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Normativa sul superamento delle ​barriere architettoniche

le pubblica sovvenzionata ed agevolata;


•ristrutturazione di edifici privati e di edifici per l’edilizia residenziale pubblica dovranno ottemperare alla citata Legge
n°13.
In particolare dovranno ottemperare all’Art.1 – Comma 3d: "La progettazione deve comunque prevedere l’installazione,
nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale, raggiungibile mediante
rampe prive di gradini" . A partire del 1996, per effetto del D.P.R. 24/7/96 n°503, anche la costruzione di tutti gli edifici
pubblici deve rispettare le prescrizioni di cui alla Legge n°13 del 1989 (il D.P.R. n°384 del 1978 è abrogato).
La Legge 13 (e in particolare il D.M. 236) ha formulato prescrizioni dimensionali ed una precisa serie di dettagli qui
sintetizzati:
• le porte di cabina e di piano devono essere a scorrimento automatico: solo "nel caso di adeguamento" la porta di
piano può
essere ad anta incernierata, purché dotata di sistema per l’apertura automatica;
• le porte devono rimanere aperte per almeno 8 secondi e il tempo di chiusura non deve essere inferiore ai 4 secondi;
• l’arresto ai piani deve avvenire con autolivellamento, che garantisca una precisione di arresto con tolleranza massima
di ± 2 cm;
• lo stazionamento delle cabine ai diversi piani di fermata deve essere effettuata con porte chiuse;
• tutte le bottoniere devono avere i pulsanti ad altezza massima compresa tra i 1,10 e 1,40 m; i pulsanti devono
prevedere la numerazione in rilievo e le scritte con traduzione in Braille;
• accanto alle bottoniere deve essere posta una placca di riconoscimento del piano in carattere Braille;
• la bottoniera interna deve essere posta su una parete laterale ad almeno 35 cm dalla porta della cabina;
• all’interno della cabina devono essere sistemati un citofono (ad altezza compresa tra 1,10 e 1,30 m), come pure una
luce d’emergenza (autonomia minima di 3 ore) e, dove possibile, un sedile ribaltabile con ritorno automatico;
• deve essere prevista una segnalazione sonora dell’arrivo della cabina al piano.

Vediamo come comportarci per quanto riguarda il superamento delle barriere architettoniche durante lo svolgimento
della prova grafica dell’Esame di Stato per architetti, sezione A.

Edificio Profondità (mm) Larghezza (mm) Porta (mm)


Nuovo non residenziale 1500 1370 900
Nuovo residenziale 1300 950 850

Normativa di riferimento
L.13/’89 – D.M. 236/’89—> per ambiente privato
D.P.R. 503/96—> per ambiente pubblico
Per la Regione Toscana vedere la L. 41/r
Esistono 3 Livelli di Fruibilità:
Primo livello: Accessibilità —>proprietà pubblica o comune
Secondo Livello: Visitabilità —>proprietà pubblica o comune
Terzo Livello: Adattabilità —>proprietà privata

Definizioni secondo il D.M. 236/’89


ACCESSIBILITA’​= completa fruibilità degli spazi interni/esterni
VISITABILITA’​= accedere agli spazi di relazione (es. soggiorno) + w.c.
ADATTABILITA’​= quando modificando nel tempo e a costi limitati, lo spazio costruito diviene accessibile.
Esempi:
Edilizia residenziale pubblica = parti comuni accessibili e tutto il resto visitabile
Unifamiliari isolate o aggregate = adattabili

VEDIAMO ALCUNE MISURE


-porta ingresso abitazione privata 90cm
-porte interne abitazione privata 80cm
-rampe scale private 90cm, pedata 25cm
-rampe scale comuni 120cm, pedata preferibilmente 30cm
-ascensore residenziale profondità 130cm, larghezza 95cm, spazio antistante l’ascensore 150cm x 150cm
-ascensore non residenziale profondità 140cm, larghezza 110cm, spazio antistante l’ascensore 150cm x 150cm
-balconi tra portafinestra e parapetto 140cm-150cm, altezza parapetto 100cm
La ​casa unifamiliare​, quali requisiti deve soddisfare? visitabilità e adattabilità. Non c’è accessibilità perché non vi sono
parti comuni con altri condomini.
1
La casa a schiera, quali requisiti deve soddisfare? visitabilità e adattabilità. L’accessibilità entra in gioco soltanto se vi
sono parti comuni.
La casa in linea, quali requisiti deve soddisfare? visitabilità e accessibilità. L’adattabilità entra in gioco soltanto nelle
singole unità immobiliari (esempio allargare un bagno per renderlo accessibile a persone con ridotta o impedita
capacità motoria).

RAMPE e DISLIVELLI
Percorso unico (passaggio di una sola persona) = larghezza rampa 90cm, lunghezza pianerottolo di partenza e arrivo
150cm. Massima lunghezza rampa 10m, pendenza dal 5% all’8%. Il parapetto deve essere alto 1m e qualora non sia
piano deve essere previsto un cordolo di 10cm nella parte bassa.
Percorso doppio (passaggio di due persone) = larghezza rampa 150cm, lunghezza pianerottolo di partenza e arrivo
150cm. Massima lunghezza rampa 10m, pendenza dal 5% all’8%. Il parapetto deve essere alto 1m e qualora non sia
piano deve essere previsto un cordolo di 10cm nella parte bassa.
DISLIVELLI (H)
Se H<3,20m —>Rampa
Se H>3,20m —>Servoscala
Se H>4,00m —>Ascensore

CARATTERISTICHE DEI POSTI AUTO


Nelle aree di parcheggio/autorimesse, devono essere previsti posti auto riservati a persone con ridotta o impedita
capacità motoria, nella misura di
1 posto auto per diversamente abile ogni 50 frazione di 50
(es.80 posti auto = 78 + 2 riservati)
Il posto auto per diversamente abile misura 3,50m x 5,00m.
N.B. ​Le regole descritte devono essere parte integrante della progettazione. L’accessibilità per persone con ridotta o
impedita capacità motoria è necessaria per garantire a tutti il pieno svolgimento delle attività.
N.B​. Queste prime regole, già pienamente messe in atto nei precedenti esercizi, ci serviranno ora ancora di più per
affrontare la​casa in linea​ e, successivamente, la ​biblioteca​ ed il ​museo​.

Esame di Stato: Gli standard


Iniziamo a parlare di norme e regole da rispettare, in quanto sono le basi per svolgere una corretta prova grafica.
Come già detto negli articoli precedenti, un tema molto comune è quello urbanistico, o comunque un tema dove vi
viene dato un lotto sul quale edificare, sia esso di piccole o grandi dimensioni. Introduciamo allora due concetti chiave:
AREA TERRITORIALE (At) e ​AREA FONDIARIA​ (Af).

AREA TERRITORIALE:
Nell’esercizio vi verrà data una determinata At misurata in mq. Dovrete ricordarvi di cedere (18+7) mq per abitante di
terreno per la realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria. Ceduta questa parte di terreno al Comune,
disegnerete il vostro progetto nell’area restante, detta Area Fondiaria.

AREA FONDIARIA:
Ceduto il terreno, ora siete in grado di capire quante residenze edificare, ricordandovi questi parametri—>80 mc/ab per
la residenza –>20 mc/ab per i servizi delle residenze (se richiesti) e l’area per i parcheggi che secondo la L.Tognoli
122/1989 si misura in 1 mq ogni 10 mc di costruito.
Ricordiamo che la dicitura mc= metri cubi, mq=metri quadri, mc/ab=metri cubi per abitante.
Ricapitoliamo:
-At -(18 mq/ab + 7 mq/ab)= Af
-per ogni abitante considerate 80 mc di residenza e 20 mc per servizi della residenza
-ricordate la L. Tognoli 1mq ogni 10 mc di costruito per il parcheggio, dunque se il vostro edifico è 200 mc, basterà fare
200 mc / 10 mc= 20 mq di parcheggio.

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Gli standard, disciplinati dal D.M. 1444/’68 si dividono in URBANISTICI e RESIDENZIALI:
STANDARD URBANISTICI
per ogni abitante dovete considerare 18 mq per le attrezzature e 7 mq per la viabilità, per un totale di 25 mq LORDI
(abitante insediato).
STANDARD RESIDENZIALI
per ogni abitante occorrono 25 mq per la residenza + 5 mq per servizi della residenza (alimentari, banche…), per un
totale di 30 mq LORDI per abitante insediato. Se moltiplicate 25mq x 3.20 m avrete 80 mc; e se moltiplicate 5 mq x
4.00m avrete 20 mc. Ritorniamo allora alle misure precedentemente descritte di 80 mc e 20 mc. Le misure 3.20 m e
4.00 m non sono altro che altezze virtuali (altezze standard da usare per fare i calcoli), rispettivamente per la residenza
(3.20 m) e per i servizi della residenza (4.00 m).
Introduciamo ora altri due parametri fondamentali, la DENSITA’ TERRITORIALE (DT) e la DENSITA’ FONDIARIA
(DF).
DT= n° abitanti / Af
DF= n°abitanti / At
Aggiungiamo che DT=VE /At
DF=VE / Af
VE= Volume edilizio che dovete calcolare oppure che viene dato dall’ esercizio.

ESEMPIO VELOCE
dati:
At= 10000 mq, DT= 2,0 mc/mq
svolgimento:
At x DT=VE—>10000X2,0=20000mc
consideriamo 80 mc per residenza e 20 mc per i servizi per un totale di 100 mc per abitante
VE/ 100 mc —>20000 mc / 100 mc= 200 abitanti da insediare
Calcolo l’area da cedere al Comune per le opere di Urb. secondaria
200ab x 25mq/ab= 5000 mq AREA DA CEDERE
At – 5000= 10000mq – 5000mq= 5000 mq AREA FONDIARIA
DF=VE /Af—>DF= 20000 / 5000= 4.0
Dunque DF è maggiore di DT di partenza, questa è una condizione che deve essere verificata sempre, dunque:
DT<<DF
Così descritti sembrano calcoli astratti, ma nei prossimi articoli vi mostreremo esempi più concreti da applicare a temi
d’esame.

Tecnicamente la definizione di Slp, acronimo che sta per “Superficie lorda di pavimento”, è la seguente: si tratta di quel
parametro urbanistico,espresso in metri quadrati, che identifica la superficie lorda di un piano, ovvero quella racchiusa entro il
profilo esterno delle pareti.
St: la Superficie territoriale, che si esprime in mq ed è la superficie complessiva di un’area, comprensiva delle aree di pertinenza
degli edifici e di quelle destinate alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Sf: la Superficie fondiaria, anch’essa si misura in mq ed indica la superficie dell’area di pertinenza degli edifici, con esclusione
delle porzioni destinate ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Sc: la Superficie coperta, è quella che si ottiene attraverso la proiezione orizzontale del perimetro esterno del fabbricato fuori
terra, compresi i cavedi, le parti porticate, i balconi aggettanti che abbiano uno sbalzo superiore a 2,5 m e le logge.

Per ciò che riguarda i volumi, invece, si definiscono i seguenti indici:


If, ovvero indice di fabbricabilità fondiaria, espresso in mc/mq, che definisce il volume massimo edificabile su ciascuna unità di
superficie fondiaria.
It, ovvero indice di fabbricabilità territoriale, espresso anch’esso in mc/mq, che definisce il volume massimo edificabile su
ciascuna unità di superficie territoriale, ad esclusione del volume relativo alle opere di urbanizzazione.
Ecco allora che, stabiliti questi parametri principali, bisognerà poi occuparsi dei vari Rapporti che tra essi sussistono, ovvero del:
Rc: rapporto di copertura che viene espresso in percentuale ed è il rapporto tra la superficie coperta degli edifici (Sc) e la
superficie fondiaria (Sf).
Rf: rapporto di permeabilità, anch’esso espresso in percentuale, definisce la quantità minima di superficie permeabile, da
mantenere o sistemare a verde, escludendo dunque qualsiasi tipo di edificazione e/o pavimentazione.
Rapporto tra Slp e St: esprime la superficie lorda di pavimento (Slp) edificata e/o edificabile per ogni mq di superficie territoriale
(St) interessata dall’intervento (Slp/St).
Rapporto tra Slp e Sf: esprime superficie lorda di pavimento (Slp) edificata e/o edificabile per ogni mq di superficie fondiaria (Sf)
interessata dall’intervento (Slp/Sf).

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Ogni zona del PGT è caratterizzata da specifici indici di densità edilizia espressi in mc/mq (If e It). Generalmente il Volume
edificabile in progetto deve risultare minore o uguale al Vmax edificabile su quel determinato lotto. Se risultasse superiore,
chiaramente non potendo in alcun modo andare a modificare gli indici di fabbricabilità aumentandoli, per ridurlo, bisognerà
diminuire la Slp in progetto.

Il calcolo della Slp urbanistica va effettuato secondo le disposizioni indicate nelle Norme tecniche di attuazione del vigente PGT
del Comune in cui vi trovate ad operare, nonché basandosi su apposite norme regionali di riferimento. In via del tutto generale la
Slp è la somma di tutte le superfici pavimentate coperte racchiuse entro il profilo esterno delle pareti perimetrali ai vari piani, ivi
compresi i soppalchi di interpiano.
Tra le superfici suddette sono da comprendere quelle dei cavedi, dei muri perimetrali e dei vani-scala condominiali. Sono invece
escluse dal calcolo le superfici:
● dei sottotetti, qualora questi non abbiano i ​requisiti di abitabilità/agibilità​, sempre a meno che non abbiano ottenuto
specifiche deroghe igienico-sanitarie al momento della loro realizzazione o siano stati adibiti a locali abitabili o accessori
fin dal momento della loro realizzazione;
● dei piani seminterrati ed interrati, che anche in questo caso non abbiano i requisiti di abitabilità/agibilità e non eccedano
oltre il 30% al di fuori della sagoma dell’edificio, sempre fatto salvo (come per i sottotetti) che non abbiano ottenuto
specifiche deroghe igienico-sanitarie al momento della loro realizzazione o siano stati adibiti a locali abitabili o accessori
fin dal momento della loro realizzazione;
● dei porticati e delle aree a pilotis con profondità inferiore a 2,5 m, a patto che queste non superino oltre al 20% la
superficie coperta dell’edificio
● delle gallerie coperte ad uso pubblico.
Non vengono invece normalmente escluse dal computo della Slp le superfici destinate a parcheggi coperti che siano state
realizzate utilizzando la potenzialità edificatoria dello strumento urbanistico vigente all’epoca della loro realizzazione, senza aver
fatto ricorso a deroghe particolari.

Le opere di urbanizzazione primarie e secondarie


Opere di urbanizzazione primaria
Sono opere d’urbanizzazione primaria (art. 4, ​legge 29 settembre 1964, n. 847​):
● le strade a servizio degli insediamenti, compresi gli allacciamenti alla viabilità principale dei lotti edificabili;
● gli spazi necessari per la sosta e il parcheggio degli autoveicoli, in relazione alle caratteristiche degli insediamenti;
● i condotti idonei alla raccolta ed allo scarico delle acque luride (nere) ed i relativi allacciamenti alla rete principale
urbana, compresi gli impianti di depurazione;
● la rete idrica, costituita dalle condotte per l’erogazione dell’acqua potabile e relative opere per la captazione, il
sollevamento ed accessorio, nonché dai necessari condotti d’allacciamento alla rete principale urbana;
● la rete per l’erogazione e la distribuzione dell’energia elettrica per usi domestici e industriali comprese le cabine
secondarie;
● la rete del gas combustibile per uso domestico ed i relativi condotti d’allacciamento;
● la rete telefonica, comprese le centraline telefoniche a servizio degli edifici;
● la pubblica illuminazione comprendente le reti e gli impianti per l’illuminazione delle aree e delle strade pubbliche e
d’uso pubblico;
● gli spazi di verde attrezzato, le aree a servizio dei singoli edifici mantenute a verde con alberature ed eventuali
attrezzature.
Alle opere d’urbanizzazione primaria sono equiparati:
● gli impianti cimiteriali, cioè gli ampliamenti e le costruzioni dei cimiteri, compresi le vie d’accesso, le zone di parcheggio,
gli spazi e i viali destinati al traffico interno e le costruzioni accessorie (art. 26-bis, D.L. n. 415/1989 convertito dalla legge
n. 38/1990);
● i parcheggi realizzati nel sottosuolo o nei locali siti al piano terreno dei fabbricati esistenti (art. 11, ​legge n. 122/1989​).
Il calcolo della Slp a Milano, così come su tutto il territorio lombardo, a seguito dell’emanazione della Legge Regionale n. 31 del
28 novembre 2014, recante disposizioni in merito alla “riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione del suolo degradato”,
ha di recente subito delle modifiche. Sarebbe più corretto dire che sono state fatte delle “concessioni”, escludendo dal calcolo
della Spl, così come da quello del volume edificato e dal conto relativo alla verifica del rapporto di copertura, alcune “porzioni”
dell’involucro, a patto che l’incremento di quest’ultimo serva al raggiungimento di ben precise prestazioni in termini di efficienza
energetica.
Nello specifico l’art.4 della suddetta legge prevede che:
● Comma 2-bis. Negli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione, di cui all’articolo 27, comma 1,
lettere b), c) e d), della l.r. 12/2005, e negli interventi di integrale sostituzione edilizia, di cui al comma 1, lettera e),
punto 7-bis), dello stesso articolo, che consentono di raggiungere una riduzione superiore al 10 per cento dell’indice di
prestazione energetica espresso in termini di fabbisogno di energia primaria, previsto dalla normativa regionale, la
superficie lorda di pavimento, i volumi e i rapporti di copertura dell’unità immobiliare o dell’edificio interessato

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dall’intervento sono calcolati al netto dei muri perimetrali, portanti e di tamponamento, nonché dei solai che
costituiscono l’involucro esterno degli edifici.
● Comma 2-ter. Negli interventi di nuova costruzione, non compresi nel comma 2-bis, che ricadono all’interno degli ambiti
del tessuto urbano consolidato così come definito dall’articolo 10, comma 1, lettera a), della l.r. 12/2005e che
raggiungono una riduzione superiore al 20 per cento rispetto ai requisiti di trasmittanza termica o che raggiungono una
riduzione superiore al 20 per cento rispetto all’indice di prestazione energetica espresso in termini di fabbisogno di
energia primaria, richiesti dalla normativa regionale, la superficie lorda di pavimento, i volumi e i rapporti di copertura
interessati dall’intervento sono calcolati al netto dei muri perimetrali, portanti e di tamponamento, nonché dei solai che
costituiscono l’involucro esterno degli edifici.
● Comma 2-quater. Negli interventi di nuova costruzione, non compresi nei commi 2-bis e 2-ter, che raggiungono una
riduzione superiore al 25 per cento rispetto ai requisiti di trasmittanza termica o che raggiungono una riduzione
superiore al 25 per cento rispetto all’indice di prestazione energetica espresso in termini di fabbisogno di energia
primaria, richiesti dalla normativa regionale, la superficie lorda di pavimento, i volumi e i rapporti di copertura
interessati dall’intervento sono calcolati al netto dei muri perimetrali, portanti e di tamponamento, nonché dei solai che
costituiscono l’involucro esterno degli edifici. Dal primo gennaio 2021, le percentuali di riduzione di cui sopra sono
elevate al 30 per cento.
Pertanto, in base alle norma suddetta ed in presenza dei presupposti citati caso per caso, in Lombardia possono essere escluse
dal calcolo della Slp le superfici dei muri perimetrali e dei solai che costituiscono “involucro”, qualora questo sia assolutamente
performante sotto il profilo energetico.

Opere di urbanizzazione secondaria


Sono opere d’urbanizzazione secondaria (art. 44, ​legge n. 865/1971​ e successive modifiche):
● gli asili nido;
● le scuole materne;
● le scuole dell’obbligo;
● i mercati di quartiere;
● le delegazioni comunali;
● le chiese ed altri edifici religiosi;
● gli impianti sportivi di quartiere;
● i centri sociali e le attrezzature culturali e sanitarie;
● le aree verdi di quartiere.

NORMATIVES:

Il dimensionamento strutturale fa riferimento al Decreto Ministeriale Infrastrutture emesso il 14 gennaio del 2008, che di passare
dalle tensioni ammissibili agli stati limite ed all’Eurocodice 2 (il corrispondente Eurocodice a livello europeo)

Il Decreto Ministeriale 2008 riporta dati precisi a cui il dimensionamento strutturale deve fare riferimento e che deve rispettare
rigorosamente: l’altezza del solaio minima è di 12 centimetri, mentre quella della soletta deve essere uguale oppure inferiore a 4
centimetri. Ugualmente l’interasse del travetto deve essere uguale oppure inferiore a 15 centimetri e la larghezza del travetto
stesso deve essere di 8 centimetri.
Tra l’altro, le travi si distinguono tra travi emergenti (in quanto emergono dal solaio) e travi a spessore (il cui spessore è uguale a
quello del solaio). In genere, la larghezza delle travi emergenti è uguale alla larghezza della tamponatura esterna oppure alla
dimensione della base dei pilastri.

Tra l’altro è bene ricordare che il classico solaio è dotato di un interasse di 50 centimetri con travetti di 10 centimetri, mentre le
travi spessore per luci fino a 5 metri in genere sono alte 20 centimetri ed hanno una larghezza variabile dai 100 ai 120 centimetri.
Invece, le travi emergenti per luci fino a 6 metri hanno un’altezza di circa 50 centimetri ed una larghezza che varia dai 30 ai 40
centimetri. Infine, di solito i pilastri hanno una base di 40 x 40 centimetri (base quadrata) oppure di 30 x 50 centimetri (base
rettangolare).

Secondo la normativa italiana l’area minima del pilastro è uguale allo sforzo normale diviso per lo 0,8 della resistenza cilindrica
del cls.

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2.3 D.M. 1444/1968 STANDARD RESIDENZIALI
2.4 D.M. 1444/1968 DISTANZA TRA I FABBRICATI
2.5 D.lgs 285/’92 NUOVO CODICE DELLA STRADA
2.6 L.13/’89, dpr 503/’96 NORME SUPERAMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE
2.7 L.122/’89 LEGGE TOGNOLI, PARCHEGGI
2.8 D.M. 5 Luglio 1975
2.11 Rapporto Aeroilluminante
2.12 L.13/’89 SUPERAMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE

D.M. 1444/1968 STANDARD RESIDENZIALI


RESIDENZIALI—> 100mc per ogni abitante (80mc per le residenze e 20mc per i servizi della residenza). Ossia 30mq per ogni
abitante (25mq per le residenze e 5mq per i servizi della residenza). Ricordate che 25mq x 3,20m= 80mc e che 5mq x 4,00m=
20mc (3,20m e 4,00 sono altezze virtuali da usare esclusivamente nei calcoli, 3,20m per le residenze e 4,00m per i servizi delle
residenze).

D.M. 1444/1968 DISTANZA TRA I FABBRICATI


Quando due edifici finestrati si fronteggiano, la distanza tra loro deve essere di almeno 10m.

D.lgs 285/’92 NUOVO CODICE DELLA STRADA


Consideriamo L la larghezza della strada e D la distanza dell’edificio dalla strada.

se L>15m D = 10m

se 7m<L<15m D = 7,5m

se L<7m D = 5m

L.13/’89, dpr 503/’96 NORME SUPERAMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE


In questo caso, essendo una casa a schiera, dovrete rispondere al requisito di visitabilità e adattabilità.

L.122/’89 LEGGE TOGNOLI, PARCHEGGI


1mq di parcheggio ogni 10mc di costruito

Ricordiamo che ogni posto auto misura 2,5m x 5,00m, ed ogni 50 posti auto deve essere previsto un posto auto per diversamente
abile di misura 3,50m x 5,00m.

D.M. 5 Luglio 1975


Altezze
altezza minima locali di abitazione = 2,70m

altezza minima bagni-corridoi-ripostigli = 2,40m

Dimensioni:
Cucina abitabile =8mq
Cucina non abitabile <8mq
Soggiorno =14mq
Camera Matrimoniale =14mq
Camera Singola =9mq
Bagno =4mq
Stanza Pluriuso =9mq
Rapporto Aeroilluminante
I locali di abitazione devono avere la Superficie Finestrata >1/8 della Superficie Calpestabile

L.13/’89 SUPERAMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE


La casa in linea deve rispondere a requisiti di Accessibilità per le parti comuni e Visitabilità per le singole unità immobiliare.

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D.M. 1444/’68

RICORDIAMO CHE 1 PIANO DI UNA CASA IN LINEA = 2000mc, se considerate le misure di 12,5m per il lato corto e 50m per il lato
lungo (leggere articolo precedente).

dpr 503/’96 NORME SUPERAMENTO ​BARRIERE ARCHITETTONICHE


-Rampe pendenza max 8%, dotate di parapetto h 1m e cordolo di 10cm.
-Bagno disabile 180cmx180cm
-Larghezza porte almeno 90cm

ART.892 CODICE CIVILE, ​ALBERATURE DA CONFINE


Se siete in presenza di alberatura di h max 2,5m, essa deve distare dal confine almeno 0,50m
Se siete in presenza di alberatura di h max 3,00m, essa deve distare dal confine almeno 1,50m
Se siete in presenza di alberatura di h > 3,00m, essa deve distare dal confine almeno 3,00m
NORMATIVA ANTINCENDIO​ D.M. 26 AGOSTO 1992
-Almeno due uscite di sicurezza di larghezza 1,20m con maniglia antipanico e apertura verso l’esterno
-Percorso di fuga lunghezza massima 60m

NORMATIVA:
L.513/’77 E.R.P.—> il 30% dei tagli di alloggi deve essere di 45mq da riservare a giovani coppie e anziani.
L.457/’78—> oltre il terzo piano abitabile (compreso il p.t.) si deve prevedere un ascensore.
Oltre il 10° piano abitabile è prescritto un ascensore per persone ed un ascensore promiscuo.
L.13/’89—> ascensore obbligatorio per accessi ad unità immobiliari oltre il 3°livello.
D.M. 246/’87—> prevenzione incendi (scala protetta o a prova di fumo)
COMPOSIZIONE PIANI “TIPO”

TAGLI​ DI ALLOGGI, D.M. 5 LUGLIO 1975


I PRIMI 4 ABITANTI —>14mq cadauno
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I SUCCESSIVI —>10mq cadauno
Secondo la L.513/’77, vengono così definiti i tagli degli alloggi (ab. = abitante)
2 ab. x 14mq = 28mq MONOLOCALE
3 ab. x 14mq = 42mq —-> CONSIDERATE POI 45mq
4 ab. x 14mq = 56mq —-> CONSIDERATE POI 60mq
5 ab. :
4ab. x 14mq +
1ab. x 10mq =
66mq—-> CONSIDERATE POI 75mq
6ab.:
4ab. x 14mq +
2ab. x 10mq =
76mq—-> CONSIDERATE POI 80mq
7/8 ab. :
4ab. x 14mq +
3/4ab. x 10mq =
86/96mq—-> CONSIDERATE POI 90/95mq

N.B. La L.513/’77 ci dice che il 30% degli alloggi deve essere di 45mq da riservare a giovani coppie e anziani.

Gli standard, disciplinati dal D.M. 1444/’68 si dividono in URBANISTICI e RESIDENZIALI:


STANDARD URBANISTICI
per ogni abitante dovete considerare 18 mq per le attrezzature e 7 mq per la viabilità, per un totale di 25 mq LORDI (abitante
insediato).

STANDARD RESIDENZIALI
per ogni abitante occorrono 25 mq per la residenza + 5 mq per servizi della residenza (alimentari, banche…), per un totale di 30
mq LORDI per abitante insediato. Se moltiplicate 25mq x 3.20 m avrete 80 mc; e se moltiplicate 5 mq x 4.00m avrete 20 mc.
Ritorniamo allora alle misure precedentemente descritte di 80 mc e 20 mc. Le misure 3.20 m e 4.00 m non sono altro che altezze
virtuali (altezze standard da usare per fare i calcoli), rispettivamente per la residenza (3.20 m) e per i servizi della residenza (4.00
m).
Introduciamo ora altri due parametri fondamentali, la DENSITA’ TERRITORIALE (DT) e la DENSITA’ FONDIARIA (DF).
DT= n° abitanti / Af
DF= n°abitanti / At
Aggiungiamo che DT=VE /At
DF=VE / Af
VE= Volume edilizio che dovete calcolare oppure che viene dato dall’ esercizio.

Standard urbanistici D.M. 1444 del 1968


Decreto sugli Standard: Limiti inderogabilli di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati e i rapporti massimi tra spazi
destinati agli insediamenti residenziali produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi
da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art.17 della
legge 6 agosto 1967 n°765​.
Con questo decreto vengono fissati i valori dei limiti introdotti dalla Legge Ponte per quanto riguarda gli indici e gli standard
urbanistici; vengono altresì definite le zone territoriali omogenee in cui si applicano tali limiti.
Per abitante:
4,50 mq destinati all’istruzione
2,00 mq destinati alle attrezzature di interesse comune
9,00 mq destinati agli spazi pubblici attrezzati
2,50 mq destinati a parcheggi
Decreto Ministeriale 1444/1968
(Gazzetta ufficiale n. 97 del 16/04/1968)
Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli
insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da
osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della
legge 6 agosto 1967, n. 765.
Art. 1. – Campo di applicazione

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Le disposizioni che seguono si applicano ai nuovi piani regolatori generali e relativi piani particolareggiati e lottizzazioni
convenzionate; ai nuovi regolamenti edilizi con annesso programma di fabbricazione e relative lottizzazioni convenzionate; alle
revisioni degli strumenti urbanistici esistenti
Art. 2. – Zone territoriali omogenee
Sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:
● A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio
ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali
caratteristiche, degli agglomerati stessi;
● B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate
le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria
della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
● C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l’edificazione
preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
● D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
● E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui – fermo restando il carattere agricolo delle stesse –
il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
● F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale
Art. 3. – Rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a
verde pubblico o a parcheggi
Per gli insediamenti residenziali, i rapporti massimi di cui all’art 17 – penultimo comma – della legge n 765 sono fissati in misura
tale da assicurare per ogni abitante – insediato o da insediare – la dotazione minima, inderogabile, di mq 18 per spazi pubblici o
riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie. Tale quantità
complessiva va ripartita, di norma, nel modo appresso indicato:
● a) mq 4,50 di aree per l’istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo;
● b) mq 2,00 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie,
amministrative, per pubblici servizi (uffici P T , protezione civile, ecc.) ed altre;
● c) mq 9,00 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti
con esclusione di fasce verdi lungo le strade ;
● d) mq 2,50 di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall’art 18 della legge n 765): tali aree –
in casi speciali – potranno essere distribuite su diversi livelli.
Ai fini dell’osservanza dei rapporti suindicati nella formazione degli strumenti urbanistici, si assume che, salvo diversa
dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente 25 mq di superficie lorda abitabile (pari a
circa 80 mc vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq (pari a circa 20 mc vuoto per pieno)
per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi
collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.)
Art. 4. – Quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in
rapporto agli insediamenti residenziali nelle singole zone territoriali omogenee
La quantità minima di spazi – definita al precedente articolo in via generale – è soggetta, per le diverse zone territoriali
omogenee, alle articolazioni e variazioni come appresso stabilite in rapporto alla diversità di situazioni obiettive.
● 1. – Zone A): l’Amministrazione comunale, qualora dimostri l’impossibilità – per mancata disponibilità di aree idonee,
ovvero per ragioni di rispetto ambientale e di salvaguardia delle caratteristiche, della conformazione e delle funzioni
della zona stessa – di raggiungere le quantità minime di cui al precedente articolo 3, deve precisare come siano
altrimenti soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature.
● 2. – Zone B): quando sia dimostrata l’impossibilità – detratti i fabbisogni comunque già soddisfatti – di raggiungere la
predetta quantità di spazi su aree idonee, gli spazi stessi vanno reperiti entro i limiti delle disponibilità esistenti nelle
adiacenze immediate, ovvero su aree accessibili tenendo conto dei raggi di influenza delle singole attrezzature e della
organizzazione dei trasporti pubblici.
Le aree che vanno destinate agli spazi di cui al precedente art. 3 nell’ambito delle zone A) e B) saranno computate, ai fini
della determinazione delle quantità minime prescritte dallo stesso articolo, in misura doppia di quella effettiva.
● 3. – Zone C): deve essere assicurata integralmente la quantità minima di spazi di cui all’art. 3. Nei Comuni per i quali la
popolazione prevista dagli strumenti urbanistici non superi i 10 mila abitanti, la predetta quantità minima di spazio è
fissata in mq 12 dei quali mq 4 riservati alle attrezzature scolastiche di cui alla lett. a) dell’art 3.
La stessa disposizione si applica agli insediamenti residenziali in Comuni con popolazione prevista superiore a 10 mila abitanti,
quando trattasi di nuovi complessi insediativi per i quali la densità fondiaria non superi 1 mc/mq.
Quando le zone C) siano contigue o in diretto rapporto visuale con particolari connotati naturali del territorio (quali coste marine,
laghi, lagune, corsi d’acqua importanti; nonché singolarità orografiche di rilievo) ovvero con preesistenze storico-artistiche ed
archeologiche, la quantità minima di spazio di cui al punto c) del precedente art. 3 resta fissata in mq 15: tale disposizione non si
applica quando le zone siano contigue ad attrezzature portuali di interesse nazionale.
● 4.- Zone E): la quantità minima è stabilita in mq 6 da riservare complessivamente per le attrezzature ed i servizi di cui alle
lettere a) e b) del precedente art. 3.

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● 5. – Zone F): gli spazi per le attrezzature pubbliche di interesse generale – quando risulti l’esigenza di prevedere le
attrezzature stesse – debbono essere previsti in misura non inferiore a quella appresso indicata in rapporto alla
popolazione del territorio servito:
– 1,5 mq/abitante per le attrezzature per l’istruzione superiore all’obbligo (istituti universitari esclusi);
– 1 mq/ abitante per le attrezzature sanitarie ed ospedaliere;
– 15 mq/ abitante per i parchi pubblici urbani e territoriali.

Art. 5. – Rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle attività collettive, a
verde pubblico o a parcheggi.
I rapporti massimi di cui all’art 17 della legge n 765, per gli insediamenti produttivi, sono definiti come appresso:
● 1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da destinare a
spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi viarie) non può essere
inferiore al 10% dell’intera superficie destinata a tali insediamenti;
● 2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale, a 100 mq di superficie lorda di pavimento di edifici
previsti, deve corrispondere la quantità minima di 80 mq di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinata
a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui all’art. 18 della legge n. 765); tale quantità, per le zone A) e B) è ridotta alla metà,
purché siano previste adeguate attrezzature integrative
Art. 6. – Mancanza di aree disponibili
I Comuni che si trovano nell’impossibilità, per mancanza di aree disponibili, di rispettare integralmente le norme stabilite per le
varie zone territoriali omogenee dai precedenti articoli 3, 4 e 5 debbono dimostrare tale indisponibilità anche agli effetti dell’art
3, lett. d) e dell’articolo 5, n. 2 della legge n. 765.
Art. 7. – Limiti di densità edilizia.
I limiti inderogabili di densità edilizia per le diverse zone territoriali omogenee sono stabiliti come segue:
● 1) Zone A): – per le operazioni di risanamento conservativo ed altre trasformazioni conservative, le densità edilizie di
zona e fondiarie non debbono superare quelle preesistenti, computate senza tener conto delle soprastrutture di epoca
recente prive di valore storico-artistico; – per le eventuali nuove costruzioni ammesse, la densità fondiaria non deve
superare il 50% della densità fondiaria media della zona e, in nessun caso, i 5 mc/mq;
● 2) Zone B): le densità territoriali e fondiarie sono stabilite in sede di formazione degli strumenti urbanistici tenendo
conto delle esigenze igieniche, di decongestionamento urbano e delle quantità minime di spazi previste dagli artt. 3, 4 e
5. Qualora le previsioni di piano consentano trasformazioni per singoli edifici mediante demolizione e ricostruzione, non
sono ammesse densità fondiarie superiori ai seguenti limiti: – 7 mc/mq per comuni superiori ai 200 mila abitanti; – 6
mc/mq per comuni tra 200 mila e 50 mila abitanti; – 5 mc/mq per comuni al di sotto dei 50 mila abitanti. Gli abitanti
sono riferiti alla situazione del Comune alla data di adozione del piano. Sono ammesse densità superiori ai predetti limiti
quando esse non eccedano il 70% delle densità preesistenti.
● 3) Zone C): i limiti di densità edilizia di zona risulteranno determinati dalla combinata applicazione delle norme di cui agli
artt. 3, 4 e 5 e di quelle di cui agli artt. 8 e 9, nonché dagli indici di densità fondiaria che dovranno essere stabiliti in sede
di formazione degli strumenti urbanistici, e per i quali non sono posti specifici limiti.
● 4) Zone E): è prescritta per le abitazioni la massima densità fondiaria di mc 0,03 per mq.
Art. 8. – Limiti di altezza degli edifici
Le altezze massime degli edifici per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:
● l) Zone A): – per le operazioni di risanamento conservativo non è consentito superare le altezze degli edifici preesistenti,
computate senza tener conto di soprastrutture o di sopraelevazioni aggiunte alle antiche strutture; – per le eventuali
trasformazioni o nuove costruzioni che risultino ammissibili, l’altezza massima di ogni edificio non può superare l’altezza
degli edifici circostanti di carattere storico-artistico;
● 2) Zone B): – l’altezza massima dei nuovi edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con la
eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni
planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all’art. 7.
● 3) Zone C: – contigue o in diretto rapporto visuale con zone del tipo A): le altezze massime dei nuovi edifici non possono
superare altezze compatibili con quelle degli edifici delle zone A) predette.
● 4) Edifici ricadenti in altre zone: le altezze massime sono stabilite dagli strumenti urbanistici in relazione alle norme sulle
distanze tra i fabbricati di cui al successivo art. 9.
Art. 9. – Limiti di distanza tra i fabbricati
Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:
● 1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non
possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di
costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale.
● 2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e
pareti di edifici antistanti.
● 3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato
più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno
sviluppo superiore a ml 12.

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Le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della
viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede
stradale maggiorata di:
– ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7.
– ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
– ml. 10,000 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.
Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze
stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a
quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o
lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.
Piani decennali della legge 457/1978
Legge 5 agosto 1978, n. 457 – GU 19 agosto, n. 231 | Norme per l’edilizia residenziale.
Nell’articolo 1 vengono definiti i contenuti del Piano decennale di edilizia residenziale

Titolo I | Piano decennale per l’edilizia residenziale. Organi e funzioni


1. Contenuti del piano.
A partire dall’anno 1978 è attuato un piano decennale di edilizia residenziale riguardante:
a) gli interventi di edilizia sovvenzionata diretti alla costruzione di abitazioni e al recupero del patrimonio edilizio degli enti
pubblici (1/a);
b) gli interventi di edilizia convenzionata e agevolata diretti alla costruzione di abitazioni e al recupero del patrimonio edilizio
esistente;
c) l’acquisizione e l’urbanizzazione di aree destinate agli insediamenti residenziali (1/a).
I finanziamenti per l’edilizia residenziale agevolata e sovvenzionata possono essere destinati ad interventi di edilizia residenziale
pubblica o ad opere ad essi funzionali, da realizzare su aree o immobili demaniali concessi a comuni o ad altri enti ai sensi della
normativa vigente. Tali aree o immobili devono comunque essere ricompresi in piani di recupero ovvero in programmi integrati
di intervento, di riqualificazione urbana o di recupero urbano (1/b).
Il piano indica e quantifica le risorse finanziarie e creditizie da destinare all’edilizia residenziale pubblica e determina i criteri per
la loro gestione coordinata, tenuto conto delle linee generali di intervento nel settore dell’edilizia residenziale indicate dal C.I.P.E.
Il piano decennale definisce il programma operativo per il primo quadriennio ed è soggetto a revisione ogni quattro anni.
Sulla base del piano nazionale le regioni formulano propri programmi quadriennali e progetti biennali di intervento.
Alla relazione previsionale e programmatica ed alla relazione generale sulla situazione economica del Paese, è allegata una
relazione sull’andamento del settore edilizio e sullo stato di realizzazione dei programmi di edilizia residenziale.
Qual è la differenza tra Piani Intercomunale e Piano di Coordinamento Territoriale
I Piani Territoriali di Coordinamento e i Piani Regolatori Intercomunali furono introdotti dalla Legge n°1150 del 1942.
I P.T.C., detti anche piani regionali, di norma si estendono nell’ambito della regione e coincidono col suo territorio.
La funzione di detti piani è quella di coordinare armonicamente lo sviluppo dei vari centri, sia per quanto riguarda l’assetto
edilizio presente e futuro, sia per quanto riguarda le principali vie di comunicazione, la creazione, la ubicazione e sistemazione
delle industrie e delle altre attività economiche in un insieme unitario e completo nello stesso tempo.
Non sono piani essenzialmente urbanistici perchè costituiscono degli strumenti di coordinamento di tutte le forme di attività e
quindi, oltre all’edilizia, disciplinano i trasporti, le comunicazioni, le industrie, insomma tutta l’attività economica e sociale delle
Regioni. Hanno durata illimitata e obbligano i Comuni ad uniformare ad essi i propri piani regolatori. Sono in sostanza
provvedimenti amministrativi che creano soltano oneri in quanto dispongono che volendo eseguire degli interventi, essi non
potranno essere attuati che con l’osservanza di certe modalità e limitazioni.
I Piani Intercomunali si redigono quando, per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più Comuni contermini,
si riconosce opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l’assetto urbanistico dei comuni stessi.
Le aree per le quali si è pensato ai P.I., sono innanzi tutto quelle di una grande città che dal punto di vista dei servizi e dello
sviluppo urbanisticosi estende oltre la circoscrizione comunale ed interessa con la sua espansione, una serie di comuni satelliti.
In secondo luogo il riferimento è alle aree complementari, che nell’insieme hanno uno sviluppo unitario, ma differenti
caratterizzazioni delle sue parti, per cui i Comuni devono coordinare il loro sviluppo urbanistico se non vogliono creare squilibri
nell’uilizzazione del territorio.
Il Piano Territoriale di Coordinamento esiste sempre
Il PTC, normato secondo lo schema degli articoli 5-6 della legge urbanistica 1150/42 tuttora vigenti, ha funzione di Piano-quadro
riguardo alla gestione e lo sviluppo dei territori regionali. La legge 142/90 (ora inserita nel testo Unico DLgs 267/200) assegna alle
regioni un compito di programmazione economico-sociale, non tanto di pianificazione (ruolo svolto più dalle province o dalla
Città metropolitana).
Legge 167 del 1962 qual è l’elemento fondamentale
Questa legge introduce i Piani di Edilizia Economica Popolare (PEEP).
Lo scopo fondamentale è quello di fornire all’ente pubblico, gli strumenti concreti per programmare gli interventi nel settore
della casa, e per incidere tramite questi, sull’assetto del territorio urbano, contrastando la speculazione fondiaria e indirizzando
lo sviluppo edilizio con i piani di zona (di contenuto analogo ai piani particolareggiati) da realizzare su aree espropriate, all’edilizia
economica e popolare.

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Per la prima volta l’esproprio era utilizzabile non solo per i terreni destinati per i terreni pubblici, ma anche per quelli destinati a
residenza, e veniva stabilita un’indennità di esproprio inferiore al valore di mercato, fissata al valore che le aree avevano sul
mercato due anni prima dell’adozione del piano PEEP.
Questo doveva consentire ai comuni (e agli enti, istituti e cooperative costruttori case popolari, cui potevano essere assegnati i
terreni edificabili) di acquisire ad un costo relativamente contenuto aree più centrali e di dotarle di tutti i servizi sociali necessari,
che dovevano essere previsti nello stesso piano di zona.
Si prevedeva, infine, di innescare un processo di finanziamento a rotazione: i comuni, ottenendo i terreni a basso prezzo e
rivendendoli (una volta urbanizzati) agli assegnatari pubblici e privati, avrebbero potuto ricavare fondi da reinvestire in acquisto
di altre aree ed in costruzione di servizi.
La legge 1150 del 1942 di cosa tratta
La legge innanzi tutto riordinò la materia relativa agli strumenti di piano, affidandone la principale responsabilità ai Comuni,
anche se fu previsto un sistema gerarchico che avrebbe dovuto garantire un completo e capillare controllo del territorio.
– A livello più generale venne istituito il Piano Territoriale di Coordinamento, finalizzato ad orientare e coordinare l’attività
urbanistica di aree vaste e vincolante per i piani subordinati;
– A livello comunale sono invece previsti il ​Piano Regolatore Generale​ e i Programmi di Fabbricazione(quest’ultimi per i Comuni
non obbligati a redigere il ​PRG​);
– La legge poi prevede che i ​PRG​ siano attuati attraverso i Piani Particolareggiati, redatti dal Comune.
Per ciascuno di questi strumenti di piano sono indicati specificamente i contenuti, le modalità di formazione e le procedure per
l’adozione, la pubblicazione, la presentazione di osservazioni e l’approvazione. E’ inoltre definita la loro validità nel tempo: il ​PRG
ha validità a tempo indeterminato, fin quando non venga modificato da una “variante”. I Piani Particolareggiati hanno validità di
10 anni, entro i quali devono essere attuati.
La legge disciplinava anche dettagliatamente l’attività privata, con una serie di norme che introducono le lottizzazioni ed i
comparti edificatori (strumenti esecutivi per attuare i piani particolareggiati), la licenza edilizia per l’edificazione nei centri abitati
e nelle zone di espansione, le sanzioni per chi viola le norme urbanistiche. Per quanto riguarda l’esproprio, infine, la legge si
rifaceva alle norme del 1865.
Legge 765 del 1967
La ​Legge n°765 del 1967​, nota come Legge Ponte, apporta alla ​Legge Urbanistica​ del 1942 una serie di ampie modifiche,
determinanti per razionalizzare il sistema di strumenti e di controlli, dandogli la configurazione tutt’ora vigente.
Le più importanti modifiche si possono raggruppare secondo i tre obiettivi che la legge si propone:
● Avviare una estesa applicazione dei piani urbanistici, e garantirne il rispetto. Vengono così fissati i terminientro i quali il
Comune, obbligato a redigere il ​PRG​, viene sostituito dagli organi statali; si decentra agli uffici regionali del Ministero dei
Lavori Pubblici l’approvazione degli strumenti minori (piani particolareggiati, regolamenti edilizi, programmi di
fabbricazione). Inoltre si rende obbligatorio il regime di “salvaguardia” dei piani già adottati ma non ancora approvati,
per impedire che i piani stessi siano vanificati da licenze edilizie rilasciate in contrasto con le loro previsioni. Si precisano
sanzioni per le violazioni delle prescrizioni.
● Porre un freno allo sviluppo edilizio incontrollato. Vengono poste drastiche limitazioni all’edificazione in assenza di
strumenti urbanistici e si stabilisce che la licenza edilizia possa essere concessa solo quando le opere di urbanizzazioni
siano già esistenti o siano previste dai piani particolareggiati di iniziativa pubblica o lottizzazioni private, già approvati
nelle zone di espansione.
● Ottenere la partecipazione dei privati alle spese di urbanizzazione, fino ad allora gravanti esclusivamente sui Comuni.
Viene prescritto che siano a carico dei privati la realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione primaria (compresa la
cessione gratuita dell’area occorrente) e il versamento del contributo corrispondente a una quota dei costi delle opere
di urbanizzazione secondaria. Tale obbligo deve essere sancito da una convenzione tra privato e Comune, necessaria per
ottenere l’autorizzazione a lottizzare. La lottizzazione privata si affiancherebbe così al piano particolareggiato di
iniziativa pubblica come strumento ordinario di attuazione del ​PRG​ nelle nuove zone urbane.
La sentenza della Corte Costituzionale n°55 del 29 maggio 1968 vanificava gli effetti della Legge Ponte, dichiarando illegittimi gli
articoli della legge urbanistica che non prevedevano un indennizzo per l’imposizione di limitazioni operanti immediatamente e a
tempo indeterminato nei confronti dei diritti reali, quando le limitazioni abbiano contenuto espropriativo. In altri termini,
rilevando che la legislazione vigente identificava di fatto il diritto di proprietà di un suolo con il diritto di edificarlo (jus
aedificandi), la sentenza stabiliva che un vincolo di non edificabilità costituisce un danno al proprietario da risarcire con un
indennizzo, e che il diritto all’indennizzo decorre dal momento stesso di adozione del PRG.
Programma di Fabbricazione. Quale legge lo introduce
È introdotto dalla legge fondamentale dell’urbanistica, la n°1150/1942.
Il programma di fabbricazione è previsto per i Comuni non obbligati a redigere il P.R.G.
È definito come un allegato del Regolamento Edilizio e indica solo le zone di espansione dell’abitato e i tipi edilizi delle aree
fabbricabili.
Regolamento Edilizio
Cosa contiene il Regolamento Edilizio
In linea generale il contenuto dei regolamenti edilizi è stabilito dall’art.33 della ​Legge Urbanistica​, che elenca una serie di materie
che devono essere precipuamente disciplinate.

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Ciò significa che ogni Comune può adottare norme anche in materie diverse da quelle previste nell’articolo predetto, sempre che
riguardino l’attività edilizia.
Con l’art.31 il legislatore ha voluto stabilire solo il minimo a cui i Comuni debbono uniformarsi nei rispettivi regolamenti.
Il Regolamento Edilizio nel dettare norme deve distinguerle a seconda che riguardino:
● il nucleo edilizio esistente;
● le zone di ampliamento dell’abitato;
● il restante territorio comunale.
Le norme regolamentari possono dividersi in tre gruppi:
● norme di procedura, riguardanti la composizione, la competenza ed il funzionamento dei vari organi e uffici cui è
attribuita la disciplina urbanistica, la licenza di costruzione, la progettazione, la esecuzione e la vigilanza dei lavori.
● norme di carattere urbanistico riguardanti la distanza e l’altezza dei fabbricati, i tracciati stradali, la tipologia degli edifici
secondo le zone di territorio, l’aspetto estetico degli stessi.
● norme di carattere igienico-sanitario, riguardanti le dimensioni delle costruzioni ed i servizi tecnici, igienici e l’osservanza
delle prescrizioni relative ai materiali da costruzione.
La funzione del regolamento edilizio è complementare alla disciplina urbanistica, ma non sostitutiva ad essa. Le sue disposizioni,
anche se in qualche caso contengono prescrizioni tecniche, sono in prevalenza di ordine giuridico-amministrativo.
Le limitazioni imposte dai regolamenti edilizi sulle altezze, sulle distanze, sul volume degli edifici, essendo diretti alla tutela degli
interessi pubblici, sono inderogabili da parte dei privati, i quali devono uniformarsi sotto pena di sanzioni che possono giungere
all’abbattimento di quanto costruito contro le prescrizioni.
Il regolamento edilizio si applica a tutto il territorio comunale nel momento stesso in cui entra in vigore.

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