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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL MOLISE

DIPARTIMENTO GIURIDICO

SCRITTI PER LA COSTITUZIONE


DEL DIPARTIMENTO GIURIDICO
DELL’UNIVERSITÀ DEL MOLISE

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL MOLISE
DIPARTIMENTO GIURIDICO

SCRITTI PER LA COSTITUZIONE


DEL DIPARTIMENTO GIURIDICO
DELL’UNIVERSITÀ DEL MOLISE
Direttore
Valentino Petrucci

Comitato scientifico
Orazio Abbamonte
Onorato Bucci
Rocco Favale
Stefano Fiore
Lucio Francario
Gianmaria Palmieri
Marco Parisi
Andrea Rallo
Giovanni Varanese

Comitato di redazione
Carmelo D’Oro
Giorgio Palmieri

Scritti per la Costituzione del Dipartimento Giuridico


Collana: Università degli Studi del Molise
Dipartimento Giuridico
Campobasso: Arti Grafiche la Regione srl, 2012
pp. 1008; 17x24 cm

© 2012 by Arti Grafiche la Regione srl


C.da Pescofarese, 44 - Ripalimosani (Campobasso)
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ISBN 978-88-88102-97-9
ALBERTO VESPAZIANI

La teocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?*

SOMMARIO: 1. L’ascesa della teocrazia costituzionale nella ricostruzione di Ran Hirschl.


- 2. Modelli e tipi di relazione tra religione e politica. - 3. Il ruolo delle corti costitu-
zionali nei Paesi islamici: “a secularist shrine in the post-secularist age”? - 4. Il costitu-
zionalismo teocratico come soggetto del nuovo ordine costituzionale globale. - 5. Co-
stituzionalismo senza supremazia della costituzione?

Dal punto di vista dei regimi politici il XX secolo si è concluso con


un successo diffuso dei modelli e dei valori del costituzionalismo: l’idea
di supremazia costituzionale è stata accettata, in una forma o nell’altra,
da più di un centinaio di culture giuridiche nazionali e da svariate orga-
nizzazioni sovranazionali. L’espansione del ruolo e delle aree di interven-
to delle corti costituzionali ed internazionali è stata talmente rilevante da
aver causato il dubbio che si stesse producendo un cambio di paradig-
ma dalla democrazia costituzionale alla juristocracy, dalla centralità del-
la sovranità popolare alla supremazia giudiziaria1.
Nel frattempo, nelle ultime decadi del secolo scorso e nei primi anni
del nuovo millennio, la religione è tornata prepotentemente sulla scena
politica ed i fenomeni religiosi sono tornati al centro delle preoccupazio-
ni e delle riflessioni dei costituzionalisti. Dal medio oriente all’Asia, dal
Nord Africa sino in Europa i partiti di ispirazione religiosa godono di un
successo crescente presso l’opinione pubblica. In Iran, Afghanistan, Ban-
gladesh, India, Nigeria, Libano, Pakistan, Malesia, Turchia, Polonia, Ser-
bia e Ucraina la lotta politica coinvolge temi di dimensione religiosa. Dal-
la primavera araba alle primarie statunitensi le forze politiche traggono
alimento e sostegno da forze religiose.
Dall’incrocio tra diffusione del costituzionalismo e ritorno della re-
ligione una nuova forma di stato sembra essere emersa: la teocrazia costi-
tuzionale. Questo contributo riassume le ricostruzioni dei primi autori ad

*
Questo scritto è destinato al Liber amicorum per Carlo Amirante, in corso di pubbli-
cazione.
1
Cfr. Ran Hirschl, Towards Juristocracy, Cambridge, MA, 2004; Larry Kramer, The Peo-
ple Themselves, Oxford, 2004.

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Alberto Vespaziani

avere tematizzato la teocrazia costituzionale come categoria autonoma, Oli-


vier Roy, Ran Hirschl e Larry Catá Backer, e discute i tratti fondamentali
ed i limiti dei principi ispiratori del costituzionalismo teocratico.

1. L’ascesa della teocrazia costituzionale nella ricostruzione di Ran


Hirschl
Applicando il metodo realista nello studio comparativo della
scienza politica2, Hirschl ipotizza l’emersione di una vera e propria nuo-
va forma di stato che egli chiama teocrazia costituzionale, distinguendo-
la dalla teocrazia “pura”, in cui il leader religioso supremo è anche il lea-
der politico di vertice (come nel Sudan della fine del 19° secolo). In una
teocrazia costituzionale esiste una separazione formale tra leadership po-
litica ed autorità religiosa. Giacché il potere risiede in figure politiche che
operano dentro i confini della costituzione invece che all’interno della stes-
sa leadership religiosa, i principi fondamentali del costituzionalismo, qua-
li la separazione dei poteri3, sono formalmente riconosciuti, e la costitu-
zione tipicamente istituisce una corte costituzionale cui attribuisce il com-
pito di sindacare la legittimità costituzionale delle leggi.4
Il modello ideale di teocrazia costituzionale, così Hirschl, si com-
pone di quattro elementi costitutivi: (1) adesione a tutti o ad alcuni prin-

2
Ran Hirschl, The Realist Turn in Comparative Constitutional Politics, Political Rese-
arch Quarterly, volume 62, number 4, December 2009, 827: “the realist approach identifies
a set of concrete political vectors, interests, and incentives that affect the interplay betwe-
en political and constitutional actors and institutions. A quest for legitimacy, or for lowe-
ring risks or costs, is a major determinant of both judicial empowerment and correspon-
ding judicial behavior”. V. anche The Rise of Comparative Constitutional Law, 31 Indiana Jour-
nal of Constitutional Law 2008: “There are […] reasons for the limited focus on causality
inference, and explanation in comparative constitutional law. These include traditional doc-
trinal boundaries; trajectories of academic training; lack of established tradition of anony-
mous peer review in most law reviews; and the different epistemologies of social and le-
gal inquiry. The traditional ‘case law’ method of instruction – commonly drawn upon in
legal academia – is geared toward studying the legal forest through a detailed examina-
tion of its individual trees. Because this method is aimed to teach students to ‘think like
lawyers, it is quite effective in conveying the significance of subtle distinctions between the
facts and language of cases and judicial opinions. Unfortunately, however, this approach
does not lend itself easily to thinking about comparative inquiry in order to establish cau-
sality or to expose extra-judicial factors that may shape legal outcomes”.
3
Quraishi, The Separation of Powers in the Tradition of Muslim Governments, , in Rainer Gro-
te & Tilmann Röder (eds.), Constitutionalism in Islamic Countries, Oxford, 2012, p. 63
4
Ran Hirschl, The Rise of Constitutional Theocracy, Harvard International Law Jour-
nal, volume 49-October 16, 2008, p.73.

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La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

cipi fondamentali del costituzionalismo moderno, quali la distinzione for-


male tra autorità politica ed autorità religiosa, nonché la presenza di for-
me di judicial review; (2) la presenza di una singola religione o di una par-
ticolare denominazione religiosa che viene formalmente riconosciuta dal-
lo stato come religione ufficiale dello stato; (3) il riconoscimento costitu-
zionale della religione, i suoi testi, le sue prescrizioni ed interpretazioni
come una o la fonte della legislazione e dell’interpretazione giudiziaria
delle leggi – sostanzialmente le leggi non possono contravvenire le in-
giunzioni della religione dello stato -; e (4) un nesso tra corpi religiosi e
tribunali cui viene riconosciuto uno status di giurisdizione ufficiale e che
operano in sostituzione, o in collaborazione conflittuale, con le corti di
diritto civile.5
Se accettiamo questa definizione degli elementi costitutivi di que-
sta forma di stato, allora dobbiamo concludere che centinaia di milioni
di persone vivono oggi in comunità politiche che possiamo definire come
teocrazie costituzionali. Ma al cospetto della rilevanza statistico-demo-
grafica di questo fenomeno, i canoni della teocrazia costituzionale riman-
gono ancora una sorta di buco nero, il lato oscuro dello studio del dirit-
to costituzionale comparato, un aspetto ancora troppo poco teorizzato
e discusso. Nelle trattazioni ordinarie delle forme di stato solo di rado
si incontrano cenni alle teocrazie, sempre relegate all’interno della for-
ma di stato autoritaria, comunque considerate marginali rispetto al mo-
dello dominante della forma di stato liberal-democratica di stampo oc-
cidentale. Nelle principali enciclopedie giuridiche italiane non si riscon-
trano voci dedicate alla teocrazia.
Ran Hirschl, al contrario, sostiene la tesi secondo la quale dalla me-
scolanza di valori, ideali e punti di vista apparentemente contradditto-
ri, la teocrazia costituzionale offre una cornice, uno scenario ideale attra-
verso cui è possibile studiare e analizzare il costituzionalismo; uno stu-
dio che è possibile fare ricorrendo a strumenti di indagine che vanno ol-
tre la tradizionale prospettiva di studio sul costituzionalismo quale dot-
trina rintracciabile solo in quei sistemi sociali e politici che si ispirano in
modo immediato alla nozione di democrazia. La teocrazia costituziona-
le è insomma una sorta di specchio attraverso cui lo stesso costituziona-
lismo occidentale può imparare a riconoscere quanto di costituzionali-
smo è presente nelle teocrazie e, al contempo, quanta teocrazia è presen-
te nello stesso costituzionalismo occidentale.
Secondo la ricostruzione di Hirschl, una teocrazia costituzionale ap-

5
Ivi, 74.

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Alberto Vespaziani

prova formalmente, e sostiene in modo attivo e partecipe, una singola re-


ligione o un credo dominante, uno schema piuttosto diffuso quando si pas-
sa ad analizzare la questione del nesso tra politica e religione, e che sot-
tintende una sorta di appoggio reciproco tra il “trono e l’altare”: la religio-
ne di Stato è custodita, tutelata e proclamata quale fonte principale di tut-
ti gli atti legislativi, e quindi principio ispiratore che pervade l’intero or-
dinamento giuridico e i principali metodi di interpretazione giudiziaria.
In una teocrazia costituzionale, la religione designata come religio-
ne di stato è spesso considerata un elemento fondativo dello stato mo-
derno: in questo modo la religione stabilisce i confini dell’identità collet-
tiva di un determinato sistema sociale, così come lo scopo e la natura di
parte o di tutti i doveri e i diritti attribuiti ai rispettivi cittadini.6 In que-
sto modo la religione esprime l’intento di plasmare la vita sociale, di non
limitarsi ad una proiezione verso l’aldilà del mondo, bensì di voler con-
tribuire a fondare e/o rifondare i rapporti intramondani; la religione si
proietta nel sociale facendosi ragione pratica e azione storica, assumen-
do una capacità di forma di tipo pubblico, e non più solo privato.
Le teocrazie costituzionali, comunque, fanno molto di più che con-
cedere una ricognizione esclusiva e un sostegno ad una data religione di
stato: in esse le leggi devono essere conformi ai dettami della dottrina re-
ligiosa, pertanto nessuna legge può essere promulgata se contrastante con
i suddetti principi. Ed è per questo motivo che si sviluppano stretti le-
gami e rapporti tra organi religiosi, tribunali e autorità che agiscono al
posto dell’apparato di corti civili, o si affiancano a questo nelle loro at-
tività. Le opinioni e il complesso delle decisioni emesse da questo cor-
po di tribunali e autorità rappresentano un peso simbolico notevole nel-
la sfera della vita pubblica, e in questa svolgono un ruolo significativo.
Ma forse l’aspetto maggiormente interessante è che il nesso che lega tra
loro leggi ed istituzioni è subordinato al sindacato di costituzionalità e
al potere di revisione costituzionale, concentrato nelle sedi di collegi giu-
risdizionali composti da giudici e giuristi, in grado di vantare una com-
provata formazione accademica e professionale tanto nel campo del di-
ritto positivo tanto in quello di derivazione religiosa.
L’emergere della teocrazia costituzionale, così come avvenuto per
il processo di separazione tra Stato e Chiesa intercorso secoli prima, è sol-
tanto un ulteriore stadio, una sintesi politicamente guidata che, nei Pae-
si di recente industrializzazione e modernizzazione, si sta imponendo come

6
Ran Hirschl, Constitutional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts, 2010,
pp. 2-3

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La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

l’esito finale dell’imperituro gioco di tiro alla fune tra due dei più impor-
tanti complessi di principi e convinzioni del nostro tempo.7
Così come il regno animale non è composto esclusivamente da mam-
miferi o da rettili, o così come la tavola periodica degli elementi ne clas-
sifica molti di più che del solo oro o ferro, così l’attuale paradigma dei
rapporti tra stato e religione non si limita al semplice modello della net-
ta separazione delle rispettive sfere di influenza, ma contempla ulterio-
ri dinamiche ed evoluzioni ancora poco approfondite e indagate.
La teocrazia costituzionale si colloca nel punto di intersezione tra il
generale e il contestuale, tra l’universale e il particolare: può essere defi-
nita come la versione costituzionale di quella che anche Ran Hirschl chia-
ma “glocalization”, ossia il processo per mezzo del quale ciò che è globale
e ciò che appartiene alla sfera del locale si fondono e si incorporano in una
nuova, straordinaria, e già perfetta sintesi.8 La teocrazia costituzionale è
un laboratorio vivente e in continua evoluzione, una rara combinazione
tra un ordine apparentemente passato e istituzioni proiettate al futuro, una
congiuntura di aspirazioni ideologiche e considerazioni strategiche. La teo-
crazia costituzionale si presenta in una forma non ancora del tutto defini-
ta, come il riflesso di un’intrigante affinità concettuale tra costituzione e
religione, ognuno con i suoi testi di riferimento, con le proprie gerarchie
interpretative, la propria moralità mista ad interessi terreni.
Le presunte supposizioni per cui costituzionalismo e religione sono
sfere d’azione diametralmente opposte, oppure non legate da rapporti
di interdipendenza o correlazione, è altamente discutibile: queste due au-
torità sono per molti aspetti analoghi sistemi simbolici che cercano di isti-
tuire, consolidare e conservare la propria egemonia e le proprie prospet-
tive. A ben vedere, quasi nessun ordinamento costituzionale del mondo
contemporaneo può essere del tutto separato dalla religione: il costitu-
zionalismo presenta delle sfaccettature di natura religiosa, e in molti pae-
si costituzione e legge sacra coesistono, coabitano sulla base di rappor-
ti tesi o che preludono ad aperte ostilità. La vocazione religiosa dei testi
costituzionali, perciò, può costituire una valida ed efficace alternativa al
complesso di testi sacri religiosi: in questo senso il costituzionalismo può
imporsi, o forse si è già imposto, come il futuro “oppio delle masse”.9
Muovendo dalla teoria alla fenomenologia costituzionale, Hirschl

7
Ivi, pp. 15-19
8
Ivi, pp. 245-249
9
Ran Hirschl, Costitutional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts, 2010,
pp.245-249

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Alberto Vespaziani

nota come a partire dai primi anni settanta del XX secolo fino ai giorni
nostri, decine di paesi musulmani, dall’Egitto al Pakistan, passando per
l’Afghanistan e l’Iraq, hanno incluso la Shari’a nei rispettivi testi costitu-
zionali, proclamandola solennemente quale unica fonte di diritto. Le co-
stituzioni di recente emanazione come quelle dell’Afghanistan ( 2004) o del-
l’Iraq (2005) documentano in maniera inequivocabile il marchio distinti-
vo di una teocrazia costituzionale, ossia la presenza di un duplice richia-
mo sia dei dettami e degli imperativi morali della Shari’a o di altra legge
religiosa, sia dei principi costituzionali e democratici, più vicini e maggior-
mente comprensibili alla cultura e alla sensibilità occidentale.10
La Costituzione irachena, ad esempio, non può considerarsi una Co-
stituzione liberale di tipo classico, anche se appartiene a pieno titolo alla
tradizione costituzionale: nella Costituzione irachena i diritti fondamen-
tali, infatti, sono posti sotto la tutela dell’Islam, considerato religione di
Stato. Posto che l’Islam è la religione ufficiale dello Stato e fonte vitale
dell’intera legislazione, nessuna legge che contraddica i principi islami-
ci può essere promulgata; solo dopo aver stabilito tale principio, si proi-
bisce la promulgazione di leggi che contraddicono l’essenza della demo-
crazia e dei diritti fondamentali. La presenza nella Costituzione irache-
na e della Shari’a e di una forma di tutela dei diritti e delle libertà fon-
damentali, va comunque vista alla luce del particolare rapporto esisten-
te nella cultura islamica tra religione, politica e spirito nazionale.
Innanzitutto va ricordato il fatto che la scrittura per i musulmani ha
un significato del tutto peculiare, in quanto non si esaurisce nell’essere
semplice mezzo di comunicazione, bensì rappresenta il concretizzarsi del-
la presenza di Dio nel mondo; le pagine del Corano, per i musulmani,
sono sacre in se stesse, non solo per il loro contenuto, per cui ogni scrit-
tura rimanda in ultima analisi alla struttura originaria, alle pagine del li-
bro sacro dove si realizza la presenza divina nel mondo. Ragion per cui,
laddove si procede alla messa per iscritto di un principio, non si può che
ritornare alla fonte che legittima l’atto stesso dello scrivere, ossia il Co-
rano. Inoltre, quando si parla di diritti fondamentali, dal punto di vista
islamico, non si sta parlando di diritti indipendenti dalla verità religio-
sa: la dignità dell’uomo è in qualche modo vincolata alla volontà divi-
na, che tutto domina incontrastata. L’Islam è la religione naturale dell’uo-
mo, e le varie scuole islamiche si differenziano solo nel modo di inter-
pretare il Corano, senza che nessuna di loro metta in discussione il testo
sacro: nell’ambito della civiltà islamica non viene riconosciuta l’esisten-

10
Ivi, p.4.

976
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

za di uno spazio neutrale rispetto alla rivelazione. Segue così che nell’Islam,
la legittimazione delle decisioni giuridiche e politiche ha avuto per se-
coli, e continua ad avere, una matrice religiosa: chi è chiamato ad eser-
citare l’autorità politica assume decisioni legittimate sulla base dell’in-
terpretazione che i dotti religiosi danno della legge sacra. Si forma così
un corpus giuridico- teologico che costituisce la base delle successive de-
cisioni dell’autorità “laica”.11
D’altronde, nessun testo costituzionale al mondo trascura, rimane
silente o si astiene dal richiamare precetti di natura religiosa: e l’ascesa
della forma di stato che abbiamo nominato teocrazia costituzionale testimo-
nia proprio l’onnipresenza della religione, questo punto di tangenza nel-
la politica pubblica del mondo contemporaneo. L’incontenibile ritorno del-
la religione sulla scena politica moderna è un aspetto che accomuna tan-
to l’Islam politico e le sue aspirazioni religiose, tanto il mondo liberale e
occidentale, destinato ormai ad uscire dalla presunzione westfaliana e dal
paradigma della secolarizzazione e neutralizzazione della religione, per
abbracciare una concezione sostanziale e realistica della sua presenza nel-
l’ambito pubblico. L’abitudine, perciò, di immaginare l’occidente come roc-
caforte del principio di separazione tra religione e politica e, esattamente
agli antipodi, l’oriente come l’ambito prediletto dove invece questi due si-
stemi sono aggrovigliati, concatenati in un reticolo di rapporti intricati, e
mai indipendenti l’uno dall’altro, non è più valido.

2. Modelli e tipi di relazione tra religione e politica


Il ruolo di primo piano che la dimensione religiosa viene ad assu-
mere nei vari assetti sociali, politici e culturali non percorre sempre un’iden-
tica direzione, ma varia di volta in volta a seconda del contesto in cui eser-
cita la propria azione. Infatti, al fine di posizionare e definire le tipolo-
gie relazionali tra politica e religione, sia secondo una dimensione tem-
porale che va dal passato ormai remoto fino ai giorni nostri, sia secon-
do coordinate geografiche che comprendono l’oriente quanto l’occiden-
te, il nord come il sud del mondo, Ran Hirschl individua nove modelli,
nove archetipi validi ad elencare tutti i possibili nessi e rapporti che pos-

11
cfr Abou El Fadl, The Centrality of Shari’ah to Government and Constitutionalism in
Islam, in Rainer Grote & Tilmann Röder (eds.), Constitutionalism in Islamic Countries, Ox-
ford, 2012, p. 55: “Any constitutional practice must come to terms with the centrality of Sha-
ri’ah to the conception of government in Islam. In many ways, in an Islamic system, so-
vereignty belongs to the Shari’ah, and not to the people”.

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Alberto Vespaziani

sono intercorrere tra Stato e Chiesa.


Volendo immaginare le due istituzioni suddette come gli estremi op-
posti di un ipotetico continuum, il primo modello relazionale che l’auto-
re individua, e che pone nell’estremità anti-religiosa, è rappresentato dai
regimi comunisti. Tali regimi si fanno portatori di un ateismo che asso-
cia la religione, tanto nell’ambito pubblico che in quello privato, ad uno
stato di arretratezza e falsa coscienza; la visione atea del comunismo giu-
stifica, perciò, lo straordinario impegno e l’estrema sollecitazione impie-
gate dall’autorità statali nel contrastare la religione. L’istituzione della Re-
pubblica Popolare cinese nel 1949, ad esempio, fu accompagnata da un’in-
tera campagna volta a sradicare la religione dalla vita e dalla cultura ci-
nese; in Etiopia, la rispettiva Chiesa ortodossa si vide privare dello sta-
tus formale di Chiesa di Stato, e costretta ad assistere impotente all’ese-
cuzione del suo patriarca per mano della giunta militare marxista.12 Del
resto, “la religione è l’oppio dei popoli” è il detto che costituisce la pie-
tra angolare della concezione marxista in materia di religione: tutte le re-
ligioni e le Chiese sono state tradizionalmente considerate dal marxismo
come strumenti della reazione borghese, che servono a difendere lo sfrut-
tamento e a stordire la classe operaia, per mantenerla nella condizione di
minorità in cui essa si trova a causa della struttura economica. La religio-
ne è uno degli strumenti più potenti nelle mani degli oppressori per il man-
tenimento dell’ineguaglianza, dello sfruttamento e dell’obbedienza ser-
vile dei lavoratori: ecco perché i comunisti inquadrano la demolizione del-
la fede e dell’organizzazione ecclesiastica nella lotta generale per l’abbat-
timento del regime capitalista. La Chiesa per loro si basa e cresce su quel-
le stesse fonti ottenute a spese dei credenti, della loro superstizione e igno-
ranza. Non è un caso che uno dei primi decreti del potere sovietico in Rus-
sia fu quello di distribuire le terre della Chiesa ai lavoratori, privarla di
tutti i redditi e dichiarare i suoi capitali proprietà del popolo.
Il secondo modello fa riferimento alla tradizionale collocazione del-
la religione nel mondo occidentale moderno, e più specificatamente alla
laicità francese, la manifestazione più evidente del desiderio di ridimen-
sionare l’influenza religiosa e clericale negli affari e nella vita pubblica
dello Stato, e volto ad istituire un principio di nazionalità e cittadinan-
za sgombro dal riferimento allo spirito e al senso religioso. L’aggettivo
laico, attribuito allo Stato francese, denota una condizione di fatto che non
è tanto quella di uno Stato neutrale rispetto alle diverse concezioni reli-

12
Ran Hirschl, Constitutional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts,
2010, p.26

978
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

giose, filosofiche e culturali, e come tale garante della loro pari dignità
e assenza di privilegi e/o discriminazioni, e nemmeno quello di uno Sta-
to apertamente antireligioso, ma quello di un’autorità statale che fa del-
la laicità l’elemento fondante della nazione e della sua identità colletti-
va. E’ una forma di secolarismo strettamente legata al profilo identita-
rio della comunità sociale, che si accompagna ad un esplicito approccio
assimilazionista nei confronti dei canoni di cittadinanza e nazionalità.13
In Francia, infatti, il laicismo è stato segnato dal giacobinismo rivoluzio-
nario, ed è imparentato con la tradizione statalista, democratico-autori-
taria dello Stato repubblicano francese, e con una concezione forte del-
l’unità e della sovranità stessa della nazione. Il laicismo francese ha com-
battuto le istanze ecclesiastiche in nome di filosofie e visioni del mondo
che intendevano soppiantare e sostituire il cattolicesimo a vantaggio di
una concorrente egemonia culturale sulla nazione.
La Turchia fornisce un ulteriore esempio di questa tipologia di laici-
tà dogmatica e militante. La secolarizzazione della società turca prevalen-
temente religiosa, condotta da Mustafa Kemal Ataturk, probabilmente è
il caso più noto di riformismo separazionista del ventesimo secolo. Dopo
il collasso dell’Impero ottomano il gruppo nazionalista guidato da Kemal
negò la cultura e la legge islamica in cambio di un riformismo e di un mo-
dernismo, rimuovendo parallelamente dalla Costituzione del 1928 l’espres-
sione “la religione dello Stato turco è l’Islam”; al contrario, nella successi-
va carta costituzionale del 1937 vennero inseriti concetti quali repubblica-
no, popolare, ateista, laico e riformista proprio per mettere in chiaro il fat-
to che la moderna Turchia aderisce strettamente al modello separazioni-
sta tra stato e religione. Entrambe le successive due Costituzioni del 1961
e del 1982 istituirono un’ufficiale politica pubblica laica.
In altri paesi in cui vige una separazione formale tra Stato e Chie-
sa, esiste un terzo modello meno dogmatico di laicità, più incline a fa-
vorire un profilo di neutralità che esalta l’imparzialità dell’autorità sta-
tale, il suo essere al di sopra delle parti nei confronti delle varie tradizio-
ni religiose. Sebbene la religione abbia rappresentato, e continui a rap-
presentare, un elemento fortemente identificativo della cultura e della so-
cietà americana, la costituzione degli USA prevede al primo emendamen-
to che “ Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or
prohibiting the free exercise thereof ”, cioè il divieto per il Congresso di pro-
mulgare leggi che favoriscano qualsiasi religione, o che ne proibiscano
la libera professione; l’ Establishment Clause si accompagna poi alla Free

13
Ivi, p.27

979
Alberto Vespaziani

Exercise Clause, ovvero alla clausola del libero esercizio, in base alla qua-
le il governo non può né controllare né proibire il libero esercizio della
religione da parte dei suoi cittadini. Come si evince, entrambe le clauso-
le garantiscono la terzietà della legge rispetto al culto, e il suo libero eser-
cizio. Allo stesso tempo, però, il popolo americano è tra i più religiosi al
mondo, tant’è che ricorre spesso nel gergo linguistico quotidiano
l’espressione “In God We Trust”, un modo di dire che evidenzia come gli
americani si affidino e ricorrano alla dimensione più privata ed intima
della fede per le scelte di vita di tutti i giorni: il Paese simbolo della mo-
dernità, del trionfo della scienza e della tecnologia, nel suo piccolo, fa dei
dettami e dei principi della moralità religiosa i criteri guida della propria
condotta privata e pubblica.14
Ci sono poi i sistemi sociali costituiti dalla presenza di un alto tas-
so di popolazione immigrata, come il Canada o il Sud Africa post-apar-
theid, dove emerge una versione meno rigorosa, più soft, del modello di
divisione tra Stato e Chiesa, il quale si accompagna però ad un riferimen-
to realistico alla dimensione della diversità e del multiculturalismo che
lo caratterizza. Stato e Chiesa sono separati, ma il concetto di cittadinan-
za non è strettamente connesso a quello della neutralità o della laicità;
la categoria della cittadinanza deriva piuttosto da un’applicazione pra-
tica dei principi liberali al campo della politica, e perciò più in generale
tesa a favorire il rispetto per i valori e le tradizioni comuni dello stato e
della nazione, oltre che il riconoscimento delle differenze che intercor-
rono tra i cittadini in merito alla dimensione linguistica, culturale o re-
ligiosa. La Carta canadese dei diritti e delle libertà, infatti, tutela la liber-
tà di culto e di fede, e individua nel multiculturalismo e nella multiraz-
zialità uno dei pilastri costituzionali, tant’è che il Canada prevede uno
status costituzionale di bilinguismo.
Quanto detto fin ora è la riprova del fatto che nell’ambito di quel-
lo che abbiamo ipotizzato essere il mondo liberal-democratico, sussisto-
no importanti varianti e declinazioni del più ampio e generico modello
della separazione tra Stato e Chiesa. In altre zone del mondo stanno in-
vece emergendo interessanti varianti di tale prototipo, che in taluni casi
si caratterizzano per l’essere in totale divergenza rispetto ad esso: am-
pliando gli orizzonti dello studio comparativo, la realtà che si apre di fron-
te ai nostri occhi è fatta di altrettanti diversi modelli costituzionali, uti-
li per delineare la natura dei rapporti tra religione e stato, e indispensa-

14
cfr. Pamela Beth Harris, Interpretazioni della libertà religiosa negli stati americani plu-
ralisti, in Nomos, 2-2001

980
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

bili per l’analisi del fenomeno della teocrazia costituzionale.


Infatti, un quinto modello prevede una debole forma di istituzio-
nalizzazione religiosa, formalmente designata come “religione ufficiale”,
modello riscontrabile in numerosi Paesi europei, la maggior parte dei qua-
li forti di una tradizione politica liberale e progressista: è il caso della Nor-
vegia, della Danimarca, della Finlandia o dell’Islanda, dove è la Chiesa
Luterana Evangelica a raccogliere il maggior numero di fedeli. Il capo di
Stato norvegese, ad esempio, è anche capo della rispettiva Chiesa, una
situazione suggellata dall’art. 2 della Costituzione. Situazione analoga poco
più a sud, dove il monarca inglese è il capo supremo della Chiesa An-
glicana, e considerato valido “difensore della fede”. La Corona inglese,
infatti, riveste un ruolo fondamentale nelle più importanti materie e que-
stioni ecclesiastiche, e viceversa, la Chiesa è coinvolta in prima persona
nella cerimonia di incoronazione del nuovo monarca, e ai suoi vescovi
più anziani viene garantita una rappresentanza in uno dei due rami del
Parlamento nazionale, la House of Lords.
Un sesto modello include quei Paesi dove esiste formalmente una
separazione tra Stato e Chiesa, così come esistono costituzioni che tute-
lano la libertà di culto e professione di fede; tuttavia, nei fatti, l’attitudi-
ne a concedere alla Chiesa e alla moralità religiocentrica un profilo di ri-
lievo nella vita pubblica politica, consente a questa e alle sue istituzioni
una certa discrezionalità di invasione e infiltrazione del dominio costitu-
zionale. L’Irlanda presenta queste caratteristiche: sebbene la Costituzio-
ne del 1973 abbia privato il cattolicesimo di quella che era la sua condi-
zione di credo privilegiato, l’art.4 della stessa invoca la famiglia come ele-
mento naturale e fondante dell’intera società, e prevede che “the State
…..shall respect and honour religion”, ammettendo di fatto una presenza an-
cora forte e radicata dello spettro del cattolicesimo nella vita sociale, po-
litica e culturale. Ma la Chiesa cattolica ha avuto e continua ad avere con
la realtà del potere civile un rapporto diretto, immediato, di compromes-
so esplicito e di scambio reciproco di favori e privilegi in altrettanti Pae-
si europei come Malta, la Polonia, la Spagna, il Portogallo e l’Italia. In tut-
ti questi Paesi esiste un regime di divisione tra Stato e Chiesa: formalmen-
te le due istituzioni sono separate, ma allo stesso tempo agiscono e si com-
portano come irrimediabilmente legate al passato, e questo vale soprat-
tutto per la Chiesa cattolica, che non sembra volersi rassegnare a un de-
stino di emarginazione o di irrilevanza sociologica, ma al contrario si mo-
stra desiderosa di rilanciare il proprio protagonismo politico.
Un’alternativa originale alle tensioni generatesi tra laicismo e cle-
ricalismo viene da quei Paesi che adottano un ulteriore tipologia di mo-
dello, che posiziona la religione secondo criteri selettivi, cioè solo in de-

981
Alberto Vespaziani

terminati ambiti del diritto. Lo Stato si professa laico, ma allo stesso tem-
po riconosce un certo grado di autonomia giurisdizionale alle varie co-
munità religiose, specie nelle materie attinenti l’educazione e lo status per-
sonale. In India, Kenya e Israele, le comunità religiose godono di un mar-
gine di autonomia che consente loro di rispettare e seguire le proprie ri-
spettive tradizioni, soprattutto nell’ambito del diritto di famiglia. I sen-
timenti di affiliazione, le convinzioni, le scelte maturate nell’ambito per-
sonale come quella della conversione verso un diverso credo, sono sot-
toposte al giudizio di istituzioni religiose che al tempo stesso devono ob-
bligatoriamente attenersi al rispetto del diritto amministrativo e costitu-
zionale. In questo modo anche le minoranze religiose, e le rispettive cor-
ti religiose, godono di uno spazio di autonomia giurisdizionale dispo-
nibile: in gran parte dei Paesi fedeli a tale modello, si realizza così una
stretta correlazione tra religione, etnia e nazionalità, ciascuna delle qua-
li trae beneficio e forza dall’altra.15
Esiste poi un altro modello, che Ran Hirschl definisce come religious
jurisdictional enclaves in cui gran parte del diritto ha una natura essenzial-
mente religiosa, salvo poi esonerare da tale impronta religiosa alcuni set-
tori ed ambiti ben definiti, come il diritto economico. Si può pensare a
tal riguardo all’Arabia Saudita. E’ certamente uno dei Paesi dichiarata-
mente a vocazione islamica, il cui sistema giuridico è tenacemente basa-
to sul fiqh (la giurisprudenza islamica), che applica la Shari’a e conside-
ra come propria costituzione “the Good’s Book and the Sunnah of His Pro-
fhet”; ma è costretto a smussare questo profilo marcatamente religioso e
a conciliarlo con le esigenze dell’economia, della finanza e del commer-
cio internazionale, che mal tollerano le restrizioni sciaritiche previste in
ogni campo dell’attività umana. E così, un intero capitolo della Legge fon-
damentale del 1993, intitolato “Principi Economici”, contempla forma di
tutela della libertà privata e meccanismi di protezione contro l’eventua-
lità di confische di beni e patrimoni, esonerando l’intero sistema banca-
rio, economico e finanziario dai rigori della legge sacra. In questo modo,
mentre tutte le corti saudite fanno riferimento alla Sharia’a per dirimere
l’intera gamma di controversie civili, matrimoniali o riferite allo status
personale del cittadino, un decreto regio del 1965, in un apposito artico-
lo (232), istituiva una speciale commissione incaricata del compito di ap-
pianare le eventuali intese e accordi commerciali. Una discrepanza che
si rispecchia anche nel processo di nomina dei vari giudici: da una par-

15
Ran Hirschl, Constituional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts, 2010,
pp.28-33.

982
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

te quelli chiamati a comporre le corti ordinarie, nominati dal Ministro del-


la Giustizia e scelti tra le personalità di rilievo delle più facoltose univer-
sità di diritto islamico, dall’altra i membri della suddetta commissione,
investiti invece dal Ministro dell’Economia.
Casi di questo tipo sono frequenti nel mondo islamico. L’art. 1 del-
la Costituzione del Qatar (2003), stabilisce che “l’Islam è la religione di
Stato e la Shari’a la principale fonte giuridica”. Questo, e tutto quello che
ne consegue, non ha impedito al piccolo emirato di imporsi come super-
potenza economica, sfruttando i vantaggi derivanti dalla commercializ-
zazione del petrolio, che abbondano sul territorio così come i giacimen-
ti di gas naturale, e di intraprendere un percorso di progressiva libera-
lizzazione economica e culturale culminato nel varo di una Costituzio-
ne moderna, tanto attenta alla difesa dei diritti civili delle donne, quan-
to abile nel creare un ambiente favorevole agli investimenti finanziari in-
ternazionali. Non sorprende quindi che, stando alle recenti statistiche del
Fondo Monetario Internazionale, il Qatar figura al fianco del Lussembur-
go come il Paese con il più elevato PIL al mondo. Allo stesso tempo il Qa-
tar ha avuto modo di diventare una vetrina internazionale per eventi di
forte richiamo come i Giochi Asiatici del 2006, o i Giochi Olimpici del 2016:
la FIFA lo ha inoltre candidato come nazione ospitante dei Campionati
mondiali di calcio per il 2022. Stesso discorso per le Maldive, una Repub-
blica democratica incentrata sul culto della Shari’a, venerata come dog-
ma e principio cui deve uniformarsi ogni legge, e cui ogni cittadino deve
aderire. Eppure le Maldive vantano catene di hotel e resort tra i più lus-
suosi e raffinati del mondo, richiamano milioni di turisti ogni anno e of-
fro loro il massimo dello sfarzo e della magnificenza, stili di vita e costu-
mi che ostentano un perfetto stile occidentale. E che l’industria turisti-
ca sia la miniera d’oro del Paese, e traino dell’intera economia, lo dimo-
stra un decreto presidenziale che ha sortito l’effetto si renderla immune
dalla rigida osservanza dei diktat religiosi.
Chiude questa lunga carrellata di modelli quello che propone una
fusione, una commistione tra legge religiosa e generici principi di dirit-
to positivo; è il modello che più di ogni altro si avvicina in maniera si-
gnificativa all’idea di teocrazia costituzionale, e a cui ben si adattano le
caratteristiche di Paesi come l’Afghanistan, l’Iraq, lo Yemen o l’Iran.
Dopo la campagna militare Enduring Freedom guidata dagli USA, tesa
a smantellare il regime talebano, i campi di addestramento e la rete ter-
roristica di Al- Qaeda, portatrice di valori e degli ideali politico-religiosi
riconducibili al fondamentalismo islamico, l’Afghanistan ha conosciuto
una nuova stagione politica inauguratasi con l’istituzione di un regime
moderato e il varo di una Costituzione entrata in vigore nel 2004. In que-

983
Alberto Vespaziani

sta si stabilisce che l’Afghanistan è una Repubblica Islamica (art.1), che


la sacra religione dell’Islam è la religione ufficiale della Repubblica Isla-
mica Afghana (art.2), e che nessuna legge può contravvenire ai suoi pre-
cetti (art.3). Parallelamente però il testo costituzionale tutela diritti qua-
li quello alla proprietà privata (art.40), riabilita il diritto delle donne al
voto, al lavoro e alla carriera (art..22), e istituisce una Corte Suprema com-
posta da nove giudici togati e nominati dal Presidente per un mandato
della durata complessiva di dieci anni.16 Così il Paese, che per anni è sta-
to il centro operativo di una cellula paramilitare impegnata in modo mi-
litante nell’esecuzione di azioni nei confronti dei regimi filo-occidenta-
li e del mondo occidentale in genere, e che vorrebbe recuperare il por-
tato culturale, sociale e giuridico dell’Islam, ha recepito alcuni degli ele-
menti essenziali del diritto e delle tradizioni giuridiche occidentali, adot-
tando le idee contemporanee sulla giustizia e sui diritti umani.
La Costituzione irachena di recente emanazione (2005), offre un ul-
teriore esempio di questo amalgama: come per l’Afghanistan, il testo co-
stituzionale non manca di offrire un omaggio formale alla tradizione giu-
ridica islamica, riconoscendo “ l’Islam come religione ufficiale del Pae-
se e fonte giuridica. Che nessuna legge può essere promulgata se contrap-
posta ai dettami religiosi” (art.2.I); allo stesso tempo, l’art. 2.Ib, stabili-
sce che “nessuna legge può contrastare i principi delle democrazia”, men-
tre l’art.5 afferma che “la legge è sovrana e il popolo ne costituisce la fon-
te del potere e della sua legittimazione”.
La Costituzione irachena emula, poi, il lungo catalogo di diritti ap-
partenenti alla tradizione occidentale, facendosi portavoce della difesa
di libertà come quella religiosa, appunto, o di diritti quali l’uguaglian-
za e la non discriminazione sulla base della propria appartenenza con-
fessionale, il diritto alla libertà personale e alla dignità. Ma ciò che con-
ta maggiormente è che la Costituzione coniuga le disposizioni stabilite
dalla legge irachena, alla conformità e al consenso accordato agli stan-
dard nazionali sui diritti umani sottoscritti dall’Iraq, ma senza che que-
sti entrino in conflitto con gli altri elementi della Costituzione. Il riferi-
mento ai diritti e alle libertà si evince in modo esplicito da una specifi-
ca sezione del testo costituzionale (art. 2.Ic), in cui si legge: “ No law can
be passed that contradicts the rights and freedoms outlined in this constitution.”
Per superare lo scrutinio costituzionale una legge deve quindi uniformar-
si ai dettami dell’Islam, e contemporaneamente essere in linea con i va-
lori della democrazia, dei diritti e delle libertà individuali validi a livel-

16
Ran Hirschl, Constitutional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts, 2010, p.35

984
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

lo internazionale, un obiettivo arduo anche per il più consolidato siste-


ma politico.17
Passiamo a considerare, poi, lo Yemen: anche qui troviamo un im-
pasto tra costituzionalismo e religiosità sancito a livello costituzionale.
La Carta fondamentale proclama la Shari’a fonte giuridica e l’Islam reli-
gione di Stato, ma al contempo richiama la necessità di un sistema giu-
diziario indipendente, e l’istituzione di una Corte Suprema che applica
un misto tra moderno costituzionalismo e interpretazione sacra sciari-
tica. Il mescolarsi, tra le pagine della costituzione, di moderni principi
di diritto con quelli più consoni alla tradizione religiosa, si evince ad esem-
pio nell’art. 31, che afferma, “Women are the sister of men. They have rights
and duties, which are guaranteed and assigned by Shari’a and stipulated by law”.18
Sembra una contraddizione in termini, poi, che il preambolo della
Costituzione iraniana custodisca la Shari’a come legge suprema - supe-
riore persino alla Costituzione stessa - sottolineando la derivazione di-
vina dell’intero ordinamento giuridico e dell’autorità politica, e al con-
tempo, stando a quanto riportato nell’art.6, l’amministrazione dello Sta-
to è affidata al popolo, titolare del diritto alla partecipazione politica e
all’elezione del Presidente e dei consigli municipali. Inoltre l’Iran ha as-
sistito alla nascita e al consolidarsi del Consiglio dei Guardiani, una sorta
di Corte costituzionale nelle cui mani è concentrato il potere di revisio-
ne costituzionale, ed è composto da sei membri religiosi (mullahs) e al-
tri sei giuristi nominati dal capo dell’intero sistema giuridico. Questo mix
tra supremazia religiosa, e richiamo a valori fondati sul rispetto della so-
vranità popolare, sulla possibilità per i cittadini di eleggere alcuni dei pro-
pri rappresentanti, e l’esistenza di un sistema che ricalchi in qualche modo
lo schema della separazione dei poteri, rende l’ordinamento costituzio-
nale iraniano l’esempio vivente e un altrettanto solido modello di teocra-
zia costituzionale.19

17
Ran Hirschl, Constitutional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts, 2010,
pp.35-36
18
Ibidem.
19
Ran Hirschl, Constitutional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts, 2010,
pp.36-37. In tal senso v. Pejman Abdolmohammadi, La Repubblica Islamica dell’Iran: il pen-
siero politico dell’Ayatollah Khomeini, De Ferrari, Genova, 2009, p.247: “il modello politico teoriz-
zato dall’Ayatollah Khomeini e poi realizzato sotto forma di ‘Repubblica Islamica’ è una
forma di governo del tutto originale nella storia costituzionale mondiale […]. Alla luce di
tutto questo , si deve tendere ad escludere la democraticità del modello proposto dall’Ay-
atollah Khomeini, ma non si può nemmeno parlare di una teocrazia assoluta, per cui ‘teocrazia
rappresentativa’ appare il nomen iuris più adatto. ‘Teocrazia’, perché è il ‘Teos’ che legifera,
governa e rende giustizia; rappresentativa, perché questa autorità naturale di Dio deve es-
sere accettata dai credenti tramite un voto popolare”.

985
Alberto Vespaziani

3. Il ruolo delle Corti Costituzionali nei Paesi islamici: “a secularist shri-


ne in the post-secularist age”?
Secondo Hirschl, l’attribuzione, in una teocrazia costituzionale, di
uno status costituzionale formale ad un credo o ad una religione non è
soltanto una strategia volta a soddisfare le pressioni popolari, ma è an-
che una tattica che serve a neutralizzare il morso rivoluzionario della re-
ligione, a cooptarne i leaders, a garantire l’impegno dello Stato nel tra-
durre i precetti religiosi nelle linee guida della vita pubblica, a manipo-
lare e maneggiare precetti e discorsi religiosi per assecondare interessi
dominanti, ma soprattutto a fornire un’alternativa, un gruppo di pote-
re rivale che si muove e agisce sotto la supervisione dello Stato.
In quei Paesi che si trovano a dover fare i conti con il difficile rap-
porto tra religione e secolarismo, infatti, coloro che detengono il potere
dispiegano un ampio spettro di strategie costituzionali che servono a tu-
telarli dai rischi o a mitigare l’impatto che l’influsso di una tradizione re-
ligiosa può avere sulla vita pubblica. Questo ha fatto sì che, virtualmen-
te, le costituzioni e le corti costituzionali in tutti questi sistemi politico-
istituzionali diventassero il baluardo del secolarismo, le fortezze del prag-
matismo e della moderazione, imponendosi come uno scudo difensivo
contro il diffondersi della religione nella vita pubblica, sollevando bar-
riere contenitive nei confronti del sempre più accresciuto supporto po-
polare ai principi di governo teocratico. In altre parole, in un modo si-
mile a quanto avviene in una democrazia costituzionale, dove le leggi e
le istituzioni costituzionali stabiliscono una serie fondamentali di limi-
tazioni e freni sullo scopo, la natura, il raggio d’azione entro il quale i prin-
cipi religiosi possono far sentire la propria presenza, la “facciata costitu-
zionale” degli assetti a predominio religioso svolge un ruolo chiave nel
frenare la progressiva estensione di un sistema di governo teocratico e
dei suoi relativi testi, le sue gerarchie interpretative e le sue visioni del
mondo alternative. Così come in una democrazia costituzionale “the con-
stitutional keeps in check the democracy”, per usare le parole di Hirschl, allo
stesso modo il “lato costituzionale” di una teocrazia serve ad arginare e
circoscrivere la propagazione di un governo teocratico negli assetti in-
clini a tale espansione.20 Lungi dall’essere una possibilità di riscatto dal
lungo oblio e confinamento nella sfera privata, l’istituzione formale di
una religione in realtà serve a contenerne l’impatto potenzialmente ra-
dicale, sottoponendola al controllo dello Stato, rendendo quest’ultimo,

20
Ran Hirschl, Constitutional Theocracy, Harvard University Press, Massachusetts, 2010,
pp. 13-14

986
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

e il suo intero apparato di corti, delle figure chiavi nell’evoluzione del-


la legge religiosa, nel processo volto a spogliare giuristi e autorità reli-
giose dalla loro funzione interpretativa, consegnando questo incarico allo
Stato, e alle sue interpretazioni giuridiche e politiche.
Le vicende del costituzionalismo iraniano ne sono un valido esem-
pio. La rivoluzione islamica del 1979, fin dall’inizio segnata dalla scissio-
ne interna tra forze religiose conservatrici e gruppi sociali progressisti -
le prime sostenitrici di un’interpretazione tradizionale della Shari’a e di
un approccio formale alla legge religiosa, i secondi invece propugnato-
ri di una politica redistributiva e di un orientamento egalitario dei dog-
mi della fede – aveva consegnato nelle mani dei membri del Consiglio
dei Guardiani, emblema di questa fazione oscurantista e tradizionalista,
uno smisurato potere di veto da esercitare sulla legislazione proposta e
approvata dai Majlis, una sorta di parlamento o assemblea consultiva, non-
ché personificazione della tendenza riformatrice e modernista. Infatti, l’isti-
tuzione del Consiglio dei Guardiani era finalizzata appunto a garantire
che leggi e giurisprudenza dei Majlis fossero conformi alla costituzione
e alla Shari’a, e di fatto favorì una lunga guerra ideologica ed istituzio-
nale tra questi due corpi contrapposti, tra una dottrina interpretativa clas-
sica e la vocazione ad un ordine sociale e legale equo, e ad un più raf-
forzato potere statale. Gli effetti di questo scontro si trascinarono per set-
te lunghi anni, dal 1980 fino allo schiudersi della crisi nel 1987, quando
il leader supremo del Paese, Khomeini, decise di risolvere il conflitto per
mezzo di un emendamento costituzionale. L’articolo 112 del 1989 isti-
tuzionalizzò il Regime’s Discernment Expediency Council come arbitro fi-
nale della disputa tra l’assemblea consultiva dei Majlis e il Consiglio dei
Guardiani, stabilendo che si radunasse “to determine such expedience in ca-
ses where the Council of Guardian finds an approval of the Majlis against the
principles of Shari’a or the Constitution, and the Majlis is unable to satisfy the
Council of Guardian, as well as for consultation in matters referred to it by the
Leader, and for discharging other functions laid down in this law”. In pratica
l’emendamento del 1989 introdusse una versione locale, adattata al con-
testo iraniano di un istituto tipicamente democratico: il potere di control-
lo costituzionale.
Uno degli elementi chiave del potere di judicial review, dell’istituto
del sindacato di costituzionalità, è la dottrina della supremazia del po-
tere giudiziario, la concezione secondo la quale la Corte Costituzionale
di un Paese rappresenti l’autorità superiore e di ultima istanza nelle que-
stioni di interpretazione della Costituzione. Motivo per cui, la Corte co-
stituzionale svolge un ruolo unico nel suo ergersi a custode dei valori co-
stituzionali di una nazione, e il suo sindacato si inserisce in un quadro

987
Alberto Vespaziani

di freni e contrappesi che possono essere utilizzati per dare applicazio-


ne ai diritti fondamentali, la cui tutela costituisce una parte integrante del-
l’idea di democrazia.
Il fenomeno politico di cambiamento e apertura, che da tempo in-
teressa l’area dei Paesi islamici, ha animato un notevole dibattito sulla
transizione democratica e sulla revisione dei testi costituzionali degli stes-
si. E indubbiamente, della trasformazione in atto sono testimonianza tan-
to l’adozione di carte costituzionali ispirate ai principi liberali, quanto ri-
forme ed istituzioni di organismi che, almeno apparentemente, sembra-
no rispondere all’istanza di ammodernamento di questi sistemi politici, non-
ché della loro apertura alla democratizzazione, sollecitata a più riprese dal-
la comunità internazionale. Il nuovo organismo dell’ Expediency Council,
infatti, si è rivelato indispensabile nel sostenere l’azione governativa, vol-
ta ad imprimere un carattere pragmatico e concreto all’agire politico, su-
perando l’approccio alle direttive religiose austero e dottrinale messo in
atto dal Consiglio dei Guardiani. L’Expediency Council, inoltre, ha cercato
di attribuire al complesso delle leggi sciaritiche un taglio più spiccatamen-
te pubblico, ed è stato utilizzato come espediente per favorire la coesione
e coordinare i più disparati interessi della classe dirigente.21
Come si evince dall’esempio iraniano, elementi e strutture appar-
tenenti all’universo costituzionale, anche in scenari meno favorevoli o poco
predisposti, possono attenuare il rigore e l’intransigenza di una casta sa-
cerdotale irremovibile dalla cieca obbedienza ai dogmi religiosi. Quello
dell’Iran, però, non è l’unico esempio che dimostra come le corti costi-
tuzionali siano diventate “key religion - containing agents”22 in Paesi che
hanno assistito ad un forte ritorno dell’Islam politico e ad un’ampia isla-
mizzazione della vita pubblica. E’ sorprendente scoprire come, a dispet-
to di tutti vincoli e le oppressioni provenienti da un’interpretazione tra-
dizionale della Shari’a, anche nei sistemi politici di numerosi Paesi me-
diorientali che difettano di tradizioni costituzionali consolidate, si è reso
operativo un riformismo giuridico che punta a plasmare un apparato di
corti, poste sotto il controllo statale, che possano agire da contrappeso al
dilagare del fondamentalismo religioso. Il fatto che corti e giurispruden-
za costituzionale, nel tentativo di tutelare interessi e punti di vista pret-
tamente secolari, esibiscano un’inaspettata capacità di reazione di fron-
te alla crescita del supporto popolare a dogmi e precetti religiosi, è la ri-
prova che esiste una valida affinità tra l’edificio politico del potere di re-

21
Ivi, pp.57-59
22
Ivi, p.159

988
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

visione giuridica, presente nei sistemi democratici più consolidati, e l’ine-


splorato mondo del costituzionalismo teocratico. Pur operando all’inter-
no di tradizioni, strutture e meccanismi di controllo differenti, le corti dei
sistemi raggruppabili nella definizione di teocrazia costituzionale hanno
dimostrato un’apprezzabile abilità nel replicare con tono secolare alle con-
troversie tra stato e religione. In questo modo hanno rivelato una certa
capacità nell’imporre vincoli effettivi al manifestarsi dei valori religiosi
nella vita pubblica.
La teoria di Hirschl è chiara: per garantire una linea efficiente di go-
verno, politici ed esponenti delle classi dirigenti devono affrontare la sfi-
da posta dal costituzionalismo teocratico, e simultaneamente tenere sal-
do il sostegno popolare ai propri regimi. Infatti, una strategia sempre più
utilizzata da coloro che governano, e rappresentano i gruppi e le prefe-
renze politiche che si oppongono ad un potere di matrice teocratica, con-
siste nel trasferire e delegare le questioni e i conflitti che interessano l’iden-
tità pubblica collettiva dalla sfera politica a quella giuridica. Conseguen-
temente agli apparati delle corti costituzionali è stato addossata una re-
sponsabilità non indifferente nel maneggiare diatribe politiche, “hot po-
tatoes”23 di cui altri se ne sono lavate le mani. Il risultato è una giurisdi-
zionalizzazione senza precedenti dell’identità collettiva di riferimento,
che ha interessato in particolare le tematiche che vertono sul rapporto tra
stato e religione, e che ha favorito una trasformazione dell’apparato giu-
ridico in un importante foro di discussione e definizione della vera na-
tura della classe politica.
Nel suo libro Hirschl effettua un’ampia e approfondita disamina del
modus agendi delle corti costituzionali in Egitto, Turchia, Pakistan, Nige-
ria ed altri ancora, tutti Paesi in cui l’influenza politica di movimenti di
ispirazione religiosa è cresciuta a livello esponenziale, e in maniera pro-
porzionata al livello di consenso popolare ricevuto. Pur differenziando-
si nel valore e nel riconoscimento formale attribuito alla religione, e al modo
di appellarsi ad essa, in questi Paesi ci sono notevoli parallelismi nell’at-
titudine delle corti costituzionali di vestire i panni di milizie secolari at-
tive all’interno dei rispettivi sistemi sociali,e questo in barba alla pres-
sione proveniente da settori della vita pubblica animati da spirito e fer-
vore religioso.24

23
Ivi, p.103
24
Per una critica del ruolo secolarizzante delle corti costituzionali v. Pamela Beth Har-
ris, The Politics of Judicial Public Reason: Secular Interests and Religious Rights, in Philosophia
(2012) 40:271-283.

989
Alberto Vespaziani

4. Il costituzionalismo teocratico come soggetto del nuovo ordine costi-


tuzionale globale
Mentre Hirschl individua nella teocrazia costituzionale una nuova
forma di stato che risulta dalla confluenza della diffusione del control-
lo di costituzionalità con il ritorno della religione nella sfera pubblica, Lar-
ry Catà Backer preferisce parlare di costituzionalismo islamico transna-
zionale come del fenomeno più rilevante che si sta dispiegando a livel-
lo globale25. Naturalmente il concetto di costituzionalismo islamico rima-
ne contestato, sia dagli studiosi musulmani sia dagli studiosi occidenta-
li che si occupano del fenomeno. Tuttavia da un punto di vista genera-
le è possibile notare che mentre il secolo breve si è caratterizzato per la
lotta tra due macrosistemi politico-economici, il nuovo secolo si è annun-
ciato come il tempo della competizione tra due versioni del costituzio-
nalismo in competizione tra loro. Mentre il XX secolo ha visto la lotta fra
la forma stato e la forma mercato26, il XXI secolo è iniziato con la lotta tra
il costituzionalismo secolare di impronta occidentale ed il costituziona-
lismo teocratico di marca islamica. In particolare l’attitudine degli Sta-
tunitensi è cambiata radicalmente: mentre nel periodo successivo alla se-
conda guerra mondiale il soft power americano aveva imposto soluzioni
di costituzionalismo secolarizzato ai paesi sconfitti (Giappone, Germa-
nia), nel nuovo millennio gli stessi diplomatici ed intellettuali statuniten-
si hanno contribuito a scrivere costituzioni in cui la religione ricopre un
ruolo di primaria importanza (Iraq, Afghanistan)27. Il costituzionalismo
teocratico non si è imposto in uno scontro con il costituzionalismo seco-
lare, ma è stato invocato dalle stesse élites statunitensi che nel contesto
post-bellico irakeno e afghano hanno smantellato il progetto politico-co-
stituzionale che avevano con successo imposto alla Germania e al Giap-
pone. Mentre l’ideologia politico-costituzionale della seconda metà del
XX secolo identificava il costituzionalismo con il cosmopolitismo e con
la convergenza riguardo i diritti umani, l’ideologia politico-costituzio-
nale del nuovo secolo insiste sulla radicale differenza tra mondo occiden-
tale e mondo islamico, concedendo al secondo la supremazia della reli-

25
Larry Catá Backer, God(s) Over Constitutions: International and Religious Transnatio-
nal Constitutionalism in the 21st Century, 27 MISS.C.L.REV 11 (2008) e Theocratic Constitu-
tionalism: An Introduction to a New Global Ordering, Indiana Journal of Global Legal Studies,
Vol.16:1, 2009, 101.
26
Carlo Amirante, Dalla forma stato alla forma mercato, Torino, Giappichelli, 2008.
27
v. Noah Feldman, Imposed Constitutionalism, 37 CONN.L.REV. 857, 2005; dello stes-
so A. v. anche The Fall and Rise of the Islamic State, Princeton University Press, Princeton &
Oxford, 2008.

990
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

gione rispetto al diritto. Il progetto di costituzionalismo transnazionale


veniva relegato all’ambito europeo, nella variante funzionalista e sovra-
nazionalista, mentre il costituzionalismo teocratico veniva giudicato come
la migliore soluzione per accomodare le pretese universalizzante della
religione islamica e le esigenze geopolitiche di stati da ricostruire su basi
non secolari.
Tuttavia, mentre l’idea classica di teocrazia fa riferimento ad un si-
stema dittatoriale o totalitario privo di qualsiasi distinzione tra sfera re-
ligiosa e sfera politica (nell’Arabia Saudita il Corano è la costituzione del-
lo stato), i regimi politici contemporanei che si caratterizzano mediante
elementi teocratici mostrano di possedere anche elementi del costituzio-
nalismo. Ecco allora che la teocrazia appare essenzialmente come un con-
cetto relazionale che spiega il nesso presente in alcune comunità politi-
che tra l’autorità divina e l’esercizio del potere politico mediante istitu-
zioni umane. Sia se lo consideriamo una minaccia o un fenomeno illegit-
timo, una sfida all’ordine costituzionale normativo universale, o una mi-
naccia globale nei confronti del costituzionalismo statocentrico, il costi-
tuzionalismo islamico transnazionale o universalizzante è emerso come
un altro quadro discorsivo per giudicare la legittimità delle costituzio-
ni politiche degli stati.
Mentre nel costituzionalismo transnazionale post-bellico la religio-
ne occupava un posto limitato, un diritto tra gli altri, ed il ruolo univer-
salizzante spettava ai concetti di rule of law, democrazia, partecipazione,
diritti fondamentali, nel costituzionalismo teocratico la religione assume
un ruolo preminente, fondamento ultimo dell’ordinamento giuridico e
limite alla legislazione, nonché alla stessa supremazia costituzionale.
Se si volesse adottare una prospettiva di circolazione dei modelli,
di legal transplants, o di comunicazione-ricezione tra ordinamenti giuri-
dici occorrerebbe individuare nella costituzione iraniana del 1979 il mo-
dello originario o l’archetipo del costituzionalismo teocratico post-mo-
derno. Naturalmente le origini del costituzionalismo teocratico contem-
poraneo risalgono sicuramente sino al nazionalismo pan-arabo del XIX
secolo ed alla resistenza persiana nei confronti dell’occidentalizzazione
precedente il primo conflitto mondiale. Inoltre alcuni stati avevano già
recepito alcuni tratti del costituzionalismo classico, come ad esempio l’Egit-
to e il Marocco; il modello ottomano esercitò una notevole influenza so-
prattutto dopo il 1923 e la ricostituzione della Turchia come una moder-
na repubblica secolare. Infine la teocrazia si presenta in una diversità di
forme, di cui quella islamica non è che una variante: anche la cristiani-
tà, l’induismo ed il buddismo hanno contribuito a plasmare ordinamen-
ti teocratici. Tuttavia, vista l’importanza strategica assunta dall’Islam nel-

991
Alberto Vespaziani

l’era contemporanea, questo contributo si sofferma solo sulla variante isla-


mica del costituzionalismo teocratico.
In Iran la rivoluzione costituzionale del 1906-11 condusse all’istitu-
zione di una monarchia costituzionale attraverso l’adozione della Legge
fondamentale del 30 dicembre 1906. In questo contesto fu sollevato il pro-
blema della compatibilità del costituzionalismo all’europea con l’Islam, che
i riformisti della prima ora non avevano affrontato. Preoccupati delle im-
plicazioni secolari del governo costituzionale, settori dell’establishment cle-
ricale sciita difesero la concezione dell’eccezionalismo costituzionalistico
iraniano e criticarono l’impatto negativo che l’imitazione acritica di mo-
delli stranieri avrebbe potuto avere sulle tradizioni religiosi sciite del pae-
se. È in questo contesto che prese forma il concetto di mashruteh-ye mashru’eh,
o costituzionalismo che si conforma alla legge sacra.28
In effetti il primo a parlare di costituzione teocratica riguardo la Re-
pubblica islamica dell’Iran post-1979 è stato Olivier Roy nel suo artico-
lo “Une théocratie constitutionnelle: les institutions de la République islami-
que d’Iran“29. Roy notava come la politica interna iraniana riposasse su
di un sistema molto più istituzionalizzato di quanto comunemente si cre-
da. Il regime rivoluzionario si qualifica come una teocrazia costituziona-
le perché è un regime autoritario di assemblea che reclama una legitti-
mità religiosa incarnata nella persona dell’imam, ma in cui l’esercizio del
potere dell’imam, lungi dallo schiacciare le istituzioni o dallo svuotar-
ne la sostanza, si dispiega all’interno di uno spazio politico di cui l’As-
semblea è l’espressione. Tale regime si differenzia tanto da un sistema to-
talitario, in cui l’opposizione interna può esprimersi solo mediante la lot-
ta rivoluzionaria, quanto da un sistema dittatoriale, in cui le istituzioni
servono solo a legittimare dei rapporti di forza. Nella teocrazia costitu-
zionale iraniana il riferimento alla trascendenza religiosa permette di sta-
bilire uno spazio giuridico, fuori dall’arbitrarietà dei militanti, e allo stes-
so tempo di legittimare l’esclusione degli avversari della rivoluzione. L’isla-
mizzazione del diritto civile e penale non è di per sé un indicatore suf-
ficiente della svolta totalitaria, il diritto commerciale, amministrativo e
costituzionale rimangono infatti profondamente “occidentali”, anche se
espressi da una terminologia islamizzata.
Secondo Roy, il potere dell’imam, teoricamente assoluto, viene eser-
citato su un ambito limitato. L’imam non governa; egli interviene assai

28
S.A. Arjomand, Kingdom of Jurists, in R. Grote & T.Röder (eds), Constitutionalism
in Islamic Countries, Oxford, 2012, 147.
29
in Politique étrangère n.2, 1987, 52e année pp.327-338.

992
La teaocrazia costituzionale: una nuova forma di stato?

raramente su alcune questioni precise che implicano degli aspetti religio-


si o che mettono in discussione gli orientamenti fondamentali del regi-
me (ricorso alla guerra, autorizzazione all’acquisto di armi americane, etc.):
egli promulga delle fatwa (decisioni religiose) oppure enuncia un prin-
cipio politico generale, a volte sibillino, ma che si impone a tutti. Il suo
intervento costante svuoterebbe la Costituzione di tutta la sua sostanza.
Questa autolimitazione, precisamente perché è opera dell’imam stesso,
tende a divenire una norma quasi costituzionale destinata ad imporsi ai
successori, soprattutto se meno carismatici, ed a rafforzare l’aspetto co-
stituzionalista del regime.
Guardando all’impianto complessivo della costituzione iraniana del
1979 notiamo dunque le somiglianze con i principi del classico costituzio-
nalismo transnazionale: la costituzione protegge contro l’uso arbitrario del
potere statale, garantisce i diritti umani e conferisce il potere legislativo ai
rappresentanti del popolo. Tuttavia, a differenza delle costituzioni post-
belliche, la costituzione iraniana adotta i limiti sostanziali, morali ed eti-
ci dello Shi’a Islam (art.. 4 e 12 Cost.). La costituzione iraniana è dunque
distante sia dalla rappresentazione classica della teocrazia come di un si-
stema totalitario o dittatoriale, in cui non vi è né divisione dei poteri né go-
verno rappresentativo, sia dalle caratteristiche fondamentali del costitu-
zionalismo occidentale. Modello di teocrazia costituzionale, essa inaugu-
ra una variante del costituzionalismo assai diversa da quella occidentale:
rifiuta di conformarsi alle norme internazionali, principalmente in mate-
ria di standard di protezione di diritti umani e di governance democrati-
ca, e si mette al servizio della comunità dei fedeli. Mentre il costituziona-
lismo occidentale trova la sua norma di riconoscimento fondamentale nei
principi secolari del comune rispetto dei principi democratici e della tu-
tela dei diritti fondamentali, il costituzionalismo teocratico individua la sua
norma di riconoscimento sostanziale nella superiorità della religione su tut-
to l’ordinamento giuridico. In Iran l’apparato statale è sì distinto da quel-
lo religioso, ma ad esso sostanzialmente subordinato.
La costituzione iraniana ha svolto una funzione di modello rispet-
to all’adozione delle costituzioni dell’Iraq e dell’Afghanistan: anche que-
ste parlano il linguaggio della rule of law, della protezione dei diritti uma-
ni e del governo rappresentativo, ma come nella costituzione iraniana in
esse il principio di supremazia della costituzione è condizionato alla con-
formità di questa con le previsioni dell’Islam. Questa forma di costitu-
zionalismo non è certo una prerogativa islamica e ci ricorda costruzio-
ni teoriche fiorite in occidente, dalle dottrine stoiche al contemporaneo
giusnaturalismo della Chiesa cattolica, dai principi di legittimità occiden-
tali anteriori all’Illuminismo e all’ordine westfalico.

993
Alberto Vespaziani

5. Costituzionalismo senza supremazia della costituzione?


A partire dalla costituzione iraniana del 1979, con l’imitazione delle
costituzioni dell’Iraq e dell’Afghanistan, e con possibili influenze sulle co-
stituzioni degli stati nordafricani protagonisti della c.d. primavera araba,
una nuova forma di stato è apparsa: la teocrazia costituzionale. Essa risul-
ta dalla combinazione di elementi teocratici e di istituzioni classiche del
costituzionalismo occidentale. Come nuovo ibrido merita senz’altro la fu-
tura attenzione dei costituzionalisti e dei comparatisti. Molto rimane da
indagare e da valutare, a partire dal ruolo effettivo delle corti costituzio-
nali in tali regimi; autori come Hirschl sono convinti del ruolo secolariz-
zante svolto dalle élites giudiziarie che frenano gli impulsi più pericolosi
dei fondamentalisti religiosi. Rimane da vedere sino a quando le élites po-
litico-giudiziarie continueranno a formarsi nelle università statunitensi ed
a mantenere un profilo sostanzialmente secolare. Ma l’interrogativo più in-
quietante riguardo questa nuova forma di stato si annida altrove: quale è
il futuro del principio della supremazia costituzionale? Sia nella metafo-
ra della norma fondamentale, sia in quella della higher law, la costituzio-
ne si è accreditata nella cultura giuridica occidentale come di un principio
di legittimazione autosufficiente. Una volta stabilito viceversa che la co-
stituzione non può violare la legge divina, qual è il destino della suprema-
zia costituzionale? Il paradosso comparativo dispiega tutta la sua ironia
quando si raffronta lo scenario europeo, in cui la lotta per la supremazia
costituzionale avviene in un dialogo/scontro giurisdizionale tra corti che
ravvisano nella costituzione nazionale o nei clusters di norme dei tratta-
ti EU la legge suprema, e lo scenario islamico in cui il principio della su-
premazia della costituzione dello stato incontra un controlimite ben più
robusto, quello della legge divina, che minaccia di minarne lo stesso fon-
damento giuridico. Mentre nel moderno costituzionalismo occidentale la
religione è stata concettualizzata come un diritto tra gli altri, con diversi
livelli di protezione e con diverse strategie di accomodamento con il po-
tere politico, nel costituzionalismo teocratico post-moderno la religione co-
stituisce il fondamento stesso delle comunità politiche. La religione è lì la
higher law che limita l’espressione costituzionale delle società; essa esiste
al di fuori del diritto, è fuori dal controllo degli apparati statali, è eterna,
autonoma e completa come sistema morale, etico, teologico e giuridico, ed
è anche dotata di un apparato istituzionale per la tutela e l’attuazione del-
le sue norme prescrittive di comportamento.
E’ possibile che mentre il XX secolo ha assistito alla lotta tra due ideo-
logie politico-costituzionali, forma stato contro forma mercato, il XXI se-
colo sia destinato a vedere lo scontro tra due concezioni del costituzio-
nalismo: quello secolare contro quello teocratico.

994
INDICI
Indice generale

Presentazione 3

ANDREA ABBAGNANO TRIONE


La risposta penale all’elusione dei provvedimenti giurisdizionali 5

MARIA NOVELLA BETTINI


Causali e rinnovo del contratto a termine 65

ONORATO BUCCI
Primato del Vescovo di Roma e Assemblee conciliari (a
cinquant’anni dal Concilio ecumenico Vaticano II) 99

GIOVANNI CARMELLINO
La protezione anticipata delle trattative in materia di accordi
di ristrutturazione 119

GIANFEDERICO CECANESE
Le sommarie informazioni assunte dalle persone diverse
dall’indagato 147

MICHELE CERIMELE
The concept of laesio enormis in the unidroit principles and in the
draft common frame of reference- a comparative study 163

GIOVANNI COCOZZA
La disciplina delle città metropolitane 207

MICHELINA COMEGNA
Il precedente giurisprudenziale in common law e nell’ordinamento
italiano 221

LUISA CORAZZA
Reti di imprese e nozione di datore di lavoro 249

AGOSTINO DE CARO
La ragionevole durata del processo penale e il sistema di
garanzie: la necessaria rivisitazione dell’avviso di conclusione
delle indagini e dell’udienza preliminare 267
Indice generale

CORINNA DE CARO
Revocazione della confisca ex art. 28 Codice delle leggi antimafia:
regime intertemporale ed applicabilità alle confische disposte
prima dell’entrata in vigore del testo unico. 293
FRANCESCO RAFFAELLO DE MARTINO
Buona governance locale e Costituzione italiana 313
MICHELE DELLA MORTE
Partecipazione politica e iniziativa popolare nell’esperienza
costituzionale spagnola 321
ALFREDO DURANTE MANGONI
Giappone: la “Yakuza“ un anno dopo l’executive order di blocco dei
beni da parte americana 331
MASSIMO FABIANI
La questione “fattibilità” del concordato preventivo tra lemmi
isolati e novità legislative 343
ELENA A. FERIOLI
Un dominio sempre meno riservato. L’impatto della tutela
sovranazionale dei diritti umani sulla competenza statale in
materia di accesso alla cittadinanza 365
ANTONIO FICI
Profili civilistici dell’attività erogativa delle fondazioni 387
FIORE FONTANAROSA
Il regime patrimoniale legale in diritto comparato 441
LUCIO FRANCARIO
In ordine alla disciplina dei creditori irreperibili all’esito del
concordato ex art. 214 nella l.c.a. delle società cooperative 459
WALTER GHIA
Naturaleza y religión en el antimaquiavelismo de Juan Ginés de
Sepúlveda 489
MARIA ANTONELLA GLIATTA
Il referendum deliberativo: la rinascita di un istituto dimenticato 501
FABIO IACOBONE
Il patto di prova 515
Indice generale

ILARIA KUTUFÀ
Note in tema di effetti del fallimento sulle obbligazioni solidali 531

MARIA ROSARIA MAURO


Il rispetto del principio di legalità nell’ambito delle repressioni
dei crimini internazionali 541

GIANMARIA PALMIERI
Principio di proporzionalità, diritti particolari dei soci e
autonomia statutaria nella s.r.l. 585

LORENZA PAOLONI
La “sottrazione” delle terre coltivabili ed il fenomeno del land
grabbing 617

MARCO PARISI
Atti politici del Governo e diniego di intesa con le organizzazioni
confessionali 631

FEDERICO PERNAZZA
La regolazione delle agenzie di rating in Usa ed in UE: dalla
contrapposizione all’equivalenza? 649

FRANCESCO PETRILLO
Giuliano Crifò. La “notazione” scientifica su Emilio Betti per
l’ermeneutica giuridica contemporanea 685

VALENTINO PETRUCCI
Renan à Rome: paroles d’un incroyant 699

VINCENZO PINTO
Obbligazione solidale e fallimento di un coobbligato 705

PAOLO PIZZUTI
- La compensazione nel rapporto di lavoro 715
- Le nuove regole sui licenziamenti 721

ANDREA RALLO
Ordinaria diligenza e risarcimento del danno nel processo
amministrativo 737
Indice generale

GIUSEPPE REALE
La responsabilità del vettore per perdità e avaria nel trasporto
stradale nazionale di cose 751

GIUSEPPE SACCONE
Il giusto processo alla luce del contraddittorio e all’ombra
delle sue deroghe 789

ANDREINA SCOGNAMIGLIO
La tutela risarcitoria dei diritti soggettivi nelle materie di
giurisdizione esclusiva 815

FRANCESCA SCUDIERO
Il controverso tema delle modifiche mediate delle fattispecie
incriminatrici 829

MARIA AUSILIA SIMONELLI


- L’origine de la sociologie du droit: Carlo Nardi-Greco 857
- Note sulla socialità del diritto e del linguaggio 873

ALFONSO TAGLIAMONTE
L’intervento del fondo di garanzia nel tfr 889

MASSIMO TITA
Note brevi sulle libertà commerciali a Napoli tra antico e nuovo
regime 905

LOREDANA TULLIO
Gli incerti confini della soluti retentio 915

GIOVANNI VARANESE
Brevi riflessioni sul rapporto tra libertà economiche e diritti
fondamentali nel diritto europeo 947

GIOVANNI BATTISTA VARNIER


Cattolicesimo nazionale e visione federale: la fortuna politica
di Vincenzo Gioberti (1801-1852) tra esaltazione ed oblio 957

ALBERTO VESPAZIANI
La teocrazia costituzionale: una nuova forma di stato? 971
Indice dei nomi

ANDREA ABBAGNANO TRIONE


Ricercatore di Diritto Penale
Università del Molise

MARIA NOVELLA BETTINI


Ordinario di Diritto del Lavoro
Università del Molise

ONORATO BUCCI
Ordinario di Diritto Romano e diritti dell’Antichità
Università del Molise

GIOVANNI CARMELLINO
Dottorando di ricerca
Università del Molise

GIANFEDERICO CECANESE
Ricercatore di Diritto Processuale Penale
Università del Molise

MICHELE CERIMELE
Dottorando di ricerca
Università del Molise

GIOVANNI COCOZZA
Dottore di ricerca
Università di Napoli “Federico II”

MICHELINA COMEGNA
Cultore della materia (Diritto Privato Comparato)
Università del Molise

LUISA CORAZZA
Associato di Diritto del Lavoro
Università del Molise

AGOSTINO DE CARO
Ordinario di Diritto Processuale Penale
Università del Molise

CORINNA DE CARO
Cultore della materia (Diritto Processuale Penale)
Università del Molise
Indice dei nomi

FRANCESCO RAFFAELLO DE MARTINO


Ricercatore di Diritto Costituzionale
Università del Molise

MICHELE DELLA MORTE


Associato di Istituzioni di Diritto Pubblico
Università del Molise

ALFREDO DURANTE MANGONI


Funzionario Diplomatico
Ministero degli Affari Esteri

MASSIMO FABIANI
Associato di Diritto Processuale Civile
Università del Molise

ELENA A. FERIOLI
Associato di Istituzioni di Diritto Pubblico
Università del Molise

ANTONIO FICI
Associato di Diritto Privato
Università del Molise

FIORE FONTANAROSA
Docente a contratto di Comparazione giuridica ed uniformazione del diritto
Università del Molise

LUCIO FRANCARIO
Ordinario di Diritto Privato
Università del Molise

WALTER GHIA
Associato di Storia delle dottrine politiche
Università del Molise

MARIA ANTONELLA GLIATTA


Dottorando di ricerca
Università di Napoli “Federico II”

FABIO IACOBONE
Tecnico laureato presso il Dipartimento Giuridico
Università del Molise

ILARIA KUTUFÀ
Ricercatore di Diritto Commerciale
Università di Pisa
Indice dei nomi

MARIA ROSARIA MAURO


Associato di Diritto Internazionale
Università del Molise

GIANMARIA PALMIERI
Ordinario di Diritto Commerciale
Università del Molise

LORENZA PAOLONI
Associato di Diritto Agrario
Università del Molise

MARCO PARISI
Associato di Diritto Canonico ed Ecclesiastico
Università del Molise

FEDERICO PERNAZZA
Associato di Diritto Privato Comparato
Università del Molise

FRANCESCO PETRILLO
Associato di Filosofia del diritto
Università del Molise

VALENTINO PETRUCCI
Ordinario di Sociologia giuridica, della devianza e del mutamento sociale
Università del Molise

VINCENZO PINTO
Associato di Diritto Commerciale
Università di Pisa

PAOLO PIZZUTI
Associato di Diritto del Lavoro
Università del Molise

ANDREA RALLO
Ordinario di Diritto Amministrativo
Università del Molise

GIUSEPPE REALE
Ricercatore di Diritto della Navigazione
Università del Molise

GIUSEPPE SACCONE
Ricercatore di Diritto Processuale Penale
Università telematica Pegaso
Indice dei nomi

ANDREINA SCOGNAMIGLIO
Associato di Diritto Amministrativo
Università del Molise

FRANCESCA SCUDIERO
Dottorando di ricerca
Università del Molise

MARIA AUSILIA SIMONELLI


Ricercatore di Sociologia giuridica, della devianza e del mutamento sociale
Università del Molise

ALFONSO TAGLIAMONTE
Docente a contratto di Diritto della Previdenza Sociale
Università del Molise

MASSIMO TITA
Ricercatore di Storia del Diritto Medievale e Moderno
Seconda Università di Napoli

LOREDANA TULLIO
Associato di Diritto Privato
Università del Molise

GIOVANNI VARANESE
Associato di Diritto Privato Comparato
Università del Molise

GIOVANNI BATTISTA VARNIER


Ordinario di Diritto Canonico ed Ecclesiastico
Università di Genova

ALBERTO VESPAZIANI
Associato di Diritto Pubblico Comparato
Università del Molise
Finito di stampare
Ottobre 2012
Arti Grafiche la Regione srl
Ripalimosani (CB)
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N
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