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La nuova fisica

Pensare il mondo dopo Newton:


Einstein, la relatività, la fisica
quantistica.

Testi utilizzati:
C.Rovelli, Il mondo non è come ci appare (2014);
J.Al-Kahili, La fisica dei perplessi (2014)
F.Capra, Il Tao della fisica (1975)
W.Heisenberg, Fisica e filosofia (1958)
La fisica classica:
il modello newtoniano
Dalla seconda metà del Seicento alla fine
dell’Ottocento, il modello meccanicistico
newtoniano dominò tutto il pensiero scientifico:
erede naturale dell’atomismo antico e della
rigida separazione cartesiana tra res cogitans e
res extensa, la meccanica newtoniana fu
considerata per lungo tempo la teoria definitiva
con la quale era possibile descrivere tutti i
fenomeni naturali, fino a quando non vennero
scoperti i fenomeni elettrici e magnetici (non
spiegabili con le leggi di Newton)…
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Isaac Newton
Oggi sappiamo che il modello (1643-1727)
newtoniano è valido soltanto
 per i corpi formati da un
grandissimo numero di atomi
e
 per velocità molto inferiori
rispetto a quella della luce.
Quando non è soddisfatta la
prima condizione, la meccanica
classica deve essere sostituita
dalla meccanica quantistica.
Quando non si verifica la
seconda condizione deve
essere applicata la teoria della
relatività.
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Lo «scenario» dell’universo newtoniano è lo
spazio tridimensionale della geometria euclidea
classica: un «contenitore» assoluto, immobile e
immutabile all’interno del quale si trovano i
corpi:
Lo spazio assoluto, per sua stessa natura senza
relazione ad alcunché di esterno, rimane sempre
uguale e immobile.
(I.Newton, Principi matematici della filosofia naturale,
1687)

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Allo stesso modo, i mutamenti e movimenti
dei corpi si spiegano con la dimensione del
tempo, separata dal mondo materiale, che
fluisce uniformemente dal passato al futuro
attraverso il presente:
Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e
per sé per sua natura senza relazione ad
alcunché di esterno, scorre uniformemente.
(I.Newton, cit.)
In questo spazio e tempo assoluti si muovono
le particelle materiali: oggetti piccoli, solidi e
indistruttibili dei quali tutta la materia è
costituita (cfr. Democrito).

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Rispetto all’atomismo antico, quello di Newton
descrive la forza che agisce tra le particelle
materiali: è la forza di gravità, che dipende dalle
masse e dalla reciproca distanza tra le particelle
stesse secondo la nota equazione
𝒎𝟏𝒎𝟐
𝑭= 𝑮 𝟐
𝒅
Tale forza si manifesta istantaneamente e a
qualsiasi distanza: pertanto, tutti i mutamenti
dell’universo vengono spiegati con il moto delle
particelle nello spazio e nel tempo secondo la
legge di gravitazione universale.
Questa visione meccanicistica comporta anche il
determinismo:
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tutto ciò che accade ha una causa definita e
produce un effetto definito.
In linea di principio, se conoscessimo in tutte le
sue variabili un qualunque sistema meccanico,
potremmo prevedere con assoluta certezza gli
effetti futuri di un’azione, visto che le leggi
fisiche sono eterne e immutabili.

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La scoperta del «campo»
A mettere in discussione la meccanica newtoniana
come «teoria del tutto» furono le scoperte e gli
studi sull’elettricità e il magnetismo di M.Faraday
e J.C.Maxwell a metà Ottocento.
L’interazione tra due cariche elettriche non viene
spiegata secondo la relazione tra due masse come
nella fisica newtoniana, ma attraverso il concetto
di campo: ogni carica elettrica genera nello spazio
circostante una «perturbazione», una
«condizione» tale che un’altra carica, se
presente, avverte una forza.
Lo spazio, allora, appare così:
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A differenza del «contenitore vuoto» di Newton, lo spazio
contiene una serie di campi, di entità diffuse ovunque che
«portano» le forze e che si muovono come le onde sulla
superficie di uno stagno colpita da un sasso.
Secondo la teoria dei campi, la stessa luce è un campo
elettromagnetico che si muove nello spazio sotto forma di
onda (e non un insieme di corpuscoli come era per
lucio celot - La nuova fisica Newton). 10
Faraday immagina il campo come formato da
fasci di linee sottilissime (infinitamente sottili)
che riempiono lo spazio, una specie di
ragnatela gigantesca e invisibile che riempie
tutto attorno a noi.
Queste «linee» sono chiamate linee di forza,
perché «portano in giro» la forza elettrica e
magnetica, come cavi che tirano e spingono:

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Dopo Faraday, J.Maxwell traduce
matematicamente il comportamento delle
linee di forza: le equazioni di Maxwell
descrivono il campo elettrico e il campo
magnetico.
Faraday e Maxwell hanno modificato la
struttura del mondo dopo due secoli di
ininterrotti successi del modello newtoniano:

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I problemi del linguaggio sono qui veramente
gravi. Noi desideriamo parlare in qualche modo
della struttura degli atomi ma non possiamo
parlare degli atomi servendoci del linguaggio
ordinario […]
L’unica cosa che sappiamo fin dagli inizi è che i
nostri concetti comuni non possono essere
applicati alla struttura degli atomi.
Non potevo fare a meno di ripropormi in
continuazione il problema: è possibile che la
natura sia così assurda come ci è apparsa in
questi esperimenti atomici?
(W.Heisenberg, Fisica e filosofia, 1958)
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Due sviluppi verificatisi separatamente –
quello della teoria della relatività e quello
della fisica atomica – infransero tutti i più
importanti elementi della concezione
newtoniana del mondo: la nozione di spazio e
di tempo assoluti e quella di particelle solide
elementari, la natura strettamente causale
dei fenomeni fisici e l’ideale di una
descrizione oggettiva della natura. Nessuno
di questi elementi poteva essere applicato ai
nuovi ambiti in cui allora la fisica stava
penetrando.
(F.Capra, Il Tao della fisica, 1975)

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a) Einstein:
la teoria della relatività ristretta
e lo spaziotempo (1905)
Maxwell non scoprì solo che la luce è un campo
elettromagnetico ma ne calcolò anche la velocità
(300.000km/s ca). Questa scoperta non è
compatibile con la meccanica newtoniana, secondo
la quale la velocità è sempre relativa a
qualcos’altro:

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la velocità (nella fisica classica) è un concetto
relativo, non esiste la velocità di un oggetto in sé:
esiste solo la velocità di un oggetto rispetto ad un
altro oggetto.
Allora, la velocità della luce è velocità rispetto a
cosa?
Nel 1905 Albert Einstein giunge alla conclusione
che, a differenza di quanto pensavano Newton e
Galilei, la velocità della luce è sempre costante
per qualunque osservatore: ne deriva che, per
corpi che si muovono a velocità prossime a quella
della luce, il concetto di simultaneità perde
significato e quindi il tempo diventa relativo al
sistema di riferimento (e non più una grandezza
assoluta).
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Facendo un esperimento ideale
proposto dallo stesso Einstein,
consideriamo un treno che si muove a
grande velocità rispetto a un
osservatore 01 che si trova a terra,
lungo i binari. Un secondo osservatore
02 si trova sul treno, esattamente nel
punto medio di un vagone. A un certo
punto, qualcuno provoca l’esplosione di
due petardi sui binari, in
corrispondenza delle due estremità del
vagone:
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Mentre i raggi luminosi si
propagano, il treno si
sposta (nel nostro
esempio) verso sinistra.
Quindi 02 vede prima
l'esplosione che avviene
alla testa del vagone e
soltanto dopo un certo
intervallo di tempo vede
l'esplosione che ha avuto
luogo in coda al vagone:
non c'è dubbio che,
secondo lui, le due
esplosioni NON sono state
simultanee (mentre lo
sono per 01). Allora i due
eventi che stiamo
esaminando, cioè le due
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esplosioni, sono stati
simultanei o no? 18
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Mentre era già noto prima di Einstein che la
posizione di un corpo nello spazio è sempre
relativa alla posizione dell’osservatore, per
quanto riguarda il tempo la fisica classica
supponeva che l’ordine temporale tra due eventi
fosse indipendente da qualsiasi osservatore: alle
specificazioni temporali («prima», «dopo»,
simultaneamente», etc.) veniva dato un
significato assoluto, indipendentemente dal
sistema di coordinate spaziali all’interno delle
quali l’evento si manifesta.
L’esempio del treno dimostra invece che
osservatori con velocità diverse ordineranno
diversamente gli eventi nel tempo, poiché la luce
richiede un certo tempo per andare dall’evento
all’osservatore…
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Un altro esempio:
se la luce viaggia a 299.792 km al secondo, un
fascio di luce dalla superficie di Marte
impiegherebbe i seguenti tempi per raggiungere la
Terra:
 massimo avvicinamento: 182 secondi, poco più
di 3 minuti
 massima distanza: 1.342 secondi, poco più di 22
minuti
 distanza media: 751 secondi, poco più di 12,5
minuti
Dunque, un ipotetico osservatore su Marte Om
vedrebbe il fascio di luce 3, 22 o 12,5 min.
«prima» di un osservatore sulla Terra Ot…
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Allora, nell’esempio precedente il «presente»
di Om NON è il presente di Ot, per il quale è
invece «futuro» (la luce non è ancora visibile);
il «presente» di Ot (quando la luce arriva sulla
Terra) è il «passato» di Om.
Fra il passato e il futuro di ciascun evento […]
esiste una «zona intermedia» (l’insieme degli
eventi a distanza di tipo spazio rispetto a un
osservatore), un «presente esteso» di
quell’evento, una zona che non è né passata né
futura. Questa è la teoria della relatività
ristretta.
(C.Rovelli, La realtà non è come ci appare, 2014)

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Questo «presente esteso», la cui durata
dipende dalla distanza spaziale dell’evento
rispetto all’osservatore,
è qualcosa che fa parte della struttura
della realtà, è «intessuto» in essa, ha un
valore «ontologico».
Non possiamo dire che un evento «accade
proprio ora»: il «proprio ora» non esiste,
non esiste la simultaneità assoluta, non
esiste un insieme di eventi nell’universo
che siano tutti esistenti «adesso».

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Il nostro «adesso» esiste solo qui. L’insieme
degli eventi dell’universo non si può descrivere
correttamente come una successione di
presenti [uguali per tutti], uno che segue
l’altro; ha una struttura più complicata.
(C.Rovelli, cit.)
Questa struttura è lo spaziotempo: non esiste lo
«spazio» da solo, e la nostra idea di «presente
simultaneo» è solo dovuta al fatto che siamo
incapaci di percepire gli infinitesimi intervalli di
tempo con cui la luce ci permette di osservare i
fenomeni: dire «qui e adesso» ha senso; dire
«adesso» intendendo «fatti che stanno
accadendo ora in tutto l’universo» non ne ha…
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Riassumendo:
 il tempo assoluto su cui è fondata la meccanica
classica non ha significato fisico;
 la simultaneità assoluta non esiste;
 non è possibile definire un tempo assoluto che
«scorra» uguale per tutti gli osservatori;
 il tempo è relativo al sistema di riferimento:
il quadro concettuale dell’universo
newtoniano, basato su un tempo assoluto,
uguale per tutti gli osservatori, nel quale si
verificano gli eventi naturali, crolla
definitivamente.
…e non è tutto:
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b) Einstein e la teoria della
relatività generale (1915)
Newton aveva cercato di spiegare perché le cose
cadono e perché i pianeti e i corpi celesti
ruotano: aveva parlato di «forza di gravità», pur
senza specificare come due corpi che non si
toccano possano attrarsi reciprocamente:
Faraday aveva dato la risposta per la forza
elettrica e quella magnetica (teoria del campo).
Einstein intuisce (e impiega dieci anni per
dimostrarlo!) che ciò che vale per le cariche
elettriche e per i magneti deve valere anche per
i corpi celesti e per gli oggetti sulla Terra: deve
esistere, per analogia, un campo gravitazionale…
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Lo spazio newtoniano si rifaceva a
quello democriteo (non essere): un
contenitore vuoto, uno «scatolone»
rigido per contenere l’Universo
all’interno del quale si muovono i
corpi.
Einstein raccoglie due problemi:
 come descrivere il campo
gravitazionale?
 cos’è davvero lo spazio di Newton?
- Ed ecco lo straordinario colpo di
genio di Einstein, uno dei più
grandi colpi d’ala nel pensiero
dell’umanità: se il campo
gravitazionale fosse proprio lo
spazio di Newton? Questa idea,
semplice, bellissima, folgorante, è
…la più bella delle teorie…
la teoria della relatività generale.
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- (C.Rovelli, cit.)
Di che cosa è fatto il mondo?
La «rivoluzione» della nuova fisica:

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Secondo la relatività generale, l’universo è
costituito da campi e particelle, e nient’altro.
A differenza dello spazio newtoniano, che è piano
(geometria euclidea), il campo gravitazionale è
qualcosa che si muove, ondeggia, si flette, si torce,
etc.: non è più qualcosa di separato dalla materia
ma è una componente materiale del mondo,
un’entità reale.

Inoltre, è uno
spazio curvo
(geometria
non euclidea)
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La Terra «piega», deforma lo spazio intorno a sé e la Luna le gira
intorno non perché una misteriosa forza la attragga verso la Terra,
ma semplicemente perché si trova in uno spazio inclinato, come una
pallina che rotola in un imbuto: i pianeti ruotano intorno al Sole e le
cose cadono perché lo spazio intorno a loro è incurvato!
Dunque: dovunque sia presente un oggetto con massa, lo spazio
circostante è curvo, e il grado di curvatura, cioè il grado con cui la
geometria curva si allontana da quella euclidea, dipende dalla massa
dell’oggetto. Più materia c’è, più lo spazio si incurva…
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Lo spaziotempo gravitazionale di Einstein è curvo nel
senso che le distanze tra i suoi punti non sono le
stesse di uno spazio piano, così come il teorema di
Pitagora o la definizione di triangolo non valgono sulla
superficie della Terra (o di qualunque superficie
sferica)…
lucio celot - La nuova fisica 33
A causa della curvatura
gravitazionale, si incurvano
anche la luce (immagine a
sinistra) e il tempo.
Dalla relatività ristretta
sappiamo che spazio e tempo
sono uniti inscindibilmente: la
curvatura del campo influenza
anche lo scorrere del tempo,
che non scorre con la stessa
rapidità che avrebbe in uno
spazio «piano».
Le previsioni di Einstein, poi
confermate da calcoli
successivi, vogliono che in
prossimità di un campo
gravitazionale o alle alte
lucio celot - La nuova fisica velocità il tempo scorra più
lentamente: 34
Sulla Terra, come su qualunque corpo celeste, il
tempo scorre più lentamente in prossimità della
superficie (gravità maggiore) rispetto a località
poste più in alto (gravità minore):

fonte:
C.Rovelli, cit.
lucio celot - La nuova fisica 35
L’intera struttura dello spaziotempo è
inestricabilmente legata alla
distribuzione della materia. Lo spazio
è curvo in misura diversa e il tempo
scorre diversamente in punti diversi
dell’universo. Siamo quindi giunti a
comprendere che le idee di spazio
euclideo tridimensionale e di tempo
che scorre linearmente sono limitate
alla nostra esperienza ordinaria del
mondo fisico e devono essere
completamente abbandonate quando
ampliamo questa esperienza.
(F.Capra, cit.)
lucio celot - La nuova fisica 36
c) La meccanica quantistica
Planck, Bohr, Pauli, Dirac, Schrödinger,
Heisenberg: sono alcuni degli scienziati che
hanno dato vita al paradigma quantistico, vera e
propria rivoluzione scientifica del XX secolo, con
cui viene proposta una visione del mondo in cui
il determinismo e la rigorosità delle leggi della
fisica classica non sembrano valere più.
La teoria quantistica rompeva in modo lacerante
con la fisica classica, e si sviluppò in
concomitanza con gli studi che, tra il 1895 e il
1908, portarono alla scoperta del mondo
atomico e subatomico.
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La concezione meccanicistica del mondo della
fisica classica era basata sulla nozione di
corpi solidi che si muovono nello spazio vuoto
[...] Sia il concetto di spazio vuoto sia quello
di corpi materiali solidi sono profondamente
radicati nel nostro modo di pensare, cosicché
per noi è estremamente difficile immaginare
una realtà fisica nella quale essi non siano più
validi. Eppure è proprio ciò che la fisica
moderna ci costringe a fare quando andiamo
oltre le dimensioni medie. Non ha più senso
parlare di «spazio vuoto» in astrofisica e
cosmologia […] mentre il concetto di corpo
solido è stato spazzato via dalla fisica
atomica[…]
(F.Capra, cit.)
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Sempre Einstein (e sempre nel 1905) scopre che la luce
è fatta di particelle di luce, di «grani», di «pacchetti» di
energia discontinui che chiama fotoni:
Considero l’ipotesi che l’energia di un raggio di luce non
sia distribuita in maniera continua nello spazio, ma
consista invece in un numero finito di «quanti di
energia» che sono localizzati in punti dello spazio, si
muovono senza dividersi e sono prodotti e assorbiti
come unità singole.
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Il danese Niels Bohr, che a
inizio secolo studia la
struttura dell’atomo, si
rifà alla scoperta di
Einstein e ipotizza che
anche gli elettroni
abbiano un’energia che
assume solo alcuni valori:
come per la luce, anche
l’energia degli elettroni
ha una struttura
«granulare»,
«quantistica», che sembra
essere una caratteristica
molto generale della
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natura: 40
l’atomo è una struttura complessa costituita a sua
volta da altre particelle più piccole (elettroni,
protoni, neutroni) e non assomiglia affatto alle
particelle dure, solide e compatte della fisica
classica.
Bohr propone, dunque, un modello dell’atomo nel
quale gli elettroni NON obbediscono ad alcune leggi
della fisica classica:

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 gli elettroni non si muovono attorno al nucleo
dell’atomo lungo tutte le orbite che
sarebbero possibili (come vorrebbe la
meccanica classica) ma solo attorno ad
alcune;
 l’elettrone passa da un’orbita stazionaria
all’altra con un salto brusco, non con
continuità («salto quantico»): non può
esistere negli spazi intermedi tra un’orbita e
un’altra;
 poiché in ogni orbita l’elettrone acquisisce (o
irradia) una quantità di energia diversa,
significa che l’energia non può variare con
continuità ma secondo quanti, cioè «blocchi»
calcolabili secondo la costante di Planck.
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La quantizzazione dell’energia rappresentava una
smentita della convinzione millenaria della
continuità dei processi naturali: l’antica massima
natura non facit saltus veniva violata dal
comportamento dell’elettrone.
Tra il 1924 e il 1925 viene elaborata la «nuova
meccanica quantistica», i cui principi non solo
rivoluzionavano ulteriormente la scienza classica
ma mettevano anche in discussione il senso
comune e convinzioni consolidate da secoli.
La fisica quantistica assume la propria fisionomia
controintuitiva attraverso due aspetti in
particolare:
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 La natura statistica e probabilistica della fisica
quantistica.
La teoria quantistica non è in grado di
determinare con precisione il comportamento di
una particella, ma solo di calcolarne
probabilisticamente i movimenti: W.Heisenberg
teorizzò il principio di indeterminazione nel
1929, il quale afferma che non è possibile
conoscere contemporaneamente con precisione
assoluta la velocità e la posizione di un elettrone
o di qualsiasi altra entità quantistica.
Nella meccanica classica, è possibile prevedere il
comportamento di un corpo se ne conosciamo le
due coordinate canoniche, cioè velocità e
posizione nello spazio…
lucio celot - La nuova fisica 44
Nel caso di un elettrone, gli apparati di misurazione
utilizzati alterano inevitabilmente il suo stato di
moto, per cui se si riesce a misurare con precisione
una delle due coordinate canoniche aumenta
l’incertezza con cui si può misurare l’altra (ad es.,
misurare la posizione di un elettrone facendolo
urtare contro una lastra fotografica).

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In altri termini, Heisenberg ci dice che non possiamo
mai prevedere con certezza dove si troverà una
particella subatomica in un certo momento o come
si svolgerà un processo atomico: l’unica cosa che
possiamo fare è una previsione di probabilità.
Non potendo dire, ad esempio, con sicurezza dove
si troverà un elettrone in un atomo in un certo
istante, possiamo però calcolare le «distribuzioni di
probabilità» (gli orbitali) che rappresentano la
«tendenza» dell’elettrone a trovarsi in una regione
piuttosto che in un’altra: nella figura successiva
vediamo alcune di queste distribuzioni sotto forma
di modelli in chiaroscuro. E’ più probabile che
l’elettrone si trovi nelle zone più chiare rispetto a
quelle più scure:

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Fonte:
F.Capra, cit.)

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Per cui, a differenza del mondo macroscopico, la
scienza deve prendere atto che esiste un limite
insuperabile - costituito dall’interazione tra
oggetto osservato e apparato di misurazione - che
non consente di avere una conoscenza di tipo
deterministico su ciò che la natura atomica fa
quando nessuno la osserva.

lucio celot - La nuova fisica


…una cosa o l’altra, ma non
entrambe contemporaneamente…
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 Il dualismo onda-corpuscolo.
Fisica classica e buon senso vogliono che un’onda e
il suo comportamento fisico siano ben diversi da un
corpuscolo: non così per la quantistica, secondo la
quale è necessario ammettere (Einstein) che i
fotoni (particelle di luce) in alcune circostanze si
comportano come corpuscoli (Newton), in altre
come onde (Maxwell).

L’esperimento della «doppia fenditura» è


considerato da molti fisici fondamentale per la
comprensione della meccanica quantistica:

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Premessa: un fascio di luce proiettato attraverso due
fenditure forma sullo schermo una figura a frange
prodotta dall’interferenza tra le onde di luce che
escono dalle due fenditure. La luce conferma qui la
sua natura ondulatoria (e non corpuscolare…)
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Per mezzo di un «cannone» spariamo un fotone alla
volta attraverso una sola fenditura (l’altra è chiusa):
la figura che otteniamo sullo schermo in
corrispondenza della fenditura aperta mostra che la
particella si comporta come un corpuscolo. Ma:
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se spariamo un fotone alla volta attraverso le due
fenditure, ci aspetteremmo di trovare sullo schermo
due figure brillanti in corrispondenza delle fenditure
e una macchia scura al centro: invece, troveremo una
figura di interferenza a bande, proprio come per il
fascio di luce. In questo caso, i fotoni si sono
comportati come un’onda!
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In conclusione:
cosa ci dice la meccanica quantistica
sul mondo?
 La natura ha una struttura di tipo granulare: non
esattamente come pensava Democrito (poiché le
particelle spariscono e ricompaiono e non sono dei
«sassolini»), anche se va riconosciuta la profondità di
pensiero e l’intuizione del filosofo greco;
 La natura è caratterizzata dall’indeterminismo: il futuro
è imprevedibile, le particelle di materia si muovono e
vibrano in modo casuale, continuo, imprevedibile;
 La natura è relazione: le particelle sono «visibili» solo
quando entrano in relazione con altro (altre particelle,
strumenti di misurazione, etc); non «sono» ma
«accadono».

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Subito dopo la formulazione della teoria quantistica apparve
chiaro che una teoria completa dei fenomeni nucleari doveva
tenere conto anche della relatività, poiché le particelle si
muovono con velocità prossime a quella della luce: dunque, per
una piena comprensione del mondo nucleare è necessaria una
teoria che «incorpori» sia la teoria quantistica che quella
relativistica. Finora questa teoria non è stata trovata:
[…] la fusione delle teorie quantistica e relativistica in una
teoria completa delle particelle è ancora il problema centrale e
la grande sfida della ricerca fondamentale nella fisica moderna.
(F.Capra, cit.)
Il paradosso è che entrambe le teorie funzionano bene […] Un
gruppo di fisici teorici sparsi per i cinque continenti sta
cercando di dirimere la questione. Il campo di studio si chiama
«gravità quantistica»: l’obiettivo è trovare una […] coerente
visione del mondo in cui la schizofrenia sia risolta.
(C.Rovelli, cit.)
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