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Le Bibbie
e Giuseppe
Di Étienne
Nodet
École biblique
et archéologique
française
di Gerusalemme
L
della trasmissione scritta e delle tra- perché è pressoché interamente dedicato ai po-
duzioni antiche della Bibbia è molto chi mesi passati in Galilea nel 67, quando era in-
complessa, ma anche affascinante, caricato di organizzare la difesa contro un immi-
perché si tratta sempre di reinterpre- nente attacco romano. Egli ha già raccontato tut-
tazioni. Nel primo secolo, la raccol- to nella Guerra giudaica, la sua prima opera.
ta delle Scritture esisteva sotto varie Nell’Autobiografia, insiste sul suo sforzo per su-
forme, e tutte hanno lasciato tracce nel Nuovo perare le divisioni tra fazioni ebraiche e si impe-
Testamento. Nelle Antichità giudaiche, la sua gna a confutare gli attacchi di un altro storico,
opera maggiore, in venti libri, Giuseppe parla da Giusto di Tiberiade. Egli conclude il suo raccon-
Roma e desidera affermare l’antichità della sua to nel punto in cui si impone un serio impegno
nazione. Per fare questo, inizia da Adamo, poi contro i Romani, e rinvia alla Guerra. Il risulta-
parafrasa a lungo la Bibbia, che, per i periodi re- to è un insieme di piccoli eventi locali, in una re-
centi, completa con altre fonti, sino ai suoi tem- gione sperduta, più di venticinque anni dopo i
pi. Egli conosce l’esistenza della traduzione gre- fatti. In compenso, se ci si ricorda che la Galilea
ca del Pentateuco, detta dei Settanta. Afferma era una regione essenziale per i farisei, che que-
tuttavia di aver tradotto tutto dall’ebraico; pre- sti stessi farisei, di origine babilonese, costitui-
tende anche di essere stato il primo a farlo per i vano la parte più antica e più popolare, e che
libri storici, da Giosuè ad Ester. Giuseppe teneva a proporsi come un dirigente
La sua testimonianza è datata con certezza (93 d. dei farisei nel mondo romano, bisogna conclu-
C.). Il problema è sapere che credibilità attri- dere che la sua appendice, che è una perorazione
buirle. pro domo sua, è strettamente ad uso degli Ebrei.
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ebraico. Egli richiama la divisione in tre parti (167-164 a.C.), la biblioteca sacra era ancor in-
della Bibbia in «Legge, Profeti e altri libri degli stabile. Si dice che Neemia, e poi Giuda, fonda-
antichi» e dice che le traduzioni greche presen- rono una biblioteca, che comprendeva i libri
tano differenze notevoli rispetto all’originale. concernenti «i re, gli scritti dei profeti e di Da-
● La Lettera di Aristea a Filocrate, opera che vide, e le lettere dei re in materia di offerte»; il
Giuseppe conosce e cita, racconta come il re To- nome di Mosè è notoriamente assente. Durante
lomeo II Filadelfo (282-246 a.C.) fece tradurre la crisi stessa, si racconta come Antioco Epifane
in greco il Pentateuco da sei sapienti di ciascuna perseguitò «la nostra nazione» e i suoi due tem-
delle dodici tribù di Israele (di qui l’abbrevia- pli, Garizim e Gerusalemme; il Deuteronomio,
zione «Settanta»); essi lavorarono in modo in- che prescrive un santuario rigorosamente unico,
dipendente, e il risultato fu unanime e perfetto. benché non lo nomini, è dunque privo di auto-
Particolare importante, l’impresa era stata sol- rità. Più tardi, verso il 150, Gionata, il primo
Giuseppe Flavio inizia il lecitata da Demetrio, il bibliotecario, che soste- sommo sacerdote asmoneo, lascia trapelare in
suo racconto delle neva di avere soltanto esemplari di cattiva qua- una lettera agli Spartani che Onia, il sommo sa-
Antichità con Adamo lità, il che potrebbe concordare con la testimo- cerdote di prima della crisi, non possedeva i libri
ed Eva nel Paradiso, poi nianza del nipote, non fosse che per la data. In sacri; egli cita un pezzo annesso in cui si afferma
parafrasa la Bibbia. Le realtà la Lettera, sconosciuta all’alessandrino che «Ebrei e Spartani sono fratelli, e che appar-
Antichità giudaiche,
Filone, deve essere considerata leggendaria: es- tengono alla razza di Abramo»; questi Spartani,
miniatura di Jean de
sa non ha altro scopo che collegare la traduzio- come Onia, hanno collegamenti egizi, ma la Ge-
Berry. Circa 1465, ms.
247, f. 3. Parigi,
ne all’autorità del fondatore della biblioteca di nesi pare che sia mal conosciuta.
Biblioteca Nazionale di Alessandria, che si specializzò presto nella pro- ● Giuseppe segnala, verso il 140 a.C., ad Ales-
Francia, Dipartimento tezione delle opere antiche. sandria, un acuto conflitto tra Ebrei e Samarita-
dei manoscritti. ● I libri dei Maccabei indicano che, nel mo- ni: essi si appellano all’arbitrato del re per de-
© BNF mento della crisi provocata dall’ellenizzazione terminare, sulla base delle Scritture, chi ha l’u-
nico e vero tempio. Dunque, in quest’epoca, il
Deuteronomio è attivo; d’altra parte, se ci si at-
tiene al Pentateuco, è evidente che i Samaritani
hanno la meglio, e si sente l’imbarazzo di Giu-
seppe, che li odia. In ogni caso, l’episodio po-
trebbe fornire un buon contesto all’impresa dei
«Settanta», gradita da tutte le tribù.
● Ancora Alessandria. Una generazione prima
di Giuseppe, Filone commenta a lungo il Penta-
teuco, ma le sue conoscenze della successiva
storia israelitica sembrano sommarie, il che in-
duce a dubitare che la possedesse in greco: per
lui, Davide è soltanto un poeta (allusione ai Sal-
mi), Salomone un sapiente (Proverbi); non si
parla di esilio, ma soltanto di migrazioni degli
Israeliti al di fuori della metropoli (Gerusalem-
me) per diffondere nel mondo la legge di Mosè,
che è l’unica che può permettere di superare le
guerre, dal momento che è di origine divina.
Tutto questo indica come al tempo di Giuseppe
la situazione del canone biblico fosse ancora as-
sai fluida. Egli stesso, mentre critica la futilità
dei libri dei Greci, troppo numerosi e incoeren-
ti, afferma che i libri ebraici si raccomandano
per la loro esattezza e il loro numero limitato,
ventidue in tutto: cinque di Mosè, tredici Profe-
ti e quattro di precetti e di inni. Egli non scende
in ulteriori particolari, e certamente non può
farlo, perché questo numero, che corrisponde
all’alfabeto ebraico, rappresenta una totalità
simbolica; esso è in seguito conservato, presso
Origene ed Eusebio, per designare l’attuale
Bibbia ebraica, ma comporta quanto meno l’ar-
tificio di considerare i dodici profeti minori co-
me un libro solo.
Per Giuseppe, lo storico è profeta, e viceversa, il
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Giuseppe Flavio storico al tempo di Gesù
che non è nella cultura greca. Egli confessa in- la conclusione è chiara: come lui stesso sostiene,
volontariamente una certa vaghezza nell’esatta è dall’ebraico, e non dal greco, che parafrasa.
lista dei libri, poiché riconosce che i profeti più Egli non ha mai visto la Settanta, sotto nessuna
recenti godono di minore autorità; cita i libri sto- forma. Inoltre alcuni particolari mostrano come
rici, i grandi profeti (Is, Ger, Ez, Dn) e Giona; la sua Bibbia fosse un esemplare di biblioteca
ignora Giuditta e Tobia, ma parafrasa il I libro venerabile e usato, dotato ai margini di glosse
dei Maccabei, di cui non si sa bene se sia inclu- che fornivano varianti o spiegazioni. È probabi-
so o no nella sua lista. Segnaliamo una curiosità: le che questo esemplare fosse quello che Tito
il suo libro di Giosuè presenta curiose parentele aveva preso al Tempio nel 70 e portato a Roma
con la versione samaritana, molto breve e che con il resto dell’arredo per il culto.
non è mai stata presa molto sul serio, perché è In conclusione, la posizione di Giuseppe, in quan-
soltanto la prima parte di una Cronaca piuttosto to testimone ben datato di un testo biblico, è no-
leggendaria, pazientemente copiata al Cairo e tevole; la sua parafrasi ellenistica è evidentemen-
poi a Nablus secolo dopo secolo, e allungata… te analoga al targum delle sinagoghe (parafrasi
sino alla campagna in Egitto di Napoleone. popolare in aramaico), ma si sarebbe preferita
Sino alla scoperta dei testi di Qumrân era in una traduzione fedele. Quanto alla sua afferma-
realtà accettato – a partire da Origene – che l’at- zione di essere il primo a tradurre i libri storici,
tuale Bibbia ebraica fosse di un’antichità imme- bisogna considerarla vera, ma nel senso preciso
morabile, e che l’antica traduzione greca (la Set- di una traduzione ufficiale completa, collocata in
tanta in senso ampio) ne fosse una parafrasi piut- una biblioteca pubblica con la funzione di un’en-
tosto libera, conosciuta sotto parecchie forme. La ciclopedia in uso. Non possiamo dire nulla di
parafrasi di Giuseppe era allora considerata co- eventuali traduzioni, parziali o private, anteriori.
me un ricamo attorno ad una di queste forme. Le traduzioni greche complete che noi conoscia-
Le cose cominciarono a precisarsi quando si in- mo, «lucianee» o altre, sono numerose, ma si può
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sario trarre la conclusione che l’Ester ebraico è risaico; dall’altra parte, vuole essere al di sopra
stato abbreviato nell’ambiente rabbinico. È uno di ogni partito e si sforza di non perdere nulla,
dei numerosi indizi che la Bibbia ebraica attuale, anche se le sue fonti sono contraddittorie, il che
promossa a partire da Origene e Girolamo al ran- lo porta spesso a soluzioni redazionali maldestre.
go di hebraica veritas, è in realtà un’edizione rab- Ad esempio, lo Shema Israel prescrive: «Te li le-
binica, accurata, ma tardiva. gherai [questi precetti] alla mano come un segno,
ti saranno come un pendaglio tra gli occhi (Set-
tanta: “davanti ai tuoi occhi”)». Si tratta dei filat-
Come l’interpretava? teri, e Giuseppe spiega: «Essi scriveranno anche
sulle loro porte i maggiori benefici che hanno ri-
Giuseppe eccelle solo nello stile di corte e nei di- cevuto da Dio, e ciascuno dovrà portarli in modo
scorsi che, secondo l’uso greco, fa pronunciare ai visibile sulle braccia; e tutto ciò che può attesta-
principali protagonisti. Questo si adatta molto re la potenza di Dio […], essi ne porteranno la
male alla Bibbia, e la sua parafrasi è convenzio- memoria scritta sulla testa e sulle braccia […]».
nale e moralizzatrice. Egli ha letto il trattato di Giuseppe giustappone due costumi sull’uso di
Filone sulla creazione, ed ha cercato di farsi un questi filatteri: per l’uno, che si ritrova nella tra-
nome sullo stesso terreno filosofico, ma questo dizione rabbinica e a Qumrân, essi vanno messi
L’arrivo di Tito in
alto disegno, proclamato con forza, si è presto sulla fronte e ad un braccio; per l’altra, attestata
Giudea su ordine di
sgonfiato, e non ha superato le prime pagine del- dalla Settanta e da Filone, non vi è nulla sulla
Nerone. Le Antichità
giudaiche. XV secolo,
la creazione. In compenso, al di fuori del testo fronte. Questo scarto tra la Bibbia e tradizioni pa-
ms. 1061, f. 155. biblico stesso, Giuseppe è testimone di ogni ge- rallele assume una misura notevole a proposito di
Chantilly, Museo nere di usi e interpretazioni. Egli sembra aver Abramo. Giuseppe inizia seguendo la Genesi e
Condé. avuto due principi: da un lato riferire tutto alla narrando la migrazione di Abramo come risposta
© Dagli Orti Bibbia, che è atteggiamento più sadduceo che fa- ad una chiamata di Dio. Più oltre, tuttavia, affer-
ma qualche cosa di diverso che non è più legato
alla sua fonte: in occasione del sogno di Giacob-
be a Betel, Jhwh si presenta: «Io sono il Dio di
Abramo tuo padre e il Dio di Isacco»; ma Giu-
seppe parafrasa liberamente: «Io stesso ho con-
dotto Abramo sin qui, quando egli era cacciato
dalla sua famiglia». La versione slavonica della
Guerra fornisce una forma estrema di questa tra-
dizione: «Abramo, antenato della nostra razza, si
ritirò dal suo paese perché aveva fatto un torto a
suo fratello nella divisione dei loro domini. E at-
traverso ciò in cui aveva peccato, fu punito. Ma in
seguito, per la sua obbedienza, Dio gli donò la
Terra promessa». Più avanti nella Guerra, Giu-
seppe presenta uno strano florilegio in cui Abra-
mo rifiuta di vendicarsi con le armi del faraone
Necao che gli ha rapito la moglie Sara; egli è co-
sì trasportato all’epoca di Giosia, che morì a Me-
ghiddo. Concludiamo con un caso che ha conse-
guenze per il Nuovo Testamento. Nel prologo di
Luca, Giovanni Battista, figlio di una donna ste-
rile, è istituito come nazir (consacrato) perma-
nente e indicato come precursore di Cristo, figlio
di Davide. Sullo sfondo appare il racconto della
nascita di Samuele, figlio di una donna sterile,
consacrato come nazir permanente e destinato
più tardi ad ungere Davide come re. Il parallelo è
rotto nella Bibbia ebraica masoretica (Samuele
non è nazir), poco sottolineato nella Settanta, ma
chiarissimo presso Giuseppe e in un frammento
di Qumrân che gli è apparentato. ■
Da leggere
E. NODET, Essai sur les origines du judaïsme,
Éd. du Cerf, Parigi 1992.
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