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NOI NONNI ATTO PRIMO

" 27/V/2003 "


Parte prima

Per ANNALUCIA E MATTEO...e per chi arriverà


dopo...( miei nipotini ) quando avranno sviluppato i propri
sentimenti e il capire dell'ESSERE UMANO...ah!...( si prega
di leggere e rileggere più volte, queste poche righe, anche a
distanza di parecchi anni....perché magari, la prima volta, vi
diranno poco ma poi, crescendo e facendo esperienza di vita,
si apprezzeranno di più, e farete buon uso di questi consigli,
dettati da un amore che non ha misura...). L'ATTESA E IL
LIETO EVENTO "ANNALUCIA"-"un compagnetto di
giuochi" Lo vorrei ripetere all'infinito e poi sempre
all’infinito...che non ha misura...forse perché dicendo così si
da più valore, più forza ad un concetto? Vedete, quando noi
chiediamo ai nostri teneri figli o ai nostri nipotini: "Ma
quanto bene vuoi a papà o al nonno tuo?

La risposta è unica: " Tanto...tanto." Forse per loro, in


quella fase della crescita e dell'apprendimento rudimentale e
meccanico, é qualcosa di spontaneo e di arruffianamento...
affettivo...Anche nel regno animale vige la stessa legge, di
contro gli adulti o i genitori si sacrificano e soccombono per
salvare le loro progenie…così la propria razza continuerà a
vivere e a moltiplicarsi…Ma...noi nonni, quelli con i capelli
canuti, le rughe in faccia con il tono muscolare atonico e la
carrozzeria decadente...se diciamo che il nostro amore per il
nostro sangue, per gli occhi che continueranno a scrutare le

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cose belle e le cose meno belle nel prosieguo dei secoli e nel
futuro di questa immensa platea, che si affaccia su ogni
angolo o finestra del cosmo, quale valore diamo a ciò?
Quello dei numeri in trilioni di miliardi? No e ancora no...
diciamo semplicemente, col cuore gonfio al limite di una
tachicardia... e con gli occhi umidi ( spesso ) " un amore che
non ha misura ". Peccato, peccato essere arrivata ora... tu sei
una delle quattrocentomila creature di qualsiasi religione,
affacciatesi al balcone del mondo ogni giorno. Non voglio
essere, o, passare per egoista...ma, avrei voluto essere...
ecco... un compagnetto di giuochi...ma, poi mi dico...ma sei
scemo? Tu sei del millenovecentotrentotto, del venti di
ottobre, svegliati Nonno!...Guarda quella data sopra
ventisette Maggio duemilatre ( sessantacinque anni di
differenza )... un compagnetto di giuochi...perché, forse per il
semplice fatto che qualsiasi giuoco è lo sgravarsi di legacci
che soffocano, che opprimono l'essere umano e, più di ogni
altra cosa, sono i centri psico-nervosi che trovano il giusto
sfogo e la giusta sollecitudine a presentare i vari soggetti
lontani da maschere...infatti, basta esprimersi in un giuoco
qualsiasi per vedere la faccia veritiera dell'uomo...o, forse
perché esprime gioia, spensieratezza o consapevolezza delle
proprie capacità, delle proprie qualità siano agonistiche che
accademiche? Allora, perché il sottoscritto nei giochi per
l'infanzia, una delle materie dell'ISEF di Palermo in cui ho
avuto centodieci e lode, o perché ho diretto i Giuochi della
Gioventù nel millenovecento settantaotto settantanove
ottanta, in tutto il teramano? No...il giuoco è espressione di
movimento di psico tattica a qualsiasi età, a qualsiasi livello,
dunque sviluppo di se stesso nel crescere e nel guardare
attorno sempre con visuali a tinte rosee di vita... nel giuoco
l'anima si libera, si eleva ed è pace con se stesso e tra i
popoli...Certo, è giusto, è legge di natura...dettate dal
"Supremo incommensurabile BUON DIO". Comunque
siamo..., o prima o dopo, LEGATI AD UNA RUOTA DEL

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CARRO che, girando, scandisce i tempi della vita. La ruota
di quel carro, nell'andirivieni, ora carico, ora vuoto, solo lei
potrebbe parlare e svelarci tanti segreti e tanti discorsi sepolti
nel mondo dei più...ci si materializza in una breve
permanenza, in una veloce comparsa o apparizione su questa
terra...per poi come pulviscolo nebulizzato dissolverci come
etere al sole... recriminare...e ancora recriminare...a che vale?
Gioie, pianti dolori, felicità, sacrifici, benessere, malattie...
No, non possiamo fare gli obiettori della nostra esistenza, non
abbiamo l'etichetta giusta per esporla ai quattro venti, è
inutile... solo potremmo dire ( in dialetto siculo... calati iuncu
caà passa a china )1 cioè, quando c'è una forza superiore
dobbiamo inchinarci alla volontà del SUPREMO...Già, come
il tenero ramoscello del giunco che si storpia al passare del
gravoso vortice di un torrente... Quanta attesa... sin dai primi
mesi... era Matteo o Annalucia? La prima ciliegia di un
giovane albero del giardino, la prima nespola o i primi ovetti
delle nostre cinque galline di campagna, ovviamente, con
tanto amore per Federica ( mia nuora ) col pancione... e... per
quello che stava dentro l'uovo di pasqua... Io, sempre ansioso
per natura, dicevo: “Fede vai ad Atri qualche giorno prima...”
( un ospedale in provincia di Teramo ) "no, no, tanto in dieci
minuti si arriva in ospedale"...ma...e pensavo: “speriamo
bene”...La sera stentavo a prendere sonno. Anna ( mia moglie
) mi diceva " stai tranquillo ora sta facendo il tempo ": Sai,
mio grande amore...papa Luigi e lo zio Alfredo ( miei figli )
spessissimo li accudivo io... perché la nonna Anna doveva
ancora ritornare dall'ufficio... ( gabinetto analisi ex INAM o
Istituto Nazionale Assicurazione Malattie ) anche oggi USL
ASL se non cambierà ancora... ero io nelle ore libere della
scuola ( insegnavo Educazione Fisica sia alle Medie che alle
Superiori ), a portarli tra le colline di Palermo ( salubri ) o in
riva al mare; cambiarli, farli mangiare...e addormentarli la
sera accovacciato accanto nella loro stanza, raccontavo le
vicende di Jan Theurin ( da vita intima di un cacciatore ),

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giocare assieme ecc..tutte cose che tu, sin dalla prima
infanzia, ma già noto con vivo piacere che incominci a
provare per fare la ( mammina ), l'occhio critico della
donnina già lo possiedi ( tu oggi hai dieci mesi ) è innato, ed
è naturale avere una visione ad ampio spettro degli interessi,
direi, non solo prettamente femminili. Ho notato che, già dai
primi mesi ( due/tre ), tenendoti in braccio, e, parlandoti
gioiosamente, prima mi fissavi con serenità, poi acquistavi
ulteriore fiducia, ( in questa fase di studio critico ), ti
illuminavi gradualmente, sempre in fase crescente, e, gli
occhi, il naso, la bocca, la faccia tutta e il corpo dirompevano
in un connubio mimico-visivo di gioia straripante. Qualche
volta pensavo…( mi viene UN DUBBIO ) nella fase di
calcolo o di riflessione che tu facevi, poi finiva quasi sempre
in forma positiva ( cioè, gioia più contatto )...Così diverse
volte ti adagiavi al mio torace e, ti addormentavi ben presto e
sicura del calore e dell'amore trasmessoti...Ma...ero io che
giocavo con una bambolina donatami dal Signore, o eri tu
con quel sorriso quasi furbetto, sarcastico, a
dirmi..."vecchietto quanto sei buffo", sono io, che ti permetto
di giocare e gioire..,.mi viene un dubbio... ma...cosa è il
dubbio? Forse è la somma all'infinito delle mezze
verità...e...penso senza indugi che nei tempi, le mezze verità o
i dubbi siano incalcolabili... non c'è inizio né tanto-meno la
fine... guardiamoci attorno; la scienza, la natura, gli astri, le
scoperte, le religioni gli esseri viventi , sia che appartengono
al regno vegetale, minerale o animale. .le sempre nuove
tecnologie, orbene, sia il passato che il futuro ci mascherano
una infinità di verità, dunque quanti dubbi... Sai amore che ti
dico? Dei dubbi me ne frego, finché sarò vivo ricorderò i
momenti che ti sono stato vicino, gli sguardi, i sorrisi,
e...tante volte piano piano mentre dormivi (una volta eri
prona e le ginocchia flesse al pancino), quasi come una
gattina pronta a spiccare un salto in avanti...ti adoravo, ti
mangiavo con gli occhi e mi beavo della tua esistenza...( dei

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doni di DIO, cioè piccoli Angeli in carne e ossa ). Sai...
quando vado in chiesa e, non solo, dico al Padre Eterno di
farmi diventare innocente come mia nipote...,i sani propositi
cristiani o religiosi sono sempre buoni, ma, mantenerli per
tutta la giornata o a lungo, è dura, perché a volte il lavoro, il
contatto nella società, ti porta a scontrarti, perché l'IO
EGOISTA vuole tutto per se e sempre primeggiare...,” io
sono più bello, io sono più ricco, tu sei più povero, io arraffo
tutti i giocattoli di una stanza e, a te niente...” Appena
giocherai anche con un solo bambino, ecco, da li si vedranno
molte cose... che riguarda il carattere possessivo o altruista, la
dolcezza o l'indifferenza, il contatto a socializzare o ad
appartarsi, a isolarsi per paura di alcune valutazioni psichiche
che frenano certi risultati immediati se non dopo molte
informazioni. In questo bel mese di maggio ( della Madonna
), compirai il primo annetto, abbiamo giocato a correre in
quadrupedia a terra...( ma come sei veloce )...ancora non
conosco il sesso del pancino di mamma…ma,la culla di legno
che lo zio Alfredo (fa servizio in polizia) ha costruito con
tanto affetto e amore è pronta, è una grande culla a dondolo
come quelle del secolo passato...è bellissima. A volte mi
bastano vederti cinque minuti, cosi, sto bene per tutta la
serata Siamo a pochi giorni dalla PRIMA CANDELINA e,
anche quest'anno alcune ciliegine ( l'albero ha quattro anni )
questa volta le mangeranno Annalucia Fede e il secondo
incomodo del pancino di mamma...Ti sto vicino anche da
lontano, non ci sembra l'ora e il giorno, che tu possa
mangiare di tutto... perché saranno momenti pieni di felicità e
ti doneremo le cose più più più... Forse è un caso, oggi
ventisette maggio duemilaquattro, giorno del tuo primo
compleanno, finalmente abbiamo saputo che Annalucia avrà
un fratellino di nome Matteo, ( grazie per il rispetto, noi di
una volta ci teniamo ). Sarai festeggiata Domenica sei
Giugno e, quando guardavi che tutti si ingozzavano, tu,
amore mio ,fissavi sia la bocca di chi mangiava, che il

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piattino pieno... ed esclamavi con la boccuccia ad imbuto un
huu huu huuu...( ma a me niente...perché...solo un
pochettino...) ed io mi struggevo perché, ti avrei voluto fare
assaggiare le cose migliori e, darti da bere...,su cresci in fretta
vita mia, così potrai gustare i cibi più prelibati che il Signore
ci permette di prendere a sua gloria... Durante la festicciola
del tuo primo annetto, quando lo zio Alfredo ti faceva le
moine, tu abbassavi gli occhi, come se ti vergognassi, ma,
nella serata ti ha fatto tante foto e tu gli hai risposto con bei
sorrisi... In questi giorni ha perso la vita una giovane mamma
investita sulla nazionale adriatica mentre andava con la
bicicletta... da grande ti prego usa la bici solo sotto la pineta e
dove non c'è traffico di macchine. La nonna Anna {
segretaria di Forza Italia e di Azzurro Donne, consigliere al
Comune di Pineto (TE) è impegnata poco con la politica ma
molto con il sociale, ( da quando è nata ha aiutato tanta gente
e tante famiglie ), sono sicuro che, anche tu, sarai una stimata
donna con sani principi, e ti farai valere nella società. Io ho
fatto molto sport, tanto che mi sono sfasciato tutte le
articolazioni, ma, nell'insegnare la più bella disciplina ,
l'Educazione Fisica per trentasette anni, sono contento di
essere stato a contatto e di avere dato tanto amore per i miei
ragazzi, inculcando nella loro mente fra le altre cose, che... il
movimento è vita...e, che LA DROGA È MORTE... Siamo
al tredici di giugno, si vota anche per la Provincia ( la nonna
è una della eleggibili ) ma, siamo tranquilli, come va va, non
ci preoccupa più di tanto... non viviamo di politica... quella
vera, quella sana è un'utopia, anzi gente pura come noi viene
sfruttata dai famelici che stanno in alto e sono i mestieranti
dello spirar del vento... Sai, nonna vorrebbe dare una mano
alla povera gente... e, a quelle cose che appartengono al
sociale ( ogni famiglia ha la sua croce ), che poi in genere
presentano dei casi penosi da risolvere e, degni di essere
valutati. Ho telefonato a mia Madre giù in Sicilia, ha novanta
anni, incomincia a dimenticare e a non riconoscere i propri

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cari... è stata una donna grandiosa, lavoratrice ineguagliabile
( come tante dei suoi tempi da quando aveva a scorcia 'nculo
) detto ai pulcini delle coturnici che appena schiuse le uova
sono già indipendenti... pensate che, frequentava appena la
terza elementare e la maestra le dava il permesso di ritornare
a casa per mettere le forme di pane al forno...perché mia
nonna materna usciva da casa alle sette di mattina, per andare
ad accudire un piccolo negozietto dove si poteva trovare di
tutto..., appena entravi alla vista ti troneggiava l'uomo grasso
che aveva venduto solo in contanti...e quello magrissimo che
aveva fatto del credito...così l'incombenza della famiglia, otto
persone, restava sulle spalle di mia madre, essendo la più
grande di età delle tre sorelle...di notte andavano alla fontana
pubblica, per il bene più indispensabile, l'acqua...il
combustibile... il solo esistente per il forno e per la cucina,
erano le fascine di legna o il carbone portati dalla campagna...
insomma la vita della comunità era organizzata nelle
ventiquattro ore, sulla manualità, e, sul " fai da te " se volevi
emergere e sopravvivere in quella società ancora patriarcale
ed arcaica; affrontando notevoli stenti e sacrifici che,
superati, ti onoravano agli occhi di tutti... Domani vado nella
mia bella terra... ho giocato a mare per la prima volta con te,
l'acqua neanche a farla apposta era da fogna e, non te l'ho
fatta avvicinare...( che nostalgia dei miei mari siculi ); ma, in
compenso ti sei divertita sull'altalena e sugli scivoli, io ero
con la bici e, mentre andavo via ti suonavo il campanello
ripetutamente... mi hai ricambiato con saluti e baci...anche da
lontano...Siamo stati con la nonna quasi un mese in Sicilia,
ospiti dello zio Angelo e zia Silvana a Scopello...( nei pressi
della riserva dello Zingaro dopo Castellammare del Golfo,
litorale Palermo – Trapani ); in posti da incanto... per il mare,
l'aria, il sole i cibi e i panorami... ma... HO PERSO IL
BENE PIÙ GRANDE che, ti ha generato, per nove mesi ti
ha tenuto in serbo, protetto nel proprio pancione, come il
canguro porta nel proprio marsupio il suo piccino...il sangue

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tuo, suo, i geni o caratteri ereditari trasmessi, che siano buoni
o cattivi, vengono impacchettati sigillati detti "patrimonio
genetico"... Mia madre è stata assieme a papa Luigi di quelle
persone che si distinguono per laboriosità, quanto hanno
lavorato, quanti sacrifici hanno fatto i tuoi bisnonni ! E’ vero
il detto che, una buona e santa madre fa... la casa grande...
Dopo che è stata tumulata accanto al proprio sposo, nella
tomba di famiglia, al mio paese nativo Montemaggiore
Belsito (PA); cappella in pietra rosè con l'altare in marmo
dentro, voluta e costruita da papà Luigi, costruttore edile. Il
mio paese é situato, dal punto di vista orografico, su delle
colline sui cinquecento metri di altezza sul livello marino. La
stessa sera, disteso su una sdraia all'aperto, nel silenzio e, nel
buio... nell'odore quasi acre dei pini e dell'eucalipto, leggevo
o tentavo di farlo, interrotto a tratti dal ciarlare dei grilli e...
sfogliavo quell'alta immensità dei cieli e del creato, ti
cercavo..."MAMMINA mia" (sin da piccolo in un paese
rurale, la vicina di casa o, la stessa sarta, mi burlavano con
rispetto affettuoso... e , sorridendo ripetevano "Matteuccio
Mammina...", in genere i ragazzi della mia età chiamavano
semplicemente MAAA... ti cercavo nelle miriadi brulicanti,
in quella platea inossidabile ed eterna, ho visto il tuo viso
nella stella più luminosa... e, quante altre ti facevano da
corona e festa nell'accoglierti nella beatitudine, nella pace, e
nell'amore della luce celestiale... avrei voluto avrei voluto e,
come se avessi voluto, fare un balzo da primato,
raggiungendoti e venire stretto al tuo seno, e saziarmi ancora
all'infinito dell'odore che emana la mia MAMMINA!...Ho
reclinato lo sguardo a terra, smarrito e solo, mentre dagli
occhi gonfi tintinnavano gocce di rugiada... Nel viaggio di
ritorno, il nostro pensiero era per te e, mamma col pancione...
volevo ritornare sano e salvo per riabbracciarti... è stata una
grande felicità... tu eri con zia Marta e nonna Lucia in riva al
mare, ci hai accolto con sorrisi, sei venuta al mio petto e poi
abbiamo giocato con 1'acqua, sabbia, palla etc.,hai bevuto del

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buon latte e mangiato un zatterino di gelato...io e la nonna
Anna siamo tornati a casa con tanta felicità nel cuore..
peccato che in quindici giorni abbiamo giocato a mare solo
due volte. Ma ieri sera ci siamo rifatti... erano le ventuno del
quattro agosto duemila e quattro... siamo stati più di un'ora a
giocare... quanta gioia... io seduto a terra sul tappeto... e tu...
correvi (quattordici mesi), poi ti fermavi dietro le mie spalle
e allungavi il capo di fianco a dirmi con lo sguardo “eccomi,
sono qui, compagnetto mio"; sei andata dietro a nonna Anna
al bagno e con premura le hai servito carta e un liquido
detergente per le parti intime... poi ti sei lavata anche tu le
manine; brava mamma Fede che ti ha allenata alla
perfezione... dopo, ti sei fermata a terra ridendo in maniera
irrefrenabile e facendo segno con la mano ripetutamente
(come a dire che puzza)... non avevo capito e ho chiesto a
papà Luigi..."sì, fa così per dire che ha fatto una pera o la
cacchina"... sei una furbetta di quattro cotte... ma poi ti sei
rabbuiata perché non volevi che andassimo via. Mentre
sfogliavi una rivista pediatrica, indicavi col ditino, il faccino
di un bambino "Matteo". e, di tanto in tanto andavi a scoprire
il cocomero di mamma baciandolo; ma come sei veloce con
quei piccoli passetti da vecchietta, con cambiamenti repentini
di direzione...spesso tenendo le braccia alzate per
ammortizzare meglio un giusto equilibrio...magari un giorno
nonno Matteo guardandoti dal cielo, tu, vincerai in una
disciplina Olimpica... Dai Matteo, vieni fuori, così la
sorellina ti accudirà perché, la vedo molto saggia e piena di
buone promesse. Il giorno del tuo quindicesimo mese sei
stata con noi a casa e fuori; hai mangiato e fatte nuove
conoscenze...lo zampillo della fontana e l'acqua delle
cascatelle, il rumore diverso del piede su un tombino di
strada, la luce di un faro, il passare del treno o dell'aereo, la
porta scorrevole che si apre e si chiude con le fotocellule... e
tante altre cose... io ti spiego le novità che ti colpiscono, e
vedo che ci si capisce a volo. Ma non allontaniamoci tanto

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perché il ventiquattro di Agosto, è arrivato , di prepotenza ,
un ometto di nome Matteo, promette bene, e prego il Signore
di proteggervi in tutti i sensi...tu, già gli vuoi tanto bene, (non
sei gelosa), lo accarezzi, lo baci, e dai l'allarme quando la
notte piagnucola...Siamo felici, anche se a sedici mesi pesi
soltanto otto chili...Matteo alla nascita era scuro, ma ora dopo
una settimana è roseo bellissimo, non piange, è sereno e
mangia tanto... speriamo continui così. All'IPER o a "Io
Bimbo" con la nonna siamo andati tre quattro volte (hai una
ottima memoria ), orbene hai voluto provare la novità
dell'ascensore e della scala mobile diverse volte; insomma ci
guidavi tu reginetta... io e la nonna eravamo pronti e
sull'attenti... si, si e tu gioivi... abbiamo preso per te e il
fratellino, o, meglio per il fratellone... quello che era
necessario... e diversi regalini; noi avremmo voluto comprare
tutto il reparto per voi, ma, non sarebbe stato giusto... piano,
piano, perché, nel mondo c'è chi muore di fame...e,
moltissimi prodotti per la piccola infanzia, a incominciare
veramente dal primario, cioè dal latte sono carissimi... le
industrie preposte alla produzione sono forse delle
associazioni a delinquere?... Anche se ci si stanca a volte, in
quelle poche occasioni che la bimbetta è stata per alcune ore
con noi, io e Anna siamo stati veramente felici, anche perché
con gesti e parole sveliamo (il mondo nuovo), tutto quello
che attira la tua attenzione e il tuo interesse, sempre in
italiano, come ho fatto con migliaia di miei alunni (compresi
mamma Fede e il fratello Roberto). Ti vorrei coltivare e far
crescere come il più bel fiore (gelsomino giglio rosa... ma
pazienza...). Indirizzare l'essere umano nello scenario dello
sviluppo psico-fisico e della vita quotidiana, ove, si
incontrano poi, piccole e grandi difficoltà. Ricordatevi
Annalucia e Matteo (e quanti altri leggeranno), che un
patrimonio, sia esso morale o materiale, è difficile sia da
costruire che da mantenere, sviluppare e migliorare; perché,
l'invidia, l'odio, l'indifferenza e la supremazia del proprio

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"io", è la regola senza eccezione per 1'uomo...Presentare e
innalzare giorno per giorno è come formare una giusta
personalità che, da luce ed esempio di rettitudine nei
confronti di una società, spesso sadica e non veritiera... Lo
zio Alfredo verrà operato alla milza e, siamo molto in
apprensione...La nonna Anna è andata alla Madonna di
Medjugorje e, io son venuto un pomeriggio a casa tua,
abbiamo giocato e, tu a diciassette mesi fai passi da gigante
nello sviluppo psico-intellettivo, lento in quello fisico, ma
ora, sei già indipendente e mangi da sola...Bravissima...Ti
voglio bene assai...ma tanto bene, tanto tanto tanto...e, tu lo
hai capito, perché in quelle poche volte, me lo hai dimostrato,
con noi sei sempre felice e, piena di vita...lo sguardo, gli
occhi, il tuo corpo fremono di gioia e di serenità
canticchiando a modo tuo... volgi lo sguardo verso di noi e ti
illumini. Ti prego, quando mi allontanerò da questa terra
continua ad essere te stessa... FORTE E VERITIERA,
cancella dal tuo diario tutto quello che è BANALE, mira alle
cose concrete, che portano in quelle strade, ove la luce della
verità e della giustizia hanno un peso dominante; realizzati,
perché i sacrifici alla fine ti gratificano nel giusto e nella
misura di come hai seminato... Matteo, eccomi nonno mio,
sei la nostra gioia, e, pensiamo con la nonna Anna, che, non
siamo vissuti invano. Perchè, vedere gli alberi pieni di frutta
è una benedizione di Dio... Ora hai due mesi ma, già da
alcune settimane addietro, mi punti con gli occhi, mi sorridi e
storci la bocca vocalizzando huuu huuu hii e arricciando il
nasino muovi le braccia come due clave, sei veramente forte,
hai un bel fisico e, spero che da grande vinci anche tu una
gara delle olimpiadi... Riprendo dopo venti giorni perché,
abbiamo avuto e tutt'ora non è finita e, la notte mi rigiro
ancora nel vedere le scene delle due operazioni in quattro ore
che lo zio Alfredo (trentaquattro anni) ha subito nella clinica
di Avezzano... tante sono le cose che ti ritornano in mente in,
questi momenti infelici...e, di grande pena... sapete, veder

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crescere i propri figli, passare ore felici pieni di gioia e di
speranza, pregando il Signore di donare una buona salute e,
un altrettanto avvenire, tenendo presente una buona
educazione sia dal punto di vista cristiana che sociale e che i
passi dei nostri cari siano sempre illuminati di quella luce che
viene dall' alto...Noi genitori avremmo dato la vita in quei
momenti tristi...tuo papà Luigi che era presente è stato molto
vicino anche con la preghiera per il fratello; vedete, vostro
padre è andato a Parigi in macchina per lavoro e, mentre
ritornava alla tv davano notizie di incidenti stradali e, noi con
la nonna velocemente a telefonare...Ecco cosa significa
essere genitori... si sta sempre in ansia per i propri figli e per i
propri nipotini... Nonna Anna è in tutti i sensi, un’ottima
donna... è stata diciotto giorni nella stanzetta con lo zio
Alfredo... ora, per settimane lo accudiamo a casa nostra con
tutte le accortezze di igiene alimentare che ambientale...è
ancora molto nervoso, ha ancora qualche linea di febbre...
ma, cerchiamo di accudirlo come quando era piccolo...vorrei
fermare il mio tempo, per vedervi crescere e, poter stare a
godere del vostro sorriso, leggervi negli occhi i desideri e
l'affetto... Mamma Federica una sera per telefono mi disse:
"che diritto avevo io, il nonno su Annalucia, solo, perchè
avevo criticato, il modo di gestire lo sviluppo psico-fisico
nell'arco delle ventiquattrore...(sia per quanto riguarda
1'alimentazione, il dormire e, a portarvi fuori nella pineta, o,
a passeggiare a contatto del sole e dell'aria salubre... cose
minime, ma indispensabili per il buono sviluppo anche
cognitivo ed intellettivo...) I giovani genitori di oggi
dovrebbero approfittare a giusto vantaggio dei propri
pargoletti della grande esperienza costruttiva ed educatrice
della disponibilità di quei nonni degni di tale titolo... il Pende
asseriva che la mamma migliore é quella che da alla luce
l'ultimo figlio...in poche parole dovremmo essere noi a
partorire i nostri nipotini... Quando vado di mattina in bici e,
incontro delle carrozzelle (genitori, nonni, zii, babysitter) con

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dei piccoli di pochi giorni, mi si stringe il cuore, perchè avrei
voluto voi a spasso e godere della buona aria e del tiepido
sole; nella mia vita ho scelto di insegnare Educazione Fisica
non solo perchè l'avevo nelle vene "mi dicevano quando
giocavo che avevo 1'ARGENTO VIVO ADDOSSO”, ma
perché quando spiegavo regole e tecniche di sport e della vita
sociale, come sto facendo ora con voi, mi beavo degli sguardi
dei miei allievi, e capivo del loro apprendere, e dei gesti grati,
perchè ne avrebbero fatto tesoro nel prosieguo del loro
cammino futuro...a Fede quella sera ho augurato soltanto la
buona notte...anche perchè allattava Matteo di due mesi di
vita...Spesso il sottoscritto nonno Matteo, o nonna Anna (vera
mamma e grande donna) portavamo quasi ogni giorno, papà
Luigi e lo zio Alfredo, nei luoghi più salubri di Palermo...
nella "conca d'oro" in collina dove si fermò Garibaldi e Nino
Bixio (con la storica frase "Nino domani a Palermo")... o, al
mare o nei giardini pieni di alberi secolari (villa Giulia,1'orto
botanico di fama mondiale...) poveri genitori moderni... che,
fanno uscire i loro pargoletti, solo per portarli dai loro
pediatri; mentre certe realtà vengono taciute...Complimenti a
Matteo, è un bombolo, mangia e beve…è un ometto, occhioni
grandi e neri, sei bellissimo, cerchi di articolare la lingua, mi
sorridi, mi prendi le dita con tanta veemenza, sei la forza
della natura espressa con gioia, sorrisi, sicurezza e
tranquillità... (certo questo è il riflesso positivo del lavoro dei
genitori). Come fremevi mentre papà e mamma ti
insaponavano nel bagnetto...e, Annalucia partecipava con una
spugnetta a lavarti il piedino...era un quadro benedetto dalla
Madonna. Qualche notte addietro sognavo...o, meditavo ad
occhi chiusi nel tepore e nel silenzio del buio... di essere e far
parte di quella natura così profonda o, spesso sconosciuta,
perché l'essere umano oggi corre, corre e non si ferma a
guardare la cose vere e buone, le poche che ci sono rimaste.
Perché le modernità e le tecnologie, sì necessarie, ci
allontanano dagli ideali sani, genuini e semplici di una

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volta...Stavo immerso nel folto del1a natura...e vedevo
diversi tipi di animaletti...ero come un grosso albero di una
immensa foresta e la linfa scorreva dentro di me, quasi la
sentivo serpeggiare, ora agli arti ora alle tempie... davo
ospitalità come un sontuoso albergo a migliaia di esseri
viventi... gli uccelletti in un palcoscenico delle grandi serate
si beavano saltellando, intonando note degne delle migliori
orchestre... mentre i gufi seminascosti dietro le proprie
tendine, infastiditi, borbottavano imprecazioni... ho capito
che era pura invidia nei confronti di chi vive con gioia ed
allegria nello sviluppo sano della propria esistenza...infatti il
ronzio piacevole dell' alveare, mi dava un segno di benessere
perché, con enormi sacrifici, le api tornavano nel mio grande
albergo, sempre cariche di polline, racimolato anche a diversi
chilometri di distanza... poi con una frenesia di via vai, avanti
e indietro a migliaia come in una grande metropoli popolata...
le formiche oneste laboriose piene di impegno e di idee,
sempre dirette ad una grande armonia familiare e ad un
maggiore guadagno pari al lavoro svolto...ma a volte il mio
sguardo si rabbuiava con tristezza perchè, poco lontano nel
fossato acquitrinoso la femmina del cuculo, gettava giù dal
nido del cannareccione, le uova del povero ignaro uccelletto
per depositarvi il suo molto più grosso, per poi volare via...
lasciando l'incombenza al vecchio proprietario del nido...(il
cuculo è senz'altro una di quelle madri che abbandonano i
loro pargoletti appena nati nei cassonetti della nettezza
urbana... "che svergognate, che assassine ", ignorando e
calpestando i diritti alla vita e al rispetto dell'essere umano,
del soggetto più debole più indifeso più vulnerabile che il
Creatore a sua Immagine ci abbia elargito; ecco gridare di
dolore la convenzione internazionale di New York del
millenovecentottantanove, a difesa del sorriso della pace
della serenità , della luce di una nuova vita di ogni bambino.
Non più pedofilia... non più rapimenti ne vessazioni; perché i
Cieli grideranno maledizioni e vendette e pioverà fuoco negli

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animi acerbi e meschini per l'eternità sino a sprofondare mille
e mille volte ancora più sotto agli inferi perduti. Nella radura
più sotto, come una nuvola, migliaia di cavallette, divoravano
verdure, insalate, spighe, granoturco, frutta e ogni cosa buona
che ci ha donato la natura... ora mi spiego perchè sono
chiamate come "Attila"il flagello di Dio...infatti al loro
passaggio, rendono il suolo arido e distruggono ogni cosa...
come le grandi guerre o, le calamità cosidette naturali:
eruzioni dai vulcani, terremoti, onde sismiche marine
(Tsunami), trombe d'aria, incendi etc. causando spesso
migliaia e migliaia di vittime. Più giù, nella foresta, (io li ho
allontanati) le cicale che nel periodo estivo fanno un
frastuono del diavolo, irridendo e sfottendo con schiamazzi,
chi è intendo al proprio dovere, nell'armonia del proprio
lavoro quotidiano, come può essere la formica, 1'ape e, i
genitori di una nidiata di cardellini...La cicala mi da il segno
di quei fannulloni che sono soliti soltanto nel fare i
vagabondi... o, come quelli che hanno preso a via d'àcitu,
"andare al bar, giocare a carte, non andare mai a messa,
andare a caccia o a pesca o a cena con amici di merenda,
trascurando il lavoro, moglie e figli; prendendo brutte strade
con droga, gioco, sesso e altri vizi... che prima o poi porta
alla rovina intere famiglie, mandando in fumo i sacrifici fatti
in tanti anni dai nonni e dai genitori ; c'è un detto che dice:”
prima il dovere e poi il piacere “ o, bisogna guardare il sacco
della farina quando è pieno perchè, quando poi è vuoto, non
c'è più nulla da fare...o, in alternativa si può solo piangere “
Mia madre Carmela lo diceva spesso... anche perché l'aveva
appreso dalla sua nonna e da questa aveva imparato tante
cose giuste che sono poi il patrimonio della vera madre di
famiglia...Vorrei che il mondo si fermasse un pò a soppesare
e a dare quel valore che spetta maggiormente alle tradizioni,
al lavoro e allo sviluppo socio-democratico...Annalucia è la
seconda volta che dormi per circa un'oretta nel nostro
letto...Anna è scappata venti minuti in chiesa ed io, solo con

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la luce del corridoio leggendo tra la porta e il capezzale "ti
vegliavo" e mi beavo della tua presenza, anche perché avevi
mangiato a tavola, giocato con zio Alfredo e avevi suonato
l'organo... guardavi le luci alla finestra , gli alberi addobbati e
luccicanti dentro e fuori (interessata) esclamavi contenta:
"Natale"... HAI DICIANNOVE MESI e hai capito che le
luci e i festoni sono necessari per la ricorrenza della festa
natalizia... brava amore...Quando ti sei svegliata, ti crogiolavi
felice per un pò ancora sotto le coperte, facendo le moine
come una gattina vispa... Quando ci sono i tuoi genitori,
qualche capriccetto ti viene fuori... se papà ti rimprovera
severamente, mi guardi per volere sostegno o aiuto...ma io
non ci casco... perché, altrimenti ti farei del male...(e, ti dico
con persuasione, è giusto come dice papà)...Quando ti senti
chiamata da Manila (è un pappagallo cenerino) “Annalucia
bimba bella di papà.”.. ti giri di scatto, me lo indichi e, sorridi
quasi sorpresa nel vedere che un animale parla...Vediamo tra
alcuni mesi come si comporterà Matteo rispetto alla sorellina
che gli vuole tanto bene, lo bacia e lo abbraccia con tanto
amore...Alla fine della messa vespertina, in chiesa a
San.Francesco, mentre Fede indugiava con te imbraccio, con
i diversi fratelli nei consueti bla bla bla d'occasione, tu con
forza ti liberavi dalla stretta, scendevi a terra, prendendomi
con decisione la mano, mi portavi davanti al presepio e
spingevi il mio dito a contare le stelle esclamando
"Natale"...un giorno a casa tua, mi portavi fuori in terrazza e
toccavi i vari bottoni della lavatrice... però subito ti spiegavo
no, no, no, con molta dolcezza, questa macchina gira, c'è la
corrente, è pericolosa e, con gesti mimici accentuavo la
pericolosità... con un sorriso che voleva dire "HO CAPITO
GRAZIE NONNO DEI TUOI SUGGERIMENTI..." in segno
di affetto mi abbracciavi baciandomi... mentre il fratellone
Matteo sul grembo di Fede beveva, sorrideva e
sonnecchiava... Ho notato che hai fame di sapori... a tavola e
non solo... sia a casa tua che da noi, vuoi l'olio abbondante

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col pomodorino e con un bel pizzico di sale...la pasta a
chicchi grossi, con una buona quantità di salsa delle nostre
bottiglie casarecce e, ancor più di parmigiano... Quelle volte
che abbiamo avuto la fortuna di averti per mezza giornata, hai
gioito nel gustare qualche pezzettino di filetto ben saporito o
la sogliola presa alla barca del pescatore, tutte pietanze di tuo
gradimento, finché hai assaggiato col ditino, un poco di vino
o di coca cola... perché il tuo corpicino ha necessità assieme
alle varie ghiandole e ai succhi gastrici, di assimilare e
conoscere a poco a poco le diverse sostanze, odori e sapori,
per uno sviluppo sano, adeguato al sesso e all'età...
nonostante hai quindici mesi in più di Matteo, mangi per un
terzo e pesi la metà; presto su crescete, io nel mezzo, e voi,
uno per mano, volare per viali alberati verdi e pieni di fiori
multicolori e, di buona e salubre aria... correre esultando con
canti, inebriati dal sole che rinfranca il corpo e lo spirito in
una innocente visione, illudendoci, di far parte viva di quei
paesaggi purtroppo ancora per poco incontaminate dalle
filosofiche tecnologie peccaminose di disastri ecologici...
Con questa visione paradisiaca, vorrei, vorrei insegnarvi a
superare i flutti impetuosi degli oceani, affrontare gli
scirocchi dai zampilli di fuoco nelle dune dei deserti,
superare i nevai e i ghiacciai perenni delle più alte vette,
guardare negli occhi il nemico...schermirlo... combatterlo
sconfiggendolo e gioire delle belle vittorie, perché nella breve
esistenza solo quelle contano... su, aiutatemi, crescete... "sani
e santi", mia nonna Ignazia, rispondeva così a chi passando
per la strada del mio paesello, la salutava... e lei con senno e
devozione, augurava "santu e riccu (.d'animo ) figghiu miu.”..
era spontanea dolce e buona con i suoi consigli e, le bontà
d'animo, sono beni ereditati dai suoi, da gente sana e pieni di
buoni principi... 1'occhio che guarda il mondo trasmette al
cuore e alla mente, le sensazioni... la responsabile poi è la
bocca, anche se piccola come un anello, può devastare intere
esistenze o, al contrario, può rendere un soggetto onorato e

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stimato da tutti, per la sua bontà nel giudicare i suoi
simili...(SCAGLI LA PRIMA PIETRA CHI NON è nel
peccato)... Chi ha lo sguardo sereno, felice e, nell'umiltà è
capace di dissuadere gli stolti dai gorghi dei mali che
avviluppano la società, ecco la vittoria giusta, dell'uomo
"giusto", vai avanti sempre con lo sguardo fiero, piena dei
tuoi programmi che arricchiscono i risultati futuri che
saranno da esempio per la gente che ti sta attorno... Già...
come avrei voluto... come avrei voluto avervi allievi miei...
"io" non seduto in cattedra, (non l'ho fatto in trentasette anni
d'insegnamento), ma, attorno a voi in cerchio, a discernere il
bene dal male, a valutare, a soppesare le problematiche che il
comune mortale deve superare ora, uno dopo 1'altro, come,
gli ostacoli di un campo di atletica e, (quanti ne ho fatto di
giri a Palermo alla Favorita...(stadio delle Palme)... Io
matricola centoventiquattro del secondo anno accademico
dell'I.S.E.F.(Istituto Superiore di Educazione Fisica io... chi
l'avrebbe detto piccoletto (uno e sessantasette centimetri)
volare da ala sinistra allo stadio della Favorita oggi Renzo
Barbera! Ma a quei tempi mio presidente nella Juventina
(Promozione) con campo proprio lì nei pressi a Resuttana; e
poi, nello stesso stadio, arbitrare con onore...ma...un vento
impetuoso, avvolgendomi con persuasione, quasi
accarezzandomi con leggiadria, mi spinse velocemente da
Palermo a Pineto (oltre mille chilometri) a deporre il seme in
una terra feconda e, ineguagliabile per nobiltà d'animo
"nonna Anna" e I Frutti penso siano molto buoni..,papà Luigi,
zio Alfredo, Annalucia, Matteo e, avanti che c'è posto anche
per altri..!.La natura è perfetta, o, chi l'ha creata? Direi quasi
di sì...da una cellula si moltiplicano gli eredi, come
cromosomi all'infinito e, andando a ritroso, ritorniamo ad
Adamo ed Èva, ma vediamo che possiamo avere
consanguinei a milioni in ogni parte del mondo...mia nonna
paterna e figli (i miei cugini vivono) sono sepolti nel cimitero
di Cordova in Argentina, mio zio Matteo e figli in

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Canada..allora, questa terra è come una culla, come una
mamma che accudisce i propri pargoletti custodendoli nel
bene e nel male.
Sta a noi esseri umani, accontentarci del giusto ed essere
grati e rispettosi di questa natura non più vergine ma, sempre
più tecnologica.. speriamo che ci sia più disciplina e [si
impari a] riconoscere i veri principi del vivere sano, perché
Madre Natura sarà così solo benigna e prodiga di ogni
bene...Io e la nonna stiamo sempre in ansia per la tua crescita
stentata..tanto che ieri sei stata ricoverata in pediatria per
accertamenti..siamo venuti portandoti qualche giocattolo ed
altro che poteva anche servire a mamma Fede. Abbiamo
giocato tanto..ma, sei andata indietro di peso...spero che al
più presto tu, possa riprenderti non come Matteo che è al
limite della obesità, ma nel giusto..amore mio ti adoriamo e
darei tutti i miei anni per vederti sana e forte. Andando via
dall'ospedale e, nel salutarci, ti tiravo dei pugnetti di neve sui
vetri della tua cameretta al piano basso; è stato un bel
momento di giuoco e di esperienza per te nuova, cercando di
non drammatizzare il tuo caso...

DON GIUSSANI (Comunione e Liberazione)


Ventiquattro Febbraio duemila cinque, ore quindici, Rai
uno, funerali di Don Luigi Giussani. Nel Duomo di Milano
con il rito Ambrosiano, è stata officiata la cerimonia funebre
di questo piccolo grande prete, fondatore di "Comunione e
Liberazione", oggi sparsi in tutto il mondo...1'azione era di
aiutare in special modo i giovani studenti, farli avvicinare alle
problematiche socio-cristiane e non solo..,erano presenti al
rito diversi Cardinali, molti Vescovi e centinaia di preti, il
Presidente della Repubblica Ciampi e il Presidente del
Consiglio dei Ministri onorevole Berlusconi con altri
parlamentari... Il giorno prima, il ventitre Febbraio duemila
cinque erano passati cento anni, un'altra fondazione
il"Rotarj", con scopi internazionali di beneficenza e diretti a

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quei popoli cosiddetti del terzo mondo; sonò stati vaccinati
milioni di bambini contro la poliomielite e, curati altrettanti
per 1'A.I.D.S. Vedete Annalucia e Matteo di fronte a questi
personaggi come, Madre Teresa di Calcutta, Don Giussani e
tanti altri che mi sfuggono in questo momento, noi, comuni
mortali, io un semplice granello di sabbia, o una goccetta
d'acqua degli immensi oceani, mi sento sempre più piccolo e
mi nascondo per la vergogna... Allora dobbiamo mettere tutte
le nostre forze per valorizzare gli ideali buoni, sempre più
necessari sia alla singola persona che all'intera società... è
l'incontro di più soggetti, portatori di scelte degne di uno
sviluppo sano e concreto per poi alla fine, possa giovare e
rendere utilità alla vita quotidiana.

EPISODI O PECCCATI DELLA MIA INFANZIA

Alcuni anni or sono mi ero prefissato di tramandare


momenti o episodi della mia infanzia... e, penso che siano
degni anche del più famoso Giamburrasca... ora approfitto
del momento, solo che il diretto responsabile di tante
marachelle è il nonno Matteo nel lontano
millenovecentotrentotto al cinquanta più o meno; di
nomignoli me ne avevano appioppati diversi "martidduzzu"
perché papà nel periodo estivo mi portava al lavoro con se e,
con un grosso martello, dovevo frantumare cumuli di pietra...
"parpagnino" era il soprannome di un ragazzo del passato che
aveva lasciato il segno... "cardidduuzzu" e "argentu vivu"...
che tradotti in italiano sono: cardellino e argento vivo,perché
ero indomabile e sfrenato, con grande agilità nei movimenti
da fermo..(e tu mi stai imitando). Il mio più ingiustificato
peccato era: tornato da scuola pranzavo con mamma perché
papà lavorava da muratore e, poi da impresa edile, poi
scappavo spesso all'insaputa della stessa per andare a
giocare...passavano le ore e non calcolavo il tempo perché,
sarei dovuto la sera rientrare prima di papà che dopo una

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giornata di duro lavoro non mi trovasse presso il focolare
domestico come facevano tanti bravi figliuoli... e quando mi
accorgevo che era già troppo tardi, avevo la paura dei castighi
e delle botte che giustamente meritavo. Complicavo le cose
con il non rientrare per niente a casa per la notte...

PER MOTIVI DI MAFIA


Incomincia la litania con gli episodi più pesanti per il
sottoscritto...giudicate…a quei tempi, terza elementare,
avevano ucciso, per motivi di mafia, il fidanzato della mia
maestra e il supplente era un tipo molto severo. Per un
nonnulla dava botte da orbi... insomma, aveva la bacchetta
facile e le mani molto pesanti e incallite...altro che numero
verde o rosa, alla salvaguardia della incolumità dei deboli e
alla difesa dell'infanzia...Mio padre mi dava la sua razione
abbondante... e al maestro raccomandava la stessa cosa,
semmai qualche volta ci risparmiava... la supplenza era di
pomeriggio; ed in quattro o cinque abbiamo preso la via della
campagna (paese piccolo agricolo) lontani da occhi indiscreti
e all'aria libera, nella libertà innocente e spesso canzonatoria
anche tra noi compagni di sventura... Io portavo una cartella
di metallo, da verde colorata in rosso perché era un residuato
bellico..( eravamo entrati da poco nella prima repubblica..),
infatti gli americani la usavano come porta munizioni per le
mitragliatrici, pesava a vuoto più di due chilogrammi, poi con
il sussidiario che comprendeva: “italiano, storia, geografia,
aritmetica, scienze, poesie, “ etc., più quaderni a righe e a
quadri, matita colori, album da disegno (Fabriano), la biro
non esisteva ancora da noi...; penna con diversi pennini,
calamaio con inchiostro ed altro, si arriva ad oltre cinque
chili...Per uno minuto come me, che aveva bisogno di avere
le mani libere, correre, giocare e non dare nell'occhio
casomai ti fossi incontrato con qualche parente; l'idea
brillante è stata quella di disfarmi subito dell'incomodo
fardello; vicino ad un ponte (di Santa.Fara) fuori le mura,

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l'ho nascosta sotto a delle frasche, di un fumazzaru, per poi
proseguire leggiadro e contento, verso nuovi itinerari a pochi
chilometri dal paesello; rubacchiando negli orticelli tutto
quello che attirava la nostra attenzione come arance, mele,
mandorle, fave, ceci, piselli, insalata, etc., non per vera fame,
ma per spirito di combriccola devastante...quando si è in
buona compagnia, il tempo passa e scivola sotto i nostri sensi
in forma di spensieratezza quasi filosofica, anche se è vero
che un piccolo tarlo di colpa ti viene sotto sotto e sale come
una bollicina d'aria dal subconscio... e facendo finta di non
sentirlo, o girandoti dall'altra parte (attenti miei ragazzi, due
più due fa sempre quattro).

“A FARINA di SANTA FARA."


Una mia zia bizocca, a proposito dello studio giornaliero
diceva:"non ti puoi mangiare una intera fornata di pane in una
sola volta” infatti, negli ultimi giorni di scuola, non puoi fare
miracoli, se nell'arco dell'intero anno scolastico hai tralasciato
ore ed ore di applicazione nei confronti delle diverse
discipline, come a dire che i nodi vengono sempre al
pettine...pensate dalle tredici alle sedici un bel tempo..,per poi
all'improvviso come nel momento della morte di Nostro
Signore sul Golgota...il tempo si rabbuiò e, da lì a poco, una
pioggia battente ci consigliò di correre ai ripari in un
casolare, l'unico fuori il paese funzionante a mulino...e che
farina...già, che farina...
Il mugnaio (u farinaru), coperto da un velo di bianco
assomigliava molto ad un fantasma dell'epoca, però spesso
metteva la mano sul ruscelletto di farina ancora calda che
scendeva da una canaletta di legno e, come una nuvola da
favola, si girava verso i contadini presenti e con lo sguardo
voleva significare la bontà, il profumo,la purezza di quello
che era stato il risultato di quel grano duro prima coltivato nei
nostri campi, ed era un ondeggiare di spighe come un mare
d'orato, poi sull'aia carezzato dagli zoccoli dei muli, raccolto

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chicco per chicco e nettato dalle donne in uguale forma..,ma
state certi che questi touring di sacrifici veniva ripagato da
quel pane e da quella pasta che gli aggettivi qualificativi forse
danno a malapena il giusto valore della grandiosità dei sapori
e del profumo di questi cibi primari.
“Mamma Asciuga e Stira il Mio Sussidiario”
Durò più di mezz'ora quell'acquazzone veramente
intenso; si faceva sera e, tornando verso il paese, ho cercato
di recuperare la mia famosa cartella con il libro...già non ci si
vedeva più... l'ansia e la paura mi si calmarono un po’, dopo
che uno dei miei soci l'aveva raccolta in un fossato
acquitrinoso, pensate, trenta metri più a valle, sotto la
proprietà del compare di papà, il rosso Dott. Nicastro; infatti
la piena del ruscelletto improvvisato, aveva avuto la forza di
trascinarla via...e, per mitigare il senso di colpa, vado a
riparare dai nonni, ma da lì a poco vengo prelevato da mio
padre...non so come, ma già sapeva tutto... Strappandomi le
orecchie, mi trascina a casa (distante quattrocento metri). Mi
aspettavo la ghigliottina. Facevo il moribondo, ma dietro
implorazione di mia madre ho avuto un alto sconto per
quanto riguarda la consueta razione di legnate; la punizione
viene tramutata in niente cena, il digiuno più assoluto,
dormire in un sottotetto pieno di polvere e calcinacci al
grezzo, a contatto con travi, tegole e spiragli di luce filtranti
che le buone stelle con la luna sembravano emanare per farmi
compagnia. La notte autunnale è lunga, al contrario del
giorno, ogni minuto sembra non passare mai...i topi si
rincorrevano squittendo, la coscienza penava e pensava sul
mal fatto..,contavo i diversi rintocchi delle ore e delle
mezz'ore che il grande orologio comunale sferrava, stanco,
con i martelli sulle campane di diversa intonazione...prima
che arrivassero i rintocchi percepivo nettamente il ringhiare
rugginoso, come un singhiozzo di tali congegni
settecenteschi, era come se volesse esprimere un'anima
affranta, ho fatto il mio dovere abbracciando con occhio

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paternale tutta la comunità con vero amore, rammentando che
le ore del mattino sono piene di doveri..(a matinata fa a
iurnata granni) e che quelle serali sono piene di quiete e del
dovuto riposo (unn'é lu lettu, è lu rispettu)... ma ora vi prego
amministratori locali, mandatemi in pensione..,ho bisogno di
cure.. col passare delle ore, accovacciato in un angolo
infreddolito, cercavo di allontanare le figure fantasmagoriche
che mi si presentavano come per aggredirmi... pensavo di
distrarmi nel sentire i discorsi dei muli e dei cavalli,
provenienti dalle stalle dei miei vicini di casa; ora era lo
zoccolo scalpitante, ora il nitrire, ora lo sbruffare imperioso a
dirmi:"vedi Matteo cosa succede a dei ragazzacci
disubbidienti, negligenti, che sono avvezzi alle malefatte..?
Invece Pinuzzu, Crocino, Tanuzzu, Melu, dormono al caldo
del proprio letto e, domani, saranno più pronti di te a scuola,
tu sarai canzonato perché non hai fatto i compiti, eri assente a
scuola e sei il solito asinaccio... Alle quattro di mattina, un
angelo mi prende per mano nel silenzio più assoluto per non
far sentire alcuna cosa a papà, mi porta in un lettino nascosto
da un sottoscala bene al caldo e continua a stirare ancora con
un ferro a carbone, asciugando pagina per pagina il
sussidiario che, con l'acqua assorbita, si era gonfiato talmente
da non poterlo estrarre dalla cartella larga diciotto centimetri.
La cara mamma, spesso per difendermi si è presa pure lei,
nell'opera di persuasione, certe botte che lasciavano il segno e
rimanevano dolorose per diversi giorni..
“Alla Zia Caterina Doveva Partorire Una Scrofa”
Un'altra sera ero ricercato da papà e mamma e, non ho
trovato di meglio che andare a dormire nella stalla di mia zia
Caterina.. stando attento a non farmi notare da nessuno...ma,
verso le tre dopo la mezzanotte, mi sento svegliare al lume di
una candela., mi ero addormentato nella "culla" della
mangiatoia (come Gesù Bambino)...Alla sorella di mio padre,
per puro caso le doveva partorire una scrofa e aveva
pensato bene di venire ad assisterla e ad aiutarla nel parto.

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Era innegabile l'utilità di tali animali nell'ambito di ogni
famiglia: Non esistevano né telefoni, né tanto meno telefonini
nelle case.., così un mio cugino adulto mi riportò a casa che
già albeggiava. Verso le diciassette di un pomeriggio,
gironzolavo per la piazza del mio paesello a...forse... ho
trascurato di descriverlo un po'..,circa cinquemila abitanti,
adagiato sullo schienale di diverse colline con piccoli
boschetti di macchia mediterranea, sovrastato in alto dal
monte Roccellito (seicentoventicinque metri), distante dal
mare (Bonfornello) quindici chilometri e cinquantasei da
Palermo; dicevo che si distende con le case a monte di una
collina ove sopra, accanto, troneggia in muratura antica il
serbatoio dell'acqua, ove mio padre Luigi lavorò tanto...e più
sopra ancora, una croce ora illuminata; noi del paese
chiamavamo quel luogo "a Crucidda" e, si dice, che in quel
posto è stato ucciso un giovane (parente di Padre Felice) che,
sacrificandolo...potesse far trovare "na truvatura", cioè tanti
marenghi d'oro..,aria molto buona e salubre per tutti i
residenti, in Montemaggiore Belsito; ve la raccomando
sinceramente per la buona salute; è infatti una miscela di
iodio marino e ossigeno fragrante di ginestre e macchia
mediterranea., sin'anche le bollicine d'aria del nostro sedere
ha queste caratteristiche D.O.C. e il nome stesso dice molte
cose sulla sua orografia.., poi in verticale è diviso da tre corsi,
di cui il centrale è il più lungo che va dalla sommità del paese
sino a valle, nella zona del Calvario e più sotto al cimitero,
come a dire che, chi muore va in discesa e non incontra
ostacoli..; i corsi sono intersecati da altrettante strade a forma
di scacchiera ed è ricco di una quindicina di chiese, anche
antiche ma non di eccelsa architettura.., rispetto a diversi
paesi vicini, geometricamente è il più razionale perché nato
attorno al milleduecento, anche se sono stati fatti dei
ritrovamenti molto, ma molto più antichi nei diversi punti del
territorio...Dicevo che quel pomeriggio era la fotocopia dei
miei malanni, infatti, mentre facevo il turista all'altezza dei

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quattro canti, ove si soffermavano gruppetti spesso dello
stesso ceto, (spina dorsale e centro di aggregazione sociale),
o del mestiere (muratori, contadini artigiani, etc); mi sento
afferrare e sollevare di peso da tre manovali ventenni che mio
padre aveva mandato per riportarmi all'ovile.., bene, vi dico
subito che sei braccia forzute con le mani incallite e dure
come mattoni, non hanno avuto ragione di uno come me, di
sette-otto anni, abbastanza mingherlino...vado via dalla stretta
come la più viscida delle anguille, scatto e scarto ora a destra
e poi a sinistra, a seconda di chi mi si parava davanti per
bloccarmi..,per farla corta non mi giro più indietro, percorro
tutto il corso Re Galantuomo, supero il Calvario, imbocco la
stradella che porta al cimitero e, come una lepre smaliziata,
faccio un salto dietro ad una folta macchia (di spini santi)
accovacciandomi per non essere scoperto dai tre
segugi..,questi infatti hanno seguitato a correre verso le porte
del cimitero ma, non trovandomi più giù, nel ripassare
indietro a pochi metri da me, uno di loro diceva: facciamo
presto a ritornare (ci sunnu i muorti caa'), che tradotto
significa: ho paura dei morti che ci sono qui...Per me è stata
anche questa una bella vittoria perché in paese, per diverse
settimane, in piazza e nei bar parlavano dell'agilità, della
destrezza e del coraggio di Matteuccio...mentre i tre manovali
venivano scherniti anche dai loro amici.

DROMIVO DENTRO MA...


Una notte ho dormito dentro casa, ma.., i miei genitori
mi cercavano fuori..; quel giorno erano arrivate notizie in
famiglia del mio scarso rendimento a scuola.., per non fare i
conti con papà Luigi, non ho trovato di meglio che
nascondermi a piano terra nel dietro camera, dove si
tenevano la legna, la botte, la "pila" per lavare i panni, alcuni
attrezzi da muratore e una cassapanca e una madia per
impastare le forme di pane che poi venivano cotte nel forno
di mattoni costruito da papà con le sue mani, alla bocca del

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forno si poggiava anche una grossa pentola e si coceva a
legna o con il carbone, la pasta di casa e le diverse pietanze
(sapori ormai tramontati e ineguagliabili)..,Per deviare il
faccia a faccia e la resa dei conti dell'andamento scolastico
per niente brillante, la cassapanca seminascosta mi accolse in
un profondo sonno, dicendomi però "ma bravo...i tuoi
genitori in pena non sanno dove ritrovarti, e...cerca di
migliorare, chiedi perdono per le tue continue e devastanti
trovate e da domani sarai il più bravo del paese". Un
pomeriggio, ero con la squadra dei bighelloni... casualità
volle che, nel nostro gironzolare, presso il portone centrale
delle monache "Filippine", molto preparate e professionali,
in un complesso abbastanza vasto con giardini, atri, cortili,
cucine , teatro, sale, chiese, altari, etc; oggi purtroppo queste
suore sono andate via attorno al millenovecentonovanta;
pensate, erano arrivate e volute fortemente da Monsignor
Arrigo (una sera anch’io ebbi l'onore con i miei zii preti di
fargli una visita "l'ultima su questa terra")...ventiquattro ore
prima della sua morte. Per i piccoli è venuta a mancare una
vera fucina del sapere e dell'apprendere..,questa è una pecca
che non perdonerò mai ai miei amici e coetanei
amministratori... io mi sarei adoperato con tutte le mie forze
per farle rimanere..,l'infanzia è rimasta orfana di una
incommensurabile fonte e luce di vita. Accanto al portone ad
altezza d'uomo, una finestrella con barre di ferro e un telaio
in legno con la rete fitta tipo zanzariera per non fare entrare le
mosche.., in bella mostra all'interno, sulla soglia di marmo,
c'era un bel cesto pieno di acini d'uva ad appassire perché, nel
tardo pomeriggio lì, gli moriva il sole...tutto quel ben di Dio a
guardarlo e non toccarlo, ci è sembrato proprio un peccato...
insomma, uno schiaffo alla nostra moralità... io, il più lesto e,
senza indugi, facendo le veci di un vero capitano, do ordini di
aiutarmi a spingere il telaio di legno; ecco, la mano entra
appena appena con le dita distese, ma, nel momento di
ritirarla, col pugno pieno e chiuso incontro difficoltà ad

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estrarla.., così grido ad un mio degno aiutante: "prendi una
pietra e cafuddala bene...caa' accussi" ...così lo spazio è
sufficiente, ma, il dorso della mia mano destra rimane
graffiata(scirata) con escoriazioni di terzo grado, però non ho
sentito nessun dolore né fitte.., anche perché, dopo aver
ripulito il cesto e riempite le tasche, ce ne siamo andati a
zonzo per i giardini; e siccome l'uvetta era già appassita
sentivamo in bocca il sapore delle migliore caramelle, tanto
da offrirle anche "au firraru"; e infatti ci siamo soffermati un
momento dal maniscalco, luogo dove in special modo
d'inverno e nelle giornate piovose si ritrovavano diversi
contadini..ma..,il diavolo fa le pentole, ma non i cosiddetti
coperchi.., infatti l'indomani mattina, io dormivo ancora; mi
chiama mia madre perché giù, davanti la nostra porta, si era
presentata Suor Lucia, la madre superiora del Monastero... e
voleva vedere le mie mani...così preso in castagna con il
dorso tutto escoriato, allungavo le braccia e le ritiravo
velocemente..,già proprio inverosimile, infatti, qualcuno del
gruppo aveva fatto il giuda o meglio aveva cantato ( u
cascittuni ) che da noi in Sicilia è un peccato capitale...
(meglio surdu, mutu e orbu che spiuni ) come a dire, per una
soffiata ti fanno un bel regalo "u cappuottu di lignu" cioè
raggiungi l'altro mondo con precedenza assoluta o
prioritaria..,comunque mia madre promise un bel cesto di uva
e, giurando sulla mia santità di ragazzo esemplare al di sopra
di ogni sospetto. Velocemente debbo interrompere le mie
peripezie per parlare, e qui è giusta la parcondicio.. di
Matteo, l'altra sera papà gli diceva sul divano "su batti le
mani"., e tu, come un robot eseguivi felice e gioioso; sei un
maciste molto bello con degli occhioni e capelli nerissimi
(attento alle donne da grande...strapazzale), ti incavoli
soltanto quando hai fame, intanto io e la nonna quando ce lo
permettono prendiamo Annalucia la portiamo a prendere un
po' d'aria salubre sotto la pineta e al mare, poi la facciamo
mangiare, anche se ci fa penare..,con noi è sempre felice e

28
molto comunicativa. Purtroppo, ora che ci sto in ballo..,
continuo col mio curriculum tanto ormai avete capito.., ero
per quei tempi, uno dei primi in assoluto in paese a detenere
la palma d'oro.

LA SABBIA SULLA CONSERVA DI POMODORO


Verso le quindici di un pomeriggio assolato, sembrava
che tutti fossero a dormire, tanta era l'afa causata dallo
scirocco che spesso raggiungeva e superava quaranta gradi
all'ombra ed ero l'unico essere vivente che gironzolava per le
strade...quando, proprio sul mio cammino, mi si para d'avanti
sul marciapiedi del corso principale, delle tavole lunghe metri
due per uno che servivano, esposte al sole per alcuni giorni, a
fare asciugare la polpa del pomodoro che poi diventata
conserva, veniva usata per cucinare gli stufati, la cacciagione
ed altri condimenti per l'inverno...(che sapori) ma quando il
diavolo ci mette la coda...certo, dovevo completare l'opera
buona della giornata...altro che fioretto; nei pressi col carretto
avevano depositato, per motivi di lavoro in una casa, della
sabbia di cava, (trasportata col carretto di Pippinu Addu);
veloce mi sovvenne un pensiero e fulminea fu l'azione...Presi
delle manciate di sabbia e la buttai come il cacio sui
maccheroni, su quelle tavole che tanti sacrifici erano costati
alla legittima proprietaria...tanto non si vedeva neanche un
cane in giro, il paese sembrava disabitato, (altro che peones
dormienti); la stessa sera arriva a casa una donnina
lamentandosi dell'azione maldestra, fatta dal sottoscritto ...io
a nascondermi, e mia madre a promettere di risarcirla con
delle ceste di pomodoro...questa brava vecchietta, aiutata dal
figlio, è stata l'ultima a fare il pane di casa cotto a legna,
vendendolo attorno sino al millenovecentosettanta, mentre
altri panettieri già avevano iniziato con i forni a vapore.
Certo, prima in ogni famiglia in casa esisteva il forno fatto
di mattoni, la farina e il grano duro erano locali e dei nostri
terreni, così pure si faceva la pasta di casa per otto dieci

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giorni e le sostanze e i sapori sanno ancora di nostalgia...e di
rammarico per il tempo che fu...o, come vorrei ritornare un
giorno su questa terra e ritrovare la stessa società dei miei
tempi. Pensate che anche gli adulti giocavano "a ciampa o a
travulongo"..,la pace, la gioiosità e lo sfottò delle voci
impregnavano le vigne e i campi della periferia. Era la libertà
completa dell'essere vivente. Ritornando ai miei gioielli,
degni di essere incastonati nei migliori vocaboli...

LA POLVERE DA SPARO E LE BOMBETTE


Nella famiglia di mia madre, vi erano quattro uomini
tutti cacciatori, Padre Giacomo fratello di mio nonno nati
entrambi nell'altro secolo, zio Giuseppe e Padre Alfonso
fratelli di mamma, che avevano anche diverse stanze adibite a
contenere decine di uccelli, conigli, c0turnici, tortorelle etc. e
tutto quello che serviva per confezionare le munizioni... e
spesso mi soffermavo nel guardare...godendo anche del canto
e nell'imbeccare nidiacei trafugati dai nidi in campagna. Un
giorno trovandomi solo, presi una scatola di inneschi e un
barattolo di polvere...volevo confezionare delle bombette e ci
sono riuscito, mettendole sotto a dei mattoni e percotendoli
davano una buona esplosione...per farla breve ho dovuto
schivare per una intera settimana, incontri ravvicinati di mio
zio Alfonso, nonché padrino di cresima; per la verità in una
strada nei pressi di mia nonna ho dovuto fare gli ennesimi
slalom con giuoco di gambe degni di un grande discesista
(Rocca duemilasei ) per non cadere nelle grinfie del bel prete
(era simpatico alle donne anche sposate)...qualche sera dopo
stavo seduto sugli scalini di alcuni miei coetanei vicini di
casa (questi mangiavano la minestra) e scherzando ad alta
voce...all'improvviso, ma spesso per quei tempi, quel poco di
luce notturna per un blackout diventò notte fonda e buio
pesto. Si continuava a scherzare, quando a pochi metri
percepisco lo svolazzare di una sottana...non era quella di una
donna...ma, la veste lunga e nera che indossano sotto il

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soprabito i preti...non ho ragionato...so solo che, per
l'ennesima volta, ho dovuto fare da fermo uno scatto (da
gattopardo siciliano), dando quella distanza di sicurezza che è
aumentata nella discesa davanti al monastero delle Pie Suore
Filippine; le strade allora erano nei migliori dei casi
acciottolate e in certi punti assomigliavano a delle
mulattiere...infatti, alcuni anni dopo mio padre, "L'impresa
edile Mangano Luigi", asfaltò per la prima volta i corsi
principali del paese. E' certo che, dopo qualche settimana, ho
regolato i conti col giovane prelato, con qualche
scapaccione.., anche perché con lui che era il prete più
giovane della famiglia, e io il primo nipote, mi portava
sempre a caccia e, per essere libero tutta la giornata, alle
quattro di mattina mi veniva a prelevare, ma io ero già
pronto, anzi non ci avevo dormito la notte...apriva una chiesa
e, a lume di candela, celebrava la sua brava messa in pochi
minuti..,Io a portare il tascapane e la cacciagione che spesso
mi pesava.., ma, ero felice di stare in un mondo pieno di luce,
padrone del paesaggio e sicuro di vivere sano tra gli alberi, la
frutta, gli animali che ti adornavano come in un regno che
non avrebbe avuto mai fine.

BATTAGLIA: LE VACANZE E LA CACCIA


Invece...invece... "ricordo", struggendomi il cuore, ogni
pietra o sentiero che ho calpestato, ogni angolo di bosco, i
risvegli a contatto della natura nella casa colonica di
"Battaglia", il ronzio nel silenzio assordante di qualche mosca
o il tintinnare della prima pioggerella autunnale sulle foglie
imbrunite del pergolato, lo stridire del cancelletto di ferro
arrugginito, sin'anche l'ombra sotto l'immenso e secolare
gelso nero che, nel periodo estivo e nei giorni di calura, o
quando tirava lo scirocco africano, era come un refrigerio; e
l'acqua della gebbia o del pozzo poco distante, sempre
fresca... oppure sdraiati sull'erba a scherzare e gioire come
una nidiata di piccoli volpini...perché il tempo non si è

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fermato...avrei voluto stravolgere le leggi di quella natura
che, oggi mortifica i nonni della mia età...la quiete, l'aria, la
luce, i colori, i profumi delle erbe selvatiche, i suoni e le
armonie facevano da corona ad ogni pie-passo di ogni
vivente...sì, ho sentito che c'era tanta miseria dopo la
guerra...ma con un piatto di fave la gente sembrava fosse
felice...e in mancanza le verdure spontanee (cicoria, vurrania-
borragine, asparago, salica-bietola, finocchietti dolci, porri,
sedano, cipudduzza, purciddana, fichi, fichi d'india, gelsi neri
e bianchi, mele, mele cotogne, amarene, etc., erano ricercate
e molto prelibate ... ma...i ricordi, il sole, la luna, le stelle
estive, ti parlavano e avevano altri colori, ti dicevano tante
cose, ti davano fiducia, sprone e felicità fatte di cose
innocenti come...come...di quelle cose che potrebbero
apparire puerili in special modo ai giovani d'oggi..; non è
l'evoluzione della specie...ma il retrocedere verso un infinito
infelice che porterà senza dubbio l'uomo ad un degrado
irreversibile...da qualche settimana, Annalucia con il
grembiule, le manichette tirate su e sopra una sedia, sciacqua
i piatti imitando la mamma...insomma si muove come una
donnina nelle faccende domestiche (ha imboccato quella
strada giusta del voler conoscere)... vuole imparare anche se
ha vent'uno mesi...mentre Matteo, a sette mesi, mangia,
gioisce e non ha problemi con i suoi denti inferiori...(che
cannibale), spero che questo maciste, non mi imiti nelle mie
gesta fulgide di gloria diavolesca. Un giorno ero in
compagnia del vero "parpagnino" di due anni più grande di
me e altri due coetanei, ma forse, quello aveva il nome e io
facevo i fatti...niente scuola e, passo dopo passo per le
campagne, decidemmo di raggiungere una zia del mio degno
compare in un altro paese, Sciara, dove qualche giorno prima,
in pubblica piazza, avevano scannato un mafioso e qualche
tempo dopo un segretario della camera del lavoro...,( era il
periodo che i contadini pretendevano la terra dai baronati
protetti dalla mafia ). Dalla mattina siamo arrivati verso l'ora

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di pranzo, avevamo parecchia fame e sete...quella zia, una
tirchiona, ci diede soltanto da bere e qualche biscotto
casareccio...vista la mala piega decidemmo di ritornare
all'ovile, ma per ringraziare la megera della sua avarizia,
qualcuno le diede a parlare, mentre io e Turiddu le
trafugammo una pezza intera di ricuotta salata al tempo
giusto...messa li vicino alla porta per asciugare meglio...dico
che avevamo fame per la passeggiata forzata di undici
chilometri e, anche se era salata, la finimmo per disperazione,
tanto che nel tragitto di ritorno andammo in cerca di un
rigagnolo per dissetarci perché le labbra e la gola erano
impiastricati di salamoia. Un pomeriggio, assieme al mio
gruppetto fidato, tornavamo dalla parte più bassa del paese
verso casa (da Palisi ), ma , arrivati davanti la chiesa Madre,
quando dalla parte più a monte detto "ai cummuna di supra"
, una forte esplosione squarciò la serenità e il silenzio
monotono che imperava nell'aria assolata, tanto che centinaia
di colombi impauriti svolazzavano in ogni direzione foriere
di sventura e di dolore..,poco dopo corremmo
incuriositi...una scena Michelangiolesca mi si parò
d'avanti...don Pippinu u Palermitanu (dalle sue origini)
portava verso casa come un fardello, penzoloni, il corpo
inerte insanguinato di uno dei due figlioli (infatti, questo da lì
a poco moriva gemendo)...mentre l'altro rimase leggermente
ferito, un terzo Micu (Domenico) perse un occhio,così gli
rimase il nomignolo (Micu cun'occhio), seguii con lo sguardo
e con i passi quel padre che invocava aiuto dal cielo e dalla
terra. Io, piccolino e ancora più piccolino, mi smarrivo,
vedevo Abramo immolare il proprio sangue per volontà del
Padre che sta Lassù... in paese allora esistevano solo due
medici, l'ospedale più vicino è ancora a trenta chilometri, già
in paese esisteva qualche rara balilla (quelle Di Saeli della
principessa e di Mineo), alcuni camion e diversi
carretti...erano solo questi i mezzi più veloci...dunque si
poteva morire in caso di bisogno anche nel giro di poche ore.

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Tornai a casa desolato e triste, rassicurando mamma della
mia incolumità...poveri genitori, vivevano in una
modestissima casa e di stenti...aveva sedici anni Filippu e,
ora che incominciava a contribuire con il lavoro di venditore
ambulante per le strade del paese, la disgrazia e la beffa...con
i residuati bellici molti casi analoghi si verificarono dopo la
guerra... tanto che sia nei libri di scuola che i maestri
mettevano in guardia dai pericoli incombenti, in special
modo per i ragazzi scapestrati come il sottoscritto. Io e mio
padre abbiamo due modesti primati...Lui è stato il primo
imprenditore edile iscritto all'albo del Genio Civile di
Palermo; io il primo insegnante di Educazione Fisica abilitato
all'insegnamento dopo avere frequentato con molto onore e
passione l'ISEF di Palermo, con tanto di abilitazione
sostenuta a Bologna millenovecentosettantasette e vincitore
di merito al concorso per la cattedra con sede di Roma nel
millenovecentosessantanove, ventiquattrore prima della
nascita del mio primogenito Luigi; così, in poche ore due
eventi felici che ti indicano la strada che ti assegnano il ruolo
che avrai nella società che, con la tua piccola partecipazione
cercherai sempre di migliorarla.

TRAGEDIA IN CAMPO
Avevo diciannove anni e giocavo nella Juventina di
Palermo squadra di promozione, con presidente Renzo
Barbera, oggi infatti lo stadio della Favorita porta il suo
nome; nel periodo estivo partecipavo al torneo delle
Madonie, giocando per il mio paese Montemaggiore Belsito;
ero praticamente il solo semiprofessionista della squadra,
partecipavano pure il Cefalù, il Collesano, le Petralie,
Castelbuono, etc. Una domenica ospitammo il Castelbuono
che era primo in classifica (noi al quarto) e, nella strategia
della settimana, io da ala ambidestra, si decise, essendo uno
dei più smaliziati, di posizionarmi in forma di regia sulla tre
quarti davanti al nostro libero... infatti vincemmo per quattro

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a uno..,ogni palla fuori dalla nostra area, la lanciavo senza
pensarci ai nostri attaccanti...al trentaduesimo del secondo
tempo, arriva alta verso di me, l'ennesima palla che avrei
potuto facilmente stoppare e liberare, ma il destino a volte è
crudele e il diavolo gioisce mettendoci del suo
malefico...assieme alla palla ancora alta veniva verso di me
velocemente l'ala sinistra avversaria di nome Luigi Failla...in
licenza perché svolgeva in quei mesi il servizio
militare...erano arrivati diversi pullman e macchine, sin'anche
il sindaco di Castelbuono e la fidanzata di Luigi; in pochi
secondi maturò una sciagura immane, il destino di una
vita...oh mio Signore, perché con un soffio potevi deviare il
pallone in qualsiasi parte del campo o addirittura fuori...
invece l'olocausto puntuale, freddo e senza una ragione si
concretizzò, invece di colpirla io quella palla stregata e piena
di fuoco come se venisse dagli inferi, gridai: "Nino tua"... il
quale preso alla sprovvista dell'imminente incombenza e più
lontano di me, arrancò in uno scatto da panzer andando a
battere la sua forte fronte come un mattone, contro una delle
parti più indifese e deboli della nostra testa, la tempia destra
di Luigi Failla; il pallone velenoso schizzò via nascondendosi
di vergogna e di paura...Luigi restò a terra digrignando i denti
quasi incosciente...gli buttai come pronto soccorso un secchio
d'acqua addosso...ma...la notte morì per emorragia cerebrale
in ospedale. Mi sentivo colpevole per non aver liberato l'area
in quell'azione infame, inviai una lettera di perdono ai
genitori di Luigi, che venne pubblicata dai cronisti nel
giornale di Sicilia e in altri quotidiani... per alcune settimane
mi rinchiusi in un sonnolento dolore, era venuto a mancare
all'affetto dei suoi cari un mio avversario sul campo di
giuoco, ma avrei dato parte della mia esistenza pur di vederlo
ancora in vita e giocare ancora assieme. L'anno successivo il
Castelbuono, il Cefalù, in un triangolare in memoria di Luigi
Failla... vincemmo noi la coppa che, senza pensarci due volte,
la portammo piena di fiori sulla tomba dov’è ancora oggi...

35
così pure il campo sportivo del suo paese è chiamato al
"Luigi Failla"; arrivederci, forse un giorno continueremo col
pallone a divertirci all'infinito...come tanti bravi ragazzi
lontani dalle insidie della droga e da altri virulente occasioni,
che purtroppo la società ci riserba...nei miei quasi
quarant’anni di insegnamento ho codificato nella mente e nel
cuore dei miei giovani, la correttezza nella vita, nello sport, la
volontà del dovere prima verso lo studio e poi, nel tempo
libero, a svolgere quelle attività ludiche che mirano ad uno
sviluppo sano delle forme psico-fisiche, in modo che, da un
semplice germoglio possa crescere una bella e vigorosa
pianta, carica di buone prospettive e ad esempio della società.

KAROL WOJTYLA ("Se mi sbaglio mi


correggerete")
Oggi, primo aprile duemilacinque, il Papa è in fin di vita.
Il mondo, non solo quello cristiano, è in preghiera per questo
grande uomo... due aprile (mattina), é ancora in agonia,
mentre da ogni angolo della terra la gente di qualsiasi colore
si raccoglie ovunque, dimostrando, come a un vero padre, un
grande amore... "Se mi sbaglio mi correggerete, se tu vivi con
i giovani, devi diventare anche giovane"; alle vent'uno e
trentasette di sabato Giovanni Paolo II ha intrapreso il
cammino verso il cielo, per andare a bussare alla porta del
Grande Padre... non ci sono aggettivi per esaltare questo
Alfiere della Madonna, apertamente spietato contro gli
ingiusti... ha protetto i deboli, gli indifesi, "Convertitevi... un
giorno verrà il giudizio di Dio;".
Ha elevato la dignità di ogni essere umano a qualsiasi
bandiera esso appartenesse, ma è con i giovani di tutto il
mondo che ha aperto nuove strade, nuovi sentieri illuminati
da quella luce celestiale, per formare e modellare il giusto ad
immagine di Cristo... ora, davanti a queste grandiose
problematiche affrontate nella storia dei secoli: S. Giovanni
Bosco, Madre Teresa di Calcutta, Giovanni XXIII, Padre Pio,

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Don Giussani, Papa Karol Wojtila, etc. quale è il nostro
impegno giornaliero, la nostra partecipazione e, il nostro
apporto fattivo? A tale domanda, mi sento piccolo, piccolo e,
forse anche passivo... già, sono trascinato anche io dal vortice
che inghiotte quei sentimenti che invece dovrebbero essere
presenti e ad esempio di virilità in quell'equilibrio operante
sano e veritiero, sia nei propri confronti che, nei rapporti con
la propria comunità... e, allora ogni mattino, ogni giorno
aiutami a mettermi in cammino, perché, solo Tu, sei stato
capace di tanto...Sono tentato di fermarmi qui...non
aggiungere altro, tanto, voi, miei carissimi nipoti troverete, ne
sono sicuro (per la ottima educazione dei vostri genitori),
giusto asilo nel cuore della nostra Madre Santissima, e,
possiate essere in eterno i prediletti. Si dice: "morto un papa
se ne fa un altro", infatti, dopo poche fumate nere, quella
buona bianca e, il segnale tangibile delle campane, prima
quelle del Vaticano, poi di tutte le chiese cristiane del
mondo... "Abemus Papam", il tedesco Giuseppe Rathzinger,
grande teologo che eredita una grande responsabilità... si è
dichiarato "un umile operaio della vigna di Cristo". [Mi
sovviene disse "Alberto di Giussano era un condottiero"]
COME ERAVAMO
Mio padre aveva dei lavori di rifacimento del vecchio
municipio, e, sulla sommità accanto alla chiesa del
Santissimo Crocifisso si ergeva quel famoso orologio dal
diametro di oltre due metri che, con i suoi scricchiolii
pardon, rintocchi, ricordava ai poveri mortali del paesello e ai
giovani, che la strada era lunga e faticosa... tanto mi
nuocevano le ore, che ho pensato bene di spostare la mattina
di un venti minuti indietro, e la sera in avanti, così
Matteuccio, che ero adibito a portare l'acqua da bere (periodo
delle vacanze scolastiche) agli operai, avrebbe lavorato di
meno. Non esistevano ai tempi, (dopo la guerra del
quarantacinque) tutte quelle comodità e il benessere di oggi e
lo spreco enorme...qualche esempio cari giovani? Il consumo

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dell'energia elettrica in una famiglia media era da cinque a
quindici watt (dunque pochi Kilowatt),cioè due-tre
lampadine, esistevano pochissime radio, infatti la nostra, una
"Phonola", era la terza in paese... e la sera era immancabile la
visita dei vicini per sentire il comunicato o le commedie... la
televisione in Sicilia è arrivata attorno al
millenovecentosessanta e soltanto primo e secondo canale in
bianco e nero...(anche qui era un correre dai vicini) il ferro da
stiro era a carbone, la doccia sconosciuta, solo qualcuno
aveva il bagnetto (vacili o una tinozza), si riscaldava l'acqua
(in inverno) in una pentola, e con uno straccio ci si strofinava
per bene, niente lavatrice o lavastoviglie...tutto con la forza
delle braccia e della mente... l'acqua o dal pozzo o dalla
fontana (cinque sei in tutto il paese: Miccittu, S. Fara ,
Mennula a brivatura tunna e a chiazzetta di iusu).
Spesso di notte, si faceva il pane e la pasta per otto
giorni, si portava la legna per cucinare dalla campagna, altro
che il metano ti da una mano... la carne, chi poteva, solo la
domenica... si faceva largo uso di cereali, frutta, verdure (in
special modo quelle spontanee), uova e farina, qualche
animale da cortile... si andava a piedi anche per decine e
decine di chilometri, i privilegiati col calessino, il mulo o col
"u carriettu" che era il mezzo di trasporto per eccellenza...
con i disegni e le storie di Orlando Furioso, dei Saraceni e dei
draghi infuocati... trainato da un mulo o da un cavallo,
portava di tutto... persone, frutta, ortaggi, calce, sabbia e
pietra dalle cave, mattoni e tegole dallo stazzone, acqua,
paglia e fieno, grano, animali e tutto quanto necessitava
trasportare... e, nei vari paesi o, nello stesso, c'era chi si
vantava del miglior mulo o cavallo da tiro, erano come i
campioni o i divi di oggi della TV, o del calcio... solo che...
guadagnavano quel poco che bastava per riempire la pancia a
metà; Quando la sera la grande pentola di rame (che poi
veniva pulita con della sabbia e, che a forza di strofinare si
consumava l'interno che era stagnata) e allora sempre per

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sopravvivere interveniva lo stagnino (u stagnataru), quasi
mai gli si davano dei soldi, ma, uova, pane, vino, cereali o al
limite qualche gallina vecchia... dicevo... che... se nella
pentola ci stava della pasta (esisteva solo quella imbastita in
casa), e spesso dai miei nonni anch'io anche per giuoco,
giravo una lunga leva e la pasta poi usciva da sotto un
torchio, per poi essere messa ad asciugare su delle canne o
dentro delle ceste di canne e vimini confezionate da un mio
zio (chiamato col soprannome Pietro Panarieddu... Nelle sere
d'inverno fredde e buie e piovose (altro che condizionatori
d'aria calda e fredda e doppi vetri), la pentola borbottava
sorridendomi, e, il calore della legna e le fiammelle erano
come se un grande mago ti ipnotizzava gli occhi il cuore e la
mente, tutto ciò ti dava un senso di invidiabile pace, e, di
sicurezza... i piatti fumanti di pasta e ceci con verdure ti
inebriava i sensi di una filosofia ormai in disuso e
sconosciuta per voi giovani... io appartenevo sia come data
storica, la mia nascita è del venti dieci trent’otto, alle cinque
di mattina, tanto che zii e nonni corsero al mio capezzale (il
primo nipote, per poi andare a vendemmiare a “vinnignari" a
Battaglia; dicono che quella sia stata una delle migliori
annate... che vino sopraffino... in casa con "a mammana" che
é poi la levatrice che, in qualche caso la combinavano grossa
che, per qualche cicatrice o infezione nell'apparato genitale,
poi si sviluppava la nefrite e qualche mammina purtroppo
moriva per non andare in ospedale.
Appartenevo fortunatamente ad una famiglia medio-
sana, dal punto di vista economico e sociale, non ci mancava
quasi niente... papà Luigi, orfano sin da piccolo, aveva
imparato tanti mestieri, non si è mai risparmiato, ha lavorato
con grande ostinazione e sacrifici, dalla sua campagna
ricavava tanto olio che poi vendeva. La famiglia di mia
madre era possidente di uliveti, vigne, cereali, animali,
"mucche" date ai contadini con i quali divideva i frutti,
vitelli, agnelli, formaggio, grano etc. Non voglio essere

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egoista, ma, la gente anche quella umile, era più contenta di
oggi... il sorriso sulle labbra era più veritiero, gli animi erano
giocosi e quello davvero importante... lo spazio che ti stava
attorno, non ti soffocava di regole «leggi e tasse come oggi,.”
alla faccia della società in cammino... L'acqua che arriva oggi
nei nostri rubinetti è sempre sporca, piena di calcare, di
medicine, è imbevibile, di conseguenza, vai ai supermarket
spendi dei soldini per l'acqua imbottigliata a contatto della
plastica anch'essa nauseante... e, poi paghiamo quella di casa
almeno due volte, perché, oltre al contatore grava pure la
fognatura, per non parlare dell'immondizia e delle tasse sugli
spazi dell'edificio etc. etc. Vedete oggi duemilacinque ci sono
in ogni famiglia dalle due alle cinque macchine (per la
precisione siamo i primi nel mondo con uno virgola quattro
auto pro capite); altrettanti televisori, due lavatrice, la
lavastoviglie, due-tre computer, diversi aspirapolvere, più di
una caldaia, hi-fi, alcuni ferri da stiro a vapore, i figli non si
accontentano della veloce doccia... ma, del bagno stracolmo e
per più di una volta la settimana, collegamenti con internet,
abbonamenti per i film e le partite di calcio, telefonini usati
per ore e ore sin dalla più tenera età, come il biberon, ci
fanno pure l'amore tanto ora si vede tutto nel piccolo schermo
compresi i filmini... invece di mangiare con i genitori a tavola
(come una volta) vanno spesso nei pubs o nelle discoteche da
sballo e, sappiamo le nefaste conseguenze del sabato notte e
non solo...(le ragazzine di dodici anni escono di casa alle
ventitrè, per far ritorno alle sei di mattina); non parliamo del
vestiario alla moda e quello ancora non usato è da buttare...
una volta veniva a casa il sarto, il calzolaio a prendere le
misure, come il beccamortaio... infatti "u zuu' Pippinuu"
vicino dei nonni (ecco ti fazzu a Mattiucciu un bel paio di
stivaletti di vacchetta per l'inverno, un paio di sandali aperti
per l'estate e delle scarpette basse per la primavera o col bel
tempo per tutti i giorni... un punto più grande perché il piede
ti cresce; era la forma quasi carezzevole e la voce amica a

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farti sognare ed agognare questi grandi regaloni...a questo
punto debbo raccontare un flash, già, perché è durato soltanto
mezza giornata, dalla mia solita fuitina, praticamente dalle
quattordici alle venti e passa; avevo sette-otto anni e vedendo
alcuni miei coetanei andare quasi sempre scalzi, anche
quando faceva freddo, quel pomeriggio quasi estivo ho
voluto imitarli... scorazzavo e mi involavo per strade e piazze
come il dio Marte, capite ero più libero, più leggiadro nei
giuochi e nelle rincorse arrivavo sempre per primo... quante
vittorie... così ero promosso sul campo, ero il capitano dei
miei compagni... oggi sono giusti sessanta anni andati via...
ma li ricordo come se fossero dell'altro ieri, anche se alcuni
fotogrammi mi ritornano sfuocati nei lineamenti dei visi e dei
nomi... ma il vociare gioioso, accompagnato anche dal grido
di Tarzan o di Zorro ha lasciato impresso nelle facciate delle
case a pietra renara, come se fossero gli odierni CD, tante
emozioni e trastulli innocenti che sono solo di allora... quella
sera in uno dei rari momenti di relax, sedutomi in piazza e
vistomi additato da persone adulte con sguardi meravigliati
per i miei piedi francescani.. cercavo di nasconderli... ma,
dove? In ginocchio, accovacciato così corsi a casa con fare
vergognoso riprendendo i miei sandali...ma, contento
dell'esperienza nuova. Ritornando ad oggi, anche i bimbetti
dell'asilo vogliono per la scuola tutto quello che la brava
televisione di stato semina nella mente delle famiglie
italiane... ci si giustifica "è l'era del consumismo" per diversi
articoli essendoci la domanda i prezzi vanno alle stelle... non
c'è più equilibrio né coscienza nel lavoratore (come mai i
cinesi hanno una filosofia diversa sul lavoro, sono i primi
produttori nel mondo anche per il risparmio)...la mia
macchina deve essere una mercedes da 120 milioni e cosi via,
mio figlio lavora poveretto... però, fa qualche turno di notte e,
poi ha pure il mal di schiena avrà l'ernia al disco; una sera, di
quelle serate estive piene di quiete e di silenzio che ti dava
una certa pace e ti portava alla meditazione quasi religiosa,

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ricordo che eravamo seduti davanti la casa dei miei nonni
materni, la piccola lampada di dieci watt all'interno del piano
terra era spenta (ecco la bellezza del voler risparmiare)... e
noi tutti alla fioca luce della strada che ci pioveva sui capi,
come il Santissimo Sacramento... l'abitazione dei nonni, una
palazzina di due stanze per piano sino al terzo, con una ampia
terrazza che proponeva allo sguardo di veleggiare per oltre
trenta chilometri dal fiume torto a Caccamo sino al mare di
Bonfornello, e di assaporare quella dolce e fresca brezza che
andava dalle quindici alle diciannove, e spesso nei mesi estivi
vedevi e sentivi quelle cantilene ammaliatrici che i contadini
locali, su una spianata dei vari cocuzzoli, incitavano muli,
asini, cavalli (cu azzuotta'mmanu) a girare sull'aia
calpestando le manne o covoni di spighe o di fave o di
sommacco, per poi col tridente di legno sollevare in aria la
paglia che, con quella famosa e amica tramontana, dividere le
stoppie dal grano "ogni chicco era una goccia di sudore" ma,
in compenso, la brava moglie preparava in quei periodi, per
rinforzare l'uomo suo, uova al tegame con piselli e fave
fresche, qualche pezzettino di lardo o pancetta, qualche
patata, aglio e cipolla abbondante " a frittiedda", mezza
vastiedda, pane rotondeggiante di milleduecento grammi
circa, cotto nell'immancabile forno di casa e, il profumo si
sentiva a centinaia di metri... e, in quelle occasioni era
d'obbligo "a fruazza" la stessa pasta veniva leggermente
pressata larga tredici centimetri per ventitrè di lunghezza,
condita con pomodorini acciughe o sarde salate, origano,
sale, olio, oppure con ricotta e formaggio fresco...che
leccornia, sapori da capogiro, o, il pane appena sfornato,
tirato fuori dal forno "a pupa", forma di pane larga quindici
per trentadue tagliata orizzontalmente e imbottita di
formaggio fresco olio, sale, origano,o con la ricotta novella...
Assaggiare o meglio mangiare per credere; cibi degli Dei...
e, intramezzato da orgogliosi "uccuna" sorsi di vino color
rubino, che come diceva Turiddu nella divina "Cavalleria

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Rusticana": “Mamma...quel vino... quel vino è generoso”...
sì, sincero perché era stato munto da una mamma vigna, da
una terra di fuoco, proprio sopra a brivatura di Santa.Fara,
quanti fotogrammi mi affiorano...quanti gesti dettati dalle
nostre radici..."au parmientu di nonno Cicciu), il vecchietto
come un diavolo, con i pantaloni tirati alle ginocchia
calpestava i grappoli d'uva, mentre rigagnoli di sangue
venivano giù come dal costato di Gesù Nazareno, vigne, tutte
col paletto di legno... e, "nfacci suli, cu avi na bona vigna,
havi pani, vinu e ligna"... ogni acino portava i tizzoni ardenti
degli inferi, la luce dei cieli tersi, lo sguardo fecondo delle
divine e, il sorriso invitante della Trinacria... se passavi
davanti ad un pianterreno adibito anche a cantina, era come
una calamita, una mano invisibile, la mano degli avi ti girava
la testa e ti portava lo sguardo verso la botte...dall'odore già
sentivi il buon sapore che inebria i sensi e rende virili... altro
che viagra... incredibile appena lo bevevi andava in vena,
infatti gli ottuagenari oltre al pane intriso di vino avrebbero
preferito le flebo di vino... perché faceva dei miracoli contro
gli acciacchi reumatoide della vecchiaia, aiutava a fare
"l'ossu viecchiu".Una di quelle sere, forse era il solo
momento in cui io stavo fermo ad ascoltare, quasi facessi
parte delle responsabilità della famiglia, dalla penombra ci si
avvicinò salutando con rispetto il papà di un mio coetaneo,
divenuto da grande direttore di una banca... ecco la svolta
sociale... la sete, la fame, il sudore, la rivincita...” u figghiu
du massaru, du iurnataru" con enormi sacrifici elevarsi nel
mondo che conta... dopo pochi convenevoli, chiedeva a mio
nonno se poteva venire a zappare la vigna perché aveva
necessità di lavorare (u iurnataru), la supplica è stata accolta
tanto che Giovanni l'ho visto per molto tempo nei nostri
campi; un'altra sera un contadino venne a parlare con Padre
Giacomo affinché gli desse in affidamento una inizia
(giovane mucca), e, un pascolo in gabella, per poi dividere i
frutti come era d'uso localmente, anche questa andò a buon

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fine. Mia nonna raccontava che nei secoli passati attorno al
milleottocentottanta per alcune sommosse popolari certi
banditi andavano a derubare casa per casa ma, arrivati dai
suoi genitori, uno dei capi fece tirare dritto, gridando agli altri
della combriccola che quella era una famiglia degna di essere
rispettata, perché aveva in diverse occasioni, dato segni di
grande carità, per amore del vero bisogna anche dire, che per
un metro di terra o, per una pecora avvenivano spesso scontri
anche mortali. "Come un autentico spataiuolo": non l'avrei
voluto menzionare ma... per dovere di cronaca nera sono
obbligato... una sera arrivo nel famoso negozietto e sento
lamentare mia nonna, e, inveire con parole nei confronti di un
gruppetto di miei coetanei... questi infatti ad intervalli
apparivano velocemente sulla soglia e la deridevano con
stupide frasi locali... giustificate anche dalla giovane età
(nove anni), dallo sviluppo socio-culturale dei tempi
millenovecentoquarantasei, del quale anch'io ero intriso sino
al midollo; per poi fuggire con schiamazzi divertiti... al che,
preso da zelo e da una oggettiva difesa dell'onore familiare
senza fare accorgere niente alla mia nonnina, prendo un
coltellaccio che serviva per il taglio del formaggio... da sotto
il bancone e mi acquatto dietro la porta, in attesa di dare la
giusta punizione... pochi minuti e... il primo che si è
presentato porta ancora oggi i segni sulla fronte... lo
sfortunato era Tanu Luzio futuro maestro elementare e
Sindaco per diversi mandati... un caro amico..., quel che
successe dopo ve lo lascio immaginare... gli zii e altri
familiari mi profetizzavano la galera, l'ergastolo nei piombi
di Venezia o, i lavori forzati ad Alcatraz o deportato in
Siberia, o, per gentile concessione una palla nel mezzo della
fronte... io, intanto ero fiducioso nelle mie qualità future... si,
perché, già sapevo ed ero convinto di un ottimo avvenire
socio-economico-culturale... la sicurezza di tali eventi futuri
(positivi), mi veniva dal fatto che, mia nonna materna (quella
paterna emigrò e morì in Argentina a Cordova) diceva

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spesso, perché li combinavo a ogni piè-passo o, come vuol
dirsi... sovente... che (i tustizzi di nicu sunnu buontà di
granni)... era certo che, più ne fai da piccolo, e, forse c'è
speranza che da grande diventi santo... già... ma... sarà così...
noi genitori, noi nonni, a volte gioiamo, ma, spesso
intristiamo le rughe in faccia, la spossatezza o la vecchiaia
cavalcante, piccoli o seri interventi chirurgici... no, non sono
come si dice gli anni che avanzano inesorabili ma, i pensieri,
i soliloqui in special modo quelli notturni... che, non ti fanno
prendere sonno... e, poi diventa una cattiva abitudine cronica
e, sono guai neri... allora come ci possiamo salvare, come
possiamo tamponare lo sfacelo del nostro fisico, in special
modo quello psichico? Io una curetta ce l'avrei... anche se ha
le sue falle, meglio di niente; bisogna ritornare indietro...
pensare sempre di avere una giovane età e sdrammatizzare gli
eventi che si presentano giorno per giorno... con calma e con
una forma filosofica che possa conciliare l'esistenza anche
con forme positive. Già, però non si può rimanere
scavezzacolli e avere la testa (sbintata) e combinare fregature
per tutta la vita... avere i pensieri fra le nuvole e sfuggire alle
normali responsabilità... orbene, appena lasciamo dietro
questa fase e, varchiamo quel territorio che è dei grandi... li,
ora dopo ora, anno per anno velocemente, senza che ce ne
accorgiamo, ci incamminiamo dentro un tunnel a volte molto
angusto e penoso... noi nonni poi, vorremmo ritornare
indietro... ma, lo scricchiolio della cervicale implacabilmente
ti fissa lo sguardo in una sola direzione... in avanti... come
quell'orologio arrugginito del mio paesello che, per gli anni
singhiozzava penosamente... già la strada è tracciata... e,
chissà se riposeremo in eterno, io, una piccola
raccomandazione con qualche santo la vorrei cercare sin da
ora... Annalucia e Matteo, come si fa ad non invecchiare... io,
la nonna, papà Luigi, lo zio Alfredo etc, chi più chi meno a
seconda dell'affetto è un continuo stare in ansia... l'altra
settimana stavo a Palermo e Annalucia, volando dalla

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poltrona ha battuto l'occipite... questo mi é stato tenuto
segreto, ora da alcuni mesi lo zio Alfredo é andato in
Turchia, ha comprato un Kaicco, lo ha portato in Sicilia per
fare dei tours nelle isole Eolie, ho cercato di dissuaderlo, ho
dato i miei consigli sulle forme aleatorie di tale
investimento... i pericoli e il peso del lavoro, ma invano...
come si può non pensare e ripensare scongiurando i fati e il
buon Dio e tutti i Santi del Paradiso, raccomandandosi ai
familiari morti, affinché intercedano con preghiere verso il
cielo. Si invecchia, altro se non si invecchia... Mio padre
negli ultimi mesi della sua esistenza diceva: "Signore fammi
diventare pazzo... così da non sentire la sofferenza..." un
uomo forte come il granito, notava poi il suo
sgretolamento...non è facile da criticare o, da superare, se non
con delle forme inossidabili di fede... e, avere altissime
capacità nel rinnegare le mediocrità e avvalorare pensieri che
portano al superamento e al disprezzo principalmente della
morte... forse le nostalgiche fasi della nostra esistenza del
passato, ci inducono a metterli sulla tavola, su dei vassoi
argentei...(in certi momenti anch'io), è una giustificazione, è
una debole consolazione o, l'uomo egocentrico per natura
deve in qualsiasi maniera buttare nel piatto della propria
bilancia qualsiasi cosa... anche le più miserevoli o le più
sciocche ma, basta che questa penda sempre dalla sua
parte...papà Luigi sentenziava nei confronti di chi nella
società si era macchiato di qualche debolezza (o che avia
pigghiatu...ha strata d'acitu) , “Curri, curri quantu vuoi...
ma, simpri caà t'aspiettu...” Caro Matteo sei la controfigura
del tuo bisnonno Luigi, guarda la foto del suo matrimonio...
sei forte robusto e spero tanto che tu cresca con la volontà e il
desiderio del lavoro che aveva lui... lo zio Alfredo ha
ereditato queste qualità... e, non si ferma se non davanti alla
perfezione, ho già citato dei touring col Kaicco attorno alle
isole Eolie, culla della civiltà mediterranea... bellezze
incomparabili... tradizioni mare e terra, sole, colori e sapori di

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dominio degli Dei... non è facile realizzare certe cose del
genere... bisogna essere in possesso di un bagaglio e una
forza di volontà non comune... che la Madonna possa
guidarlo e proteggerlo . Vedo che alcune titubanze del
passato recente vanno mutando o vanno scemando del tutto
in positivo sulla vostra gestione della crescita psico-fisica... i
vostri genitori Fede e Luigi correttissimi, sanissimi, rispettati
da chi li conosce, timorati di Dio, fanno fra l'altro parte
dirigenziale attiva di un gruppo di preghiera del
Rinnovamento che fa capo a padre Roberto, un esorcista
francescano di vicino Isernia, con numerosi fratelli in tutta
Italia ed è un vanto che papà Luigi viene stimato ovunque...
peccato che oggi molte famiglie sono lontani da queste
concezioni filantropiche-cristiane, certo a sentire qualcuno
che dice: basta non vuole più niente, non vuole mangiare, (sta
bardascia), questa bimbetta, ha la febbre, si è impaurita, si
vergogna se fa la cacca, non le dare più niente che le fa
male... a una bambina di appena due anni non bisogna
mettere nelle orecchie tutte queste filastrocche filosofiche di
inettitudine, e, di bigottismo... bisogna avere molta pazienza
e psicologia facendo primeggiare tutto in forma di giuoco con
sorrisi e allegria; I bambini sono come la carta assorbente,
riciclano ogni frase, ogni atteggiamento, ogni offerta.., e, ne
traggono delle conclusioni che, con l'andare del tempo
potrebbero rivelarsi veramente deleterie per uno sviluppo
sano e sereno; Annalucia per esempio dal diciottesimo mese
ad oggi, venticinquesimo mese, ha acquisito una certa paura
dei rumori "motorini, treno, macchine, suono delle campane,
tosaerba, vento, tuoni, giuochi pirotecnici etc.”. In diverse
occasioni le ho prospettato con forme giocose la piacevolezza
di tali rumori... in data sei dieci duemilacinque Annalucia è
stata solo nel primo pomeriggio con me ed Anna, al solito ha
suonato l'organo, ha mangiucchiato un piccolo biscotto,
abbiamo seguito in TV lo svolgimento della American Cup di
vela di Trapani, seguito con tanto interesse dalla bimbetta,

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perché lo zio Alfredo è lì presente con il Kaicco "barca turca
di ventisette metri, in legno con due alberi immensi a quattro
vele con più di cento dieci metri quadri... come sponsor dei
vini Corvo Duca di Salaparuta... abbiamo messo un
motoscafo funzionante con le batterie nella vasca piena a
metà... insomma al solito non ci siamo annoiati, anzi...
mentre fuori veniva giù un temporale con tuoni vento e
fulmini... Fede si fece sentire per rassicurarsi dello stato
psichico della figliola... risultato?... il sottoscritto notando
diverse domande quali: è il vento? è il tuono ?. Tenendola in
braccio e accanto le spiegavo che, queste forme di suoni
causate dalle intemperie erano soltanto dei rumori che non le
avrebbero arrecato del male... e per rassicurarla ulteriormente
stretta al mio petto, dietro i vetri della finestra godeva nel
guardare il diluvio che si abbatteva sul paesaggio... tanto che
sicura delle mie parole, tornata a casa sua con la nonna,
spiegava ai due genitori tutto l'accaduto del pomeriggio,
mettendo in risalto la presa di coscienza che a sentire il tuono
o il vento è solo un gioco innocuo e piacevole...
Basta presentarli col sorriso sulle labbra e con amore per
raggiungere traguardi psichici favorevoli ad un giusto
sviluppo di un esserino gracile e fragile di questa età... infatti,
non è solo la presa di coscienza dei pericoli... ma, basta
sentire attenta... ecco, si é impaurita e cosi via... per
inculcargli tali timori; abbiamo giuocato davanti la chiesa di
San. Francesco con i pochi attrezzi del parco a disposizione ,
sei salita e scesa con e senza il mio aiuto, diversi gradini e,
poi richiamando con voce acuta e forte l'attenzione di
mamma Fede ti sei buttata a terra come a dire "sono caduta e
mi sono fatta male"... ma, era una forma gioiosa ampiamente
dimostrativa, era la vittoria sul timore di farsi male, di avere
acquisito una migliore postura, di avere affinato i recettori
nervosi sia in entrata che in uscita per l'equilibrio sia statico
che dinamico nello spazio... congiunta alla vita di relazione
come nelle semplici fasi della deambulazione anche

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combinata con altri movimenti più complessi... Questo è vero
sviluppo fisiologico attivo... bisogna perseverare su questa
strada, ne sente il bisogno e cerca di scrollarsi le pasture delle
posture prenatale e ataviche... buon segno... vai avanti così.

MOVIMENTO E’ VITA...
Un movimento, un gesto fisiologico, un gesto atletico, un
gesto automatico volontario o inconscio fa parte della vita. E'
vita qualsiasi atto motorio svolto sia sotto i nostri sensi che al
di fuori di essi. L'azione espressa da un maratoneta, da un
velocista, da un vecchietto che si accende la pipa, da una
casalinga affaccendata negli usi domestici, da un pargoletto
ai primi passi incerti, dal feto nel grembo materno, dal
gamete maschile che va in cerca dell'ovulo femminile é
movimento, dunque è vita. Ove è movimento c!é la
preparazione a qualcosa di nuovo, qualcosa in attesa, voluta,
come il tempo record di un atleta o, semplicemente a
qualcosa che é di contorno alle attività quotidiane. Anche nel
regno vegetale, e qui è il vento che fa la parte da padrone,
avvengono quelle prolificazioni e moltiplicazioni spargendo e
trasportando semi e pollini nei luoghi più disparati. Dunque
anche qui il movimento è sinonimo di vita. Per gli uomini
primitivi il gesto di scagliare una lancia o una semplice pietra
verso animali significava nel vero senso vivere. Muoversi in
senso stretto del significato, allenarsi, effettuare dei gesti
sportivi tendenti al ripristino di attività muscolari in vita
latente è come portarli così a vita nuova, muoversi significa
dare azione specifica ai grandi organi vitali del nostro
organismo predisposti alla ventilazione polmonare e alla
irrorazione sanguigna. Dio vuol dare ricchezza, nuova linfa e
vitalità a qualsiasi parte del nostro corpo. Certo che ogni atto
motorio portato ad un certo livello deve essere studiato e
visto sotto una cornice ad ampio spettro. Infatti l'azione
motoria svolta da un adolescente é diversa da un soggetto
maturo o da un individuo in età avanzata. Potremmo fare

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ancora distinzione tra i due sessi, maschile e femminile per
ovvie ragioni... altra distinzione molto importante é quella tra
due soggetti l'uno in piena forma fisica ed allenato ad ogni
sforzo specifico, e, dall'altra di un essere con carenze fisiche
e fisiologiche e per niente allenato e non pronto ad affrontare
il ben minimo sforzo da quelli di ogni giorno. Dunque è
nell'oggetto specifico che si deve entrare e vedere nelle
particolari condizioni psico-fisiche di ogni elemento prima di
operare o di intraprendere una nuova attività che sia lontana
da quelle abitudinarie.

L’ESSERE DI NOI UMANI


Il presente inventa ma, direi richiama il passato in virtù
di emozioni uguali o simili del trascorso...forse sono
brandelli di noi stessi, della nostra carne, del nostro cervello o
frammenti dell'anima... sussurri, bisbigli, pianti gioie sguardi
o visuali ad occhi chiusi... già, come i sogni carezzati
agognati e quasi mai realizzati, forse abbiamo lasciato dietro
figure posizionate come ancore nel fondo dei mari o, come
obelischi in piazze sontuose, qualcosa che non apparteneva
solo a noi... ma, è l'eredità inconfondibile dei nostri avi, tanto
che ne è fedele testimone il sorgere e il morire anche (del sole
della luna delle stelle) e... delle stagioni "nostre"... oh... come
vorrei aprire il cuore di ogni essere umano...capire...
sviscerare le diverse problematiche che affliggono questa
palla di fuoco e, sanare le piaghe purulente della nostra
civiltà... ma, è come cercare di arrampicarsi su un palo della
cuccagna insaponato e viscido a mani nude... tanto che, il
decantato ego allora è il virus che fa tremolare quegli ideali
buoni di ciascuno di noi. Quando tirerò le cuoia...
perdonatemi questo amaro umorismo... attorno al
millenovecentonovantanove mi trovavo presso casa in
spiaggia a Pineto all'Ambasciatore (sul mare Adriatico), era
una bella giornata di fine Luglio con tanta gente in acqua... a
venti metri da me vedo correre e formarsi sulla battigia un

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capannello.. mi affretto incuriosito... ma da li a poco freno i
miei passi... poiché lo scenario che mi si presenta, mi fa
restare attonito e, una atroce tristezza invade le mie tempie,
causando un disagio d'occasione, mentre cercavo d'inghiottire
qualcosa che non avevo in bocca... per un malore una persona
anziana si era accasciata senza vita sulle braccia e sulle
lacrime indifese del giovane figlio... mentre timide onde
spumeggianti scandivano come un orologio a pendolo
l'ansimare di pochi attimi prima del cuore che ancora caldo
era andato in avaria per sempre, quando arriverà il mio
turno desidero indossare per presentarmi davanti al Padre
Nostro, una semplice tuta ginnica, con un paio di scarpette da
tennis basse... dalla fronte ai mimici facciali, agli arti e
l'intero corpo si presenterà in una rigida posizione di attenti
supino, reverenziale e sereno per l'ultimo saluto... non un
addio... ma un arrivederci (forse)... Non lacrimate... perché,
cercherò per tutta la vostra esistenza di starvi accanto... alle
vostre orecchie giungerà ancora il suono della mia voce... vi
guiderò con i migliori consigli, per un saggio equilibrio della
vita; Affrontatela con impegno e nel timore di Dio... la lealtà
e il rispetto delle forme sane, siano i capisaldi di un credo
civico, sempre presenti nel vostro modo di essere... quando
potete rileggete queste modestissime righe... dettate dal cuore
di tutti i nonni di questa terra... (di qualsiasi appartenenza
politico-religiosa, etico e sociale)... oggi immagino un
abbraccio che non abbia mai a finire... carpire e sentire la
vostra innocente carezza, lo sguardo puerile, gli occhi novelli
brillare e, il corpo vibrare con note di gioia crescente e,
saziarmi con tutti i centri percettivi della vostra esistenza...
Vorrei dissotterrare velocemente anche qualche fatto di
cronaca, di tradizione popolare e soffermarmi su alcuni
volti o personaggi del passato, che interpretano un'etica
sociale... che, nel bene e nel male erano chiacchierati nei
discorsi della piccola comunità, certamente, nella strada a
ritroso dei tempi, molti saranno state le vicende succedute per

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mano dell'essere umano... ecco erigersi allora lo sviluppo
culturale, prendere forma nei diversi stadi delle generazioni...
certo, molte cose oggi ci si presentano quasi illeggibili,
inspiegabili o, che ci sfuggono con la cosiddetta vita
moderna, da ogni senso di logica e di razionalità... noi nonni
cerchiamo di raggranellare tutto quanto ci è possibile, ognuno
a secondo degli interessi e delle proprie potenzialità, di
acquisire da quello che era di ieri, per portarlo sulle
bancarelle delle nostre famiglie, a contatto dei nostri sensi...
dei nostri occhi e, delle nostre riflessioni.
Ma che significato diamo alla vita moderna... pensate
che... chi scriveva nel millenovecentocinquanta o all'inizio
del secolo o, nel milleottocentocinquanta diceva e usava per
lo più gli stessi pensieri, le stesse meraviglie e le titubanze di
quello che era il proprio presente nei confronti del trascorso...
ma, io penso che le verità, le giuste verità siano indelebili e si
tramandano con onore di cronaca biblica da qualsiasi tempo
da prima o dopo Cristo e, spesso rimangono come un
suggello marchiate nel cuoricino di ogni essere vivente...
Questo immenso patrimonio che assurge a vita antropologica,
cerca la giusta identità e la giusta collocazione; sta a noi buon
pensanti con un migliore raziocinio portarlo a galla usarlo
nella vita quotidiana, perché, i nostri mecenati avevano già
pagato il loro dazio nella propria società.

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Parte Seconda

"A vampa d'Ammaculata"... Tota pulchra et macula


non est in te (tutta bella sei...e non c'è macchia in te). L'otto
dicembre ricorre la festa dell'Immacolata Concezione... e la
sera era uso ardere davanti la omonima chiesa servita anche
da monachelle...che, per la verità si sono sgolate e con
pazienza veramente cristiana (Giobbe)...sono riuscite ad
infilarmi in testa le principali nozioni della dottrina, tanto ero
distratto e propenso sempre al giuoco... ma, per fare un
grande falò, li nel corso principale del paese, ognuno di noi
piccoli e grandicelli, cercavamo di racimolare da casa nostra
col permesso o meno di mamma... legna, tavoli sedie etc.
dichiarate rotti... andavamo in piccoli gruppi dentro e fuori
del paese a fare razzia di ogni cosa che potesse ardere... e... vi
dico che... parecchie volte, ce la siamo data a gambe levate...
perché i relativi proprietari, per esempio delle fascine che
servivano per cuocere il pane la pasta o riscaldarsi in quel
periodo invernale con la neve che incombeva... era uno degli
elementi assieme al carbone che costava denaro, lavoro e
sacrifici... dietro la direzione di adulti, finalmente si
accendeva a volte una alta pila di fascine, mentre cantavamo
in onore della Madonna... e... le fiamme del falò si alzavano
per decine di metri verso il cielo... quasi che quei lembi
multicolori andassero a purificare le anime dei viventi e dei
defunti di questa terra sempre sporca e peccaminosa... i miei
occhi si inebriavano dolci e inetti in quella svagata innocente
fanciullezza e... seguivo le faville infuocate schizzare verso
1'alto... sempre più in alto, sino a svanire portando dietro tanti
sogni, tante voci, tanti volti... Così passavamo diverse ore in
cerchio... con ammirazione del profano... ma, nel contempo a
difesa quasi inconscia della forma cristiana-religiosa...,
diversi contadini adulti allora venivano con recipienti di
metallo (u quatu), riempiendoli di quel fuoco sacro,

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necessario nelle case fredde... e, quando la brace si riduceva a
due tre metri di diametro... incominciavano i più grandi e poi
noi piccolini a saltare da un lato all'altro e... sembrava
veramente di avere superato la prova del fuoco... e, poi
gridavamo festosi per la bella vittoria... viva la Madonna
Immacolata Concezione...

“A Nuvena di Natali”... Nel mondo di religione


cristiana, nell'appressarsi del Santo .Natale, fervono nelle
chiese, nelle case, negli oratori, nei conventi, nelle strade
preparativi per realizzare il presepe ed alberi con luci e
festoni inghirlandati di colori luccicanti. Ma quello che ci
lascia sin da piccoli, confezionato, sigillato, incollato dentro
di noi tutti, sono i canti, le dolci nenie..., forse perché ognuno
di noi... ogni essere umano da qualsiasi latitudine provenga,
abbia conseguito un Natale, cioè, ha festeggiato la propria
natività... sia nero, giallo o bianco, l'essere vivente è stato
Bambino Gesù... stesso grembo materno, la stessa culla-
mangiatoia, gli stessi inni elevati dagli Angeli, la stessa gioia
elevata a vita... che venga da Budda da Hallàh o da Dio, tante
grazie. Noi picciutteddi lo chiamavamo “uzzù Vincenzu di
l'acqua", perché impiegato comunale era addetto a distribuire
dal serbatoio di sutta a crucidda l'acqua per i vari quartieri...
di supra (la parte più a monte detto di Miccittu), di sutta (la
parte declinante che va verso la strada dell'Abbatia), ai
quartieri di Cipudda, di Santa Fara, San .Giuseppe o Carvaniu
etc. così via; lo vedevi a volte agile con l'andare cadenzato,
penzolone e molleggiato, aprire i pozzetti e, con una enorme
chiave a croce, deviava quel bene indispensabile anche per
una ora sola (in venti giorni), nelle case assetate... e, per quel
quartiere iniziava un infernale ronzio assordante di motorini a
tutto gas... e, le donne riempivano ogni recipiente già pronti
per l'uso... ( qualcuno diceva pure i cantari )... e, lo zio
Vincenzo, era anche un grande tifoso della nostra squadra di
calcio... e, ci seguiva ovunque, sempre con la stessa borsa

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semivuota, di vacchetta marrone sotto il braccio contenente i
nostri cartellini con l'elenco e tutti i documenti... ci dava
qualche consiglio con le sue battute filosofiche... e, in
trasferta qualche volta rischiò la ghigliottina... ci teneva a
collaborare e aveva in quelle occasioni un sorriso che ti dava
fiducia e forza in quel che sarebbe stato l'agone
dell'incontro... ma era sempre lui a riunirci sul far della sera
sotto l'edicola Del Bambino Gesù, proprio davanti al cinema-
teatro Fiorella, iniziava le filastrocche con una voce quasi
effeminata...
E noi dietro con alti e bassi... era un susseguirsi di alt, di
pause, di aggiustamenti dei toni... ma, alla fine eravamo tutti
grati a noi stessi e allo zio Vincenzo per la direzione, anche
senza bacchetta..., si ritornava a casa per la cena vespertina e
per le strade e da ogni focolare usciva fuori a inebriare l'aria,
i polmoni e, i nostri sensi di quell'odore di pasta, cavoli e
verdure... il tutto ti faceva affrettare i passi verso il tuo
ovile...; l'acqualoru di professione, aveva un hobby, ma, direi
era una passione gratuita festosa e quasi canzonatoria...
portava con altri commensali e il futuro sposo "a sirinata
azzita " ( affacciati bedda mia )... mentre la sua fisarmonica
lo assecondava con sussulti di note nostrane... dopo una
mezz’oretta le porte della verginità si aprivano, era un
incrociarsi di auguri di sorrisi, di compiacimenti, per poi
passare ai brindisi con vino e rosolio fatto in casa, non
trascurando di sgranocchiare qualche pezzo di cubbaita,
qualche cannolu, e, ci si riempiva le tasche di ceci, fave e
mandorle abbrustolite (u scacciu caliatu), poi tutti a nanna
nelle proprie abitazioni, ma, gli occhi aperti rimanevano a
contemplare nel buio come se l'accaduto fosse un lungo
romanzo... ecco... bastava poco per essere felici... e il viso
gioioso negava qualsiasi segno di rughe anche dentro in
ognuno di noi.

LA BEFANA

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La befana.... beh non credo di avere dei bei ricordi... per
tale ricorrenza... si... la calza mamma la metteva sempre al
capezzale del lettino... ma, l'indomani mattina.... trovavo
qualche dolcetto... ma, accanto i segni premonitori erano
inequivocabili ... ( un grosso nerbo per la disciplina, e, il
sussidiario per studiare ) così a malincuore affrontavo una
delle trecentosessantacinque dure giornate a tinte fosche. La
brutta vecchietta con la gobba, col naso aquilino, mi è rimasta
sempre sin dalla più tenera età, molto ma molto antipatica, sia
per la sua bruttezza... o, anche, perché, noi insegnanti non
abbiamo avuto, al contrario dei regionali o di altre
amministrazioni, giocattoli per i nostri figli in tale
ricorrenza...
I VIRGINEDDI ( il 19 di marzo )
Ricorre la festa in onore di San .Giuseppe, il padrone dei
falegnami, in questa data per l'occasione diverse famiglie, che
avevano avuto delle grazie per malattie superate o, addirittura
avere avuta salva la vita in guerra o in altre occasioni o, per
semplice devozione, in casa allestivano un altare con un
quadro della Sacra Famiglia adornato di tovaglie e trine
ricamate, con attorno fiori, rami verdi di agrumi e quant'altro
serviva per addobbare... ai piedi dell'altare si allungavano
diversi tavoli atti ad accogliere anche una trentina di
commensali... per quel che mi risulta, nel passato, i diversi
pasti venivano serviti, principalmente, a tanta gente povera,
che per l'occasione veniva anche da altri paesi... ma, la
tradizione continuava e verso il
millenovecentocinquantacinque, diminuivano i poveri, alchè
le famiglie interessate per la buona riuscita del sacrificio
venivano per tempo prima a casa a prenotare i ragazzini della
mia età... era un vociare festoso... qualche dispettuccio al
fessacchiotto d'occasione, sedie e panche sempre malferme
perché avevamo il peperoncino nel culo; il padrone di casa
cercava di tanto in tanto di quietarci e, nel contempo invitava
"amunì picciutteddi, forza gridammu, viva a MADUONNA DI

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LANCIULI, viva Gesù' Bambino, viva San .Giuseppi..." questo
prima e durante il ricco menù..., infatti era d'obbligo due
primi piatti: “ u risu cu li linticchia,cu li finocchietti,”
selvatici ma dolci, poi pure la minestra che si assomigliava
alla prima e, come secondo, fra le altre cose, primeggiava "u
carduni frittu", ognuno di noi aveva portato dietro (non si
conoscevano le buste di plastica) una borsa di stoffa o di
paglia. Infatti, ti facevano portare una razione, in special
modo di secondo, a casa...qualche arancio e una pupa di pane
benedetto...non vi nascondo che per qualche vecchhietto
povero che aveva riscaldato la pancia con una doppia razione,
ma in special modo per noi giovincelli scanzonatori, stare in
buona allegria era sempre una giornata da ricordare e che
agognavamo da un anno all'altro. Persino nel far ritorno a
casa, per le strade, si inneggiava con voci bianche a Gesù
Bambino, alla Madonna degli Angeli e a San.Giuseppe...

"A Cunnutta"
Pasqua è la passione di Gesù Cristo, è il tempo della
tristezza, delle rinunzie, dei fioretti, il cuoricino di noi
bimbetti era affranto, malinconico e pieno di riflessioni...un
giovane uomo di trentatré anni, nato lontano ma per noi
sempre vicino, ecco il benedetto lavoro di mamma e delle
monachelle...io lo guardavo in ogni effige, dalla piccola
santina alla crocetta di metallo vicino al capezzale...ma quello
che mi turbava in maniera così profonda era quando, saliti i
gradini della chiesa del Crocifisso, andavo dritto ai piedi, di
quel grande Uomo: io, cosi piccolino e in basso, incrociavo i
suoi occhi piagnucolosi; quanta tenerezza sgorgava in
entrambi...già, ad un tratto con rabbia gli suggerivo: "tu sei
figlio di Dio, salvati, annienta i tuoi carnefici"...ti vedevo
quasi muoverti, divincolarti dai ferri...mi sorridevi ora
rassicurandomi...,eravamo quasi parenti, perché uno dei miei
quattro nomi era Croce ( dopo Matteo, Alfonso e Francesco ),
in tuo onore, o Padre mio. Così la bellissima processione "cu

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à vara", con i penitenti e i diversi ordini dei mestieri, gli
artigiani, i contadini, i muratori, etc, con i rispettivi abitini di
diverso colore...e una fiumata di fedeli ondeggiava con
cadenza rispettosa, dalla chiesa Madre al Calvario...mentre la
banda musicale ti guidava assieme alla Madonna verso
l'ultimo atto del sacrificio.
Nel viso dell'Addolorata vedevo quello di mia madre...la
sua figura dolce, tenue, gentile, quella della brava figliuola
come tante donnine del vicinato... mi incarnavo nel suo
dolore... io, un soldo di cacio, non arrivavo cosi in alto sul
baldacchino, avrei voluto tirarti per la lunga gonna nera e
dirti non piangere più... ti aiuterò, ti starò accanto, vedrai,
ritornerà in vita e sarà più in forma di prima. Là processione
con Gesù e con la Mamma Nostra, tutte le congregazioni e la
solita moltitudine in piena straripante, è l'esempio dell'amore
secolare di una piccola comunità; cambiano i tempi, le
generazioni, i ceti sociali, le tecnologie, le evoluzioni della
specie...ma il credo puro di una cristianità cristallina regna
imperterrita, ingrediente essenziale di ogni festa civile o
religiosa, ad onta delle stravaganze e delle nefandezze umane
moderne. Le cose, gli animali e i cieli abbassavano gli occhi
gonfi e turbati...ma ad un tratto, qualche giorno dopo, in
un'alba radiosa, esplodeva il mondo che ti stava attorno...le
campane a briglia sciolta foriere di vittoria annunziavano che
Gesù, divincolandosi con la sua immensa forza, era ritornato
vivo e vegeto tra di noi, accanto ad ogni essere vivente...era
sceso da quella croce per venire a giocare con noi
bimbetti...veniva ad educarci, ad insegnarci i trucchi del
mestiere... quelli della vita eterna...,grazie...Maestro.
Io nei miei trentasette anni di insegnamento, ho cercato
indegnamente di imitarti... non sarò stato bravo come Te, ma,
ci ho provato... diversi mesi prima personaggi " cà sapevunu
di litura ", assieme ad altri paesani che a malapena firmavano
con una croce... ma, di buona volontà, forbiti e con una verve
di chiacchiera episodiale che, spesso nei vari dialoghi

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occasionali mettevano in difficoltà sia l'avvucatu chi u
spizziali... già, scarpe grosse e cervello finu... orbene,
preparavano e riprovavano la sera dopo cena sino a tarda ora
in qualche malasienu ( pianterreno spazioso adibito alla
raccolta dei cereali e quant'altro servisse per i lavori
agricoli..),. dire che sembrasse una stanza frigo è poco... poi
all'approssimarsi della recita A Passione: U Martorio si
provava nel cine-teatro Fiorella, un tempo adornato di
palchetti sia al piano terra che nelle logge... più di una volta,
ho assistito a delle piccole controversie tra il reggente ( per la
prenotazione dei diversi posti con alcuni cittadini ) sembrava
che ora avesse ragione uno e, poi l'altro... insomma, questo a
portarla alla lunga, senza concludere, mi faceva vedere il
mondo degli adulti, con un occhio critico e biasimevole... mi
fermentava dentro... avevo fretta... non mi sembrava l'ora
affinché non mi andassi a sedere e godermi lo spettacolo...
perché a larghi tratti mi vedevo protagonista e... avrei
acquisito tanto di quel materiale da farmi tornare a casa per la
notte, fantasticare ad occhi aperti per molte ore...
Immancabile tempo permettendo la scampagnata fuori le
mura...
"A Pasquietta"... La mamma, le zie, i nonni e i cuginetti
preparavano ogni ben di Dio... il pollo in casseruola, i
maccheroni a strati con le melanzane, fette di formaggio
fresco e di prosciutto, altri primi e secondi a sazietà... ma,
quelle che mi facevano impazzire erano le melanzane bianche
tagliate a fette robuste, sbollite leggermente, passate nella
farina o, nella mollica con l'uovo e fritte... le preferivo alle
fette di carne cucinate in ugual maniera... o, le frittate con
l'asparago selvatico dei nostri boschi ove abbondava... quei
preparativi, quelle parole, quegli sguardi suadenti e appagati,
i richiami, i racconti e i sorrisi sono rimasti all'ombra di
quelle piante... e, le pietre di quei casolari, ora a terra, portano
incise nelle loro vene, gli odori e le essenze della vita che
fùrono...

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Corpus Domini... Era usanza in quei giorni, oltre alle
funzioni in chiesa, portare in processione, per i diversi
quartieri Gesù Sacramentato... ferveva nelle nostre famiglie
dei preparativi... 1'incombenza in genere cadeva sulle donne,
( perché gli uomini lavoravano nei giorni non festivi ) e, noi
ragazzotti di ogni età, secondo gli accordi con l'arciprete, in
una o più strade si ergeva un altare, con i più bei tessuti
ricamati e candidi, sì, perché erano stati curati con sapone
fatto in casa e poi stesi a " u suli e au sirenu "...ma quel che
mi colpiva era che le strade dove aveva passeggiato Gesù,
portato in trionfo come un divo da stadio, con una scia di
festosi plaudenti al seguito, il suolo era ancora tappezzato di
petali e spighe di ginestra profumatissime...infatti, ogni
essere vivente interessato alla realizzazione della festa, chi
più chi meno, portava dei sacchi pieni di petali..,.per noi
"picciutteddi" collabborare nel raccoglierli nei colli ricchi di
macchia mediterranea e spargerli in ogni dove era quasi come
un giuoco che ci si addiceva...

"A Fiera du 14 Settembre"


Per la verità è tredici quattordici e quindici Settembre, tre
giorni in onore di Gesù Crocifisso...mica è fesso l'ominide del
feudo Montemaggiorese...non si è arruffianato ad un santo
qualsiasi, si è prostrato con tanti di salamelecchi, all'autorità
più in alto che rasenta senza dubbio la totalità delle
raccomandazioni, salvo intercessione materna a cospargere
cenere su questa terra per noi miserevoli figli infidi...,a volte
le prime acque autunnali a carattere torrentizio perché la
piena partiva dalle colline ( ai cummuna di supra )
sovrastante il paese, portando nella forte discesa veri
fiumiciattoli di stallatico, paglia e ogni ben di Dio, atto a
fertilizzare le vigne..,.ma per fortuna non era sempre
così...per noi ragazzi era l'evento festivo cloù dell'intero
anno...peccato che non coincideva con il periodo

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scolastico...ma in compenso erano i giorni "dà Fiera"...mi
spiego: i nostri genitori, zii, nonni, amici e parenti, con la
parola magica "veni ccà, ca ti fazzu à fera"...con avido e
piacevole interesse ( è il caso da veri usurai )..allungavamo la
mano e gli occhi per sapere subito la somma delle poche lire
guadagnate... insomma si faceva il giro per la questua senza
tralasciare alcuno, anche dei più lontani parenti...ma debbo
dire che qualche sorpresa in senso negativo era
immancabile...infatti, invece di soldini ti davano dei biscotti o
dei ceci o confetti e mandorle; tante erano le bancarelle:
quella dei gelati, dello zucchero filato, delle noccioline, della
cubbaita ( mandorle abbrustolite ammielate ), giocattoli tiro
al segno, il giuoco delle tre carte o della sfera girovagante,
dell'uomo forzuto, la giostra, articoli artigianali per il
contadino, per il falegname, per il muratore, per il calzolaio,
per il maniscalco, per la casa e per il pecoraio, etc...ricordo
che per qualche anno un cocorita verde ammaestrato estraeva
da un mucchio col becco la tua fortuna...alle porte del paese,
intanto la compravendita degli animali, quali: asini, muli,
cavalli, puledrini, mucche, pecore e persino i furetti per i
cacciatori... certo, bisognava essere esperti e riconoscere
quanti anni aveva un bestia, qualcuno alzava le labbra per
esempio del mulo e guardando i denti si orientava meglio...
un altro metteva le mani fra le cosce della giumenta per
vedere se si imbizzarriva o, rimaneva docile... ma, la parte da
padrone spesso la facevano, u sinsali, il mediatore, se era
amico di qualcuno faceva pendere la bilancia sempre da
quella parte... mi è stato riferito allora, da un mio vecchio zio
che, certi mariuoli, pedinavano da un paese all'altro chi aveva
incassato per la vendita di alcuni capi di bestiame... questo
parente scampò, per miracolo a delle fucilate ritornando da
Montamaggiore a Caccamo; da contorno il film in piazza che,
per i tempi era una sciccheria ( Santa.Maria Goretti... che al
momento dello stupro e baci... ci facevano abbassare gli
occhi pieni di vergogna e di umiltà pseudo-sessuale...) e

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quando passavano con un sacchetto per racimolare qualche
soldino per ripagarsi o meglio, per mangiare qualche pietanza
calda, nella conta erano più i bottoni, che i centesimi... ma,
l'attesa principe era... quando, au chianu du municipiu, di
chiare istituzioni Mussoliniane... per Montemaggiore rispetto
a tantissimi altri paesi viciniori era un bel vanto... opera
d'invidia quella grande piazza con i fasci scolpiti nella pietra
viva dei sedili tutti attorno... era anche un campo di calcio per
noi piccoli e per gli adulti la sera, sino a tarda ora... ogni
metro quadro del vastissimo chianu veniva occupata da una
sedia, che i privati cittadini posteggiavano già dalle tredici
per l'evento serale... Aprite bene le orecchie e gli occhi... ai
tempi venivano a cantare artisti della RAI: Flo Sandons,
Luciano Taiuoli, De Angelis e,in tempi più moderni ( tanto
per dire ),Orietta Berti; l'afflusso in quelle serate, da altri
paesi e sin'anche da Palermo era notevole... i giuochi
d'artificio inteso come "u iuocu du fuocu", certo, non erano
come questi di oggi... ma, erano molto apprezzati... pensate
che molti di noi giovani non avevano visto mai il mare da
vicino, eppure la marina era appena a venti chilometri,.
addirittura qualche garzone che era adduvatu... cioè, lavorava
tutto l'anno quasi da solo ad accudire il bestiame del padrone
in campagna e nei boschi...( a qualcuno che era talmente
rustico gli si diceva anche in forma di scherzo o di sfottò
"armalazzu di vuoscu_"), forse non aveva mai aperto un
libro, non aveva dialogato se non di rado con un essere
umano, non aveva avuto rapporti sessuali con femmine, non
conosceva l'altra società che cresceva... vita da bestia con le
bestie..la voce e i gesti erano arcaici..si erano fermati in
sentieri che venivano da lontano..dalle strade calpestate da
Mosè e compagni, "attia attia attia... storna di caaà
Giuvannina biedda"...se chiamava un suo simile "attè
Taanuuuù...atteeèè Taaanuuuu"...la sola volta che metteva
piede in paese era per la fiera du quattordici, e si vedeva dal
suo incedere per la strada, una forma scimmiesca, per niente

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a suo agio tra la gente comune. Vacillava come un
sonnambulo, e malediva per il fastidio le sue scarpe nuove.

La corsa, pensate...cu scieccu ( con l'asino )


Di parabole, di aneddoti, di smorfie a denti stretti, di
imprecazioni, di invettive, di gesti laconici di resa con mani
ai capelli, di benedizioni con qualche parolina per la rabbia
che solo il diavolo sa...Già, proprio l'asino cosi servizievole e
modesto e poco appariscente come una cinquecento delle
prime serie...ecco, quasi tutti pronti, come il palio di Siena.
Spara in alto per il via..con la doppietta, un cacciatore e
guardia campestre che, per sfregio gli avevano tagliata la
vigna (supra du passu u cuorvu), che neanche a farla apposta,
quella volta, dalla culatta difettosa, al momento dello
scoppio, gli procura una stilla di sangue alla guancia destra.
Sul selciato di pietra focaia, chi andava verso i quattro canti,
invece del traguardo che si trovava sulla piazzetta del
Calvario, cioè in senso opposto..un giovane contadinotto
molto tarchiato, con la giacca di velluto per l'occasione..e
brullo perché bruciato dal sole della campagna...visto che il
suo bravo destriero sembrava incollato al suolo, scende con
un salto agile, tira le redini,ma invano...allora per la rabbia e
con la bocca piena di bile non ha di meglio, prima, di
rompere una verga addosso e poi, tra l'ilarità dei buon
temponi, prende a morsi le orecchie del purosangue...ricordo
che il vincitore fu un giovane falegname proprio di quel
quartiere..e, per la cronaca, anche lui arrivò per gli ultimi
quaranta metri tirando il capezzone e le redini a piedi...
strillava, cosi magrolino com'era, per la gioia..che sembrava
aver vinto il Gran Prix D'Amerique.

La Banda Musicale
Da grande spesso, mi imbevo nei momenti di relax o, per
la sciatica cavalcante a letto forzato, di brani delle grandi
opere dei sommi e immortali maestri: Bellini, Puccini,

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Rossini, Mascagni, Verdi, etc. i tempi passano...gli anni ti
mortificano..ma, l'indole intima di ogni essere vivente, di
ognuno di noi, sembra essere già codificata sin dal momento
del coito, di chi ti ha stampato, creato...già...è un bagaglio
preconfezionato di caratteri ereditati. Appena metti il piedino,
anzi, i due piedini fuori dalla vagina di mamma ti mettono
sotto braccio i doni dei geni, come se fossero dei
giocattolini... a volte non te lo dicono gli adulti... ma, con gli
sguardi e i gesti ti fanno capire che quello sei tu... dovevi
essere tu, così e basta..., come a dire o, ti mangi questa
minestra o... sin'anche il nome e il cognome come una
etichetta di un qualsiasi prodotto di consumo ai grandi
mercati... se pensi già di non farti umiliare, cerchi di
farfugliare sillabe ed endecasillabi... ma, invano... spesso,
non sono in grado di capirci... anche gli strilli sono inutili,
una mano invisibile a volte amica ti dice la strada o il vicolo
che devi imboccare... vai ora... sei tu solo... hai un viso, una
figura, uno sguardo e qualcosa che è il vero carro trainante
della vita che è dentro di noi tutti e, che ci porteremo in tutte
le nostre manifestazioni personali e al contatto col mondo...;
allora, sin da piccolo le note dolci del clarino, il tuono della
grancassa... gli acuti della tromba e degli altri ottoni musicali,
il ciabattare dei piatti e il vocione del trombone, erano per
me, prima una curiosità sull'uso di ciascun congegno a fiato e
a percussione, e, nel contempo mi appagava gli occhi e tutto
l'esserino del mio corpo... e, il cuoricino vibrava seguendo le
onde sonore... ero un habituè... per le strade e in piazza stavo
sempre vicino e assieme allo scemo del paese... nei tempi c'è
stata e sentita una grande tradizione di banda musicale
composta da soli elementi locali... apprezati ovunque si sono
esibiti , veramente bravi...

La Prima Partita di Calcio. ancora, non esisteva


l'attuale campo sportivo, dove per diversi anni, mi sono
cimentato a difendere i colori del mio suolo natio... si era

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attorno al quarantasei quarantasette, dunque avevo otto nove
anni, quando vidi da spettatore tifoso, la mia prima partita di
calcio... la squadra che ospitammo era il Cerda, che per
l'occasione vinse per tre a due, quello che ricordo in
particolare che i legni delle porte erano state presi in prestito
da un muratore-giocatore... la traversa era una semplice corda
della carrucola, legata e tesa alla sommità dei pali, e, il
campo di misura inferiore era di proprietà di mio zio Alfonso
Cascio, adiacente all'entrata della stradella che porta nel
luogo dell'ultimo riposo... pensate che qualche mese prima, in
quel terreno avevano raccolto parecchi chili di piselli... le
magliette erano... una squadra in canottiera e l'altra a petto
nudo... le scarpe da foot-ball... una sciccheria, andavano
molto in voga gli scarponi da caccia e da lavoro... il fischietto
un campanaccio... nonostante tutto questo era una partita
vera... anche con qualche calcione, ma, alla fine tra le strette
di mano e i commenti con i forse... e, i ma... le gazzose anche
se calde con la schiuma come bava, erano il complimento
agli avversari... e noi sciuscià alla fine raccoglievamo le
bottigliette nella speranza che ci fosse ancora qualche
goccetta..; la società di allora incominciava ad evolversi, ad
emanciparsi, ma eravamo in un piccolo paesetto di collina..,
nel profondo sud, la modernità impiega molto tempo...c'è da
attraversare a nuoto lo stretto di Sicilia...ma, si può
velocizzare e avere le stesse tecnologie del nord costruendo
oggi il ponte... un giorno queste pagine saranno ingiallite o
dimenticate, o certi quesiti affrontati faranno storcere la
bocca...ma nel piccolo, nel modesto, nella mediocrità puerile
delle cose vissute, così poco bastava davvero..,l'evento con i
suoi contorni balbettava di soddisfazione...e di un pomeriggio
diverso e nuovo per tutti.

Tiro al bersaglio cu muschiettu a palla...una domenica


mattina, sui colli del bel paesello, cioè “ ai cummuna di
supra” a poche decine di metri dalle ultime case pagliere o

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che fungevano da stalle...dando le spalle all'abitato, diversi
cacciatori con i notabili più eccentrici della comunità,
partecipavano, non ricordo per quale evento, ad una gara di
precisione. Distesi o in ginocchio dovevano cercare di
colpire, alla distanza di cento centoventi metri, un tacchino.
Lateralmente al bersaglio di una decina di metri, un
avvistatore coraggioso si cimentava a viva voce sull'esito
positivo o negativo del tiro. C'era pure il maresciallo e i
cacciatori più anziani, il veterinario, l'impiegato di banca e un
fabbro, che si vantava di avere costruito per intero un
moschetto. Qualcuno dei concorrenti, vista la scarsa
precisione, addebitava la negatività al fatto che, nelle
vicinanze del bersaglio, un tacchino legato ad un palo, ci
fosse una vegetazione simile per colore a quelle del povero
pennuto. Ai tempi, le munizioni, anche se residuati bellici,
costavano, così dopo alcune fasi di tiri per ciascun
concorrente, il grosso tacchino ringraziò facendo la ruota e
tornò a pavoneggiarsi con le comarelle, nel cortile della zia
Carmelina. Molti furono i commenti filosofici di scienza-
balistica...palla a polvere vivace o progressiva, la strozzatura
del vivo di volata, liscia o con linee elisoidali per dare più
assetto rotante nell'incontrare la resistenza dell'aria...calcio
del fucile a pistola o all'inglese...era più favorito il soggetto
brevilineo con collo corto, o il longilineo con collo più
lungo...potrei continuare ancora...ma, ci siamo
capiti...nessuno dei dieci dodici tiratori scelti colpì il redivivo
glu...glu...glu...rallide; era sempre attorno a quegli anni
millenovecentoquarantasei quarantasette,.non ho più rivisto
una simile gara, anche perché dalle scuole medie in poi, con
la mia famiglia, appunto per continuare a studiare ci siamo
trasferiti nella grande città di Palermo cinquantasette
chilometri ( molto diversa da oggi, perché attorno e sin dal
millenovecentocinquantanove iniziava lo scempio della
Conca D'Oro... cioè il via alla devastazione di un immenso
verde di agrumeti per dar posto ad una infinità di megalopoli

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segno inequivocabile di storture amministrative della storia
millenaria della bella Sicilia...) al mio paesello esistevano
allora, le sole scuole elementari e, iniziava un corso di cultura
generale serale per gli operai lavoratori... solo verso il
millenovecentosessanta, essendo anch'io cacciatore per
tradizione di famiglia, ho praticato, nei giorni di caccia
chiusa il tiro al piattello in contrada “ passu cuorvu...”

UN AMORE SCIOLTO COME NEVE AL SOLE


Pensate... nella strada del forno vecchio dove abitavo...
un bel giovane poi emigrato al nord, e della stessa età proprio
della dirimpettaia, una graziosa maestrina... il ceto, o la casta
come volete voi, era diversa... lui fratello del mugnaio, di
quel mulino... e, le condizioni familiari modeste come tanti..,.
invece lei, signorinella sciolta, vivace fisicamente, non le
mancava nulla... sorella di un farmacista, in mancanza di
niente, incrociavano spesso gli sguardi, gli occhi molto
languidi con gesti casti di effusione amorosa... nonostante
tutto... io piccolo sprovveduto pensavo... se sono rose
fioriranno..., invece quell'amore in erba, praticamente
platonico... a causa delle famose spine, non ebbe vita lunga...
si, proprio la neve copiosa di quell'inverno, raffreddò i fuochi
ardenti e i dardi finirono di scoccare dai due cuori
innamorati. Montemaggiore Belsito... lo stesso nome lo
giustifica, sia dal punto di vista geografico, infatti parte dalle
colline e degrada dolcemente a forma di croce verso il
Calvario, ripeto è er più degli agglomerati civili della
Provincia, nonostante che le abitazioni sono solo ad una
altezza di quattrocento metri, in inverno la neve si presenta
più volte e durava anche per qualche mese... gli insetti nocivi
così crepavano e, la raccolta delle olive e messi erano
copiose... a volte la strada provinciale rimaneva interrotta per
la frana... cosi tra la neve le maestre che non arrivavano da
Termini o da Palermo, ci scappavano con sommo dispiacere
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qualche settimana di vacanza forzata... che sfuriate, che
allegria, corse con scivolate, mentre i candeloni di ghiaccio si
staccavano con le belle giornate dalle tegole e dalle
grondaie... che paesaggi quando imperversava la bufera di
neve... schiacciavo il naso sui fragili vetri della finestra, e
stropicciavo col gomito e la mano l'appannarsi dello stesso...
un rigagnolo di fumo dal comignolo antistante si fondeva in
una dantesca forma del nebuloso inferno... mentre gli
uccelletti premurosi, sul calare delle prime ombre, cercavano
riparo sotto i tetti, anche se alcuni di essi venivano spazzati
via dal vento glaciale e ululante..;i piccoli di una volta i
futuri maestri, avvocati o geometri, etc., approfittavano degli
eventi atmosferici...e io, anche se chiù-nicu, mi accodavo, ero
bene accolto, cercavo di seguire la costruzione di enorme
palle e pupazzi di neve...e parecchi furono i rimbrotti della
gente che, poveri malcapitati, ci passavano a tiro. Anche
l'arciprete Parisi ebbe la sua razione...mentre i due pseudo
fidanzatini, lei al balcone e lui al piano terra, si scagliavano
con ardore baci...con forma di palle di neve. Tutto filò liscio
per una mezz’oretta...tra gli sguardi e gli occhi accecati da un
fuoco così forte che è dell'indole sia umana che del mondo
animale. Lo schianto fibrilloso di un vetro rotto diede fine
con vergogna, paura e sgomento, alla bellissima favola...gli
sguardi si rifugiarono nelle proprie case, mentre dalla finestra
offesa della dolce maestrina, riecheggiava fuori come un
erutto polifemiano il rimprovero paterno dello zio Raffaele.

Cutichhiu e i paladini

Proprio alcuni giorni addietro ( dicembre duemilacinque


) la cara televisione di stato, dava uno dei pochi programmi
costruttivi e interessanti, dal punto di vista culturale dello
sviluppo e della conoscenza, portando alla luce, usi costumi e
civiltà del presente e del passato, delle diverse regioni
d'Italia...infatti, dalle forme architettoniche delle chiese di

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Monreale e Palermo, ecco apparire il figlio di Cuticchio...i
resti di una splendida tradizione, anche di folclore, che si
fonde tra la realtà della storia e della leggenda, delle
conquiste cristiane e islamiche...e non solo. Io e mia moglie
attorno al millenovecentonovanta
abbiamo avuto l'onore di visitare i laboratori, la vera
fucina della creazione artistica sia dei pupi che dei carretti
siciliani...ci spiegava delle due principali scuole, quella di
Palermo e quella Catanese, l'altezza, i visi, i colori, le
armature, le anime. Già, proprio le anime. Avevano l'essenza
dell'essere vivente...i movimenti, la voce, i gesti di un
picciuottu che difende il proprio onore...la propria famiglia,
la propria casa, la propria coscienza di vivere.
Da quel vecchio mecenate, quel giorno abbiamo
acquistato parecchi pupi e carretti, ma già notavo nel suo
volto battagliero un malinconico declino e, ad ogni soggetto
che ci consegnava, era come un singhiozzo, come un
brandello che si staccava dalla sua anima...appoggiandosi al
bancone di lavoro e scuotendo la testa in forma di
chissà...sperava tanto che qualcuno dei suoi familiari
continuasse, continuasse a dare vita, forma e anima ai pupi, ai
carretti alle pale con tante storie..le storie che noi piccoletti, e
non solo, storditi e avvinghiati dalle voci e dal battere sonoro
delle spade e dei ferri che ci tenevano avviluppati nel
parteggiare per il più debole, per la ragione...esplodendo alla
fine nella vittoria dei giusti; ecco amici lettori, io sono stato
fortunato a gustare queste invidiabili sensazioni dal vivo...ma
voi, se non avete la possibilità nel presente, raccontate ai
vostri nipotini, le gesta fulgide dei paladini di Francia, detti i
pupi siciliani.

Il Banditore Cieco. " U Vanniaturi Uorbu "

Era attorno al millenovecentoquarantasette( nove anni ),


e spesso mi soffermavo, non a guardare, ma a fissare per

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diversi minuti, un ometto sulla cinquantina. Sì, era piccolino,
portava una modesta camicia a scacchi e un pantalone che si
reggeva da solo.., ai piedi sempre un paio di sandali per tutte
le stagioni, ma erano già da tempo consumati...e
l'immancabile bastoncino che aveva perso pure quella vernice
bianca, ti indicava che il legittimo proprietario era un cieco.
Si guadagnava qualche cosa facendo il banditore.., andava da
solo per i tre corsi paralleli tra di loro che raggruppavano l
ottanta per cento delle abitazioni.., così gridava con una voce
accattivante e squillava frasi ben note alla comunità: " a carni
di inizia a bassu maciellu nu zzu Iachinu.. ,.nazzà Filumena
iè arrivatu un furguni caricu di cacuocciuli, favi e pisieddi
,beddi beddi virdi.., .nuzzù Sulivestru cuminciau a svinnita di
scarpi di sugaru pi tutti i tempi.., Vanni purtau u pisci friscu
friscu."...e, la gente che da lontano aveva capito male.." unniè
,unniè , chi dissi u priezzu ? " Un giorno, nella piazzetta della
Madonna delle Grazie, riconobbe la voce di un commerciante
forestiero che tre anni prima non gli aveva pagato un servizio
di banditore per dei tessuti. Mi faceva tanta tenerezza
quell'omino molto fine e colto nella sua umiltà di non
vedente. Una volta, dal barbiere dei quattro canti, era seduto
con modestia, mentre dal figlio quindicenne ascoltava con
molto interesse, le notizie del giornale di qualche giorno
prima..,mentre io da presso cercavo nella innocente curiosità,
di capire com'erano fatti quegli occhi offesi...e ho appreso
che guardavano spesso verso il cielo..,arrivederci amico
cieco.

Morte ai Preti

Le serate estive piene di afa e quelle tiepide del primo


autunno, invitavano il mortale cittadino a delle passeggiate
refrigeranti; di giorno non era il caso, in certi periodi che
imperversava il prepotente vento di scirocco, reduce dalle
aride savane africane, gli arabi ci hanno insegnato a tenere

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porte e imposte ben chiuse e i muri spessi attutivano i
quaranta gradi dell'aria infuocata. Dunque, dopo cena, verso
le ventuno, anche gruppi familiari si incrociavano per il corso
( dai quattro canti al Calvario e ritorno, oppure, sempre dai
quattro canti al passo Notaro superando San .Giuseppe..,
meno frequentato era verso Santa .Fara...e spesso qualche
maschietto arrivato dietro le mura approfittava della
penombra per liberarsi di impellenti bisogni fisiologici...
Ricordo una di quelle serate, i miei genitori in compagnia di
altri miei zii e un paio di cuginetti, si scendeva verso il
Calvario, i discorsi degli adulti cadevano su questo o su
quella che avevamo incrociato poco prima, oppure sulla
politica locale, infatti papà era segretario dell' allora camera
del lavoro...ma, a detta sua, al massimo si sentiva
socialista...pensate che mia madre era nipote di Padre
Giacomo e sorella di Padre Alfonso.., viene alla mente subito
su quei film che parlavano proprio di quei tempi, cioè
Peppone papà Luigi e Don Camillo i miei due zii preti. Il
caso volle che la mia sorellina nata da pochi mesi doveva
essere battezzata, da un medico certamente falce e martello e
rosso sino al midollo...ricordo che, per togliere il peccato
capitale alla mia consanguinea, se ne passò un po' di tempo, il
paese, o meglio, le buone lingue, ci mettevano del suo..così,
tra comunismo e democrazia prevalse un po' di ragione..,
qualche rosso impenitente si confessò, rimettendo o meglio
rigurgitando i propri peccati ideologici..così, la mia cara
piccola Ezia venne battezzata con la chiesa addobbata e le
luci che illuminavano i visi soddisfatti. In serata, bianco fiore
e rosso vermiglio erano seduti molto vicini..;in quella famosa
passeggiata, al solito, scorazzavo con i miei cuginetti sempre
avanti...e mi avvedo che un giovanotto vicino legge ad alta
voce una scritta sui muri dell'ammasso:" morte ai preti ". Al
ché , senza pensarci due volte, me ne approprio e incomincio
baldanzoso a fare, gridando, l'estremista.." morte ai preti "..,
per più volte.., papà mi si avvicinò, regalandomi due ceffoni,

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che mi hanno fatto per sempre dimenticare quella frase.

I Racconti di Nonna..." i cunta di ma nanna ".

La chiamavano azzà PIPPINA, (Giuseppa) era mia


nonna paterna, vedova, infatti l'ultimo figlio, dicevano che
fosse stato battezzato al buio e portato in chiesa sotto nàà
tistiera, per il lutto di nonno Matteo. Era una donna
normalissima, come tante buone femmine del paese. Grande
lavoratrice, pulita e si acconciava sempre alla ricerca del
meglio.., questo riferito alle sue modeste possibilità
economiche.., aveva dei boschetti di olive, un piccolo
vigneto, grano e verdure. I figli, tutti sposati, lavoravano
anch'essi; anche se tirava avanti degnamente, quando il
sottoscritto aveva dodici anni, emigrò...beh! Veramente,
all'età di settanta anni, partì per l'Argentina, precisamente
nella città di Cordova dove già lì risiedeva la figlia
maggiore...
L'accompagnai a Palermo da dove la grande nave salpò,
impiegando più di un mese per arrivare. Si staccò da me e dai
miei occhi qualcosa che col tempo ho apprezzato di più:
l'amore di nonna, a volte dura arcigna ma sempre
nell'affetto;e i suoi racconti vicino al braciere la sera ( a
cunculina ), l'ascoltavamo tutti, adulti e picciriddi. Come li
sapeva raccontare! La mia fantasia vagava dietro la sua
favella compassata, il filar dei suoi racconti uscivano con
maestria dal movimento delle sue mani.., l'aggrottare o, il
sorriso della sua mimica facciale, gli accenti o le pause con
vuoti paurosi tragici o di felicità.., che maestra! Il miglior
canovaccio del teatro, improvvisava in uno sciroppo ricavato
da tante essenze...quelle della morte, della speranza, della
vita...socchiudeva gli occhi per aprire..,un palcoscenico di
note...sì, di musica che aggrovigliava tutta l'aria intima, di
una piccola famiglia, gente comune, sguardi sbalorditi di
verità, che venivano da molto lontano. Una volta da

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picciriddu ( otto anni ) mi permisi di rimandare una
domanda...ma...perché nonna...un mio zio cafone mi tacciò
crudelmente:" ia accussi, comu tananna ti cunta...". Ripeto,
tanti furono i suoi racconti e talmente veri perché venivano
dal vissuto, dal passato, cioè dal vangelo degli avi, dalla
storia di gente, dalla leggenda e dalla fantasia popolare. Ma
quello che mi colpì di più, sin dalle prime parole e che mi
ritorna negli anni come un singhiozzo infinito, è quello della
messa di mezzanotte dei morti...

“ A missa di mezzanotte dii muorti ”

Sì, avete capito bene, il due di Novembre per la


commemorazione dei defunti...mia nonna riferisce che quello
che vi sto per scrivere l'aveva appreso da una vecchia zia che
l'aveva vissuto in prima persona. Questa donna di nome
Annina, era molto devota e aspettava tale ricorrenza per
onorare genitori e parenti che avevano lasciato questo
mondo. La sera andò a letto prestissimo, con le galline...per il
freddo pungente, ma anche perché la mattina Don Pasquale
alle sei era puntuale, ed officiava la Santa.Messa...e ancora
aveva già tutto pronto dalla sera per cuocere quindici pani al
forno; dunque si mise a riposare con tutti questi pensieri e
attendeva quel richiamo delle campane della chiesa del
Rotorio; come fu lesta a saltare giù dal letto, una gonna
pesante e lunga e, sopra ad una giacchetta nera, uno scialle
che le copriva testa, collo e spalle...appena uscita in strada il
tempo era più nero del solito, nuvolo e senza una stella che ti
poteva indicare i passi...il suono delle campane, che pensava
di avere udito, avevano un fraseggio monotono...ma...forse le
mani infreddolite di Turiddu u saristanu, e per la verità in
strada le sembrò di vedere in lontananza solo qualche anima
volenterosa come lei...entrata in chiesa le luci erano soffocate
come sotto ad una cappa di fuliggine, poche sagome
prendevano posto nei banchi tutti avvolti con i famosi scialli,

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per preservarsi dal freddo glaciale...e nella penombra alcun
viso del vicinato era riconoscibile. Anche il prete che era
venuto dalla sagrestia, preceduto da cinque chierichetti dieci
minuti prima, lo vedeva sfuocato e nei gesti e nei movimenti
sembrava più lento di Don Pasquale. Era una messa sottovoce
e quasi mimica...in una appena luce che dava tanto riposo,
tanta riflessione...ogni presente sembrava partecipare alla
celebrazione con domanda e risposta in core...una messa così
quieta e in pace zia Annina non l'aveva mai vissuta... ma era
contenta di quella diversa cristianità, così saggia e metodica
nei tempi...qualcosa di strano ma di più chiaro anche se
nell'incertezza, l'ebbe nel finale della messa...all'atto della
benedizione e delle parole "Ite Missa Est", una luce più forte,
come se i lumi si fossero incendiati assieme..,la certezza che
il prete non fosse il suo Parroco...ma Don Giustino, vecchio
Arciprete della parrocchia sino a venti anni prima ( già
defunto ). Si girò sgomenta e con qualche timore...ma ognuno
sembrava che andasse, quasi scivolando come in un tappeto
volante, in ogni angolo della chiesa...solo una donna, bella e
con un bimbetto stretto al petto, da sotto uno scialle bianco si
intravedeva appena il visino con gli occhietti vispi e
sorridenti di un innocente, presumibilmente di pochi
giorni...felicità e smarrimento, fu un tutt'uno, quella bella
giovane donna era la sua comare di battesimo Filomena, la
quale presala quasi per mano, la invitò in fretta ad uscire dal
portone della chiesa... la comare Filomena era morta da due
anni, assieme al bimbetto nel momento del suo primo parto..e
non aveva gustato la gioia del dolore...l'invito a zia Annina
suonò non nelle orecchie, ma in un mondo diverso, ovattato,
come le campane dome cariche di neve.., si ritrovò incredula,
fuori in piazza, da sola...mentre il grande orologio del
Municipio accanto alla bella chiesa del Crocifisso, sferrava la
mezzanotte.

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" U Bummaru di Patri Giacumu "

Fratello di mio nonno materno, fisicamente era un


omaccione che veniva dall'altro secolo...infatti, per la grande
distanza di anni e per quanto riguardava in special modo la
caccia, andavo molto d'accordo col più giovane fratello di
mia madre, Padre Alfonso.., l'anziano prelato era il decano
allora della Diocesi di Cefalù...e non vi nascondo che per le
mie continue scorribande, aveva sempre dei giudizi non certo
benigni nei miei confronti...al ché cercavo sempre di stargli
lontano...pena di assaggiare qualche ceffone.., visto la stazza,
e la mano assomigliava tanto a quella di una racchetta da
tennis. Lui si diceva Giacomo il forte, misurando la sua con
la mia piccola manina...era sereno, contento e soddisfatto.
Una volta mi disse che il povero c'è sempre stato...e che la
carne dei poveri fossero le fave cotte...ma, a casa dei nonni,
era seduto a capotavola e servito per primo, con piatti
stracolmi d'ogni ben di Dio...
Sentenziava a proposito del lavoro: " Quannu...zappu a
vigna un viru nuddu, quannu cuognu a racina
s’arricuoguano tutti i parrucciani ”; Vista la comprensiva
incomprensione,...Cercai un giorno di fargli uno scherzo per
lui cattivo, ma, diciamo...divertente...per me; verso le nove e
quindici di ogni mattina ritornava a casa digiuno e
assetato...in special modo nelle giornate infuocate dello
scirocco...aveva già detto la sua brava messa...ora avrebbe
preso dal balcone della sua stanza da letto, al primo piano,
una caraffa di coccio con acqua fresca...non esistevano i
frigoriferi, al limite in molte case i pozzi... Dopo aver bevuto
dei lunghi sorsi, avrebbe mangiato qualche pezzo di pane e
formaggio fresco, qualche focaccia e poi via nella vicina
campagna della Madonna del Carmine, a dorso di una docile
asinella...era bravo, e si vantava di conoscere qualsiasi
innesto "a pezza, a spacco, ad occhio, il periodo migliore per
la riuscita; quella comodità che lo appagava tanto e gli

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rinfrescava...i cannaruozza... quasi quasi mi dava
fastidio...così mi spinse il mio diavoletto a compiere lo
sgarro. Per alcuni giorni, dopo aver bevuto nella piccola
brocca, buttavo tutto il liquido nel vaso vicino del basilico.
Mi appostavo all'angolo della strada facendo finta di giocare
e mi godevo la scena del disappunto, seguito da gesti di
maledizioni verso alcuni familiari...ma, al terzo o quarto
giorno di fila la piccola brocca, la vidi volare per la strada,
frantumandosi su quel poco di selciato...al momento le mie
tempie sorrisero...ma molto tempo dopo, a ripensarci, ero già
pentito...ma lo zio Giacomo il forte, ora non aveva più
bisogno dell'acqua del pozzo o della caraffa del balcone, era
sazio perché dissetato alla fonte inesauribile del Signore.

La Targa Florio

Per noi era soltanto "a targa" ...la corsa più antica del
mondo ( millenovecentosei )... partiva dai box, proprio lì
vicino alla stazione ferroviaria di Cerda. Era riservata alla
serie di formula uno...era nata agli albori del secolo per
desiderio del grande mecenate Vincenzo Florio. Tanti i nomi
dei piloti negli annali...grandi illustri e meno noti: Ascari,
Fanghio, la Defelippis unica donna, Farina, Nino Vaccarella
negli anni sessanta, detto "il preside volante"...sì, perché
aveva ereditato dal padre una scuola parificata, l'Oriani, con
sede in via Dante a Palermo. Aveva una guida nervosa e
qualche volta il suo bolide rosso della Ferrari usciva di
strada...ma, non é stato il solo..;.incidenti, con strage di
spettatori e degli stessi piloti, erano all'ordine della corsa. Era
un percorso molto, ma molto difficile, per i sali e scendi su
delle strade che agli albori e sino al quarantaotto erano ancora
sterrate e le curve con tornanti a doppia esse; ai box era uno
sfavillare di moda...donnine arrivate anche dall'estero, dal

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nord Italia, una passerella obbligata e immancabile della
grande elite siciliana e in particolare di quella palermitana.
Per il ceto popolare dei paesi vicini, era una occasione vera
da vivere, dalla prima all'ultima macchina. Lungo il tracciato
ci si disponeva nei punti più strategici e difficili per la
guida...io, con qualche mio familiare ed amici, salivamo sul
dosso in curva al bivio che da Cerda porta a
Momtemaggiore...e siccome si svolgeva nel mese di Maggio,
periodo della raccolta delle fave fresche e dei piselli, era una
vera razzia nei campi vicini...tanto che i proprietari dei terreni
mandavano maledizioni alla corsa, alla plebe e a qualcuno
che ci tiene in piedi. Al passare delle macchine di qualsiasi
casa, era uno scrosciare di plausi che ripagava nello spirito
gli acrobati della strada. Qualche adulto segnava su dei fogli
di giornale i numeri e i vari passaggi nel circuito. Tornavamo
a casa soddisfatti. I commenti si protraevano per settimane, in
piazza, al bar, in casa...ma quello che ci rimaneva per molto
tempo era il tremore del cuore...già, perché quei rombi sacri li
assorbivamo sino all' ultimo decibel...ci impregnavamo
dell'odore e del boato di quei mostri...

I Lupi Lunari e i Fantasmi

Avevo dieci anni quando ho visto il primo e l'ultimo


Lupu lunaru o mannaro...per la verità, ne avevo visti tanti nei
racconti di mamma e dei nonni, o dei vicini di
casa...perdonatemi! Nella fantasia e nella mente di ognuno di
noi, nell'età preadolescente, è come un sacco, come un
recipiente che raccoglie qualsiasi cosa...,portatelo nei tempi
in cui non vi erano giornaletti, radio, tv e quant'altro potesse
avviare una coscienza, e portarla verso lidi, sempre più vicini
alla realtà e il giuoco è fatto. Eravamo ancora il riflesso di
quell'arco di storia, di civiltà, di tecnologie primordiali...ecco,
la nostra carta di riconoscimento, ogni cosa che ci veniva

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imbandita era bene accettata, tutto quello che ci veniva
imboccato colpiva e fertilizzava i nostri sensi e la coscienza
acerba, per ovvi motivi, ancora in fasce...ecco, una notte di
luna piena, da' chiazzetta di supra, arruzzularisi in giù, come
un cane inseguito da uno sciame di calabroni...e tali erano i
grugniti e i lamenti da assomigliare molto di più ad un
animale che ad un essere umano...era un contadino...o
meglio, per motivi caratteriali ( si inferociva, anche se
soltanto lo salutavi ) incominciava a dare in escandescenze e
azzannava come un mastino napoletano, sconquassava come
un tornado, tutto quello che gli si parava d'avanti. Lo
chiamavano " Turiddu strazzaquatri "...grazie a Dio non era
sposato e viveva solo...a contatto delle bestie; mi si diceva di
un padre di famiglia onesto, laborioso che diventava lupu
mannaru, sempre influenzato dal crescere della luna...e
quando sfuggiva questo sfogo a se stesso e ai familiari, lui
semi-incosciente gridava, affinché qualcuno con un corpo
contundente lo colpisse un po', producendogli del sangue,
perché solo allora si ristabiliva lo status quo della tranquillità
fisiologica, di uomo normale. Il padre di un noto avvocato, si
fece costruire una gabbia tipo cella di rigore. Persona colta,
per tempo, si faceva rinchiudere dai familiari prima che fosse
tardi...infatti, a detta di chi lo ha visto, gli si allungavano le
unghia e il pelo, gli occhi diventavano di fuoco, i denti
digrignavano come il chiudersi di una tagliola e i movimenti,
per i dolori atroci, sembravano ora quelli di una scimmia, ora
quelli di un toro infuriato, o di una bestia in agonia con
rantoli spasimanti intervallati da ululati proprio da lupo
impastoiato in una trappola mortale. Una sera dopo cena,
avevo dodici anni, chiedo il permesso in famiglia, perché
davano il film di Santa.Genoveffa. Esco per la strada, vado a
destra ma ritorno con uno scatto perché venti metri più in là,
mi era sembrato di vedere...un lupo mannaro scivolare come
la fantasia...verso di me; in una frazione di secondo avevo già
gridato " mammà " e preso una tale velocità da farmi arrivare

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nella sala della biglietteria stravolto in viso e col cuore che
batteva cosi forte, tanto che i presenti, prima increduli su
quello che potevo raccontare e poi mi hanno rassicurato,
facendomi accomodare gratis in sala. Ora che ricordo quei
visi adulti...percepirono anche loro un po' di paura per
l'accaduto, sarà stato l'ombra di qualche nuvola frettolosa, o
di qualche lenzuolo penzoloni...io quella sera giuro ancora di
avere visto il cavalcare come in una ipnosi l'irreale
trasformato in realtà...,anche se si incominciava ad
evolverci.., i primi film in assoluto, un film muto...e poi di
qualche santa, quello di cui ci eravamo imbevuti sin dalla
nascita e i nostri pori tutti saturi. Ecco mia madre piccola
tornare a casa in compagnia di nonna oltre la mezzanotte, in
una serata tiepida e calma.., vedere in una finestra di una casa
quasi pericolante e disabitata da decenni, una figura
femminile in camicia da notte e con una bugia per lume in
mano, mia nonna ovviamente non si accorse di nessuna cosa
strana...ma resta il fatto che mia madre, per gli ultimi trecento
metri, si strinse cercando protezione sotto il braccio della
propria mamma. Questi e tanti altri racconti erano i veri film
della nostra credulona e innocente fantasia...

" U Bastunieri pi Carnivali "

Era d'uso per il periodo di carnevale tiniri u suonu.


Diverse erano le famiglie prese da un atto tradizionale: aprire
le porte ai diversi gruppetti di maschere, sia che fossero dei
piccoli che degli adulti. In genere mettevano a disposizione il
piano basso fresco fresco rimesso a nuovo, con i mattoni
trentacinque per trentacinque spessi e tipo cemento o, al
limite, di diversi colori a scaglie...la solita lampada di pochi
watt, ma in un angolo troneggiava u grammuofanu, con la
tromba. In alcuni era visibile un cane accovacciato con la
scritta " La voce del padrone ". Il capo famiglia, o qualche

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presunto tecnico, dava la corda girando una piccola
manovella. Si assicurava che la puntina fosse ben stretta alla
testa del braccio snodato, bisognava che venisse poggiata nel
primo solco dell'enorme disco, cioè a quello più esterno,
altrimenti si saltavano diverse note...ma non succedeva
niente, si fermava e si ritentava. La limpidezza della suonata
però dipendeva anche dalla puntina affinché non fosse
consumata e dal disco che non fosse già graffiato nei solchi;
diversi erano i gruppetti mascherati che si incontravano in
giro per il paese. In genere si scendeva lungo il corso
principale e si orecchiava a destra e a manca, perché le strade
discendendo sono trasversali al corso...ma quello che dirigeva
e accompagnava il gruppo era u bastuniere, non mascherato e
con un bastone in mano ( segno antico di difesa e protezione
della privacy ), in genere era una persona adulta conosciuta e
stimata...infatti era solo lui a chiedere il permesso di accedere
nelle case del suono. Il proprietario era ben felice di
accogliere le maschere: era un buttare di pittiddi ( coriandoli )
e stelle filanti... ti facevano fare quattro cinque balli, mentre
le pareti erano tappezzate di sedie già occupate da vicini, da
parenti che cercavano con delle supposizioni di indovinare
chi fosse sotto quei vestiti, sotto quelle maschere. Non vi
nascondo che quello di indovinare i diversi ballerini era per
alcuni un vero cruccio, un vero rebus... dicevano: "no quella è
una donna, cognata del bastoniere tornata dalla Svizzera, no
quello viene da Palermo.., quello è il cugino o il fidanzato
della figlia del padrone di casa". Da giovane mio padre con
alcuni suoi compagni di merenda, per motivi amorosi..,
volutamente non vennero, anzi furono allontanati da una sala
del primo piano dove si ballava...ma, la vendetta goliardica
maturò subitanea... infatti, approfittando della oscurità e di
una casa limitrofa in costruzione, turarono con dei blocchi e
dei mattoni, l'unico portone da dove si poteva accedere.
Avevo venti anni e in compagnia di miei amici e parenti
fummo accolti in una famiglia per fare i soliti quattro cinque

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balli. Io avevo una parrucca bionda, la mascherina, le unghia
smaltate e una gonna lunga sino alle scarpe da donna. Con
mia somma sorpresa, un giovane in cerca di sposa venne ad
invitarmi per tre balli di seguito... e mi stringeva pure!
Mentre una mia cugina, dalle risate, cadeva quasi a terra.
Dopo capì che il focoso pretendente, fratello di un Arciprete,
mi aveva scambiato per una sorella di una mia parente. Ma
mi sono rifatto. Dopo alcuni giorni, andai a caccia con alcuni
compaesani, fra i quali era presente questo Marcorio. Per la
vergogna e lo sfottò di tutti noi, quasi quasi mi avrebbe
sparato; bisogna dire che gli intrecci amorosi e i contatti veri
quasi non esistevano. Erano rari ed un fluido platonico faceva
la sua strada. Si passava sotto casa diverse volte...ai balli
(come sopra descritto), alla processione e in chiesa...ma
pensate che una volta, proprio in chiesa, era obbligatorio per i
non sposati, le donne a destra avanti e gli uomini a sinistra
senza superare certi limiti. Una domenica mio zio, padre
Alfonso, invitò un giovane baldanzoso a retrocedere da tali
barriere, ma la risposta dell'imperterrito innamorato...fu
eloquente e minacciosa. Così si buscò una denunzia per
oltraggio a pubblico prelato. Ricordo benissimo che vennero
a casa compresi i genitori scusandosi e chiedendo in
ginocchio perdono...

"A Quindicina a Madonna di Lanciuli"

Dal primo al quindici Agosto, ancora col buio, si


perpetua la devozione di andare ad assistere alla messa nel far
dell'alba, in una chiesetta di campagna con la strada, o meglio
mulattiera, una volta molto accidentata, con dislivelli e
burroni. In piena notte, verso le tre e mezza, ogni anima
fedele o infedele del paesello, veniva scosso e dilaniato dal
rullare di una grancassa. Era il sadico sagrestano inteso “ u
tammurinaru ”, che imperterrito e gonfio nel suo mandato di

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stato-Vaticano, dava mazzate da orbi, tanto che il
tambureggiare sparso per il lungo tratto del corso
assomigliava a dei colpi di bombarda o a dei pesanti tuoni.
Pensate, quattordici notti di seguito...che calamità! Perché
poi era un abituè delle stesse strade e si fermava con
quell'infernale arnese sotto gli stessi balconi.
Quante maledizioni di chi era avvezzo a dormire
tanto...tanto...ma l'invito era una dolce calamita di passione
religiosa per tante donnine che, leste leste, con uno scialleto,
un bastone e una lanterna ad olio, chiamavano a bassa voce le
vicine per intraprendere a gruppetti, usciti come folletti buoni
da una delle favole di Andersen...e per otto chilometri era un
susseguirsi di rosari, preghiere e qualche amoreggiamento;
anch'io piccolo adolescente, pregno di una incombenza
familiare, ho accompagnato con la fida asinella, i miei zii
preti...e spesso abbiamo dormito sull'aia della Madonna del
Carmine ( terreno e casa una volta di proprietà di una mia zia
bizzocca..), per materasso un mucchio di paglia e una tistera
per coperta...e i grilli e qualche zanzara facevano da
contorno. Il cielo sereno, stellato e quieto, ti invitava a mirare
e rimirare le forme geometriche di quell'infinità celeste... A
quei tempi era rarissimo veder passare in alto qualche uccello
metallico...poi la fantasia stanca delle diavolerie giornaliere,
si accasciava nei sogni trastullieri di un ragazzino che sapeva
volare e volare e sempre veleggiare. Il quattordici pomeriggio
il paese intero era in fermento. Tanti i preparativi, da gruppi
di giovani a famiglie intere, il cocomero rosso, le salsicce, le
bistecche e il vino quello nostro...quello di nostri utti...erano
immancabili...la tavola imbandita erano delle piccole tovaglie
stese sul terreno. Già, perché nella tarda serata,
incominciavano i falò per arrostire i vari tipi di carne.
Tutt'attorno e nelle vicinanze della piccola e rurale chiesetta,
si poteva girare uno di quei film con accampamenti di
pellerossa in festa. Si arriva cosi all'alba del quindici Agosto
con due messe. Non so indicare la data della costruzione del

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piccolissimo eremo-chiesetta...ma la diceria popolare che si
mescola come spesso tra il profano-leggenda e cristianità,
afferma che in quei tempi, un frate da cerca, passando per
quelle vallate, sotto un albero di ulivo trovò un bellissimo
quadro della Madonna, un luogo così sperduto ma ameno e
pieno di pace, dove qualsiasi essere vivente potrebbe valutare
e classificare la propria morale, e la propria coscienza; preso
il quadro, salì verso il paesello, non nascondendo certe
riflessioni. Consegnatolo al Parroco decisero di porlo in via
provvisoria su un altarino della grande chiesa madre...ma la
sorpresa venne fuori l'indomani: il quadro era scomparso.
Vane le ricerche in ogni dove, tanto che si pensava che
qualcuno l'avesse trafugato, ma dopo qualche giorno, lo
stesso frate ritornato nel luogo del ritrovo, vide lì la
Madonnina...così, la gente di buona fede, il Parroco e tutta la
comunità eressero un piccolo eremo-chiesetta in onore della
bellissima Madonna degli Angeli. Da qui con grande
devozione la quindicina che si perpetua da sempre.

"U Pipiu Mafiusu"

Mio padre Luigi nel quarantasette stette male all'incirca


per sei mesi.
Un uomo giovane e forte che non si è fermato mai,
neanche quando aveva ottantasei anni, aveva contratto la
melitense o la mediterranea. Una febbre continua lo aveva
portato all'osso e in uno stato di spossatezza e di forte
nervosismo. Per riprendere le forze perdute, un giorno pensò
bene di ingozzare un enorme tacchino maschio. Questo
rallide era così prepotente che, con ferocia, si permetteva di
non far passare per la strada ( erano come le mulattiere ), in
special modo donne vestite di rosso. Diventava così
pericoloso come un toro. Per evitare discussioni o litigi con
chicchessia, mio padre approfittò, per riprendersi in salute,
facendolo cucinare dalla mia bravissima mammina.

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" Le Belle Trecce Nere Di Mamma "

Gli ambulanti che passavano a vendere ogni cosa che


potesse essere utile in famiglia ( questi venivano in genere da
fuori ), cercavano e si accontentavano spesso, invece dei
soldi che ce ne erano pochi, della forma di baratto...come
cereali, olio, formaggi, pane e quant'altro gli potessero
rendere guadagno. Infatti, uno di questi si sarebbe
accontentato delle lunghe trecce dei capelli di mamma che le
arrivavano giù sino ai reni. Di rimando Carmela, nonostante
l'offerta, il rifiuto fu perentorio. Da questo ambulante che
vendeva pentole e pentolini artigianali, acquistò ugualmente
quella volta un quararuni di rame, per bollire anche i tessuti e
colorarli, che poi venivano come nuovi...

"A Inizia cu à Musca Cavaddina"


Accanto alla chiesa della Madonna da Grazia...una
macelleria. Il proprietario aveva alcuni cani, di cui uno era un
incrocio di mastino napoletano e un “ cani di mannara”
maschio, primeggiava per autorità su tutto il territorio.
Osservavo per le strade altri cani, in special modo dello
stesso sesso maschile bloccarsi per la paura. Si buttavano a
terra a pancia in su, segno di resa incondizionata.., si
pisciavano tra le zampe per poi, cauti cauti, fuggire con la
cosiddetta coda tra le gambe. Questo bel cane si vedeva che
portava la corona...la gente lo conosceva, come un divo...e lui
stesso era convinto di tale reale portamento.
Il pregio principale era che quando una mucca “
scioperava ”, fuggendo per ogni dove o, peggio ancora nel
periodo estivo, quando le mosche cavalline o i tafani con i
pungiglioni aguzzi a mo' di Dracula, foravano succhiando il
sangue alla povere bestie che quasi impazzivano e, talmente
infastidite, se la davano a gambe, con occhio vigile, o a
comando, il cane idolo rincorreva anche per lunghi tratti il

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bovino che non ne voleva sapere niente di essere sacrificato
all'altare delle pentole; lo prendeva per un orecchio
riportandolo, con le buone o con le cattive, dal macellaio,
pronto con i coltelli affilati...

"Le Balille della Principessa “

Da bimbetto scorazzavo nella sontuosa villa della


Principessa...
Papà era di casa, per i continui lavori di restauro, nel
grandioso complesso “ du palazzu du principi ”. Pensate a
sfavillanti saloni, porticati con scale molto ampie e regali,
teatro, giardini con viali ben curati, statue, fontane, sedili,
altalene, mura di cinta nell'immenso perimetro, frantoio per
l'uva, stalle, anche con cavalli da monta...( tanta era per noi
carusi la curiosità di tali coiti, se ci lasciavano sbirciare da
lontano...) Nel grande atrio che dava verso i viali della villa,
all'ombra riposavano due balille. Matteuccio, o giocava con i
mastini napolitani, tra la meraviglia di estranei, o saltava e
scendeva come un grilletto dalle due macchine, gli piaceva
pressare la pompetta di gomma del clacson; pensate già era
difficile vedere per il paese qualche furgoncino... SI, proprio
così... Primeggiavano i carretti siciliani e qualche corriera di
terza classe... Ironia bella della sorte, il mio primo giorno di
scuola, dei miei trentasette anni di insegnamento...era il
Dicembre del millenovecentosessantaquattro, l'aula la terza
A, in una saletta a sinistra del grande androne... Ecco come
cambiavano i tempi, con la decadenza feudale delle baronie e
di quanto fosse appartenuto ad alti casati. certe evoluzioni
sociali portavano inesorabilmente alla fine delle nobiltà che
furono...

" U Carrettieri ".

Erano i piloti dalla grande maestria. Sì, perché era il solo

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mezzo non solo di trasporto, ma anche di comunicazione
dopo la corriera. “ U carriettu ” da nuovo è uno splendore di
storie, di leggende, di colori, di fantasie fiammeggianti, di
draghi...paladini a difesa della propria donna e crociati a
difesa della propria religione, della terra, nei confronti dei
musulmani. Il carretto, come ho detto in altre pagine,
trasportava ogni cosa potesse servire, nei diversi lavori che,
alle famiglie.., arrivava ovunque, su ogni terreno, su qualsiasi
dislivello... Ecco chi era il carrettiere. Avevano talento e
fiducia nel mezzo, in loro stessi e nel mulo o nel cavallo. Tra
l'animale e il padrone c'era una simbiosi davvero unica, non
c'era bisogno di frusta o di zotta, bastava la voce o una
carezza sui glutei e l'animale, quasi da umano, inseriva la
marcia necessaria al servizio...e come era fiero il conducente
del proprio mezzo, ma maggiormente della propria bestia-
motore! Un giorno scendevo per il corso. Stavo superando la
prima traversa a sinistra, quella sotto la chiesa Madre, ma per
essere sicuro di affilare meglio qualcosa che aveva attirato il
mio occhio, faccio appena un passo indietro...mi soffermo
pochi secondi...e vedo, a trenta metri da me, una pancia che
sboccava da una porta a piano terra. Era la bisaccia dell'ex
carrettiere "Pippinu Addu", quasi in pensione. Infatti, il figlio
ora aveva preso le redini del mestiere...però, al contrario del
padre, era secco secco come una sarda salata. Che bel
mestiere fare il carrettiere...così si esprime cumpari Arfiu
nella divina Cavalleria Rusticana... Quando ho voglia di
rivedere la mia terra, di assaporare usi, costumi, voci sole e
sentimenti del mio sangue... nel silenzio della mia stanza, mi
ubriaco delle note della Cavalleria Rusticana. Tutte le mie
cellule si imbevono di tale nettare, mentre rigagnoli
innaffiano l'umano essere...altri carrettieri hanno lasciato il
segno di onestà, di laboriosità, di collaborazione sociale. Uno
di questi, uomo integerrimo, robusto e mai domo nel lavoro,
il papà di un mio carissimo compagno di giuochi e futuro
valente ma molto competente sindaco per più mandati,

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quando tornava dal faticoso lavoro l'appetito era cavalcante e,
mentre la pentola borbottava, di tanto in tanto assaggiava la
pasta...ma a furia di assaggiare, a tavola, quando era ben
cotta, ne arrivava pochina...così, la moglie era costretta a
rimettere un'altra pentola, per sé e per i figli; questa è una
dolce metafora per dire che, chi lavorava sodo di giorno col
sole in fronte, di notte al chiarore di luna, o di una lucerna
barcollante...e quando le insidie delle intemperie ti
frastornavano...ecco il vero uomo... a volte bastava una
cerata...ma a sera la cura speciale era rivolta alla bestia...
asciugato, spazzolato e rifocillato a dovere “ cuà pruvenna ”,
il carretto nelle giornate di festa e nelle tradizioni, veniva
imbandito con drappi, fiori e ramoscelli appariscenti.
Insomma era la cadillac dell'occasione, carica di gente felice.

"Aveva Rubato"

Un uomo, un forestiero, un poveraccio..era là, disteso


bocconi quasi nel fango, vicino al vecchio macello. Nelle
vicinanze solo poche persone a commentare...giaceva come
un fagotto perso da qualcuno...chissà da chi e da dove. Uno
dei presenti, perplesso diceva a voce bassa che...quel
disgraziato fuggiva perché aveva rubato un sacchetto di
olive...e la guardia campestre, istigato a gran voce dal
padrone nell'inseguimento, e nella euforia del momento, tra
un alt, fermati o sparo ripetuto diverse volte...quasi in forma
colposa...partì un colpo, che si rivelò mortale per un essere
umano; succedeva allora anche questo: morire come un cane
randagio. Magari a casa lo aspettavano una nidiata di
innocenti affamati, e nella miseria più nera.

" I Nostri Dolci "

Certo ogni Regione ha le sue specialità, le sue tradizioni.


E' il marchio di qualità rappresentativa DOC, è il vanto delle

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proprie radici. Quando con commozione parlo qui in Abruzzo
e, non solo, di come la nostre mamme e nonne preparavano,
per le feste, i nostri dolci, vedo che molte persone subito mi
accompagnano nel pensiero...e voi avete i cannoli, i dolci di
mandorla a cassata siciliana, la pasta reale...etc. Siamo ben
conosciuti...e
questo mi inorgoglisce di più...ma quando i ricordi, i
particolari che mi ballonzolano tumultuosamente, come il
pallottoliere del lotto...io ritorno là, tra i miei affetti...tra le
gonne di mamma e dei nonni...ecco, lì in una cesta, i fichi
“appassuluti “ , là le mandorle sbollite e già senza pelluccia,
tanto di zucchero, tanto di uova e quanto basta per la farina,
poca acqua tiepida e via...ecco la sfoglia attorno ad una canna
di venticinque centimetri per tre, affogata nell'olio bollente,
quando è appena color oro tirale fuori, poggiale a gocciolare
sopra quella carta grossolana gialla, setaccia bene quella
ricotta, gira bene il macinino perché le mandorle debbono
venire fine...stringi questa vite e ripassali, stai fermo che ti
mangi tutto...pesta bene lo zucchero nel mortaio, deve essere
palpabile, eccoti qua la pentola c'è ancora della crema di
ricotta, puliscitela...,i canditi e i pezzetti di cioccolata non li
guardare, perché servono ancora, sbatti bene il bianco d'uovo,
la forchetta ti deve restare quasi in piedi, già ti sei mangiato
tre pezzi di pan di spagna...,non rompere i savoiardi ( i
passulanti ), sono ancora freschi, ecco, li ho contati sunnu
vinti pupi cu l'ovu, otto dieci chilogrammi di cucciddati cu i
ficu e cu li miennuli...cinquanta cannuola e tanti belli coosa
duci; attiravano l'attenzione tentatrice della gola, non solo del
piccolo Matteuccio. Un mio zio commerciava le mandorle, le
comprava dai contadini. Faceva rompere il guscio col
martello ad alcune donne, per poi venderle a Palermo
an'ntrita, per la produzione dei confetti; non bisogna
dimenticare che i ceci delle nostre campagne, appena secchi,
venivano portati ad una parente di mio padre, in una stretta
strada, proprio di fronte, che dalla chiesa Madre porta

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all'edificio delle Pie Filippine, era una vera maga. I ceci
croccanti e dolci erano tostati, ad una certa temperatura col
gesso; assieme alle mandorle e alle fave abbrustolite quanto
basta, dopo che si era tirato fuori il pane dal forno...u scacciu
era immancabile nei trattenimenti dei battesimi, ricorrenze,
fidanzamenti, visite di amici e parenti; per innaffiare la gola,
un bel bicchiere di vino casareccio, ma era allora tutto di
casa...pure le nostre figure, le nostre anime. Mia madre
produceva sempre dal vino, ogni anno sei sette litri di alcool
e poi, con le diverse essenze, acqua calda e zucchero nelle
giuste quantità, realizzava liquori alla menta, alla strega
anisetta, al caffè e cosi via. Caratteristici erano i minuscoli
bicchierini detti del rosolio. Ora, chi avrà la sventura di
leggermi, nel cuore non mi invidiate... e ditemi se non ho
ragione...anche se dovessi nascere mille volte, desidererei
farlo dove...ci sono riuscito una volta...

" La Mortadella, a Carni di Scieccu "


a quei tempi non conoscevo la mortadella, i kinder, le
macine del mulino bianco e nero, le sottilette, gli yogurt, i
cioccolatini al latte, i pavesini, le ciambelle del buon mattino,
del buon giorno e della buona sera...tutte diavolerie che i
diversi canali della TV con gli spot pubblicitari ti ingozzano
di prodotti che hanno il sapore dell'elisir di lunga
vita...prodotti così presentati che ogni cellula del nostro
cervello viene siringata a dovere. Mio suocero quasi
novantenne nell'ultimo anno della sua residenza su questo
terriccio...ha voluto bere acqua.. l'acqua della nazionale di
calcio...pensate, che lui di football, non sapeva com'era fatto
il pallone, se quadro o tondo...nel
millenovecentosessantaquattrro sessantacinque, ventisette
anni dopo i miei trascorsi, insegnavo nel mio paesello, e un
giorno mi sono meravigliato e, rimproverata una mia cugina
che di mattina, prima delle otto, si affannava ad uscire per
trovare la nutella per la propria figlioletta di nove anni che si

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recava a scuola, nei momenti di ricreazione, ho sempre dato
dei buoni consigli su quello che dovevano mangiare, a
migliaia di miei alunni, prediligendo gli alimenti veramente
casarecci e semplici ma buoni e allontanando dai loro
pensieri, tutto quello che é a livello industriale e
preconfezionato. Magari, dopo alcuni anni, certi prodotti
vengono ritirati dal commercio perché hanno ritrovato
sostanze nocive per la nostra salute, come in questi giorni, un
tipo di latte per neonati... Quanto profumo e sapore aveva la
frittata di vario genere con la mentuccia tra due enormi fette
di pane cotto in casa, o col formaggio fresco, o col prosciutto
nostrano, o con una salsiccia fatta da noi...o col miele dei
preti, o con la marmellata dei diversi frutti che mamma
miscelava con maestria, fichi, fichi d'India, pesche, uva,
mele, etc. Un giorno, in bottega dalla nonna, vedo sul
bancone, una enorme mortadella. La guardavo, e la gola dal
desiderio mi singhiozzava...mi decisi di domandarne un
po'...non l'avevo mai gustata, era la prima volta. La cara
nonnina, che in verità mi voleva un gran bene, mi diede
proprio una fettina sottile come l'ostia...io, esclamai: "accussi
picca!"...e di rimando lei: "...ncà...", stringendosi nelle spalle.

"L'Armonica"

Da piccoli, quando i genitori per diversi motivi vanno in


una grande città come Palermo, si ripromettono al ritorno, per
tenerti saggio e su di morale, tanti o qualche regalo da te
tanto agognato...che magari te lo sei sognato anche di
notte...di cosette graziose, per i tempi...ne avevo veramente
tanti...a dispetto della società e della collettività lontana dalle
tecnologie cittadine...avevo avuto in regalo da un amico della
metropoli, un grande aereo, costruito con le sue stesse mani.
Avevo diverse macchinette, anche da guerra, portatemi dallo
zio Giuseppe, dalla fine prigionia e un cavallo alto mezzo
metro che stentavo, nei primi anni, a starci a cavalcioni, e

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altri giochetti magari realizzati in casa con l'aiuto di qualche
adulto, come la pattina, l'arco come quello degli
indiani...avevo rotto e arcuato con un filo teso, le stanghette
d'acciaio di un vecchio parapioggia molto pericoloso, per la
punta cosi acuminata e violenta... Il bersaglio, le porte delle
pagliere a disposizione ce ne erano tante, poi ho modificato
l'arco mettendo come base una tavoletta, così da formare una
balestra. Insomma, non ci si annoiava, in altra parte cercherò
di descrivere i diversi giuochi che imperversavano in quegli
anni. Avevo la fortuna di avere una mamma che per famiglia,
per dote spirituale, accudiva in forma veramente ottimale per
tutto quello che necessitava dentro il nostro focolare.
Avevamo un grosso coniglio, a pelo d'angora bianco, con il
quale scendevo spesso a diverbio...mentre sulle gambe di mia
madre, se ne stava cosi buono buono che si faceva pettinare,
così con la lana ricavata ci confezionava delle magliette e
quello che ci poteva servire per l'inverno...con le busa, dalle
sue mani sante veniva fuori di tutto...apprezzate moltissimo
da conoscenti e vicini di casa... Un giorno estivo portavo una
maglietta quasi trasparente a maniche corte, orbene, per la
strada che va ai nonni, diverse amiche si interessarono quasi
a pizzicarmi, dicendo l'una " é di raion ", un'altra " no è di
seta " e cosi via...e questo avveniva spesso sulle mie
carni...pensate, tanto era competente in tutto...amici e parenti
che si dovevano sposare, volevano la sua presenza nel
momento dell'acquisto della dote a Palermo. I proprietari dei
negozi, quando vedevano arrivare mia madre si mettevano le
mani sui capelli...però, dopo ore e ore di mercanteggiare, si
concludevano gli affari con i migliori articoli. Andando a
scuola in una giornata piovosa, mi pavoneggiavo nel
camminare dentro alcuni rigagnoli...così, altri miei
compagnetti discoli che mi imitavano si bagnavano sino alle
ginocchia, mentre il sottoscritto ( era una novità ), portava un
paio di stivaletti di gomma bene impermeabili. Pensate, però,
che molti dei miei compari giocavano con pecorelle, mucche,

91
asini, creati da loro con la creta di strada...già, la creta! Per
noi ragazzi e per gli adulti é stato il mezzo per lo sviluppo
della fantasia e dell'anima... ecco la realizzazione di
molteplici cose utili, per noi piccoli giocattoli e trastulli, ma
la società di quei tempi, continuando le pratiche ataviche
dell'uomo, quali case in terra, vasellame, mattoni e tegole,
create austazzuni, ecco le tecnologie e il risparmio dei
tempi... Oggi, le innovazioni ci offendono la tasca e lo
spirito...mi fermo qui. Quel giorno i miei genitori, tornando
da Palermo, non mi portarono quell'armonica, oggetto dei
miei sogni...ci rimasi molto male, al limite del pianto..forse
quella fu la causa, affinchè il sottoscritto non diventasse un
virtuoso del suono dell'armonica (scherzavo)..P.S. oggi
diciannove Marzo duemila e sei ( San Giuseppe ), ho ricevuto
per mano dei miei nipotini Annalucia ( trentatrè mesi ) e
Matteo ( diciotto mesi ) una bellissima e professionale
armonica... proprio per la festa del papà...( dopo sessanta anni
)... mio figlio Luigi aveva avuto sentore del mio desiderio
infantile...e oggi ne rimango appagato suonandola di sera
nella penombra...

"Il Dilemma del 2000"

Tu, che non hai più venti anni...vedendo un esserino di


tenera età, qualche volta ti sarai detto: " questo sì...alle soglie
del tremila ci può arrivare "... Scorazzavo, come era mio
solito, saltellando velocemente come un capretto (
ciaraveddu ), arrivo con una frenata, perché in discesa sul
corso, alla bottega del ciabattino di uzzu'Pippinu Traficanti,
locale di proprietà del bravissimo dottor Pace, saluto come mi
era d'uso. Nel piccolo locale vi erano altri due compaesani,
allora sulla sessantina, si vedeva che avevano già intavolato
una discussione, infatti uno diceva: "eccu, chistu ci
arriva"...l'altro: "ma sapiddu"...uzzu'Pippinu pacioccone e

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con le gote rosacee, prontamente, guardandomi da capo a
piede come se mi volesse pesare...: " nonno', ci arriva ci
arriva "...il pessimista a mezza bocca...ma, ma… scuotendo la
testa a destra e a manca... saluto...e via correndo perché
abitavo a cinquanta metri; l'indomani ritrovo solo il caro zu
Pippinu. Appena mi guarda con i suoi occhioni, io lesto lesto
gli tiro dalla bocca la favella..." ma cosa avevate ieri di così
importante? "...tra una tirata di spago intriso nella cera
vergine, ondeggiando questa volta avanti e indietro col suo
collo taurino l'onesto faccione...,e Matteuccio...,e qui un
sorrisetto quasi affettivo ed altruista...,"beddu miu, noi
abbiamo la nostra età, e chissà dove arriviamo...quannu sarà a
chiamata, e comu vuoli u Signuruzzu...ma tu a u duemila ci
arrivi, ci arrivi"...è stato buon profeta...annuendo con le
labbra strette e dondolando il capo.

"Lo Scherzo Elettrico"

I buon temponi, gli scherzi, i lazzuoli...si


confezionavano nei saloni dei barbieri, dal fabbro ( u firraru )
o maniscalco, dal falegname o dal calzolaio. In questi luoghi
al chiuso, maggiormente d'inverno, perché le campagne erano
bagnate, la presenza dei clienti-contadini, era allora
interessante. Così, forzatamente veniva fuori, gratuitamente,
il soggetto che, per idee, per temperamento, per
esclamazione, per timbro di voce nell'intercalare certi
concetti, divenivano il centro dell'attenzione. Era come oggi
il divo di turno di qualche TV, colui che era immancabile, il
primo attore. Così, nel tempo si formavano ad arte dei gruppi
che gli davano sempre ragione ( la claque ), ed altri che lo
contrariavano anche quando diceva delle cose giuste. Era un
vero teatro, con continui ammiccamenti, forza,
forza...cafudda di duocu...qualche volta, e non di rado finiva
in autentici litigi e ingiurie...perché ognuno volutamente, si
barricava sempre dalla sua...,mai e poi mai...ia accussì e

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basta..., giuru bedda matri santissima, uorbu di luocchi...chi
mi vinissi un muotu... cumputissi fari du pirati, etc,
etc...un'altro zzu Pippinu, anch'esso calzolaio, vicino ai miei
nonni materni, nà chiazzetta di supra... il nostro calzolaio di
famigliala goliardico nonostante l'età e la sobrietà della
persona a modo, usava lasciare l'enorme chiave alla toppa
della serratura...del suo laboratorio. Il fratello di Carmielu
Strazza quadri, abitava a venti metri e ogni pomeriggio
arrivava sull'uscio del ciabattino e si appoggiava
pesantemente sulla chiave quasi a storpiarla, era un abitué...e
con la testa china verso l'interno incominciava sempre gli
stessi discorsi...sui muli, asini, maiali e maisa...,ma uno di
quei giorni, appena avrebbe toccato la chiave come sempre,
non si sapeva quello che stava per succedere...la mano
sembrava non staccarsi più dalla chiave...la porta che andava
avanti e indietro con violenti sussulti, brividi di fuoco su tutto
il corpo...tremore e imprecazioni incominciavano ad
intensificarsi...dall'interno prima qualche sorriso a labbra
strette...per non sbruffare apertamente...poi visto il
temperamento e il pericolo della corrente elettrica...un fuggi
fuggi, perché il malcapitato, aveva capito dell'atrocità dello
scherzo, infatti si vedeva a terra un filo che portava una fase
alla serratura...Gilormu non si fece vedere più per diversi
mesi, ma un giorno, facendo finta di passare per puro caso,
uno sguardo di perdono e un mezzo saluto dall'interno...così
da ricominciare il vecchio tran tran. Ma per precauzione la
chiave non stava più lì alla porta...

" Le Serate, o meglio le Notti Estive cu Paulinu"

Anche se più corte di quelle invernali, a volte non


passavano mai, già, in buona compagnia e tra studenti e
qualche soggetto anche se adulto, si beava dei nostri continui
scherzi e noi in mancanza ci adoperavamo al meglio, per
tenerci caro quel tizio o quel caio, oggetti dei nostri trastulli.

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Uno di questi era un certo zio Paolo, gli altri lo chiamavano
semplicemente Paulinu, allora aveva più di sessanta anni. Gli
piaceva anche qualche dito divino in verticale della botte.
Noi, avremmo detto: " ti piaci u sucu du sarmientu
”...cercavamo di rispettarlo...ma anche lui faceva la stessa
cosa. Una sera sul tardi, dopo la mezzanotte, c'era la luce
accesa nella stanza al primo piano della pretura. Alcuni di
noi, a dire: " non è possibile! il pretore a quest'ora così tardi
"...altri asserivano di averlo visto entrare poco prima. Poi
qualcuno a dire se...Paulinu era veramente amico del
Pretore... qualche altro, con sicurezza affermava che, il
pretore non sapeva neanche chi fosse costui... chi diceva cosi,
chi diceva colà, che il nostro pollo, ben condito, si alzò di
scatto indicando la finestra con l’indice scarno.., ora viriti si
sugnu amicu o nimicu, sono un amicone... e, fraterno... du
prituri... si avviò con passo deciso verso il portone a venti
metri da noi... lo seguimmo a debita distanza... appena bussò
chiamando, come una cantilena, sig. pretore... sig. pretore...
una valanga d'acqua venne rovesciata sul corpo del
malcapitato... due giovani nostri amici, impiegati, sapevano
del nostro cappio... così da completarlo... alla perfezione...
non abbiamo avuto il tempo di stramazzare a terra per le
risate, che Paolino, inferocito, ci ebbe ad inseguire, nelle
strade deserte col popolo dormiente... si sentiva a tratti... il
calpestio veloce... di chi fugge... e, di chi insegue... delle
imprecazioni... “ si ti pigghiu figghiu di buttana e curnutazzu
” e, delle pietre rotolare dopo il lancio... in mezz’oretta
abbiamo fatto per quella notte, il giro di tutto il paese...
qualche sera dopo, ci è costato un paio di grappini al bar... ma
avevamo con noi ancora con tanto affetto uzzu' Paulinu...
LUPARA BIANCA non è stato ne il primo ne l'ultimo nel
nostro territorio, a scomparire dalla circolazione... non è un
vanto... ma, era la resa dei conti... di quella ambigua parte
della nostra società... quella del più forte, del più caino...
che, nel prosieguo dei lustri, ha avuto delle mutazioni,

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adeguandosi, alle morfologie tecnologiche dei territori e
della stessa società in cammino... come le iene che seguono
la transumanza di interi armenti nella savana africana... un
giorno, un uomo... padre di due teneri figli, abitava proprio
davanti casa mia, andava a dorso di mulo con una bisaccia, a
prendere del frumento... promessogli presso un feudo du
baruni du Vaccu... qualche giorno dopo, solo il mulo fu
ritrovato... dicevano con un coltellaccio insanguinato dentro
la bisaccia... ma, il corpo non fece mai... ritorno al focolare
domestico... U PICCIUOTTU CUÀ CURA... quando di
meccanico c'era poco e, da noi, il miglior mezzo tecnologico
avanzato erano le braccia... i muratori non avevano ancora la
betoniera, la impastatrice, lo scavatore, la gruetta ecc... tutto a
mano... la carrucola, la pala, la zappa per stemprare con la
sabbia la calce viva... il piccone, la carriola e spalle robuste (
dietro papà anch'io in tenera età ho distrutto... ma ho
fortificato muscolarmente il mio invidiabile... fisico ), così il
contadino non aveva trattori ne trebbiatrice, usava la zappa, la
falce, l'aratro e gli animali per ricavare, grano, fave, piselli
etc. dai campi, si, c'era qualche raro furgone anche a tre ruote
poi due tre camioncini per il lavoro e per il trasporto da
Palermo, Termini Imerese e, viceversa... il falegname, ancora
non aveva niente... tutte quelle macchine sofisticate ed
elettroniche di oggi... il fabbro lo stesso, metteva i ferri ai
muli agli asini e ai cavalli, come il calzolaio prendeva le
misure realizzando ( le scarpe su misura ), tutto passava sotto
lo sguardo di ogni cosciente operaio manovale o maestro...
Verso il Calvario, abitava un giovane, alto robusto ben
piantato... che, il popolino indicava come uomo da
baraccone... infatti asserivano, che con una mano sola, faceva
volare sacchi pieni di cereali del peso di ottanta novanta
chilogrammi, tanto che qualcuno lo spinse a Palermo in una
palestra per praticare della box... ma, non ebbe tanta
fortuna..., debbo dire anche nel campo dei carrettieri si
mettevano in luce per la naturale destrezza... nel caricare e

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scaricare pesi davvero gravosi... Le Pulci. compagni dei miei
compagnetti... ancora oggi mi vengono i brividi e il prurito in
tutto il corpo... io povero ignaro ed innocente giocavo tete a
tete a casa mia fuori per strada ( tanto passavano soltanto
muli, pecore, bovini, galline e maiali. ) ma, quel che mi avrà
regalato gratis... di questi nevrotici e ballerini animaletti sarà
stato quando ero ospite in certe famiglie del vicinato... a volte
rimanevo a mangiare e a dormire... ma, un giorno mi avvidi
che la mamma di un mio coetaneo, gli passava sui capelli un
pettine a denti strettissimi... aveva adagiato il capo su un
panno bianco... ogni pettinata, erano decine di insetti che
saltellavano... corsi impaurito a riferirlo a mamma
grattandomi tutto... allora mi fece lo stesso trattamento... per
fortuna mi trovo solo qualche pulce e niente uova... mi lavò
ben bene la testa... asciugatela, mi strofinò una polvere
antisettica... e, dopo qualche oretta il barbiere Giacomino...
mi aveva già tagliato i capelli a cuzzuluni... usanza, sia per un
miglior igiene, che, per estetica sportiva... che mi
accompagna ancora oggi... 0..Sucuu... allora era oltre che
cacciatore guardia campestre... e, debbo dire subito che
vigilare in campagna era gradito ai proprietari dei terreni e
molto meno ai pecorai... che, avrebbero voluto scorazzare
con gli armenti in ogni dove... sentivi dalle colline dai boschi
il richiamo sonoro del corno... che indicava una maggiore
disciplina semmai qualche bestia avesse superato certi
confini di pascolo... e, sinceramente tali e tanti le
controversie, le denunce gli sfregi e qualche fucilata... un
giorno il sig. Mogavero trovandosi in compagnia di altri
cacciatori... avrebbero accerchiato una lepre o iazzu, un
compare gli suggerisce... avvicinati e spara che aspetti... in
pratica la povera bestia era sotto il tiro di quattro cinque
bocche da fuoco, un altro più signorile da sportivo dice... no,
facciamola alzare e poi spariamo... già risponde la guardia
campestre avvicinandosi... ora ci penso io... mira... si gira
verso i compari di merenda ed esclama compiaciuto...

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picciuotti o sucuu... frazione di secondi che la lepre schizza
via a destra e a sinistra allontanandosi nonostante sei sette
fucilate e, scompare all'orizzonte... così l'odore e il sapore
dello stufato è rimasto soltanto nei centri percettivi
sensoriali... cioè un sogno... o, sucu??? "GLI AMERICANI
" mi... quante camionette e camion... talia chiddu avi u mitra
ni li manu... e quasi tutti hanno le bombe in bella mostra al
cinto... il colore dei mezzi è verdastro, tute mimetiche...
elmetti... quella punta lunga sarà una mitragliatrice, mamma
mia u viristi come sunnu niuri chiddi tri... saluta ca nietta a
cioccolata... ecco erano arrivati per liberarci dai tedeschi...
quante cose nuove per noi caruseddi di sei sette anni...
abbiamo toccato un pezzo di storia... la nascita della prima
repubblica, i diversi usi e costumi, le novità, si usciva da una
guerra, la società avanzava a tentoni incerta e barcollante, al
nord si era più spigliati... come sempre... si aprivano le grandi
fabbriche, al sud chi aveva qualche metro quadro di terreno e
lontano dalle grandi città poteva sopravvivere... un po' di
cereali un po' di olio e vino per la famiglia, qualche animale
da allevare... sacrifici e lavoro prettamente manuale aiutava il
mio popolo; infatti come ho accennato in altre occasioni,
dalle città tante famiglie si riversavano nei paesetti, gli
sfollati e le realtà erano crudeli, ma, ogni ciclo storico viene
catalogato ed è quasi una essenza inderogabile della vita...
proprio di fronte casa c'era una bettola e al piano terreno
confezionavano le gazzose... era un vero porcile... a terra
acqua, fili scoperti, bottigliette buttate ovunque, raccordi e
tubi che pendevano dappertutto, non c'era il ben minimo
segno di igiene... eppure assaggiare un poco di gazzosa era,
una sciccheria... gli avventori sopra erano sempre gli stessi...
il papà di Paulinu non aveva di meglio per l'età e per i liquidi
ingurgitati... di andare a pisciare al balcone su alcuni vasi di
basilico... conduceva l'esercizio una cara e dolce giovane
donna veneta che, per paura di qualche perquisizione veniva
a nascondere interi pacchi di sigarette di contrabbando

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americane a casa nostra, io non avevo mai visto ne fumato il
contenuto di quelle belle confezioni colorati e profumati. "U
PACCU D'AMERICA”.gli occhi dei curiosi indagavano...
mii... u paccu d'Amierica tarrìvau... ammuccamu vaa... si in
tutti era la speranza che arrivasse... magari da un parente
dimenticato... i postini tutto fare credo che si chiamassero
entrambi Pippinu, quando c'erano di questi eventi... si
facevano aiutare da Niculinu che con una corda alla meno
peggio si imbracava alle spalle l'enorme fardello, per la verità
l'integrità del cartone dava sempre a pensare... chissà se
hanno preso oggetti importanti e al loro posto hanno rimesso
della cartaccia... mio nonno aveva un fratello a Cicago... una
volta arrivò un bellissimo fucile da caccia con cani interni...
dopo qualche anno ne arrivò un altro... abbastanza
voluminoso, la delusione si stampò non soltanto sul mio
viso... infatti conteneva delle scarpe dal quarantacinque in su
che sembravano degli sci e, una decina di cappelli di feltro
enormi tipo cowboy tanto che negli anni seguenti venivano
usati per lucidare gli stivali e scarpe e, mia madre ripeteva
qualche volta, che noi non avevamo avuto mai fortuna con i
pacchi americani ne tanto meno con gli zii d'America... "A
Tuccata pii Urpi"... una volta nonostante ci fosse abbastanza
selvaggina nel nostro territorio vi era un numero inferiore di
cacciatori rispetto ai giorni nostri... infatti gli indici si sono
capovolti, tanti cacciatori e meno fauna... ai tempi qualcuno
era in regola con la licenza e le tasse... ma tanti erano dei
provetti cacciatori-bracconieri... nascondevano un fucile
vecchio in un anfratto o, nel pagliaio così da evitare spiate o
controlli nel far del ritorno anche di notte... molti erano dei
grandi lazzaiuoli o con il faro notturno e, ritornavano nelle
ore del mattino... non rinnego che la mia grande passione mi
portò, anzi mi portarono certi pseudo compaesani ad agire
lontano dalle leggi... ( però solo qualche caso isolato ), a
tuccata alla volpe in genere si effettuava verso la fine della
stagione venatoria... c'erano dei preparativi... partivano per il

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bosco il maresciallo, il dottore veterinario, il farmacista e così
via sino ad arrivare a dei cacciatori anziani e valenti... ad un
suono di tromba... dalla valle partivano da una radura con
campanacci latte sirene a mano i giovani scacciatori... era un
frastuono incredibile... cosi le povere volpi indifese
fuggivano dai loro nascondigli... per andare a finire sotto il
piombo dei magnati, che qualche ora prima si erano appostati
nei punti strategici indicati dal capo caccia, la sera si
ritornava con i camion o con i carretti o a piedi o nel miglior
dei casi a, dorso di qualche animale e, la gente incuriosita
accorreva... i miei nonni come tanti altri erano bravi a
preparare a ghiotta... si scuoiava la vurpi e da Gennaio a
Febbraio è il miglior periodo per ricavare anche la pregiata
pelliccia... e non vi dico che, nei tempi trascorsi nei diversi
paesi cacciatori o meglio bracconieri, si vantavano che in un
anno ne avevano prese da soli decine e decine, che poi lavate
con acqua e sale abbondante e tese con delle canne, si
facevano asciugare bene all'aria fresca...portate nei laboratori
di pellicceria di Palermo venivano pagate benino; invece per
cucinare alla perfezione, la carne della canide, è quella che sa
di selvatico più di tutte... si spezzava a pezzetti e si metteva
sotto acqua corrente per alcuni giorni, si disossava si faceva
macerare ancora sotto vino e tante altre erbette che la fantasia
dei nonni si tramandava da generazioni, debbo dire che
bisogna distinguere alcune sottospecie, la canina e la porcina
cosi da avere sapori leggermente diversi... comunque la
salsetta... cipollette tritate, olive, capperi, sedano e qualche
goccia di aceto e, ecco per i golosi qualcosa di ghiotto
"aghiuotta dàa urpi", mi è capitato di vedere certi amici della
campagna ingozzarsi con avidità anche quando lasciava a
desiderare come preparazione..., un giorno ho ucciso una
volpe, dopo averla regalata li in campagna a dei cafoni, mi
soffermai per mangiare un boccone di pane e formaggio
fresco, un bicchiere di vino perché faceva freddo... e, prima
che finivo una sigaretta, già l'avevano scuoiata, sbollita con

100
acqua e sale e, attorno au quararuni facevano la danza della
pancia mia fatti capanna... che cannibali... assieme al mio
grande blak... ci allontanammo senza girarci
indietro..."Verità alla Spicciolata".:qui dirò in forma
veramente sintetica brani di lavoro di produzione... di
guadagno e, alcuni idiomi che venivano da lontano...,
interessante ma non in forma eccessiva la raccolta dei piselli
nani, degli agrumi alla stazione di Montemaggiore... quello
dei carciofi con le spine... all'intorno del
millenovecentosettanta alla tv una reclàme di Calindri
innegiava al chinar seduto in una vasta piazza di città
coltivata con questo celebre e interessante ortaggio Cerda,
Sciara Bonfornello sono i terreni prediletti... con grande
esportazione al nord e all'estero... anche mio nonno aveva una
spianata di questi frutti ricchi di sali minerali... ( si possono
cucinare in mille modi, veramente saporiti ) ho un flash della
battitura del lino, che veniva mazziatu con un robusto
bastone... per l'allevamento dei maiali ho già accennato in
altra parte, ma, era senza dubbio una grande risorsa... sia
economica che culinaria... pensate che entravano anche
dentro i bar... Padre Giacomo al Carmine riparato in un
dossetto curava le arnie delle api, il miele, grande alimento,
veniva usato anche per la gola, nei mesi invernali perché
davvero balsamico e,alcune rare piantine di zafferano; per
mia ventura con mio figlio Luigi sono stato a caccia infatti
ero residente sin dal millenovecentottanta a Pineto (TE), e,
sugli altipiani abruzzesi e precisamente in quelli di Navelli,
vero centro della produzione di questo nobile fiore, costoso
più dell'oro...; a trenta metri.da casa, vi erano due porte di
sicurezza del cinema-teatro Fiorella, nelle ore della giornata
alcune donne e Nicola effettuavano le pulizie, per la verità la
puzzura nauseabonda della polvere e del fumo che si era
impregnato ovunque era come un cancro per i polmoni degli
spettatori ai miei tempi facevano cassetta i film dei santi e
delle guerre puniche o di avventura... ma, i veli dell'eros con

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gli anni cadevano anche nella quiete del nostro villaggio... i
nuovi gestori per alcuni anni fecero incetta di film fortemente
erotici... l'incasso si alzava perchè i maschietti di ogni età
erano sempre presenti... uzzù Tanu uzzù Giacuminu...
uscivano dal cinema con gli occhi sazi e brulicanti, mentre le
gote color porpora era indice che la temperatura corporea si
era elevata... e, Nofrio uscendo fuori il più accalorato dava
una scossa ai suoi pantaloni come se fosse un sacco mezzo
pieno di noci... io personalmente mi sono quasi divertito una
volta... dico, dal punto di vista scientifico, perché era un
lungometraggio sull'accoppiamento nel mondo animale (
molto interessante ), ma da più piccolino oltre i film di Zorro
con Gino Cervi... il Tarzan del grande olimpionico Jhon
Weismuller con il suo grido di battaglia... era quello che mi
teneva sempre sulle spine... mi piaceva tanto... e, facendo
ritorno a casa sul tardi cercavo di imitarlo... col risultato che
da qualche imposta faceva capolino qualcuno del vicinato...
“a' Mattiuzzu ia...” pensate che quel grido o richiamo di
Tarzan è la fusione di più voci... quella del leone dell'elefante
e del rinoceronte... io ero di casa li vicino al cinema... sul
finire delle pulizie di nascosto sollevavo appena il fermo di
una delle porte, così la sera nella penombra mi intrufolavo
dentro con qualche amichetto godendoci il film a sbafo. "Gli
Impiccati": attìa nncà usàii cusàffucau... già si era impiccato
qualcuno... proprio così... nell'arco di questi pochi anni della
mia piccola infanzia diversi casi si sono succeduti...
sembrava fosse diventata una moda... o il disbrigo perentorio
di certe faccende.., mia madre diceva... detti antichi che si
tramandavano... “ la nostra testa e come un orologio...
quando si guasta non funziona più... “ quale é la verità nella
mente nel cuore nell'essere sia fisico che psichico di un
presunto prossimo suicida... certamente ti sarà mancata la
collaborazione affettiva... ecco ora io ti sono vicino... ma lo
sai che fai peccato mortale togliendoti la vita? Mi dirai che
dopo morto non vedrai più niente, ma se ti allontani da questo

102
sporco mondo in guesto modo... non potrai risolvere le tue
angustie... così esci sconfitto da questa battaglia... invece
cerchiamo di aggirare certi ostacoli che a te possono
sembrare insormontabili... superiamoli invece a ragion di
logica. Il tempo ti aiuterà a vincere e a gioire su certe cose
che oggi ti possono apparire distorte rispetto a quello che è la
vera realtà..., vedi... come puoi lasciare questa terra...la
mattina ti alzi e i tuoi occhi si inebriano di luce di suoni di
voci di colori e di odori della natura...è la vita! Il richiamo
delle campane della chiesa Madre il vociare dell'ambulante
per strada... domani si farà la bellissima processione del
Crocefisso, poi i giuochi pirotecnici ma, cosa vuoi di più
dalla vita..., su... su... vieni al bar che ti offro un sorso di
salute... ''CERTI MODI DI DIRE" e di pensare che si
perdono sin dalla notte dei tempi, non sono altro che la realtà
di usi e costumi, la coscienza operosa della vita quotidiana, e,
che rappresenta la fluorescenza si di diversi gruppi etnici ma
di intere società, i proverbi in special modo quelli nostrani
dialettali affermano meglio il significato dell'esistenza, mio
padre era nato nel millenovecentoquattro dunque all'inizio del
secolo, e qualche volta, in special modo quando lavorava (
tutti i giorni ), se ne usciva con certe frasi che, al momento
non potevo afferrare, ma il tempo e la testa sulle spalle mi
hanno fatto capire qual'è il pozzo della verità... curri curri
quantu vuoi cà siempri cà taspiettu, non lasciare al domani
quel che puoi fare oggi, così mi intratteneva tutta la giornata
con se... e, spesso volutamente mi caricava dei pesi e dei
recipienti di calce da lasciarmi senza fiato, poi significava
con tranquillità ironica...,quello che è fiele oggi è miele
domani... così in tutti i modi mi voleva far capire che il
lavoro è faticoso, sporco e che mi conveniva studiare... è
stato buon profeta davanti al maresciallo non dire mai di si...
perchè, ti mette un coltello sotto il mento, appena abbassi il
capo ti buchi i cannaruozza... una notte mio padre doveva dar
man forte ad un mio zio che aveva accumulato molti quintali

103
di grano, lui si trovava già li in campagna, per mezzo di un
vicino contadino, mia madre ebbe a sapere che Matteuccio
doveva portare a furmanguanta... il sottoscritto ubbidiente e
conscio della gravita del caso... in pratica si dovevano
difendere da eventuali ruberie, portai superando la strada che
porta al cimitero, in una borsa di tela il companatico per la
cena e una pistola calibro trentotto con relative munizioni, ai
propri manovali che nell'arco della giornata si allontanavano
per più di due volte per i bisogni fisiologici... raccomandava
di portare ogni volta il segnale sulle labbra oppure quando lo
sfotto si avvicinava alla realtà, tu non vedrai mai due paia di
scarpe sotto il letto, oppure non vedrai neanche mutande cu a
frinza... si apriva nella fantasia adolescenziale un vasto
quadro pieno di figure del vissuto anche primordiale, ricordo
una scena del mio primo film muto... un bimbetto che correva
nel folto della foresta inciampando e rialzandosi nei grovigli
della vegetazione, infatti andava a chiedere aiuto perché il
fratello adulto era rimasto ferito gravemente dopo aver lottato
con una bestia feroce... la figura snella e i contorni dolci del
viso di mammma, li vedevo nella statua di Santa .Maria
Teresa del Bambino Gesù, ero innamorato di quella donna
situata in una piccola stanza a sinistra di un corridoio al piano
rialzato, andavo a trovarla, a salutarla prima di fuggire per
scorazzare in ogni e dove... nello stesso corridoio ma a destra
lo zio Alfonso nella chiesa officiava spesso la S.Messa per le
bravissime sorelle Filippine, che poi ricambiavano con
l'invito a pranzo, infatti una di quelle volte... una monachella
portando il secondo dice con voce servizievole: padre
Alfonso preferisce la parte della coscia o dell'ala, ( si trattava
di un bel bollito con patate cipolle e carote et aromi di un
grosso pollo casareccio...) alchè mio zio risponde serafico e
compiaciuto... “ la parte dell'ala per volare... e, quella delle
gambe per camminare...” cosi si arraffò più di mezzo pollo...
tanto lui era abbastanza robusto, e carino anche con le
sorelle...

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Tutto ciò visto con un'ottica specifica risalta delle
tonalità prettamente culturali sia pure circoscritte di un
determinato territorio che comunque partecipa anche se in
piccolo e con poche risonanze in quella immensa etnia della
vita vissuta.
"A CUOPPULA": dal notaio aspettavo, sognavo ad
occhi aperti, e fissavo come se fossi catalizzato... ad un tratto
mi scossi quasi per risvegliarmi ma con decisione entrai...
andai a spasso dentro quelle enormi foto della saletta di
attesa, si in bianco e nero. Intanto la giornata dava sulla
foschia e le figure sia delle persone che delle bestie
sembravano avere per ognuno un proprio ragionamento... mi
sono appressato a loro, ho cercato di individuarli nel viso...
ma i loro occhi seguivano imperterriti un'altra trazzera, solo
uzzù Micu si gira di scattu a manu nà pampiera da cuoppula a
crapa ora curri belando vicinu a cura da mula..., uzzù
Giluormu accavaddu a sciccaredda sutta a tistiera e cu li
ammi appinnuluni pedala e spinge... come a dire al povero
animale, allistiemuni cà si fici tardi... eddì quattru scassa
pagghiara stritti stritti sembranu 'mpiccicati dà ai quattru
canti, dui annu a tistiera e stivali rizzi, dui a cuoppula di
vellutinu marrò e i scarponcini di vacchetta e beddi
intacciati... chissà quali discursi hannu infilatu... uno con
gesti articola la sua ragione... l'altro apre le braccia per dargli
conforto... mentre gli altri duì fanno segno che qualche
dubbio rimane. Un giorno a Palermo per strada in via Roma
un viso amichevole me ne offrì alcune a poco prezzo ma di
vero velluto, mi ringraziò, ma io con lo sguardo gli dissi
grazie due volte, metto spesso quelle coppole in qualsiasi
punto d'Italia mi sono trovato...e la gente di altre regioni
ricambia con larghi saluti... più di una volta davanti allo
specchio ecco così più a destra o no forse più a sinistra, a
pampiera così più in basso, ma come mi sta bene... eccomi
pronto ora entro in un'altra di quelle foto du nutaru... acussì
vaiu a fari quattru chiacchiere cui miei paisani... talia quello è

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il nonno di mio zio uzzù Cicciu, eddà cura niura è di
l'arciprete Tresa... si dice ca è bonu come un santu... quelli
sunnu i manuvali ca travagghianu a rracidditu... forse faranno
una vasca granni granni pi dissitari u paisi arsu... e tutti sti
muli in fila... ah sunnu du baruni... sta strata assimigghia a na
biedda trazziera."IMMROGGHI DA CUOPPULA": è
certo potrebbe dirci la verità e null'altro che la verità... senza
bisogno di inchinarsi, o poggiare la mano sinistra sulla Bibbia
e alzando la destra dicendo... lo giuro; è quella che nasconde
e ripara gelosamente tutti i pensieri di noi, frutto di un
frullato di civiltà che hanno abbeverato per millenni la nostra
Trinacria; sia essa unta e bisunta di quel contadino che ad
intervalli alzando la zappa sputa fiele sulle mani incallite, o
che sia du campieri a cavallo da giumenta che controlla u
feudu, o quella fine elegante e alla moda du cavalieri du
spizziali o du dutturi, è certo che a cuoppula conosce più du
cunfissiunili, già la vera verità..., peccato... perché spesso il
cervello a cuoppula e la coscienza verranno sotterrate nelle
profondità più oscure... e i segreti rimarranno segreti per
sempre... "U MASTRU A MASTRA..." a stissa paruola ti
la dici, fucina del sapere, iu vaiu pi arrubbari u mistieri, mio
padre me lo ha raccomandato, stai attento a chiddu chiffà,
tieni gli occhi aperti, non perdere neanche un passu, fatti
furbu, impara u mistieri e miettulu da parti, ti può ritornare
sempre utile... Mio padre sapeva risuolare le scarpe in
famiglia, sapeva seminare e raccogliere in campagna,
muraturi di prima, una volta a Palermo i ladri non poterono
rubare perché aveva con il lamierino rinforzato la porta
d'ingresso, sapeva fare di tutto, non c'era niente di difficile
per lui, dove metteva le mani usciva oro colato, non si
fermava mai, ne con lo scirocco a quarantacinque gradi ne
con i ghiaccioli in tasca... e, u mastru a gualsiasi categoria
appartenesse era un punto di partenza e di arrivo nei vari
discorsi delle buone anime locali... uzzù Piddu era la stella
che ti indicava il marchio di professionalità, sia nel bene che

106
nel male... mio padre per citarne uno... quando vedeva che
uno spigolo era storto, o che u cazzulinu era stato usato male,
ai mezzi mastri che già stavano nelle impalcature, gli faceva
assaggiare da padre severo dell'arte udù parmi sulle spalle.
Molti anni addietro un vecchietto mi disse...:” tuo padre non
aveva gelosia della propria arte del proprio sapere, dalle sue
mani sono usciti i migliori muratori della zona.” Insomma ci
sono stati negli anni veri e grandi maestri artefici di lavori
che dopo secoli hanno lasciato tracce di ottima tecnica
inventiva e professionalità inarrivabile. U carusu u
picciuteddu dopo anni di apprendistato era la fotocopia del
proprio maestro... le stesse battute le stesse ironie... la stessa
cadenza nella vita di relazione... perché aveva da buon figlio
di... rubato l'anima da chi gli aveva partorito un avvenire... e
così pure le ragazze a scuola di taglio cucito e ricamo... e
qualcuna molto vivacetta veniva indicata come a figghia
dàrraccamatrice, o come la monaca di Monza, certo era, che
uscire di casa dalla propria tana diventava negli anni un
progresso sia economico che sociale, e poi trovavano più
presto marito, sfatando quel detto nostrano “ figghia fimmina
e nuttata pirduta...” già perché la femmina doveva portare a
casa dote e presenza... così molti fratelli maggiori dovevano
lavorare e partecipare fattivamente affinchè la sorellina si
accasasse con onore e religiosità ( senza fitina ), così anche se
rimaneva vedova ( cattiva ) i fratelli dovevano avere un
occhio di riguardo nei confronti della sorella sfortunata.
"PADRE TERESI": tutti ti vogliono beato poi santu... ma ti
prego fammi una bella grazia... no.... no... non voglio vincere
al super enalotto... mi basta la pensione ( sono di destra )
ormai ci auguriamo con la mia sposa Anna una decente
vecchiaia con buona salute... solo se, sotto sotto... se ti è
possibile indirizza i miei nipotini Annalucia e Matteo sempre
nella strada giusta... e crescere sotto la protezione della
Mamma Celeste... fa che la femminuccia emuli Madre Teresa
di Calcutta e Matteo possa arrivare agli altari di Roma... certo

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non è da poco, ma bisogna bussare affinché le porte del
paradiso si aprano... sai queste grazie ti potrebbero servire per
la tua causa... non mi dire che sono sfacciato e chiedo troppo,
sai perché... no, no tu lo sai già... quanto sono puerile,
perdonami, ma ora lo diciamo a chi aprirà queste pagine,
innanzi tutto avrei voluto essere del tuo tempo... magari a
farti da chierichetto... ma chissà... diretto da te che strada
avrei imboccato... forse ti avrei emulato... ma, comunque
diciamo le cose come stanno: tu avevi uno zio prete e io due,
sono stato a casa tua dove sei nato, dove hai passato anni
della tua infanzia... infatti ho frequentato alcuni anni delle
scuole elementari in quelle stanze... dove hai pianto, gioito,
giocato e la tua voce il tuo respiro sono rimasti indelebili...
siamo tutti e due della bilancia tu sei nato il dieci di ottobre io
il venti, sei stato ordinato il ventuno di Settembre proprio per
San .Matteo, tu hai seminato amore e cristianità a Monreale e
io ho lasciato li in tre anni nella scuola media sette coppe,
praticamente abbiamo calpestato lo stesso suolo. Perdonami
queste puerili coincidenze che abbiamo in comune... ma era
per attirare la tua attenzione...vorrei iniziare a dialogare...
anche se un pò tardi... io ci sto provando... e, sono sicuro che
qualcosa di buono avverrà sono molto fiducioso in te Padre
Tresa."A FIGGHIA DI SANTU":non esisteva ne il
pensiero ne la convenzione di quello che è oggi la parola
adozione, allora per diversi motivi un maschietto o una
femminuccia andavano da una famiglia ad un'altra in special
modo a genitori senza figli e benestanti... infatti il passaggio
di questa merce umana era dettata da penosi bisogni familiari,
con la suggestione che la adottata potesse avere un avvenire
più roseo e in compenso una vita futura pregna di un miglior
benessere, faceva piacere che qualche sfortunata orfanella
venisse a trovare un nuovo focolare, pieno di incentivi per il
prosieguo del suo avvenire, nei discorsi e nei pensieri della
gente per tali eventi non c'era ne meraviglia ne titubanze...
questo avveniva solo per fine di bene sociale... e così

108
nell'ambito della piccola comunità una nuova pianta avrebbe
avuto il giusto e rigoglioso sviluppo...
"U STAZZUNARU": in molti paesi c'era u stazzunaru,
ma anche più di uno... era il supermarket dell'edilizia... sin da
piccolo mi sono deliziato nell'ammirare il risultato di questi
artigiani, in diverse regioni, quando mi è capitato da vicino
ho contemplato estasiato quest'arte veramente biblica...
pensate dalla creta, a volte miscelata anche con la paglia,
vedete la creta ha un'anima, ha uno spirito, respira meglio di
noi, ascolta e gioisce ed estasia con la ceramica figure vive
che ti parlano e ti raccontano favole storie e verità, i mattoni
detti patatuni di diversa dimensione così le tegole, dette
canali, erano a quei tempi i best sellers della tecnica
ecologica che sarà se usati sempre avanzata... ho sognato
qualche volta di potere abitare in tali edifici, fermatevi ad
ammirare se potete i giuochi dei capitelli degli architravi le
soffitte a quattro sfoglie, quelle dei corridoi delle passeggiate,
ho visto sagome di sandali in alcune scale talmente usati nei
monasteri nel corso dei secoli, vedevo figure filantropiche di
ecclesiastici in meditazione eterna; u stazzuni era attaccato ad
un lembo del nostro campo sportivo, ove ho incominciato a
calciare il pallone, e poi, come... tante altre cose che hanno
fatto storia in qualsiasi piccola comunità sono svanite con
immenso rammarico.
"CUOLA U CRAPARU": aveva una trentina di capre al
seguito, e ogni mattina faceva il giro di certe strade del paese,
la mamma gli dava un pentolino, e lui svelto ora questa ora
quella capretta faceva tintinnare saette di latte con vera
maestria, neanche una goccia a terra di quel liquido candido e
gonfio di spuma fumante, era igienico o meno, resta il fatto
che spesso come un gatto immergevo il muso per poi
leccarmi i baffi... Cuola era educato e socievole... stava con
un bel gruppo di capre pulite ed eleganti... abitava con una
sorella a Santa .Fara, era una figura scarna e il passo simile
ad una capra che scarta da un lato... poi, dopo qualche anno

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non si é visto più… quello che é rimasto per la strada e vicino
casa, i zzoddari e l'odore acre delle capre . . . "A
TRAZZERA." che bella comodità non potevi sbagliare...
neanche d'inverno quando il paesaggio ti mette in difficoltà
perché carico di due metri abbondanti di neve, sin'anche le
pecore le mucche e i muli sapevano che dopo u passu Cuorvu
veniva Battaglia poi Viscardu poi Granza etc. etc. poi se era
veramente regia... si era più orgogliosi insomma un vanto sia
per chi andava a piedi che a cavallo... si incerti punti si
confondeva con alcune frane con una più modesta mulattiera,
ma il passo non era precluso a nessuno... sia che passasse u
Baruni u sovrastante che il semplice contadino con l'asinello,
sin'anche u poveru diavolo di lu adduvatu sapeva passo passo
da camperia al bosco quasi ogni giorno... la testa china..
chissà quali pensieri quali ragionamenti gli farfugliavano nu
ciriveddu na mirudda solatia, anche perché solo con le bestie
poteva dialogare... però chissà se avesse avuto l'opportunità
di fare una O come quella di Giotto... solo a trazzera ci può
svelare questi dilemmi... magari un giorno per un cataclisma
si alzeranno gli altarini... e sapremo tante verità ancora
incognite, se un tempo ti avrebbero detto... sai a pochi
chilometri verrà una strada asfaltata o addirittura una
autostrada... certo la meraviglia sarebbe stata enorme ed
illeggibile... io sugnu una signora trazzera e regia per giunta,
nei secoli o nei millenni ho dato asilo di passaggio a ricchi e
poveri a briganti e santi... hanno goduto di aria salubre, di
panorami pieni di quiete... e ognuno poteva ascoltare nella
pace dei propri sensi il battere del proprio cuore... non ho
messo fretta a nessuno ognuno col proprio passo aveva il
tempo di ragionare e risolvere per il da farsi. Insomma, anche
una vera guida spirituale... certo che la polvere o il fango ha
imbrattato gli scarponi a chi li possedeva... ma ditemi...
queste nuove strade asfaltate che dicono anche veloci...
daranno o poveru uomo il tempo di connfrontarsi con se
medesimo... e con Dio?.. " U CARCIRI USU

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FAMIGGHIA " Si ... si ...c'era anche il carcere... come certi
prodotti di usa e getta... io lo vedo ora da lontano... così,
allora era un piccolo carcere-pensione-familiare...quattro
cinque celle francescane, con le finestre aeratori, protetti a
piano terra da ferri e lamierino zincato... anche passando a
dorso di mulo la curiosità non penetrava sino all'interno, in
genere qualche ospite era sempre presente, i gestori del
piccolissimo convento-asilo-carcere, erano marito e moglie, e
due figli maschi allora giovincelli... tanto che il secondo era
appena più grandicello del sottoscritto otto dieci anni, spesso
assieme giocavamo o si litigava... migliaia di volte la palla
anche di pezza o qualche altro infernale attrezzo andava a
battere con violenza nella porta d'ingresso, dove
generalmente la padrona di casa era intenta dietro i vetri a
cucire o a ricamare.. e ogni volta che quell'uscio si apriva era
la buona occasione per sbirciare verso l'interno oltre quel
grande cancello che turava quel mo di fondaco sempre nella
penombra,anche nelle belle giornate estive, si,diverse volte
ho incrociato lo sguardo du carzaratu, prima era semplice
curiosità, infatti mi interessava sapere come era fatto un...
cioè un essere vivente... perché dentro pochi metri di
umidità... non vedeva ne Cielo ne stelle... ma neanche il sole
a scacchi... sai ora che ti dico amico mio tu mi sei ancora
debitore, ma io non ho mai preteso un cent di interessi,
perché ho capito dallo sguardo dal tuo sorriso che non dovevi
essere tanto cattivo, forse i miei vivaci occhi, i movimenti
repentini, le voci e lo strillare di gioia e di vittorie in quello
spazio enorme e aperto limitato soltanto dal dettar del sole e
della luna... ecco tu... ti sei rivisto in me da piccolo... già
siamo nati quasi senza peccato... innocenti e lontani da
imbrogli umani... ma per la strada abbiamo incontrato il lupo
cattivo di cappuccetto rosso... e di peggio, come il gatto e la
volpe di pinocchio... io lo so il sig.Pretore ti ha dato solo otto
mesi perché avevi preso una sveglia da una casa... tu asserivi
di averla trovata per terra... forse ti serviva per svegliarti

111
puntuale la mattina presto per il lavoro... certo allora non
potevi presagire che con otto mesi di carcere, se volevi,
potevi anche defraudare Bankitalia, la Cirio, la Antonveneta,
Parmalat, Unipol, lo scandalo nel mondo del calcio con la
Gea... ma basta per carità... a breve tempo saranno nel
dimenticatoio... e... si ricomincerà con altri fatti simili...
perché la società oggi ha veramente bisogno di miriadi di
sveglie, per non farci truffare ancora anche la poca aria
inquinata che ci ammorba.

"U SIERU A RICUOTTA": e sarebbe deleterio non


menzionare un'arte...un'arte che cammina passo, passo con
Adamo ed Eva... vi giuro... parola mia... che appena questi
nostri ominidi furbetti caddero in disgrazia, la frutta da ceto
agiato come la mela già la conoscevano... ma venuti a nuova
residenza sulla terra... ebbero dal buon Dio... una tantum di
buona uscita, che comprendeva immensi pascoli
verdeggianti, boschi con tanta legna e frutta e, dulcis in
fundo, armenti e animali di ogni sorta a quei tempi non c'era
un maestro di nuoto e dunque quella immensità di acqua per
il momento fu ignorata, preferivano stare con i piedi per
terra... era più facile e più redditizio per i tempi che
correvano... in pratica avevano di tutto dalle piante e dagli
animali... così a poco a poco capirono e fecero abbuffate di
latte, siero, ricotta e formaggi... fregandosene dei grassi e del
colesterolo alle stelle... io quando ho potuto, e ne ho avuto
l'occasione altro che abbuffate ho fatto, imitavo i cani di
mannara tanto che poi mi preoccupavo del mio stato di forma
atletica per alcuni giorni... sono stato sempre ghiotto e tuttora
dei latticini quando da piccoletto mi domandavano:che vuoi
fare da grande... rispondevo: “u picurareddu...” vedete è
qualcosa di veramente arcaico tutta la preparazione... la
raccolta del latte... un lembo di bosco quasi nascosto...
movimenti di folletti... scampanellare di bestie, voci umane
fatte di gesta primordiali... fuoco e fumo danno il segnale

112
come un arcobaleno... e dice che il Creatore ha creato
ancora... il rincorrersi del piacere della vita... accorrete,
correte... correte in una alba serena, già figure asciugano col
dorso della mano libera... gocce di sangue dalla fronte
grondante...

"U NIGGHIU": lo conoscevo bene, sin da piccolo, in


un boschetto avevo preso qualche nidiaceo, non era ben visto
in giro... la gente in special modo le donne che accudivano le
chiocce con i loro pulcini.. a pensarci era davvero bello, si
distingueva maggiormente per la forma della coda a delta
come quella di un grosso rondone, volteggiava
principalmente nella parte superiore del paese in una fascia
che andava da Santa. Fara a San. Giuseppe, certo era un
velivolo perfetto e sapeva sfruttare tutte le correnti d'aria
ascensionali, planava scivolava d'ala per poi risalire senza
fatica... a volte entrava in competizione col più piccolo
gheppio nel momento detto dello spirito santo, cioè quando
sta fermo in aria a mò di croce vibrando leggermente le ali in
perfetto equilibrio, a volte stavo a pancia in su per ore a
gustarmi i giuochi di questi autentici acrobati del cielo, e di
sicuro conoscevano le abitudini di ogni persona ed animali
del territorio di loro competenza... erano dall'alto degli
autentici radar-spia, se avessero potuto avrebbero raccontato
tante di quelle storie su certi tizi da riempire enormi pagine di
vita...

"MORTE DOVUTA AL VIRUS DEL


TRICHINORUM": tanti erano i maiali che gironzolavano
liberi per e nella periferia del paese incorniciata dalle fosse di
concime stallatico e umano dei fumazzari; bisogna dire che in
molte case esistevano solo i pozzi neri senza fognature e il
bisogno notturno veniva evacuato nei cantari o nei vasi che
poi col buio del mattino venivano svuotati nella periferia più
vicina, tanto che successe l'irreparabile con nefaste

113
conseguenze per diverse famiglie: una decina i morti perché
l'animale aveva contratto e trasmesso, con la sua carne, la
salsiccia e gli insaccati, il virus del trichinorum certamente
acquisito dalla moltitudine dei topi. Molti gli sfortunati che
nell'arco di venti giorni prima con febbre altissima e poi
arrivava ( inadeguate cure e medicine ) la morte; qualcuno sì
salvò per puro miracolo perché cucinò per due ore lo stufato
così il virus venne in parte per l'alta temperatura debellato.

"LA BECCACCIA DI PIOMBO": si sentiva anche


cacciatore il papà di due miei coetanei e forse nipote di
qualche buon prete già all'aldilà, alto di statura allampanato e
di gran fama, buttava le frasi quasi come una schioppettata
alla cieca, lui pensava anzi era arcisicuro di aver colto nel
segno ma quelle consonanti stridevano come una sega senza
olio, i larghi gesti di persuasione ora dentro il calzolaio, ora
dal barbiere mentre questo riscaldava ( sfilava ) il rasoio sulla
fascia di cuoio ( coramella ), mentre i commensali stringendo
le labbra e il mento, ondeggiavano la testa di qua e di la
facendo capire che la stava veramente sparando grossa, infatti
asseriva che ad una beccaccia aveva tirato più di otto fucilate
e l'aveva inseguita per dieci chilometri, pensate dal passo
1'Annaru o Luocu a Palisi a Cavatina al Calvario e poi le
andò a cadere giusto giusto ancora viva di fronte casa, e che
le avrebbe trovato addosso più di cinque chilogrammi di
piombo tanto da poterlo riutilizzare per la confezione di altre
cartucce, per molti concittadini era in quei periodi l'attrazione
principe delle serate autunnali.

"L'OSCURAMENTO": l'oscurantismo? no non mi


riferisco a quei periodi storici che per diversi fattori di
decadenza politica economica o dei costumi ha fatto parlare
gli studiosi con formule e giudizi prettamente negativi ora in
un settore ora in un altro ad indicare una società al limite del
collasso; immaginate di quelle sere, di quelle notti, in special

114
modo nei grandi centri urbani come Palermo o altre città che
poi sono quasi tutte portuali, pensate erano di quelle
settimane che i tedeschi battevano in ritirata verso il nord e
gli americani che incalzavano da dietro per liberarci
dall'amico-nemico germanico, ecco perché a causa dei
bombardamenti le città venivano a depauperarsi per dare
luogo a quelle transumanze di sfollati verso luoghi con
piccoli centri urbani o addirittura in zone sicure di aperta
campagna regola principale era che, col venire della sera e
della notte, qualsiasi centro abitato doveva rimanere
all'esterno delle case, nelle strade, nelle piazze e ovunque nel
più assoluto buio cercando così di passare inosservati a delle
squadriglie di volatili bombardieri ricordo che gironzolavano
lungo il corso impiegati del comune o gli stessi carabinieri a
redarguire pesantemente chi per negligenza o per distrazione
faceva filtrare fuori dalla propria abitazione la più minima
luce proveniente in genere dal lume ad olio o a petrolio.

"GLI SFOLLATI": nel mese di Novembre c'è la


raccolta delle olive dalle quali si ricava nel mio paesello
grandi quantità e un livello buono come qualità di olio,
correva l'anno mille novecento quaranta cinque quaranta sei
anni post bellici in cui la società in special modo delle grandi
città viveva momenti di grande ristrettezza economica così
molte famiglie si riversavano in provincia ( gli sfollati ), dove
o bene o male trovavano ancora qualche pezzo di pane di
formaggio o di verdure di campagna qualche manciata di ceci
o di fave alcune di queste famiglie non trovavano di meglio
che dedicarsi per l'impellente bisogno di rubare in un paese
quasi sempre tranquillo un giorno si sentiva che avevano
scassinato un piccolo negozio di genere alimentare, poi i
tessuti in casa di privati e cosi via per alcuni mesi, mia nonna
gestiva sul corso principale una piccola bottega piena di filati,
tabacco, pasta, zucchero, formaggio e generi vari per la casa e
per la campagna, dopo l'Ave Maria chiudeva le due porte

115
robuste di castagno con una enorme chiave e tornava a casa
distante cinquecento metri ove a capotavola per rispetto era
seduto padre Giacomo con un enorme piatto era servito per
primo di pasta e sugo prelibato insaporito ora dalla
cacciagione ( nella nostra famiglia vi erano quattro cacciatori
) dei conigli selvatici o dai colombi casarecci beccacce lepri a
tavola si era in sette otto e i discorsi cadevano sempre sulle
faccende della giornata, al che mia nonna una sera riferisce
agli uomini che per due giorni di seguito uno sfollato era
entrato nel negozietto per comprare delle piccole quantità di
vettovaglie ma che nel frattempo veniva servito questo
guardava con molto interesse le cerniere della porta al che
viste le ruberie di quel periodo dopo cena ( era già buio pesto
) mio nonno prese il fucile e delle cartucce preparate in
famiglia, sotto un mantello zitto zitto fa un giro fuori le porte
del paese e va a coricarsi nella stanzetta sopra la bottega la
prima notte non succede niente perché c'era un via vai di muli
e contadini che andavano alla macina o frantoio per ricavare
l'olio, la successiva notte mio nonno viene svegliato dalle
lattine vuote di petrolio messe appositamente dietro la porta
sceso giù si avvede che dall'esterno con il piede di porco
stavano scardinando le due mezze porte abbastanza robuste
con spessore di dieci centimetri infatti una delle mezzerie
viene divelta e mio nonno da pochi metri mira colpendo a
morte un certo Totò ( Salvatore ), ladro per professione o per
necessita visti i tempi miseri la mattina andai anche io a
vedere c'era una scia lunga di sangue fuori sul marciapiede e
il corpo coperto da un lenzuolo caritatevole, il maresciallo dei
carabinieri nel referto-denunzia, scrisse che Cascio Francesco
sparò per legittima difesa e che gli erano state lanciate anche
delle bombe a mano ecc. Così nel mio paesello ritornò di
nuovo un poco di pace segnati soltanto da fatti di criminalità
mafiosa, ma eravamo avvezzi a cose di casa nostra era una
tradizione un linguaggio un pensiero un costume della nostra
società sicula. Spero ardentemente che le nuove generazioni

116
sappiano soppesare quali sono le cose vere da perseverare da
quelle nefaste che hanno portato nel passato morte e lutti e
strage ( vedi i giudici Falcone-Borsellino e non soli ). A
scuola ho dato alle squadre di pallavolo o basket i nomi di
questi grandi martiri della giustizia e credo che la società
possa svilupparsi in una sana coscienza piena di contatti
economici e socio culturali dirette ad uno sviluppo migliore
nel mondo.

"GLI SPECIALISTI MEGGHIU DI NÌENTI": ( ogni


fegatello di musca fa sustanza ) a mammana, o l'ostetrica
casereccia noi giù la chiamavamo a mammana in Abruzzo la
mammina ( che dolce suono vezzeggiativo ) era quella che
rassicurava e confortava le giovane spose nei momenti più
sublimi e completi dell'essere umano-donna, ( altro che
onorevole Luxuria ) non basterebbero una infinità di trattati
per dare il giusto peso, il giusto valore al significato della
procreazione, ma giustifichiamolo con queste povere ma
belle parole: nella gioia del parto c'è il piacere del dolore; era
a mammana a coadiuvare con le donne più esperte della
famiglia e del vicinato a completare l'opera della venuta al
mondo, fare atterrare con un vagito un nuovo marziano su
questa terra, nuova linfa vitale che come un ruscello o come
un alito di vento farà girare quella ruota per l'eternità.
L'ortopedica di gran fama, azzà .Luigia abitava sulla destra
scendendo il Corso Re Galantuomo due strade prima del
palazzo da Principessa all'abatia: l'oh conosciuta per caso
perché venne a curare o meglio a raddrizzare mia nonna
Ignazia perché a brivatura di Santa. Fara mentre ritornava con
mio nonno Ciccio dal Carmine la giumenta si imbizzarrì al
passare di alcuni mezzi degli americani così da essere
disarcionata a terra arrecandole diversi danni con piccole
distorsioni, ma con evidenti ecchimosi in tutto il corpo,
ricordo che fu avvolta in un paio di lenzuola intrise di diversi
litri di vino nostrano: notate le bontà genuine primordiali

117
degli usi e modi di applicare le medicine in quei tempi,
personalmente ricordo che per alcuni giorni ho avuto una
febbre da cavallo, ( una delle poche della mia esistenza ),
rimedio: una sanguisuga applicata dietro ad un mio orecchio (
a mignatta ) oppure delle bende bagnate di acqua e aceto o in
campagna le foglie della vite nel pancino per assorbire l'alta
temperatura; ritornando alla zia Luigia, credo che fosse
allieva del marito, il quale aveva nella vita militare ottenuto
un attestato che indicava la professionalità infermieristica di
tali eventi di pronto soccorso... come a dire che l'allieva
aveva superato il maestro. "L'Odontoiatra col Tenaglione"
ho assistito più di una volta a tali inconsulti e selvagge opere
per estirpare qualche dente du siennu; il maestro operatore
era il distinto barbiere Scaccia, la seconda strada sopra il
carcere proprio all'angolo a dieci metri dalle scuole
elementari e medie di oggi, pensate senza anestesia e il bello
che qualche dente si spezzava o veniva via a pezzetti anche
con tracce piccole di gengiva o radici, a volte anche l'acqua
era insufficiente per fare gli sciacqui oppure le diverse
operazioni quelle più difficili venivano fatte a rate ma quando
il trigemino si infiamma la testa non regge più e i clienti al
figaro sanguinario erano sempre notevoli in quegli anni,
inoltre una curiosità morbosa erano l'affacciarsi di eleganti e
profumati calendarietti con figure di donnine appena succinte
che i barbieri regalavano ai clienti più affezionati e comunque
di una certa età.
"LA TAUMATURGA DEL VICINATO": chi di noi
da piccolo non ha avuto il prurito nel culetto non riferito alle
monellerie (tustizzi) ma ai veri ossiuri o addirittura ti
dicevano che avevi il verme solitario perché nonostante le
buone pietanze eri sempre mingherlino, a parte che ora dico è
costituzione ed eredità ghiandolare questo al novanta per
cento se un soggetto cresce alto, basso, obeso o meno e allora
si ricorreva azzànngustia, una donnina sulla sessantina che
abitava proprio nella strada di fronte alla chiesa della

118
Matrice. Mi fece accomodare per un venti minuti su una
sedia, cercavo di poggiare i piedi a terra ma invano
ondeggiavo come il pendolo di un grande orologio, ero
piccolino, mi fece sniffare a più riprese, ora lo so: perché sta
pure una pianta nel mio giardino delle foglioline di ruta, poi
parlava fra di se e gironzolava per la stanza come quando la
gatta madre riunisce i suoi micetti in un angolo. Un giorno
padre Giacomo il forte, come si definiva negli ultimi anni,
curava le sue evidenti carie conficcando negli interstizi
enormi pezzi di agghiu, diceva che gli avrebbero ucciso i
batteri oppure per decongestionare, decotti di malva o per
pulire le vie urinarie l'erba cavallina o code di cavallo o per le
pietre ai reni la spaccapietre che trovasi nelle alte Madonie ci
sarebbero ancora migliaia e migliaia di terapie e rimedi e cure
che venivano in special modo dal mondo rurale ma da
lontano da molto lontano. "MASTRU BRASIDDU U
FIRRARU": non si scomponeva alzava e abbassava il mento
come per dire si o no, le labbra rimanevano serrate era
accussì e basta e se aveva la sinistra libera accennava col
lungo e asciutto indice a dar man forte al suo discorso
mimico erano come taciturni regole del vangelo. Fisicamente
alto, magro ma buono di carattere, dava una sventagliata
panoramica col suo occhiale da vista a cavalcione sul suo
naso aquilino, con i suoi occhi chiari ma penetranti noi
diremmo nà fariata così alle domande dei contadini o dei
burgisi aveva già la risposta bella e confezionata e col prezzo
per tutti, faceva piccoli movimenti perchè spesso era
impastoiato da un lunghissimo grembiule (u falari) di tela
molto resistente anche al fuoco, oltre a confezionare in loco e
su misura le scarpe di ferro a muli, asini, cavalli ecc., prima si
adoperava con vera maestria nell'arte del piedecura: Era
velocissimo nel piallare nel raspare e nell'inchiodare i ferri al
sandalo ma, quello che lo rendeva l'alter-ego della medicina
equina era quando una bestia a terra sofferente chiedeva con
gli occhi impauriti il suo aiuto. L'animale ora veniva coperto

119
con un telo per tenerle caldo se era d'inverno oppure, veniva
massagiato spesso con padelle quasi infuocate o gli si versava
in gola certi intrugli a secondo dei casi o si cercava di
estrargli, anche dalla gola, mignatte e sanguisughe o con ferri
aguzzi ardenti gli si praticavano dei rimedi o dei salassi.
Allora si confondeva l'ansia paurosa dell'animale con l'amore
grato del padrone e la professionalità acquisita sin da
bambino di mastru Brasiddu u firraru:
"U PARRINU U NICU": Padre Alfonso, di Parrini ne
avevamo due in casa, u nicu e u granni, il piccolo per modo
di dire, zio Alfonso, e il più anziano padre Giacomo, come
era logico io filavo col più giovane, eravamo dello stesso
secolo, anche se aveva una quarantina di anni in più di me,
mi ha insegnato poche cose utili e non ho avuto neanche un
laccio per ricordo però, essendo il primo nipote della famiglia
a caccia in campagna e nelle fasi di uccellagione eravamo
sempre uniti, lui il maestro e io l'allievo. A volte era severo se
la combinavo grossa ma finiva li con un grande
rimprovero e qualche sberla, era bravo nell'allevare qualsiasi
animale da penna o da pelo e qualche volta curava le fratture
delle gambe o delle ali di qualche uccelletto: masticava per
bene della mollica che poi applicava con due fettuccine di
canna all'arto offeso ed era fatta l'ingessatura. Era un pò
avaro e tirchio ma mi voleva un gran bene e con lui ho
passato le più belle ore a contatto della natura tanto che il
sole sembrava sorridermi sempre.
"GIUOCHI IDILLIACI": L'importanza del giuoco.
C'è una immensità di affermazioni sulla utilità inderogabile
del benessere di sfogo di pace e di sviluppo psichico-
intellettivo necessario non solo nella parte giovanile, ma dal
momento che si è stati concepiti ed anche prima. Il giuoco è
la proiezione di te stesso nel futuro, mi sembra irriverente nei
confronti di eccelsi studiosi del passato che hanno riempito
interi trattati continuare con altre identificazioni della
necessità del giuoco, dunque, passo a chiarire alcuni giuochi

120
semplici dettati dai tempi, dagli spazi, dalle abitudini
familiari e dal mondo del lavoro, in una parola siamo lo
specchio sociale di un piccolo comune;
"U IUOCU DA MAZZUOLA": due tre giocatori, si
parte da un punto segnato a terra, gli attrezzi, un legno o una
verga di un metro che viene battuta con violenza su un
segmento di venticinque centimetri di legno se si alza
bisogna essere bravi a colpirla anche a volo e spedirla più
lontano possibile, vince chi con uguale prove manda il
pezzetto di legno più distante degli altri avversari. Come si
nota in un paese rurale una verga si trova anche a terra, le
strade libere e i luoghi aperti e il gioco è fatto.
"AI 4 CANTONI ": cinque concorrenti: tutti dentro un
quadrato formato da:
A B
C D

A può andare verso B o D, B verso AC, C verso BD, D


verso AC, l'elemento che sta al centro come nel baseball
americano deve arrivare prima di uno dei concorrenti proprio
sul cantone di A B C o D chi viene sorpreso va sutta cioè al
centro dei quattro cantoni, e il giuoco continua noi lo
facevamo su quattro spigoli di strada o nelle grandi piazze da
Matrice e du Municipiu.
"A TI VITTI": Gioco che si può fare appena nati, si
può fare in qualsiasi luogo, al chiuso e fuori, dipende dagli
spazi disponibili e dal grado di sopportazione della quiete per
chi sta a sentire: giocatori anche d'ambo i sessi. Si fa la conta,
e il prescelto in un angolo incomincia a contare es. sino a
trenta e non avrebbe dovuto guardare nessun altro
concorrente mentre questi fuggono per andare a nascondersi,
il primo che viene scovato va a sua volta sotto a contare ma,
se qualsiasi che si era nascosto poco prima, se é abbastanza
veloce, può andare a battere sul luogo della conta e gridare
liberi tutti e al fessacchiotto non rimane che ricontare ancora

121
sotto.
"CU U STRUMMULUNI": Bisognava essere forniti di
trottole e una cordicella di spago grosso, si faceva un cerchio
di due metri di diametro a terra, una volta ne avevamo tanta
di terra a terra era tutto terra, ora non abbiamo più neanche un
metro di terra per sotterrarci, si forse ci sporchiamo meno le
scarpe con tutte le strade asfaltate e quelle che sono chiamate
macchine con quattro ruote andranno più veloci e con meno
sussulti e chi se ne fregava, tanto andavamo a piedi, o a
cavallo o col carretto, si faceva a pari o dispari o la conta se
più concorrenti chi veniva segnato dalla sorte metteva la sua
povera trottola al centro del cerchio, gli altri, a turno,
imbracavano attorcigliando per bene la propria trottola e con
maestria la lanciavano con forza proprio al centro del cerchio
cercando, come succedeva spesso, di spaccare quella
dell'avversario, o al limite spingerla fuori dal cerchio se non
ci riusciva in due tre volte pattuite a sua volta era il colpitore
a poggiare al centro del cerchio la propria trottola. Peccato, si
è un peccato, che oggi noi giovani di ieri dobbiamo andare ai
grandi magazzini per comprare un pò di terra.
"A CIAMPA": bisognava cercare in giro una pietra
piatta che si avvicinava ad un pezzo di mattone di quindici
per quindici si faceva un fossetto per terra ove mettevamo in
misura uguale o dei bottoni o qualche piccolo soldino, da
quindici venti metri lanciavamo a ciampa verso il buco
contenente la posta, chi si avvicinava di più come con le
bocce e arrivava sopra la bocca per primo s'arraffava tutto,
ognuno di noi si trovava una pietra ben piatta e con quelle
caratteristiche di spessore due tre centimetri.per quattordici
quindici era l'ideale, e sarebbe stata custodita come un
giocattolo dentro casa.
"U CIRCHIU": Oggi nei grandi centri commerciali
reparto giocattoli si trova di tutto, dal semplice palloncino
alla bici, alla macchina e tante altre diavolerie che costano fra
l'altro tanto e tanto, cosi come il cerchio di legno usato da noi

122
a scuola o quelli più economici di tubi di plastica, noi
racimolavamo qualche cerchione di botte: una volta ebbi la
fortuna di rintracciare proprio un cerchio vero di ferro con un
diametro di un cinquanta centimetri, era un pò pesantuccio
per me. ma con un pò di pratica e preso le misure con un filo
di ferro rigido avevo fatto una guida a forma di “u” così da
indirizzare la corsa del cerchio come volevo, con la mano gli
davo velocità in avanti e mi ritornava indietro con la stessa
forza, una volta lo lanciai per aria e quasi quasi mi spaccava
la testa, ma, in compenso mi vantavo di avere il miglior
cerchio del paese, e che diversi miei amici avrebbero
invidiato, e non vi parlo di una bice da corsa numero venti
otto senza cambio, ma aveva ancora i cerchioni di legno, la
usavo a mò di giuoco col piedino sul pedale come una
pattina, giravo attorno al tavolo della grande sala da pranzo,
sognavo di quel giorno che l'avrei potuto cavalcare, ma negli
anni successivi ci è stata trafugata, ma in compenso il
bravissimo sarto Farrugia proprio in piazza municipio
affittava a quei tempi per pochi minuti una bice da ragazzi
con buoni guadagni. P.S. Ecco che si avvera un altro sogno
nel cassetto…, nel mio cinquantesimo compleanno i miei
figli Alfredo e Luigi, mi regalarono una bici da corsa
Bianchi, leggerissima, il vestiario completo: calzoncini
imbottiti, maglietta, casco, occhiali, guanti, scarpe, etc.
peccato non averli avuti da più giovane, comunque altri
ciclisti mi hanno fatto tanti complimenti, fa bene ai giovani di
ieri fare qualche passo indietro.
"A PATTINA": attorno al due mila qui in Abruzzo, ma
penso anche in altre regioni c'è stato il boom delle vendite (
erano in metallo anche col freno posteriore ed addirittura
elettriche ) per la verità in certi ospedali e fabbriche con
corridoi abbastanza lunghi già da anni sono state utilizzate,
perché silenziose e velocizza il lavoro, invece nel mio tempo
chi riusciva anche con l'aiuto di qualche genitore a possedere
un monopattino era il non plus ultra egocentrinco del

123
compiacersi nel gioco, le ruote erano immancabilmente due
cuscinetti di qualche motore in disuso, gli autodromi
principali le due piazze, quella immensa del Municipio e
della chiesa Madre e nel corso con quella bella e invitante
discesa.
"A TRAVU LUONGU": anche gli adulti scherzando
con gioia si cimentavano in questo giuoco, gli spazi le strade
che entravano in paese per intenderci, quelle delle periferie,
erano tutte buone, vedete come cambia il mondo, allora era
una immensità di spazi liberi, e tutti fecondi per ogni
evenienza e per ogni giuoco, era uno sciorinare di vocaboli di
parole di ammiccamenti di sfottò di incitamenti e di risate ad
ampio grado di ganasce, capite, il tutto appagava la mente e
lo spirito e non costava proprio nulla, era una continua
promozione della vita amena. Io personalmente nei miei due
primi anni di insegnamento dal mille novecento sessanta
quattro sessanta sei mi sono sbizzarrito e ho approfittato dei
luoghi en plain air nella piazzetta del Calvario al campo
sportivo e come un fascistone con i giovani balilla nella bella
piazza del Municipio e poi di corsa andata e ritorno verso u
passu_du cuorvu è il classico gioco della cavallina che il
sottoscritto ha rispolverato tante volte con quel materiale
umano che risponde al nome di giovinezza.
"SUTTA A GIRARE AU PALU DA LUCI":ogni palo
di luce che aveva degli spazi attorno era buono, si faceva la
conta ma spesso si barava e qui iniziavano già le
contestazioni comunque il malcapitato che doveva con una
mano tenersi al palo e girare contemporaneamente cercando
nello steso tempo di guardarsi le spalle perché chiunque stava
in cerchio fuori, era pronto ad arrivargli addosso con un
calcione al sedere, pensate che il novanta nove per cento di
noi avevamo nel periodo invernale gli scarponi di vacchetta
con le tacce ed oltre ad essere ben rigide e dure pesavano, chi
non riusciva vistosamente a colpire a sua volta andava a
girare al palo e qui iniziava la vendetta con calcioni davvero

124
proibiti che rasentavano la forma animalesca dell'uomo delle
caverne. Così, per mia indole di equilibrio anche nelle
piccole cose, sono della bilancia anche se per pochi giorni mi
estraniavo non partecipando a questo giuoco perché spesso
qualcuno di noi veniva colpito non solo nel sedere ma anche
nella schiena parte più delicata della nostra scimmiesca
verticalizzazione.

"L'ULTIMO O IL PRIMO VERO GIUOCO": di


giuochi ne potrei citare tanti , magari qualcuno mi sfugge può
darsi che mi sovviene dopo che vengono pubblicate queste
modestissime memorie, pensate che c'era qualcuno che usava
la fionda per andare a caccia, un legno o meglio un ramo a
forma di "V" si tagliavano da una camera d'aria di camion
due strisce lunghe sedici diciotto centimetri, larghe dodici
millimetri si legavano bene ad un culetto di stoffa o di pelle,
sede della pietra, biglia d'acciaio o di piombo grosso e con la
forza delle braccia si tendeva facendo affidamento alla buona
elasticità della gomma e all'occhio che mirava, era un'arma
certamente non precisa ma micidiale e pericolosissima per
tutti nel raggio di cento metri: c'era un mio lontano parente
che tirava finanche alle rondini talmente era bravo, i
passerotti e gli storni sui fili della luce o sulle tegole erano i
martiri predestinati io, personalmente, e credo sarò stato il
solo in quegli anni a costruirmi prima un arco e poi avendo
fatto della maestria una balestra aggiungendo semplicemente
all'arco una fascetta di legno larga dieci centimetri per
quaranta cinquanta. E' certo che ho distrutto qualche
parapioggia in odore di riparazione, infatti prendevo le
asticelle di metallo molto elastiche, ne univo un paio
flettendole con un bel laccio, per le frecce, su una qualsiasi
pietra renana, tanti i gradini di usci erano tali, molavo una
punta quasi a farla diventare come un ago, un segno su una
porta vecchia di pagliera, erano diverse e l'arciere in
miniatura affilava gli istinti atavici del cacciatore. Era giuoco

125
e gioia andare ad abbeverare gli animali a dorso
nudo, tanto avevo il coccige sempre spellato a sangue,
così, cari amici, l'ultimo gioco non era solo per me...ma è il
primo in assoluto...il mio tempo, gli enormi spazi, la libertà
feconda e la gioia di assaporare anche le più piccole
sfumature di un angolo di terra fatta solo di terra quanto
basta.

"I Lavori _nei Campi e i Raccolti " Il terreno ti dava...(


io non sono uno storico, né un ricercatore, butto in questo
calderone tutto quello che ha colpito la mia infantile
sensibilità scapestrata, come modi di dire, momenti di lavoro
e le fasi gioiose, anche se tempestate di sudori nelle diverse
opere dei raccolti ): "u Furmientu" In un passo del vangelo,
come parabola si dice che chi ha seminato nella pietra e sui
rovi non avrà un buon raccolto o non raccoglierà niente, chi
invece ha seminato su un terreno preparato a regola d'arte e
arato per più volte sin dal mese di settembre, sarà premiato da
un copioso raccolto. Vedevo qualche mio parente con i muli
e con le mucche infagottate sul dorso con il giogo e con i vari
pettorali e tiranti, sradicare col vomere zolle di terra arse
dalla siccità ( anche per sette otto mesi non pioveva ). Ecco,
l'opera partecipativa du firraru batteva u ferru quannera
cauru e poi, come un chimico, lo acciaiava soffocandolo in
una tinozza per il giusto tempo, e lì ti colpiva lo sbruffare del
vapore e il friggere dell'anima. Il terreno ti dava, se avevi
alternato ogni tre anni con la favata e con il pascolo e con la
concimazione dello stallatico u fumeri delle proprie bestie
accumulato negli anni nella propria fossa ai cummuna o fuora
du paisi e poi portato al momento giusto in campagna; la
semina a spagghiu o a surcu sin dalla fine di novembre mi
dava il segno dolce, pacato, misurato nei gesti di un apostolo,
sì, di un predicatore, di un discepolo che semina per
raccogliere uomini. Quando si mieteva c'era sempre chi era
più bravo, più veloce e avanzava tutti, era uno sprone per i

126
maldestri, la falce sembrava ammaestrata, e quello che pochi
attimi prima era un ondeggiare di un mare dorato, ora giaceva
ammucchiato in ordine. I covoni, i gregni pronti per l'ultimo
viaggio verso un cocuzzolo di brezza con una spianata ( l'aia
) atta alla pisata, con muli, asini e cavalli; dalla morte della
spiga, ora era il momento della resurrezione, della gioia della
vita, il chicco di grano, cioè farina, pane, pasta, dolci e sapori
caduti dal cielo e donati a quei poveracci di Adamo ad Eva,
non bastavano certe misure come la salma, il tumulo o a
mitatedda perché sono beni incommensurabili. Io in molti
momenti ero addetto con l'asino ( u sciecco ) a viaggiare dalla
campagna al paese per fare rifornimento di vettovaglie e di
tutto quello che potesse servire in quelle settimane di lavoro
intenso, sia per la mietitura che per i diversi raccolti
annuali."L'Aliva" Non confondetelo con quel partito, hanno
usurpato indegnamente qualcosa di sacro, il segno della pace,
della resurrezione, della vita, ma anche del tradimento come
quel Giuda nell'orto degli ulivi. Peccato che a novembre il
tempo é quasi sempre inclemente e bisogna scendere per la
strada di Palisi, una mulattiera tutta argilla e molto scivolosa,
quando si poteva attraversare il ruscello per poi risalire verso
u Luocu, ma poco prima ci eravamo abbeverati a brivatura di
l'acqua di pinu assieme alle bestie, qualcuno diceva della
bontà di quell' acqua tiepida in inverno e fresca d'estate;
eravamo sette otto tra granni e nichi della famiglia, nonna
Pippina qualche volta mi sfotteva come al Dio in Croce,
uguale, " se sei capace di portarti questo sacco pieno di olive
te lo regalo "...pensate, io mingherlino di dieci anni e il sacco
sui sessanta settanta chilogrammi Si cercava di salvare i
passuluna che venivano messi in un panaru a parte. A volte il
freddo e l'acqua-neve ci sorprendeva, ma ci si ristorava con
una bella fiammata mentre le mani tuttofare di nonna
impurrazzava sotto la cenere ardente, le olive che riteneva
più dolci, poi li riprendeva con calma una per una come se
avesse delle pinzette al posto delle dita, ma nelle nostre mani

127
tenere, ballonzolavano come se fossero tizzoni ardenti, con
un pò di pane e quattru olive avevi fatto una buona colazione
e i nostri sguardi si incrociavano carichi di soddisfazione e di
buon umore. Allora non si perdeva neanche una sola oliva,
poi ci pensava la vecchia macina, o di Cascio o di Luzio,
dietro al convento delle monache alla Immacolata...chi
ogghiu,chi uduri, quel colore verde-oro sembrava far
riemergere dalle nostre terre la forza e la genuinità e la beltà
infinita del coito.
Mio padre con un mestolo prendeva un poco di olio
fresco, lo assaggiava mandandolo quasi in gola e poi aspirava
per sentire meglio il volatizzarsi delle molteplici particelle di
sapori. Possiamo dire, senza tema di smentite, che é l'olio
benedetto! " A RRacina della Vite" u sucu du sarmientu é
biblico, possiamo asserire che i primi eredi di Adamo ed Eva
lo sfruttarono a loro compiacimento. Ricordate i figli di Noè
che si ubriacarono e furono cacciati lontani? E' abbastanza
lavorata una vigna, prima di ingozzarsi un sorso di vino, il
contadino deve avere un terreno rinusu o al limite calcario e
nfacci suli, cioè il sole deve sempre sorgere e morire in
quell'impianto. Si ara il terreno, si mettono a dimora le
barbatelle o magghiuola e l'anno dopo u sarbaggiu viene
innestato inzitatu cuànzolia u catarrattu u pirricuni; ricordo
che padre Giacomo si fece mandare dall'America degli
innesti, che poi maturava una uvetta molto coriacea, piccoli
grappoli con gli acini molto serrati e dolci ma immune alla
peronospora. La vite, quando man mano si sviluppa, viene
seguita come una bella ragazza da prendere marito, veniva
umpupata, arriminata da u iurnataru in diverse occasioni le
infiorescenze e i grappoli venivano mpruvigghiati nsurfarati
in una miscela con calce, zolfo e pietra celeste, ur ramatu per
evitare anche la fillossera, io sono nato di mattina presto ( lo
ricordo come se fosse ora ) con la mammana a casa mia,
familiari e parenti prima vennero a visitarmi, e poi si
avviarono per andare a vendemmiare a Battaglia. Che

128
felicità! Che raccolto quell'anno! Ceste e tineddi stracolmi di
nettare dorato, o neri come la pece e da ognuno lacrimavano
gocce come da una mammella di una madre feconda, gli
ultimi sguardi, gli ultimi sorrisi di compiacimento
trionfavano e davano conforto au parmientu di nonno Ciccio.
Ecco lì il resoconto di tanti sacrifici, l'apoteosi del miracolo si
completava nelle nostre botte, che preventivamente dal
bottaio au cuottu erano state preparate ad accogliere
quell'essenza siculo-paradisiaca che sapeva di tante battaglie,
di tanti sacrifici, ma ora sfociava nell' ennesima vittoria che
l'uomo, in connubio con la madre terra, aveva saputo
esorcizzare la natura stessa. Chi ha la grazia di possedere
pochi metri quadri di terra per tutta la vita avrà sempre
qualcosa da fare e verrà ripagato in ugual misura di come si é
adoperato “ cu avi naà bona vigna, avi pani vinu e ligna “.
Quella stessa terra, alla fine, in forma misericordiosa ti
accoglierà perché nessuna madre ricusa i propri figli, con
questo vorrei aggiungere che il contadino, quello vero di una
volta di altre civiltà, sarebbe dovuto essere, rispettato e
collocato su un piedistallo molto in alto, perché dalla sua
mente, dalle sue mani, dalle sue peripezie giornaliere
venivano i frutti basilari della sopravvivenza dell'umano
essere.

" La Fiaccola_Olimpica e il Miracolo "

Ieri, otto Gennaio duemila e sei, la fiaccola Olimpica é


arrivata a Pescara alle undici. Giornali e TV locali hanno
messo in risalto la notizia, la grande accoglienza e la festività

129
non solo della gente sportiva; a me personalmente già solo a
sentire di questi avvenimenti mi si gonfia il cuore. Nel mille
novecento sessanta sette ho ricevuto consensi e applausi da
due olimpionici del sessanta di Roma, mentre mi producevo
in diversi esercizi all'abilitazione di Bologna. Pensate, il mio
sogno nascosto, quello di partecipare ad una Olimpiadi e
vincere in una gara qualsiasi, sentire l'inno di Mameli ed
essere avvolto dalla bandiera tricolore; speravo nei miei due
figli maschi ma si sono dedicati non eccessivamente nelle
varie branchie dello sport. Oggi, nove Gennaio duemila e sei,
era tanto il da farsi in famiglia, così, tra un pensiero ed un
altro, mi sfuggì l'occasione che la fiaccola, in cammino da
Pescara a Torino per i giuochi invernali, questa mattina
doveva passare da Pineto. La mia abitazione è a meno di
quaranta metri dalla strada statale adriatica; scendo per uscire
e mettermi in macchina, erano le dieci e cinquanta otto, il
mio sguardo va verso la nazionale, la strada principale, per
pochi secondi, una decina di metri, come per miracolo, un
contentino ad un vecchietto di sessanta otto anni, ad un ex
insegnante di Educazione Fisica, colui che ha decantato
centinaia di volte agli alunni la bellezza di tali eventi, la
necessità dei giuochi dall'era antica a quella moderna, la
fratellanza, pensate, di tutto il mondo come lo vedevo io,
come l'ho sognato sin da giovane e come mi sarei immolato
col viso raggiante di gioia per la famiglia, per un grande
amore, per la Patria: eccolo, il tedoforo sulla strada degli
Angeli, il messaggero dei giuochi, il messaggero della pace,
della vittoria del bene sul male da sempre.

" Picchié Accussi "

Vedete, negli anni, nei secoli...al mio, al tuo paesello e in


tanti altri di questo mondo, era così, era così e basta...già,
vorrei tradurre ma... in diversi miei discorsi ho calato
l'antifona, in concreto potrei dire che era questa la vita di quel

130
tempo, le giornate avevano un altro touring, un altro scorrere,
quali erano i lavori preminenti della massa, quali e quanti i
professionisti in un piccolo centro urbano, qual'era la vera
identità di quel ceto sociale, orbene catalogati e dati dei valori
alle varie statistiche si rilevava con uno sguardo ad ampio
spettro, la vera effige di un breve o lungo periodo di tempo,
cioè l'appartenenza ad un arco storico che poteva essere
racchiuso in un quadro con cornice aurea, o oscurato da
torture umane, magari di uomini che se sono vissuti in
epoche sbagliate, luminari o scienziati che avrebbero potuto
dare all'umanità svolte di civiltà che ancora oggi aspettiamo,
quesiti ancora irrisolti, quei famosi dubbi che galleggiano
come mine vaganti in ognuno di noi. Parecchi anni addietro
avrei voluto scrivere o cesellare così: “ perché i grandi
uomini muoiono..”.forse picchié accussi. Avevo quattordici
anni e mio padre mi portò in un paesetto, Camporeale...era il
periodo estivo, doveva realizzare una condotta di acqua dal
paese ad una vicina campagna, credo che quella condotta
funzionò soltanto quando venne inaugurata. Io, con alcuni
operai, dovevamo cucinare e una sera siamo andati in una
piazzetta ove si trovava l'unica fontanella, ma attorno, a terra
vi erano una quarantina di vario genere di recipienti. Un
signore, visto che eravamo dei forestieri, gentilmente ci fece
riempire una tanica di dieci litri, ma dalla fontanella usciva
solo un filetto molto esiguo. In quel panorama serale, così
modesto, mi si velò di turbamento l'animo. A pochi metri, in
canottiera, a piedi scalzi e rannicchiato vicino ad una pentola,
aspettava infreddolito un bimbetto di appena sette anni con lo
sguardo di pensieri privi di gioia, e da lì appresso, incurante,
un cane, cioè la carcassa tanto era magro, addentava con
avidità, ma era fame nera, un grosso osso talmente asciutto
che sembrava dissotterrato da ere glaciali. Nella mia vita
porterò dietro sino alla tomba due grandi desideri non
appagati: il non sapere suonare uno strumento musicale e il
non saper dipingere, sono branche di vita che mancano nel

131
mio essere. Ecco perché a volte il comune mortale nasce in
epoche o luoghi sbagliati, comunque, quel quadro così
desolato di una delle tante parti della nostra Sicilia l'avrei
immortalata con le giuste essenze e con i riflessi di un'epoca
picchié accussì...

" Quella Voce "

Ma ora, che ti sei fermato?...Sì, capisco...lo hai fatto per


ragione di stesura e di stanchezza... hai scavato e ancora
vangato, dando picconate per ogni dove... la coscienza ti
riposa con il sonno dei giusti? O il disappunto nei confronti
del tuo simile vagherà all'infinito senza pace? Su...un po' di
pazienza... anche il bimbetto di Santo Agostino.voleva
svuotare gli oceani con una conchiglia...
Allora?...E...allora...sei giustificato caro Matteuccio...mi fai
anche tenerezza...tu hai parlato con la voce del nonno, ma col
cuoricino di sessanta cinque anni addietro...consolati, perché
il tuo battito è uguale a quello di Annalucia e Matteo junior,
ora puoi giocare e gioire con loro per sempre...

132
Indice
NOI NONNI ATTO PRIMO

PARTE PRIMA ................................................................................................................................

L'ATTESA E IL LIETO EVENTO "ANNALUCIA"-"UN


COMPAGNETTO DI GIUOCHI\................................................................................................

LEGATI AD UNA RUOTA DEL CARRO................................................................


UN DUBBIO ................................................................................................................................
PRIMA CANDELINA ................................................................................................
LA DROGA È MORTE ................................................................................................
HO PERSO IL BENE PIÙ GRANDE ................................................................................................
HAI DICIANNOVE MESI................................................................................................
VORREI, VORREI ................................................................................................................................

DON GIUSSANI (COMUNIONE E LIBERAZIONE) ................................................................


EPISODI O PECCCATI DELLA MIA INFANZIA................................................................
PER MOTIVI DI MAFIA ................................................................................................
A FARINA DI S.FARA ................................................................................................
MAMMA ASCIUGA E STIRA IL MIO SUSSIDIARIO ................................................................
ALLA ZIA CATERINA DOVEVA PARTORIRE UNA SCROFA................................................................
A CRUCIDDA ................................................................................................................................

a truvatura a................................................................................................................................
Montemaggiore Belsito................................................................................................

133
DROMIVO DENTRO MA...................................................................................................
LE MONACHE "FILIPPINE",................................................................................................
LA SABBIA SULLA CONSERVA DI POMODORO ................................................................
IL FORNO FATTO DI MATTONI ................................................................................................
LA POLVERE DA SPARO E LE BOMBETTE ................................................................
BATTAGLIA: LE VACANZE E LA CACCIA ................................................................
LA RICUOTTA SALATA ................................................................................................
AI CUMMUNA DI SUPRA ................................................................................................

UNA SCENA MICHELAGIOLESCA................................................................................................


DUE MODESTI PRIMATI ................................................................................................
TRAGEDIA IN CAMPO................................................................................................
KAROL WOJTYLA ("SE MI SBAGLIO MI CORREGGERETE") ................................
COME ERAVAMO ................................................................................................
INVIDIABILE PACE ................................................................................................................................
GIRARE SULL'AIA ................................................................................................................................
COME UN AUTENTICO SPATAIUOLO ................................................................................................
...I PENSIERI, I SOLILOQUI...................................................................................................
TOURS NELLE ISOLE EOLIE ................................................................................................
IL SOTTOSCRITTO NOTANDO DIVERSE DOMANDE ................................................................
MOVIMENTO E’ VITA ................................................................................................
L’ESSERE DI NOI UMANI ................................................................................................
UN CUORE IN AVARIA................................................................................................
UN ADDIO ................................................................................................................................
QUALCHE FATTO DI CRONACA, DI TRADIZIONE POPOLARE ................................

PARTE SECONDA ................................................................................................................................

134
A VAMPA D'AMMACULATA ................................................................................................
A NUVENA DI NATALI ................................................................................................
LA BEFANA................................................................................................................................
VIRGINEDDI................................................................................................................................
A CUNNUTTA ................................................................................................................................
A PASSIONE: U MARTORIO ................................................................................................
A PASQUIETTA ................................................................................................................................
CORPUS DOMINI ................................................................................................................................
A FIERA DU 14 SETTEMBRE ................................................................................................
U IUOCU DU FUOCU ................................................................................................

LA CORSA, PENSATE.. .CU SCIECCU (CON L'ASINO) ................................................................


LA BANDA MUSICALE................................................................................................
LA PRIMA PARTITA DI CALCIO ................................................................................................
TIRO AL BERSAGLIO CU MUSCHIETTU A PALLA ................................................................
UN AMORE SCIOLTO COME NEVE AL SOLE ................................................................
CUTICHHIU E I PALADINI ................................................................................................
IL BANDITORE CIECO. "U VANNIATURI UORBU\................................................................
MORTE AI PRETI ................................................................................................................................
I RACCONTI DI NONNA... "I CUNTA DI MANANNA". ................................................................
A MISSA DI MEZZANOTTE DII MUORTI”................................................................
U BUMMARU DI PATRI GIACUMU\ ................................................................................................
LA TARGA FLORIO ................................................................................................
I LUPI LUNARI E I FANTASMI ................................................................................................
U BASTUNIERI PI CARNIVALI \................................................................................................
A 15NA A MADONNA DI LANCIULI\ ...............................................................................................
U PIPIU MAFIUSU\ ................................................................................................
LE BELLE TRECCE NERE DI MAMMA \ ................................................................
A INIZIA CU À MUSCA CAVADDINA\ ................................................................................................

135
LE BALILLE DELLA PRINCPPESSA\................................................................................................
U CARRETTIERI ". ...............................................................................................................................
AVEVA RUBATO\................................................................................................................................
I NOSTRI DOLCI \ ................................................................................................................................
LA MORTADELLA, A CARNI DI SCIECCU\................................................................
L'ARMONICA\................................................................................................................................
Il risparmio dei tempi ................................................................................................
IL DILEMMA DEL 2000\................................................................................................
LO SCHERZO ELETTRICO\ ................................................................................................
LE SERATE, O MEGLIO LE NOTTI ESTIVE CU PAULINU\................................................................
LUPARA BIANCA ................................................................................................
U PICCIUOTTU CUÀ CURA... ................................................................................................
LE PULCI.................................................................................................................................
0.. SUCUU ................................................................................................................................
GLI AMERICANI \ ................................................................................................
U PACCU D'AMMERICA".................................................................................................
A TUCCATA PII URPI\ ................................................................................................
..."VERITÀ ALLA SPICCIOLATA".:................................................................................................
GLI IMPICCATI": ................................................................................................................................
''CERTI MODI DI DIRE\ ................................................................................................
A CUOPPULA": ................................................................................................................................
."IMMROGGHI DA CUOPPULA\................................................................................................
U MASTRU A MASTRA ................................................................................................
PADRE TERESI":................................................................................................
."A FIGGHIA DI SANTU\................................................................................................
U STAZZUNARU":................................................................................................
CUOLA U CRAPARU":................................................................................................
U CARCIRI USU FAMIGGHIA \ ................................................................................................

136
U SIERU A RICUOTTA":................................................................................................
U NIGGHIU": ................................................................................................................................
MORTE DOVUTA AL VIRUS DEL TRICHINORUM":................................
LA BECCACCIA DI PIOMBO":................................................................................................
L'OSCURAMENTO": ................................................................................................
GLI SFOLLATI":..............................................................................................................................
GLI SPECIALISTI MEGGHIU DI NÌENTI": ................................................................
A mammana................................................................................................................................
L'ortopedica di gran fama ................................................................................................
L'Odontoiatra col tenaglione\ ................................................................................................
LA TAUMATURGA DEL VICINATO\ ................................................................
MASTRU BRASIDDU U FIRRARU":................................................................
U PARRINU U NICU":................................................................................................
GIUOCHI IDILLIACI":................................................................................................
U IUOCU DA MAZZUOLA": ................................................................................................
AI 4 CANTONI ": ................................................................................................
A TI VITTI": ................................................................................................................................
CU U STRUMMULUNI": ................................................................................................
A CIAMPA": ................................................................................................................................
U CIRCHIU": ...............................................................................................................................
A PATTINA":................................................................................................................................
A TRAVU LUONGU":................................................................................................
SUTTA A GIRARE AU PALU DA LUCI": ................................................................
L'ULTIMO O IL PRIMO VERO GIUOCO":................................................................
I LAVORI _NEI CAMPI E I RACCOLTI ................................................................................................
U Furmientu\ ................................................................................................................................
."L'aliva\................................................................................................................................
A racina della vite\................................................................................................

137
LA FIACCOLA _OLIMPICA E IL MIRACOLO \................................................................
PICCHIÉ ACCUSSI ................................................................................................................................
QUELLA VOCE ................................................................................................................................
Il Prof. Matteo Mangano (Montemaggiore
Belsito,1938) ordinario di cattedra per
l’Educazione Fisica, titolo conseguito presso
l’ISEF di Palermo nel 1966, con abilitazione
all’insegnamento a Bologna, e vincitore di
cattedra a Roma. Negli anni ha arricchito il
proprio curriculum con numerosi corsi di
specializzazione:educazione fisica differenziata,
paramorfismi, atletica leggera,nonché arbitro
federale nelle diverse discipline come:
calcio,tennis,pallavolo,pallacanestro etc. Ha
diretto i Giuochi della Gioventù nel
Provveditorato di Teramo.Ha insegnato nelle
Scuole di Montemaggiore, “Veneziano” di Monreale,
“Quasimodo” di Palermo (direttore tecnico
dell’attività sportiva),e membro del consiglio
d’Istituto e di disciplina, “Ascione di
Palermo”,e nella Scuola di Pineto.
1- abbassati giunco..,la piena dei
ruscelli è indicata come una forza
invincibile,bisogna rassegnarsi allo
strapotere del vento furente di
scirocco come al mafioso o a qualsiasi
evento negativo che capita al povero
mortale.
2- Era uno dei tanti nomignoli che ci si

138
appioppava nelle innocenti scorribande.
3- Come sopra.
4- Il cardellino e l’argento vivo hanno in
comune la vivacità del movimento.
5- Lo stallatico attorno al paese spesso
fumava perché in decomposizione
fermentava emanando anche odori
caratteristici dando un marchio al
territorio.
6- Il lavoro dei nostri nonni laboriosi
incominciava sempre di buon mattino.
7- E poi la sera dopo cena a letto,perché
domani era un’altra giornata di duro
lavoro.
8- Giuseppe,Croce,Gaetano,Carmelo.
9- Trovare una Buca piena di marenghi
d’oro.
10- Qui ci sono i morti del cimitero.
11- Pressare spingere qualcosa dentro un
buco o in una fessura (qui,così).
12- Strappata,graffiata.
13- Fabbro,maniscalco.
14- È il segno dell’omertà,sordo cieco
muto,radicata nelle vene dei siculi.
15- La cassa da morto.
16- Peppino Gallo.
17- Trastulli e giuochi della infanzia.
18- Nome del territorio di campagna regno
delle mie vacanze.

139
19- Un mio compagno di sventura.
20- Paese tra Termini Imerese e Cefalù.
21- Una forma di ricotta salata,ottima
grattugiata sui maccheroni.
22- Nome di un territorio a valle.
23- Indica la parte sopra al paese.
24- Nomi dati alle fontanelle del paese.
25- Col carretto.
26- Nomignolo derivato dal (paniere).
27- Indica la vendemmia.
28- Levatrice,ostetrica.
29- Nel dare dello zio (Giuseppe),a
qualsiasi compaesano adulto era un
segno di rispetto e del vossia
incarnato nelle nostre vene.
30- Ti faccio ti confeziono a Matteuccio.
31- Era usata come una frusta,una
cordicella legata ad un metro di
bacchetta.
32- Fascine di spighe messe assieme.
33- Pietanza povera ma ricca di genuinità.
34- Mezzo pane che profumava di vita.
35- La focaccia era una leccornia di
sapori.
36- Mezzo chilo di pane che nelle
ricorrenze assumeva anche le forme di
bambole (pupa).
37- Boccone sorsata.
38- Abbeveratoio per gli uomini e per le

140
bestie.
39- Era il luogo dove i divini grappoli
pigiati secernevano il nettare degli
Dei.
40- Su un cocuzzolo dove sorgeva il sole e
li moriva al tramonto;chi ha una buona
vigna,ha pane,vino e legna.
41- Aveva una buona vecchiaia.
42- Il figlio di chi accudiva l’altrui
armenti o che per necessità lavorava a
giornate i campi dei possidenti.
43- Giovane mucca di qualche anno.
44- L’uso pittoresco del coltello nelle
lite è rimasto pure come un costume
della nostra società nella “Cavalleria
Rusticana”.
45- Gaetano Luzio.
46- Le monellerie da piccolo sono bontà da
grande.
47- Si dice di un vino sfiatato,ma qui
indica la testa vuota.
48- La strada dell’aceto (cattive
strade),corri quanto vuoi o mortale ma
un giorno renderai il conto a qualcuno.
49- Questa bimbetta(abruzzese).
50- Il falò per l’Immacolata.
51- Il secchio.
52- La novena per il S.Natale.
53- Noi giovincelli.

141
54- Lo zio Vincenzo (era impiegato comunale
adibito a distribuire per i vari
quartieri anche ogni venti giorni
un’ora di acqua potabile).
55- Il grande serbatoio in muratura si
vedeva anche da lontano,e più sopra la
famosa croce.
56- Il paese di Montemaggiore scivola dai
colli superiori al cimitero “da
Cavatina” sempre in discesa.
57- La parte più bassa,così altri nomi dei
diversi quartieri.
58- Recipiente di coccio che serviva una
volta per defecare durante la notte.
59- La serenata alla futura sposa.
60- Mandorle abbrustolite coperte di
zucchero fuso, e di qualche cannolo.
61- Ceci fave e mandorle tostate si
dovevano schiacciare con i denti per
chi li aveva,non mancavano nelle feste
e nelle ricorrenze di ogni famiglia.
62- Qui di vergine forse si allude a San
Giuseppe.
63- Andiamo ragazzini,forza gridiamo:viva
la Madonna degli Angeli,viva Gesù
Bambino, viva San Giuseppe.
64- Riso e pasta con le lenticchie e con i
finocchietti dolci.
65- Il cardo fritto.

142
66- La immensa processione di Gesù morto
accompagnato dalla Mamma Addolorata.
66 bis,mezzo portato a spalla dove veniva
adagiata la bara.
67- che sapevano leggere e scrivere (non
era da tutti aver fatto le elementari).
68- L’avvocato,il farmacista.
69- Passione e Morte di Gesù in Croce.
70- Il Lunedì di Pasqua.
71- Al sole e alla umidità della notte.
72- Ragazzi.
73- I festeggiamenti in onore di Gesù
Crocifisso Patrono.
74- Dalla parte superiore della periferia.
75- I tre giorni dei festeggiamenti.
76- Vieni qui che ti faccio un regalo.
77- Letteralmente falsa cioè si
imbizzarriva.
78- Il mediatore si atteggiava a livello di
imbonitore.
79- Nella grande e bella piazza municipale.
80- Piazza ammattonata e in piano.
81- I giuochi pirotecnici.
82- Servo impiegato nei lavori rupestri con
gli animali.
83- Animale del folto bosco.
84- A te,a te,torna di qua Giovannina
bella.
85- A te Gaetano, a te Gaetano.

143
86- La corsa con l’asino.
87- Contrada di campagna sopra il passo del
corvo.
88- Moschetto che spara solo a palla.
89- Parte comunale che sovrasta il paese.
90- Passo del corvo.
91- Un forno per i terzi allora tutti a
legna.
92- Ero il più piccolo.
93- Personaggio che veniva nei diversi
paesi ad illuminare l’arte dei pupi.
94- Giovane.
95- Il banditore cieco.
96- La carne di una giovane mucca a poco
prezzo dallo zio Gioacchino,dalla zia
Filomena è arrivato un furgone carico
di carciofi fave e piselli belli
verdi,dallo zio Silvestro è
incominciata la svendita delle scarpe
di sughero per tutti i tempi,Giovanni
ha portato il pesce fresco: dov’è,dov’è
ha detto il prezzo?
97- I racconti di mia nonna.
98- La zia Giuseppa.
99- Mantello di tela pesante con copricapo
che copriva dalla testa alle caviglie
in inverno.
100- Deriva dall’arabo,braciere in rame per
riscaldare persone ed ambiente con la

144
carbonella.
101- Bimbetto.
102- È così come tua nonna ti racconta.
103- La messa di mezzanotte dei morti.
104- Il sagrestano.
105- La piccola brocca di Padre Giacomo.
106- Quando zappo la vigna non vedo
nessuno,quando raccolgo l’uva si
presentano in tanti.
107- La gola.
108- Si diceva che persone influenzati dal
crescere della luna,si trasformavano
nelle fattezze bestiali dei lupi.
109- Dalla piazzetta che scendeva dalla
parte superiore,rotolarsi in giù.
110- Salvatore straccia quadri.
111- Soggetto con un bastone in mano che
portava per il paese un gruppo di
maschere.
112- Famiglie dove si poteva ballare al
suono di un grammofono.
113- Il grammofono di allora con la puntina
e il trombone tutto a corda.
114- Coriandoli o pezzettini di carta
(scarseggiava anche quella) tagliati in
casa.
115- Per quindici giorni
116- Il sagrestano con una grancassa.
117- Nubile zitella casa e chiesa.

145
118- Delle nostre botti.
119- Il tacchino mafioso.
120- Recipiente a larga bocca di 20 lt.
121- La giovane mucca molestata dalla mosca
cavallina.
122- Grosso cane a guardia degli armenti
dentro un recinto.
123- Grande palazzo signorile nella parte
bassa del paese.
124- Il carrettiere.
125- Il carretto.
126- I fichi secchi.
127- I dolci savoiardi,e venti dolci con
l’uovo sodo.
128- Dolci con i fichi e mandorle,cannoli.
129- Il frutto della mandorla sgusciata.
130- Cereali tostati.
131- La mortadella si indicava come la carne
dell’asino.
132- Così poco?
133- Nello stazzo ecco il Dio ,il creatore
dalla terra traeva tutto quello
necessitava per la costruzione di una
casa come mattoni tegole brocche
vasellame lumi intingoli tegami etc.
134- Come un giovane agnellino o capretto.
135- Ecco questo (diretto a me piccolino)ci
arriva,l’altro:non saprei,lo zio
Peppino:si,ci arriva.

146
136- Bello mio.
137- Quando moriremo? Quando vorrà il
Signore.
138- I cappi.
139- Dal fabbro o maniscalco.
140- Continua,di pure la tua,anche se
ingiusta.
141- È così giuro,bella Madre
Santissima,cieco degli occhi,potessi
morire,non dovessi fare due passi
142- Lo zio Peppino (Giuseppe)della
piazzetta del quartiere a monte.
143- Carmelo (strazza quadri era il
soprannome del fratello violento con
forme veramente animalesche.
144- Girolamo.
145- Le ore goliardiche notturne in
compagnia dello zio Paolo era un
fraseggio innocente della vita degli
usi e della filosofia nostrana,povera
ma ricca dell’humour che appagava i
nostri sensi e quello del Creato.
146- Ti piace il succo della vite?
147- Sono amico o nemico del Signor.Pretore?
148- Se ti prendo figlio di prostituta e
gran cornuto.
149- Vasti terreni del Barone territorio
“Varco”.
150- Il giovane con la coda (forzuto).

147
151- Rasato a zero,avevo anticipato l’uso di
oggi di ben sessanta anni.
152- Era usuale cucinare la cacciagione con
la conserva del nostro pomodoro.
153- Piccolo giaciglio dove si accovaccia.
154- Amici verrà un sughetto.
155- Guarda quello ha un mitra nelle mani
156- Guarda come sono neri quei
tre,salutiamo che ci buttano la
cioccolata.
157- Ragazzini.
158- Bene,il pacco dalla America ti è
arrivato,(ammuccamu significa mettere
in bocca anche qualcosa desiderata).
159- La caccia alla volpe.
160- Caccia di frodo con i lacci di rame
cotto dove passavano nei viottoli i
conigli notturni.
161- Carne di volpe in agro dolce,ghiotta.
162- Recipiente capiente tutto
uso;162bis:il lino veniva picchiato.
163- Lo zio Gaetano,lo zio Giacomino.
164- Onofrio.
165- È Matteuccio.
166- Ei lo sai chi si è impiccato?
167- Corri quanto vuoi che qui mi renderai
un giorno il conto.
168- La gola.
169- Rivoltella calibro 38.

148
170- Con i ricami ,merletti.
171- La coppola.
172- Un’altra mulattiera,lo zio Domenico
velocemente prende la visiera della
coppola,la capra ora è vicina alla
mula.Lo zio Girolamo in sella alla
asinella coperto dall’accappatoio di
panno pesante e con le gambe
penzoloni,affrettiamoci che si è fatto
tardi.
173- Quei ladruncoli di pagliaia appiccicati
li in piazza due portano la tistera di
panno (che copre da testa a
piedi,invernale),e gli stivali
arricciati;scarponcini con i chiodi.
174- Nella coppola è caratteristica la
protuberanza a mo di visiera.
175- Dal notaio,così vado a fare quattro
chiacchiere con i miei
compaesani,guarda quello è lo zio
Francesco,e quella sottana nera è
dell’arciprete Teresi.
176- Gli imbrogli sotto la coppola.
177- Campirei.
178- Farmacista.
179- La stessa parola te la illumina,i
maestri dell’arte.
180- Io vado per rubare un mestiere
(imparare).

149
181- Stai attento a quello che fa il
maestro.
182- Bravo muratore.
183- Lo zio Giuseppe.
184- Piccola cazzuola per rifinire meglio
gli angoli applicando la calce,cemento.
185- Il regolo di legno di due metri.
186- Il giovane.
187- Era una battuta maliziosa all’indirizzo
di qualche donnina.
188- Figlia femmina e nottata (d’amore
perduta),in genere il maschio era
atteso per la continuità della stirpe e
per i lavori nei campi.
189- Senza fuggire .
190- Cattiva è la donna vedova.
191- È una ragazza presa in adozione,spesso
senza carte scritte,per conoscenze.
192- Operaio che creava i mattoni le tegole.
193- Mattoni grossi.
194- Tegole o canali.
195- Nicola il capraio.
196- Gli escrementi rotondeggianti delle
capre.
197- Mulattiere di un certo interesse.
198- Nomi di località di campagna.
199- Barone, o l’mpiegato del barone.
200- Servo della camperai.
201- Nel cervello,nel midollo cerebrale.

150
202- Le tombe.
203- Io sono una signora mulattiera e regia.
204- Piccolo carcere gestito in forma
familiare.
205- Del carcerato
206- Il siero e la ricotta.
207- I cani dietro gli armenti spesso si
saziano solo del siero.
208- Il pecoraio.
209- Il nibbio
210- Nomi dei nostri quartieri periferici.
211- Stallatico accumulato in periferia.
212- Vasi di coccio per contenere le feci.
213- Affilava.
214- Località delle nostre campagne.
215- Gli specialisti meglio di niente.
216- La zia Luigia.
217- Da una antica abbazia.
218- All’abbeveratoio di Santa Fara.
219- Mignatta o sanguisuga.
220- L’odontoiatra con la tenaglia.
221- Dente del senno.
222- Diavolerie,monellerie.
223- Nomignolo generico di qualche
vecchietta.
224- Aglio.
225- Maestro Biagio il fabbro.
226- Era così.
227- Uno sguardo panoramico come dei fari.

151
228- Contadini proprietari e benestanti.
229- Il grembiule.
230- Il Prete più giovane.
231- Il piccolo e il grande.
232- Uno dei nostri giuochi con una verga.
233- In penitenza.
234- Ti ho visto.
235- Con la trottola
236- Pietra schiacciata.
237- Un cerchio.
238- Monopattino.
239- Alla cavallina.
240- Al passo del corvo.
241- Vai a giare al palo della luce.
242- Il frumento.
243- Il fabbro batteva il ferro quand’era
caldo.
244- Lo stallatico
245- Alle porte del paese
246- Sparpagliato o nel solco
247- Le spighe venivano calpestate dagli
zoccoli dei muli sull’aia.
248- Misure di capacità e peso per i cereali
249- Le olive
250- Contrada atta alla coltivazione
dell’ulivo.
251- Abbeveratoio di campagna.
252- Adulti e piccoli.
253- Le olive più grosse e nere.

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254- In un paniere olive sale per farle
conservare.
255- Nascondeva sotto la cenere.
256- Che olio,che odore.
257- Il succo della vite
258- Sabbioso e scaldato dal sole
259- Il selvatico veniva innestato con
diversi vitigni
260- Acconciata e zappata dal contadino
261- Impolverata dallo zolfo come se fosse
borotalco.
262- Ceste e tini
263- Pianterreno dove l’uva veniva per
giorni interi calpestata
264- Preparativi con miscugli cotti quale
erbe aromatiche tradizionali
265- Pineto sulla adriatica in provincia di
Teramo.
266- Perché è così
267- Camporeale in provincia di Palermo.

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