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La didattica è una parte della pedagogia che ha per oggetto l'insegnamento e i relativi metodi.
Come definizione potremmo dire che essa e l’organizzazione dell’atto trasmissivo e pretende
l'apprendimento e l'assimilazione.
Per quanto riguarda il metodo, esso è sempre finalizzato da uno scopo ben preciso:
l'apprendimento da parte dello studente. Per attuare tale apprendimento l'insegnante dovrà
organizzare delle attività tramite una logica.
I metodi odierni si strutturano per via induttiva e per via deduttiva e si organizzano in quattro fasi:
l'induzione, la deduzione, l'analisi ed infine la sintesi.
Nei metodi della scuola attiva il docente ricopre il ruolo di guida e conduce il ragazzo ad
apprendere autonomamente.
Da qui parte l’idea del mastery learning, l’apprendimento per la padronanza, il quale presuppone
di creare delle condizioni favorevoli all’apprendimento adeguate al bisogno di ogni singolo
studente facente parte del gruppo classe.
E’ quindi una procedura attenta alle diversità dei tempi di apprendimento degli allievi e consente il
raggiungimento degli obiettivi a tutta la classe.
Tale principio presuppone una sequenzialità graduale della programmazione e segue una specifica
procedura dove, inizialmente si definiscono gli obiettivi da raggiungere, per poi suddividere la
materia in oggetto in unità didattiche con, a ciascuna unità, la relativa verifica fatta per accertare
l’apprendimento; in corrispondenza a ciò vengono strutturate eventuali attività di recupero con
successivo controllo dell’assimilazione delle conoscenze e competenze riguardanti l’unità prima di
procedere con il modulo seguente.
Parlando di metodi induttivi attivi ci si trova al cospetto di una metodologia che mette le sue radici
sull’esperienza concreta e dove viene favorito il soggetto invece che l’oggetto e la scoperta
piuttosto che la trasmissione.
L’attivismo di Dewey pone l’attenzione, oltre che sulle attività di gruppo, sull’esperienza attiva
dell’allievo il quale, realizzandola sarà in grado di comprenderla, e sostiene sia un modello in
continua evoluzione, sia un rapporto di integrazione fra l’intelligenza del corpo e intelligenza della
mente; d’altro canto, osservando il principio di concretezza, non possiamo considerare solo
l’ambito della manualità, in quanto, in tale principio prende parte anche il pensiero.
L’insegnante in laboratorio, oltre a ricoprire il ruolo di tutor, inteso come conduttore, che di
animatore, deve tener presente del senso compiuto delle unità trattate.
Occorre ora fare una differenziazione tra l’unità didattica e i moduli: mentre le prime costituiscono
l’unità minima della programmazione, il modulo didattico è formato generalmente da più unità
didattiche (es. le unità didattiche riguardanti la capacità di calcolo di aree dei triangoli, aree dei
quadrati, aree dei cerchi; messe insieme formano il modulo didattico delle aree).
Il lavoro attraverso i moduli viene maggiormente giustificato se essi vanno a costituire un progetto.
Anche nel caso del progetto l’insegnante avrà il doppio ruolo di animatore-tutore come già visto
nel caso del laboratorio.
Partendo dall’ascolto attivo, ricordando sia la differenza tra l’udire (come fenomeno fisiologico) e
l’ascoltare (come prestare attenzione) che il presupposto di un impegno intellettivo, passiamo ad
un momento di silenzio dove assimilare i contenuti ascoltati, per arrivare infine ad una
riverbalizzazione, ovvero il momento in cui si ha una riproposta verbale che porterà l’allievo ad
essere sempre più un contenitore (holding) e che fungerà da verifica di quanto gli alunni hanno
recepito.