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ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05116


Dati di presentazione dell'atto

Legislatura: 15
Seduta di annuncio: 217 del 04/10/2007
Firmatari

Primo firmatario: FRIAS MERCEDES LOURDES


Gruppo: RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA
Data firma: 04/10/2007
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DE ZULUETA TANA VERDI 04/10/2007
RUSSO FRANCO RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA 04/10/2007
VENIER IACOPO COMUNISTI ITALIANI 04/10/2007
VACCA ELIAS COMUNISTI ITALIANI 04/10/2007
SINISCALCHI SABINA RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA 04/10/2007
MASCIA GRAZIELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA 04/10/2007

Destinatari

Ministero destinatario:

 MINISTERO DELL'INTERNO
 MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 04/10/2007


Stato iter:

IN CORSO

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05116


presentata da
MERCEDES LOURDES FRIAS
giovedì 4 ottobre 2007 nella seduta n.217

FRIAS, DE ZULUETA, FRANCO RUSSO, VENIER, VACCA, SINISCALCHI e MASCIA. -


Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:

il governo eritreo è accusato di gravi violazioni dei diritti umani da Amnesty International, Human
Rights Watch, Reporters sans Frontières, Nazioni Unite, Ahcs, Aiei, Ahei, Asper, Mossob, Asdge,
Pde, oltre che dalla stessa Unione europea. Nonostante il patto di non belligeranza firmato
congiuntamente da Eritrea ed Etiopia ad Algeri nel 2000, lo stato di guerra di fatto continua dal
1998. Ragazzi e ragazze, raggiunta la maggiore età, sono obbligati alla coscrizione militare a tempo
indeterminato e i disertori sono puniti col carcere. Nel giugno 2005, sono stati fucilati 161 tra
ragazzi e ragazze, accusati di diserzione, essendo scappati dalle caserme. Negli ultimi mesi la
polizia eritrea sta procedendo agli arresti, ad Asmara, dei familiari dei giovani fuggiti dall'esercito.
Le famiglie sono costrette a pagare somme ingenti per evitare il carcere. Vengono inoltre
perseguitati giornalisti, obiettori di coscienza, uomini politici e leader religiosi. Nel 2001 in Eritrea
sono stati incarcerati senza processo 11 ministri: chiedevano che fosse approvata in Parlamento la
costituzione già da tempo elaborata. Nulla si sa della loro sorte. È vietata la costituzione di
organismi politici di opposizione. L'Università di Asmara è stata chiusa e molti dei suoi studenti e
insegnanti sono detenuti. I giornali non governativi sono stati chiusi e molti giornalisti arrestati.
Viene regolarmente praticata la tortura nelle prigioni. Il Patriarca Ortodosso Antonios è stato
rimosso dalla sua posizione il 13 gennaio 2006 per aver criticato le ingerenze governative nelle
attività della Chiesa. Antonios, che allora era stato posto agli arresti domiciliari, è stato
recentemente trasferito ad una destinazione detentiva ignota;

secondo i dati del Ministero dell'interno, dei 22.016 cittadini stranieri entrati illegalmente sulle coste
italiane nel 2006, ben 2.859 erano eritrei. E delle 10.438 richieste d'asilo politico presentate nello
stesso anno, il 20,8 per cento erano di eritrei. E secondo l'Acnur, il 60 per cento dei richiedenti asilo
politico arriva via mare, dal 2000;

per raggiungere la Sicilia, gli eritrei si imbarcano dalle coste occidentali della Libia, tra Tripoli e
Zuwarah, come accertato dalle testimonianze degli eritrei e documentato dal sito
fortresseurope.blogspot.com e da altri siti delle principali agenzie umanitarie come Human Righs
Watch ed Amnesty International;

nel corso di operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina verso l'Ue, in Libia sono stati
arrestati 1.451 cittadini stranieri nel solo mese di giugno 2007 e 2.137 nel mese di maggio 2007.
Rapporti di Amnesty International, Human Rights Watch, Afvic, Fortress Europe, e lo stesso
«Rapporto sulla missione tecnica in Libia dell'Unione europea» (dicembre 2004) denunciano gravi
abusi commessi dalle autorità libiche ai danni dei migranti: arresti arbitrari, detenzioni senza
processo, maltrattamenti, violenze sessuali e torture nei centri di detenzione dei migranti, spesso
sovraffollati e insalubri. Gli stessi rapporti denunciano il rimpatrio di potenziali rifugiati politici nei
paesi di origine, come pure il riaccompagnamento forzato alla frontiera sud della Libia con il Niger
e con il Sudan, dove migliaia di migranti ogni anno sono abbandonati in pieno deserto;

secondo i rapporti di Amnesty International, Fortress Europe, Habeshia e Islamic Human Rights
Commission, oltre 600 cittadini eritrei arrestati nel corso di operazioni di polizia contro
l'immigrazione clandestina in Libia, sono detenuti da oltre un anno nel transit center di Misratah, in
Libia. La notizia è confermata dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur).
Le persone sono state arrestate in mare, al momento dell'imbarco o durante retate a Tripoli. La
situazione sanitaria nel centro, estremamente sovraffollato, è allarmante, con casi di scabbia e
tubercolosi. Tra i detenuti si contano più di 100 donne e almeno 50 bambini, di cui due nati in
carcere negli ultimi mesi. Durante le prime settimane di detenzione alcune donne sono state
stuprate. I detenuti rischiano tutti l'espulsione. 114 dei detenuti sono titolari dello status di rifugiato
politico, riconosciuto loro dalle missioni Acnur in Sudan e in Etiopia e quindi inespellibili in virtù
della Convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite (mai sottoscritta dalla Libia) e della
Convenzione sui rifugiati dell'Unione africana (che la Libia ha invece sottoscritto). Altre 49 delle
donne con bambini sono state riconosciute rifugiate durante una visita dell'Acnur nel centro di
Misratah all'inizio di agosto 2007. Quattro Paesi, tra cui l'Italia, si sarebbero detti interessati ad
accoglierle;
il 27 agosto 2004, un aereo partito da Tripoli per rimpatriare 75 eritrei venne dirottato dagli stessi a
Khartoum, in Sudan. 60 dei 75 passeggeri vennero riconosciuti rifugiati politici dall'Alto
commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite;

secondo il Rapporto della missione tecnica in Libia dell'Unione europea (dicembre 2004), l'Italia
avrebbe pagato le operazioni di rimpatrio aereo da Tripoli nei rispettivi paesi di origine di 5.524
cittadini di Paesi terzi, imbarcati su 47 voli della Air Libya Tibesti e della Buraq Air, tra il 16
agosto 2003 e il dicembre 2004. Uno di quei voli era diretto ad Asmara, in Eritrea, con 109 eritrei a
bordo;

secondo lo stesso Rapporto, tra il 2003 e il 2004, l'Italia ha fornito alla Libia 100 gommoni, 6
fuoristrada, 3 pullman, 40 visori notturni, 50 macchine fotografiche subacquee, 500 mute da sub,
150 binocoli, 12.000 coperte di lana, 6.000 materassi e cuscini, 50 navigatori satellitari, 1.000 tende
da campo, 500 giubbotti di salvataggio e 1.000 sacchi per cadaveri. L'Italia, continua il rapporto,
avrebbe finanziato anche la costruzione di due strutture, a Sebha e a Kufrah, sulle quali ha riferito in
risposta a una recente interpellanza parlamentare il sottosegretario Marcella Lucidi;

tra settembre e ottobre del 2002, Malta rimpatriò 223 cittadini eritrei. Tornati in Eritrea, furono
detenuti e torturati. Lo hanno testimoniato ad Amnesty Intemational i pochi riusciti a evadere, oggi
rifugiati politici nel Nord America e nei Paesi scandinavi. Trattenuti prima nella prigione di Adi
Abito e poi, in seguito a un tentativo di fuga, nel carcere di massima sicurezza di Dahlak Kebir,
alcuni sono stati uccisi;

il 19 gennaio 2007, commentando i dati degli arresti in Libia dei candidati all'immigrazione
clandestina, il Ministro dell'interno Giuliano Amato parlava di «buoni frutti» della collaborazione
tra Italia e Libia. Ancora più recentemente, 11 giugno 2007, il Ministro ha chiesto a chiare lettere la
partecipazione della Libia ai pattugliamenti aeronavali congiunti dell'agenzia Frontex nel Canale di
Sicilia, per «impedire l'uscita dai porti delle navi»;

il 18 settembre 2007, l'Adnkronos/Aki ha battuto la notizia secondo cui l'Unione europea, su


mandato dei ministri dell'Interno, avvierà i negoziati con la Libia per la cooperazione sul controllo
della frontiera Sud del paese. Il ministro Amato, sempre secondo l'agenzia ha commentato così la
decisione «si tratterà di fornire alla Libia un sistema di sorveglianza elettronica del confine
meridionale» come già dall'accordo di massima preso alcuni mesi fa dal commissario alle Relazioni
esterne Benita Ferrero-Waldner con le autorità libiche dopo la conclusione della vicenda delle
infermiere bulgare e del medico palestinese incarcerati per anni in Libia. Il ministro ha poi
dichiarato che il mandato è stato ottenuto «dopo che io l'ho proposto e il vicepresidente della
Commissione europea Franco Frattini mi ha espresso il suo appoggio». Le prassi di respingimento
collettivo in mare introdotte in base al decreto interministeriale del 14 luglio 2003, in attuazione
della legge Bossi-Fini, possono derivare da decisioni delle autorità politiche, che si sovrappongono
agli interventi umanitari e di salvataggio, ponendosi in contrasto con il diritto internazionale del
mare e con i divieti di respingimento affermati dall'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione. In
questo modo si alimenta il rischio di nuove stragi. Queste prassi amministrative possono costituire
una gravissima lesione del diritto di asilo, riconosciuto a livello internazionale e dalla Costituzione
italiana;

in base alla Convention on Maritime Search and Rescue (SAR) del 1979, si impone a tutti, mezzi
militari e commerciali, un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare regardless
of the nationality or status of such a person or the circumstances in which that person is found,
stabilendo altresì oltre l'obbligo della prima assistenza anche il dovere di sbarcare i naufraghi in un
«luogo sicuro». È dal momento dell'arrivo in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e
nazionali) relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono con le prime
cure mediche o con la soddisfazione degli altri più immediati bisogni (alimentazione, eccetera). Con
l'entrata in vigore (luglio 2006) degli emendamenti all'annesso della Convenzione SAR 1979 (luglio
2006) e alla Convenzione SOLAS 1974 (e successivi protocolli) e con le linee guida - adottate in
sede IMO lo stesso giorno di approvazione degli emendamenti alle convenzioni e protocolli - viene
fatta maggiore chiarezza sul concetto di place of safety e sul fatto che la nave soccorritrice è un
luogo puramente provvisorio di salvataggio, i cui raggiungimento non coincide con il momento
terminale delle operazioni di soccorso. Per quanto detto in precedenza la Libia non può essere
considerata un luogo sicuro;

l'articolo 3 della Convenzione contro la tortura dell'Onu vieta l'espulsione di persone che rischiano
torture o trattamenti degradanti nel Paese di origine. Il principio di non espulsione dei rifugiati è
sancito dall'articolo 33 della Convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite e dell'Unione africana.
Gli articoli 4 e 19 della Carta europea dei diritti fondamentali, vietano torture e trattamenti
degradanti, ed espulsioni collettive o in Paesi dove gli espellendi rischiano la tortura;

il Libro verde sul futuro regime europeo in materia di asilo, presentato dalla Commissione europea
nel giugno scorso, ribadisce che i flussi migratori sono ormai «flussi misti», composti in altri
termini da richiedenti asilo, oltre che di migranti economici. Un dato confermato dall'Alto
Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. La Commissione europea ricorda come occorra
«migliorare l'effettivo accesso alla possibilità di presentare una domanda di asilo» e quindi ottenere
protezione internazionale nel territorio dell'Ue-:

quali rapporti siano intercorsi e intercorrano, dalla fine del 2004 ad oggi, tra l'Italia e la Libia in
materia di cooperazione per il contrasto dell'immigrazione clandestina in particolare se l'Italia abbia
finanziato voli di rimpatrio per l'espulsione di cittadini di Paesi terzi dalla Libia, se l'Italia abbia
finanziato sedute di formazione delle forze armate libiche, se l'Italia abbia fornito fondi e/o
materiale tecnico alla Libia per le operazioni di pattugliamento, se l'Italia collabori con la Guardia
costiera libica e/o con la Marina militare libica in operazioni di soccorso in mare;

se l'Italia concederà dei visti di ingresso ai rifugiati politici eritrei detenuti a Misratah, con
particolare riguardo alle donne e ai minori non accompagnati;

se l'Italia intenda fare pressioni diplomatiche sulla Libia, per impedire il rimpatrio dei 600 eritrei,
che in Eritrea rischiano torture e trattamenti degradanti;

quali garanzie offra il Ministero dell'interno circa il rispetto dei diritti umani dei migranti in Libia se
la Libia dovesse accettare di partecipare ai pattugliamenti aeronavali congiunti di Frontex,
accettando quindi di riammettere sul suolo libico tutti i migranti fermati nelle acque libiche del
Canale di Sicilia, alla luce delle gravi denunce dei rapporti sopra citati. (4-05116)
Classificazione TESEO:

CONCETTUALE:
ASILO POLITICO, COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, DIRITTI DELL'UOMO,
IMMIGRAZIONE, PROFUGHI E RIFUGIATI, RELAZIONI INTERNAZIONALI, RIMPATRIO,
STATI ESTERI
SIGLA O DENOMINAZIONE:
CANALE DI SICILIA, ERITREA, LIBIA

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