Sei sulla pagina 1di 3

PREMESSA

A quasi un anno di distanza dalla rivolta di Rosarno, torna il


periodo della raccolta e con le arance, tornano centinaia di
immigrati in attesa dei primi ingaggi nelle campagne della
Piana di Gioia Tauro. Provenienti per la stragrande
maggioranza dall’Africa sub sahariana, da paesi in cui
quotidiani conflitti sociali e guerre di potere determinano
condizioni di grave pericolo per la loro incolumità che li
costringe a fuggire in Europa, hanno subito un grave
trauma per lo sradicamento dal paese natale e per un
viaggio durato anni, costellato di estorsioni e di arresti
illegali. Sono sbarcati in Italia tra il 2007 e il 2009, prima
che i discutibili accordi tra l’Italia e la Libia impedissero le
traversate della speranza, con respingimenti di massa e
incarcerazioni in terra libica. Richiedono protezione
internazionale, tutele e accoglienza puntualmente negate
dal governo italiano determinando per loro un limbo dal
quale è difficile uscire fatto di clandestinità e
discriminazione.
Non sono migranti economici, ma richiedenti asilo, soggetti
vulnerabili che non potranno mai partecipare ai
provvedimenti previsti per legge di emersione. Per questo
lavorano nelle campagne, schiavi di un sistema che li rende
invisibili e ricattabili.

LA CAMPAGNA
Per garantire diritti, cittadinanza e dignità oggi
promuoviamo l’attivazione di
RADICI/Rosarno
che nella prima metà del mese di novembre, ci vedrà
impegnati come attivisti, sul territorio della Piana di Gioia
Tauro, in continuità con il percorso di indagine e tutela, già
attivato con i migranti, tra Roma e il Sud Italia subito dopo i
fatti di Rosarno.
“Radici” perché da circa tre anni nelle campagne del Sud
questi migranti lavorano in agricoltura - garantendo
d’estate la raccolta dei pomodori e d’inverno degli agrumi
– in un contesto di grave sfruttamento, diritti negati e
ricattabilità. Seguendo i ritmi della terra, si muovono
inseguendo la speranza di un ingaggio sottopagato: si
insediano tra Foggia e il Vulture tra luglio e ottobre, prima
di proseguire per la Piana di Gioia Tauro dove saranno
impegnati fino a marzo per gli agrumi. Ovunque lo stesso
scenario: caporalato e durissime condizioni di lavoro.
“Radici” perché il riscatto di questi lavoratori invisibili, in
ideale collegamento con le battaglie di giustizia sociale che
sono patrimonio culturale e politico del Sud Italia, non può
prescindere dalla conquista dei diritti di cittadinanza con
priorità assoluta per il diritto a soggiornare sul territorio
italiano. In assenza di quest’ultimo, infatti, qualunque idea
di accoglienza e assistenza risulterebbe limitata e miope.

COME
RADICI si svilupperà attraverso:
• L’ incontro con soggetti istituzionali e realtà informali
che operano sul territorio e che sono già impegnate in
percorsi e attività di inclusione sociale.
• Il monitoraggio delle condizioni di vita dei migranti, in
riferimento al vissuto nel Paese d’origine, in qualità di
richiedenti protezione internazionale, e all’attuale
situazione lavorativa e di accoglienza, analizzando la
profonda connessione che lega la vulnerabilità di ogni
singolo migrante in relazione alla sua condizione di
schiavitù e sfruttamento.

PERCHE’
Perché intendiamo attivare una rete di soggetti interessati
ad impegnarsi sul tema dei diritti e della cittadinanza dei
migranti, per costruire un cordone sanitario che eserciti
concreta tutela dei lavoratori stagionali
Perché intendiamo fornire strumenti di conoscenza ed
analisi dell’attuale scenario presente nella Piana di Gioia
Tauro, favorendo così interventi mirati e efficaci.
Perché intendiamo aprire uno spazio di agibilità alle
rivendicazioni dei migranti che con la rivolta di gennaio e le
iniziative successive, hanno indicato come via d’uscita:
diritti, dignità e cittadinanza.

Potrebbero piacerti anche