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Per individuare l’inizio della storia del colore dobbiamo presumibilmente fare un salto indietro di almeno

400.000 anni. A tanto potrebbe infatti risalire il primo uso culturale del colore: la decorazione del corpo. I
popoli di Neanderthal e di Cro-Magnon usarono l’ocra rossa per riti funebri o di fertilità. Probabilmente
questa sostanza rappresentava il sangue e quindi l’inizio e la fine della vita. Il componente base dell’ocra
rossa, l’ematite (Fe2O3), deve il suo nome alla parola greca hema che significa appunto sangue

È chiaro che per fissare una data di inizio ci si può basare soltanto sulle evidenze archeologiche, sfruttando i
sistemi di datazione disponibili. Non possono esistere sorgenti di informazione scritta, a differenza di quanto
avviene per gli studi sull’epoca Romana o medievale. I più recenti studi archeologici suggeriscono che esseri
umani appartenenti all’Età della Pietra media abbiano impiegato pigmenti a scopo rituale almeno 400.000
anni fa: è quanto risulta dagli scavi del Prof. L. Barham dell’Università di Liverpool, che nel corso di
campagne effettuate alla fine degli anni ’90 presso le caverne di Twin Rivers, nello Zambia (Africa centrale),
ha rinvenuto centinaia di frammenti di pigmenti dai vari colori, con evidenze di raccolta sistematica e
lavorazione del materiale roccioso

Se i ritrovamenti di Twin Rivers sono forse i più antichi, nel seguito dell’Età della Pietra sono numerosissime
le evidenze dell’uso del colore da parte degli uomini preistorici; emerge però tra tutti l’impiego dell’ocra
rossa. Esempi di ritrovamenti di ocra rossa si hanno in siti paleolitici di tutti i continenti, a dimostrazione che
il suo impiego per rituali funebri era diffuso in tutto il mondo. Il motivo è probabilmente legato alla grande
disponibilità e stabilità del composto

L’ocra rossa appartiene ad un gruppo di pigmenti di grandissima importanza nel corso della storia dell’arte. Il
termine corretto per definire questo gruppo è pigmenti a base di ossidi di ferro,

I pigmenti a base di ossidi di ferro hanno diffusione amplissima e si trovano in molte tonalità, dal giallo al
marrone scuro passando per il rosso e il porpora
Mentre il semplice impiego del colore è databile ad almeno 400.000 anni fa, l’uso del colore in senso
artistico è curiosamente molto posteriore. Gli archeologi associano il cosiddetto comportamento moderno
allo sviluppo del linguaggio e dell’arte: la creazione di espressioni artistiche è considerata indicare un

una popolazione

Le conoscenze sull’arte paleolitica erano state rivoluzionate negli anni ’40 con la scoperta delle pitture
rupestri nelle grotte di Lascaux (Francia meridionale)

Le pitture, risalenti ad almeno 30.000 anni fa, segnavano l’inizio di forme evolute di espressione simbolica:
l’arte

Tra le più antiche immagini identificabili nelle pitture rupestri ci sono le impronte di mani, molto numerose
a Gargas (Haut-Pyrenees, Francia) ma anche a Peche-Merle, a Font-de-Gaume (Perigord) oltre che in
Argentina nella Cuevas de las Manos

Le impronte risultano effettuate con due tecniche diverse, producendo immagini positive o negative. Le
positive (sotto - Gargas) sono ottenute premendo il palmo della mano imbrattato di ocra, le negative (sopra
- Chauvet) invece si ottengono usando il palmo come uno stencil, cioè appoggiandolo alla parete e
spargendo attorno il pigmento, forse mediante cannule ossee o vegetali

Le pitture rupestri più antiche sono in monocromia (rosso o nero) o in bicromia, mentre le pitture più
evolute (Altamira) sono in quadricromia o, più correttamente, in policromia, in quanto le tonalità ottenibili
dalle ocre variano in relazione alla percentuale di ferro e all'associazione di altre fasi mineralogiche. Si
possono quindi rinvenire tinte variabili dal rosso al giallo passando per l'arancio e il marrone,

Da quanto si è detto finora risulta evidente che l’inizio dell’uso del colore è basato sui quattro colori
primitivi:

• il rosso, ottenuto dalle ocre

• il nero, ottenuto da minerali trovati nelle grotte come ossido di manganese (MnO 2), dalla fuliggine o
da legna combusta
• il giallo, ottenuto anche esso da ocre

• il bianco, ottenuto dal gesso, dalle crete e dalle argille

• Miscelando l’ocra rossa e un nero si otteneva anche il marrone

il rosso in posizione più remota e il bianco in quella più recente. Solo successivamente sono stati introdotti i
verdi, i blu, i porpora. Occasionalmente sono state notate tinte rosso-violetto e malva, ma potrebbero
trattarsi più probabilmente di prodotti di degradazione

Per ricavare pigmenti bianchi gli uomini preistorici avevano diverse possibilità. Molte sostanze inorganiche
che non contengano ioni metallici di transizione sono infatti bianchi Tra i pigmenti bianchi il gruppo dei
materiali calcarei è quello più importante. Le rocce calcaree sono state ampiamente impiegate fino dal
Paleolitico, in virtù della grande diffusione sul territorio

Nelle pitture rupestri il colore bianco è meno comune rispetto al rosso e al nero.

I pigmenti a base di carbone formano un gruppo di materiali pittorici tra i più usati nel corso della storia
dell’arte. Il colore di questi pigmenti varia tra il nero e il marrone scuro, passando per il grigio

Il primissimo uso del colore risale a circa 70.000 anni fa, l’uomo di
Neanderthal lo usava per accompagnare i defunti, li cospargeva di
polvere ricavata dalla macinazione dell’ocra rossa, il colore del
sangue.
Circa 50.000 anni fa invece l’homo sapiens iniziò ad usare il colore per
fini artistici, l’arte parietale o arte rupestre veniva raffigurata usando
nero, ocra rossa, gialla e bianco. Molte teorie sono d’accordo sul fatto
che l’uomo ha iniziato ad usare il colore in riferimento ai processi
vitali, latte, escrementi, sanguinamento e ai fenomeni naturali come la
luce e il buio, ecco perché i colori primevi per eccellenza sono il bianco
(luce, latte), il nero (buio, escrementi) ed il rosso (sangue), sono quelli
che ci stimolano più in profondità.
L’esigenza di rendere stabile il colore nel tempo ha spinto l’uomo a
cercare ingredienti che mescolati al pigmento creassero un amalgama
in grado di rimanere fissato nella superficie da decorare o nei tessuti
da tingere.
Ecco che arriva la scoperta della caseina come legante, del succo di
limone, resina, albume d’uovo, cera d’api.
Il passaggio dalla tintura del proprio corpo o delle pitturi rupestri alla
tintura del tessuto ha segnato una fase fondamentale nella storia del
colore, da quel momento infatti inizia l’estrazione del pigmento dai
vegetali, i primi risultati di questa ricerca hanno visto la nascita del
giallo, del rosso e del blu dai fiori e dalle piante. L’evoluzione del
colore ha poi visto estrazioni dal mondo animale (cocciniglia,
molluschi) e minerale (lapislazzuli), arrivando così ai meravigliosi
tessuti e ai dipinti del Medioevo e del Rinascimento.
In questo periodo è nato il colore ad olio, dapprima su tavola poi su
tela. I pittori hanno sperimentato la mescola dei pigmenti con l’olio
anziché con caseina, albume o gomme naturali ( da cui le tempere)
per ottenere così la possibilità di poter lavorare sul ‘colore bagnato’ e
giocare con i dettagli e con le sfumature, in quanto il colore steso
asciugava molto più lentamente.
L’ingresso nell’era moderna per il colore è segnato dalla data 1856,
quando il chimico inglese Perkins scopre il primo colore sintetico e nel
giro di 50 anni si riesce ad ottenere tutta la gamma dei colori sintetici,
si avvia ufficialmente l’industria del colore derivato dalle lavorazioni
della petrolchimica.

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