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5/03/2007
Nella presente nota analizziamo alcune problematiche che emergono in riferimento alla
tutela dei diritti dei minori comunitari presenti in Italia, alla luce delle norme previste
dallo Schema di Decreto legislativo recante attuazione della Direttiva 2004/38/CE
relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, di cui si attende a breve
l’entrata in vigore.
Molte delle osservazioni valgono tuttavia anche in relazione alle norme vigenti stabilite
dal D.P.R. 54/2002.
ER/04/03/07
1.2) Cittadini comunitari privi del requisito relativo alle risorse economiche
L’art. 7 del Dlgs. stabilisce che il cittadino comunitario che non sia lavoratore in Italia
ha diritto di soggiornarvi per un periodo superiore a tre mesi solo se dispone di risorse
economiche sufficienti per non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello
Stato italiano durante il periodo di soggiorno.
Si pone dunque il problema di come debbano essere trattati quei cittadini comunitari
che, pur non disponendo di risorse economiche sufficienti, siano tuttavia meritevoli di
particolari tutele, in particolare:
- i minori non accompagnati da un familiare
- i cittadini comunitari inseriti, ai sensi dell’art.6, comma 4 Dl. 300/06, in un
programma di assistenza e integrazione sociale ex art 18 T.U. 286/98
- le donne in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi alla nascita dal figlio (e
il loro marito convivente, in base alla Sent. Corte Cost. 376/2000)
- i cittadini comunitari per i quali sussista uno dei motivi umanitari che
giustificano, per lo straniero, il rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi
dell’art. 5, co. 6 T.U. 286/98.
In base a un’interpretazione letterale dell’art. 7 Dlgs, ai cittadini comunitari appartenenti
a tali categorie non viene riconosciuto il diritto di soggiorno superiore a tre mesi: di
conseguenza ad essi non vengono riconosciuti il diritto di non essere allontanati, né gli
altri diritti connessi al diritto di soggiorno, tra cui l’accesso al Servizio Sanitario
Nazionale a parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani.
Considerato che il T.U. 286/98 e il relativo regolamento di attuazione D.P.R. 394/99
prevedono per i cittadini extracomunitari appartenenti a tali categorie il rilascio di un
permesso di soggiorno e il riconoscimento dei succitati connessi diritti (in particolare
l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale), saremmo quindi di fronte a
un’irragionevole disparità di trattamento che discriminerebbe i cittadini comunitari
rispetto ai cittadini extracomunitari.
Inoltre, nel caso specifico dei minorenni, il mancato riconoscimento di tali diritti
rappresenterebbe un’evidente violazione dei principi sanciti dalla Convenzione sui
diritti del fanciullo, con particolare riferimento al principio del “superiore interesse del
minore”, al diritto alla protezione e al diritto alla salute.
a) In generale
In generale per tutte queste categorie, chiediamo che si chiarisca che, in applicazione
dell’art. 1, comma 2 T.U. 286/98, ai cittadini comunitari che non soddisfano le
condizioni stabilite dal Dlgs. per il riconoscimento del diritto di soggiorno
superiore a tre mesi ma si trovano in una delle situazioni per le quali il T.U. 286/98
o il regolamento di attuazione D.P.R. 394/99 prevedono il rilascio di un titolo di
soggiorno, deve essere rilasciato un titolo di soggiorno ai sensi delle suddette
disposizioni.
Al maturare dei requisiti richiesti del Dlgs, al cittadino comunitario verrebbe
successivamente riconosciuto il diritto di soggiorno superiore a tre mesi previsto dal
Dlgs.
b) Minori
Per quanto riguarda i minori, si potrebbe fare un passo ulteriore in direzione di una
piena tutela dei loro diritti.
ER/04/03/07
Ai sensi del Regolamento CE 2201/03 relativo alla competenza, al riconoscimento e
all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità
genitoriale, oltre che delle Convenzioni internazionali in materia (Convenzione sui
diritti del fanciullo, Convenzione dell’Aja del 1961 ecc.), in presenza di un minore
comunitario sul territorio nazionale in stato di abbandono o anche solo
temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, lo Stato italiano ha l’obbligo
di provvedere (provvisoriamente o in via continuativa) alle sue esigenze: è sempre
competente ad adottare i provvedimenti provvisori e cautelari (tra cui sono inclusi il
collocamento in luogo sicuro ai sensi dell’art. 403 Codice civile e l’apertura della
tutela), che cessano di essere applicabili solo quando l’autorità dello Stato membro
competente abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati (Regolamento CE
2201/03, art. 20); ove il minore vi risieda abitualmente e in talune altre ipotesi, lo Stato
italiano è poi competente in via generale ad adottare i provvedimenti anche non
provvisori (regolamento CE 2201/03, Capo II, Sez. II).
Sussistendo nei confronti dello Stato italiano un vero e proprio obbligo di assistenza nei
confronti del minore, discendente dalla normativa internazionale e comunitaria, ci
sembra che il concetto di “onere per l’assistenza sociale dello Stato” dovrebbe essere
interpretato in modo differente rispetto alle altre categorie di cittadini comunitari, nei
confronti delle quali non sussiste un analogo obbligo.
Inoltre, ci sembra che discriminare in ordine al diritto al soggiorno, alla salute ecc. il
minore assistito dallo Stato rispetto al minore che sia mantenuto dai suoi familiari
rappresenterebbe un’irragionevole disparità di trattamento.
Chiediamo dunque che si chiarisca che nei confronti dei minorenni il requisito delle
risorse sufficienti si ritenga soddisfatto ove il minore sia collocato in luogo sicuro ai
sensi dell’art. 403 Codice civile, ovvero inserito in una comunità di tipo familiare o
affidato a una famiglia o a un singolo ai sensi dell’art. 2 legge 184/83.
2) Allontanamento
ER/04/03/07
- il minore che deve essere allontanato per cessazione delle condizioni che
determinano il diritto di soggiorno rispetto al minore che deve essere allontanato
per motivi di ordine pubblico e pubblica sicurezza, per il quale l’art. 20, co. 5
Dlgs. stabilisce appunto specifiche tutele.
Inoltre tale mancata tutela dall’allontanamento per motivi diversi dal superiore interesse
del minore rappresenterebbe una violazione del principio del “superiore interesse del
minore” e del diritto alla protezione sanciti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo (e
infatti il divieto di espulsione di cui al T.U. 286/98 era stato previsto proprio per
ottemperare agli obblighi internazionali in materia di diritti dei minori).
Chiediamo quindi che venga esplicitato che per le ipotesi di cui all’art. 21 Dlgs.
vigono le tutele stabilite all’art. 20, comma 5, ovvero il divieto di allontanamento
dei minorenni presenti sul territorio italiano, salvo quando l’allontanamento sia
necessario nell’interesse stesso del minore, secondo quanto contemplato dalla
Convenzione sui diritti del fanciullo; o in alternativa che venga chiarito che deve
applicarsi, in quanto norma di maggior favore, l’art. 19, comma 2, lett. a) T.U.
286/98.
Chiediamo dunque che venga esplicitato che l’allontanamento del minore per i motivi
di cui all’art. 20, comma 5, è disposto su richiesta del questore, dal tribunale per i
minorenni, in applicazione della clausola di maggior favore prevista dall’art. 1,
comma 2 T.U. 286/98.
ER/04/03/07
Chiediamo dunque che venga chiarito quale autorità e secondo quali procedure viene
disposto l’allontanamento nell’interesse del minore, nel pieno rispetto della
Convenzione sui diritti del fanciullo.
Rispetto a tale questione, ci riserviamo di inviare successivamente una proposta
specifica, dopo aver approfondito le norme di diritto privato internazionale e
comunitario rilevanti in materia.
ER/04/03/07