni qui, qui, vieni
qui, profetizzando, dona il tuo oracolo durante la notte””. Dopo ciò, declama
ૅİȘǜ ȧİ ȧİ Șȧ ȧȦ[..]ȧĮȦȚȘǜ ȧȣȘǜ ȧĮ ȧĮȦ Ș..... ӑȣȦ.
[30] Dopo il tramonto supplica nuovamente: ““Ascoltami, tu dall’’arco
d’’argento, tu che proteggi Crise, e la divina Cilla, e regni con forza a Tenedo,
tu che brilli come l’’oro, uragano distruttore di Pito, ȝİࣂİȖțȡȚijȚ. ȁĮIJ૵İ ࣂȚĮȦșૅ
௚઀Įȕ]Įઆș, ȂİȜȚȠ૨Ȥİ, dominatore, ʌİȣȤȡȘ che cammini di notte, ࣂİࣂİȖȖİ
ȕĮȡijĮȡĮȖȘࣂ țĮ੿ Įȡȕİș, tu che ami il sangue, ਝȡȕĮșȚĮȦ, Sminteo, se qualche
volta ho ricolmato i tuoi altari di offerte gradite, se qualche volta in tuo onore
ho bruciato pingui cosce di tori e di capre, esaudisci questo mio desiderio””.
Alla stessa maniera recita questa preghiera per la sua unione con Selene:
““[40] Alloro (į੺ijȞȘ), sacra pianta dell’’oracolo di Apollo, vergine ǻ੺ijȞȘ, Dafne,
compagna di Febo, ௚ĮȕĮઆș, ȧĮȦĮȦȠ ȧĮȖȤȦșȚʌȣȜĮ ȝȠȣıȚ੺ȡȤĮ ȠIJȠȞȣʌȠȞ, vieni
ora qui, con me, ora. Inizia a cantare per me i tuoi precetti divini nella notte
oscura. ȡȘࣂĮȕĮĮȞǜ ĮĮȞ...ĮȞĮǜ ĮĮȞĮȞĮĮȞĮȞĮȜĮĮĮǜ ĮĮĮǜ ĮĮĮ. In verità, a te è
possibile, a te il Delio, il Nomio, il glio di Leto e di Zeus, profetizzare con
certezza nella notte, rivelando verità attraverso i tuoi oracoli onirici34.
Nel testo appare il dio Apollo che (nella sua identicazione con Helios) risulta
essere tra i più invocati nei Papiri come divinità mantica35, spesso chiamata ad of-
frire un oracolo in visione notturna attraverso i sogni. In PGM II, ad esempio, viene
descritta la prassi necessaria per riuscire ad entrare in contatto con il dio: nella se-
conda parte del testo (vv.80 ss.) si legge, infatti, un’’invocazione ad Apollo-Helios e
all’’alloro (da recitare quando la Luna è nel quarto crescente), seguita da un inno allo
stesso dio. Sulla stessa linea si pone il nostro papiro che, sebbene corrotto in molte
linee, offre i consigli necessari per ottenere un incontro prima con Helios-Apollo e
34
PGM VI, ed. K. PREISENDANZ, 1974. Si segue la traduzione spagnola di J. L. CALVO MARTÍNEZ, M.D.
SÁNCHEZ ROMERO, 1987, pp. 202-203.
35
Si legga E. SUÁREZ DE LA TORRE, 2009, pp. 21 ss.
ISSN: 1578-4517 MHNH, 11 (2011) 360-370
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poi con Selene-Artemis. L’’invocazione si rivolge dapprima al dio profeta e datore di


oracoli, colui che ““manda il sacro oracolo”” e ““dona i suoi oracoli nella notte””, Apollo
che corre con i sacri sandali tenendo nelle mie mani un germoglio d’’alloro (į੺ijȞȘȢ
șĮȜȜઁȞ), invaghito (forse?) della fanciulla terribile (Ș ʌĮȡș੼Ȟİ įİȚȞ੾), di Dafne, colei
che (probabilmente?) è invocata come [ –– į]ĮȝȐࣂĮ[Ȟ]įȡĮ ȝҕ.......ĮȞįȡĮ.
Un nome ““parlante”” questo, che sicuramente fa risuonare quello delle citate pro-
fetesse apollinee, Cassandra ––Alexandra- Taraxandra, appartenti tutte, come l’’omo-
nima Dafne glia di Tiresia, alla ““famiglia”” delle Sibille, di coloro cioè che avevano
ottenuto tale soprannome a causa di una simile ispirazione divina36, di coloro in
grado di cibarsi dello stesso Apollo, capaci cioè -come l’’Alessandra licofronea- di
effondere la voce oracolare dal fondo della gola mangia-alloro (įĮijȞȘij੺ȖȦȞ).
Risuona signicativo in questa chiave, allora, il richiamo (costante in tutto il Pa-
piro) all’’alloro, identicato con la stessa fanciulla Dafne e considerato pianta sacra
alla divinazione d’’Apollo (į੺ijȞȘ, ȝĮȞIJȠࣂ઄ȞȘࣂ ੂİȡઁȞ ijȣIJઁȞ ਝʌંȜȜȦȞȠࣂ) e soprattut-
to alla divinazione in sogno, come si legge ancora nella Fabula de Lauro di Fabio
Fulgentio Planciade (Mythologiae, I. XIV) del V-VI sec. d.C.:
In huius etiam tutelam laurum ascribunt, unde eum amasse Dafnem
dicunt, [Penei] uminis liam. Et unde laurus nasci possit nisi de uvialibus
aquis? Maxime quia et eiusdem Penei uminis ripae lauro abundare dicuntur.
At vero amica Apollinis ob hac re vocitata est, quia illi qui de somniorum
interpretatione scripserunt ut Antiphon, Filocorus et Artemon et Serapion
Ascalonites promittant in libris suis quod laurum si dormientibus ad caput
posueris, vera somnia esse visoros37.
Nel seguito del Papiro, la fanciulla dalle capacità mantiche compagna del dio,
chiamata Dafne, è di nuovo presente in una seconda invocazione, rivolta questa vol-
ta a Selene-Artemis. Anche in questo caso, risuona eloquente il parallelo Artemis-
Sibilla, che abbiamo trovato in Pausania38 e in Clemente Alessandrino39, nonché il
riferimento ai più noti centri apollinei e sibillini, quali Delo e Del:
I Delii ricordano anche un inno che questa donna (Erole) compose in
onore di Apollo. Nel suo poema costei chiama se stessa non soltanto Erole
36
Arr., Byth. Fr. 32.
37
Cfr. Mythographus Vaticanus I (ed. Dr. Georgius Henricus Bode, Cellis 1834), II 116: Apollo
et Dafne, seu laurus «In Apollinis tutelam laurum adscribunt. Nam scimus, Daphnen, Ladonis,
uminis Arcadiae, liam, dilectam ab Apolline, et Terrae miseratione in laurum conversam. Et unde
laurus nasci posset, nisi de uvialibus aquis? Et sic poetae describunt: si laurum dormientibus ad
caput posueris, vera sominia esse visuros».
38
Paus., X 12.
39
Clem., Strom. I 108.1-3.
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ma anche Artemide e si dichiara sposa di Apollo, dicendo anche talora che lei
è sua sorella, e talora che è sua glia.
Parecchie tradizioni si tramandano sia sul suo nome sia sugli oracoli
celebrati come suoi: frigia di origine, fu chiamata Artemide; fu questa donna
che venne a Del e vi cantò: «O cittadini di Del, che adorate Apollo saettatore,
io son venuta per esporvi il pensiero di Zeus Egioco incollerita contro mio
fratello Apollo». C’’è poi un’’altra Sibilla a Eritre chiamata Erole. Di questa
fa menzione Eraclide Pontico nel libro Sugli oracoli.
Siamo nuovamente in presenza di una reductio ad unum di molti personaggi tut-
ti accomunati dal loro ““essere sibilla””: una fanciulla, profetessa invasata di Apollo
(Delio, Delco, Sminteo), la cui genealogia risulta variamente denita dalle fonti,
in alcuni casi identicata con la Sibilla Frigia chiamata Artemis (Eraclide Pontico40,
Clemente), vissuta prima della guerra di Troia, divenuta consanguinea di Apollo
(Pausania), ma anche glia dell’’indovino Tiresia (Diodoro), chiamata Dafne (confu-
sa a volte con la sorella Manto41), una sibilla in ogni caso ““vincolata”” al dio.
E’’ in questo senso ––crediamo- che può essere possibile affermare la presenza di
una sibilla nel papiro che abbiamo appena analizzato.
Crediamo, infatti, si possa affermare con una certa sicurezza che l’’autore del VI PGM
ben conoscesse (ed utilizzasse) tutta la tradizione mitica connessa ad un personaggio
femminile, una profetessa libera e non istituzionalizzata e, per questo, un personaggio
alternativo rispetto alla divinazione ufciale, un personaggio altalenante tra religione,
matica e magia nella sua qualità di glia «di Circe, mia madre, e di Indovino, mio pa-
dre», ma pur sempre connesso alla gura divina di Apollo, in grado di offrire ––in preda
alla mania- inesprimibili enigmi e rivelazioni, interpretazioni di sogni e di oscure realtà.
Una ““sibilla”” insomma, o meglio una delle Sibille.
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- ““E un dio ti fa cantare (Agamen., vv. 1175-76): la Cassandra di Eschilo fra Ippocrate e la

40
Cfr. fr. 130-141 (WEHRLI 19692).
41
Altra glia dell’’indovino Tiresia, dal quale aveva ereditato capacità magiche e divinatorie. Fu
consacrata sacerdotessa di Apollo a Del. E’’ ricordata in Virg., Aen. X. 198-200; Ovid., Metam. VI.
157; Staz., Theb. IV. 463-466, VII. 578 ss.
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