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diagnostico e terapeutico
Dott. Giuseppe Musca (Direttivo Nazionale S.I.M.I. - Società Italiana di Medicina Interna)
Dott.ssa Olga Cuccurullo (Internista – Dirigente Medico A.S.P. di Cosenza)
Dott. Francesco Musca (Laboratorio di Ecocardiografia – Cardiologia IV - Dipartimento
Cardiotoracovascolare – Ospedale Niguarda Ca’ Granda – Milano
Dott.ssa Donatella Padula (Medico-Chirurgo – Università degli Studi di Pavia)
Introduzione |
Aspetti clinici |
Inquadramento generale |
Fisiopatologia |
Introduzione
Molti sintomi e segni possono allarmare il paziente, ma non c’è dubbio che tra questi la febbre riveste una particolare
importanza; astenia, dispnea, palpitazioni, brividi, malessere generale possono condizionare la vita di relazione della
persona, ma, senza alcuna eccezione, la febbre esclude ogni rapporto tra l’u omo e l’ambiente che lo circonda e
soprattutto il lavoro; ma nello stesso tempo pone problematiche nell’ambiente affettivo e sociale; spesso evoca “drammi
familiari” quando ad avere la febbre è un bambino.
La febbre, inoltre, può essere l’unica espressione di una patologia a prognosi severa e per questo motivo condiziona
anche psicologicamente il malato facendogli vivere con ansia la precarietà della sua salute. Per questi motivi e per una
evidente disinformazione, la febbre, nell’o pinione comune dei pazienti, rappresenta il nemico da debellare,
precocemente e spesso con farmaci inappropriati e/o controindicati.
Ci riferiamo, in caso di febbre, all’uso/abuso degli antibiotici prima ancora che il medico possa visitare il malato e
formulare una diagnosi etiologica; il binomio febbre/antibiotico, purtroppo è prassi consolidata nella maggior parte delle
famiglie italiane.
Diverso è il discorso di ridurre la febbre con gli antipiretici; procedura indicata per ridurre i sintomi ed evitare gli eventuali
danni di una temperatura corporea particolarmente elevata. La febbre di per sé, quindi, non è uno stato patologico ma un
sintomo che insorge in risposta a una determinata malattia e sono tantissime e varie le malattie che possono presentare
la febbre come sintomo emergente.
Lungi dall’essere un nemico, l'aumento della temperatura corporea deve essere considerato come una vera e propria
difesa che il nostro corpo possiede per difendersi da una noxa endogena o esogena. Rappresenta altresì, una parte
importante della difesa immunitaria contro le infezioni. Nello stesso tempo, però, dobbiamo discriminare i casi in cui la
comparsa della febbre può rappresentare un sintomo importante per la presenza di condizioni di salute già
compromesse (comorbilità, anziani, immunocompromessi, significativi sintomi associati etc) e ciò presuppone una
particolare e incisiva attenzione da parte del medico.
Nell’era della parcellizzazione della Medicina, per fortuna, non esiste ancora lo specialista della febbre che rimane
ancora a carico del medico di Medicina generale, del pediatra, dell’i nternista, del geriatra che dal sintomo e dai segni
devono circostanziare la diagnosi e produrre la terapia più appropriata per quel singolo paziente.
Il malato con la febbre, spesso e soprattutto nell’anziano, non è il malato dell’organo. Ci piace, così, in questo ambito,
riaffermare il concetto espresso in un recente nostro contributo riportato su Master Medici Oggi, che la Medicina
generale e la Medicina interna possono avvalersi del cambiamento di paradigma in atto: dalla medicina riduzionistica,
basata sul principio diagnose and treat in ambito ospedaliero, si sta passando alla medicina della complessità basata sul
principio predict and prevent.
L’approccio globale al malato deve basarsi sempre sulla metodologia clinica intesa come ricerca approfondita
anamnestica, analisi ragionata dei segni e dei sintomi, obiettività dei vari organi ed apparati, panorama delle diagnosi
differenziali su base clinica, utilizzo appropriato di esami clinici a strumentali mirati, con l’obiettivo di confermare quanto
la clinica ci ha suggerito.
Il malato con febbre, in genere, presenta una diagnosi semplice e lineare, spesso su base clinica; ma in molti casi,
sopratutto quando la febbre, pur rappresentando il sintomo predominante, coesiste con altri fattori (età, sintomi associati,
comorbilità etc) il malato febbrile diventa “ complesso” spesso “critico” e necessita di un percorso diagnostico e
terapeutico strategico, che, inserito nella globalità della persona, presuppone di conoscere, ascoltare, osservare,
pensare, ragionare, discernere e decidere. Questi sono i valori della metodologia clinica.
Oggi, questo processo è diventato poco frequente, e viene by-passato, grazie alla possibilità dell’impiego delle moderne
tecnologie, anche trasportabili, portatili e tascabili (es. ecografi e spirometri tascabili, smart-phone per l’esecuzione di
ECG ed esami bioumorali, apparecchiature perbreath test, ecc.). L’approccio e i conseguenti percorsi diagnostici e
terapeutici devono far riferimento alla Clinica che, fondamentalmente, deve coniugarsi con i principi della Clinical
Governance ed esprimere efficienza, efficacia, appropriatezza e qualità.
La febbre, quindi, soprattutto quella apparentemente sine causa perché difficilmente individuabile a una prima
valutazione clinica o quanto meno senza una localizzazione d’organo, diventa un difficile banco di prova per il medico
chiamato a individuarne la causa. In questo breve compendio, non possiamo essere esaustivi, ma vogliamo porre
focalizzare sugli aspetti peculiari ed esprimere una sintesi con l’obiettivo di ridare spazio, forza e valore alla metodologia
clinica.
In tempo di LLGG, algoritmi e rigidi protocolli, indubbiamente riferimento per il medico, restano imprescindibili la corretta
anamnesi, l’esame obiettivo generale, minuzioso e approfondito ma anche la conoscenza, l’analisi del panorama
diagnostico, il ragionamento e le relative scelte. Mai come nel malato febbrile questa procedura diventa fondamentale.
Figura 1. Percorso di metodologia clinica nel malato complesso (Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
Aspetti clinici
Inquadramento generale
Alla luce di quanto espresso nell’introduzione pensiamo di esprimere, in questa sezione, alcuni concetti generali sulla
febbre che potrebbero sembrare superflui ma che invece costituiscono la base conoscitiva sulla quale si va a
implementare il percorso diagnostico del malato con febbre. Negli esseri umani la temperatura corporea normale è
comunemente considerata di 37 °C, tuttavia questo è un valore molto approssimativo. In proposito sono stati compiuti
molti studi e, a seconda delle fonti, sono state indicate varie possibili temperature corporee “normali”. Gli studi più recenti
indicano generalmente una temperatura di 36,8 °C, con una certa variabilità individuale (di circa ±0,4 °C).
Variabilità della TC: La TC può variare in dipendenza di vari fattori:
• l’età
• le stagioni
• la digestione
• il ciclo mestruale: nella fase post-ovulatoria si ha un innalzamento di circa 0,6 °C per tutta la fase luteinica
• la gravidanza
Oltre alla variabilità individuale bisogna anche tenere conto che la temperatura corporea fluttua normalmente durante il
giorno, con il livello più basso al mattino alle 4 e col più alto la sera alle 18. Questo perché diminuisce da parte del nostro
organismo la produzione di cortisolo. Il cortisolo viene prodotto soprattutto nelle prime ore del mattino con un picco verso
le 11-12 ed è un potente antinfiammatorio perché blocca la produzione di prostaglandine che sono responsabili
dell'insorgenza delle modificazione della TC. Perciò una temperatura corporea di 37,5 °C potrebbe essere febbre nel
mattino, ma non nel pomeriggio.
L’omeostasi della TC viene mantenuta dall’equilibrio fra due meccanismi regolatori: latermodispersione (Irradiazione
per il 70%, conduzione, convenzione, evaporazione 30%) e latermogenesi (reazioni metaboliche esotermiche, pompa
Na/K ATP dipendente)
a) termoproduzione o termoconservazione:
• vasocostrizione
• riduzione frequenza respiratoria
• brividi
• orripilazione
b) termodispersione
• vasodilatazione
• aumento frequenza respiratoria
• sudorazione
La febbre consiste, quindi, in un aumento della temperatura corporea sopra la norma, non causata da variazioni della
temperatura ambiente, e rappresenta la risposta adattativa complessa e coordinata del sistema neurovegetativo, della
neurosecrezione e del comportamento a una attivazione dei meccanismi di difesa o di reazione al danno. Il meccanismo
è mediato da un’alterazione funzionale del centro regolatore ipotalamico, con spostamento verso l’alto dei valori del set-
point, attivazione dei meccanismi periferici della termogenesi e inibizione di quelli della termodepressione. Diciamo
subito che in questo contesto intervengono pirogeni di origine esterna all’organismo (esogeni) e interni (endogeni),
questi ultimi rappresentati essenzialmente dalle citochine proflogistiche.
Fisiopatologia
La febbre è la risposta dell’organismo a svariate situazioni patologiche ed è dovuta
alla capacità di alcune cellule (in particolare i macrofagi) di produrre una serie di
sostanze, denominate citochine, come risposta a eventi “stressanti” (traumi,
infiammazioni, neoplasie etc).
La temperatura corporea è il risultato di un equilibrio tra meccanismi che generano
calore (termogenesi) e meccanismi che lo disperdono (termolisi), controllato da un
centro regolatore situato nella regione preottica dell’ipotalamo anteriore. Sebbene vi
siano sostanze esogene come i prodotti batterici, che possono causare febbre,
l’aumento della temperatura corporea si realizza attraverso meccanismi fisiologici. Il
primo tempo consiste nella liberazione di interleukina-1 (IL-1) e di T umor Necrosis
Factor (TNF) da parte di diversi tipi di cellule, ma specialmente dei macrofagi, per
opera di diversi fattori: le tossine batteriche, le tossine virali, molecole
immunologicamente attive (immunocomplessi), altre molecole endogene, frutto di
citolisi, come quelle cosiddette dello shock termico. Sono essenzialmente queste
due sostanze nelle loro varietà (IL-1a e b, TNF-a e b), a esercitare,
contemporaneamente, un effetto secondario sull’encefalo corticale (sonnolenza,
incapacità di concentrazione e inappetenza) e sull’ipotalamo: liberazione di
prostaglandine PPGE e attivazione della risposta neurovegetativa contro il freddo. A
questo si associa, in parallelo, un effetto di stimolo sul sistema immunitario, un
effetto sul midollo osseo, un effetto sul fegato e un effetto sull’osso, con l’attivazione
di una serie di risposte finalistiche che sono all’origine delle alterazioni laboratorio
che l’evento febbrile, infettivo, immunologico o tumorale, produce. Le tossine e le
altre molecole che attivano il macrofago corrispondono a l “pirogeno esogeno”, IL-1,
TNF e PGE corrispondono al “ pirogeno endogeno” (Fig. 2 e Fig. 3).
Sub-febbrile 37,0-37,5
Febbricola 37,5-38,3 °C
Febbre moderata 38,5-39,5 °C
Febbre elevata 39,5-40,5 °C
Iperpiressia valori costantemente >41,0 °C
" fase prodromica'' o " fase d'ascesa'': coincide con l'inizio della produzione delle prostaglandine. I neuroni
sono tarati a una temperatura superiore ai 37°C e innescano delle reazioni che determinano l'aumento della
temperatura corporea (spasmi muscolari involontari, brividi, vasocostrizione, stimolazione della tiroide affinché venga
attivato il metabolismo basale). Il soggetto ha un'oggettiva sensazione di freddo; aumento della termogenesi e
riduzione della termodispersione (aumento della PA e FC)
'' fase del fastigio'' o " acme febbrile'': dura per tutto il periodo di produzione delle prostaglandine. I neuroni
ipotalamici mantengono la temperatura sul nuovo valore. la termoregolazione si è aggiustata a un livello più alto e la
TC resta abbastanza costante. Il soggetto ha una soggettiva sensazione di caldo, con pelle calda ed arrossata
(cefalea, mialgie, oliguria, agitazione ed aumento della frequenza cardiaca e frequenza respiratoria). Manca la
sensazione di freddo e il brivido
" fase di defervescenza'': inizia con l'inattivazione della produzione delle prostaglandine. I neuroni tornano a
essere tarati al normale valore di 37°C e riconoscendo l'innalzata temperatura corporea mettono in atto meccanismi
affinché questa si abbassi (si ha l'attivazione del sistema colinergico che causa sudorazione e vasodilatazione). La
fase di defervescenza può essere graduale (defervescenza per lisi) o immediata (defervescenza per crisi). Il
soggetto ha un'oggettiva sensazione di caldo.
Febbre continua: rialzo termico al di sopra dei 37°C che si mantiene costante durante il periodo del fastigio,
con oscillazioni della temperatura inferiori a 1°C (es. Salmonella typhi)
Febbre remittente: oscillazioni giornaliere più significative, anche >1°C senza raggiungere mai la defervecenza
Febbre intermittente: andamento nel corso della quale si alternano periodi di rialzo termico a periodi di
apiressia, ognuno di essi di varia durata a seconda dei casi (QUOTIDIANA entro le 24h; TERZANA rialzo termico a
giorni alterni; QUARTANA rialzo termico dopo 2 giorni di apiressia)
Febbre ricorrente: rialzo termico della durata di alcuni giorni seguito da defervescenza sempre della durata di
alcuni giorni (es. Borrellia)
Febbre ondulante: sia la defervescenza che il rialzo termico avvengono gradualmente (es. Brucella /Linfoma di
Hodgkin) (figura 4)
Figura 4. Andamento dei vari tipi di febbre (Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
• Inversione del ritmo circadiano: tipico della Febbre Tifoide e della Tubercolosi disseminata
• Dissociazione polso–temperatura: Febbre tifoide, Brucellosi, Leptospirosi, Farmaci, Febbre fittizia o da anomalie
cardiache intercorrenti: Febbre reumatica acuta, Malattia di Lyme, Miocarditi virali, Ascessi valvolari.
Ipertermia
Definiamo ipertermia l’elevazione della temperatura corporea (>41°C), al di sopra del livello di soglia
ipotalamico, dovuta fondamentalmente ad un’insufficiente dispersione di calore.
Le cause di ipertermia sono:
• Eccessiva produzione di calore
– ipertermia da esercizio fisico
– colpo di calore (fig. 5a e 5b)
a) da esercizio fisico: attività in ambienti con valori di temperatura e umidità troppo elevati
b) non da esercizio fisico: anticolinergici, antistaminici, antiparkinsoniani, fenotiazine, diuretici.
– colpo di sole (Fig. 6)
• Insufficiente termodispersione
– Colpo di calore
– Abbigliamento occlusivo
– Disidratazione
– Disfunzioni SN autonomo
• Disfunzioni ipotalamiche
– Accidenti cerebrovascolari
– Traumi
– Tumori
– Encefaliti
• Altre cause:
– Da farmaci (Tab. 3)
– Sindrome maligna da neurolettici
– Ipertermia maligna
– Endocrinopatie (tireotossicosi, feocromocitoma)
Figura 5a. Patogenesi dell'ipeterrmia da colpo di calore ( Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
Figura 5b. Patogenesi dell'ipeterrmia da colpo di calore ( Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
Figura 6. Colpo di sole (Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
La temperatura differisce nelle varie parti del corpo umano. La misurazione si effettua tramite un termometro per uso
medico e il valore riportato dallo strumento non rappresenta necessariamente la cosiddetta temperatura interna che
sarebbe, in ogni caso, espressa in modo affidabile da quella esofagea inferiore.
• Temperatura rettale: ottenuta inserendo nell'ano l'ampolla del termometro a mercurio o elettronico per un minuto (Si
avvicina con maggiore precisione alla reale temperatura interna pari a circa 37°C ± 0,5°C). In questo caso si considera
febbre una rilevazione superiore ai 38°C. Fra gli svantaggi: accurata antisepsi; errori per stipsi o diarrea.
• Temperatura orale: ottenuta tenendo l'ampolla in bocca per un minuto e non adatto, quindi, ai più piccoli. Si
considera febbre una temperatura superiore ai 37,5 °C.
• Temperatura timpanica: ottenuta tramite la rilevazione dei raggi infrarossi con risultato immediato.
• Temperatura ascellare: ottenuta tenendo l'ampolla nell'incavo dell'ascella. Consigliato sopra i due anni. Durata: 7
min; La temperatura ascellare è più bassa rispetto a quella centrale (36,6°C ± 0,5°C) e viene considerata non molto
affidabile. Si considera febbre una temperatura pari o superiore a 37,2 °C.
• Temperatura inguinale: ottenuta tenendo l'ampolla nell'incavo dell'inguine; durata 7 min;
Regole generali:
➢ Attenzione alla corretta posizione nella sede anatomica
➢ Attenzione ad eventuali fattori confondenti (ipersudorazione e confricazione ascellare; tappi di cerume e
perforazione timpanica; bevande calde o fredde, movimenti della lingua;
➢ I termometri a cristalli liquidi sottostimano il valore della TC
➢ Non applicare borse calde o fredde
➢ Non misurare la TC dopo esercizio fisico o dopo aver mangiato