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(a cura di)
Mario Bolognari
documenti personali che un padre, un nonno, uno zio ha lasciato presso l’Università di Messina. Ha svolto ricerche nelle comunità
dentro una scatola, un baule, un cassetto. Sono lettere, diari, Arbëreshë, tra gli emigrati italiani in Canada e in Venezuela e gli
fogli matricolari, cartelle cliniche e tante, tante fotografie. Erano indiani Haida della British Columbia. Attualmente è impegnato
reduci della guerra d’Africa e per essi la memoria è diventata in una ricerca etnografica in Etiopia (Shala Lake) e una sulle
un’ossessione, una gelosa forma di ritenzione di immagini,
emozioni e rappresentazioni da conservare.
La memoria fotografica della guerra d’Etiopia poetiche omosessuali in Sicilia tra XIX e XX secolo. Tra le sue
pubblicazioni Tra rimozione e rimorso. Come gli italiani hanno pensato
Nel quadro della vasta opera che in tutta l’Italia diversi studiosi
stanno portando avanti, di recupero e divulgazione di questo
custodita dalle famiglie italiane l’Etiopia (2012), I ragazzi di von Gloeden (2012), Il banchetto degli
invisibili (2010), Appuntamento a Samarcanda (2008) e Gli uomini di
“scrigno africano”, vengono in questo volume proposte ossidiana (2008).
quattro collezioni private di altrettanti italiani che hanno vissuto
LO SCRIGNO AFRICANO
l’esperienza coloniale da conquistatori, gettando uno sguardo su
un mondo sconosciuto, rimasto, per alcuni versi, impenetrabile.
Scritti di:
Antonio Baglio
Mario Bolognari
Fabio Fichera
Roberta Melluso
Mauro F. Minervino
Giovanna Monastero
Rubbettino
a cura di Mario BOLOGNARI
Rubbettino
e 17,00
Lo scrigno africano
La memoria fotografica della guerra d’Etiopia
custodita dalle famiglie italiane
Rubbettino
Rubbettino
Redazione
Giuseppe D’Arrò
Grafica e impaginazione
Giuseppe D’Arrò
Santina Cerra
Ottimizzazione immagini
Claudio Bevilacqua
Copertina
Luigi De Simone
Mario Bolognari
Gli sguardi sull’Etiopia 9
Immagini e rappresentazioni degli italiani
nella memoria fotografica dell’occupazione coloniale
Antonio Baglio
La guerra d’Etiopianelle immagini dei reduci 25
Mauro F. Minervino
«Doppio urto» 35
Il modello della «novella coloniale» nella narrativa
popolare fascista
Fabio Fichera
Le politiche sanitarie nelle colonie:
riflessioni antropologiche sull’influenza dell’autorità
medica nel colonialismo italiano 51
Fabio Fichera
Vincenzo Arlotta, medico,
militare e fotografo 69
Giovanna Monastero
Francesco Monastero.
Un soldato racconta la guerra coloniale 99
Roberta Melluso
Le operazioni militari 117
Mario Bolognari
Francesco Patanè, autiere in guerra 123
La macchina, l’esibizione, l’impresa
Mario Bolognari
Pietro Ferrario, un imprenditore in Africa 135
Il lavoro e la tecnica nella costruzione dell’Impero
Antonio Baglio
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merito del contenuto e del valore documentale di queste raccolte.
La guerra d’Etiopia, intrapresa da Mussolini nell’ottobre del 1935
senza dispendio di uomini e mezzi per la realizzazione dell’agogna-
to impero e accompagnata da un enorme battage propagandistico,
ha rappresentato il primo evento a essere documentato fotografica-
mente in modo sistematico, sia per il ruolo esercitato dallo Stato e
dall’Istituto Luce che per la larga presenza delle agenzie di stampa
internazionali4. Mentre queste ultime furono determinanti soprat-
tutto sul terreno della documentazione del conflitto dal versante
etiope, per quanto concerne il fronte italiano operarono i reparti
fotografici delle forze armate e dell’Istituto Luce-AO che, in linea
con la martellante campagna propagandistica condotta in patria
prima al fine di creare un clima favorevole e suscitare una massiccia
mobilitazione per la guerra e poi per assicurarsi il massimo sforzo
durante le operazioni belliche, ebbero il compito non solo di farsi
carico del controllo delle immagini, com’era avvenuto durante la
Prima guerra mondiale, ma anche della loro produzione e distri-
buzione5. Per comprendere appieno la portata dei mezzi messi in
campo in questo settore delicato basta affidarsi alla fredda eloquen-
za delle cifre: furono schierate infatti una sezione cinematografica,
16 squadre fotografiche, 16 squadre telefotografiche, cui si aggiunse
il reparto Luce militarizzato. Sia ad Asmara, nodo strategico per il
controllo del fronte aperto al confine della vecchia colonia Eritrea,
che a Mogadiscio per quello sud si predisposero uffici stampa con
il compito di fornire agli inviati italiani e stranieri il necessario
supporto logistico per la realizzazione dei servizi dal fronte, oltre
che la consueta documentazione fotografica e giornalistica.
Visto il largo impiego di uomini e mezzi non è difficile immaginare
quante migliaia di foto fossero state scattate per conto dell’esercito,
che si aggiunsero a quelle effettuate ad uso personale dai militari
dotati di apparecchio fotografico. Come ha fatto rilevare Mignemi, 4. A. Mignemi (a cura di), Immagine
coordinata per un impero. Etiopia 1935-1936,
risulta di grande interesse un aspetto specifico dell’attività di questi Gruppo Editoriale Forma, Torino 1983; Id.,
reparti, ovverosia la produzione di serie fotografiche stampate in Una nuova immagine della guerra. L’uso
piccolo formato – 6 x 9 – e destinate alla truppa. In un contesto della fotografia e la rappresentazione
visiva del conflitto da parte delle agenzie
contrassegnato dalla difficoltà di informazione e propaganda, la stampa internazionali, in R. Bottoni (a cura
circolazione di queste foto tra soldati facenti parte di reparti co- di), L’Impero fascista. Italia ed Etiopia
stretti a operare in zone impervie e distanti tra loro rispondeva alla (1935-1941), il Mulino, Bologna 2008, pp.
145-163.
finalità di offrire un canale di comunicazione di facile intellegibilità
5. A. Mignemi, Lo sguardo e l’immagine.
quale quello assicurato dal materiale fotografico. Alle immagini La fotografia come documento storico, cit.,
era affidata la cronistoria del conflitto, il «racconto» delle adunate p. 125.
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3. Il recupero della memorialistica «privata», intima e personale
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fatto in amnistia, in una sorta di «autoassoluzione nazionale»10.
Non si sentì il bisogno di riflettere su quel passato coloniale e sulla
sua eredità, sulla portata e le modalità di conduzione della guerra 10. Ivi, p. 306.
d’Etiopia, sull’emanazione delle leggi di discriminazione razziale, 11. Così scrive l’antropologo Mario Bolognari,
nell’introduzione a un volume sull’Etiopia da
senza contare la mancata volontà di indagare sui singoli crimini lui recentemente curato, circa l’atteggiamento
di cui si era a conoscenza nell’immediato secondo dopoguerra11. a lungo prevalente nei riguardi di quella
Nella fase successiva, fino alla metà degli anni Ottanta, la memoria esperienza africana: «Alla caduta del fascismo e
con la fine della guerra, il rinnovato panorama
della guerra è risultata, per così dire, «scongelata», sotto l’influsso politico-istituzionale e il clima sociale e
dei grandi eventi internazionali che ponevano al centro dell’atten- culturale diversi avrebbero dovuto consentire
zione i paesi africani interessati dai processi di decolonizzazione. almeno due operazioni. Fare i conti con il
ciarpame razzista del passato, nell’accademia
Richiamando ancora la definizione di Labanca, per molti reduci e in particolare nelle scienze umane e sociali,
dell’impresa etiopica si attuò allora un processo di sublimazione, attraverso una serrata critica di quanto
in cui la memoria della guerra d’Etiopia prese ad ammantarsi di prodotto, per esempio, in Africa Orientale;
rilanciare gli studi e le ricerche in quelle terre,
accenti lirici, persino di velata nostalgia, sotto l’influenza pure di come prosecuzione/rottura di una tradizione
quei meccanismi psicologici che si innescano e si accentuano con comunque esistente e come ponte ideale per
lo scorrere del tempo e l’avanzare dell’età. Soltanto negli ultimi allacciare relazioni politiche e commerciali con
popoli ai quali l’Italia doveva un risarcimento
decenni, anche se in bilico tra serio impegno critico di ricerca e morale, oltre che economico. Invece, in parte
maldestri tentativi di riabilitazione, si è assistito a un più marcato la vergogna e in parte l’assenza di coraggio
impulso in questa direzione sia sul versante storiografico che su nel voler fare i conti col passato, sia a livello
istituzionale, sia a livello dei circoli accademici,
quello della pubblicistica, colmando almeno in parte la distanza la presenza italiana in Etiopia è stata al di sotto
con gli altri paesi europei, che prima e con più decisione rispetto delle necessità. Inglesi, francesi e tedeschi, fin
all’Italia hanno fatto i conti non solo con il proprio passato colo- dai primi anni, e americani, canadesi e asiatici
in una fase successiva hanno coperto il territorio
niale ma sulle rispettive responsabilità nazionali nella fase della etiope con ricerche e studi». M. Bolognari (a
decolonizzazione. cura di), op. cit., p. 30.
Dal dibattito suscitato dagli studi di Angelo Del Boca, che ha docu- 12. Della cospicua produzione storiografica
mentato il largo ricorso ai gas da parte dell’esercito italiano smen- di Del Boca dedicata al tema del colonialismo
italiano ci limitiamo a citare in questa sede
tendo le ricostruzioni ufficiali sin lì improntate alla negazione, non la monumentale opera Gli italiani in Africa
senza innescare forti reazioni polemiche, la storiografia sul colo- Orientale, 4 voll., Laterza, Roma-Bari 1976-
nialismo italiano si è poi avvalsa dei contributi di Giorgio Rochat, 1984; e ancora la cura del volume Le guerre
coloniali del fascismo, Laterza, Roma-Bari
Nicola Labanca e altri, impegnati a mettere a fuoco non solo gli 1991, i saggi I gas di Mussolini. Il fascismo
aspetti politici, socio-economici, militari e le peculiarità del pro- e la guerra d’Etiopia, Editori Riuniti, Roma
cesso di espansione coloniale italiano nell’Oltremare, ma anche a 1996 e Italiani, brava gente? Un mito duro a
morire, Neri Pozza, Vicenza 2006. Di Rochat
cercar di indagare proprio il tema della memoria e delle rimozioni ricordiamo in particolare: Militari e politici nella
collettive degli italiani12. preparazione della campagna d’Etiopia 1932-
Negli ultimi anni l’emersione di diari, lettere, appunti di viaggio, 36, FrancoAngeli, Milano 1971; Il colonialismo
italiano. Documenti, Loescher, Torino 1973;
foto dati alle stampe spesso dai discendenti dei reduci ha aperto una Le guerre italiane 1935-1945. Dall’Impero
prospettiva nuova negli studi coloniali a lungo incentrati prevalen- d’Etiopia alla disfatta, Einaudi, Torino 2005.
temente sulla storia politica, militare e diplomatica. Il recupero di Nell’ultimo decennio sono stati diversi i volumi
dedicati da Labanca a questi temi: Posti al
questa memorialistica «intima», di stampo privato e personale, non sole. Diari e memorie di vita e di lavoro dalle
destinata intenzionalmente alla pubblicazione, è di grande interesse colonie d’Africa, Museo Storico Italiano della
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che indirizzava all’esaltazione della superiorità tecnica e militare 16. Può essere utile far riferimento alle
riflessioni sul ruolo della fotografia storica
italiana, sul dramma di una guerra rivelatasi più dura del previsto, coloniale richiamate da Silvana Palma in
piena di insidie, in cui furono commessi massacri indiscriminati e riferimento alla fase del primo colonialismo
non vennero risparmiate torture e umiliazioni corporali, come le italiano, nel periodo crispino, nel suo saggio
dal titolo Fotografia di una colonia: l’Eritrea
stesse immagini documentano16. di Luigi Naretti (1885-1900), in «Quaderni
Lasciando agli altri saggi contenuti in questo volume l’esame speci- storici», nuova serie, 109, 1/2002, pp.
fico della produzione contenuta nelle singole raccolte fotografiche 83-147, nel numero dedicato al tema
La colonia: italiani in Eritrea, a cura di A.
qui pubblicate e prescindendo dalle differenze di sensibilità e di stile Triulzi. Sempre sul rapporto tra fotografia e
tra i vari autori, mi limiterò soltanto a qualche breve considerazione colonialismo si segnalano i seguenti contributi:
generale. Innanzitutto emerge come tali immagini trovino una piena N. Labanca, Uno sguardo coloniale. Immagine
e propaganda nelle fotografie e nelle
rispondenza con l’iconografia ufficiale ed ufficiosa del colonialismo illustrazioni del primo colonialismo italiano, in
italiano dell’epoca e con la descrizione della guerra di Etiopia in «Archivio Fotografico Toscano», 8, 1988; Luigi
termini di epopea. D’altronde, come abbiamo già rilevato, era stato Goglia, Storia fotografica dell’impero fascista,
Laterza, Roma-Bari 1985; Id., Colonialismo e
lo stesso regime a influenzare l’immaginario visivo dei combattenti fotografia. Il caso italiano, Sicania, Messina
attraverso la messa in circolazione di un numero impressionante di 1989; S. Palma, L’Italia coloniale. Storia
serie fotografiche a scopo informativo e propagandistico, che hanno fotografica della società italiana, Editori Riuniti,
Roma 1999. Per venire al periodo recente,
fatto in un certo senso da modello, trovando spazio negli album ci limitiamo in questa sede a citare i diversi
fotografici personali per «colmare alcuni vuoti nella narrazione». progetti di recupero di archivi fotografici da
I soggetti delle foto ritraggono i vari momenti del viaggio, le opera- parte dell’ISTORECO di Reggio Emilia e quelli
di recupero e scambio di fonti private tra
zioni militari e di repressione, senza risparmiare i particolari rac- istituzioni modenesi ed etiopi-eritree descritti
capriccianti delle impiccagioni di massa, delle mutilazioni inflitte da Cristiana Pipitone nell’articolo Le cantine
al corpo del nemico o della posa accanto al corpo dell’avversario della storia, in «Zapruder», n. 23, settembre-
dicembre 2010, pp. 132-134, nel numero dal
ucciso. Non mancano le immagini delle opere pubbliche realizza- titolo Brava gente. Memoria e rappresentazioni
te dagli italiani (quali la costruzione di comandi, chiese, ospedali, del colonialismo italiano; meritano di essere
scuole, strade ecc.) e foto che ritraggono notabili, capi e soldati in- segnalati inoltre i contributi di D. Calanca,
A. Malfitano, Italiani in Africa. Le fotografie
digeni, le loro case, l’abbigliamento, i tucul ecc. Un capitolo a parte di Gaetano Orando durante la campagna
è rappresentato dalla rappresentazione delle donne, spesso riprese d’Etiopia 1935-1936, in «Storia e Futuro»,
a petto nudo e in pose che mettevano in evidenza tutta la violenza Rivista di Storia e storiografia, 10, febbraio
2006 e di E. Brichetto, La fotografia dentro il
del rapporto tra dominatore e dominato, esibite alla stessa stregua giornale: l’archivio storico del «Corriere della
di un bottino di guerra. Sera» e l’Africa orientale, in R. Bottoni (a cura
Tra queste foto, profondamente intrise dell’ideologia coloniale e di), L’impero fascista. Italia ed Etiopia (1935-
1941), cit., pp. 307-319. Anche Internet
specchio della cultura del tempo, ve ne sono alcune che vedono si rivela uno strumento formidabile, data la
protagonista l’imprenditore Ferrario, dirigente della Michelin ita- relativa semplicità tecnica e l’abbattimento
liana, e si riferiscono al momento del trasporto dei diversi blocchi dei costi di stampa che comporta, per favorire
la pubblicazione di tali materiali, tant’è che
che compongono la stele di Axum alla volta di Roma. Viene immor- si è assistito in questi anni al moltiplicarsi
talato in queste immagini un frammento di un impegno di lavoro del numero di siti che raccolgono le memorie
personale, quello di Ferrario, che fa da supporto a un’operazione coloniali.
che assumerà un significato simbolico di straordinaria portata, con 17. Per un bilancio della vicenda si veda L.
Acquarelli, Sua altezza imperiale. L’obelisco
polemiche che si sono trascinate fino ai giorni nostri e placatesi solo di Axum tra dimenticanza e camouflage
con la restituzione del monumento nel 200517. storiografico, in «Zapruder», cit., pp. 59-73.